Attività - Fondazione Don Gnocchi

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Attività - Fondazione Don Gnocchi
Aprile 2013
Anno XVII - Numero 1
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
RIVISTA DELLA FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI - ONLUS
ATTUALITA’
Welfare e crisi:
modelli innovativi
di cura e assistenza
Disabili e lavoro:
Alessio racconta
le sue “conquiste”
La Fondazione
al Quirinale
festeggia i 60 anni
ATTIVITA’
Malati terminali:
avviato a Milano
un altro hospice
Roma, reparto
d’eccellenza
per l’Alzheimer
DON GNOCCHI
Già migliaia
le visite al museo
e al santuario
Stati vegetativi
e coscienza:
ricerca innovativa
Le lettere
di don Carlo
ai più piccoli
Primavera araba,
scatta l’impegno
per i mutilati
Stimoli e speranze dalle parole del nuovo Pontefice
LA TENEREZZA
DI PAPA FRANCESCO
PER I PIU’ FRAGILI
Sommario
IN QUESTO NUMERO
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
RIVISTA DELLA FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI - ONLUS
Editoriale
Aprile 2013 - Anno XVII - n° 1
ATTUALITA’
Welfare e crisi:
modelli innovativi
di cura e assistenza
Dalla crisi... l’aurora di un giorno nuovo?
MISSIONE UOMO
Disabili e lavoro:
Alessio racconta
le sue “conquiste”
La Fondazione
al Quirinale
festeggia i 60 anni
ATTIVITA’
Malati terminali:
avviato a Milano
un altro hospice
Roma, reparto
d’eccellenza
per l’Alzheimer
DON GNOCCHI
Già migliaia
le visite al museo
e al santuario
Stati vegetativi
e coscienza:
ricerca innovativa
Le lettere
di don Carlo
ai più piccoli
Primavera araba,
scatta l’impegno
per i mutilati
Attualità
Stimoli e speranze dalle parole del nuovo Pontefice
LA TENEREZZA
DI PAPA FRANCESCO
PER I PIU’ FRAGILI
■ L’affetto di Papa Francesco
RIVISTA DELLA FONDAZIONE
DON CARLO GNOCCHI - ONLUS
■
DIRETTORE RESPONSABILE
■
Emanuele Brambilla
DIRETTORE EDITORIALE
Angelo Bazzari
■
■
REDAZIONE
Giovanni Ghislandi, Danilo Carena,
Claudia Dorini, Ilaria Gentili, Damiano Gornati
Piazzale R. Morandi 6 - 20121 Milano
Tel. 02-40308.910-911 - Fax 02-40308.926
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www.dongnocchi.it
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO
Gianluca Avanzi, Giuseppe Barbaro, Gianfranco
Bedin, Tiberio Boldrini, Silvio Colagrande, Francesco
Converti, Roberto Costantini, Furio Gramatica, Lino
Lacagnina, Saverio Lorini, Silvia Maggioni, Roberta
Magliacano, Stefano Malfatti, Diego Maltagliati,
Gianbattista Martinelli, Paolo Mocarelli, Simonetta
Mosca, Eufrasia Novellini, Roberto Rambaldi, Paolo
Perucci, Giuliano Pozza, Salvatore Provenza, Maurizio
Ripamonti, Carlo Sironi, Giovanni Vastola
■
PROGETTO GRAFICO
■ La Fondazione al Quirinale:
«Siete simbolo dell’Italia solidale» . . . . . .14
■ Anche all’Istituto Palazzolo
un hospice per malati terminali . . . . . . . . .16
■ Pessano, nuove risposte
■
■
■
Gigi Brandazza - [email protected]
■
REALIZZAZIONE
■
Graphic Line Sas - Milano
STAMPA
Fiordo srl - Galliate (NO)
■
Tiratura: 35.000 copie
■
Reg. presso il Tribunale di Milano n° 297 del 17 maggio 1997
■
■
■
viene inviata a chiunque la richieda. È possibile utilizzare l'allegato bollettino postale a sostegno della rivista e delle attività istituzionali della Fondazione.
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20121 Milano o inviando un fax al numero 02.40308.927.
12
Attività
FOTO
Archivio Fondazione Don Gnocchi
per i più piccoli e i più fragili . . . . . . . . . . . . .2
Salute, le priorità del 2013:
efficienza e appropriatezza . . . . . . . . . . . . . .6
Welfare e sopravvivenza
nel futuro di un Paese in crisi . . . . . . . . . . . . .8
Conti in tasca agli italiani:
cresce la spesa sanitaria privata . . . . . . . .10
Le convenzioni della Fondazione
con enti, mutue e fondi di categoria . . . .11
La lezione di Alessio:
«Con la passione tutto è possibile» . . . .12
■
■
■
■
■
alle necessità del territorio . . . . . . . . . . . . . .19
Servizi territoriali:
incontro al bisogno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22
Alzheimer, a Roma
una struttura d’eccellenza . . . . . . . . . . . . . . . .27
«Cerchiamo segnali di coscienza
nei pazienti in stato vegetativo» . . . . . . . . .30
La riabilitazione
dei pazienti amputati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .34
Riabilitazione cardiorespiratoria:
Marina di Massa all’avanguardia . . . . . . . . . .36
ADRI: l’ospedale a casa
come alternativa al ricovero . . . . . . . . . . . .38
La riabilitazione
in assenza di gravità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .40
Stimolazione olfattiva:
benefici su pazienti e operatori . . . . . . . . .42
Anche la musica
si fa strumento terapeutico . . . . . . . . . . . . . .45
Assistenza protesica:
quando la carrozzina non basta . . . . . . . . .46
Formazione continua:
190 eventi nel Piano 2013 . . . . . . . . . . . . . . . .48
«Io, educatrice laureanda,
vi racconto i tre anni al Don Gnocchi» . . . .50
Un aiuto alle popolazioni
della “primavera araba” . . . . . . . . . . . . . . . . . .52
Dalla Bosnia all’Italia;
l’eperienza di Ivana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .54
Lasciti testamentari,
scelta generosa e responsabile . . . . . . .56
16
30
40
Don Gnocchi
■ Migliaia al santuario e al museo
per rendere omaggio a don Carlo . . . . . .58
■ «Cari bambini vi scrivo»
Don Carlo, fratello e padre
61
..............
■ Il beato don Carlo
e la nuova evangelizzazione
66
............
58
■ NELL’ULTIMO DECENNIO di vita, per la
prima volta, la Fondazione Don Gnocchi chiude il proprio bilancio 2012 con
un leggero segno negativo.
Nulla di allarmistico, ma un semaforo
giallo che segnala una zona di pericolo e
consiglia un ragionato stop alla macchina della Fondazione, che negli ambiti
dell’attività odierna è composta per il
74% dal sanitario-riabilitativo, per il
17% dal socio-assistenziale e per il 5%
dal socio-educativo. La restante percentuale è costituita dalla formazione, dalla
ricerca scientifica e tecnologica e dalla
solidarietà internazionale, i cui contenuti animano trasversalmente e sostengono
vitalmente l’azione operativa, costituendo il flusso qualitativo e valoriale del servizio ai più fragili.
Lo tsunami della crisi bancariafinanziaria-economica-sociale ed ora
anche psicologica ha colpito con effetti
devastanti e tangibili il nostro Paese,
travolgendo progressivamente famiglie,
piccole-medie e grandi imprese, segnando profondamente la vita quotidiana
della popolazione, scippandone le speranze, incidendo vistosamente sul ménage di vita degli italiani, iniettando velenosamente la paura del futuro e minacciando sogni e progetti delle nuove e
future generazioni.
Il mondo della sanità - che “occupa”
il terzo posto nell’attività produttiva del
Paese e che “consuma” il 75-80% del
bilancio complessivo delle regioni - già
ferito dagli scandali, devastato dagli
sprechi e dalle inefficienze, con bilanci
poco virtuosi e con instabilità politica,
finanziaria e patrimoniale, è in debito di
ossigeno e rischia l’asfissia con il colpo
infertogli dal ciclone, noto come “spending review”.
La crisi non corrode ma rinfranca
i valori ancorati al beato don Gnocchi
La Fondazione Don Gnocchi, con le
sue molteplici e diversificate azioni, con
la sua vasta e articolata presenza territoriale e con il 94% dell’attività accreditata e contrattualizzata con le istituzioni
pubbliche, non è assolutamente immune dagli effetti della tempesta, con nel
suo “dna” una potenzialità candidata ad
essere culla di una promettente aurora o
divenire messaggera di un progressivo
terizzate dalla buona e cattiva sorte. Non
si dimentichi che, negli anni ‘70 della storia del nostro Paese, la Fondazione Pro
Juventute era catalogata in archivi non
troppo segreti dello Stato come “ente
inutile”.
Nonostante la tempesta
sono certo che usciremo
dal tunnel migliorati
e maggiormente convinti
che insieme possiamo
fare di più e meglio
al servizio dei più fragili
di Angelo Bazzari
tramonto. La Fondazione, come tutte le
macro-istituzioni, non vive in zone protette e sicure e necessita di un cambio di
passo nel rispondere adeguatamente alle
sfide del cambiamento strutturale.
Sente il peso istituzionale e la gioia
della responsabilità “storica” del prendersi cura dei più fragili nell’arena della
vita ed è consapevole di essere custode di
un carisma che la supera, erede di un
patrimonio ideale consegnatole dal fondatore, aperta ad un cammino storico,
giocato in affidabile speranza e speso in
operosa carità.
È in corso una crisi che se investe le
nostre strutture e infragilisce la nostra
presenza, non corrode, anzi rinfranca, i
valori ancorati a don Gnocchi - ora beato - e declinati in una coerente e dinamica fedeltà negli oltre sessant’anni di vita
della sua opera, indissolubilmente
avvinghiati nel tempo alle vicende carat-
Un’occasione per rimotivare
l’impegno verso i nostri malati
Non desidero annoverarmi nè fra i
catastrofisti che lanciano messaggi infarciti di passioni tristi e senza speranza e
ritmati da frasi come: “L’Italia cola a picco”; “Siamo sull’orlo del precipizio”; “Il
Paese è allo stremo”; nè fra gli ottimisti
che attraversano come sonnambuli incoscienti la bufera, o ballano sulle macerie
come folli menestrelli, adottando poi la
politica dello struzzo.
Confido che la critica situazione, difficile ma non impossibile, aiuterà a
maturare la coscienza di ogni operatore,
contribuirà al rigenerarsi delle nostre
strutture, costringerà a rivedere i processi, a rinverdire le strategie, a ripensare i
modelli, ad irrobustire le metodiche di
intervento per uscire dal tunnel delle difficoltà, rinvigoriti nella fierezza di
un’appartenenza alla Fondazione,
rimotivati ad un impegno di dedizione
generosamente incondizionata ai nostri
malati, maggiormente esperti in umanità, professionalmente più competenti e
solidali, orgogliosi protagonisti di una
missione che ci è stata regalata, sostenuta da tenere parole che fanno bene al
cuore e alimentata da efficaci azioni di
prossimità.
Sono sicuro che con questo corredo
di convinzioni personali e istituzionali e
con un bagaglio motivazionale rinnovato ed una responsabile disponibilità di
ognuno e di tutti, usciremo dal tunnel
migliorati e maggiormente convinti che
insieme si può fare di più e meglio al servizio dell’umanità debole che, nei nostri
Centri, chiede una salute possibile ed
elemosina una serena prospettiva di
vita.
La posta in gioco è davvero alta,
l’esito dipende da ciascuno di noi
Il piano di intervento elaborato dalla
Fondazione, con il sostegno di una società specializzata di primaria importanza,
(continua a pagina 69)
1
MISSIONE UOMO
A p r i le 2 0 1 3
Anno XVII - Numero 1
Attualità
CHIESA
3
L’affetto di Papa Francesco
per i più piccolie i più fragili
■ DALLA RINUNCIA DI BENEDETTO XVI,
alla fumata bianca del conclave, all’avvio
del pontificato di Papa Francesco: sono stati giorni di straordinaria emozione quelli
che hanno portato all’elezione di Jorge
Mario Bergoglio, «vescovo di Roma - sono
state le sue prime parole - preso dai cardinali
quasi alla fine del mondo...». Un clima di
grande gioia e speranza tra i fedeli e nel
mondo ha accompagnato l’insediamento
del primo pontefice sudamericano nella
storia della Chiesa. Anche la Fondazione
Don Gnocchi ha inviato il proprio messaggio al nuovo Papa: «La Fondazione intitolata al beato don Gnocchi - ha scritto in un telegramma il presidente, monsignor Angelo
Bazzari - si stringe con gioia al Santo Padre e
lo accompagna con la preghiera nella sua missione pastorale al servizio dei più fragili».
Il tema della fragilità - cuore e missione
dell’Opera del Beato don Carlo ormai da
oltre sessant’anni - è stato più volte al centro
dei primi interventi del nuovo Pontefice.
«Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa, per esercita-
L’attenzione
privilegiata agli ultimi
nelle prime parole
del nuovo Pontefice.
E la riconoscenza
della Fondazione
a Benedetto XVI
re il potere, deve entrare sempre
più in quel servizio che ha il suo
vertice luminoso sulla Croce»,
ha detto Francesco nell’omelia
della Messa di inaugurazione
del pontificato.
«Il Papa - ha aggiunto - deve
aprire le braccia per custodire
tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i
più deboli, i più piccoli, quelli
che Matteo descrive nel giudizio finale sulla
carità: chi ha fame, sete, chi è straniero,
nudo, malato, in carcere. Solo chi serve con
amore sa custodire! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per
custodire il creato.
«La vocazione del custodire, però, non
riguarda solamente noi cristiani, ha una
dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene
detto nel Libro della Genesi e come ci ha
mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere
rispetto per ogni creatura di Dio
e per l’ambiente in cui viviamo.
È il custodire la gente, l’aver
cura di tutti, di ogni persona, con
amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono
più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È
l’aver cura l’uno dell’altro nella
famiglia... È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confiden-
za, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è
affidato alla custodia dell’uomo, ed è una
responsabilità che ci riguarda tutti. Siate
custodi dei doni di Dio!».
E sull’amore per il prossimo, Papa
Francesco ha aggiunto un’ulteriore importante annotazione: «Il prendersi cura, il
custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso,
lavoratore, ma nel suo animo emerge una
grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione,
di vera apertura all’altro, capacità di amore.
Non dobbiamo avere timore della bontà,
della tenerezza! ».
«La vecchiaia è sapienza,
una virtù da donare ai giovani»
Durante l’udienza a tutti Cardinali, in
Vaticano, il Papa ha avuto parole di stimolo e speranza per i confratelli che lo hanno
scelto in Conclave: «Cari fratelli, forza! La
metà di noi è in età avanzata: la vecchiaia è mi piace dirlo così - la sede della sapienza della vita. I vecchi hanno la sapienza di avere
camminato nella vita, come il vecchio
Simeone, la vecchia Anna al Tempio. E proprio quella sapienza ha fatto loro riconoscere
Gesù. Doniamo questa sapienza ai giovani:
come il buon vino, che con gli anni diventa
più buono, doniamo ai giovani la sapienza
della vita. Mi viene in mente quello che un
poeta tedesco diceva della vecchiaia: è il tempo della tranquillità e della preghiera. E
anche di dare ai giovani questa saggezza.
«Tornerete ora nelle rispettive sedi per
continuare il vostro ministero, arricchiti dall’esperienza di questi giorni, così carichi di
fede e di comunione ecclesiale. Tale esperienza unica e incomparabile, ci ha permesso
di cogliere in profondità tutta la bellezza della realtà ecclesiale, che è un riverbero del ful-
gore di Cristo Risorto: un giorno guarderemo quel volto bellissimo del Cristo Risorto!
Alla potente intercessione di Maria, nostra
Madre, Madre della Chiesa, affido il mio
ministero e il vostro ministero. Sotto il suo
sguardo materno, ciascuno di noi possa camminare lieto e docile alla voce del suo Figlio
divino, rafforzando l’unità, perseverando
concordemente nella preghiera e testimoniando la genuina fede nella presenza continua del Signore».
Alla vigilia della Pasqua, durante la via
Crucis al Colosseo, il Pontefice ha sottolineato con brevi parole l’essenza della fede
cristiana, che dà motivazione a tutto: «In
questa notte deve rimanere una sola parola,
che è la Croce stessa. La Croce di Gesù è la
Parola con cui Dio ha risposto al male del
mondo. A volte ci sembra che Dio non
risponda al male, che rimanga in silenzio. In
realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua
risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è
amore, misericordia, perdono. È anche giudizio: Dio ci giudica amandoci. Ricordiamo
questo: Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il
suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono
condannato, non da Lui, ma da me stesso,
perché Dio non condanna, Lui solo ama e
salva.
«Cari fratelli, la parola della Croce è
anche la risposta dei cristiani al male che continua ad agire in noi e intorno a noi. I cristiani devono rispondere al male con il bene,
prendendo su di sé la Croce, come Gesù».
Nel messaggio pasquale “Urbi et
Orbi”, il Santo Padre ha esortato all’amore
misericordioso, via privilegiata per la giustizia e la pace: «Cari fratelli e sorelle, Cristo
è morto e risorto una volta per sempre e per
tutti, ma la forza della Risurrezione, questo
passaggio dalla schiavitù del male alla libertà del bene, deve attuarsi in ogni tempo,
negli spazi concreti della nostra esistenza,
nella nostra vita di ogni giorno. Quanti
deserti, anche oggi, l’essere umano deve
attraversare! Soprattutto il deserto che c’è
dentro di lui, quando manca l’amore di Dio e
per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più
arida, può ridare vita alle ossa inaridite.
«Allora, ecco l’invito che rivolgo a tutti:
accogliamo la grazia della Risurrezione di
Cristo! Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da Gesù,
lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo
strumenti di questa misericordia, canali
attraverso i quali Dio possa irrigare la terra,
custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace. E così domandiamo a Gesù
risorto, che trasforma la morte in vita, di
mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è la nostra
pace e attraverso di Lui imploriamo pace per
il mondo intero».
Papa Francesco ha ricordato più volte,
nei primi giorni di Pontificato, la figura di
Joseph Ratzinger, suo predecessore. Un
abbraccio riconoscente e affettuoso a Benedetto XVI, che anche la Fondazione vuole
fare proprio. Tanti, in questi otto anni di
pontificato, sono stati infatti gli stimoli per
l’attività della “Don Gnocchi” offerti dal
ricco e lucido magistero di Papa Ratzinger,
in particolare sul rapporto tra scienza e fede
e sul significato dell’impegno alle frontiere
della vita.
Ne ripercorriamo alcuni brani.
La qualità delle cure
e le virtù della carità
La scienza medica progredisce in quanto
accetta di rimettere sempre in discussione la
diagnosi e il metodo di cura, nel presupposto
che i precedenti dati acquisiti e i presunti
limiti possano essere superati. Del resto, la
stima e la fiducia nei confronti del personale
sanitario sono proporzionati alla certezza
che tali difensori di ufficio della vita non dis-
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
2
Attualità
CHIESA
«Don Gnocchi, per la Chiesa è un modello da imitare»
prezzeranno mai un’esistenza umana, per
quanto menomata, e sapranno sempre incoraggiare tentativi di cura. L’impegno della
cura va quindi esteso ad ogni essere umano,
nell’intento di coprire l'intera sua esistenza.
Questa prospettiva etica, basata sulla
dignità della persona umana e sui diritti e
doveri fondamentali ad essa connessi, viene
confermata e potenziata dal comandamento
dell’amore, centro del messaggio cristiano.
Gli operatori sanitari cristiani, pertanto,
sanno bene che vi è un legame strettissimo e
indissolubile tra la qualità del loro servizio
professionale e la virtù della carità alla quale
Cristo li chiama: è proprio nel compiere bene
il loro lavoro che essi portano alle persone la
testimonianza dell'amore di Dio. La carità
come compito della Chiesa, che ho fatto
oggetto di riflessione nella mia Enciclica
“Deus caritas est”, trova un’attuazione particolarmente significativa nella cura dei
malati. Lo attesta la storia della Chiesa, con
innumerevoli testimonianze di uomini e
donne che, in forma sia individuale che associata, hanno operato in questo campo...
(da un intervento al Pontificio Consiglio
per la Pastorale della Salute, 2007)
LA BEATIFICAZIONE DI DON GNOCCHI. E all’Angelus
Benedetto XVI fece suo il motto “Accanto alla vita, sempre!” 5
MISSIONE UOMO
4
■ SONO STATI MILLESEICENTO i fedeli della Fondazione
Don Gnocchi giunti a Roma il 10 marzo 2010 per l’incontro di ringraziamento con il Santo Padre per la
beatificazione di don Carlo. L’entusiasmante abbraccio con Benedetto XVI, nella Basilica di San Pietro (nelle foto), coronò nel migliore dei modi la straordinaria
festa del 25 ottobre dell’anno precedente e venne
significativamente sottolineato dalle seguenti parole
rivolte dal Papa agli operatori e ai malati presenti.
«Cari fratelli e sorelle! Sono lieto di accogliervi in questa Basilica e di rivolgere a ciascuno il mio cordiale
benvenuto. Saluto il pellegrinaggio promosso dalla
Fondazione Don Carlo Gnocchi dopo la recente beatificazione di questa luminosa figura del clero milanese. Cari amici, ho ben presente la straordinaria attività
che dispiegate in favore dei bambini in difficoltà, dei
disabili, degli anziani, dei malati terminali e nel vasto
ambito assistenziale e sanitario. Mediante i vostri
progetti di solidarietà, vi sforzate di proseguire la
benemerita opera iniziata dal beato Carlo Gnocchi,
apostolo dei tempi moderni e genio della carità cristiana, che raccogliendo le sfide del suo tempo, si
dedicò con ogni premura ai piccoli mutilati, vittime
della guerra, nei quali scorgeva il volto di Dio.
«Sacerdote dinamico ed entusiasta e acuto educatore, visse integralmente il Vangelo nei differenti contesti di vita, nei quali operò con incessante zelo e con
infaticabile ardore apostolico.
«In questo Anno sacerdotale, ancora una volta la
Chiesa guarda a lui come a un modello da imitare. Il
suo fulgido esempio sostenga l’impegno di quanti si
dedicano al servizio dei più deboli e susciti nei sacerdoti il vivo desiderio di riscoprire e rinvigorire la consapevolezza dello straordinario dono di Grazia che il
ministero ordinato rappresenta per chi lo ha ricevuto,
per la Chiesa intera e per il mondo».
La pastorale nella cura
delle persone anziane
Se è vero che la vita umana in ogni sua fase
è degna del massimo rispetto, per alcuni versi
lo è ancor di più quando è segnata dall’anzianità e dalla malattia. Ci si chiede: ha ancora
senso l’esistenza di un essere umano che versa in condizioni assai precarie, perché anziano e malato? Perché, quando la sfida della
malattia si fa drammatica, continuare a
difendere la vita, non accettando piuttosto
l’eutanasia come una liberazione?
Con queste domande deve misurarsi chi è
chiamato ad accompagnare gli anziani ammalati, specialmente quando sembrano non avere più possibilità di guarigione. L’odierna
mentalità efficientista tende spesso ad emarginare questi nostri fratelli e sorelle sofferenti,
quasi fossero soltanto un “peso” ed “un problema” per la società. Chi ha il senso della
dignità umana sa che essi vanno, invece,
rispettati e sostenuti mentre affrontano serie
difficoltà legate al loro stato. È anzi giusto che
si ricorra pure, quando è necessario, all’utilizzo di cure palliative, le quali, anche se non possono guarire, sono in grado però di lenire le
pene che derivano dalla malattia. Sempre, tuttavia, accanto alle indispensabili cure cliniche, occorre mostrare una concreta capacità di
amare, perché i malati hanno bisogno di comprensione, di conforto e di costante incoraggiamento e accompagnamento.
Vorrei aggiungere che questa necessaria
sollecitudine pastorale verso gli anziani malati non può non coinvolgere le famiglie. È in
genere opportuno fare quanto è possibile, perché siano le famiglie stesse ad accoglierli e a farsene carico con affetto riconoscente, così che
gli anziani ammalati possano trascorrere l’ultimo periodo della vita nella loro casa e prepararsi alla morte in un clima di calore familiare.
Anche quando si rendesse necessario il ricovero in strutture sanitarie, è importante che non
venga meno il legame del paziente con i suoi
cari e con il proprio ambiente.
(da un intervento al Pontificio Consiglio
per gli Operatori Sanitari, 2007)
Rispettare la vita e la dignità
del malato grave e del morente
Lo sforzo sinergico della società civile e
della comunità dei credenti deve mirare a far
sì che tutti possano non solo vivere dignitosamente e responsabilmente, ma anche attraversare il momento della prova e della morte
nella migliore condizione di fraternità e di
solidarietà, anche là dove la morte avviene in
una famiglia povera o nel letto di un ospedale. La Chiesa è chiamata ad offrire la testimonianza della carità operosa, specialmente
verso le situazioni critiche di persone non
autosufficienti e prive di sostegni familiari, e
verso i malati gravi bisognosi di terapie palliative, oltre che di assistenza religiosa.
Da una parte, la mobilitazione spirituale
delle comunità parrocchiali e diocesane e,
dall’altra, la creazione o qualificazione delle
strutture dipendenti dalla Chiesa, potranno
animare e sensibilizzare tutto l’ambiente
sociale, perché ad ogni uomo che soffre e in
particolare a chi si avvicina al momento della
morte, siano offerte e testimoniate la solidarietà e la carità. La società, per parte sua, non
può mancare di assicurare il debito sostegno
alle famiglie che intendono impegnarsi ad
accudire in casa malati afflitti da patologie
degenerative o bisognosi di un’assistenza
particolarmente impegnativa. In modo speciale, si richiede il concorso di tutte le forze
vive e responsabili della società per quelle
istituzioni di assistenza specifica che assorbono personale numeroso e specializzato e
attrezzature di particolare costo. È soprattutto in questi campi che la sinergia tra la Chiesa
e le Istituzioni può rivelarsi preziosa per assicurare l’aiuto necessario alla vita umana nel
momento della fragilità.
(da un discorso alla Pontificia
Accademia per la Vita, 2008)
La pastorale nella cura
dei bambini malati
Già gli antichi riconoscevano l’importanza di rispettare il bambino, dono e bene pre-
■ LA BEATIFICAZIONE DI DON CARLO GNOCCHI porta il sigillo di Papa Benedetto XVI: nel gennaio 2009 fu infatti lui a
riconoscere il miracolo all’intercessione di don Carlo e ad annunciare la beatificazione, poi svoltasi a Milano il
25 ottobre 2009, davanti a 50 mila fedeli. E in occasione della solenne cerimonia, le parole del Pontefice - pronunciate durante l’Angelus da piazza San Pietro e trasmesse in diretta tv (foto sotto) - furono tra quelle che più
emozionarono la folla in piazza Duomo, attorno all’urna di don Gnocchi.
«Rivolgo anzitutto uno speciale saluto alle migliaia di fedeli radunati a Milano, dove stamani è stata celebrata
la liturgia di beatificazione del sacerdote don Carlo Gnocchi - disse Benedetto XVI -. Egli fu dapprima valido
educatore di ragazzi e giovani. Nella seconda guerra mondiale divenne cappellano degli alpini, con i quali fece
la tragica ritirata di Russia, scampando alla morte per miracolo. Fu allora che progettò di dedicarsi interamente
ad un’opera di carità. Così, nella Milano in ricostruzione, don Gnocchi lavorò per “restaurare la persona umana”
raccogliendo i ragazzi orfani e mutilati e offrendo loro assistenza e formazione. Diede tutto se stesso fino alla
fine e morendo donò le cornee a due ragazzi ciechi. La sua opera ha continuato a svilupparsi ed oggi la Fondazione Don Gnocchi è all’avanguardia nella cura di persone di ogni età che necessitano di terapie riabilitative.
Mentre saluto il Cardinale Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, e mi rallegro con l’intera Chiesa ambrosiana, faccio mio il motto di questa beatificazione: accanto alla vita, sempre!».
zioso per la società, al quale va riconosciuta
quella dignità umana, che pienamente possiede già da quando, non ancora nato, si trova
nel grembo materno. Ogni essere umano ha
valore in se stesso, perché creato ad immagine
di Dio, ai cui occhi è tanto più prezioso, quanto più appare debole allo sguardo dell’uomo.
Con quanto amore va allora accolto anche un
bambino non ancora nato e già affetto da
patologie mediche!
“Lasciate che i bambini vengano a me”:
dice Gesù, mostrandoci quale debba essere
l’atteggiamento di rispetto e di accoglienza
con cui accudire ogni fanciullo, specialmente
quando è debole e in difficoltà, quando soffre
ed è indifeso. Penso soprattutto ai piccoli orfani o abbandonati a causa della miseria e della
disgregazione familiare; penso ai fanciulli vittime innocenti dell’Aids o della guerra e dei
tanti conflitti armati in atto in diverse parti
del mondo; penso all’infanzia che muore a
causa della miseria, della siccità e della fame.
La Chiesa non dimentica questi suoi figli
più piccoli e avverte con forza il dovere di invitare a prestare un’attenzione maggiore a questi nostri fratelli, perché grazie alla nostra
corale solidarietà possano guardare alla vita
con fiducia e speranza.
(da un discorso al Pontificio Consiglio
per la Pastorale della Salute, 2008)
Una società si giudica
da come tratta gli anziani
La qualità di una società, vorrei dire di
una civiltà, si giudica anche da come gli
anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune. Nella Bibbia la longevità è considerata una benedizione di Dio;
oggi questa benedizione si è diffusa e deve
essere vista come un dono da apprezzare e
valorizzare.
Eppure, spesso la società, dominata dalla
logica dell’efficienza e del profitto, non lo
accoglie come tale; anzi, spesso lo respinge,
considerando gli anziani come non produttivi, inutili. Tante volte si sente la sofferenza di
chi è emarginato, vive lontano dalla propria
casa o è nella solitudine. Penso che si dovrebbe operare con maggiore impegno, iniziando
dalle famiglie e dalle istituzioni pubbliche,
per fare in modo che gli anziani possano
rimanere nelle proprie case.
Gli anziani sono un valore per la società,
soprattutto per i giovani. Non ci può essere
vera crescita umana ed educazione senza un
contatto fecondo con gli anziani, perché la
loro stessa esistenza è come un libro aperto nel
quale le giovani generazioni possono trovare
preziose indicazioni per il cammino della vita.
(dalla visita alla Comunità
di Sant’Egidio a Roma, 2012)
MISSIONE UOMO
L’UDIENZA SPECIALE ALLA FONDAZIONE
Attualità
REGIONI
MISSIONE UOMO
6
Salute, le priorità del 2013:
efficienza e appropriatezza
■ PREVENZIONE E COMUNICAZIONE, rilancio della ricerca sanitaria, politiche sanitarie
internazionali, promozione della qualità
dell’assistenza sanitaria, dispositivi medici,
promozione della salute pubblica veterinaria e della sicurezza degli alimenti, politiche
per l’efficienza gestionale...
Sono queste - in attesa del nuovo Esecutivo - le aree di azione contenute del documento del ministero della Salute intitolato
“Atti di indirizzo per l’individuazione delle
priorità politiche per l’anno 2013”. Come
ha sottolineato il ministro della Salute,
Renato Balduzzi, si tratta di obiettivi strategici che tengono conto «del permanere di
una difficile situazione della finanza pubblica, la quale impone la rigorosa necessità di
ottimizzazione della spesa del bilancio statale, attraverso il perseguimento degli obiettivi
del risanamento strutturale, del consolidamento dei conti pubblici e della creazione delle condizioni per una crescita economica».
Balduzzi ha ricordato che «molto è già
stato fatto nel 2012. Proprio sulla base di tali
premesse, l’azione del ministero deve essere
rivolta anche nel 2013 al perseguimento degli
obiettivi di consolidamento dell’economicità
della governance del sistema sanitario e di
affermazione su tutto il territorio nazionale
dei principi di efficienza e appropriatezza in
ambito di prevenzione, diagnosi e cura, ricerca, salute pubblica veterinaria e sicurezza
degli alimenti, nonché degli obiettivi di semplificazione e trasparenza delle procedure
Le linee di indirizzo
del ministero
«nella rigorosa necessità
di ottimizzazione
della spesa di bilancio».
E in attesa
del nuovo Esecutivo
amministrative e ottimizzazione della produttività e dell’efficienza dell’amministrazione». Tra le priorità indicate dal ministero per
ciascuna area di intervento, se ne segnalano
alcune di particolare rilevanza.
Prevenzione e comunicazione
Particolare attenzione dovrà essere dedicata alla prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili, favorendo l’adozione
di stili di vita attivi e responsabili per affrontare in maniera globale i principali fattori di
rischio modificabili.
Dovranno proseguire gli interventi a
tutela della salute umana in tutte le età della
vita, attraverso interventi di prevenzione
primaria, secondaria e terziaria e secondo
un approccio unitario al controllo dei fattori di rischio, anche ambientali, in particolare
nei luoghi di vita e di lavoro, alla medicina
predittiva, ai programmi pubblici di scree-
CONVENZIONE ONU . Disabili, ecco il programma biennale
■ LA SEDUTA PLENARIA DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE sulla condizione delle persone con disabilità (organismo istituito
dalla legge 18/2009, con la quale l’Italia ha ratificato la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità)
ha approvato il 12 febbraio 2013 il testo definitivo del “Programma d’azione biennale per la promozione dei diritti
e l’integrazione delle persone con disabilità in attuazione della legislazione nazionale e internazionale”, così come
prevede la medesima legge . Il testo deve essere ora adottato con Decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, sentita la Conferenza unificata (chiamata a esprimersi entro
trenta giorni), previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Si tratta di un atto che per la sua ampiezza e profondità è particolarmente importante per le persone con disabilità e le loro famiglie: di qui l’appello al prossimo
Governo, perchè questo lavoro non vada disperso e rappresenti la spina dorsale delle future politiche sociali per le
persone con disabilità.La Convenzione (approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre
2006) riguarda oltre 650 milioni di persone che in tutto il mondo sono costrette a convivere con le difficoltà legate alla loro condizione e alle discriminazioni più diverse: in essa vengono riaffermati i diritti inalienabili che appartengono a ciascun individuo e che non possono essere negati proprio alla parte più fragile della popolazione. A questo sforzo collettivo l’Italia ha fornito un importante contributo, offrendo la propria esperienza consolidata negli
ultimi decenni nel campo della promozione e tutela dei diritti delle persone con disabilità.
ning e alla prevenzione delle recidive e delle
complicanze di malattia, in linea con le previsioni del Piano nazionale di prevenzione.
Rilancio della ricerca sanitaria
L’assioma è che la buona assistenza
richiede innovazione e quindi ricerca. La
ricerca dovrà quindi essere vista non come
elemento di spesa, ma di sviluppo. Concetto
finora non percepito perché - spiega il ministro nel documento - «in passato i finanziamenti della ricerca servivano al mantenimento delle strutture e non per selezionare i
migliori ricercatori, pertanto erano assenti
elementi meritocratici comuni in altre società
come quella anglosassone».
La ricerca del ministero della Salute
dovrà produrre risultati trasferibili all’attività clinica, con azioni quindi di integrazione
tra l’attività di ricerca e la pratica clinica. Servirà poi una migliore strategia dei finanziamentierogati da Stato, Regioni, Università e
Imprese, spesso attraverso procedure diverse in base a regole non omogenee.
Secondo il ministero, occorre snellire le
procedure burocratiche, coordinare degli
interventi e concentrare degli investimenti.
Pertanto, nel 2013 dovrà essere riqualificata la spesa destinata alla ricerca sanitaria,
non solo attraverso l'uso razionale delle
risorse assegnate, ma soprattutto incrementando la qualità della ricerca sanitaria
italiana e garantendo la selezione dei
migliori progetti di ricerca presentati. Per
facilitare il trasferimento delle idee nell’attività produttiva si punterà anche alla compartecipazione di aziende private.
Qualità dell’assistenza sanitaria
Le azioni messe in campo devono essere
in funzione del nuovo “Patto per la salute” e
riguardano la definizione di nuovi indicatori e di strumenti innovativi per l’ottimizzazione in termini di costo/beneficio delle
prestazioni sanitarie.
Tra essi ci sono l’individuazione di criteri di “pesatura” della popolazione residente, ai fini della determinazione del fabbisogno regionale standard, strutturati anche
sull’indice di prevalenza delle malattie; l’individuazione di indicatori di “out come”
(esiti di cura delle malattie), al fine di effettuare confronti tra le diverse Regioni e
all’interno di una stessa Regione
E ancora, l’individuazione di un ulterio-
re macro-livello di assistenza nella ripartizione del fabbisogno sanitario che sia strettamente legato all’emergenza-urgenza, da
inserire tra le offerte di assistenza distrettuale e di assistenza ospedaliera; l’elaborazione
di strumenti utili a consentire un miglioramento da parte delle regioni del riparto delle disponibilità finanziarie del Servizio Sanitario Regionale tra le varie aziende sanitarie
regionali.
Riorganizzazione dell’assistenza
Tra gli strumenti per realizzare la continuità delle cure e l'integrazione tra i servizi e
i professionisti, vengono individuati percorsi diagnostico terapeutici assistenziali
(PDTA) per specifiche patologie, reti cliniche integrate per la gestione della cronicità,
modalità finalizzate ad evitare il ricovero
ospedaliero (Assistenza Domiciliare),
strutture sanitarie residenziali per l’erogazione delle “cure intermedie”, reti informatiche e di telemedicina per realizzare efficienti modalità di comunicazione fra servizi
e operatori.
La riorganizzazione dell’assistenza territoriale per poter garantire la continuità delle cure durante le 24 ore e per 7 giorni alla
settimana deve inoltre prevedere l’individuazione di modelli organizzativi assistenziali, diversificati ed adattabili ai diversi
contesti territoriali, per evitare il ricorso
eccessivo ed improprio, sia diretto che telefonico, ai servizi di emergenza-urgenza.
A tal fine, può risultare utile l’integrazione del servizio di continuità assistenziale
con il Sistema territoriale di Emergenza 118,
che consentirebbe di intercettare preventivamente, laddove possibile, i codici bianchi
e verdi.
Qualità dei servizi sanitari
L’azione dell’Amministrazione dovrà
incentrarsi sulla definizione di nuovi criteri
di efficienza, appropriatezza e qualità degli
interventi sanitari.
Uno degli strumenti per farlo dovrà
essere la diffusione su tutto il territorio
nazionale della prescrizione elettronica,
nonché il potenziamento di sistemi informativi per la riduzione delle liste di attesa,
anche attraverso centri unici di prenotazione on-line per l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale.
Gli ospedali dovranno operare in grandi
reti, avvalendosi di tecnologie e professionalità sempre più elevate e impiegando
metodiche di “dematerializzazione” nella
trasmissione e archiviazione delle informazioni, con capacità di risposta alla pluralità
di richieste del paziente.
Nuove Giunte in Piemonte, Lazio e Lombardia:
Mario Mantovanialla guida della sanità del Pirellone
■ ARCHIVIATE LE ELEZIONI DI FEBBRAIO,i neo eletti presidenti della Regione Lombardia (Roberto Maroni) e della
Regione Lazio (Nicola Zingaretti) hanno provveduto a
nominare le rispettive giunte regionali. Nel mese di
marzo, invece, il presidente della Regione Piemonte,
Roberto Cota, ha provveduto a nominare una nuova
giunta, con incisive variazioni rispetto all’esecutivo
precedente. Ecco la nuova mappa delle istituzioni
locali, con particolare attenzione agli assessorati che
si occupano di materie sociali e tenuto conto che in
queste tre Regioni si concentra una forte presenza di
strutture della Fondazione Don Gnocchi.
LOMBARDIA. Si riconferma al governo la coalizione
di centrodestra, con una guida però diversa rispetto ai
quasi due decenni precedenti presieduti da Roberto
Formigoni (Pdl). Il neo governatore Roberto Maroni
Roberto Maroni
Mario Mantovani
sei donne, facendone la giunta più “rosa” d’Italia. Massimiliano Smeriglio (Sel) è il nuovo vicepresidente e
assessore, con deleghe alla Formazione, Università,
Scuola e Ricerca, mentre a Lucia Valente (esterna) è
Nicola Zingaretti
Massimiliano Smeriglio
toccato l’incarico di assessore al Lavoro. Zingaretti
ricopre (ad interim) anche la carica di assessore alle
Politiche Sociali.
PIEMONTE.A poco più di due anni dalla scadenza della legislatura, il presidente Roberto Cota (Lega Nord)
ha varato una nuova giunta che vede confermato Ugo
Cavallera (Pdl)nel ruolo di vicepresidente, ma con l’assunzione di nuove importanti deleghe in qualità di
assessore alla Tutela della Salute e Sanità, all’Edilizia
sanitaria, alle Politiche Sociali e Politiche per la Famiglia e Coordinamento delle politiche del volontariato.
Restano al loro posto anche Alberto Cirio (Pdl) all’I-
(Lega Nord)ha composto un esecutivo rinnovato, con
la presenza di quattordici assessori e con una forte
componente femminile. Il vicepresidente, con la delega-chiave di assessore alla Salute, è Mario Mantovani
(Pdl). Presente inoltre in giunta Cristina Cantù (Lega
Nord), come assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale e Volontariato. Riconferme per Valentina Aprea
(Pdl)nel ruolo di assessore all’Istruzione, Formazione e
Lavoro e per l’assessore uscente alla sanità, Mario
Melazzini (area Pdl), con nuove di deleghe alle Attività
Produttive, Ricerca e Innovazione.
Roberto Cota
LAZIO. Il neopresidente Nicola Zingaretti (Pd) - commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro
dai disavanzi nel settore sanitario - ha nominato un
esecutivo composto da soli quattro uomini e da ben
struzione e Claudia Porchietto (Pdl)al Lavoro e Formazione professionale, mentre il neo assessore Agostino
Ghiglia (Fratelli d’Italia) si occuperà tra l’altro della
Ricerca e dell’Innovazione.
Ugo Cavallera
SANITA’ CATTOLICA . Don Arice porta il sostegno della Cei
■ DON CARMINE ARICE (foto), nuovo direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale della sanità della
Conferenza Episcopale Italiana in sostituzione di
don Andrea Manto - sta compiendo una serie di
incontri con le istituzioni sanitarie cattoliche presenti nelle varie regioni italiane, tra cui la Fondazione Don Gnocchi. Lo scopo di questa iniziativa è di
esprimere la vicinanza e il sostegno della Cei alla galassia del-
la “sanità cattolica” che vede numerose strutture in
sofferenza per le conseguenze della crisi economica e altri fattori. «Questi incontri - precisa monsignor Mariano Crociata, segretario generale della
Cei – saranno conclusi da un evento a carattere
nazionale di tutte le istituzioni sanitarie cattoliche
per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle risorse
che essere rappresentano e sulle difficoltà che incontrano».
7
MISSIONE UOMO
ISTITUZIONI
Attualità
LO STATO DI SALUTE DEL PAESE
RAPPORTI
9
Welfare e sopravvivenza
nel futuro di un Paese in crisi
■ UN PAESE IN DIFFICOLTÀ, per la crisi che
grava sui bilanci delle famiglie e sui risparmi
degli italiani. Con serie conseguenze sulla
spesa sanitaria e la salute. È il quadro, in
estrema sintesi, che emerge dalla 46esima
edizione del Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, rapporto che la
Fondazione Censis redige ogni anno interpretando e analizzando i più significativi
fenomeni socio-economici e i processi di
trasformazione in atto. Tanti e variegati i settori analizzati: formazione e lavoro, welfare
e sanità, territorio e reti, soggetti e processi
economici, media e comunicazione, governo pubblico, sicurezza e cittadinanza...
Crisi e sopravvivenza sono le parole
chiave che hanno caratterizzato l’ultimo
anno. Lotta per la sopravvivenza che non
risparmia nessun soggetto della società,
individuale o collettivo, economico o istituzionale.
Un quadro che al primo colpo d’occhio
volge con chiarezza al negativo. Spunta con
evidenza l’indice della rabbia da parte dei
cittadini, seguono la paura e il senso di frustrazione. La voglia di reagire è ancora troppo bassa se si considera che i timori per il
futuro riguardano soprattutto due settori
estremamente delicati come la salute e la
non autosufficienza.
L’economia allo sfinimento e i profondi
mutamenti sociali hanno costretto i cittadini a riprogrammare le priorità e a cambiare
le abitudini di consumo. Da un lato persone
che di fronte all’aumento del costo delle
prestazioni sanitarie semplicemente ci
rinunciano e dall’altro un modello di welfa-
Il Censis disegna
la situazione sociale
di un’Italia
ancora in ginocchio.
I timori delle famiglie
sui temi della salute
e non autosufficienza
di Claudia Dorini
re che ha sofferto per le manovre messe in
atto con la spending review.
Eppure il welfare italiano è ancora una
straordinaria risorsa: «Valorizzare il welfare
- si legge nel rapporto - a cominciare dal suo
fattore umano di sicura qualità, non è solo
una questione di livelli di spesa pubblica, è
piuttosto questione di vision, di capacità di
leggere le potenzialità che una piattaforma di
tutela moderna, ad alta intensità di tecnologie e professionalità, può offrire anche alla
capacità competitiva del Paese».
Le risposte ai bisogni emergenti
A fronte dell’evoluzione demografica, la
sfida per i prossimi anni deve volgere nella
direzione - dal punto di vista dell’organizzazione dei servizi pubblici di assistenza dell’adeguamento del sistema di offerta
sanitaria e assistenziale ad un bisogno che
si modifica profondamente, indirizzandosi
in modo sempre più deciso verso la cronici-
tà e le complesse necessità assistenziali che
essa comporta. La capacità di risposta del
sistema pubblico deve essere altrettanto
articolata e mutidimensionale come lo sono
i nuovi bisogni emergenti.
Sono ancora una volte irrimediabilmente
le famiglie a dover infatti supplire alle carenze del sistema pubblico di offerta. Spesso si
tratta di assistenza personale fornita direttamente alle persone non autosufficienti, ma
anche una serie di prestazioni che dovrebbero essere erogate da personale sanitario vengono invece fornite dai familiari.
La spesa sanitaria “out of pocket” è ancora molto alta in Italia e rappresenta un’integrazione autonoma di quei beni e servizi
sanitari che la copertura pubblica non
riesce a garantire (per lo più acquisto di farmaci, prestazioni diagnostiche e specialistiche ambulatoriali, prestazioni odontoiatriche). Ad aver sostenuto nel corso dell’ultimo anno almeno una spesa “out of pocket” è
stato circa l’84% delle famiglie italiane, che
hanno mediamente affrontato un esborso
di oltre seicento euro.
Ovviamente in tempi di crisi economica
e di contrazione dei consumi da parte delle
famiglie, anche le possibilità di supplire alle
carenze del sistema sanitario pubblico tendono a ridursi; la situazione si aggrava ulteriormente e spesso diventa insostenibile
quando si ha a che fare con malattie gravi o
croniche.
Ictus, tumore e morbo di Alzheimer differenti tra loro dal punto di vista medicosanitario - risultano invece accumunate da
un carico assistenziale che rimane in gran
parte sulle spalle delle famiglie, con costi
calcolati anche oltre i diecimila euro annui.
È l’Alzheimer la patologia che impone
alle famiglie il maggior carico assistenziale e
dunque i più alti costi sociali. Il fatto che si
tratti di una patologia la cui incidenza è fortemente legata all’età, testimonia - a fronte
del progressivo invecchiamento della
popolazione - l’assoluta necessità di riorganizzare il sistema delle cure e dell’assistenza
a lungo termine.
Circa il 60% delle famiglie intervistate
ha dichiarato di aver dato o ricevuto nell’ultimo anno almeno una forma di aiuto tra
sostegno prettamente economico, assistenza ad anziani non autosufficienti, compagnia a persone sole o malate, aiuto nelle
mansioni della vita quotidiana. Sono le
famiglie con un capofamiglia di età intermedia (tra i 45 e i 64 anni) quelle che forniscono maggiori aiuti: da un lato ai figli che
faticano a trovare una collocazione stabile
nel mercato del lavoro, dall’altro ai genitori
che cominciano ad accusare qualche problema di salute che può richiedere assistenza di intensità variabile. Le famiglie più giovani si trovano a usufruire soprattutto di
aiuti economici per la gestione dei figli piccoli, quelle più anziane per l’assistenza personalelegata al peggioramento delle condizioni di salute dovute all’età.
Ma chi sta pagando maggiormente il tradizionale disequilibrio tra i comparti del
welfare e risente maggiormente della crisi
sono le famiglie marginali sotto il profilo del
reddito disponibile, che senza trasferimenti
pubblici finiscono per approssimare o addirittura scendere sotto la soglia di povertà.
Rischio di povertà strettamente associato
alle “sforbiciate” di spending review e a
manovre di stabilità che minacciano soprattutto i redditi familiari più precari.
Famiglie, previdenza ed equità
A fronte di una copertura pubblica di
welfare costantemente carente sarà sempre
maggiore l’autogestione e l’autoregolazione familiareche, è vero, in molti casi è risultata e risulta efficace, ma che mostra ancora
non poche criticità se si considera che una
quota non indifferente delle risorse che viene dedicata al welfare familiare proviene da
redditi pensionistici. Cresce infatti una percezione collettiva non positiva del sistema
previdenziale italiano, un tempo pilastro del
welfare e della sicurezza dei cittadini, oggi
invece guardato con diffidenza, perché non
più in grado di rassicurare i cittadini rispetto
al grande rischio legato al trascorrere dell’età
e alla connessa uscita dal mondo del lavoro.
Rimangono pertanto significativi i margini di manovra per riequilibrare il sistema
di protezione sociale italiano, soprattutto
in termini di maggior equità, spostando le
risorse per garantire una razionale ridistribuzione delle tutele in favore delle famiglie
che finora ne sono rimaste di fatto escluse.
«Il welfare italiano è ancora una straordinaria risorsa per il Paese - aggiunge ancora il
rapporto - non solo sul piano della coesione
sociale, ma anche rispetto a potenzialità di
rilancio della crescita, laddove si guardi oltre
le risposte congiunturali alla crisi»: come dire
quanto sia dunque necessario investire per
contribuire a rilanciare la domanda e innovare istituzioni, reti, organizzazioni, imprese e competenze che producono benessere
non solo economico, ma anche sociale.
Servono modelli innovativi di curae assistenza
a sostegno delle vecchie e nuove fragilità
■ SONO PIÙ DI 8 MILIONI GLI ITALIANI che vivono in stato
di povertà. Altri 15 milioni sono a rischio di povertà o
di esclusione sociale. Negli ultimi dieci anni la spesa
sanitaria pubblica è aumentata complessivamente
di 61,8 miliardi di euro, molto più velocemente
rispetto alla crescita economica del Paese, peraltro
estremamente contenuta. Oggi è la sanità a giocare
un ruolo chiave per la sostenibilità del sistema: mancata crescita e mancata riduzione del debito pubblico pesano in maniera determinante sui conti dell’Italia e hanno imposto - e imporranno per il futuro scelte radicali e dolorose.
I dati emergono dal documento di studio e analisi
dello stato di salute degli italiani e sugli scenari futuri della sanità nel nostro Paese, condotto dall’Associazione di Iniziativa parlamentare e legislativa per la
Salute e la Prevenzione, in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Interventi innovativi di protezione e promozione
della salute, appropriatezza ed efficienza nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenzasu tutto il territorio nazionale e nuovi programmi di prevenzione
delle malattie, con particolare riguardo alle malattie
oncologiche e cardiovascolari - che rappresentano
ancora oggi uno dei più importanti problemi della
sanità pubblica in Italia - sono solo alcune delle azioni necessarie per garantire nuovi modelli di assistenza sanitaria e per assicurare la presa in carico globale
dei pazienti in particolari condizioni di fragilità
(Infanzia e adolescenza, anziani, disabili e immigrati)
e di non autosufficienza.
Per quanto riguarda la salute degli italiani, il pericolo
derivante dalla crisi finanziaria si esplica in un
aumento dei fattori di rischio, in una diminuzione dei
servizi pubblici e in un risparmio sull’attività di prevenzione. In Italia, infatti, tra i principali motivi per
cui non si effettuano esami e visite mediche specialistiche prevalgono gli ostacoli di natura economica e
quelli legati alle liste d’attesa.
Aumento delle differenze di qualità tra le varie sanità regionali ed eccessiva interferenza della politica
nella sanità sono invece le principali paure degli italianirispetto al futuro della sanità pubblica.
Futuro che deve tradursi, per rispondere ai bisogni di
salute emergenti, in un potenziamento dell’assistenza territoriale, oggi sempre più necessaria. I dati relativi all’Assistenza Domiciliare Integrata, alle RSA e
Hospice nel nostro Paese rivelano una diversità
regionale ancora radicata e una rete di servizi che va
potenziata. Assistenza farmaceutica e assistenza
ospedaliera sono gli altri due settori in cui è necessario agire per individuare le aree di maggior inappropriatezza e per ridurre il divario tra le regioni.
Il consumo di farmaci nel nostro Paese da un lato
rimane ancora elevato (soprattutto antibiotici)
rispetto agli standard europei, dall’altro la razionalizzazione della rete degli ospedali - dettata dall’esigenze della spending review - non deve penalizzare i
livelli qualitativi dei servizi per il cittadino, garantiti
anche da un valido sistema a rete tra ospedale e territorio.
Formazione e ricerca sono i due aspetti chiave su cui
puntare per garantire una sempre miglior qualità dei
servizi sanitari e maggiore professionalità delle risorse umane coinvolte.
In un periodo di crisi generalizzata, investire in istruzione, formazione e ricerca scientifica è importante
per contribuire in modo decisivo allo sviluppo socioeconomico del Paese, unitamente a una sempre crescente responsabilizzazione delle aziende sulle performance economiche e di salute e ad una chiara
definizione dei livelli di assistenza a garanzia del principio di copertura universale dei costi e di allocazione ottimale delle risorse.
Queste le sfide da evidenziare nell’agenda degli Enti
e delle realtà che, come la Fondazione Don Gnocchi,
da anni si impegnano a sostegno e supporto delle fragilità, facendone un principio saldo della propria
mission istituzionale.
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
8
Attualità
L’ELENCO
SCENARI
11
Conti in tasca agli italiani:
cresce la spesa sanitaria privata
■ IL SISTEMA DI WELFARE ITALIANO è destinato a subire una mutazione genetica, dai
contorni in gran parte ancora indefiniti. Di
sicuro, però, la componente pubblica dovrà
contrarsi di pari passo con la riduzione della
disponibilità di risorse pubbliche per prestazioni sociali e socio-sanitarie.
Ogni 100 giovani in Italia ci sono 144,5
anziani e nel 2030 questa quota salirà a
205,3. Il 20,3% della popolazione italiana
ha più di 65 anni e il 5,6% più di 80 anni.
Il nostro, dunque, è sempre più un
“popolo di anziani”, ma non è ancora attrezzato e pronto per diventare un “Paese per
anziani”.
Le recenti ricerche realizzate in Italia evidenziano che circa due terzi degli over 75
deve ricorrere ad un’assistenza “informale”,
ovvero prestata da badantio dai familiari più
stretti. Inoltre, oltre 2,4 milioni di anziani
non possono permettersi le terapie più adeguate per ragioni economiche. Stanno infine
crescendo la percezione di un lento scivolamento verso il basso della sanità esistente e
l’idea che la qualità media dei servizi sanitari
si stia abbassando; nella percezione collettiva, la minore qualità dei servizi è indissolubilmente legata in maniera diretta al contenimento della spesa sanitaria pubblica.
In media, ogni cittadino italiano spende
di tasca propria 611 euro l’anno. La maggior parte (54,6%) se ne va per le visite specialistiche, in particolare dal dentista, dal
ginecologo, dal dermatologo, dall’oculista
e dall’ortopedico. Risultano “out of pocket”
anche il 18,2% degli esami medici ed oltre
il 40% delle sedute di riabilitazione e delle
cure domiciliari di lunga durata.
Ogni cittadino
spende in media
di tasca propria
oltre 600 euro l’anno.
I fondi integrativi
come laboratorio
di un nuovo welfare
di Eufrasia Novellini
Unica tra le grandi nazioni europee a
non avere un Fondo per la non autosufficienza, l’Italia sta cominciando ora a discutere di emergenza assistenziale per le persone anziane e le persone anche più giovani,
ma non in grado di vivere autonomamente
la propria quotidianità a causa di infortuni o
malattie.
Rilevante è la componente di spesa sanitaria privata, pari oggi ad oltre 30 miliardi di
euro (circa il 23% del totale) e soprattutto il
fatto che questa sia sostenuta per l’82%
direttamente dai cittadini, mentre il 13,9%
è veicolato dai fondi integrativi e il solo il
3,7% dalle assicurazioni private. Non stupisce dunque che la prima paura degli italiani, sia rappresentata dalla non autosufficienza (85%) e dall’eventuale impossibilità di pagare le spese mediche (82,5 %), più
della criminalità e della disoccupazione.
Per assicurare l’accesso alle cure e mantenere l’universalità del nostro sistema sanitario, se non sarà possibile diminuire la per-
I FONDI . Quasi dodici milionidi assistiti alla fine del 2013
■ STATO ATTUALE E DATI RILEVATI DALL’ANAGRAFE DEI FONDI DEL MINISTERO:
• 293 fondi a fine 2011, di cui 254 certificati per accedere alle agevolazioni previste dalla normativa;
• l’83% con esclusivo fine assistenziale;
• solo il 69% ha dichiarato il numero degli iscritti, pari a 3.367.000 e circa 5 milioni di aderenti stimati;
• due fondi per “long term care” (dipendenti bancari e assicurativi);
• Poste Italiane ha recentemente lanciato Poste Vita per assicurarsi per la LTC;
• non sono ancora iscritti i fondi istituiti nel 2011-2012 che produrranno la documentazione a partire dalla fine
2012 e nel 2013 (sono circa 30);
• alla fine del 2013 si può stimare che avremo 7 milioni di iscritti e circa 12 milioni di assistiti.
Fonte: annali a cura di Grazia Labate - Convegno Welfare day 2012
centuale di spesa privata, sarà necessario
riqualificarla, passando dal concetto di spesa individuale a quello di spesa collettiva
con quote di mutualità e solidarietà.
Lasanità integrativa, come in generale le
forme della mutualità, si collocano quindi
nell’ambito di un mutamento valoriale in
atto, rispondendo alle richieste crescenti di
una maggior relazionalità sociale che superino la crisi dell’individualismo, rendendo
virtuoso il circuito diritti-responsabilitàempowerment individuali e collettivi.
I fondi integrativipossono essere il laboratorio naturale per sperimentare i nuovi
servizi, la strada maestra è quella di implementare i servizi di territorio, la medicina
di comunità, le cure domiciliari, la continuità assistenziale, avvalendosi oltre che
dell’intervento pubblico, del mercato
sociale e del terzo settore, della mutualità
sia negoziale che di territorio.
Il welfare aziendale
Anche le nuove spinte del welfare aziendale e della sanità integrativa come benefit
aziendale costituiscono un’opportunità da
utilizzare per dare nuovi equilibri al sistema
sanitario.
Il tema del welfare aziendale si pone con
forza per vari motivi: da una parte le nuove
generazioni percepiscono il rischio di una
riduzione dei livelli di assistenza sanitaria
pubblica e guardano alle opportunità di
welfare aziendale con la consapevolezza
delle trasformazioni economiche e sociali
LA SCHEDA. Le esperienze
del welfare europeo
■ IN EUROPA SONO DIFFUSE due tipologie di mutue:
• le società di mutuo soccorso (mutual benefit)
• le mutue assicuratrici (mutual insurance).
Le prime forniscono coperture di welfare completamente supplementari o integrative del sistema di protezione sociale vigente nei diversi Paesi, gestiscono in
alcuni casi proprie strutture (ospedali, farmacie, case
di cura per anziani non autosufficienti) con pacchetti
di prestazioni di aiuto domestico, assistenza domiciliare anche riabilitativa, molto flessibili e attenti all’esigenza del singolo o della famiglia anche per periodi
brevi.
Le mutue assicuratrici offrono, invece, un vero e proprio servizio assicurativo e possono coprire tutti i
rischi, dalla proprietà immobiliare alla vita.
che stanno investendo il nostro Paese.
Dall’altra si sta diffondendo una nuova
sensibilità da parte delle aziende e del top
management che mette in atto politiche di
gestione del personale innovative per i
dipendenti (esempio, percorsi salute e
benessere, conciliazione vita-lavoro, supporto allo studio, telelavoro e agevolazione
per i familiari...).
In questi termini il welfare aziendale
diventa elemento qualificante per la gestione delle risorse umane e un fattore di competitività per le imprese stesse, costruito
secondo logiche di sussidiarietà e tutela dei
lavoratori, sviluppo dell’engagement e
coerenza con i valori aziendali, offrendo servizi che favoriscono il worklife balance,
soprattutto attraverso interventi a favore
delle fasce più deboli (operai ed impiegati).
Tutte le convenzionidella Fondazione
attive con enti, mutuee fondi di categoria
■ FASDAC
Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione.
A chi è rivolta: dirigenti di aziende commerciali.
■ MAPFRE- ASSICATTOLICA
Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione.
A chi è rivolta: gruppo assistiti Cattolica Assicurazione, Istituto Nazionale sostentamento del clero, altri
gruppi iscritti al MAPFRE.
■ BPM - Associazione Volontariato Serenità
Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione.
A chi è rivolta: dipendenti, pensionati della Banca
Popolare di Milano e loro familiari.
■ PREVIMEDICAL
Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione.
A chi è rivolta: fondi sanitari, casse sanitarie, società di
mutuo soccorso, compagnie di assicurazione, broker.
■ CASPIE
Dove: attiva nei Centri della Fondazione che erogano
attività di degenza a pagamento.
A chi è rivolta: personale degli Istituti di Credito rientranti nell’elenco CASPIE.
■ CONSORZIO MUSA- Insieme Salute
Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione.
A chi è rivolta: assistiti consorzio MUSA cui aderiscono varie società di mutuo soccorso.
■ OAF – Opera Aiuto Fraterno (Diocesi di Milano)
Dove: attiva nei Centri lombardi della Fondazione.
A chi è rivolta: clero anziano, in pensione, con particolari fragilità.
■ ARCIDIOCESI DI MILANO
Dove: attiva nei Centri lombardi della
Fondazione.
A chi è rivolta: dipendenti amministrativi laici dell’Arcidiocesi di Milano
e loro familiari (ad integrazione con la
convenzione con OAF).
■ ALDAI - FEDERMANAGER
Dove: attiva nei Centri lombardi della Fondazione.
A chi è rivolta: associazione lombarda dei dirigenti
delle aziende industriali.
■ CONFARTIGIANATO
Dove: attiva nel Centro “Bignamini” di Falconara
Marittima (AN).
A chi è rivolta: artigiani e pensionati associati.
■ FAS –Fondo di Assistenza Sanitaria
Dove: attiva nei Centri “S. Maria della Pace” e “S.
Maria della Provvidenza” di Roma.
A chi è rivolta: dipendenti degli enti gestiti amministrativamente dalla Sede Apostolica.
■ ASSIRETE
Dove: attiva nel Polo Riabilitativo della Fondazione
di Acerenza (PZ).
A chi è rivolta: primarie compagnie di assicurazione,
fondi e casse di assistenza sanitaria integrativa.
■ UNIVERSITA’ DELLA TERZA ETA’
Dove: attiva nei Centri lombardi
della Fondazione.
A chi è rivolta: iscritti all’Università della Terza Età.
■ AGOAL
Dove: attiva in tutti i Centri della
Fondazione.
A chi è rivolta: a tutti i membri iscritti all’Associazione ricreativa del Gruppo Intesa San Paolo.
■ FASI
Dove: attiva per la RSA del Centro “S. Maria al Castello” di Pessano con Bornago (MI) e per il Centro “GalaDon Gnocchi” di Acerenza (PZ).
A chi è rivolta: dirigenti di aziende produttrici di beni
e servizi.
■ EUDAIMON
Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione.
A chi è rivolta: dipendenti di grandi società/aziende
clienti di Eudaimon e loro familiari.
■ CUPLA
Dove: attiva nel Centro della Fondazione “S. Maria ai Servi” di Parma.
A chi è rivolta: comitato pensionati
lavoro autonomo della provincia di
Parma artigianato-commercio-agricoltura.
■ ASSI Squash
Dove: attiva nel Centro di Medicina dello Sport del
Centro “S. Maria Nascente” di Milano.
A chi è rivolta: a tutti i membri iscritti all’associazione sportiva dilettantistica ASSI (Squash Italia).
■ CASAGIT
Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione.
A chi è rivolta: giornalisti.
■ FONDO SALUTE SCE
Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione.
A chi è rivolta: tutti gli iscritti al Fondo Salute “Cesare Pozzo” e ai pensionati ATM.
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
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Attualità
STORIE
13
La lezione di Alessio:
«Con la passione tutto è possibile»
■ IL MESSAGGIO DI ALESSIO ha la forza
dirompente delle cose semplici: «Vorrei
dire a tutti che se un obiettivo ci appassiona,
se un traguardo ci entusiasma, non importa
quanto sia difficile da raggiungere… Che sia
un passatempo, un hobby, perfino un lavoro,
se ci piace certamente non è impossibile».
Alessio ha 22 anni ed è affetto da paraparesi spastica. Da dieci in Fondazione
Don Gnocchi, ha frequentato le scuole
medie, poi il liceo scientifico e da alcuni
mesi ha trovato lavoro in un’azienda dell’hinterland milanese.
«Quando abbiamo ricevuto il curriculum
di Alessio - spiega Rita Castagnola di
Zodiak Active, divisione di Zodiak Media
Group, società di produzione televisiva
europea - e abbiamo letto che tra le sue passioni vi erano le attività con Photoshop e digitali, abbiamo subito pensato che fosse quasi
un segno del destino. Tra le nostre attività vi
sono anche i servizi di comunicazione digitali alle aziende clienti e in più cercavamo una
posizione che avrebbe potuto essere idonea».
Di lì, il passo è stato breve: «Ho parlato di
questa possibilità all’amministratore delegato e, avuto il suo placet, ho coinvolto le col-
Dopo il diploma
e i corsi professionali,
il lavoro in azienda.
L’esperienza raccontata
in un audiovisivo.
I colleghi: «Un esempio
anche per tutti noi…»
leghe (tante) e i colleghi (pochi) dell’area
Finanza per condividere questa scelta, che è
stata accolta con favore. La prima volta che
abbiamo incontrato Alessio abbiamo notato
come gli brillassero gli occhi di fronte ai computer di montaggio delle produzioni televisive e come fosse interessato a tutto quello che
è creatività».
Per Alessio - corso di formazione professionalealle spalle e un’esperienza di tirocinio assistito in un negozio fotografico - è
stato il coronamento di un sogno. O anche,
per dirla con i termini dei responsabili del
Servizio socioeducativo del Centro “S.
Maria Nascente” di Milano, il completamento del progetto riabilitativo.
«Sono nato a Clusone, nella bergamasca,
nel 1991 - racconta orgoglioso - e ho vissuto
a casa, a Gromo, fino al 2001, quando sono
stato accolto in una comunità a Parabiago
(Mi). L’anno successivo sono arrivato al
“Don Gnocchi”. Ho frequentato le scuole
dell’obbligo al Calasanzio e il liceo “Marconi”. Il mio hobby preferito è suonare la chitarra, ma mi piace anche leggere ed operare al
computer. Ora nel curriculum posso scrivere
di avere un impiego. Lavoro nel settore
amministrativo, aiuto i colleghi a sistemare
le fatture, faccio lo schema, in excel, della
situazione giornaliera delle fatture e, quando
arrivano nuovi dipendenti, realizzo, con
Photoshop, le schede di benvenuto per loro».
«Alessio è il nostro “ragazzo benvenuto” aggiunge Rita -, ovvero colui che si occupa
della creazione e realizzazione delle cosiddette “welcome mail”, che permettono a tutto lo
staff di prendere coscienza dei nuovi arrivi, di
sapere di più delle loro esperienze professionali precedenti e curiosare su notizie più personali, nonché di vedere che facce (serie e buffe) hanno i nuovi colleghi attraverso simpati-
che fotografie. Siamo consapevoli che in questo percorso, intrapreso tutti insieme, lo stiamo coinvolgendo in attività amministrative
dove impegna la testa, ma non il cuore, che si
emoziona, appunto, quando riesce ad aiutarci nelle attività più digitali e dove può mettere in pratica la sua creatività. È comunque un
buon inizio, che ci insegna a condividere le
sensazioni positive di quando riusciamo ad
aiutare un amico a superare un ostacolo, a
raggiungere un traguardo per poi affrontare
il successivo».
Alessio confessa di essere stato accolto
benissimo e di non avere difficoltà in azienda, nonostante le levatacce da...pendolare:
«Mi alzo alle 6.30 del mattino, mi preparo e
parto alle 8. Alle 9 circa sono in ufficio, fino
alle 13. Poi torno al Centro “Don Gnocchi”.
È una bella fatica, ma per me è importante
poter lavorare fuori, è un bel traguardo per la
mia crescita, perché imparo a relazionarmi
con gli altri. La cosa che mi piace di più è
quando mi danno da fare le schede con Photoshop perché, nonostante sia uno schema
prefissato, mi piace molto il programma e
così posso mostrare la mia parte artistica».
I colleghi di “Zodiak Active” hanno realizzato un emozionante audiovisivo, che
racconta l’esperienza di Alessio e il suo percorso di integrazione in azienda.
«Ogni tanto abbiamo il timore di non
riuscire a trovare attività stimolanti per lui conclude Rita -. Vedere tuttavia che Alessio
affronta con la stessa positività anche le attività che meno ama, è un grande insegnamento per tutti noi, che talvolta affrontiamo la
routine quotidiana lamentandoci, senza
vedere i lati positivi di quello che abbiamo e
senza metterci il necessario impegno nell’affrontare e superare gli ostacoli ed i nostri
limiti. È vero, Alessio ripete spesso che la
maggioranza delle colleghe sono donne. Ma
certo è un vantaggio: è viziato e coccolato con
dolci e dolcetti come meglio non si potrebbe.
Ma forse questo doveva rimanere un segreto:
i responsabili della Fondazione si erano raccomandati di essere severi con lui…».
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
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RILEVAZIONE ISTAT
Anche la Fondazione nel censimento del “non profit”
■ LA RILEVAZIONE SULLE ISTITUZIONI non profit fa parte
del 9° Censimento generale dell’Industria e dei
Servizi effettuato dall’Istat e concluso lo scorso
dicembre. Le singole realtà coinvolte nel Censimento sono state individuate conformandosi alla
definizione internazionale del System of National
Accounts (SNA) che considera principalmente il
criterio del “divieto di distribuzione di profitti o
altri guadagni diversi dalla remunerazione del
lavoro prestato ai soggetti che l’hanno istituita o
ai soci”.
L’Italia è tra i pochi paesi in Europa a censire periodicamente il mondo del no profit. In questa ultima
edizione del censimento sono state coinvolte
474.765 istituzioni non profit - quasi il doppio
rispetto all’edizione precedente - con l’obiettivo
di ottenere un quadro più completo dell’articolato universo di riferimento. Complessa ed eterogenea la platea delle istituzioni censite: Fondazioni,
Enti Ecclesiastici, Cooperative sociali, Organizzazioni di volontariato, Organizzazioni Non Governative, istituzioni Sanitarie, Istituti educativi, di
formazione e di ricerca, Associazioni Sportive,
Associazioni di categoria, Comitati…
La rilevazione si è svolta attraverso la compilazione di un questionario i cui contenuti sono stati
individuati in collaborazione con esperti del settore, stakeholder e referenti istituzionali coinvolti nel Comitato consultivo, istituito appositamen-
SPORT E DISABILI . Coppa del mondo, nuova impresa di Enzo
■ A LTRO GRANDE RISULTATO PER ENZO MASIELLO, atleta dello sci di fondo dipendente della Fondazione Don Gnocchi
di Milano. Dopo l’argento e il bronzo alle Paralimpiadi di Vancouver nel 2010, i due podi nel 2011 ai Mondiali in Russia e la medaglia d’argento in Coppa del Mondo l’anno scorso negli Usa, nelle scorse settimane Enzo è riuscito a
stupire ancora tutti e ad aggiudicarsi un’altra medaglia d’argento nella Coppa del Mondo sulle nevi di Solleftea
(Svezia), grazie al secondo posto nella 15 chilometri di sci di fondo. Su piste molto dure e non adatte alle sue caratteristiche, e con una neve non delle migliori (complice anche un tempo quasi primaverile), Masiello è riuscito nell’ennesima impresa. Tra i tanti complimenti, anche quelli dell’intera Fondazione e in particolare dei colleghi del
Centro di Formazione Orientamento e Sviluppo (CeFOS) di Milano.
te dall’Istat per l’impostazione dei censimenti.
Anche la Fondazione don Gnocchi, adempiendo
agli obblighi normativi, ha risposto all’appello
compilando l’apposito questionario, articolato in
sette diverse sezioni: dati anagrafici e stato di attività; struttura organizzativa; risorse umane; risorse economiche, attività, struttura territoriale-unità locali, informazioni generali.
Le domande - approfondite, diversificate e dettagliate - erano costruite in modo tale da poter ricavare dati interessanti e utili sia per rispondere alle
esigenze informative di studiosi e operatori del
settore, sia per adempiere alle richieste delle
organizzazioni internazionali sul posizionamento
del non profit nel quadro delle politiche sociali in
Italia, nonchè per avviare iniziative concrete di
sostegno al settore, che dovrebbe essere considerato, soprattutto oggi, un protagonista importante nel rilancio della crescita del Paese.
Risorse umane, volontari, rapporti con le istituzioni, strumenti di comunicazione, ambiti di attività
(nel grafico in alto, la suddivisione percentuale dei
posti-letto), tipologie delle persone assistite ogni
anno, sono solo alcuni degli aspetti censiti che
hanno rappresentato per la Fondazione un’imperdibile appuntamento per avvalorare il proprio
impatto in termini di coesione sociale, comunicazione, cittadinanza attiva e livello di partecipazione sui territori di riferimento.
ORGANIZZAZIONE
Nomine, insediati il nuovo Cdae il Collegio dei revisori
ISTITUZIONE
MISSIONE UOMO
14
La Fondazione al Quirinale:
«Siete simbolo dell’Italia solidale»
■ CON GRANDISSIMA, affettuosa ammirazione per la grande realtà della Fondazione Don
Gnocchi, punto di riferimento di un’Italia
sensibile e solidale. Firmato: Giorgio Napolitano. Con queste parole il Capo dello Stato
ha impreziosito il corposo album fotografico che racconta oltre mezzo secolo di incontri e collaborazione proficua tra l’Opera del
“papà dei mutilatini” e la presidenza della
Repubblica, volume che ha accompagnato
la delegazione che nel dicembre scorso è stata accolta al Quirinale, in occasione del sessantesimo di attività della Fondazione stessa, riconosciuta ufficialmente con decreto
del presidente della Repubblica l’11 febbraio del 1952.
La delegazione, guidata dal presidente
monsignor Angelo Bazzari e dal vicepresidente Giovanni Cucchiani, era composta
da membri del Consiglio di Amministrazio-
Il cordiale incontro
con il presidente
Giorgio Napolitano
per i sessant’anni
di attività dell’Opera.
L’incoraggiamento
del Capo dello Stato
ne, dal direttore scientifico Paolo Mocarelli, dal presidente del Comitato Etico Flaminio Cattabeni, dai direttori degli otto Poli
regionali, da rappresentanti delle direzioni e
dei servizi centrali e da alcuni operatori, religiosi e religiose, ospiti disabili e loro familiari. Per l’occasione, è stata donata al presi-
dente della Repubblica la medaglia d’argento a ricordo della beatificazione di don
Gnocchi, unitamente a scritti e raccolte
riguardanti l’attività della Fondazione.
Il Capo dello Stato ha avuto parole di
ammirazione per la Fondazione («...anche
per come vengono gestiti i fondi, cosa che non
sempre avviene nella sanità pubblica») e per
tutti i suoi operatori.
«Non possiamo accettare l’idea che la
tutela della salute e la cura delle persone siano un lusso - ha aggiunto in difesa del Servizio Sanitario Nazionale - per cui a seconda di
come vanno l’economia e le finanze dello
Stato se ne può fare a meno. Dobbiamo trovare gli equilibri necessari per garantire questa funzione indispensabile, sancita nella
Momenti dell’udienza e la dedica di Napolitano.
Sotto, uno degli incontri di don Gnocchi con Einaudi
L’ALBUM. La Fondazione
e i presidenti della Repubblica
■ 1950: Luigi Einaudi all’inaugurazione del Centro “S.
Maria ai Colli” di Torino
■ 1955: Giovanni Gronchi alla posa della prima pietra
del Centro pilota di Milano e al Centro di Inverigo
■ 1988: Francesco Cossiga incontra a Milano i vertici
della Fondazione
■ 1992: Oscar Luigi Scalfaro visita il Centro Irccs “S.
Maria Nascente” di Milano
■ 1996: Oscar Luigi Scalfaro al quarantesimo della
morte di don Gnocchi
■ 2001: Carlo Azeglio Ciampi riceve al Quirinale una
delegazione della Fondazione
■ 2003: la Fondazione insignita dal presidente Ciampi
della medaglia d’oro al merito della sanità pubblica
■ 2012: Giorgio Napolitano riceve al Quirinale una
delegazione della Fondazione
nostra costituzione e che impegna tutti».
L’incontro con il presidente Napolitano
conferma ancora una volta l’attenzione e la
stima che il Quirinale ha sempre riservato
all’Opera del beato don Gnocchi: dagli
incontri di don Carlo nell’immediato dopoguerra con Luigi Einaudi e con Giovanni
Gronchi fino, in tempi più recenti, alle visite
e agli incontri con Francesco Cossiga, Oscar
Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi.
Già nel 2009 il presidente Napolitano
aveva inviato alla Fondazione un toccante
messaggio in occasione della beatificazione
di Carlo Gnocchi: «Nel rammentare- scriveva il Capo dello Stato - quanto la promozione
della dignità umana attraverso la pratica della
solidarietà sia un terreno nel quale i valori della nostra Carta fondamentale confluiscono
con quelli della tradizione cristiana, sottolineo come l’opera di don Gnocchi costituisca,
ancora oggi, un indimenticato esempio di
impegno a favore di quanti si trovano, senza
alcuna colpa, in condizioni di disagio fisico e
sociale. Rivolgo alla Fondazione Don Gnocchi e a quanti operano nelle sue strutture di
assistenza un pensiero e un cordiale saluto».
Da sottolineare che proprio quest’anno
ricorre il decennale del conferimento da
parte del Quirinale della medaglia d’oro al
merito della Sanità pubblica alla Fondazione Don Gnocchi: il prestigioso riconoscimento venne infatti attribuito il 7 aprile
2003 a Roma dall’allora presidente Ciampi,
in occasione delle celebrazioni del 55° anniversario della Giornata Mondiale della
Sanità.
■ A SEGUITO DELLE INTERVENUTE DESIGNAZIONI per il rinnovo degli organi statutari della Fondazione Don Gnocchi, nel
dicembre 2012 si sono insediati il nuovo Consiglio di Amministrazionee il nuovo Collegio dei Revisori per il triennio 2012-2015.
Il nuovo Cda risulta così composto: mons. Angelo Bazzari, dott. Giovanni Cucchiani, prof. Felice Martinelli, dott.
Mario Brambilla, ing. Marco Campari, prof. Giampio Bracchi, dott. ssa Mariella Enoc. Il Consiglio di Amministrazione ha provveduto alla conferma di monsignor Bazzari alla presidenza, e del dottor Cucchiani alla vicepresidenza.
Il nuovo Collegio dei Revisoririsulta così composto: dott. Raffaele Valletta, dott. Emilio Cocchi, dott. Michele Casini. Il Collegio dei Revisori ha provveduto alla nomina del presidente nella persona del dott. Valletta.
Il presidente della Fondazione ha ringraziato i membri uscenti per il contributo di competenza, dedizione e professionalità assicurati nello svolgimento del mandato nel triennio concluso ed ha augurato ai nuovi componenti un
sereno e proficuo lavoro.
Ecco, in sintesi, chi sono i componenti dei due massimi organi istituzionali.
● Monsignor Angelo Bazzari.Ordinato sacerdote nel 1967 nella diocesi di Bobbio (Pc), dopo incarichi in parrocchie,
scuole e realtà sanitarie della diocesi ambrosiana è chiamato dall’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini alla
direzione della Caritas ambrosiana. Dal 1993 è presidente della Fondazione Don Gnocchi. Tra gli incarichi ricoperti
in ambito civile è stato, dal 2003 al 2006, membro del Consiglio Superiore di Sanità.
● Giovanni Cucchiani. Laureato in Economia e Commercio, è iscritto all’albo dei dottori commercialisti di Milano
dal 1958 e svolge la professione di consulente aziendale e consigliere di amministrazione di numerose società. Vicepresidente della Fondazione Don Gnocchi dal 2005, è presidente regionale emerito dell’Associazione Croce Bianca di Milano e vicepresidente della Fondazione monsignor Andrea Ghetti.
● Felice Martinelli. È professore associato di Tecnica Professionale alla facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano ed è stato docente al Politecnico di Milano. Revisore contabile, iscritto all’albo dei Dottori commercialisti di Milano, ha svolto prestigiosi incarichi professionali ed è autore di manuali in materia economico-aziendale.
● Mario Brambilla.Laureato in filosofia all’Università Cattolica di Milano, vanta una grande esperienza nel campo
sociale, sanitario, educativo e riabilitativo, con la direzione e gestione di numerosi progetti di rilevanza regionale
e nazionale. È tra i soci fondatori della Fondazione Banco Alimentare.
● Marco Campari. Laureato in ingegneria nucleare al Politecnico di Milano nel 1966, è responsabile della Industry
Healthcare Coopers Advisory, oltre che componente dello Steering Commite e della Commissione “Sanità” di Confindustria. Collabora, tra l’altro, con i ministeri dell’Economia e della Salute per l’attuazione dei piani di rientro delle Regioni che presentano rilevanti disavanzi di bilancio nel settore sanitario.
● Giampio Bracchi.Laureato in ingegneria nel 1967 al Politecnico di Milano, con successiva specializzazione nel settore dell’automazione dei sistemi informativi, dal 1980 è professore ordinario di “Sistemi informativi” sempre al
Politecnico di Milano e presidente della Fondazione Politecnico, dove ha ricoperto tra l’altro la funzione di pro-rettore dal 1990 al 2002.
● Mariella Enoc.Laureata in medicina e chirurgia, ricopre incarichi prestigiosi in veste di procuratore speciale dell’Ospedale Cottolengo di Torino, vicepresidente della Fondazione Cariplo e della Fondazione Cini, presidente delle Fondazioni “Filarete” di Milano e Ismu e membro del Comitato della Banca Popolare di Novara.
● Raffaele Valletta.Laureato in Economia e Commercio all’Università Cattolica di Milano, svolge la professione di
dottore commercialista nel capoluogo lombardo, attraverso lo Studio Commercialisti Associati “Valletta-Belloni”,
con attività principalmente concentrata nel campo aziendale, societario e fiscale. Iscritto all’albo quale consulente tecnico del tribunale, ricopre tra l’altro numerose cariche all’interno di diverse società.
● Emilio Cocchi. Laureato in Economia e Commercio all’Università Cattolica di Milano, svolge dal 1966 la professione di dottore commercialista in Milano, attualmente con lo Studio “Cocchi & Associati”, con particolare riguardo all’attività di consulenza societaria, fiscale e tributaria, nonché l’attività giudiziale e stragiudiziale relativa a
concordati preventivi e stragiudiziali.
● Michele Casini.Laureato in Economia e Commercio all’Università Bocconi di Milano, dal ’74 è iscritto all’ordine dei
dottori commercialisti di Milano, città dove svolge tuttora la professione in ambito aziendale, contrattuale, finanziario, di diritto societario e tributario. Già ufficiale di complemento nel corpo degli alpini, è iscritto da decenni all’Associazione Nazionale Alpini e nel periodo 2005-2011 è stato consigliere nazionale dell’Ana, con l’incarico di tesoriere.
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MISSIONE UOMO
Attività
Attività
LETTERE
MISSIONE UOMO
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Anche all’Istituto Palazzolo
un Hospice per malati terminali
■ UN HOSPICE PER MALATI TERMINALI
anche all’Istituto Palazzolo di Milano. Si
amplia la gamma di servizi dell’articolato
Centro per anziani e persone in condizione
di “fragilità”, da quindici anni gestito dalla
“Don Gnocchi”, che sta sempre più acquisendo le caratteristiche di “struttura intermedia” tra ospedale e territorio. Si potenzia
così l’attività della Fondazione nel settore
delle cure palliative, dopo l’Hospice “S.
Maria delle Grazie” avviato a Monza già
nel 1999 (tra le prime strutture del genere
nel nostro Paese) e quello avviato di recente
all’interno del Centro “S, Maria alla Pineta” di Marina di Massa (Ms).
«Lo sviluppo dell’Istituto - spiega il direttore, Maurizio Ripamonti - muove dalle
solide basi gettate dalle Suore delle Poverelle,
la congregazione fondata da don Luigi Palazzolo, già negli anni precedenti l’ingresso della Fondazione Don Gnocchi, anni caratterizzati da una grande tradizione di solidarietà e
attenzione ai bisogni dei soggetti più fragili.
L’Istituto è oggi “una cittadella della carità”
che prosegue nel segno e nel carisma dei due
beati. E questo per noi significa dedicare la
stessa attenzione ai bisogni sanitari, ma anche sociali e assistenziali
di tutte le persone che si rivolgono
a noi».
Oggi l’Istituto Palazzolo accoglie e assiste un numero rilevante
di pazienti fragili: anziani ospitati
nella Residenza Sanitaria Assistenziale e in riabilitazione generale e geriatrica, pazienti anziani e non solo - con patologie oncologiche, pazienti con sclerosi laterale amiotrofica (SLA) o nella condizione di
stato vegetativo, oltre all’attività di assistenza domiciliare. «L’avvio del nuovo Hospice continua Ripamonti - si inserisce nella strategia di diversificare le attività e rinforzare i
percorsi di continuità assistenziale per
accompagnare la persona con soluzioni personalizzate in un progetto di rientro al domicilio o di lungoassistenza».
L’Hospice dispone di 10 posti letto ed è
collocato al secondo piano della sezione
Montini. Ciascuna stanza, dotata di bagno
attrezzato, dispone di un letto elettrico a tre
snodi e ad altezza variabile, di una poltronaletto per l’eventuale pernottamento di un
familiare (è infatti consentita la presenza di
Dieci posti letto
per le cure palliative
e la terapia del dolore
in stretto collegamento
e sinergia con le altre
strutture di Monza
e Marina di Massa
di Adonella Pedotti
un parente nell’arco delle 24 ore, con la possibilità di consumare i pasti nella struttura,
senza onere alcuno), oltre ad armadio, televisore e mini frigorifero. L’équipe operativa
è composta da medici, infermieri, Asa, psicologo, assistente sociale e assistente spirituale. All’attività di assistenza concorrono
anche volontari, adeguatamente formati.
Sopra, l’équipe del nuovo Hospice dell’Istituto Palazzolo
e il direttore, Maurizio Ripamonti. Sotto, una camera.
A destra, una suggestiva panoramica del Centro milanese
L’Hospice accoglie persone nella fase
terminale della vita e loro familiari tramite
una struttura residenziale accreditata per
malati gravi residenti in Lombardia. Caratteristica particolare di questo Hospice è di
indirizzare il proprio servizio anche a persone in condizioni di terminalità per malattie
non oncologiche.
La struttura è accreditata dalla Regione
Lombardia e non è previsto alcun onere
finanziario a carico del paziente o della sua
famiglia. La segnalazione dei nuovi ospiti,
da inserire in lista d’attesa, può essere fatta
dai familiari, che verranno invitati per un
colloquio informativo e per poi visitare la
struttura, oppure dai Servizi Sociali di ospedali e comuni, dai medici di medicina generale o di reparti ospedalieri e dalla rete degli
Hospice milanesi.
«Le cure palliative e quelle di fine vita aggiunge Renzo Bagarolo, direttore sanitario dell’Istituto - hanno lo scopo di accompagnare il paziente nella fase terminale della
vita, assicurando assenza di dolore, qualità di
équipe multisciplinari che si altervita e comfort al paziente e sostegno
neranno nelle attività di cura e di
tecnico-professionale e psicologico
assistenza.
alla famiglia. Gli operatori devono
«La formazione - afferma la
pertanto possedere non solo le
Responsabile del Servizio Valentinecessarie competenze tecniche alla
na Bertagna - rappresenta un eleluce degli ultimi progressi compiuti
mento importante per gli operatori,
dalla medicina palliativa, ma anche Renzo Bagarolo
a supporto non solo delle competenun approccio capace di valutare gloze cliniche e assistenziali, ma anche per fornibalmente e integrare bisogni clinici, sociali,
re elementi e conoscenze relazionali e gestiopsicologici e spirituali del paziente, tenendo
nali per accompagnare famigliari, care-giver e
in debito conto anche la situazione del conteospiti in un difficile percorso della vita».
sto familiare. Tutto questo significa una capaLa collaborazione interdisciplinare e la
cità di relazione e comunicazione che supera il
comunicazione all’interno dell’équipe
limite delle sole risposte tecniche».
sono fondamentali per farsi carico in modo
La realizzazione dell’Hospice (responglobale dei bisogni del paziente.
sabile medico è la dottoressa Alessandra
L’Hospice dell’Istituto Palazzolo opera
Cantatore, mentre Carlo Cacioppo è il
in stretto collegamento con gli altri due
medico palliativista) è stata sostenuta dalla
Hospice della Fondazione Don Gnocchi,
Fondazione Cariplo, che ha riconosciuto la
sia in ambito formativo e di ricerca, che nelvalenza innovativa del progetto che comla stesura di protocolli comuni.
prende anche un percorso formativo per le
LA SCHEDA . L’offerta di servizi dell’Istituto Palazzolo
■ Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) per anzianicon 599 posti letto, di cui:
in Nucleo specialistico per persone affette da malattia di Alzheimer (30 pl)
nell’Unità Operativa per persone in Stato Vegetativo (30 pl) e Malattie Neuromuscolari (12 pl)
in Hospice Residenziale (10 pl)
in Cure Post Acute (10 pl)
■ Centro Diurno Integrato (CDI) con 30 posti
■ Casa di Curaaccreditata con
Area medica e riabilitativa intensiva e cure sub-acute con 80 posti-letto
Area Medica e riabilitativa Generale e Geriatrica ad indirizzo Oncogeriatrico con 27 posti letto
Macroattività Ambulatoriale ad alta complessità assistenziale con 4 posti (ex dh)
■ Riabilitazione Generale e Geriatrica(estensiva) con 75 posti letto
■ Nucleo attività riabilitativa in solvenza con 6 posti letto
■ Ambulatorio polispecialisticoannesso alla Casa di Cura, comprendente diverse specialità cliniche, riabilitative e servizi diagnostici ed un Centro Odontoiatrico specializzato nella cura dei pazienti anziani e con bisogni speciali (diversamente abili) in collaborazione con l’Università di Milano Bicocca
■ Unità di Valutazione Alzheimer (UVA)e Unità di Valutazione Geriatrica (UVG)
■ Attività ambulatoriale e domiciliare di riabilitazione(ex art. 26)
■ Attività Domiliare Integrata (ADI) sul territorio di Milano, comprensiva di attività domiciliare per cure palliative
■ Servizi Territoriali: Custodi Sociali nei Comuni di Milano, Monza e Seregno; Progetto Col-legati, Progetto
Casa Aurora
Graziedi cuore
agli “angeli” dell’Hospice
■ SPIGOLANDO TRA LE NUMEROSE LETTERE scritte nelle
ultime settimane dai familiari dei pazienti assistiti
negli hospice della Fondazione Don Gnocchi di
Monza e Marina di Massa.
«A TUTTI VOI, angeli caduti dal cielo, che riempite di
amorevoli attenzioni gli ultimi giorni delle persone… Vi ringrazio per il vostro aiuto, per la vostra
presenza costante, per i sorrisi e le parole delicate,
per la grande umanità e la professionalità, per il
vostro ottimismo per avermi fatto sentire a casa
mia! E così il passaggio forzato dalla sofferenza
diventa libero e dignitoso».
Sergio e il suo angelo
«NON È SEMPLICE scrivere ringraziamenti per queste
situazioni senza risultare banali o eccessivamente
sentimentali. Intendo però provarci ugualmente,
animata da un forte senso di gratitudine che sicuramente avrebbe condiviso anche la mamma.
Forse ancora meglio
sarebbe raccontarvi
che persona era la
mamma prima della
malattia. In 23 anni è
riuscita a trasmettermi
le virtù e i valori che
ogni madre insegna ai
figli insieme alla capacità di affrontare la malattia e
il dolore con responsabilità, dignità e amore. Questi valori li ho trovati sempre rispettati nel vostro
lavoro, che avete sempre svolto al di là del semplice dovere. Quindi ringrazio anche da parte del nonno e di mio fratello tutto il personale medico, infermieristico e ausiliario per l’umanità dimostrata nell’accompagnare la mamma con dignità nei suoi ultimi giorni. Grazie di cuore».
Stefania
«DAL CIELO, Guido vi ringrazia per le cure amorevoli
che gli avete dedicato nella sua lunga e dolorosa
malattia. Ci avete accompagnato per mano verso il
suo grande passo con tanta pazienza e generosità.
Oltre alle persone che abbiamo conosciuto personalmente, ringraziamo tutti coloro che ci hanno
assistito dall’interno, come i telefonisti anche in piena notte… Siete tutti persone meritevoli di ogni
bene, per noi è stato un grande onore conoscervi.
Con tutto il cuore vi diciamo grazie, sarete sempre
con noi…».
Maurizio, Marina e Valentina
«UN GRAZIE PARTICOLARE a tutti coloro che hanno fatto
e fanno del loro lavoro una missione di vita… Grazie
per la sensibilità e la competenza dimostrate».
I familiari di Pierluisa
17
MISSIONE UOMO
SERVIZI
Attività
SERVIZI
Pessano, nuove risposte
alle necessità del territorio
A fianco, una panoramica del Centro di Pessano.
Sotto, il taglio del nastro della rinnovata RSA per anziani
■ UNA RINNOVATA Residenza Sanitaria
Assistenziale (RSA) per anziani e un nuovo reparto di Riabilitazione Generale e
Geriatrica (RGG): ha cambiato volto il
Centro “S. Maria al Castello” di Pessano
con Bornago (Mi), prima struttura dell’Opera del Beato don Carlo Gnocchi. L’inaugurazione dei nuovi servizi è avvenuta nel
dicembre dello scorso anno, presenti il
vicario episcopale di zona, monsignor
Franco Carnevali, il parroco e il sindaco di
Pessano don Lorenzo Redaellie Giordano
Mazzurana, con il presidente della Fondazione, monsignor Angelo Bazzari, il direttore e il responsabile medico del Centro,
Tiberio Boldrini e Giovanni Rainero.
Il Centro è stato sottoposto nel 2012 a
importanti lavori di ristrutturazione e
ampliamento, che hanno portato la ricettività della RSA per anziani dagli originari 60
a 87 posti letto e hanno permesso la realizzazione del nuovo reparto di Riabilitazione
Generale e Geriatrica di 20 posti letto.
I lavori sono durati circa due anni ed
hanno comportato una revisione totale
della struttura della RSA per anziani, che si
compone ora di 2 nuclei a piano terra (43
posti letto) e di 2 nuclei al primo piano (44
posti letto). Dedicata a persone anziane
non autosufficienti, dispone di camere sin-
gole, ampie, con bagno attrezzato, aria
condizionata ed ampie vetrate vista parco
ad altezza carrozzina. La nuova luminosa
hall d’ingresso con spazi dedicati ai visitatori, accoglie lo studio medico, l’ambulatorio medicheria, un locale per le attività
occupazionali, la zona pranzo e una soggiorno.
Al primo piano anche un ampio spazio
destinato ad ospitare una palestra per le
attività di riabilitazione e per la attività di
terapia occupazionale. Gli ospiti della RSA
possono disporre, in comune con gli altri
ospiti del Centro, del salone polifunzionale
per le attività ludico-ricreative, delle palestre, della cappella e dell’ampio parco,
apprezzato sia dagli ospiti che dai parenti e
accompagnatori.
Il reparto di Riabilitazione Generale e
Geriatrica di 20 posti letto è collocato al
piano superiore della struttura che ospita il
reparto di Degenza Diurna Continua. La
realizzazione di questa nuova unità è stata
possibile grazie ad un finanziamento regionale (bando FRISL Regione Lombardia).
La struttura è dotata di moderne camere a
due letti dall’impronta tipicamente ospedaliera. Completano il reparto un ampio
salone per il pranzo e i locali accessori destinati al personale. Un ampio terrazzo, con
vista parco, circonda completamente i
locali di degenza, mentre la palestra per le
attività di riabilitazione è stata ricavata al
piano terra.
S. MARIA AL CASTELLO . Un volumesulla storiadel Centro
■ L’illustre complesso della villa Negroni - già castello medioevale e palazzo
rinascimentale - fu generosamente donato nell’aprile del 1949 dal milionario
russo Michele Olianalla “Pro Infanzia Mutilata” di don Carlo. Inizialmente destinato all’assistenza dei mutilatini (in particolare ragazze), si aprì poi ai poliomielitici, focomelici e spastici. Negli anni ’70, fu oggetto di una graduale trasformazione in Centro di recupero medico-sociale nel campo della riabilitazione ortopedica e neuromotoria. Negli anni ’80 si è avuta un’ulteriore, importante svolta, con
l’avvio all’interno della struttura di un Centro residenziale per anziani. La storia
del Centro è riassunta in una pubblicazione edita dalla Fondazione Don Gnocchi,
che si aggiunge alla collana di volumi che fanno memoria di altri Centri storici: “S.
Maria della Pace”di Roma, “S. Maria ai Servi”di Parma, “S. Maria ai Colli”di Torino, “S. Maria al Mare”di Salerno, “S. Maria Nascente”di Milano, “S. Maria agli Ulivi”di Pozzolatico e “S. Maria alla Pineta”di Marina di Massa.
MISSIONE UOMO
19
Attività
MILANO. “Famiglie in gioco” per sostenere bambinie genitori
MISSIONE UOMO
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Alessandro e Simone:
«Benvenuti a casa nostra»
■ PER ORA CI ABITANO Alessandro e Simone, due ragazzi non ancora trentenni, ma c’è
spazio anche per un terzo inquilino. Per loro
- utenti con disabilità lieve, desiderosi di
costruirsi una vita autonoma - la Fondazione Don Gnocchi ha attrezzato una residenza a Milano, denominata “Casa del Sole”.
Una dimora luminosa, che accende l’entusiasmo dei protagonisti: «Siamo diventati
grandi - confidano- e viviamo insieme ad altri
ragazzi in una casa tutta nostra. Possiamo
decidere e organizzare la nostra giornata autonomamente e siamo felici di poter invitare i
nostri genitori e gli amici. È proprio una bella
esperienza!».
La “Casa del Sole” si trova a Milano, in via
Canonica 87, ed è stata inaugurata lo scorso
dicembre, con una cerimonia alla quale hanno partecipato il presidente della Fondazione Don Gnocchi, monsignor Angelo Bazzari, l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino, il
presidente e vicepresidente del Consiglio
comunale di Milano, Basilio Rizzoe Andrea
La gioia dei ragazzi
verso l’autonomia.
L’appartamento
è uno dei beni
confiscati alle mafie:
«La “Casa del Sole”
simbolo di riscatto»
Fanzago. L’appartamento è uno dei trecento
beni confiscati alla criminalità organizzata in
città ed è stato assegnato in comodato d’uso
alla Fondazione dal Comune di Milano.
«Siamo contenti che in questo appartamento confiscato alla mafia possano abitare in
modo indipendente dei ragazzi- ha dichiarato
l’assessore Majorino -: laddove c’erano attività illegali, ora ci sono realtà impegnate nel
sociale, che attraverso i loro progetti riscattano
nel modo migliore il passato di questi luoghi.
Alessandro
e Simone nella loro
nuova casa. A fianco,
il taglio del nastro.
Nell’altra pagina,
alcuni momenti
della loro giornata
La lista dei beni confiscati e riconsegnati alla
comunità milanese si allunga».
«L’assegnazione di questo appartamento è
per noi un piccolo segno che indica il valore della collaborazione tra pubblico e privato - ha
aggiunto monsignor Bazzari - ed è soprattutto un gesto importante: sottraendo i beni a chi
ha violato le leggi e restituendo speranza e
opportunità per una vita migliore a chi ne ha
bisogno, viene così risanata una delle ferite più profonde della nostra
società».
La “Casa del Sole” è
autorizzata e accreditata
come “progetto sperimentale di appartamento protetto”, in grado di
ospitare giovani che si
caratterizzano per una
Elena Morselli
disabilità lieve, tale da
consentire percorsi di autonomia abitativa.
Si trova al quarto piano di una casa di ringhiera, servita da ascensore, ed è composta da
ingresso, cucina, soggiorno, tre camere, tre
bagni, una lavanderia e un terrazzo.
Lo stabile è collocato in una zona ricca di
servizi e di opportunità di socializzazione,
ottimamente servita dai mezzi di trasporto
pubblico che lo rendono facilmente raggiungibile.
«Il progetto - spiega Elena Morselli,
responsabile del Servizio Socio Educativo
del Centro “S. Maria Nascente” di Milano è stato realizzato grazie ad un cofinanziamento della Fondazione Cariplo, con lo scopo di
offrire una soluzione abitativa a ragazzi con
disabilità, favorendo un’esperienza di vita
indipendente dalla famiglia di origine. Un
percorso formativo condotto dall’educatrice
Annamaria D’Angelo, che ha coordinato sin
dall’inizio le attività inerenti il progetto, e dalla dottoressa Alessia Carugo, psicologa, che ha
preparato i ragazzi e le famiglie al reciproco
distacco. Dall’inizio del 2012 i ragazzi hanno
iniziato a vivere in appartamento, dal lunedì al
sabato, insieme a due operatrici, un’educatrice e un’assistente familiare. Le operatrici
accompagnano gli utenti nella gestione del
quotidiano, promuovendo l’acquisizione e il
consolidamento di autonomie nella cura della
persona, nella cura e riordino del proprio spazio di vita e nelle abilità domestiche legate
all’alimentazione (fare la spesa e preparare
semplici menu), nella gestione del proprio
tempo libero e nei percorsi di autonomia sul
territorio».
Proprio per favorire la maggiore autonomia abitativa degli utenti, nell’appartamento è stato installato un sistema domotico:
ogni ragazzo ha in dotazione un iPad e attraverso un touch screen può fare una serie di
cose, semplicemente facendo scivolare le
dita sullo schermo. Il sistema consente agli
ospiti di controllare l’attività della casa a
distanza da una stanza all’altra, avendo la
visione d’insieme di tutto l’appartamento.
«Il contesto in cui vivono i ragazzi è molto
accogliente - prosegue Morselli -. Hanno
socializzato con i vicini, che sono sempre pronti ad ascoltarli, e molte volte li invitano a casa
loro per fare quattro chiacchiere. La casa è
aperta a tutti: genitori, amici dei ragazzi e dei
genitori, volontari... La rete sociale per ciascuno di loro nel tempo si allargherà sempre di più
in quanto conosceranno gli amici l’uno dell’altro. I ragazzi continuano inoltre a frequentare
le attività a cui partecipano da tempo: l’attività di tempo libero della Fondazione Don
Gnocchi, l’associazione “Handicap su la
testa”, l’associazione “Il Fontanile”, il “Progetto Vela Insieme”, che ha sede in Toscana, o
altre realtà gestite da volontari. Alcuni dei
ragazzi frequentano corsi di equitazione, teatro e musica. Durante la fascia mattutina e
pomeridiana, un ragazzo frequenta un Centro
Diurno Disabili e un altro il Servizio di Formazione all’Autonomia. Come previsto dal progetto, si intende mantenere il legame con i servizi diurni territoriali frequentati e promuovere, laddove necessario, l’impegno occupazionale o di lavoro protetto di questi giovani».
■ SOSTENERE LA RELAZIONE bambino-genitori; prevenire l’allontanamento dei bambini e agevolare il loro rientro a
casa; offrire assistenza psico-socio-educativa alle famiglie; rafforzare l’integrazione tra famiglia e scuola e aiutare
nel superamento delle situazioni critiche: sono questi alcuni degli obiettivi del progetto Centro Diurno “Famiglie
in gioco”, gestito dalla Fondazione Don Gnocchi e dalla Coop Cbm (Centro per il bambino maltrattato), che ha preso il via nei mesi scorsi a Milano.
Si tratta di una struttura flessibile, che offre attività di carattere educativo, sociale, psicologico e supporto scolastico mediante proposte di gruppo e laboratori a sostegno individuale, per incrementare, migliorare e promuovere il benessere sia dei bambini che degli adulti.
Il nome “Famiglie in gioco” rivela sia l’intento di riportare la serenità tra genitori e figliattraverso il sostegno di personale esperto e attività mirate, sia la volontà delle famiglie stesse a rimettersi in discussione per recuperare e
ristabilire rapporti quanto più sereni.
Il progetto ha come scopo principale quello di venire incontro alle diverse esigenze e problematiche di ogni famiglia, fornendo un intervento personalizzato; infatti, dopo una prima fase di conoscenza reciproca, gli operatori e le
famiglie scelgono insieme gli obiettivi da raggiungere e il tipo di percorso più opportuno da intraprendere per
migliorare il clima familiare.
Gli obiettivi del progetto si collocano su quattro livelli: rafforzare le capacità di bambini e ragazzi di affrontare
eventi sfavorevoli e fasi critiche della loro vita, attraverso il sostegnodella relazione con i familiari, l’implementazione della rete amicale e il confrontotra pari (coetanei), accompagnati da educatori competenti e facilitatori del
percorso; rafforzare le competenze e le risorse dei bambini attraverso un focus specifico sui problemi di apprendimento e utilizzando tecniche di potenziamento cognitivo e attraverso un sostegno alle risorse educative dei genitori, con interventi volti ad incrementare la consapevolezza sui bisogni dei bambini e la percezione di efficacia nell’affrontare i problemi posti dalla crescita dei figli; incrementare il supporto proveniente dalle reti naturali e familiari, per ridurre la vulnerabilità causata dal senso di solitudine e dall’isolamento sociale; migliorare la relazione tra
scuola e famiglia, favorendo una alleanzatra i diversi attori.
Per i minoridi età compresa tra i 3 e i 10 anni, sono previsti laboratori espressivi, gruppi di confronto e supporto scolastico; per i genitori, seminari tematici, consulenza individuale e gruppi di confronto; per le scuole, è attivo un supporto per la gestione delle situazioni di particolare criticità, supporto ai compiti e attività a sostegno dell’apprendimento.
Dell’équipe di lavoro fanno parte educatori professionali, assistenti sociali, psicologi, pedagogisti, neuropsichiatri
infantili e psicomotricisti, per garantire il più valido supporto alle famiglie.
Al Centro Diurno si può accedere spontaneamente, oppure in relazione ad una presa in carico della famiglia presso
i Servizi Sociali del Comune di Milano. L’accesso è inoltre aperto anche alle scuole che richiedano assistenza. Il servizio “Famiglie in gioco”si trova al Centro Irccs “S. Maria Nascente” di Milano, con ingresso da via Gozzadini 7.
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MISSIONE UOMO
PROGETTI
Attività
PROGETTI
IL RESPONSABILE. Chi, dove, come, quando: sfidaentusiasmante
Servizi territoriali:
incontro al bisogno
■ ATTRAVERSANDODIVERSE STAGIONI in Fondazione, non si può non aver osservato innovazioni, cambiamentie orientamenti strategici imprevedibili, che se vissuti con spirito di partecipazione portano passionee motivazioni talvolta inaspettate. Se dovessi spiegare in modo sintetico di che cosa mi occupo, immediatamente torna naturale ribadire il concetto
di servizi alla persona,ovvero servizi di prossimità per “qualcuno” e non per “qualcosa”. Nella nostra esperienza di servizio c’è quindi un “chi” rappresentato da personealle quali ad inizio giornata risulta normale pensare e dai quali lasciarsi
coinvolgere. Persone conosciute e assistite al di fuori dei limiti definiti di una struttura (di cura, di ricovero o di riabilitazione), ma altrettanto inquadrate e incasellate nei loro bisogni, necessità e aspettative di vita e di salute.
Il “dove” è rappresentato in modo estensivo al territoriointeso come città, quartiere, domicilio, luoghi di vita, contatto, socializzazione e coesione.
L’aspetto interessante e altamente motivazionale è rappresentato dal “come”, in quanto le
esperienze evidenziano modalità di azione differenziatetra loro, ma connotate dall’obiettivo
comunedel superamento di contesti quali disagio, fragilità, emarginazione, solitudine…
Ecco allora emergere la necessità e opportunità di fare squadra“con”altre realtà del diversificato mondo non profit: la collaborazione con cooperative sociali, associazionie consorziche
pongono il “care”al centro delle proprie linee operative trova un terreno di coltura omogeneo
con le specificità della Fondazione Don Gnocchi.
La sfida impegnativa - nell’attuale crisi di risorse, non solo economiche - è quella di esercitare
in forme sostenibiliun servizio apparentemente debole e non remunerativo, attraverso il coinvolgimento di forze sensibili e nel riconoscimento della convenienza sociale che un investiRino Malengo
mento per la personapuò restituire in forme anche inattese.
Su questo aspetto le esperienze e l’evoluzione in diverse forme della responsabilità sociale,
che imprese anche di notevoli dimensioni stanno assumendo attraverso iniziative diverse e contributi concreti, mi conducono ragionevolmente alla convinzione che esistano margini di sviluppo nel servizio, ancora da esperire attraverso
progettazioni di validità collettivache Fondazione Don Gnocchi può esprimere per l’oggettiva particolarità distintiva
che le è propria, rappresentata da una molteciplità di settori di competenza e conoscenza.
Il “quando”per tutte queste azioni è quindi l’oggi, un tempo difficile dove, a fianco della ridotta programmazione sociale istituzionale, l’iniziativa privata, la creatività, la capacità di formulazione di proposte innovative diventano fattori
determinanti e stimolanti per la realizzazione di progettazioni integrate con le difficili realtà territoriali.
Rino Malengo - Responsabile Servizi territoriali socioassisitenzali
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■ L’IMPEGNO DELLA FONDAZIONE Don
Gnocchi per gli anziani non si limita alle pur
importanti strutture residenziali (RSA) presenti soprattutto in Lombardia. C’è anche il
fronte dei servizi territoriali, che vedono
ormai da tempo l’Istituto “Palazzolo-Don
Gnocchi” di Milano in prima linea con lo
sviluppo di progetti innovativi e di grande
efficacia.
Oltre dieci anni di presenza costante sul
territorio dell’area milanese e di lavoro
incessante - in collaborazione con altri soggetti e con le istituzioni locali - hanno fatto
guadagnare alla Fondazione un ruolo primario nel campo del supporto alla terza età
e alle famiglie in generale. A partire dall’esperienza del “custode sociale”, avviato nel
lontano 2003 con la prima postazione sperimentale in via Jacopino da Tradate (zona 8 di
Milano) e cresciuto via via nel tempo: basti
pensare che dai due primi operatori allora
messi in campo si è passati ai circa cinquanta
di oggi...
Il custode sociale rappresenta una figura
Non solo strutture
residenziali per anziani,
ma grande attenzione
anche a città e quartieri
con progetti innovativi
di grande efficacia.
Come “Casa Aurora”
di Giovanni Ghislandi
che opera quotidianamente nel quartiere e
prioritariamente negli stabili di edilizia residenziale pubblica a sostegno della domiciliarità, socialità e sicurezza dei cittadini e
delle famiglie residenti. Con il suo lavoro è in
grado di rilevare i bisogni delle famiglie e
degli anziani in difficoltà e di attivare in loro
aiuto erogatori di servizi pubblici e privati,
associazioni di volontariato, parrocchie e
altre risorse disponibili sul territorio.
Il custode si rivolge alla popolazione in
condizioni di fragilità multifattoriale, quali
solitudine, isolamento, precarie condizioni
di salute, redditi insufficienti, età avanzata,
compromissione dell’autonomia e deprivazione socio-culturale.
Si tratta di un progetto pianificato attentamente e costruito giorno dopo giorno gra-
zie all’esperienza sul campo, il cui successo è
testimoniato dalla crescente soddisfazione
degli utenti e dai riconoscimenti ottenuti nel
corso degli anni.
Non è un caso che nel 2011 abbia ottenuto - tra l’altro - un premio nell’ambito del
Forum della Pubblica Amministrazione
come «miglior caso di cura civica del bene
comune» nell’area relativa alla “dignità della
persona”.
Un importante salto di qualità si è avuto
nel 2007, quando il Comune di Milano ha
deciso di realizzare il servizio su tutta l’area
metropolitana, affidando - a seguito di gara
pubblica - le zone 7, 8, 9 del decentramento
amministrativo all’Associazione Temporanea di Scopo che la Fondazione Don Gnocchi, tramite l’Istituto “Palazzolo”, gestisce
in qualità di ente capofila insieme al Consorzio Farsi Prossimo Onlus e alla Fondazio-
ne Aquilone Onlus, condividendone valori,
modalità operative e interventi.
Il servizio reso nelle zone 7-8-9 (quartieri
con un’alta densità di persone anziane) vede
attualmente in attività una cinquantina di
operatori, che agiscono in collaborazione
con altri soggetti della rete sociale, quali i
servizi socio-sanitari dell’Asl (medici di
base, punto di fragilità Asl, consultori), servizi sociali territoriali comunali (centri multiservizi anziani, servizi sociali della fami-
IL MEDICO . Servizio davvero efficace, una piacevole sorpresa
■ ANDANDO A FARE una visita programmata a una paziente anziana e sola che vive in una casa comunale (i suoi familiari si trovano ad almeno 500 chilometri), ho avuto una piacevole sorpresa: la signora mi ha pregato di telefonare
al “custode sociale”,per pianificare il programma di aiuto per lei. Ho telefonato al numero scritto sulla lettera che
presentava il servizio agli utenti e, nel giro di qualche minuto, una giovane donna è arrivata a casa della paziente per
conoscermi, presentarsi e presentare il servizio. Questa donna si faceva carico di andare in farmacia, fare la spesa,
prenotare gli esami, ritirare i referti, tenere i rapporti col personale del distretto, svolgere tutte quelle mansioni
burocratiche che l’anziana signora non era più in grado di compiere da sola. D’accordo con la custode sociale, ho
ritenuto fosse arrivato il momento di chiedere l’invalidità civile, dato che la paziente, in seguito a una caduta, aveva ridotto la propria autonomia: all’indomani, quando sono arrivata in studio, i moduli da compilare erano già sulla mia scrivania. Vivendo vicino ai potenziali fruitori del servizio, il custode è in grado di intervenire in caso di necessità improvvise, facendo sentire gli anziani e i malati meno soli e isolati, favorendo iniziative di socializzazione,
vegliando sulla loro sicurezza, segnalando situazioni di rischio.
M.B.- Medico di medicina generale, Monza
glia, servizi adulti in difficoltà, nuclei distrettuali disabili), servizi sanitari (aziende ospedaliere, centri psico-sociali), parrocchie,
associazioni e soggetti del terzo settore.
Le richieste di intervento possono pervenire direttamente dall’interessato, oppure attraverso una segnalazione da parte dei
portieri degli stabili popolari, degli operatori dei servizi sociali e territoriali, dei familiari, dei vicini di casa, di volontari a conoscenza di situazioni di disagio, che allertano direttamente i riferimenti locali dei servizi sociali.
“Casa Aurora”, supporto
per la fragilità momentanea
Nuovo di zecca è il progetto “Casa Aurora”, sostenuto con un contributo della Fondazione Cariplo: nasce dalla collaborazione
tra enti non profit che da anni operano nel
territorio di Milano con servizi educativi,
assistenziali e sanitari rivolti alla cura della
persona. Si tratta di un’iniziativa sperimentale avviata nel mese di marzo, che intende
promuovere iniziative di residenzialità “leggera”, per custodire e sostenere durante
periodi brevi e definiti, ospiti anziani in condizione di momentanea fragilità.
Questo servizio vede la Fondazione Don
Gnocchi in veste di capofila, con la collabo-
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
22
Attività
PROGETTI
MISSIONE UOMO
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Le esperienze di Monza e Seregno:
contro solitudine ed emarginazione
■ ANALOGAMENTE ALL’AREA MILANESE, anche nella città di
Monza, a seguito di un’iniziale sperimentazione nel
2008-2010, il servizio del custode socialeè stato messo a regime dalla Fondazione Don Gnocchi, aggiudicataria attraverso una gara pubblica dell’appalto nelle
cinque circoscrizioni del capoluogo brianzolo per un
periodo di 43 mesi (agosto 2010-febbraio 2014). Il servizio prevede complessivamente la presenza sul campo
di 6 operatori della Fondazione, che agiscono in forte
connessione con il settore anziani dell’Ente locale,
all’interno della rete dei servizi sociali territoriali
comunali. A differenza di quanto attuato a Milano, la
peculiarità monzese è rappresentata da una localizzazione “condominiale” dei custodi sociali, presenti in
postazioni situate in edifici di residenzialità pubblica
(Aler o demanio). Attualmente sono circa 450 le persone anziane prese in carico, attraverso modalità dirette
o iniziative e attività diversificate in diversi progetti
assistenziali.
Pur in condizioni oggettivamente diverse rispetto
alle problematiche dei quartieri milanesi, il custode
sociale di Monza si avvicina al cittadino per le medesime motivazioni, ovvero con lo scopo di fornire sostegno ad anziani in condizioni di disagio e fragilità sociale, prevenire l’instaurarsi di situazioni di solitudine ed
emarginazione, individuare il bisogno nel luogo e nel
momento in cui si manifesta, avvicinando il servizio al
cittadino e sviluppare un modello assistenziale a rete,
caratterizzato da servizi complementari ed integrati.
Attraverso le postazioni circoscrizionali, gli operatori incontrano quotidianamente singoli e gruppi di
persone del quartiere, avviando relazioni che su richiesta possono confluire in azioni di aiuto domestico a
supporto dell’anziano (igiene personale, piccole commissioni, spesa, recupero farmaci). Al fine di prevenire
fenomeni di solitudine ed emarginazione, particolarmente interessante è stato l’avvio di laboratori creativi diversificati (taglio e cucito, maglia e uncinetto,
découpage e creazione fiori di carta), iniziative di
socializzazione (concorsi letterari, rappresentazioni
intergenerazionali) e di educazione ambientaleal parco di Monza. Particolare attenzione viene inoltre dedicata alla sicurezza sociale, attraverso il coinvolgimento delle forze di Polizia locale in ambiti territoriali
diversi, con incontri tematici dedicati alla prevenzione
delle truffe e sicurezza domiciliare.
Seregno, il contratto di quartiere
A partire dal 2009 le competenze distintive nell’ambito della custodia sociale dell’Istituto “Palazzolo-Don Gnocchi” di Milano hanno permesso una collaborazione formativa anche con i Servizi sociali del
Comune di Seregno (Mb), che si sono declinati successivamente nella richiesta di partecipazione al secondo
“Programma regionale sui contratti di quartiere”. Da
qui è nato il contratto di quartiere sviluppato dal
Comune di Seregno per la zona cittadina del “Lazzaretto”, con l’obiettivo principale di prevenire la possibile
degenerazione di problematiche potenzialmente critiche per il futuro dell’area: si tratta in sostanza di un
progetto complesso, con una serie di iniziative di tipo
urbanistico, edificatorio e sociale, che si pone l’obiettivo di incrementare il livello di qualità della vita di una
parte della città, proponendo azioni risolutive migliorative rispetto alle problematicità presenti, parificandolo qualitativamente ad altre zone di Seregno e rendendolo a tutti gli effetti un ambito sociale piacevole,
vivibile, attrattivo.
La Fondazione Don Gnocchi ha avuto il ruolo di
capofila nello sviluppo di uno specifico aspetto del
contratto di quartiere, rappresentato dalla “coesione
sociale”, attraverso il progetto “Lazzaretto quartiere in
movimento” e “Laboratorio di quartiere/Custodia
sociale al Lazzaretto”.
Il progetto si svolge per il 2010-2013 attraverso l’attività di due operatori della Fondazione Don Gnocchi,
in partenariato con il Comune di Seregno, la Cooperativa Sociale della Brianza e Gelsia Calore: prevede in
sostanza la gestione del “Laboratorio di quartiere”(un
locale al centro del quartiere Lazzaretto, messo a disposizione dall’Amministrazione comunale, ben visibile e raggiungibile dai cittadini) e il presidio della
“custodia sociale” a nuclei familiari ben individuati, al
fine di intercettare eventi-sentinella e situazioni di difficoltà da monitorare.
Il Laboratorio di Quartiere ha lavorato intensamente in questi anni, ponendosi come riferimento per
la popolazione residente e collegamento del cittadino con il Comune. È stato ad esempio il punto informativo sulle finalità e gli obiettivi proposti, il collettore
diretto di bisogni, necessità, proposte e contributi,
soprattutto degli inquilini residenti negli alloggi di edilizia popolare pubblica, nonché curatore del piano di mobilità per i nuclei
familiari interessati e attuatore di
progetti dedicati ad anziani e minori.
Varie sinergie e collegamenti con
i servizi sanitari e civici locali hanno
permesso l’organizzazione a la realizzazione di momenti informativi
aperti al pubblico, quali i consigli
anticaldo per gli anziani; la vaccinazione antinfluenzale; la prevenzione
delle truffe; la gestione alimentare,
l’utilizzo dei farmaci, la prevenzione
di cadute domestiche; l’amministratore di sostegno; incontri con la Polizia locale; il controllo stagionale delle forme allergopatiche; l’assistente
familiare (badante); le problematiche legate all’Alzheimer.
razione del Centro Accoglienza Ambrosiano e dell’Associazione Sarepta, quest’ultima gestore diretto del nucleo abitativo con
11 posti letto attrezzato presso la struttura
“Padre Beccaro” situata nelle immediate
vicinanze dell’Istituto “Palazzolo”.
I principali destinatari dei servizi offerti
da “Casa Aurora” sono ospiti over 60, in
condizioni di temporanea difficoltà sociale,
o con bisogni sanitari leggeri dopo un rientro presso il proprio domicilio a seguito di
dimissioni dall’ospedale, temporanea
assenza del convivente o dell’assistente
familiare, momentaneo problema abitativo,
difficoltà della famiglia a farsi carico di un
improvviso aggravamento del proprio congiunto...
Lo scopo è quello di garantire uno spazio
abitativo per la continuità assistenziale dai
Centri e servizi di cura della Fondazione
Don Gnocchi e di altri soggetti della rete
assistenziale e socio-sanitaria milanese.
Il progetto “Col-legati”
per famiglie italiane e straniere
Il progetto “Col-legati” è un altro servizio territoriale targato “Don Gnocchi”,
attivo dal 2012 nei quartieri milanesi di Villapizzone e Cagnola. La sua attività si rivolge in particolare a famiglie italiane e straniere, a preadolescenti, adolescenti, giovani e anziani. Viene gestito dall’Istituto
“Palazzolo-Don Gnocchi” di Milano, in
qualità di capofila, insieme ad altri soggetti
del terzo settore (Consorzio e Cooperativa
Sociale Farsi Prossimo, Cooperativa
Sociale Bethlem, Associazione di volontariato Mamme a Scuola) e coinvolge attualmente circa 15 operatori, attivi nell’ambito
di una rete che coinvolge tutto il tessuto
associativo locale.
GLI OPERATORI. Verso l’obiettivo della coesione sociale
■ «A VOLTE SI SPERA in qualcosa di nuovo, altre volte arrivano opportunità che non ti aspetti…». Succede così,
che sul territorio in cui si realizzano servizi e progetti sociali, seminando giorno dopo giorno, ascoltando e
cogliendo stimoli e sfide, si può costruire qualcosa di innovativo e che, soprattutto, risponda a bisogni concreti, riconoscendo e rafforzando le risorse già esistenti. Se pensiamo al percorso dei Servizi Territoriali,
un’immagine si impone e che messa a fuoco, riporta ad un campo esteso, con appezzamenti in parte ben coltivati, e curati quotidianamente da contadini esperti e con forte senso di appartenenza alla propria terra, ma
anche attenti ai cambiamenti ed eventi esterni. Altri terreni sono incolti, alcuni più aridi, qualcuno già pronto per essere apprezzato e aiutato per poter poi dare dei frutti meravigliosi.
Applicando tale immagine del campo alla realtà delle esperienze di questi anni, prima nel territorio di Milano, ora anche in quello della Brianza, credo si possa evidenziare come l’evoluzione dell’area territoriale sia
passata dalla risposta iniziale a bisogni espressi e non dai singoli utenti con interventi degli operatori in rete
con realtà pubbliche, del terzo settore e del volontariato, ad attività e progettazioni orientate sempre più ad
uno sviluppo di comunità e di coesione sociale.
Un valore che dovrà essere sempre coltivato e che ha contraddistinto la realizzazione dei diversi servizi e progetti già attivi, conclusi o in cantiere, è questo: portare le nostre esperienze, competenze e specificità, in
nuovi territori e ambiti con un atteggiamento, e metodo, di apprendimento continuo per una co-costruzione comune con le realtà di volta in volta incontrate.
Achille Lex – Valentina Bertagna coordinatori di progetto
I CUSTODI
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«Arricchimentopersonale,
ci crediamo con il cuore»
HO 85 ANNI, STAVO CADENDO IN DEPRESSIONE: ero sola e acciaccata. Una mattina stavo passando per piazza Gasparri e ho visto che avevano riaperto uno spazio che una volta era un negozio. Sono entrata a chiedere cosa c'era
di nuovo. Mi hanno spiegato che era un nuovo servizio voluto dal Comune di Milano per noi anziani che abitavamo in Comasina. Ho iniziato a frequentare lo spazio, a conoscere le tre custodi, a partecipare alle varie
attività... Le mie giornate hanno iniziato ad essere diverse, sono meno sola, la mattina mi alzo con il desiderio di incontrare altre persone. Qui in questo spazio vengo volentieri, perchè è il Comune che finalmente mi
riconosce come una cittadina anziana con diritti e necessità. Posso solo dire “grazie” a tutti coloro che in
Un’utente
modo diverso mi aiutano ad invecchiare bene.
■ SONO IN FONDAZIONE DA 28 ANNI, sono un’Asa e dal
2006 con mia grande soddisfazione lavoro presso i
Servizi Territoriali dell’Istituto “Palazzolo”, svolgendo la mansione di custode sociale. Dal maggio 2010,
sono presente come custode sociale nel quartiere
Lazzaretto di Seregno. Il quartiere non è molto grande, ci sono cinque palazzine del Comune, diversi
negozi, la parrocchia e una grande presenza di persone anziane.
All’inizio è stato difficile farci conoscere e diffondere il nostro servizio.
Il mio compito è quello di alleviare alle persone più
fragili, per quanto possibile, alcune incombenze
quotidiane quali la spesa, il ritiro delle impegnative
dal medico di base, l’acquisto dei farmaci; alcune
persone mi chiamano per far loro compagnia e per
poter parlare con qualcuno, alcune vogliono essere
accompagnate per una visita specialistica, perché
non sentono o non capiscono ciò che viene detto
loro dal medico…
Adesso la mia presenza nel quartiere è conosciuta e
molto apprezzata, sia dagli abitanti, che ora si fidano
e se non mi vedono per qualche giorno passano in
ufficio a cercarmi, sia dai negozianti e dagli operatori dei vari servizi con cui collaboriamo.
«Da quando ci siete voi - mi dicono - la qualità della
nostra vita è migliorata»; «Non vedo l’ora che arrivi il
martedì per ritrovarci e giocare a tombola…»; «Sono
contenta quando venite a trovarmi, perché so che
finalmente posso parlare di tutto con qualcuno».
L’esperienza di Seregno per me è stata fonte di arricchimento personale per quello che riguarda il lato
sociale ed umano, e naturalmente spero di poter
continuare a portare anche altrove la mia esperienza
e di poter conoscere sempre nuove realtà.
Maria Grazia Impalà
Custode Sociale - Seregno
Il progetto è stato sostenuto da un contributo della Fondazione Cariplo nell’ambito
del Bando di Coesione sociale 2011 e si propone di favorire nei cittadini l’attitudine a
riconoscersi nel proprio quartiere, partecipando attivamente alle iniziative proposte,
suggerendo e gestendo loro stessi nuove iniziative nei diversi luoghi di vita, al fine di sviluppare relazioni sociali durature, superando “barriere” generazionali e culturali.
Il tutto con l’obiettivo di rafforzare il senso di appartenenza alla comunità locale e di
radicamento nel luogo in cui si vive (con particolare riguardo all’interazione tra famiglie
italiane e straniere e ai rapporti fra giovani e
anziani), di facilitare relazioni positive e di
promuovere interventi mirati a stimolare la
nascita e il rafforzamento di forme di autoorganizzazione e auto-aiuto tra i cittadini.
Sono oltre quattro anni che lavoro al progetto di
Custodia Sociale per la città di Monza.
Durante questo mio percorso ho compreso quanto
sia fondamentale credere nel proprio progetto di
lavoro e quando dico crederci, intendo crederci davvero, con il cuore oltre che con la testa.
Questo mi ha aiutato a superare le tante difficoltà
incontrate lavorando su un nuovo territorio, quello
monzese, dove nessuno aveva mai visto e sentito
parlare del custode sociale.
Le persone sentono se tu credi in quello che fai. È una
potente forza trainante, una grande energia positiva
che, prima o poi, conquista l'animo anche dei più diffidenti o indifferenti.
Io continuo a crederci, con l'obiettivo di fare ogni
giorno qualcosa di utile per le persone più fragili.
Maria Anzelmo
Custode Sociale referente
del servizio Custodi Sociali - Monza
L’UTENTE. «Senza di voi, non so proprio dove sarei finito»
■ VOGLIO RIVOLGERVI QUESTE QUATTRO RIGHE per esprimere la mia riconoscenza: senza Rosanna, vostra operatrice, oggi non so dove sarei finito. Ho 74 anni, non ho nessuno che mi dia una mano, nè parenti nè amici; ho avuto tre ictus che mi hanno lasciato problemi alle gambe. Rosanna si è sempre fatta in quattro per darmi una
mano, prendendosi cura di me con molta pazienza, facendomi anche mille commissioni e sempre con una
gentilezza che non è da tutti. Non da meno sono anche Mario e Raffaella. Per questo mi sento di dire che senza la vostra collaborazione, sicuramente ora non sarei qui, serenamente a casa mia, perché, ad esempio, non
avrei senz’altro potuto avere gli appuntamenti per le visite mediche, esami clinici ed altro e di conseguenza
non avrei curato i vari “acciacchi” e la mia situazione sarebbe peggiorata notevolmente. Mi auguro, quindi,
che possiate continuare ad operare così come avete fatto sino ad ora, dando sollievo a me ed alle tante perSergio Ghersincich
sone che come me si trovano ad un tratto sole, anziane e malate...
MISSIONE UOMO
NON SOLO MILANO
Attività
SERVIZI
Alzheimer, a Roma
una struttura d’eccellenza
■SI DICE CHE QUANDO si perde la memoria,
si perde tutto. Pensiamo per un attimo a che
cosa può significare, nell’era delle nuove
tecnologie e dell’informatica, perdere tutti i
dati: in pochi minuti è il caos totale e tutto si
blocca. Così è per la mente umana, quando
si innesca un processo degenerativo all’inizio lento, quasi impercettibile, ma poi sempre
più veloce, come la corsa
di una biglia su un piano
in discesa, e che quasi
mai si riesce a fermare,
ma solo a rallentare.
Sono diversi i termini
in medicina e le malattie
associate a questo processo, tutte riconducibi- Salvatore Provenza
Trenta posti letto
per la riabilitazione
di pazienti
con disturbi cognitivi
e comportamentali.
Architettura d’avanguardia
e sostegno alle famiglie
di Damiano Gornati
li alla famiglia delle patologie dementigene:
malattie di Alzheimer e di Parkinson, deficit cognitivi, demenze senili o a seguito di
traumi e cerebrolesioni… Spesso si è portati a fare di ogni erba un fascio e a identificare come Alzheimer tutto quello che attiene
alla perdita della memoria, o all’incapacità
di riconoscere le persone, anche le più care,
o alla perdita dell’autonomia. In ogni caso,
si tratta di drammi che colpiscono l’intera
famiglia dell’ammalato, paralizzata tra una
situazione che diventa ogni giorno più difficile da gestire e il non sapere a chi rivolgersi
per chiedere aiuto. A volte, è difficile capire
persino di quale aiuto si ha bisogno…
È per rispondere a questi bisogni che la
Fondazione Don Gnocchi ha attivato a
Roma, presso il proprio Centro “S. Maria
della Provvidenza” di via Casal del Marmo,
un nuovo reparto, intitolato a “S. Maria
Goretti”, destinato alla riabilitazione di
MISSIONE UOMO
27
Attività
IL MEDICO
SERVIZI
TESTIMONIANZA. «Mia madre, accoltae ben volutada tutti»
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■ «ANCHE SE MIA MADRE è sempre stata abbastanza autosufficiente ed era seguita a casa dall’assistenza infermieristica, non mi fidavo più a lasciarla sola: abito dalla parte opposta della città, mio fratello sta fuori regione e mia sorella abita più vicina e lei, ma lavora durante il giorno. In caso di emergenza e necessità, sarebbe
stato impossibile per me essere da lei in poco tempo. È affetta da problemi neurologici, ma ultimamente aveva avuto un peggioramento che aveva riguardato la vista e l’udito; aveva avuto uno scompenso cardiaco,
problemi di glicemia, vertigini e iniziava a manifestarsi il Morbo di Parkinson. Fu lei stessa ad un certo punto
a rendersi conto che non poteva più rimanere a casa e così, tramite ex colleghi di mio padre, siamo venuti a
sapere di questa nuova struttura della Fondazione Don Gnocchi».
Sono parole di Patrizia, la cui madre, Liliana, 88 anni, di Roma, è ricoverata al reparto “S. Maria Goretti”.
«Il ricovero di mia madre al Centro “Don Gnocchi” di via Casal del Marrmo è stato un momento di grande sollievo. Qui lei si è sentita accolta e ben voluta e io mi sono resa conto da subito che sarebbe stata accudita
meglio che a casa. Il personale è giovane e sono tutti molto attenti e premurosi; tutti i giorni fa la sua ginnastica, come la chiama lei, e io sono tranquilla, perché so che è in ottime mani».
Come comportarsi: consigliper i familiaridel malato
■ SONO OLTRE 35 MILIONI, NEL MONDO,le persone affette da Alzheimer; un milione circa in Italia. Malattie
che hanno bisogno di essere curate non solo con un
approccio medico, ma anche con un approccio globale che includa il benessere generale del malato e di
chi gli è vicino. È quanto sostiene la piattaforma delle organizzazioni non governative europee che si
occupano di terza età e di demenza senile. In mancanza di servizi è soprattutto la famiglia a sostenere
il carico della cura del malato.
Per alleviare lo stress del caregiver e per la riabilitazione temporanea del malato di demenza senile, che
è un paziente fragile perché generalmente affetto da
più patologie, i ricoveri di sollievo - possibili anche
nel nuovo reparto avviato al Centro “S. Maria della
Provvidenza” di Roma della Fondazione Don Gnocchi - sono una grande opportunità. La dottoressa
Anna Rita Pellegrino (foto sotto), fisiatra e responsabile del progetto, offre alcuni preziosi consigli.
● Il malato non deve sentirsi un peso per la famiglia.
Va spronato a tirare fuori il meglio di sè e delle proprie
capacità residue. Amava disegnare, cucinare, scrivere,
ricamare? Bisogna metterlo in condizioni di praticare
queste attività, ovviamente in sicurezza. Deve potersi
sentire utile.
Una persona perde la memoria a breve termine, non
ricorda per esempio che cosa ha mangiato a pranzo,
ma ricorda la sua vita. E così se era appassionato di
cucina non lo dimentica. E allora fargli preparare della
pasta fatta in casa o, se amava disegnare, fargli fare
degli acquarelli dicendo che ci servono per abbellire
una stanza. Si sentirà utile.
● Non essere aggressivi e non alzare mai la voce,
anche quando la situazione fa perdere la pazienza. Non
va mai dimenticato che si tratta di persone con disagio.
Il malato va guardato negli occhi, per fargli capire che si
sta parlando con lui e ascoltando ciò che dice.
● Il malato non va lasciato solo. Un paziente non
controllato può farsi male o può fuggire. Non c’è
volontà di allontanarsi, è la paura che li fa scappare.
All’improvviso non riconosce l’ambiente in cui si
trova e per paura si allontana. Poi si ritrova in un
ambiente ancora più sconosciuto e la paura diventa
panico. Non va rimproverato, ma capito.
● Vigilare a distanza. Un malato va controllato, ma
non oppresso. Ha il terrore di essere controllato a
vista e tende per questo a liberarsi dell’oppressione,
anche scappando.
● Aiutare il malato nell’igiene. Spesso sono perso-
ne che non si lavano perché hanno paura della doccia o della vasca, dove si sentono instabili e insicuri.
Il bagno va dotato se possibile di quei dispositivi
che garantiscono sicurezza e comodità.
● Aiutare il malato a vestirsi. Fare in modo che il
guardaroba sia ricco di indumenti che si possono
indossare con comodità. E consigliare, senza imposizioni, il maglione quando fa freddo o una maglietta a maniche corte se fa caldo…
● Ascoltare il malato. Nel caso di allucinazioni o
visioni occorre farsele raccontare, senza farle sembrare cosa ridicola, magari rassicurando le paure.
Bisogna capire se sono frutto di un’esperienza vissuta poco prima (per esempio qualche immagine troppo forte vista in televisione), oppure sono il segnale
che la terapia va rimodulata. Parlarne al medico.
● Non fare tutto da soli. L’assistenza a questi malati è un peso che una famiglia non può portare da
sola. Anche perché spesso il peso, sia fisico che psicologico, ricade su una sola persona. Occorre farsi
aiutare e non vergognarsi di chiedere il sostegno
necessario.
pazienti affetti da demenza con disturbi
cognitivi e comportamentali, a seguito di
eventi traumatici o da patologie degenerative come le demenze senili, il morbo di Alzheimer, o il morbo di Parkinson. Trenta
posti letto a carattere residenziale e in regime di solvenza, per venire in aiuto alle famiglie nel momento in cui non sono in grado di
gestire il paziente e non è più sufficiente
un’assistenza ambulatoriale o domiciliare.
Spazi e arredi particolari
«Si tratta di una struttura all’avanguardia
- spiega il direttore del Centro, Salvatore
Provenza - a partire dalla concezione architettonica degli spazi interni ed esterni e degli
arredi, concepiti “ad hoc” per persone che
hanno smarrito i propri punti di riferimento:
colori luminosi, facilmente riconoscibili e
diversi a seconda dei vari ambienti; percorsi
ben evidenziati con linee guida sul pavimento; un arredamento sprovvisto di spigoli e
sobrio per non sovraccaricare il paziente di
stimoli inutili; camere concepite per garantire la massima incolumità dei degenti, dotate
di “letti Alzheimer” che possono essere
abbassati fino a 20 centimetri da terra, così da
evitare cadute pericolose e finestre “a vasistas” e porte di massima sicurezza...».
All’esterno, un Giardino Alzheimer
consente ai pazienti di passeggiare in tranquillità, secondo le moderne concezioni
dell’architettura psicologica, con ampie
zone verdi, panchine per la sosta, aiuole ed
alberi…
Tutto insomma entra a far parte del progetto riabilitativo personalizzato stilato al
momento dell’ingresso del paziente e finalizzato ad evitare una regressione cognitiva
e comportamentale che spesso si produce a
seguito di un ricovero in ospedale; a mantenere le capacità psico-fisico-cognitive per
garantire il massimo di autonomia ed a
migliorare la qualità della vita ed il rientro
nel contesto familiare e sociale.
Un vero e proprio percorso, dove al centro sta il paziente e non la malattia, e dove
entrano in gioco diverse figure professionali con il coinvolgimento costante della famiglia fin dal momento iniziale.
«Il progetto riabilitativo - aggiungono la
responsabile del progetto, Anna Rita Pellegrino e il responsabile medico della struttura, Fabrizio Sassu - comprende diverse fasi:
dalla valutazione medico specialistica per
identificare e misurare i disturbi, alla riabilitazione neurologica e neuromotoria; dalla
terapia di orientamento alla realtà (ROT)
alla musicoterapia; dalla terapia occupazionale, al giardinaggio, al “kitchen training”,
fino alla fototerapia».
Il supporto ai caregiver
Per nulla marginale in questo percorso è
il ruolo delle famiglie: a questo proposito,
sono stati individuati interventi diretti per
la prevenzione e gestione dello stress con un
adeguato supporto psicologico che potrebbe continuare anche dopo la fase di ricove-
ro, per garantire una corretta continuità
assistenziale. Anche i caregiver, cioè coloro
che assistono i pazienti a casa, sono supportati psicologicamente; al momento delle
dimissioni viene inoltre fornito loro un
vademecum personalizzato in base alle
caratteristiche del paziente e della situazione familiare, all’interno del quale possono
trovare informazioni utili su come gestire il
proprio caro a domicilio.
Per garantire invece la continuità dell’assistenza a casa, il Centro può fornire sistemi
di tele-assistenza e tele-riabilitazione, insieme alle indicazioni sanitarie utili per la prosecuzione delle terapie ai medici di medicina
generale, ai Cad (Centri Assistenza Domiciliare) e agli operatori sanitari che si occuperanno della cura dei pazienti, continuando
così a fornire supporto nel tempo.
LA SCHEDA . I Centrie i Nuclei specializzatidellaFondazione
■ L’ATTENZIONE DELLA FONDAZIONE DON GNOCCHI ALL’ETÀ SENILE E AI SUOI PROBLEMI ha portato a individuare un modello
organizzativo basato sulla presa in carico complessiva del paziente attraverso un approccio integrato e multidisciplinare. L’assistenza ai pazienti con Alzheimer prevede un intervento di cura globale e personalizzato, che tocca
tanto gli aspetti medico-sanitari quanto quelli umani e relazionali. Accanto alle specifiche attività sanitarie e riabilitative, sono proposti programmi di animazione sociale e collettivi volti il più possibile al contenimento della
situazione che ha determinato il ricovero. L’ampio spettro di iniziative assistenziali è inoltre supportato da un’intensa e riconosciuta attività di ricerca scientifica e di formazione tecnico-professionaleagli operatori.
Questi i Centri “Don Gnocchi” specializzati nella cura della patologia di Alzheimer:
● ISTITUTO PALAZZOLO - MILANO
Nucleo Alzheimer di 30 posti letto all’interno della Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA)
UVA - Unità di Valutazione Alzheimer
● CENTRO GIROLA - MILANO
Nucleo Alzheimer di 20 posti letto all’interno della Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA)
Centro Diurno Integrato Alzheimer (CDIA) di 15 posti
UVA - Unità di Valutazione Alzheimer
Giardino Alzheimer
● CENTRO S. MARIA DELLA PROVVIDENZA – ROMA
Reparto “S. Maria Goretti” di 30 posti letto
Giardino Alzheimer
● POLO SPECIALISTICO RIABILITATIVO - TRICARICO (MT)
RSA di 20 posti letto per pazienti con patologie prevalentemente neurodegenerative e dementigene
Nelle foto, immagini del reparto “S. Maria Goretti”
all’interno del Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
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Attività
FIRENZE
RICERCA
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«Cerchiamo segnali di coscienza
nei pazienti in stato vegetativo»
■ LACOSCIENZAÈLACAPACITÀ dell’uomo di
percepire e intendere, di attribuire un significato ai propri atti. Di norma, valutiamo il
livello di coscienza di una persona basandoci sulla sua capacità di interagire con il mondo circostante. Ma l’esperienza cosciente
può essere generata all’interno del cervello
anche quando siamo completamente disconnessi dall’ambiente esterno, come accade, ad esempio, quando sogniamo.
Tutto questo assume particolare importanza nel caso di quei pazienti che, dopo
essere sopravvissuti a una grave lesione
cerebrale, possono recuperare coscienza
senza tuttavia riprendere la capacità di
comprendere, muoversi e comunicare.
Che cosa succede all’interno del loro
cervello? Qual è il loro livello di coscienza?
Aprire la “scatola nera” del cervello per
misurarne il dialogo interno è un passo fondamentale per migliorare la diagnosi e la
riabilitazione delle persone uscite dal
coma.
È l’obiettivo del progetto di ricerca in
corso alla Fondazione Don Gnocchi: all’Istituto “Palazzolo” di Milano è in atto una
È in corso all’Istituto
Palazzolo-Don Gnocchi
un esperimento unico
nel panorama italiano.
I risultati avranno
importanti ricadute
in campo clinico
di Emanuele Brambilla e Daniela Mattalia
sperimentazione su persone con gravi cerebrolesioni per valutare le loro effettive
potenzialità di recupero misurando la
comunicazione interna al cervello, condizione necessaria affinché la coscienza possa
emergere.
Ciò è possibile grazie a un innovativo
strumento denominato TMS/EEG che,
combinando stimolazione magnetica
transcranica ed elettroencefalogramma,
misura in maniera non invasiva il dialogo
interno al cervello di pazienti usciti dal
coma. I risultati del lavoro avranno importanti ricadute in campo clinico, dato che la
distinzione tra pazienti in stato vegetativo e
pazienti che possono invece recuperare un
livello minimo di coscienza è così difficile
da portare un errore diagnostico anche nel
40% dei casi. «Questo nuovo strumento spiegano Marcello Massimini, ricercatore
al Dipartimento di Scienze cliniche
all’ospedale Sacco di Milano, e Guya
Devalle, responsabile del Nucleo specialistico per Stati Vegetativi e Malattie Neuromuscolari dell’Istituto “Palazzolo-Don
Gnocchi” di Milano, coordinatori della
ricerca - utilizza un metodo non invasivo per
individuare nel cervello segnali elettrici o particelle che confermino la presenza di un barlume di coscienza».
È davvero possibile che un paziente in
stato vegetativo sia in realtà cosciente?
Da tempo, nei reparti di terapia intensiva,
si aveva il dubbio che la diagnosi di stato vegetativo non fosse sempre chiarissima, che ci
fosse in realtà qualcosa di più. È una sensazio-
ne che spesso viene espressa dai parenti, e talvolta c’è del vero. Un sospetto che, a volte,
mette i medici a disagio.
Che cosa dicono le più recenti sperimentazioni?
Dal 2006, a Cambridge e Liegi sono stati
condotti studi con la risonanza magnetica funzionale, uno strumento che legge il metabolismo cerebrale. In un esperimento diventato
famoso, si è visto che una donna diagnosticata
come in stato vegetativo rispondeva a un input
che le chiedeva di visualizzare mentalmente
una partita a tennis. Il caso è stato poi pubblicato su Science, confermando il dubbio che
serpeggiava: ossia che talvolta, dietro una diagnosi di stato vegetativo, c’è un cervello in
qualche modo cosciente, anche se magari in
uno stato di minima coscienza. Dopo questi
studi si è introdotta una nuova etichetta per
indicare quei pazienti che capiscono i comandi, ma non possono muoversi e comunicare in
alcun modo: la sindrome “totally locked-in”,
totalmente chiusi dentro.
Allora alcuni pazienti in stato vegetativo potrebbero essere sconnessi ma
coscienti…
Come minimo bisognerebbe sospendere il
giudizio: in questi pazienti, le lesioni cerebrali
possono interrompere le vie che dalla corteccia
cerebrale vanno ai muscoli e attivano il movimento. È dunque possibile che un paziente sia
del tutto paralizzato, ma cosciente. Come suggerito dallo studio di Cambridge, un modo per
capirlo è mettere in uno scanner e leggere le
attivazioni neuronali al posto dei movimenti.
Se la persona capisce e riesce a mettersi nello
stato mentale richiesto, per esempio quello di
visualizzare una certa situazione, possiamo
vedere nel suo cervello la “firma neuronale”
della coscienza. Ma non sempre ciò avviene.
Significa che il malato non è cosciente?
No, piuttosto significa che la persona non
riesce a produrre queste firme neuronali:
magari, per colpa di specifiche lesioni cerebrali, o perché non ha la concentrazione sufficiente, che dev’essere alta, o non è abbastanza motivato. I test negativi non vogliono
dire granché.
Come si sviluppa la ricerca?
Cerchiamo di stanare la coscienza nascosta, misurando direttamente nel cervello i
meccanismi fondamentali che ne sono alla
base. Metaforicamente, utilizziamo dei telescopi che registrano piccolissimi segnali e per
vedere se in un cielo apparentemente buio
brilla una stella che non vediamo a occhio
nudo.
Unità per gravi cerebrolesioni anche al nuovo Irccs
■ ANCHE IL CENTRO IRCCS “DON CARLO GNOCCHI” di Firen- muscolo scheletrica, ecocolordoppler cardiaco e
ze, inaugurato poco più di un anno fa, dispone ora di vascolare, spirometria e polisonnografia, elettroenun’Unità di riabilitazione intensiva ad alta specializza- celografia e potenziali evocati, indagini urodinamizione in regime di ricovero ospedaliero per pazienti che.
che hanno subito gravi lesioni cerebrali(traumi crani- La struttura fiorentina fa parte della Rete per la cura e
la riabilitazione delle GCA della Fondazioci, emorragie e infarti cerebrali o anossie da
ne Don Gnocchi insieme ad altri 6 Centri
arresto cardiaco o da annegamento....) che
hanno determinato un periodo di coma più
specializzati in varie regioni d’Italia. Queo meno protratto, con permanenza in rianisto consente l’applicazione di procedure
mazione.
condivise, di scambi continui di conoscenAl Centro di Firenze, il paziente arriva,
ze ed esperienze, la condivisione di “buoquando raggiunge uno stato di “minima
ne prassi” e la partecipazione a gruppi di
coscienza” e a seguito di autorizzazione da
studio nazionali e a progetti di ricerca
parte della direzione sanitaria dell’Asl di
comuni, con un costante aggiornamento
residenza. Nel momento di presa in carico,
per tutte le figure professionali. Frutto di
inizia una progressiva fase di recupero, sia Claudio Macchi
questo lavoro in rete è stata la definizione
motorio che cognitivo che coincide con il
di un modello di approccio condiviso
progetto riabilitativo e che potrà durare anche molti “Community Care System” a doppia via, che commesi.
prende la presa in carico contemporanea del pazienDal punto di vista strumentale, l’Unità del Centro fio- te e della sua famiglia.
rentino (25 posti letto) può contare sul monitoraggio In questo cammino, teso a favorire il massimo recucontinuo dei parametri vitali, sulla telemetria con pero possibile dai danni provocati dalla cerebroleregistrazione di elettrocardiogramma 24 ore su 24, sione, la sinergia con i famigliari è infatti una risorsa
sulla possibilità di eseguire fibroscopia nei pazienti fondamentale. Sono previsti colloqui tra i parenti di
portatori di cannula tracheostomica e di attrezzatu- primo grado e l’operatore responsabile del progetto
re per la ventilazione assistita.
riabilitativo ed è sempre attivo un servizio di assiIl reparto è diretto dal professor Claudio Macchi, che stenza e supporto psicologico, dove le famiglie sono
si avvale della collaborazione di 4 medici neurologi, seguite da uno psicologo clinico.
un medico neurologo specialista in elettrofisiologia, Oltre a ciò, la funzione dei famigliari diventa essenun medico specialista in gerontologia e geriatria, uno ziale nella preparazione alla dimissione, che passa
specialista in pneumologia, due medici psicologi cli- attraverso un programma di educazione sanitaria
nici, un endocrinologo nutrizionista, uno specialista volto a trasferire le pratiche di assistenza quotidiana.
urologo e un dietologo. L’équipe (foto sotto) è poi È questo lo “stile Don Gnocchi”, fatto della comparcompletata da un dirigente di area infermieristica, un tecipazione con i mondi vitali del paziente, primo fra
dirigente e un coordinatore di area riabilitativa, 2 tutti quello familiare e dell’approccio a due vie: una
coordinatori fisioterapisti e infermieri, 5 logopedisti, centrata sulla rieducazione del paziente, l’altra sulterapisti, educatori, infermieri e personale addetto l’attenzione alla famiglia. Uno stile ed un approccio
all’assistenza. Gli specialisti sono supportati da qua- che hanno un solo obiettivo: il reinserimento nel teslificati servizi diagnostici: ecografia internistica suto sociale e in una vita di qualità.
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
30
Attività
Nel concreto?
Usiamo uno stimolatore magnetico che,
attraverso un campo magnetico, attiva una
porzione della corteccia cerebrale; poi, con un
elettroencefalogramma portatile, cerchiamo
di misurare la risposta prodotta nel cervello
da questa sollecitazione. Stimoliamo e registriamo: l’idea di fondo è che la coscienza
dipende dalla capacità delle diverse aree corticali di comunicare tra loro. Quindi, bussiamo sul cervello per vedere che eco fa. Se diverse aree cerebrali interagiscono tra loro, l’eco
sarà diffuso e complesso.
Quale utilità avrà tutto ciò, nella vita
quotidiana di questi pazienti?
Anche solo da un punto di vista etico, è
fondamentale sapere. Poi, possiamo identificare meglio eventuali errori diagnostici. Non
solo: se un malato in stato vegetativo
mostra una risposta complessa, va capito di
più per venire incontro alle sue esigenze, per
esempio se prova dolore. Se sai che lì dentro
c’è qualcuno, bisogna fare di tutto per tirarlo
fuori. Inoltre, sarebbe possibile identificare
nuovi target terapeutici per riattivare il dialogo tra le aree corticali.
Aprire la “scatola nera”
del cervello è un passo
fondamentale per la cura
di chi, sopravvissuto
a una lesione cerebrale,
è tuttavia incapace di
muoversi e comunicare
È la prima volta che viene condotto questo esperimento?
È un esperimento unico in Italia.
Le famiglie dei pazienti come reagiscono? Sperano magari nel miracolo?
Nella nostra esperienza personale, che è
umanamente incredibile, le famiglie hanno
una consapevolezza estrema del problema.
Hanno una dedizione totale per i loro cari,
ma non si fanno illusioni, non sperano nel
miracolo. Però vogliono capire. Sono soli di
fronte all’enigma di che cosa sta succedendo
lì dentro. Hanno l’impressione che qualcosa
ci sia, ma hanno bisogno di parlarne con
qualcuno. Mostrano una grandissima sete di
conoscenza e la voglia di contribuire alla
comprensione di questo mistero.
È tutto questo è commovente e straordinariamente generoso...
FIRENZE. Come interpretare quei messaggi impercettibili?
■ “COME INTERPRETARE GLI IMPERCETTIBILI MESSAGGI DI PERSONE CON DISTURBI DELLA COSCIENZA: alcune indicazioni per
addentrarsi in una sconosciuta dimensione”: questo il titolo del convegno che si è svolto lo scorso 22 febbraio
al Centro Irccs “Don Gnocchi” di Firenze. L’iniziativa aveva lo scopo di fare il punto delle conoscenze scientifiche sui disturbi della coscienza che colpiscono ogni anno in Italia quasi 2.000 persone.
Il dato di partenza, emerso dagli interventi degli esperti di fama nazionale e internazionale, è quanto sia
ancora inesplorata e sconosciuta la dimensione delle persone con disturbi della coscienza e soprattutto in
stato di veglia non-responsiva. Si tratta di persone che hanno un’età media di circa 55 anni(20 anni fa la media
era di 35), in maggioranza colpiti da danni cerebrali “post-anossici”, quali quelli dovuti agli arresti cardiaci e,
in misura minore, da traumi encefalici conseguenti a incidenti.
Uno dei campi sui quali si concentra maggiormente l’attenzione dei ricercatori è il tema della percezione del
dolore. Le informazioni sono ancora insufficienti per rassicurare clinici e famigliari: un atteggiamento doveroso è comunque quello di intensificare la ricerca per definire un quadro clinico complessivo e una diagnosi
sempre più precisa dello stato di coscienza, così da prevenire e curare possibili sorgenti di dolori cronici ed
evitare manovre che possano provocare nuova sofferenza al paziente.
Un altro elemento emerso è che una buona percentuale di pazienti in stato di vigilanza non-responsiva tende ad evolvere verso stati di minima coscienza: si tratta in alcuni casi di un recupero lentissimo e spesso
impercettibile agli stessi medici, che impone un monitoraggio costante e una revisione delle diagnosi.
Altro elemento di novità emerso sono le nuove frontiere della ricerca e della sperimentazione clinica. Il convegno si è concluso con una tavola rotonda che ha visto la partecipazione dei rappresentanti di alcune associazioni di famigliari di persone con grave cerebrolesione e disturbi di coscienza cronici: si è levata forte la
voce delle loro istanze, che vanno soprattutto nella direzione di nuove risposte sul territorio, oggi praticamente assenti, per un supporto e un’assistenza anche al di fuori delle strutture riabilitative.
Per sostenere la ricerca,
la Fondazione Don Gnocchi ha
promosso nelle scorse settimane
- di concerto con le principali
compagnie telefoniche e con il
sostegno del Segretariato sociale
Rai - una campagna di raccolta
fondi con SMS solidale.
Il ricavato servirà all’acquisto
dei macchinari necessari e alla
formazione del personale.
A fianco, Guya Devalle
e Marcello Massimini. Sotto,
l’immagine della campagna
MILANO . Due borse di studio Anaper il Centro di Biometria
■ DUE GENEROSISSIME BORSE DI STUDIO dall’Associazione
Nazionale Alpini. Due assegni da 24 mila euro l’uno,
riferiti agli anni 2011 e 2012, per onorare e proiettare nel
futuro la memoria del beato cappellano alpino, don
Carlo Gnocchi e per sostenere l’opera di ricerca scientifica della sua Fondazione. Sono state consegnate lo
scorso 28 febbraio, nei locali del museo dedicato al
beato. Le due borse di studio rappresentano l’ennesima
dimostrazione dell’affetto e della generosità del mondo alpino verso la “baracca” di don Gnocchi.
Alla consegna - presenti il presidente della Fondazione
Don Gnocchi, monsignor Angelo Bazzari, il direttore
scientifico, Paolo Mocarelli - sono intervenuti in rappresentanza dell’Ana il vicepresidente vicarioAdriano Crugnola, l’ex tesoriere Michele Casini(oggi membro del Collegio dei Revisori della Fondazione) e l’attuale tesoriere Gianbattista Stoppani. Destinatario di entrambi i riconoscimenti il ricercatore borsista Cristian Ricci, impegnato in un
importante lavoro di ricerca e statistica all’interno del Centro di Biometria ed Epidemiologia del Centro IRCCS “S.
Maria Nascente” di Milano: si tratta di un progetto con l’obiettivo di sviluppare la rapidità attuativa di protocolli e
linee guida terapeutiche a favore dei malati che si rivolgono alla Fondazione Don Gnocchi.
I rappresentanti dell’Ana hanno consegnato anche una piccola ulteriore donazione: 2.400 euro del Premio “Alpini di
pace” attribuito dal Lions Club di Este (Padova)all’Ana e destinato dalle “penne nere” alla Fondazione Don Gnocchi.
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MISSIONE UOMO
RICERCA
Attività
FIRENZE. Gamba cibernetica,prosegue la fase dei test
MISSIONE UOMO
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La riabilitazione dei pazienti amputati
■ L’AMPUTAZIONE DI UN ARTO è sempre un
evento traumatico, che modifica radicalmente la vita di chi la subisce, coinvolgendo profondamente la famiglia.
Le statistiche rivelano che sono in sensibile aumento, in tutto il mondo, le persone
che per diversi motivi sono costrette ad
amputazione, in particolare degli arti inferiori. In Italia si contano ogni anno circa
10 mila nuovi amputati, di cui quasi la
metà oltre i 65 anni, spesso con patologie
associate di rilevante entità.
Negli Stati Uniti,
dove 185 mila persone
subiscono l’amputazione di un arto ogni
anno, vivono oggi
poco meno di 2 milioni di amputati, con la
previsione di arrivare
a 3,6 milioni entro il
2050.
La principale causa Alvaro Corigliano
In Italia ogni anno
oltre diecimila persone
subiscono il trauma
della perdita di un arto.
La presa in carico
nei Centri “Don Gnocchi”
per il massimo recupero
di amputazione è rappresentata da patologie di natura vascolare (80%), seguita da
cause traumatiche (18%) e da tumori o
malformazioni (1%); la maggior parte
delle amputazioni interessa gli arti inferiori.
Per pazienti costretti a subire questo
evento disabilitante, è essenziale integrare
l’intervento del chirurgo in un percorso
tempestivo di riabilitazione intensiva, per
consentire il massimo
recupero funzionale e
la migliore qualità di
vita possibile.
Si tratta di una presa in carico complessa
e articolata, che necessita di un approccio
Francesca Cecchi
multidisciplinare nel
quale diversi operatori (chirurgo, fisiatra, internista, psicologo,
infermiere, terapista, cardiologo) entrano
in gioco e collaborano strettamente per
favorire il ritorno del paziente al maggior
grado di autonomia possibile.
È un tema assai caro alla Fondazione
Don Gnocchi (pensiamo alle origini dell’Opera di don Carlo con i mutilatini), da
sempre trattato da un punto di vista multidisciplinare, pensando non solo al recupero funzionale, ma anche al reinserimen-
to sociale dei pazienti.
Nei Centri del Polo
Toscano, in particolare,
l’attività in questo specifico settore prosegue e si
rinnova. All’Irccs “Don
Gnocchi” di Firenze il
servizio è gestito dall’Unità Operativa Ortopedia 2, guidata dal dottor
Lucia Avila
Alvaro Corigliano, mentre al Centro “S. Maria
alla Pineta” di Marina di Massa se ne occupa la Struttura Organizzativa di Riabilitazione Neuromotoria, gestita dalla dottoressa Francesca Cecchi. La disponibilità è
di almeno 8 posti letto per la
degenza, oltre a prestazioni in
day hospital, ambulatoriali e
domiciliari.
Il dottor Simone Ceppatelli
a Firenze (foto grande a sinistra)
e la dottoressa Lucia Avila a
Massa sono i referenti di questo
specifico servizio rivolto essenzialmente a pazienti che hanno
subito l’amputazione di arti
inferiori a livello transfemorale e
transtibiale, a seguito soprattutto di arteriopatia obliterante e
diabetica e in misura minore per
traumi, tumori o esiti di interventi chirurgici, con prevalenza di soggetti
anziani (l’età media degli assistiti si aggira
attorno ai 69 anni).
■ CONTINUA, NELL’AMBITO DEL PROGETTO EUROPEO “CYBERLEGS ”, la collaborazione tra la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (capofila del progetto) e la Fondazione Don Gnocchi, per lo sviluppo di un nuovo dispositivo ortesico-protesico robotizzato per la riabilitazione e l’assistenza motoria dei pazienti amputati a livello transfemorale per cause vascolari, attualmente in fase di sperimentazione presso il Centro di Firenze.
La “gamba cibernetica” è costituita da due sottosistemi: una protesi robotizzata che sostituisce l’arto amputato e un’ortesi pelvica, anch’essa robotizzata, che collegata ad entrambi gli arti assiste il movimento sia dell’arto protesizzato che dell’arto nativo.
La combinazione dei due dispositivi dovrebbe consentire al paziente amputato (in particolare ai pazienti
anziani che presentano un quadro clinico generalmente compromesso e un importante decondizionamento
fisico) di ridurre il dispendio energetico necessario per poter camminare.
Sono terminate le prove con il mock-up (15 soggetti sani, per un totale di 30 valutazioni del dispendio energetico durante il six-minute walk test, con e senza mock-up) a cui stanno facendo seguito le prove dell'alfaprototype motorizzato e non.
MARINA DI MASSA. Affluenza al corso di aggiornamento
■ LA RIABILITAZIONE DEL PAZIENTE ANZIANO AFFETTO DA AMPUTAZIONE DI ARTO INFERIORE è stata al centro, nel
novembre dello scorso anno, del corso di formazione e aggiornamento svoltosi a Marina di Massa
(nella foto sotto, il team della Riabilitazione Neuromotoria). L’iniziativa, che ha riscosso grande
attenzione, è stata organizzata dal Polo Toscana della Fondazione Don Gnocchi ed era rivolta a medici, infermieri e terapisti della riabilitazione. I lavori hanno consentito di fare il punto sullo “stato
dell’arte” circa le attività di cura, riabilitazione e non solo di questo evento traumatico con particolare riferimento alle persone oltre i 65 anni.
Protesi e servizi innovativi
All’inizio del percorso riabilitativo, viene effettuata una valutazione multidisciplinare e viene stilato un progetto individuale, che si aggiorna poi nel corso delle
successive rivalutazioni. Nel paziente a cui
non è possibile applicare protesi si punta
alla massima autonomia possibile con
ausili e al reinserimento, mentre nel
paziente “protesizzabile” il progetto si
articola in tre fasi: una fase pre-protesica,
una fase protesica e la fase del reinserimento familiare, sociale e/o professionale.
In questo iter, entrano in gioco diversi
specialisti che collaborano sinergicamente sempre in stretto coordinamento con
l’équipe chirurgica da cui proviene il
paziente.
Oltre all’intervento infermieristico,
fisioterapico e tecnico, sono a disposizione una serie di servizi innovativi, come la
diagnostica angiologica tramite ecocolordoppler, le medicazioni avanzate (compresa la V.A.C. therapy), il supporto del-
l’officina ortopedica per la scelta sempre
aggiornata e per la fornitura della protesi
più idonea e un supporto psicologico esteso alla famiglia. A tutto ciò si aggiunge,
vero e proprio plus esclusivo “Don Gnocchi”, il supporto del Siva (Servizio Informazione e Valutazione Ausili) per l’individuazione dei dispositivi utili al paziente,
inclusa una valutazione del domicilio.
Una vera e propria orchestra fatta di
strumenti e professionalità diverse, ma
finalizzata a un obiettivo comune: restituire la massima autonomia possibile, attraverso una rieducazione funzionale con o
senza protesi, per una vita dignitosa dentro
un normale contesto sociale e familiare.
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MISSIONE UOMO
SERVIZI
Attività
FIVIZZANO. Tutto pronto per l’avvio del Polo riabilitativo
MISSIONE UOMO
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Riabilitazione cardiorespiratoria,
Marina di Massa all’avanguardia
■ IL CENTRO “S. MARIA ALLA PINETA” di
Marina di Massa è da sempre struttura di
eccellenza nel campo della riabilitazione
respiratoria, attività avviata - primo fra tutti i Centri della Fondazione Don Gnocchi
- fin dal 1978. Da alcuni anni (svolta
impressa dal direttore del Polo Toscana,
Francesco Converti), l’integrazione con la
riabilitazione cardiologica e la trasformazione in reparto ospedaliero di riabilitazione cardio-respiratoria, guidato dal dottor Mario Petrilli, direttore sanitario del
Centro.
Un’integrazione necessaria e fondamentale: ogni paziente cardiologico, prima di avviare la terapia specifica, ha necessità di “ripulire” la respirazione e migliorare la ventilazione, grazie sia ad apparecchiature avanzate che ad esercizi specifici
di disostruzione bronchiale. Solo dopo
questa fase, può affrontare in maniera efficace la riabilitazione cardiologica propriamente intesa, svolta attraverso l’attività
ergometrica.
L’Unità cardio-respiratoria di Marina di Massa è oggi dotata di 26
posti letto, con due palestre: una per la fisioterapia respiratoria e cardiologica individuale, con
centrale telemetrica in
grado di controllare fino
a 9 pazienti e l’altra di
ergometria, con tapis
roulant e cicloergometri Mario Petrilli
verticali e orizzontali,
anch’essa con centrale telemetrica. A queste si aggiunge la postazione infermieristica, vera e propria “sala controllo” del
reparto, con centrale di monitoraggio telemetrico di 18 pazienti.
Il reparto, dalla sua attivazione nel
novembre 2008 (foto sopra) e fino al settembre dello scorso anno, ha avuto in cura
1.692 pazienti, provenienti sia dalla Regione Toscana (e in particolare dalle province
di Massa, Pisa, Lucca e Livorno) che da
altre regioni italiane specie del sud, con
una degenza media di 21 giorni.
I pazienti arrivano in buona parte dalle
Unità di cardiochirurgia, ma anche da
reparti di chirurgia toracopolmonare,
rianimazioni, medicine, cardiologie, con
A cinque anni
dall’inaugurazione
dell’innovativo reparto
sono stati assistiti
quasi duemila pazienti.
Con telemonitoraggio
persino… in spiaggia
di Damiano Gornati
trasferimenti diretti dai reparti ospedalieri. Sono in parte reduci da interventi di by
pass aortocoronarico, rivascolarizzazione
con angioplastica, stent od operazioni di
valvulopatie; altri sono affetti da gravi cardiomiopatie o da arteriopatie ostruttive
periferiche, oppure da patologie respiratorie gravi con complessità cardiache e
motorie e si trovano in una fase di recupe-
ro molto delicata, nella quale ogni piccolo
segnale non può essere sottovalutato.
Al momento del ricovero viene stilato
un piano di riabilitazione personalizzato,
che prevede interventi individuali e collettivi, preceduti da una valutazione specifica
per formulare tempi e durata dei vari trattamenti.
Un team multidisciplinare
Il progetto riabilitativo parte dalla
valutazione cardiorespiratoria e neuro-
motoria, passa attraverso diversi step che
comprendono la coordinazione respiratoria, le scale di valutazione, la spirometria
incentivante, pep mask, Uniko, Thersold... Si passa quindi agli esercizi in palestra ergometrica, assistiti oppure no, a
seconda dell’autonomia funzionale e della
stabilità clinica, fino al momento della
dimissione.
Ogni fase è accompagnata da un supporto psicologico che lavora soprattutto sul
superamento di stati di ansia e depressione
e dove entra in gioco anche la famiglia.
Gli interventi a favore dei pazienti
sono multidisciplinari, con un elevato
livello di tutela medico-infermieristico e
comprendono assistenza clinica per il
controllo delle complicazioni e delle
eventuali emergenze, una corretta impostazione terapeutica, assistenza infermieristica imperniata sullo stato di disabilità
evidenziato da programmi di attività fisica adeguati, educazione sanitaria specifica rivolta alla correzione dei fattori di
rischio, valutazione psicosociale ed occupazionale, follow-up clinico strumentale
individualizzato e supporto per il mantenimento di un adeguato stile di vita e
un’efficace prevenzione secondaria.
È multidisciplinare anche il team che
segue passo passo i pazienti: il responsabile della struttura si avvale della collaborazione di diverse figure professionali: cardiologo, pneumologo, cardiopneumologo, psicologo, infermieri, terapisti e operatori socio-sanitari.
È facile intuire come in questa fase il
controllo dei parametri vitali sia fondamentale: si tratta di un controllo che deve
essere continuo nel tempo, senza interruzioni, al fine di intervenire al minimo
allarme.
■ PROSEGUONO I LAVORI per il completamento del Polo specialistico riabilitativo, presso l’ospedale “S. Antonio
Abate” di Fivizzano (MS). Questo nuovo Polo, frutto di un accordo sottoscritto nel 2004 con l’Asl 1 di Massa
Carrara e la Regione Toscana, rientra in un progetto più ampio di rilancio dell’ospedale di Fivizzano, in un’area
dove oggi non sono presenti strutture di riabilitazione. Allo stato attuale, l’edificio che ospiterà il Polo è ormai
pronto: sono in fase di ultimazione gli allestimenti interni e l’arredamento. La struttura, una volta a regime,
sarà dotata di 60 posti letto complessivi (5 posti letto ad alta specialità; 31 di riabilitazione intensiva ospedaliera; 24 di riabilitazione estensiva extraospedaliera e 6 di lungodegenza). L’attività avrà inizio entro l’estate.
Il monitoraggio a distanza
È attivo un sistema di monitoraggio
chiamato “Coronet”, in grado di controllare a distanza i pazienti in ogni momento
della loro degenza: si tratta di una rete che
copre non solo le camere e le palestre, ma
anche i corridoi, l’area del soggiorno, la sala
da pranzo e persino l’area esterna del giardino e del marciapiede lungo la spiaggia,
consentendo così al paziente libertà nei
movimenti, con la garanzia di essere seguito ad ogni passo.
La connessione con la postazione centrale avviene tramite un telemetro che il
paziente porta addosso e il cui segnale vie-
TOSCANA. Premiall’Irccs di Firenzee all’Hospice di Massa
■ “PER IL RECUPERO DELLA VITA CHE NON C’È, nel solco della pedagogia innovativa di don Gnocchi, oggi espressa dall’avanguardia
della riabilitazione del nuovo Centro a Firenze-Torregalli”.
Con questa motivazione è stato assegnato alla Fondazione
Don Gnocchi (nella foto, il direttore del Polo Toscana Francesco Converti) uno dei Premi Speciali della XXX edizione del
“Premio Firenze”, organizzato - con il patrocinio del ministero
per i Beni e le Attività Culturali - dal Centro Culturale FirenzeEuropa “Mario Conti”, dal Consiglio Nazionale delle Ricerche,
dal Comune e dalla Provincia di Firenze, in collaborazione con il Consiglio Regionale della Toscana. All’Hospice di Marina di Massa è stato invece assegnato il premio “La sanità che funziona”, promosso dall’Associazione Promidea di Carrara, presieduta da Donatella Visconti. L’importante riconoscimento è nato per portare all’attenzione dell’opinione pubblica i casi più virtuosi di una sanità che funziona e che spesso, però, non fa
notizia. Il premio è stato ritirato dalla dottoressa Egidia Cantisani, responsabile medico dell’Hospice.
ne captato ogni 25/30 metri da un dispositivo chiamato “Access Point” e modulato da
un sistema bluetooth, simile ai telefoni cellulari. Il segnale arriva alla postazione
infermieristica, presidiata in ogni momento da un operatore che controlla i diversi
indicatori, come il cruscotto di un’automobile. Quando i valori escono dagli standard, un allarme segnala la situazione di
anomalia.
Lo stesso sistema di controllo a distanza
viene utilizzato nelle palestre per impostare gli esercizi e i carichi di lavoro nel corso
delle sessioni di terapia. In questo caso, il
programma della macchina viene impostato secondo il piano terapeutico e si adatta in
funzione dei valori del paziente. È come se
un personal trainer comandasse alla macchina la velocità e lo sforzo da far produrre
al paziente, attraverso il controllo della frequenza cardiaca.
Al termine della prova, il sistema assegna al paziente un punteggio che tiene conto dei parametri misurati e di quelli impostati come obiettivo.
I risultati di tutto ciò sono evidenti e
misurabili: infatti, nei test effettuati sui
pazienti all’inizio del percorso riabilitativo
e ripetuti al termine (come il WT6M, cioè la
distanza percorsa in 6 minuti di cammino) i
miglioramenti sono tangibili e significativi.
E la ricerca di nuove applicazioni per
migliorare sempre più queste performance
non finisce mai.
37
MISSIONE UOMO
SERVIZI
Attività
IL PROGETTO. Gli operatori a scuolaper la salute della schiena
ADRI: l’ospedale a casa
come alternativa al ricovero
■ SI È CONCLUSO A FINE FEBBRAIO il progetto di educazione alla salute realizzato in Irpinia
dal “Polo specialistico Riabilitativo” della Fondazione Don Gnocchi di Sant’Angelo dei
Lombardi (Avellino), sul tema: “Educazione sanitaria in età scolare: salute della colonna
vertebrale”. L’iniziativa è stata promossa nell’autunno 2012 dalla Fondazione Don Carlo
Gnocchi e in particolare dal direttore del Polo Lazio-Campania Nord, Salvatore Provenzae dal Responsabile delle attività socio sanitarie del Polo e Responsabile del progetto,
Fabio De Santis. Il progetto è stato poi concretamente condotto dalle fisioterapiste Rita
Mosca, referente per il Polo Specialistico Riabilitativo di Sant’Angelo dei Lombardi e dalla fisioterapista Maria Teresa Vincenzi, del Centro “S. Maria della Pace” di Roma.
Dopo la positiva esperienza della prima edizione, circa duemila studenti hanno partecipato all’iniziativa che ha coinvolto gli Istituti Comprensivi di Guardia dei Lombardi, Rita Mosca
Morra De Sanctis, Rocca San Felice; Nusco e Ponteromito; Lioni, Teora e Conza della
Campania e l’Istituto Superiore “Vanvitelli” di Lioni. Il progetto rientra nell’ambito della prevenzione primaria
e ha lo scopo di informare e formare ragazzi, famiglie e insegnanti circa fattori di rischio, comportamenti e stili
di vita più corretti, finalizzati a prevenire le patologie della colonna vertebrale nell’età dell’accrescimento e
rappresenta più che mai un valido strumento di integrazione tra famiglie, sanità e scuola: tutto ciò attraverso un
incontro di formazione con gli insegnanti, un incontro di informazione con i genitori e laboratori in classe con i
ragazzi. Molto soddisfatti si sono dichiarati i dirigenti scolastici Antonio Del Vecchio, Alessandra Tarantino,
Vito Alfredo Cerreta e Vincenzo Lucido, responsabili degli istituti che hanno partecipato e parteciperanno al
progetto in Alta Irpinia. Sulla scia di questa esperienza, il Polo specialistico riabilitativo di Sant’Angelo dei Lombardi della Fondazione Don Carlo Gnocchi ha attivato l’ambulatorio “scoliosi” per la diagnosi e il trattamento
delle patologie che coinvolgono la colonna vertebrale in età evolutiva.
MISSIONE UOMO
38
La sperimentazione
al Polo riabilitativo
di S. Angelo dei Lombardi.
Avviato anche
un nuovo ambulatorio
per la prevenzione
e diagnosi delle scoliosi
■ INTERESSANTI NOVITÀ, con il nuovo
anno, al Polo Specialistico Riabilitativo
“Don Gnocchi” all’interno dell’ospedale
“Criscuoli” di Sant’Angelo dei Lombardi
(Av). Sono state infatti avviate recentemente due concrete realizzazioni che confermano il Centro come struttura di riferimento nel territorio irpino per i servizi di
riabilitazione.
La prima - avviata per ora in via sperimentale - è un’innovazione che ha pochi
precedenti nel nostro Paese e che concretizza l’idea di trasferire l’ospedale (in
questo caso il Centro di Riabilitazione) a
casa dei pazienti. Si tratta dell’ADRI
(Assistenza Domiciliare Riabilitativa
Intensiva), frutto della collaborazione
tra la Fondazione Don Gnocchi e l’Asl di
Avellino: una forma organizzativa innovativa e inedita, che non ha nulla a che
vedere con i normali trattamenti domiciliari da sempre eseguiti e che continueranno ad essere eseguiti, ma che si pone
come alternativa al ricovero ordinario,
per quanto riguarda le attività riabilitative intensive post acuzie.
Il paziente in fase di dimissione ospedaliera dalle strutture che fanno capo all’Azienda Sanitaria Locale - a seguito di eventi traumatici o di patologie di carattere
ortopedico, neurologico, cardiologico e
respiratorio - viene sottoposto a valutazione da parte dell’équipe medica della Fondazione, che stabilisce la sussistenza o
meno dei requisiti per l’attivazione dell’ADRI o del ricovero ordinario.
La tendenza è comunque quella di privilegiare, ogni volta che le condizioni lo
permettono, il ricovero a domicilio.
I vantaggi sono indiscutibili: il paziente
assistito a casa, trovandosi a proprio agio
nell’ambiente domestico e con il supporto
della famiglia, va spesso incontro a recuperi più veloci. In questo modo si crea più disponibilità di posti letto nelle strutture
ospedaliere, per i pazienti che presentano
maggiore instabilità clinica.
In questo quadro, un ruolo fondamentale è rivestito dalla famiglia e dal cosiddetto caregiver, cioè da chi materialmente si fa
carico della cura del paziente a casa: è
infatti requisito prioritario, per attivare
questo percorso, avere un contesto familiare in grado di condividere e supportare
il progetto riabilitativo e anche poter disporre in casa di strutture minimamente
idonee.
Criterio basilare per l’accessibilità è
però la stabilità dei parametri vitali del
paziente, che non deve trovarsi nella situazione di una sorveglianza medica continua
nell’arco della giornata.
Per il resto, l’ADRI non ha nulla di
diverso dal ricovero in struttura, grazie
all’intervento di un’équipe altamente
specializzata (gli operatori della Fondazione Don Gnocchi di S. Angelo dei Lombardi), composta da medici specialisti,
infermieri professionali e terapisti della
riabilitazione.
La salute della colonna vertebrale
La seconda novità è l’attivazione del
nuovo ambulatorio dedicato alla prevenzione, diagnosi e trattamento delle scoliosi in età scolare e quindi teso a prevenire
gravi complicazioni a livello della colonna
vertebrale. Si tratta di un servizio a pagamento (l’attività non è compresa nei Livelli Essenziali di Assistenza), che risponde a
un’esigenza molto sentita dal territorio.
Tale progetto nasce a seguito della
campagna formativa “Educazione sanitaria in età scolare: salute della colonna vertebrale”, condotta nelle scuole del territorio,
giunta alla seconda edizione e promossa
dal dottor Fabio De Santis, responsabile
delle attività socio-sanitarie del Polo
Lazio-Campania Nord.
«Il nuovo servizio ambulatoriale - spiega la coordinatrice Rita Mosca - offre un
percorso terapeutico così suddiviso: visita
specialistica fisiatrica ed esami diagnostici,
ciclo di sedute terapeutiche, incontri con il
paziente e la famiglia, visita specialistica
intermedia e visita di fine trattamento. Al
termine, il paziente e la famiglia sono informati circa i risultati raggiunti e vengono
educati a tenere corretti stili di vita a salvaguardia della salute della colonna vertebra-
MILANO. Educazionealla postura, lezioni in classe
■ TAPPA… MILANESE PER IL PROGETTO “Ricomponiamoci! A scuola per imparare a sentire e capire il proprio corpo” (nella foto, il Quaderno che ha accompagnato l’iniziativa) avviato nel 2011 dal Centro “S. Maria al Monte” di Malnate(Va) nelle scuole primarie del territorio varesino. Grazie agli operatori del Centro “Girola” di
Milano, l’iniziativa ha coinvolto alcune classi della scuola “Vittorio Locchi” nel
quartiere Niguarda. Oltre un centinaio gli alunni coinvolti, che non solo hanno
acquisito maggior conoscenza e consapevolezza del proprio corpo e del suo funzionamento, ma anche informazioni mirate e funzionali ad una corretta postura e
igiene della colonna. Insegnanti e genitori hanno invece avuto l’opportunità di
una formazione specifica per cogliere nei bambini i primi segnali di un eventuale
paramorfismo o dimorfismo della colonna. Lo screening condotto su un’ottantina di alunni ha evidenziato la necessità per molti di un monitoraggio costante nel
tempo e suggerito per alcuni un approfondimento specialistico.
le. In caso di necessità, è inoltre possibile
attivare collaborazioni e collegamenti con
strutture esterne, ove indirizzare i pazienti
affetti da dismorfismi medio-gravi per
applicazioni di corsetti o per interventi chirurgici».
Il Polo riabilitativo della Fondazione
Don Gnocchi di S. Angelo dei Lombardi è
operativo dal 2006 ed occupa una parte
importante dell’Ospedale “Gabriele Criscuoli”.
Vengono effettuati ricoveri in degenza
ordinaria per interventi riabilitativi intensivi in area cardiorespiratoria, neuromotoria e ortopedico-traumatologica ed è attiva
un’Unità per il trattamento delle Gravi
Cerebrolesioni Acquisite: è dotato complessivamente di 111 posti letto, di cui 4 in
day hospital.
La gamma dei servizi del Centro si completa con l’attività riabilitativa a carattere
ambulatoriale.
39
MISSIONE UOMO
SERVIZI
Attività
SALERNO
SERVIZI
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La riabilitazione
in assenza di gravità
■ CHI NON RICORDA le immagini di “2001
Odissea nello spazio”, con gli astronauti che
fluttuano, al ritmo del Bel Danubio blu di
Strauss? O le immagini dello sbarco sulla
luna, con quel goffo saltellare? Chi ha mai
immaginato di muoversi senza sentire il
peso del proprio corpo, come potrebbe
accadere in assenza di gravità?
E che vantaggi ci potrebbero essere per
chi ha subito un trauma ortopedico o neurologico e deve essere rieducato al cammino o al movimento?
È questa l’idea che è venuta ad alcuni
ricercatori: provare a mettere dei pazienti in
una situazione di assenza di gravità per aiutarli nel percorso riabilitativo. Già, ma
ammesso che ci possano essere dei vantaggi,
come creare una situazione di assenza di gravità, senza viaggiare nello spazio?
Tutto questo oggi è possibile, grazie agli
studi del dottor Robert Whalen, esperto di
biomeccanica dell’esercizio nello spazio per
gli astronauti della Nasa: si possono creare le
condizioni simili all’assenza di gravità, attraverso un’elevata pressione dell’aria che
diventa una sorta di invisibile imbracatura in
grado di supportare il peso corporeo.
In questo modo, è stato messo a punto
negli Stati Uniti il “Treadmill antigravitazionale”: un sistema integrato formato da
un computer, un sistema di supporto del
peso corporeo e un tapis roulant.
In questo speciale tapis roulant, nella par-
Terapia occupazionale: anche il presepe è un…capolavoro
Sperimentato
al Polo di Tricarico
un sistema integrato
realizzato negli Usa.
Risultati positivi
su pazienti
con frattura di femore
di Damiano Gornati
te dove si trovano gli arti inferiori del paziente, è stata creata una camera d’aria nella quale si crea una variazione di pressione rispetto
all’ambiente esterno, così da creare quella
sensazione di assenza di gravità e quindi di
leggerezza. Il computer ha la funzione di
graduare la pressione in modo da regolare la
forza gravitazionale. La sensazione che il
paziente prova è di sentirsi sollevato, come
se si sentisse alleggerito fino all’80% del
proprio peso corporeo.
Realizzato lo strumento, qualche anno fa
è iniziata l’applicazione, negli Stati Uniti, in
particolare nel mondo sportivo, per accelerare il recupero fisico degli atleti colpiti da
infortuni. Più recentemente, si è iniziato ad
usarlo anche nella riabilitazione dei pazienti
con fratture importanti agli arti inferiori.
In Italia, tra i pochissimi enti ad averlo
utilizzato fin’ora, ma unico ad aver condotto
una ricerca scientificamente fondata e i cui
risultati sono stati pubblicati sul Giornale
Italiano di Medicina Riabilitativa, è stata la
Fondazione Don Gnocchi e segnatamente il
Polo specialistico riabilitativo che fa riferimento all’ospedale di Tricarico (Mt).
Qui, da febbraio a settembre dello scorso
anno, sono stati individuati 20 pazienti, di
età compresa tra gli 80 e i 90 anni, che avevano subito la frattura del femore, un incidente molto frequente e invalidante nella popolazione anziana, suddivisi successivamente
in 2 gruppi: un gruppo di 10 ha seguito il normale percorso riabilitativo, gli altri 10 un
percorso con l’uso del Treadmill antigravitazionale con una frequenza di tre sedute a settimana per tre settimane e incrementi progressivi nel tempo della velocità, della percentuale del peso corporeo percepito e della
durata della seduta.
Di ogni paziente è stata valutata la
comorbilità, il dolore, il Rom articolare
(Range of motion, ovvero la flessibilità degli
arti), la forza muscolare dell’arto operato, il
grado di autonomia, il cammino all’inizio e
al termine del trattamento.
I risultati conseguiti tra i pazienti che
hanno usato il Treadmill sono stati molto
positivi e migliori di quelli conseguiti dai
pazienti in normale trattamento riabilitativo: non solo non si è verificata nessuna reazione avversa, ma è stata anzi registrata una
Una parte dell’équipe di Tricarico che ha lavorato
col “Treadmill antigravitazionale”. Da sinistra:
Olga Toscano, Nicola Lioi (responsabile medico
del Centro) , Teresa Colafelice, Stefano Larocca
e Vincenzo Fantassiere (coordinatori terapisti).
maggiore efficacia nel recupero neuromotorio(dell’articolarità, della stenia muscolare e delle caratteristiche del cammino), con
riduzione dei tempi di trattamento.
In particolare, è stata riscontrata in
maniera importante la riduzione del dolore
percepito dai pazienti, che molto spesso agisce come deterrente e freno per chi si sottopone a trattamenti riabilitativi dopo traumi
così importanti.
In ultima analisi, per quanto sia stato trattato un numero esiguo di pazienti, i dati ottenuti dicono che il trattamento con Treadmill
antigravitazionale migliora le performance
motorie e la resistenza dando risultati riabilitativi migliori e in tempi piu brevi. È tuttavia necessario un ulteriore approfondimento, attraverso nuove prove su un numero
maggiore di pazienti, così da raggiungere
una base dati sufficiente.
Anzi, come lascia intendere la dottoressa
Teresa Colafelice, fisiatra, che ha seguito,
tra gli altri, il progetto di ricerca di Tricarico
insieme alla dottoressa Olga Toscano, c’è
l’intenzione di estendere l’uso dell’ apparecchio anche per pazienti con problemi neurologici (esiti di ictus o persone con deficit
motori).
■ LUCA GUARDA CON ORGOGLIO il presepe allestito
all’ingresso del Centro “S. Maria al Mare” di Salerno.
Nel suo sguardo c’è tutta la soddisfazione di chi ha
realizzato un capolavoro. È lui l’autore, insieme agli
altri ragazzi della terapia occupazionale. Non si sono
limitati ad allestirlo, lo hanno proprio creato, a partire dalle statuine. Semplice - forse - per chi non ha
problemi di manualità, ma quando anche allacciarsi il
bottone della camicia diventa ogni giorno un’impresa, si può capire meglio quanto sia complicato realizzare quei piccoli manufatti di ceramica.
In neurologia si chiama “prassia”, dal greco praxía, che
significa “fare” ed è la capacità di compiere correttamente gesti coordinati e diretti a un determinato
fine, come vestirsi, aprire un barattolo, uscire di casa,
guidare l’automobile… Appunto, guidare l’automobile, all’inizio, sembra un’impresa impossibile: bisogna
pensare con calma al coordinamento dei movimenti,
a quali compiere prima e cosa fare subito dopo. Ma
poi, col tempo e soprattutto con la pratica, la
sequenza delle “cose da fare”si consolida e tutto
diventa come automatico.
Il contrario di tutto questo è la “disprassia”, cioè la
difficoltà a memorizzare le azioni e a trasformarle in
automatismi, a coordinare i movimenti in modo da
raggiungere un obiettivo. Per cui, ci sarà sempre bisogno di un aiuto esterno quando ci si veste, o di qualcuno che richiama all’igiene personale e al corretto
utilizzo dei servizi igienici, o che aiuta ogni volta ad
impugnare correttamente forchetta e cucchiaio per
mangiare… Si chiamano ritardi cognitivi, si manifestano già in tenera età e spesso si trascinano nell’età
adulta. È su questi ed altri aspetti che lavora quella si
chiama terapia occupazionale.
La terapia occupazionale supporta e completa l’attività di psicomotricità, promuovendo l’occupazione,
ossia le abilità necessarie alla persona per agire nel
proprio ambiente e raggiungere un certo grado di
autonomia, anche in relazione agli altri.
E il servizio di terapia occupazionale del Centro di
Salerno, attivo da settembre a giugno, risponde proprio a questo scopo: non è solamente un momento di
sollievo per le famiglie, ma un insieme di attività tese
a sviluppare le capacità e le abilità manuali e intellettive, secondo un progetto che lavora su due aspetti:
sviluppare la manualità e accrescere la creatività.
Gli utenti sono giovani portatori di disabilità affetti
da ritardi cognitivi medi o medio gravi e sono seguiti da un team di terapisti coordinati dalla neuropsichiatra infantile Maria Rosaria Leone, con il supporto di alcuni volontari, come Francesca Oliva, che ha
seguito in prima persona il progetto del presepe e
che per diversi mesi ha messo a disposizione la sua
professionalità per insegnare a costruire manufatti
in ceramica.
«Abilitare e riabilitare sono le parole che hanno sempre guidato la Fondazione - spiega la dottoressa Leone -. Con il laboratorio creativo volevamo dare qual-
cosa di più al normale iter riabilitativo, per favorire
l’integrazione e la socializzazione. Volevamo che i
ragazzi sviluppassero le attività manipolative,
costruttive, grafiche, pittoriche, musicali e di drammatizzazione».
E oltre a questo, la terapia occupazionale potenzia le
esperienze di interazione, le competenze relazionali
e le acquisizioni di regole sociali di base, come il
rispetto del turno, l’attesa e la condivisione di spazio
e materiali. Infine, fornisce un canale di comunicazione alternativo, attraverso l’espressione e la manifestazione delle emozioni.
Ecco allora spiegato il presepe: non solo un segno
natalizio, ma parte di un progetto molto più ampio
dove Luca e i suoi compagni hanno esercitato e sviluppato la creatività e la manualità e hanno scoperto
di poter realizzare qualcosa di bello e importante…
Non solo a Natale.
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
40
Attività
SEREGNO. Progetto attivato con il contributo di Axa
MISSIONE UOMO
42
Stimolazione olfattiva:
benefici su pazienti e operatori
A Monza e Seregno
è stato avviato
l’innovativo progetto
che riconosce
la validità dell’approccio
terapeutico
multisensoriale
PRINCIPALI RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE NEI CENTRI
Moltissimo 16%
Molto poco
26%
Moltissimo 21%
Molto poco
0%
Poco 11%
Abbastanza
21%
Molto
16%
di Ramona De Luca
■ UN CENTRO PIÙ ACCOGLIENTE, per
favorire l’umanizzazione dei percorsi di
cura e migliorare l’esperienza vissuta da
pazienti, familiari e operatori: questo l’obiettivo della sperimentazione olfattiva in
ambienti sanitari e socio-sanitari, avviata
di recente in alcune strutture “Don Gnocchi”. L’innovativo progetto muove dalla
necessità di dedicare la giusta attenzione,
oltre che agli aspetti clinici dell’assistenza,
anche alle dinamiche psicologiche ed
emotive che si sviluppano nel corso delle
cure, riconoscendo la valenza terapeutica
dello spazio fisico e di tutti gli elementi che
sviluppano la relazione tra paziente e
ambiente.
L’iniziativa riconosce la validità dell’approccio terapeutico multisensoriale:
secondo recenti studi condotti in ambito
internazionale, la stimolazione sensoriale, in particolare quella olfattiva, ha un
effetto positivo sul benessere psico-fisico
dell’individuo, favorisce la calma e i comportamenti adattivi, riduce la depressione
e stimola un senso di partecipazione, di
familiarità e di empatia con l’ambiente cirscostante. Il profumo, insomma, incide
sensibilmente sulla sfera emotiva dell’individuo, modificandone i comportamenti
e gli stati d’animo.
Su queste basi, la sperimentazione ha
avuto inizio grazie alla collaborazione con
“Essentia Beauty”, azienda specializzata
da anni nella messa a punto di sistemi di
diffusione di fragranze progettati per
ambienti sanitari. Tra questi, l’“Olfactive
Spirit”, diffusore sicuro e affidabile, che
non inquina, non lascia residui nell’aria ed
è ecosostenibile. White Paradise, Child
Poco 16%
Abbastanza 26%
Molto 47%
Moltissimo 11%
Molto poco
31%
Molto
21%
Molto poco
0% Poco 5%
Abbastanza
32%
Abbastanza 21%
Moltissimo 21%
Moltissimo 16%
Poco 16%
Molto 47%
Molto poco
Moltissimo 11% 0% Poco 0%
Molto poco
0%
Poco 11%
Abbastanza
26%
Molto 42%
Moltissimo 21%
Molto 47%
Abbastanza
32%
Molto 57%
Molto poco
0% Poco 0%
Abbastanza
32%
Moltissimo 53%
Molto poco
Poco 5%
0%
Abbastanza
0%
Molto
42%
Memory e Chocolate sono alcune delle fragranze scelte per rendere più piacevoli e
familiari i luoghi di cura della Fondazione,
passando da profumi stimolanti nelle sale
comuni per favorire le attività del mattino
a profumi rilassanti alla sera per accompagnare il riposo, da quelli più familiari per
accogliere i visitatori a quelli neutralizzanti per coprire gli odori più forti.
La scelta delle fragranze è stata condotta da Essentia Beauty, che ha messo a disposizione dell’iniziativa la propria esperienza e le proprie competenze nel campo,
in collaborazione con i medici responsabili di ciascuna struttura e in funzione delle
specifiche esigenze dei pazienti ospiti e
della natura dei loro percorsi terapeutici.
Due, per ora, i Centri coinvolti nell’iniziativa: l’Hospice “S. Maria delle Grazie”
di Monza e il Centro “Ronzoni Villa” di
Seregno (Mb), quest’ultimo sia nella Rsa
per anziani che nella recente Unità di
degenza di mantenimento per disabili in
età evolutiva.
In ciascuna struttura sono stati istallati
tra i 10 e i 16 diffusori, in funzione tutti i
giorni per uno o più intervalli di tempo, a
seconda delle specifiche esigenze. Per
ogni reparto, infatti, è stato elaborato un
programma di profumazione ad hoc, nel
rispetto degli specifici obiettivi individuati per ciascuna unità di offerta.
■ AL CENTRO “RONZONI VILLA - DON GNOCCHI” DI SEREGNO (MB) e all’Hospice “S. Maria delle Grazie” di Monza il
progetto di stimolazione olfattiva è stato attivato grazie al contributo (per il 2013) della compagnia Axa Assicurazioni. La cerimonia di avvio del servizio si è svolta lo scorso febbraio a Seregno, presenti il direttore del
Polo Lombardia 3 della Fondazione Don Gnocchi Tiberio Boldrini, il responsabile medico del Centro di Seregno Maddalena Galli, la responsabile del Reparto di Mantenimento per bambini in età evolutiva Patrizia
Spelta, il responsabile del Servizio Fundraising della Fondazione Stefano Malfatti e - per Axa Assicurazioni il vicedirettore generale Maurizio Cappiello e il responsabile Gestione Tecnica e Sinistri Maurizio Rainò.
SPORTELLO DISPRASSIA . L’équipe del Centro di Seregno
è stata riconosciuta gruppo riferimento AIDEE per la Lombardia
■ NUOVO, IMPORTANTE RICONOSCIMENTO per lavoro svolto all’interno della Fondazione Don Gnocchi. L’équipe di
riabilitatori che si occupa di intervenire sui disturbi delle abilità spaziali in età evolutiva è stata riconosciuta dall’AIDEE nazionale (Associazione Italiana Disprassia Età Evolutiva) come Gruppo di Riferimento Territoriale per la
Lombardia. L’équipe opera all’ambulatorio di riabilitazione territoriale del Centro “Ronzoni Villa-Fondazione
Don Gnocchi” di Seregno (Mb) e ha attivato uno Sportello a cui le famiglie, gli insegnanti e gli operatori del territorio possono chiedere informazioni e consigli utili ad affrontare i disagi connessi alla disprassia.
Lo Sportello di Seregno effettua tra l’altro valutazioni funzionali specifiche connesse a questo disturbo, oltre ad
occuparsi di percorsi riabilitativi personalizzati. Il gruppo Territoriale dell’AIDEE Lombardia risulta così composto: Annalisa Risoli (medico fisiatra), Silvia De Isabella (medico fiasiatra), Adriana Bortolotti (psicologa), Elena
Antonioli (fisioterapista), Elena Arosio (Tnpee), Michela Bertelè (Tnpee), Manuela Capettini (fisioterapista).
La sperimentazione
con anziani e bambini
Al fine di garantire una migliore implementazione del progetto è stato indispensabile il coinvolgimento di medici, operatori
socio-sanitari, infermieri e animatori, che
hanno condiviso gli scopi della sperimentazione. Il profumo ha accompagnato, per
circa tre mesi, le attività della giornaSui bambini e ragazzi in
ta sia da un punto di vista clinico (nel
riabilitazione di mantenicorso delle attività di fisioterapia) sia
mento sono state condotte
da un punto di vista ludico e ricreatiosservazioni dirette dei
vo, nei momenti di terapia occupaloro comportamenti da
zionale e durante le attività collettive
parte di terapisti ed educae di accoglienza ai visitatori.
tori, che con loro condiviSono bastate poche settimane di
dono l’esperienza di vita e
sperimentazione per constatarne gli
di cura: le osservazioni
indubbi benefici: l’odore percepito
hanno evidenziato una
all’interno dei Centri è stato considemaggiore disponibilità del
rato da ospiti e operatori più familiabambino a ricevere il conre, influendo sul loro umore e risul- Ramona De Luca
tatto fisico e un maggiore
tando più piacevole e accogliente; i
appetito durante i pasti. Inoltre, i bambini
pazienti più anziani si sono dimostrati più
sono apparsi più tranquilli sia nelle attività
disponibili alla relazione con gli altri, chiedi terapia occupazionale che nel ricevere i
dendo con meno frequenza di allontanarsi
trattamenti.
delle sale comuni e dichiarando di gradire
Anche il personale ha mostrato di
maggiormente le attività collettive organizapprezzare maggiormente l’esperienza di
zate dal Centro.
lavoro complessiva, sentendosi più a proprio agio e attribuendo maggiore importanza alle relazioni sociali sviluppate nell’ambiente di lavoro; è cresciuto anche il numero
di operatori che ha valutato positivamente il
rapporto con pazienti, colleghi e superiori.
Grazie al profumo, pazienti e operatori
hanno dichiarato di sapersi orientare più
facilmente nella struttura in maniera autonoma rinunciando, in parte, alla segnaletica;
il personale ha inoltre dichiarato di percepire un maggiore impegno della Fondazione
nel migliorare la qualità della propria esperienza lavorativa.
Sulla scorta di tali risultati, la Fondazione
ha predisposto nei due Centri la messa a
regime della sperimentazione per il 2013,
con possibilità di estenderla anche ad altre
strutture “Don Gnocchi”.
43
MISSIONE UOMO
PROGETTI
Attività
SERVIZI
Anche la musica
si fa strumento terapeutico
■ LA MUSICA ADEGUATAMENTE INSERITA in
un piano terapeutico, non come strumento
alternativo ma integrato alle tradizionali
terapie mediche, riabilitative e farmacologiche, agisce in modo positivo ed efficace sui
piccoli pazienti con disabilità: il suono e la
melodia possono aprire canali comunicativi,
incrementare la creatività, sviluppare capacità relazionali, elaborare bisogni e vissuti
attraverso cui perseguire obiettivi specifici.
Su queste basi muove il progetto sperimentale di musicoterapia avviato al Centro
“S. Maria alla Rotonda” di Inverigo (Co) sia
per i piccoli pazienti presi in carico dal Centro in regime ambulatoriale, sia per i ragazzi
che frequentano il Centro Diurno Disabili.
Il Progetto sperimentale nell’area della
riabilitazione ambulatoriale e diurna territoriale extraospedaliera per minori disabili è
coordinato dal personale dell’équipe clinica
del Centro (neuropsichiatra, psicologa, fisiatra, assistente sociale) ed è realizzato insieme
ai terapisti del Centro (educatori, musicoterapista, logopedista, psicomotricista, terapista occupazionale).
Gli interventi si muovono in due direzioni: un percorso di musicoterapia attiva e
musicoterapia ricettiva e il Progetto sperimentale denominato “Opera Chords”, in collaborazione con “ILOpera”, associazione
per l’apprendimento interdisciplinare dell’opera lirica.
Il percorso di musicoterapia attiva riguarda suoni e musiche creati direttamente dai
pazienti attraverso un dialogo sonoro con il
terapeuta, mentre la sezione dedicata alla
musicoterapia ricettiva riguarda l’ascolto, da
parte dei pazienti, di musiche e suoni, registrati o eseguiti dal vivo dal terapeuta.
Quindi un percorso riabilitativo integrato che vede accanto agli interventi di logopedia, psicomotricità, fisioterapia e terapia
occupazionale anche le attività di musicoterapia - un canale comunicativo alternativo al fine di sviluppare le capacità potenziali e/o
residue del paziente per meglio realizzare
l'integrazione intra e interpersonale e garantire una migliore qualità di vita.
Più specifico e ambizioso il progetto attivato nella stanza Snoezelen del Centro (nella foto), sia con pazienti ambulatoriali che
con i ragazzi del CDD: un lavoro sonoro
denominato “Opera Chords” che rappresenta una vera e propria novità e che si basa sulla
È stato avviato
al Centro di Inverigo
un progetto sperimentale
che utilizza frequenze,
timbri e onde sonore
nel trattamento
di minori con disabilità
ricezione acustica di frequenze, timbri e
onde sonore di precise sequenze, proposte in
un ambito di rilassamento musicale.
Tracce musicali originali
nella Stanza Snoezelen
L’originalità di “Opera Chords” consiste
nell’utilizzo di musiche non presenti nel
panorama discografico, ma appositamente
composte, arrangiate e registrate per l’intervento. La ricerca di tracce musicali originali
specificatamente arrangiate per gli interventi sul paziente è da considerarsi essenziale in
un ambiente come la stanza Snoezelen, ricco
di stimoli sensoriali. Nello specifico, la scelta
musicale si è concentrata sui toni bassi e l’intento è anche quello di sperimentare una
ricezione musicale attraverso le vibrazioni
del materasso multifunzionale ad acqua presente nella stanza, come conduttore sonoro
per i casi di grave disabilità.
L’ausilio di casse amplificate controllate
da un mixer posizionate a diversi livelli
accanto al paziente rende possibile la ricezione sonora non solo attraverso l’udito, ma
anche e soprattutto attraverso il corpo e la
sua risonanza. Sono i suoni bassi ad essere
percepiti, con le loro vibrazioni, su tutto il
corpo e che rendono possibili un ascolto attivo e una migliore percezione della propria
persona.
Distensione, stato di piacere, riduzione
dell’ansia e della tensione muscolare sono
solo alcuni dei benefici che questo messaggio
sonoro procura ai pazienti con gravi disabilità. Un corretto bilanciamento dei suoni tra
alti, medi e bassi è indispensabile per non
creare stati di disagio e tensione, vanificando
gli effetti benefici e salutari che la musica
riesce a portare.
Oggi è normale ascoltare musica negli
luoghi di lavoro, negli ospedali, in sala operatoria, dal dentista, nei supermercati, perché
al di là delle applicazioni specificatamente
terapeutiche, la musica conserva intatto il
suo enorme potere armonizzante. Così
avviene anche nella stanza Snoezelen, dove
tutto si gioca sull’interazione sensoriale.
Non solo sequenze musicali appositamente create e arrangiate, ma anche sequenze musicali tratte da “Il Barbiere di Siviglia”di
Rossini. Questo grazie al percorso di ricerca
comune condotto dai professionisti del Centro di Inverigo con “ILOpera” di Milano.
Con effetti sorprendenti. A testimonianza di
come la musica possa riverlarsi «il più completo farmaco non chimico».
MISSIONE UOMO
45
Attività
MILANO. Tecnologie per l’autonomia, corso di Alta Formazione
MISSIONE UOMO
46
Assistenza protesica:
quando la carrozzina non basta
■ SERVIRE SU UN PIATTO D’ARGENTO uno
strumento “copia e incolla” per chi domani
si troverà a dover decidere le politiche europee e nazionali sull’assistenza protesica.
Questo il significato della “Position Paper”
sottoscritta da Aaate (Association for the
Advancement of Assistive Technology in
Euripe), società scientifica europea dedicata
alle tecnologie assistive, ed Eastin (European
Assistive Technology Information Network),
la più importante rete europea di informazione nel settore.
Nel gergo internazionale, una “Position
Paper” è un documento che esprime il parere ufficiale un’istituzione autorevole rispetto ad una determinata tematica. Nel caso
che ci riguarda, la tematica riguarda la
cosiddetta “assistenza protesica”,ossia il sistema pubblico che
fornisce ai cittadini con disabilità gli ausili tecnici necessari alla
propria vita quotidiana, nella
scuola, nel lavoro.
Il documento, piuttosto corposo, è frutto di un laborioso percorso di intense consultazioni tra
i maggiori esperti nel settore da
vari paesi d’Europa, iniziato con
un workshop internazionale
svoltosi a Copenhagen lo scorso Renzo Andrich
anno tra le iniziative per il turno
di presidenza danese dell’Unione Europea e
proseguito nei mesi successivi fino a raggiungere il comune consenso.
Tre tipologie di facilitatori
Questi i punti salienti. Innanzitutto, l’indicazione di quale debba essere lo scopo di
La Fondazione
tra i promotori
della “Position Paper”,
documento europeo
innovativo su ausili
e tecnologie assistive.
Ecco i punti chiave
di Renzo Andrich
ricercatore Citt (Centro Innovazione e Trasferimento
Tecnologico) - Fondazione Don Gnocchi
presidente Eastin (European Assistive Technology
Information Network)
un sistema pubblico di assistenza protesica. Secondo il documento, il suo
fine è quello di “assicurare a tutte le persone con disabilità le soluzioni assistive
più adeguate per sostenere l’autonomia
nel proprio ambiente di vita“. Non si
tratta, quindi, semplicemente di fornire ausili tecnici a persone aventi diritto
- come recita il Nomenclatore Tariffario italiano delle protesi - bensì di fare
in modo che ogni persona in situazione di bisogno possa disporre di tutti gli
appropriati “facilitatori ambientali”
necessari alla propria autonomia personale e
familiare, comprendendo in essi ausili tecnici (un plantare, una protesi, una carrozzina,
un sollevatore, uno strumento informatico
per la comunicazione...), adattamenti
ambientali personalizzati (una modifica
architettonica della stanza da bagno per
poter svolgere in autonomia e sicurezza le
operazioni di igiene personale, l’automazione di alcune funzioni della casa…) e l’eventuale assistenza personale necessaria. Il termine “soluzione assistiva” (assistive solution) sta infatti ad indicare quell’accorta ed
efficiente combinazione di queste tre tipologie di facilitatori, che non può essere standardizzata, ma va disegnata sulle esigenze individuali di ciascuna persona.
Proprio da questa necessità di personalizzazione - che richiede alti livelli di competenza e di interdisciplinarietà - scaturisce un
altro concetto forte della “Position Paper”:
l’efficacia di un intervento di assistenza protesica si misura sulla sua capacità di mobilitare tutte le professionalità necessarie (principio di competenza), di coordinarsi con
tutti gli altri interventi di aiuto alla persona
(principio di coordinamento), di utilizzare
fondi e risorse in modo intelligente verificando il conseguimento degli obiettivi
(principio di efficienza), di accogliere innovazioni tecnologiche e adattarsi nel tempo
alle mutevoli situazioni dell’utente (principio di flessibilità), di valutare l’utente non
come un semplice assistito ma come un
“compagno di squadra” nelle decisioni che
via via si devono prendere (principio di
influenza dell’utente).
Il documento richiama inoltre alla
necessità che l’intervento vada all’utente,
non in quanto “avente diritto”, bensì in
quanto “avente bisogno” (principio di
accessibilità).
■ “TECNOLOGIE PER L’AUTONOMIA E L’INCLUSIONE SOCIALE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ”: ha avuto inizio a febbraio l’edizione
2013 del Corso di Alta formazione promosso dalla Fondazione Gnocchi all’Irccs “S. Maria Nascente” di Milano, in
calendario fino al prossimo aprile. Cento ore di lezioni e laboratori, con frequenza obbligatoria, distribuiti in tre
moduli della durata di quattro giorni ciascuno: «L’obiettivo - spiega l’ingegner Renzo Andrich, direttore del corso è fornire una competenza di base sulle tecnologie oggi disponibili per la riabilitazione, l’autonomia, l’integrazione
scolastica, lavorativa e sociale delle persone con ogni tipo di disabilità, età e patologia invalidante. L’itinerario
didattico, articolato in sessioni teoriche e in sessioni pratiche di laboratorio, si estende dagli aspetti più strettamente tecnologici e quelli legati alla concreta utilizzazione dell’ausilio nel contesto della realtà quotidiana di vita
della persona disabile, nonché nella programmazione dell’intervento riabilitativo ed educativo».
Il corso, con accreditamento Ecm e aperto a persone in possesso di specializzazione post-lauream, laurea o diploma universitario, è rivolto in particolare a medici, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, tecnici dei
settori delle protesi, ausili e accessibilitàe a operatori della scuola e dell’educazione.
L’efficace attenzione ai costi
Il documento non si limita naturalmente
a sole enunciazioni di principio ma - ed e questo il motivo della sua corposità - si addentra
in indicazioni operative per gli addetti ai
lavori, nell’auspicio che possano essere fonte di ispirazione per lo sviluppo delle rispettive politiche locali di assistenza protesica. Il
problema, oggi più che mai attuale, del contenimento dei costi è esaminato nella sua
sostanza, che spesso sfugge a causa del modo
settoriale con cui in molti Paesi, Italia compresa, è organizzata l’assistenza protesica.
Un efficace intervento di assistenza protesica, inteso nel senso delineato dalla “Position Paper”, oltre a migliorare la qualità della
vita della persona e darle pari opportunità di
partecipare nella società, riduce la necessità
di altri interventi sanitari o assistenziali. Una
sofisticata carrozzina elettronica costa certamente parecchio, ma quante migliaia di ore
■ RESPIRATORI, CARROZZINE, DEAMBULATORI, MATERASSI ANTI-DECUBITO e tanti altri ausili e protesi: sono essenziali per i
pazienti e quindi garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale. Il loro elenco è contenuto nel Nomenclatore tariffario,
che però risulta fermo a oltre 13 anni fa, ovvero al decreto del ministero della Salute n° 332 del 1999.
Da allora non è stato più adeguato, sebbene quella stessa norma preveda un suo aggiornamento periodico “con
cadenza massima triennale”. Dopo anni di dibattiti a livello politico, nonostante le sollecitazioni di pazienti, associazioni e operatori vari, l’aggiornamento del Nomenclatore è stato rimandato al nuovo Parlamento. Nel frattempo, le persone disabili sono costrette a usare dispositivi spesso obsoleti e per avere ausili innovativi e adeguati
devono pagare la differenza di costo rispetto alla tariffa prevista per quelli presenti nel Nomenclatore.
Nell’attuale elenco mancano poi alcune tipologie di ausili e spesso non ci sono controlli sulla qualità dei prodotti
da parte di un organismo preposto. Soprattutto nelle Regioni sottoposte a piani di rientro, capita che le Asl non
riescano a fornire nemmeno i dispositivi previsti dal vecchio Nomenclatore. Le stesse Asl fanno inoltre gare di
appalto al massimo ribasso per risparmiare, ma a volte forniscono prodotti peggiori a costi più alti, come ad esempio carrozzine che arrivano in container dall’Estremo Oriente, vendute allo stesso prezzo di quelle prodotte nel
nostro Paese, pur avendo metalli e tessuti scadenti.
Il Nomenclatore tariffario non è stato argomento toccato in campagna elettorale, ma l’auspicio è che il nuovo Parlamento e il nuovo Governo trovino finalmente il modo di affrontare efficacemente anche questo tema.
APPELLO . Nomenclatore tariffariofermo da oltre 13 anni
Nella foto sotto, i ricercatori della rete ETNA
(rete tematica europea finalizzata a promuovere
la realizzazione di un Portale Internet europeo
sulle tecnologie informatiche di ausilio alle persone
con disabilità), in un recente meeting tenutosi in
Austria. Per la Fondazione Don Gnocchi, gli ingegneri
Renzo Andrich, Valerio Gower e Andrea Agnoletto,
e la dottoressa Sabrina Vincenti
di assistenza risparmia nel corso degli anni,
oltre che dare la persona autonomia, sicurezza e libertà? L’adattamento di un appartamento costa, ma quante volte di più costerà
nel tempo la degenza in una residenza sanitaria assistita?
In definitiva, la “Position Paper” si propone come un contributo di chiarezza in
questa complessa tematica, finora spesso
considerata marginale, ma che alla luce
delle nuove opportunità offerte dalla tecnologia, della Convenzione Onu sui diritti
delle persone con disabilità e delle recenti
indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in materia, merita oggi di
acquisire nuovo vigore.
La “Position Paper” è pubblicata sul sito
www.aaate.net e sul Portale Siva (www.portale.siva.it)ed è stata ampiamente diffusa tra
gli addetti ai lavori in tutta Europa.
47
MISSIONE UOMO
AUSILI
Attività
AMBITI DI RIFLESSIONE
FORMAZIONE
49
Formazione continua:
190 eventi nel Piano 2013
■ LA FONDAZIONE DON GNOCCHI caratterizza i paradigmi del proprio sistema formativo con una vision che mette al centro l’operatore e il suo sviluppo professionale. In Fondazione Don Gnocchi la formazione, oltre
ad essere considerata come processo di
acquisizione e sviluppo di abilità e competenze, vuole essere anche strumento di
comunicazione e trasmissione di valori
antropologici e di principi eticidistintivi della mission dell’organizzazione e del pensiero
del fondatore, oggi Beato.
In questo senso, diventa quindi “motodi Monica Malchiodi
re” di cambiamentonon solo nell’operatore
che si forma, ma anche nell’organizll Piano formativo è costruito
zazione che lo vede protagonista e
anche sulla base dell’evoluzione
depositario delle conoscenze, delle
epidemiologica dell’Organizzaziocapacità e delle competenze.
ne Mondiale della Sanità: invecL’orientamento della formaziochiamento popolazione (cronicine nella “Don Gnocchi” si finalizza
tà/ prevenzione), incidenza delle
all’attuazione delle scelte strategipatologie tumorali, incidenza delche della politica sanitaria e sociole patologie cardio-respiratorie,
sanitaria: l’equità di trattamento e di
aumento della non autosufficienza
accesso ai servizi, tramite la massima
nella popolazione anziana, incresemplificazione burocratico-ammimento delle malattie degenerative e
nistrativa e moltiplicando l’accessiirreversibili.
bilità multimediale; la tutela e la Gianni Martinelli
«Ai tempi difficili - spiega il
cura delle persone più deboli, favoresponsabile dell’Area Formazione della
rendo anche la loro integrazione nella vita
Fondazione, Gianbattista Martinelli quotidiana; la diffusione delle cure palliative
bisogna rispondere con il lavoro duro, al pese della terapia per alleviare il dolore; una
simismo ed alla sfiducia bisogna opporre
gestione più efficiente dei servizi sanitari,
l’ottimismo, l’incompetenza va contrastata
riducendo liste di attesa, anche attraverso la
con il talento e con una visione diversa del
predisposizione di “percorsi specifici” per la
nostro modo di lavorare. Invitiamoci e invidomiciliarietà.
tiamo tutti al coraggio che è sì quella virtù
L’offerta complessiva del Piano di Forumana che ci rende forti nei pericoli e sereni
mazione Continua della Fondazione Don
di fronte ai rischi, ma è anche, secondo l’etiGnocchi per il 2013 nasce dalla necessità,
mologia latina della parola che la fa derivare
opportunità e volontà di coniugare, nel
da cuore, qualcosa di più, quel qualcosa
fabbisogno formativo interno, il manteniappunto che viene dal cuore, il luogo delle
mento e consolidamento delle competennostre emozioni, le uniche che ci danno lo
ze fondamentali per lo svolgimento delle
slancio per credere, nonostante tutto, e per
attività core della Fondazione, l’acquisiziotrasformare i sogni in realtà».
ne di tecniche specialistiche innovative
orientate anche alle nuove
tipologie di utenza, il miglioramento dell’agire relazionale e comunicativo nei confronti del cittadino/paziente, e gli orientamenti per la
salute definiti dalle macro
tendenze di sistema, oltre
che dalla programmazione a
livello nazionale.
lavoratori, sul pronto soccorso, prevenzione incendi e sicurezza alimentare (69 proposte).
Tra gli obiettivi,
lo sviluppo di competenze
distintive con percorsi
a supporto delle strategie
di efficacia e appropriatezza.
Oltre 130 appuntamenti
con crediti Ecm
Curare, prendersi cura e farsi carico
Il Piano di Formazione 2013 della Fondazione Don Gnocchi si compone complessivamente di 190 eventi, di cui 132
accreditati al sistema Ecm nazionale e 58
non accreditati. Di questi, 16 sono stati
definiti di significativa rilevanza scientifica.
Questi i principali obiettivi:
● manutenzione di competenze tecniche
tradizionali e specifiche di ciascuna professione o attività specialistica per l’assistenza,
la cura e la riabilitazione dei pazienti fragili
presi in carico dalla Fondazione Don
Gnocchi: disabili di ogni ordine e grado,
anziani, malati terminali, pazienti in stato
vegetativo (80 proposte);
● sviluppo delle competenze distintivecon
percorsi attinenti ad un “nuovo saper fare”,
verso la complessità, a supporto delle strategie di efficacia e di appropriatezza(15 proposte);
● sviluppo della cultura della sostenibilità
e dell’efficienza organizzativa (15 proposte);
● promozione nei processi di cura, del
prendersi cura, del farsi carico del valore
della relazione e della
dimensione antropologica,
quali paradigmi autentici di
ogni azione educativa, riabilitativa e assistenziale, anche
nella prospettiva del pensiero del Beato don Gnocchi
(11 proposte);
● adempimento della normativa sulla sicurezza dei
Il target è multiprofessionale
Le modalità didattiche sono di natura
fortemente interattiva. Quasi la totalità
degli eventi è realizzato in aule composte da
un numero di partecipanti non superiore
alle 30 persone. Le aule sono costituite da
target multiprofessionale, adatte pertanto
a favorire lo scambio di conoscenze e competenze fra partecipanti. Sono previsti
anche percorsi in modalità cosiddetta blended, ovvero proposte che ad un momento di
formazione, informazione e condivisione
di strumenti metodologici in aula, affiancano percorsi di addestramento sul campo,
con risultati preziosi sia in termini di
apprendimento che in termini di ricadute
sullo sviluppo della persona e dell’organizzazione.
Qualificata è anche la progettazione di
eventi scientifici di rilievo nazionale (convegni) che, oltre a consolidare la presenza
della Fondazione nelle reti e nella comunità
scientifica, ne assicurano la visibilità e forniscono occasioni per la valorizzazione del
contributo professionale degli operatori.
A partire dal 2011 la Fondazione Don
Gnocchi ha ottenuto il riconoscimento dal
Ministero della Salute come Provider
Nazionale per l’Educazione Continua in
Medicina n° 532 (12 aprile 2011).
Tale riconoscimento ha permesso alla
Fondazione di comparire nel novero dei
Provider Nazionali e a promuovere formazione accreditata al sistema ECM e di qualità su tutto il territorio nazionale. Nel corso
del triennio 2011-2013 ogni operatore sanitario deve acquisire 150 crediti formativi.
«Investire in percorsi formativi significa
investire nel capitale umano - aggiunge il
presidente della Fondazione, monsignor
Angelo Bazzari - perchè istruzione, formazione e conoscenza possano contribuire in
modo incisivo allo sviluppo e al progresso dei
vari ambiti di azione. Una sfida che gli operatori della Fondazione affrontano quotidianamente sul campo, nello sforzo - grazie
anche alle proposte formative di cui sono
destinatari - di garantire percorsi di crescita
organizzativa sia in ambito clinico che assistenziale, a tutela della dignità e della qualità
di vita del paziente-persona. L’aggiornamento costante degli operatori, a qualsiasi livello,
è per la “Don Gnocchi” strumento preferenziale per realizzare quella sintesi tra “scienza,
umana solidarietà e carità soprannaturale”,
indispensabile nell’operare quotidiano a
sostegno della fragilità».
Etica, sicurezza dei lavoratori,
solidarietà internazionale, ICFe volontariato
■ LA RIFLESSIONE ETICO-ANTROPOLOGICA mette conto
di valutare, dentro i cambiamenti organizzativi
anche Fondazione, le mutazioni radicali di scenario
socioculturale e istituzionale che attraversano
sanità, riabilitazione e assistenza.
Si tratta di disaminare, in quest’area della formazione, non tanto i profili tecnico-professionali quanto
l’orizzonte interpretativo del proprio agire (passando dalla logica anche formativa del facere, a
quella dell’agere) nelle transizioni proprie di ogni
grande cambiamento socioculturale. L’area di
intervento della Fondazione raggiunge ormai l’arco esistenziale della vita: dai bambini agli adolescenti, agli adulti agli anziani. Risuona il profilo di
una promessa, di un pegno e di un impegno nato
dalle parole di don Gnocchi e riassunte oggi nello
slogan: Accanto alla vita sempre. Il “sempre” dice
prossimità curativa, riabilitativa, anche e soprattutto a fronte di malattie croniche, degenerative,
irreversibili, terminali: il coraggio di curare, anche
quando non si può più guarire; è anche questa una
forma di “Restaurazione della persona umana”, in
una rinnovata “Pedagogia del dolore innocente”.
Mario Mozzanica
vice presidente Comitato Etico
■ IN ITALIA, COME SPESSO CAPITA, certi temi sono etichettati come burocrazia, o come obbligo normativo e la formazione in ambito di sicurezza dei lavoratori non fa eccezione. In realtà lo scopo e l’utilità
di questa attività è proprio quello di essere “formazione”, cioè di far emergere una forma; e questa forma è l’espressione innanzitutto di valori che stanno
alla base del lavoro umanoe dei quali non possono
non far parte il benessere e la salute di chi lavora. La
Fondazione Don Gnocchi ha voluto esprimere
esattamente questi valori attraverso la modalità
particolare con la quale ha deciso di avviare il corposo programma di corsi con a tema la sicurezza
dei lavoratori. L’adempimento della normativa,
che pure è l’occasione e la condizione vincolante di
questo pacchetto formativo non diventa quindi un
ossequio pesante alla burocrazia, ma una risorsa
umana e aziendale unica e originale.
Gianluca Avanzi
Direttore Qualità, Accreditamento, Sicurezza, Privacy
Mario Mozzanica
Gianluca Avanzi
Federico Marcon
Gianfranco Bedin
mazione, al fine di garantire la sostenibilità dell’intervento a medio-lungo termine ed il consolidamento delle competenze tecniche e gestionali del
contesto locale. La formazione avviene attraverso
la presenza in loco di operatori della Fondazione in
missioni brevi o di professionisti del settore per
periodi più lunghi, opportunamente selezionati e
formati, e si completa attraverso forme di consulenza, monitoraggio e follow-up a distanza, affiancate da programmi di formazione svolti in Italia per
il personale proveniente dai paesi in via di sviluppo.
Federico Marcon
Direttore Area Solidarietà Internazionale
■ LA CLASSIFICAZIONE ICF (International Classification of Functioning, disability and health) approvata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel
2001, è prevista come strumento di classificazione
della disabilità dal Piano Sanitario Riabilitativo
Nazionale e dalla legge quadro del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. La Fondazione Don Gnocchi ha partecipato, con diversi suoi
collaboratori, alla traduzione della versione italiana del sistema di classificazione del 2001 e alla
costruzione di alcuni protocolli standardizzati a
livello internazionale.Sta completando la standardizzazione del protocollo clinico per la classificazione della schizofreniacon il metodo ICF e partecipa a progetti per il trattamento domiciliare di
pazienti con ictus, il monitoraggio di persone
anziane e fragili, il monitoraggio a distanza di persone con cardiopatie, la costruzione di ambienti
domotizzati per persone con disabilità. Sul versante strettamente formativo, ha realizzato un corso
base per la formazione a distanza, ed eroga formazione agli operatori dei servizi di Neuropsichiatria
Infantile di alcune ASL italiane, con interventi mirati sugli insegnanti di sostegno.
Angelo Gianfranco Bedin
Responsabile Servizio Progetti di Sviluppo
■ LA FONDAZIONE HA AVVIATO e continua con rinnovato impegno a porre attenzione ed energie a percorsi formativi mirati ad accrescere le competenze
dei propri volontari. Avere volontari preparati è un
investimento per il futuro e investire in formazione
Lino Lacagnina
diventa quindi una priorità. Il percorso formativo
■ UNULTERIOREAMBITOD’INTERVENTO che sviluppa attività di for- intrapreso prevede corsi base per i nuovi volontari e moduli di
mazione nel contesto internazionale è costituito dai Progetti approfondimento e aggiornamento peri volontari già presendi Cooperazione Internazionale allo Sviluppo coordinati dal- ti in Fondazione che comportano varie sessioni di lavoro dedil’Area Solidarietà Internazionale. I progetti, che vertono sugli cate a contenuti specifici: riflessioni sugli aspetti motivazioassi di intervento tradizionali della Fondazione, sono accomu- nali, sul valore dell’ascolto e della comunicazione, importanza
nati dalla specifica attenzione all’ambito riabilitativo nella sua delle relazioni, approfondimenti sul tema della disabilità, delaccezione più integrale di cura e attenzione alla persona e alla la sofferenza e sul mondo del volontariato italiano ed europeo
promozione dei diritti delle persone disabili. Nella program- fino all’acquisizione di competenze “tecniche” specifiche.
Lino Lacagnina
mazione e nello sviluppo delle attività di cooperazione è
necessario un particolare investimento verso le attività di forResponsabile Progetto Volontari
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
48
Attività
ANNIVERSARIO. In vent’anni 650 educatori
«Io, educatrice laureanda,
vi racconto i tre anni al Don Gnocchi»
■ I PRIMI CORSI FURONO avviati nel lontano 1992. Poi, nel 2001, la trasformazione in laurea triennale. In vent’anni, la Fondazione Don Gnocchi ha formato
oltre 650 educatori professionali. Un cammino lungo e significativo, un
anniversario ricordato nei mesi scorsi a Milano, alla presenza di numerosi ex
allievi diplomati e laureati, docenti, tutor e operatori. Nell’occasione, è
stato presentato il Quaderno curato da Elena Morselli, responsabile del
Servizio Socioeducativo del Centro “S. Maria Nascente” di Milano, dedicato alla figura dell’educatore professionale in Fondazione.
MISSIONE UOMO
50
■ MI È DIFFICILE RACCONTARE in quindici
minuti tre anni di un percorso così intenso.
Non è facile, raccontarli significa rendermi
conto fino in fondo che per me si chiude un
cerchio, realizzare che questa esperienza è
giunta definitivamente al termine.
Questi tre anni per me, e non solo, hanno
rappresentato una costante crescita e rivoluzione. Tre anni di dubbi, di fatiche e di ansie.
Tre anni in cui la maggior parte del mio tempo è trascorso fra le mura della Fondazione
Don Gnocchi, dove ho trovato qualcosa che
nonostante alcune notti insonni è valso la
pena di vivere.
Ho trovato compagni impareggiabili,
professionisti disponibili pronti a donarsi e
donarci il loro sapere con entusiasmo, una
segretaria che ha risposto anche duecento
volte alla stessa domanda, sempre con un
sorriso sulle labbra, anche se interpellata per
ogni minimo timore anche sciocco...
Fare questo corso di laurea, in questo
posto, è significato vedere dei professori
anche più volte al giorno e sapere di essere
riconosciuti in volto e non identificati come
un numero. Essere immersi in una realtà
operativa, che già per la sua struttura rende
l’idea di quale sarà il nostro lavoro; una
struttura che insegna fin dai primi giorni la
differenza di questo corso di laurea rispetto a
tanti altri. Dà l’idea dell’importanza delle
molte ore di tirocinio richieste e soprattutto
ogni giorno ti ricorda che il tuo lavoro è fatto
di volti, di mani, di sguardi... di persone.
Ovviamente non dico che è stato tutto
La testimonianza
di una studentessa:
«Tra le mura
della Fondazione
ho capito che il lavoro
è fatto di volti, mani,
sguardi e persone»
di Francesca Aurilio
laureanda in Educazione Professionale
bello e tutto una passeggiata, è stato faticoso
e tanto. Il carico di lavoro richiesto è sostanzioso e soprattutto mettersi costantemente
in gioco significa rivoluzionarsi, di continuo,
essere aperti al cambiamento, a ogni tipo di
variabile, ma questa è l’essenza dell’educatore professionale, e se è quello che davvero
volete fare nella vita questo è un ottimo punto di partenza, un ottimo nido dove imparare a spiccare il volo.
Sono state tante le mattine dove, guardandoci in faccia fra compagni, la frase ricorrente era “Non ce la faccio!”, soprattutto fra
chi nel frattempo non poteva fare a meno di
lavorare; tante le volte in cui sentendoci in
orario extra scolastico deliravamo per la
paura di non riuscire a sostenere gli esami o
stare dietro al tirocinio e altrettante le lacrime
versate in periodi particolarmente difficili,
ma ora rivedo tutto ciò con un sorriso e tanta
soddisfazione. Rivedo la bellezza del sostenerci a vicenda, del mangiare il panettone
insieme per Natale o del fare una torta a turno per condividere le pause pranzo. Rivedo
questi tre anni e li considero una delle esperienze più significative della mia vita.
Rivedo me stessa al primo anno, desiderosa di sapere, un po’ rigida e molto controllata, preoccupata di non fare brutta figura e
non dire delle cose fuori posto o banali.
Dall’osservazione
alla relazione educativa
L’obiettivo del primo anno di corso è l’osservazione e io ero abile in questo, ero capace di guardarmi intorno, di analizzare gli
eventi e comprendere come posizionarmi,
ma solo adesso mi rendo conto davvero di
cosa voglia dire questa parola. Osservare
significa anche essere visti, essere disposti a
farsi scrutare dall’altro. Significa andare in
trincea, significa mettersi in gioco. Mi
accorgo ora di quanto inconsapevolmente
mi rifugiassi dietro al mio ruolo non permettendo mai agli altri di vedermi davvero.
Nel gruppo di formazione cercavo di non
lasciar mai troppo spazio alle mie fragilità,
facendo prevalere il pensiero logico e mettendo a tacere la mia sensibilità. Provavo a
farlo, ma risultava difficile...
Sono arrivata al secondo anno il cui
obiettivo è la relazione educativa. Quell’anno è stato fondamentale e faticoso, contrassegnato da una grande stanchezza e da gran-
di rivoluzioni
interne. Il tirocinio in una comunità per minori, in quel momento, è stato decisivo. In un primo periodo cercai di essere
molto razionale, ma risultavo fredda e i bambini cercavano in ogni modo di coinvolgermi
sul piano affettivo. Iniziai a temere di farmi
trasportare troppo e i miei sogni erano popolati dai piccoli uomini che incontravo durante la giornata. Con il passare del tempo imparai a concedermi e a vivere quelle relazioni
comprendendo la differenza fra le relazioni
in genere e quelle professionali.
È stato difficile. È stato faticoso scegliere
la strada da intraprendere e percorrerla con
determinazione, è stato faticoso scegliere di
cambiare di nuovo, di adattarmi, di non cercare di essere sempre impeccabile, di concedermi di sbagliare e non continuare a difendermi. Per fare questo, il gruppo di formazione è stato una grande risorsa.
Provai a sperimentarmi con i miei compagni, provai ad accettare le loro critiche
senza mettermi sulla difensiva, provai a
sciogliere le mie rigidità mostrandomi per
quello che sono, ahimè, umana e imperfetta. Il gruppo però si era allargato e questo
per me rappresentava un’ulteriore difficoltà. Cercai di superare tutti questi scogli e a
fine anno e fine tirocinio ero orgogliosa dei
risultati raggiunti.
I feedback della mia tutor di tirocinio e i
confronti che abbiamo avuto mi sono stati
molto utili e in quei momenti ho ringraziato
per la sua forte presenza come guida.
51
Oggi sono orgogliosa
del percorso intrapreso
Arrivati all’inizio del terzo anno sentii che qualcosa era davvero cambiato.
Tutti gli sforzi fatti i primi due anni erano serviti a farmi crescere molto, sia personalmente che professionalmente.
Avevo un grande entusiasmo e una grande voglia di mettermi ancora in gioco, di
misurarmi con qualcosa di difficile e
impegnativo. Così mi sono ritrovata a fare
un colloquio per il tirocinio del terzo anno, il
cui obiettivo è la progettazione.
Direi che l’ultimo tirocinio al CPS di
zona 4 è stato quello più ricco e sono soddisfatta di avere chiuso “in bellezza”. Ho trovato un ambiente dove proseguire nella strada che da sola avevo deciso per me stessa. Un
posto dove mettermi in gioco al mille percento, con ciò che rimaneva delle mie paure
e i miei restanti mille interrogativi. Un luogo
dove definire la professionista che vorrei
essere, dove decidere come davvero vorrei
fare l’educatrice.
Adesso che il mio percorso formativo è
finito guardo con nostalgia a questi tre anni,
credo di avere ancora molto da imparare, ma
grazie a tutta la strada che ho percorso e ai
miei compagni di viaggio mi sentirò molto
più sicura e determinata. Vorrei ringraziarli
uno per uno, perché da ognuno di loro ho
imparato qualcosa e di tutti porto a casa un
ricordo. Ho condiviso gli ultimi tre anni con
persone che stimo, a cui voglio bene.
Adesso è strano pensare che non riprenderemo le lezioni e quindi non sposteremo la
nostra residenza al Don Gnocchi. Insomma,
si cresce e si va avanti, ma sono orgogliosa del
percorso che ho intrapreso tre anni fa e ho
portato a termine.
Conserverò sempre un prezioso ricordo
di questo tempo passato e so che ogni volta
che mi ritroverò a guardarlo mi porterà un
sorriso.
ANNO ACCADEMICO 2012/13
Sette corsi di laurea in convenzione con l’Università degli Studi
Corsi di laurea in
Infermieristica
Educazione Professionale
Fisioterapia
Terapia Occupazionale
Tecniche di Neurofisiopatologia
Logopedia **
Terapia della Neuropsicomotricità dell’Età Evolutiva
Totale
Un momento dell’incontro che ha ricordato i vent’anni dei corsi per educatori professionali in Fondazione Don Gnocchi,
con la testimonianza di don Gino Rigoldi, cappellano al “Beccaria” e presidente dell’Associazione Comunità Nuova
1° anno
53
48
28
22
10
21
27
2° anno
28
46
26
22
08
20
24
3°anno
25
38
12
16
09
21
Totale
106
132
66
60
27
41
72
laureati fino al 2012 *
190
203
242
158
78
28
209
174
121
504
899
* dall’avvio del primo Corso di Laurea (Fisioterapia) nell’anno accademico 2000-2001
** corso di laurea attivo dall’anno accademico 2011-2012.
MISSIONE UOMO
FORMAZIONE
Attività
SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE
MISSIONE UOMO
Un aiuto alle popolazioni
della “primavera araba”
■ Durante il 2011 l’Africa del Nord è stata
attraversata da proteste e agitazioni, passate alla cronaca con il nome di “Primavera
araba”, che hanno generato radicali cambiamenti politici e sociali nei Paesi coinvolti. La Tunisia è stata l’epicentro delle prime
sommosse che, come un effetto domino, si
sono in seguito diffuse velocemente in Egitto, Libia e in alcune nazioni limitrofe.
La Libia è stata il Paese più colpito e l’insurrezione popolare si è trasformata in
pochi mesi in una guerra civile che ha avuto
conseguenze tragiche per la popolazione.
Circa 900 mila persone sono fuggite dal
Paese e hanno cercato asilo nelle nazioni
vicine: di questi, la maggior parte si è rifugiata in Tunisia, che ha offerto accoglienza e
assistenza alla popolazione profuga in uno
sforzo di solidarietà e vicinanza davvero
commovente.
A quasi due anni dallo scoppio delle
prime rivolte, la situazione in Libia resta
ancora critica. La sicurezza dei cittadini è
costantemente minacciata dalla presenza
di mine antiuomo e dalla diffusione di
armi leggere, con il sistema sanitario quasi
del tutto assente. Il Paese non è inoltre
provvisto di strutture adeguate per la
riabilitazione e l’inserimento sociale e
lavorativo dei mutilati di guerra e, ancora
oggi, molti libici si trovano in Tunisia per
Al via un progetto
a sostegno di persone
libiche e tunisine
che hanno subito
ferite e mutilazioni
nelle violente sommosse
degli ultimi anni
di Paolo Massaro
ottenere cura e assistenza socio-sanitaria.
Secondo le stime fornite dalla Camera di
Commercio tunisino-libica e da varie istituzioni tunisine, la presenza di rifugiati libici
oggi ammonta a circa 50 mila persone, disseminate su tutto il territorio nazionale.
L’appello del ministero
alla Fondazione Don Gnocchi
A causa dell’alto numero di rifugiati vittime della guerra libica e la presenza di
numerose persone che hanno subito mutilazioni a seguito della rivoluzione tunisina,
il ministero degli Affari Esteri, attraverso la
propria Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo, ha stimolato la Fon-
dazione Don Gnocchi per un ingaggio su
una iniziativa in Tunisia a favore di persone
libiche e tunisine che abbiano subito mutilazioni in conseguenza degli eventi bellici.
Le persone con disabilità sono prese in
carico dallo Stato attraverso differenti programmi di sviluppo economico e sociale e
grazie alla collaborazione di cinque grandi
associazioni nazionali, che gestiscono 270
Centri di educazione specializzata.
Nonostante gli sforzi dello Stato, educazione e formazione di alta qualità non sempre sono garantite e il tasso di analfabetismo
dei ragazzi disabili è circa il doppio rispetto
ai loro coetanei non disabili.
Nonostante esista un sistema organizzativo capillare e avanzato di formazione professionale specifica per persone disabili,
difficilmente le esigenze del mercato del
lavoro sono soddisfatte con la naturale conseguenza che al termine dei percorsi formativi solo poche persone riescono a trovare
lavoro. Ciò è determinato dal fatto che non
esistono canali di raccordo strutturati tra il
mondo della formazione professionale e il
mondo delle imprese, con l’ovvia conseguenza che le professionalità uscite dai corsi non rispondono ai profili ricercati dal settore privato.
Per cercare di colmare, almeno in parte,
questo gap, la Fondazione Don Gnocchi
realizzerà il progetto “ED. in-place (Education - Inclusion - Placement)” con l’obiettivo di contribuire alla creazione di
opportunità di integrazione sociale e lavorativa di giovani libici e tunisini con disabilità acquisita a seguito degli eventi bellici.
Il progetto intende rafforzare il sistema
di vocational traininge lanciare un innovativo sistema di job placement per persone disabili, che sia in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro.
In quest’ottica sono stati coinvolti sia il
mondo delle aziende, attraverso un partenariato con Conect - una delle due confederazioni d’impresa tunisine, che aggrega
aziende della new economy -, che i principali enti e istituzioni che si occupano di
disabilità nel Paese, tra cui l’Istituto Superiore di Educazione Speciale del ministero degli Affari Sociali e del ministero dell’Università e della Ricerca, con l’obiettivo di migliorare le competenze del personale addetto alla formazione e, contemporaneamente, l’attitudine delle imprese
e della società civile verso il tema dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità.
Il coinvolgimento di aziende e organizzazioni tunisine, ottenuto in fase di progettazione, ha permesso la pianificazione
di importanti risultati. Saranno definiti
percorsi formativi per facilitare l’incontro
tra domanda ed offerta di lavoro e verrà
sostenuta la formazione di formatori preparati da un punto di vista tecnico-metodologico, per approcciare pedagogicamente le persone disabili che hanno subito
il trauma della guerra.
Inoltre verrà creato un primo progetto
pilota di erogazione della formazione ad
un gruppo target selezionato e saranno
53
MISSIONE UOMO
ECUADOR . Potenziati i servizi all’Istituto “Nuevos Pasos”
52
■ NUOVA , IMPORTANTE COLLABORAZIONE nell’ambito del programma di cooperazione tra la Fondazione Don
Gnocchi Ong e l'Istituto di Educazione Speciale "Nuevos Pasos" a San Lorenzo (Ecuador). La Fondazione Aiutare i Bambini ha approvato un progetto mirato a porre l'attenzione alle persone con disabilità particolari e
multiple nel cantone di San Lorenzo. Con questo progetto sarà potenziata l'area riabilitativa dell'Istituto
(nella foto) e verrà introdotta la professionalità del logopedista, che si prenderà cura di quei bambini che
presentano necessità di riabilitazione, rieducazione o prevenzione delle patologie della voce, del linguaggio
scritto e orale e della comunicazione in generale. Tutto ciò per tendere verso un miglioramento delle condizioni generali di vita del bambino disabile a San Lorenzo e la sua massima integrazione sociale nel tessuto della comunità locale, nonchè quella familiare e istituzionale.
SIERRA LEONE. Pronto Soccorso traumatologico a Makeni
■ AL VIA L’ATTIVITÀ DI PRONTO SOCCORSO TRAUMATOLOGICO all'Holy Spirit Hospital di Makeni (Sierra Leone). Tra i primi
pazienti, Ibrahim, investito da un’auto mentre attraversava la strada. Il medico e lo staff infermieristico dell’ospedale hanno subito stabilizzato la frattura, ma il paziente è stato poi trasferito all'ospedale di Goderich - gestito dall'Ogn italiana Emergency - alle porte della capitale Freetown, in quanto l'Holy Spirit (nella foto), benché dotato di
una sala operatoria attrezzata, sta ancora formando il personale medico specializzato. La Sierra Leone, secondo i
dati dell’Oms, è tra i paesi maggiormente colpiti dalla crisi delle risorse umane in sanità. I dati parlano chiaro: se la
soglia minima di personale qualificato (medici, infermieri e ostetriche) ogni 10mila persone é di 23, la Sierra Leone
si ferma a 2, ma se si contano solo i medici il numero scende a 0,2 ogni 10mila. L'apertura del pronto soccorso traumatologico è comunque un grande passo avantiper tutta la provincia del Nord: il progetto, finanziato dal ministero degli Affari Esteri italianoe svolto in collaborazione con l'associazione Rainbow for Africadi Torino, rappresenta il primo passo verso lo sviluppo di questo tipo di servizi ortopedici e riabilitativi nella regione.
realizzate azioni di informazione e sensibilizzazione rivolte alle istituzioni, alla società civile, al mondo delle imprese, alle organizzazioni di micro-credito e alle associazioni che si occupano di handicap in Tunisia e Libia.
Un modello di intervento
da replicare anche in Libia
Saranno inoltre promosse politiche di
Corporate Social Responsibility presso le
aziende, con l’obiettivo a lungo termine di
sistematizzare un modello di intervento
che possa essere replicato in Libia su un
programma di media-lunga durata, sempre in collaborazione con il ministero degli
Affari Esteri.
Il progetto ha inizio nel mese di marzo e
avrà la durata di un anno. Oltre che con le
istituzioni locali, sarà svolto in partenariato con l’Università di Modena e Reggio
Emilia e la società di formazione Conform,
da anni operante in Tunisia nel campo della formazione aziendale.
I risultati che si vogliono raggiungere
sono certamente ambiziosi, le potenzialità
evidenti e le sfide intense, ma l’approccio
globale alla riabilitazione integrata - e non
esclusivamente nei suoi aspetti clinici - che
caratterizza da sempre le attività di cooperazione internazionale della Fondazione
Don Gnocchi è la migliore premessa per
un’efficace risposta ai bisogni di quelle
popolazioni.
Attività
EDITORIA. “Touch”, immagini della Don Gnocchi nel mondo
MISSIONE UOMO
54
Dalla Bosnia all’Italia:
l’esperienza di Ivana
■ IVANA ZOVKO è fisioterapista e terapista
occupazionale del Centro di riabilitazione
per bambini disabili “Marija Nasa
Nada”di Siroki Brijeg, avviato nel 2004
dalla Fondazione Don Gnocchi nel contesto di graduale ripristino e ampliamento di
una rete di servizi sociali e sanitari in
Bosnia-Erzegovina.
Beneficiando di una borsa di studio cofinanziata dalla Compagnia San Paolo,
Ivana ha seguito a Zagabria, in Croazia, un
corso di specializzazione sul Metodo
Bobath e svolto il conseguente tirocinio
pratico al Centro “Ronzoni Villa - Don
Gnocchi” di Seregno (Mb), coordinato
dalla dottoressa Patrizia Spelta, responsabile medico del Reparto di Riabilitazione di
Mantenimento e del Servizio di neuropsichiatria infantile del Centro stesso.
Ivana ha potuto così sperimentare sul
campo le metodiche riabilitative apprese e
perfezionare il bagaglio di conoscenze da
trasferire oltre confine.
Il Centro di Siroki Brijeg risponde a un
concreto bisogno di servizi alla persona in
ambito sociale, sanitario e riabilitativo per
quella fascia di popolazione in età evolutiva affetta da disabilità fisica e cognitiva:
come si inserisce nel contesto territoriale
di riferimento?
Il Centro è divenuto ormai un punto di
■ UN INVENTARIO DI UMANITÀ SOFFERENTE e insieme un
catalogo di solidarietà senza confini e senza età,
vademecum di speranza e colonna sonora dell’imperativo “accanto alla vita, sempre e ovunque”.
Questa la carta d’identità del volume “Touch”,
carrellata fotografica dai principali progetti di
solidarietà internazionale promossi dalla Fondazione Don Gnocchi (dal 2001 riconosciuta Ong) nei
Paesi in via di Sviluppo. Le immagini - opera di
Simone Fogo - sono state realizzate al Centro di
Riabilitazione per bambini disabili “Marija Nasa
Nada” (Bosnia Erzegovina), all’Istituto di Educazione Speciale “Nuevos Pasos” (Ecuador), al Centro di Chirurgia Ortopedica Pediatrica e di Riabilitazione “S. Maria di Rilima” (Rwanda) e al Centro di Chirurgia Ricostruttiva e di Riabilitazione “Holy Spirit Hospital” (Sierra Leone).
Il volume può essere richiesto allo 02 40308938, oppure a [email protected].
Fisioterapista
al “Marija Nasa Nada”
ha seguito un corso
di specializzazione
e un periodo di tirocinio
al Centro di Seregno.
Ecco il suo racconto
riferimento consolidato per bambini con disabilità che lo frequentano e per le loro famiglie. Ha soddisfatto e risponde quotidianamente ai bisogni del territorio a tal punto che
oggi vi è la necessità di inserire nuovo personale qualificato per soddisfare le esigenze dell’utenza.
Il progetto prevede l’accompagnamento della Fondazione Don Gnocchi alla
gestione del Centro sia dal punto di vista
organizzativo-amministrativo che come
supervisione delle attività. Quali gli aspetti
peculiari di questa collaborazione?
Il Centro è stato avviato anche grazie alla
collaborazione di altri Enti, quali il Comune
di Siroki Brijeg, l’Associazione Medunarodno Kumstvo (partner locale), la Fondazione
Cariplo e l’Associazione “Mir i DobroItalia”.
Ma il ruolo della Fondazione Don Gnocchi è
stato determinante, in particolare nell’ambito della formazione del personale e della
supervisione delle attività.
Sono emerse particolari criticità legate
al contesto del Paese?
Le maggiori criticità sono legate alla difficoltà di reperire ausili specifici per supportare
la disabilità dei pazienti. Questa risulta essere una vera complicanza, se si pensa che l’aiuto di un ausilio garantirebbe una miglior qualità di vita ai piccoli bambini disabili che si
rivolgono a noi.
Inoltre, per quanto riguarda la patologia
autistica, il Centro non riesce ancora a rispondere ai bisogni del territorio; pur avendo personale altamente formato manca la qualifica
specifica per la gestione di bambini con questo tipo di patologia, che sono purtroppo
costretti a rivolgersi ad altri Centri lontani.
Oggi il Centro è una realtà significativa
e riconosciuta nel territorio…
Non sono mancate le difficoltà, specie
all’inizio, ma ora possiamo dire che il Centro
lavora a pieno ritmo, grazie all’aiuto della
Fondazione, in particolare della dottoressa
Giuliana Poggianti del Centro “Bignamini”
di Falconara Marittima e di Federico Marcon, responsabile dell’Area Solidarietà Internazionale. È fondamentale anche il lavoro
costante in loco del direttore del Centro dottor. Slobodan Karacic e della coordinatrice
dottoressa Krisitna Sesar.
Ivana Zovko (a sinistra), durante la sua permanenza in Italia. In alto e nell’altra pagina, immagini del Centro di Siroki Brijeg
Oltre ad una moderna struttura, concepita e gestita secondo i più qualificati standard strutturali, il Centro offre ai pazienti
qualità professionale e cure socio-sanitarie all’avanguardia. Ha notato differenze
nel modo di approcciarsi alla disabilità e
fragilità nei due Paesi?
Nei Centri della Fondazione don Gnocchi che si occupano di età evolutiva ho potuto
constatare l’incessante attenzione al paziente affrontata secondo un approccio globale
integrato, studiato in base alla specifica patologia del bambino preso in carico.
Non solo fisioterapia motoria, dunque,
ma anche riabilitazione respiratoria, stimolazione della comunicazione verbale e non,
sollecitazione degli aspetti relazionali e educativi affrontati da un’équipe multidisciplinare esperta, sempre pronta ad affrontare
ogni specifica condizione di fragilità.
Come giudica la sua esperienza in Italia?
È importante lavorare per un costante sviluppo dell’immagine e del posizionamento
del Centro di Siroki Brijeg all’interno delle
strategie nazionali di welfare.
L’esperienza del mio tirocinio pratico al
Centro di Seregno è stata in questo senso molto utile per apprezzare quanta strada abbiamo fatto rispetto agli inizi, ma quanta ancora
è necessario percorrere per offrire un servizio
sempre all’altezza delle aspettative dei nostri
utenti.
In vista del prossimo avvio di un progetto
specifico sulla presa in carico del bambino
autistico vorrei poter trasferire in Bosnia il
metodo Teacch (Treatment and Education of
Autistic and Communication Handicaped
Children), specifico per questa tipologia di
pazienti, applicato al Centro di Seregno.
Questa strategia è rivolta principalmente
alle figure educative che possono trasmettere
alla famiglia le modalità adeguate per ridurre
i problemi di comportamento dei piccoli
pazienti.
Inoltre ho potuto conoscere e sperimentare altri metodi nuovi e all’avanguardia, come
il “Metodo Terzi evoluto in metodo S.a.M.
(Sense and Mind)” e il “Feurstein” che applicano gli psicomotricisti.
Metodi utili da condividere con i miei colleghi per ampliare le nostre competenze tecniche e poter fornire ai bambini disabili un
servizio sempre più completo e integrato.
55
MISSIONE UOMO
SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE
Attività
L’ESPERIENZA DELLA “TEVA”
FUNDRAISING
57
Volontariato d’impresa,
il valore aggiunto della relazione
Lasciti testamentari,
scelta generosa e responsabile
■ NEL NOSTRO PAESE, nel corso degli ultimi anni, grazie anche a una maggiore iniziativa delle associazioni non profit rispetto al
tema dei lasciti testamentari e a una rinnovata sensibilità dei cittadini, è stato possibile rilevare un aumento di interesse e di
richieste di informazioni sulle successioni
da parte dei donatori. Evocare la parola
testamento scatena ancora oggi scaramanzie e reazioni che poco hanno a che fare con
la volontà di sistemare il proprio patrimonio (piccolo o grande che sia) prima che non
sia più possibile farlo.
In realtà, questo è l’unico strumento che
ci consente in vita e nel pieno possesso delle
nostre facoltà di decidere dei nostri beni in
modo che anche nel momento della nostra
scomparsa sia possibile organizzarli secondo
una nostra precisa volontà e non solo secondo quanto dice la legge.
Molto spesso, proponendo una riflessione sulla possibilità di scrivere le proprie
volontà all’interno di un testamento ci si sente rispondere: «Ma io non posseggo nulla...».
Redigere testamento non è solo un’opportunità per chi possiede vasti patrimoni:
anche chi dispone solo di un modesto conto
corrente bancario o di un minuscolo appartamento di proprietà - soprattutto laddove
non ci sono eredi - è opportuno decida a chi
lasciarli, piuttosto che lasciare che lo Stato se
Tante le richieste
di informazioni
sul delicato tema
delle successioni:
una guida e un sito
messi a disposizione
dalla Fondazione
di Stefano Malfatti
responsabile Servizio Fundraising
ne impossessi mancando una precisa destinazione preventivamente scritta.
Un’altra delle risposte comuni è: «Ma io
ho i miei figli…». Redigere testamento non
significa intaccare il patrimonio che spetta
agli eredi cosiddetti “legittimari”: significa,
però, avere la possibilità di destinare un contributo in denaro o una porzione di un bene
immobile anche per una buona causa, magari per quella stessa causa che si è provveduto
a sostenere durante tutta la vita e con contributi in denaro ripetuti nel tempo.
Gli eredi, in questi casi, sono spesso
orientati ad assecondare queste piccole
destinazioni, poichè significa ricordare i pro-
pri cari attraverso un gesto che sarà utile per
sempre ai destinatari di quell’opera.
Per iniziare ad approfondire alcuni di tutti questi aspetti e prima eventualmente di
recarsi da un notaio, la Fondazione Don
Gnocchi ha da tempo messo a punto una sintetica e semplice Guida ai lasciti testamentari che può chiarire in maniera semplice e
immediata alcuni dei dubbi che questo strumento spesso porta con sè.
La Guida può essere richiesta al Servizio
Raccolta Fondi della Fondazione Don
Gnocchi(02 40308902, oppure [email protected]), o può essere ritirata personalmente concordando un appuntamento per un approfondimento con l’ufficio
stesso.
Tale forma di testamento ha il vantaggio
di consentire a chi lo scrive la massima libertà, potendo menzionare nel testamento stesso le proprie scelte, le motivazioni, le sensazioni di quel momento e spesso gli apprezzamenti per l’operato della Fondazione Don
Gnocchi che si è scelta eventualmente come
beneficiaria.
In Italia queste forme di contribuito alle
cause sociali possono presentare un vantaggio per gli individui soprattutto in termini di
liquidità. Pianificare una donazione per il
futuro attraverso lasciti e polizze assicurative
significa, infatti, non diminuire il proprio
patrimonio in vita e conservarlo per il
momento in cui la successione si aprirà.
Questa motivazione, unitamente a quella
principale dell’adesione alla buona causa, è
infatti condivisa da un’ampia percentuale di
donatori interessati ai lasciti a favore di una
organizzazione non profit.
Sono infatti numerosi gli esempi nella storia della Fondazione in cui è stato possibile
realizzare progetti, aprire nuove attività,
ristrutturare ambienti ospedialieri o addirittura costruire nuovi reparti di degenza grazie
ai lasciti che sono arrivati in Fondazione
assecondando la sensibilità di tanti sostenitori che hanno voluto ricordare la Fondazione nei loro testamenti.
Quello dei lasciti testamentari sarà nel
prossimo futuro uno degli ambiti più rilevanti della raccolta fondi al quale le organizzazioni non profit possono accedere. Dai
risultati di un’autorevole ricerca economica
si legge che «il valore economico dei patrimoni potenzialmente oggetto di lasciti ad istituzioni di beneficenza nel periodo 2004-2020 si
può stimare in circa 105 miliardi di euro, con
riferimento all’intera Italia, di cui circa 23
miliardi relativi alla Lombardia».
Promuovere oggi il lascito testamentario
significa in prospettiva raggiungere due specifici e importanti obiettivi, uno a beneficio
dei cittadini e l’altro rivolto alle organizzazioni non profit e, nella fattispecie, alla Fondazione Don Gnocchi: per i cittadini avere a
disposizione uno strumento che consenta di
organizzare il proprio patrimonio anche per
il futuro, rispettando le dinamiche familiari
ma distribuendo con sensibilità anche parte
del patrimonio verso organizzazioni non
profit; per la Fondazione Don Gnocchi
garantirsi una sostenibilità di medio lungo
periodo per alcune delle sue attività o per le
costanti necessità di sviluppo e di ammodernamento, offrendo quella garanzia di impegno che gli oltre sessant’anni di storia “accanto alla vita, sempre” hanno permesso di assicurare agli affezionati sostenitori.
■ UN FOLTO GRUPPO DI DIPENDENTI “TEVA” - azienda farmaceutica leader in ambito internazionale - ha aderito alla giornata di volontariatoorganizzata in uno dei
Centri “Don Gnocchi” dedicati alla cura e all'assistenza dell'anziano, nell’ambito delle iniziative che l’azienda ha promosso a supporto di diversi progetti di
sostenibilità sociale ed ecologica. «Siamo soddisfatti della grande adesione all’iniziativa da parte dei
dipendenti - ha spiegato in proposito Giorgio Foresti,
amministratore delegato di “Teva Italia” - perché ciò
dimostra sensibilità e desiderio di partecipazione
corale ai progetti proposti e rivolti agli altri».
Un’istantanea e quasi inaspettata alchimia si è
instaurata sin da subito tra i volontari e gli anziani
ospiti, i veri e propri padroni di casa e protagonisti
dell’iniziativa, che hanno accolto con entusiasmo i
nuovi compagni di avventura così capaci di entrare
subito in empatia con loro. È questa infatti l’imprescindibile prerogativa richiesta ai volontari: riuscire
ad aprirsi all’altro, superando qualsiasi pregiudizio,
per creare una relazionein cui si è pronti a dare senza
aspettarsi di ricevere nulla in cambio.
L’esperienza dell’azienda “Teva” è uno dei tanti
esempi di quello che viene comunemente definito
volontariato d'impresa, una delle modalità con le
quali le aziende scelgono di impegnarsi socialmente
mettendo a disposizione una delle risorse più
importanti: il “capitale umano” e cioè le competenze dei propri collaboratori.
Solitamente si tratta di una prima forma di approccio con cui le imprese entrano in contatto con il
mondo non profit, a partire dal quale si cerca poi di
costruire legami più strutturati e continuativi. In
questo tipo di iniziative svolge un ruolo importante
il Servizio Fundraising che si pone come promotore
e facilitatore dell’incontro tra la propria organizzazione e il mondo profit, favorisce l’avvio di un dialogo tra realtà che per natura hanno caratteristiche
molto diverse, costruisce relazioni di senso affinché
il terreno delle opportunità e della crescita reciproca possa essere sempre fertile e fruttuoso.
Attraverso il volontariato d’impresa la Fondazione
Don Gnocchi, oltre a ricevere un aiuto concreto nel
lavoro quotidiano, ricerca nuovi spazi di visibilità e
promuove una maggiore conoscenza delle proprie
attività. Non è da sottovalutare il ruolo educativo
che svolge nel favorire la diffusione della sensibilità
tra la comunità verso la cura e la presa in carico delle
persone più fragili.
Fondamentale è quindi la capacità di interagire con
le imprese che desiderano offrire ai propri dipendenti l’opportunità di dedicarsi agli altri per un giorno, accogliendo i volontari e accompagnandoli in
questa esperienza che, seppur breve, deve consentire di coglierne il significato più profondo.
D’altra parte il fattore imprescindibile, che entra fortemente in gioco e che crea un collegamento tra le
organizzazioni non profit e le aziende è la dinamica
relazionale, a tutti i livelli.
I maggiori benefici per le aziende, infatti, si misurano
proprio nello sviluppo del capitale emozionale e del
patrimonio di relazioni: miglioramento del clima
aziendale, diffusione tra il personale di un maggiore
senso di appartenenza all'azienda, della motivazione e della propensione al lavoro di squadra. Le
potenzialità di una partnership tra profit e non profit - che pone le basi su questa tipologia di esperienza - sono parecchie. Il valore aggiuntoè rappresentato dal fatto che l’azienda entra in contatto diretto,
attraverso i suoi dipendenti, con la realtà che ha
deciso di sostenere. Dal coinvolgimento, dalla conoscenza e da una maggiore consapevolezza delle
diversità e fragilità possono scaturire ulteriori iniziative di sensibilizzazione e raccolta fondi, oltre allo
sviluppo di un'azione continuativa di volontariato.
In qualsiasi ambito o settore, laddove le risorse sono
limitate e le difficoltà causano scoraggiamento e sfiducia, si può iniziare a riscoprire la ricchezza di una
dimensione più umana, quella della relazione, che
interviene come “agente moltiplicatore” di impegno sociale, cultura della solidarietà e diffusione del
benessere. E in quest’ottica le realtà del terzo settore possono rappresentare sicuramente una un’enorme risorsa per quelle aziende che decidono di promuovere un nuovo modo di fare impresa in Italia.
Roberta Magliacano
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
56
donGnocchi
IL MINISTRO
RICORDI
MISSIONE UOMO
Migliaia al santuario e al museo
per rendere omaggio a don Carlo
■ «REVERENDISSIMOPADRERETTORE, non so
se ella già sappia che sono fermo a causa di un
incidente stradale. Ho una spalla lussata e un
ginocchio contuso. Dovrò stare con l’ingessatura a mezzo busto almeno per una ventina di
giorni. Chi ha fretta, vada adagio! Mi duole
dover sospendere la mia attività all’Università in questo finale dell’anno accademico, ma
sono certo che ella mi crederà se le dico che
non l’ho fatto apposta…» (lettera di don
Carlo al rettore dell’Università Cattolica
del Sacro Cuore, padre Agostino Gemelli Milano, 15 giugno 1947).
«Caro don Gnocchi, mi duole sentire l’incidente che ella ha avuto, ma non mi meraviglia. Ella si ricorderà la predica che le ho fatto:
tutte le volte che incontravo una “Vespa” pensavo a lei e ai pericoli che ella correva.
Comunque non appena ella si sarà rimesso,
Non si arresta
il flusso di fedeli
e semplici cittadini
nei luoghi riservati
alla preghiera
e alla memoria.
Possibili visite guidate
di Danilo Carena
attendo di vederla. Affettuosi saluti e
auguri» (risposta di padre Gemelli a don
Carlo).
L’inedito e significativo scambio episto-
lare tra don Gnocchi e padre Gemelli ha
simpaticamente caratterizzato - tra altre
originali letture, che hanno di volta in volta
richiamato oggetti o momenti caratteristici
della vita di don Carlo - l’inaugurazione del
museo dedicato al “papà dei mutilatini”,
cerimonia che ha visto presenti anche l’allora ministro per i Beni e le Attività Culturali,
Lorenzo Ornaghi, e il presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici
Internazionali, monsignor Piero Marini,
insieme a rappresentanti dell’Amministrazione comunale e provinciale di Milano e
dell’Associazione Nazionale Alpini. L’iniziativa, a tre anni dalla beatificazione del
“papà dei mutilatini”, ha rappresentato il
momento clou delle celebrazioni per i 110
anni della nascita di don Carlo.
Il museo - realizzato con il generoso con-
A sinistra, il taglio del nastro del museo, alla presenza
del ministro Lorenzo Ornaghi e di monsignor Piero Marini
e - in basso - uno scorcio della cerimonia svoltasi al santuario.
Sopra, la vetrinetta dedicata agli oggetti del cappellano
alpino don Gnocchi e - sotto - la sua fiammante Fiat Topolino
tributo della Fondazione Cariplo- è allestito
nell’ex cappella del Centro IRCCS “S.
Maria Nascente” di Milano, dove lo stesso
don Carlo chiese di essere sepolto e dove le
sue spoglie sono rimaste dal 1960 (anno d’inaugurazione del Centro) fino al novembre
del 2010, con la definitiva traslazione dell’urna nella nuova chiesa realizzata dalla Fondazione, da poco eretta a santuario diocesano.
Lungo le pareti del museo sono collocate alcune grandi vetrine, in ciascuna delle
quali sono esposti oggetti riferiti a un particolare momento o a un determinato aspetto
della vita del beato. Ecco allora la vetrina
con gli oggetti della vita quotidiana: la scrivania, un ritratto giovanile, la sveglia, la
macchina per scrivere, l’agendina telefonica, l’orologio, il diploma liceale e alcuni
indumenti e la macchina fotografica...
«Carissimo Mario, ti scrivo oggi, perché
riprendendo domani le marce sarò nell'impossibilità di farlo per un po' di giorni. Anzitutto eccoti la mia foto con barba. Non ci credere però troppo alla lettera (salvo il pizzo e la
divisa): mi fa troppo magro e per verità non
sono così, ma a Scùtari questo è il più alto prodotto dell'industria fotografica locale. E poi
spero presto di mandarti le prime foto fatte
con la macchina inviatami. A proposito della
quale, dì a Rosetta che telefoni alla signora
Rolla e si faccia dire l'importo. Io sono rimasto d'accordo così (e lei ha accettato): che versasse la somma spesa alle Dame di Carità del
Gonzaga, come mia offerta personale per i
poveri, e io l'avrei poi rimborsata a mezzo tuo.
Staranno meglio i poveri del Gonzaga...» (lettera al cugino Mario Biassoni - Scùtari, 29
maggio 1941).
I dischi del “Parsifal”
e gli scarponi superbiosi
E ancora, la vetrina che racconta il don
Gnocchi sacerdote: breviari ambrosiani e
romani, libri di preghiera, ostensorio, calici, immaginette della Madonna, rosario,
reliquie, completi per la Messa e - a ricordare la passione per la musica - spartiti appartenuti a don Carlo o a lui dedicati.
«Cara e buona signorina, sono qui ad Arosio e solo; provo per la prima volta i dischi del
Parsifal che Ella ebbe la delicatezza e generosità di donarmi. Il discorso musicale pieno, caldo e gonfio di religiosa ispirazione mi suggerisce tanti pensieri e ricordi...» (lettera a Rosanna Dainelli - Arosio, , 22 novembre 1946).
Nè manca il don Gnocchi cappellano tra
le penne nere, con gli scarponi, il cappello
alpino, le medaglie al valor militare…
«Cari giovani, sono come il naufrago delle solite avventure con la tragedia dell’ultimo
zolfanello di speranza. Ho un solo foglio di
carta da lettera, la mia cassetta è a 30 chilometri dietro le spalle e intorno montagne e montagne. A chi sparerò la mia ultima cartuccia?
Naturalmente ai miei cari figlioli del “Gonzaga”. Ormai la mia vita è quella del podista,
ve l’avrà già detto il preside. Ma ci ritorno,
In alto, un’altra delle vetrine allestite nel museo.
A sinistra, il saluto del consigliere nazionale Ana
Cesare Lavizzari alla cerimonia di inaugurazione.
A destra, l’intervento del ministro Lorenzo Ornaghi
■ NON VI È DUBBIO che il beato don Gnocchi è stato un
grande protagonista del Novecento italiano e di una
Milano che voleva e ha saputo essere punto di riferimento per l’intera nazione. Lo è stato per tutto ciò
che Milano ha prodotto, lo è stato perchè a fondamento di ciò che Milano ha prodotto, a partire dalla
Fondazione Pro Juventute, vi era un saldo fondamento morale e profonde radici cristiane .
Don Gnocchi aveva straordinarie qualità umane, a
partire da una che sappiamo essere rara, soprattutto
nei tempi difficili: il coraggio. Io credo anche che sia
riuscito a fare quel che ha fatto, come succede a
pochi protagonisti della storia, perché con coraggio
ha saputo raccogliere attorno a sé gli amici più cari,
quelli autenticamente convinti di ciò che stavano
facendo: ha chiamato via via una quantità crescente
di persone, di milanesi prima, di italiani poi, per rendere grande la sua opera. E così è stato negli anni, fino
ad oggi: una grande realtà di popolo, cementata dall’amore per i più fragili, a proseguire quella missione,
a rispondere all’appello, alla raccomandazione di
don Carlo per la sua “baracca”.
Viviamo stagioni in cui forse si parla troppo, si parla
a sproposito, si comunica spesso anche in maniera
volgare, eppure sappiamo tutti che le opere, anche
quando non sembra, sono più forti delle parole. Le
opere - soprattutto quando sono opere che attorno
a se raccolgono il consenso, l’affetto, l’amore di tanti - sono le chiavi che ci consentono di entrare con
speranza e con coraggio nel futuro.
E allora il museo, conservando memoria di questo
grande uomo e sacerdote, sappia trasmettere a
quanti lo visiteranno, soprattutto ai più giovani, i
valori cari al beato don Gnocchi. E con lo stesso
coraggio e l’identica fiducia sappia richiamare tutti a
quell’attenzione per gli ultimi, a quella prossimità
per i più bisognosi, a quell’umanità autentica che sull’esempio di don Carlo - sono indispensabili per la
costruzione di una società e di un mondo migliore.
Lorenzo Ornaghi
MISSIONE UOMO
«Il museosappia sempre 59
trasmettere ai giovani
i valoricari a don Carlo»
58
IL VESCOVO
donGnocchi
donGnocchi
RICORDI
DOCUMENTI
61
«Questo museo sia scuola di formazione all’amore»
■ MI HA FATTO PIACERE leggere che questo museo
vuole proporsi come “un percorso della memoria
che non vuole essere tuttavia un luogo del passato,
ma un’occasione per riflettere sull’attualità e sulla
modernità del pensiero e dell’opera di una delle più
spiccate personalità della storia civile ed ecclesiale
del Novecento italiano”.
Nei primi anni del seminario mi colpì profondamente la notizia della morte di don Gnocchi, nel 1956, e
soprattutto il dono che egli fece delle cornee a due
giovani non vedenti. Si trattava allora di un gesto
straordinario e profetico che apriva la strada verso
il futuro. Solo più tardi, partecipando alla sua Beatificazione, ho capito che don Gnocchi aveva donato
i suoi occhi non solo a due ragazzi, ma a tutta la
Chiesa, e a ciascuno di noi.
È stato detto che gli occhi di don Carlo erano “così
belli, così profondi, così spirituali, occhi di bambino
nel volto di un uomo, occhi che dicevano parole
che le parole non sanno dire”.
Don Gnocchi ci insegna ad essere vedenti
L’inaugurazione di questo museo è un invito a guardare alla vita quotidiana di don Carlo, alla sua vita di
preghiera, al suo ministero di sacerdote. Sì, don
Gnocchi insegna a tutti noi a saper guardare.
A che cosa dobbiamo guardare? Alla violenza, alla
sopraffazione, al successo ad ogni costo, all’egoismo
personale collettivo? Verso chi ha rivolto lo sguardo
don Gnocchi?
Ha guardato gli studenti del Gonzaga, i poveri giovani costretti a partire per il fronte. Per vedere meglio e
più da vicino il loro dolore, le loro sofferenze e la loro
morte, li ha seguiti come cappellano volontario nella campagna di Grecia e di Albania e poi per la Russia.
E poi ha guardato gli orfani e le vedove dei caduti, poi
i mutilatini e alla fine della sua vita i poliomielitici.
Il suo è stato definito dall’allora Cardinale Arcivescovo di Milano “uno sguardo di grande umanità in un
mondo abbandonato e perduto nell’eco di una guerra atroce e interminabile”.
Don Carlo ha rivolto il suo sguardo verso i poveri e i
sofferenti del suo tempo. Noi viviamo in un mondo
diverso, ma i poveri e le sofferenze dei fratelli sono
sempre con noi. Il Beato Carlo ci insegna a guardare al
nostro tempo al presente, perché il cristianesimo è
segnato dalla presenza di Dio eterno, che è entrato
nel tempo ed è presente ad ogni tempo, perché ogni
tempo sgorga dalla sua potenza creatrice dal suo
eterno oggi. Per questo il cristianesimo è sempre
nuovo.
La Chiesa infatti è un essere vivente. Essa attraverso
gli occhi del Signore Gesù, attraverso gli occhi dei
Santi, continua a guardare con compassione e a condividere i dolori e le angosce, le gioie e le speranze
degli uomini e delle donne di ogni tempo.
Don Carlo ci ha lasciato in eredità i suoi occhi perché
ogni volta che incontriamo un fratello in difficoltà o
sofferente nel cammino verso Gerusalemme noi non
passiamo oltre, ma ci fermiamo e lo guardiamo con il
suo sguardo, lo sguardo di Gesù, lo sguardo del buon
Samaritano.
Lo sguardo che don Carlo Gnocchi ci ha lasciato in
eredità ci aiuti ad aprire gli occhi, a diventare vedenti, a guardare gli altri con la compassione e l’amore
che egli ha avuto in dono dal Signore Gesù. Questo
museo che conserva la memoria di don Carlo diventi,
attraverso lo sguardo dei visitatori, una scuola di formazione all’amore.
Monsignor Piero Marini
perchè ci hanno fatto in questi giorni il regalo
di una piccola aggiunta di marcia. In tutto
400 chilometri a piedi, con il sacco in spalla.
Poveri scarponi! Quando li ho inforcati nuovi
e superbiosi, non pensavano di mangiarsi tutta questa strada…» (lettera ai ragazzi dell’Istituto Gonzaga - Fronte greco-albanese,
giugno 1941).
Infine, il fondatore della Pro Juventute,
il precursore dei trapianti d’organo, il vulcanico promotore di eventi e iniziative clamorose: libri, scritti e soprattutto il Galletto Guzzi e la Fiat Topolino…
«Partiva sempre all’ultimo minuto ed era
molto veloce nel guidare, anche se attento ad
evitare incidenti. Una volta fu fermato da un
vigile presso largo del Tritone a Roma, perché
andava troppo forte. Don Carlo subito gli disse: “Vado di fretta, ho più di duecento bambini
da mantenere. Tenga e arrivederci”. Gli mise
in mano un santino, e senza null’altro attendere, ripartì» (dalla testimonianza di Vittorio
Bianchi, autista di don Carlo a Roma).
L’archivio digitale
e la biblioteca personale
Alcuni schermi all’interno della sala
ripropongono spezzoni e documentari storici sulla vita di don Gnocchi e sull’attività
della Fondazione, mentre in un locale adiacente sarà presto possibile consultare l’archivio digitale dove sono stati raccolti e
catalogati migliaia di documenti, lettere,
manoscritti e appunti di don Gnocchi. Al
piano superiore è stata invece riordinata la
biblioteca personale di don Carlo.
Il museo - progettato dallo Studio di
Architettura Rognoni-Valeriani di Milano
- si propone come percorso nella memoria
che non vuole tuttavia essere luogo del passato, ma occasione per riflettere sull’attualità del pensiero e dell’opera di una delle più
spiccate personalità della storia civile ed
ecclesiale del Novecento italiano.
Migliaia, in questi primi mesi, sono stati i visitatori- soli o in gruppi - che hanno fatto visita al museo e al santuario, che restano
aperti tutti i giorni, dalle ore 9 alle 18. Tra
questi, l’architetto Carlo Capponi, responsabile dell’Ufficio per i Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Milano, che così ha scritto al
presidente della Fondazione dopo la visita:
«È un museo importante, perché evidenzia
come piccole e povere cose, se impiegate da
una persona ricca di amore e testimone di
fede, possono produrre frutti altrimenti non
immaginabili. Il museo è stato inserito nella
Guida della Diocesi di Milano per il 2013».
Per informazioni o visite guidate occorre contattare lo 02 40308.226-938, oppure
scrivere a [email protected].
«Cari bambini vi scrivo»
Don Carlo, fratello e padre
■ «COM'È BELLO GIOCARE con la neve quando è pulita e bianca. Anche Gesù gioca volentieri con le anime dei bimbi quando sono
bianche e pulite; ma se diventano sporche a
Gesù non piacciono più…». Così raccontava don Carlo ai bimbi durante il catechismo
in una fredda e nevosa giornata d’inverno,
quando - prete novello - li incontrava nella
parrocchia di S. Maria Assunta di Cernusco
sul Naviglio alla quale era stato destinato
come coadiutore nel 1925. In questo modo
arrivava facilmente alle anime dei più semplici, facendosi piccolo tra i piccoli: una
costante della sua vita.
«Poche cose al mondo sono belle e più care
del fanciullo. Se il mondo ne fosse privo ci parrebbe troppo oscuro», aggiungerà più tardi
in “Andate e insegnate” (1934), raccolta di
conferenze per istitutori nell’oratorio e nell’Azione Cattolica, vero e proprio trattato
di formazione per gli educatori della gioventù. Don Carlo era “ammalato di ragazzi”, ha raccontato durante il processo di
beatificazione Clemente Gironi, chierichetto a Cernusco. «Difficile dire quando
prese la “ragazzite”, fatto sta che ne era affetto già a Cernusco e, dicono i testimoni, anche
prima, in seminario».
Ha abbracciato i bambini da coadiutore
d’oratorio, giocando con loro come uno di
loro; li ha assistiti poi all’Istituto Gonzaga
di Milano come direttore spirituale, aiutandoli nella crescita in anni difficili e turbolenti. Ricorda così l’allora piccolissimo Giorgio Buccellati, quattro fratelli maggiori tutti frequentanti il Gonzaga: «Quando andavo con la mamma a scuola don Carlo mi prendeva in braccio e mi buttava in aria, con mio
vivo terrore, verso un grosso orologio appeso
al soffitto nel grande ingresso…».
Fino a quando, al termine della guerra,
l’incontro con i piccoli mutilati dalle bombe, vittime innocenti della follia degli uomini, indirizzerà la sua vita verso la missione a
cui si era promesso nei giorni drammatici
della guerra...
«Abbi la forza di un soldatino…»
Anche nei mesi al fronte, durante la campagna greco-albanese e persino nella tragica ritirata di Russia, il cappellano don
Gnocchi non interruppe mai la vivace e allegra corrispondenza con gli amati fanciulli.
Nonostante le atrocità della guerra, don
Spigolando
tra il carteggio
con i più piccoli
e le testimonianze
di alcuni fanciulli.
Un prete ammalato
di “ragazzite”
di Claudia Dorini
Carlo non abdicò mai al compito di educatore e maestro, anche se lontano. In ogni
occasione, dedicava un pensiero affettuoso, una parola attenta, una raccomandazione paterna ai più piccoli.
È ancora Giorgio Buccellati, che aveva
solo quattro anni e mezzo, il più piccolo dei
suoi interlocutori, in alcune lettere dal fronte nell’estate del 1941: «Mio caro Giorgino,
oggi tornando al Battaglione dopo una giornata di assenza per fare la Comunione pasquale ad un gruppo di artiglieri arrivati da
poco in queste montagne, trovo la tua cara lettera insieme a molte altre. La precedenza
assoluta è per te! Desidero che appena fatta
l’operazione al naso (forse è diventato troppo
lungo e devono tagliartene una fetta?) ti
giunga la mia risposta. Spero che avrai sopportato, con fortezza da soldatino e da cristiano, il dolore dell’operazione e le noie che la
seguono e ne avrai offerta qualcuna per il tuo
don Carlo e per i suoi alpini.
«Aspetto tue notizie da Jondini. Io sono
tra le nevi e i miei alpini lavorano tutto il giorno a spalarla dalla strada, perché non si può
andare avanti. Meglio così, ci mandassero
almeno indietro fino a… Milano. Ma se
Giorgio prega come si deve la Madonna, può
darsi che don Carlo venga a casa presto, altrimenti lo lasceranno qui per tanti anni…
Mi raccomando, allora. Sai quello che devi
chiedere per me. Io chiederò per te al Signore
le più belle grazie».
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
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Attualità
COMMEMORAZIONE. Ricordati i presidenti Gilardie Pisoni
MISSIONE UOMO
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Testi ricchi di calore umano e coinvolgenti, anche quando si trattava di semplici
cartoline: « Mio caro Girogino, rispondo tardi alla tua graziosa domanda. Ti assegno l’alpino più piccolo del battaglione, perché tu gli
mandi le tue care parole di conforto. Noi qui
lo chiamiamo il Balilla. Tu digli chi sei e mandagli se puoi la tua fotografia. Ora ti spero
guarito e ti assicuro che ho pregato per te. E
continua a ricordare il tuo don Carlo».
E ancora, nel marzo 1943, al rientro dalla Russia: «Al mio caro Giorgio, appena rientrato in patria, invio il mio affettuoso saluto,
ringraziandolo per le sue preghiere che mi
hanno miracolosamente salvato dal pericolo
e pregandolo di salutarmi tutti i suoi fratelli,
il papà e la mamma. Un bacio ed una benedizione…».
Di quell’esperienza di dolore e sangue,
di odio e morte, di preghiere e silenzi di Dio,
don Carlo ricorda anche l’incontro straziante con l’infanzia abbandonata al proprio triste destino: «Quanti ne ho visti di
bimbi nel mio triste pellegrinaggio di guerrascriverà in “Pedagogia del dolore innocente” - Poveri bimbi di guerra! Chi come me li
ha visti in Albania, in Grecia, in Montenegro, in Croazia, in Ucraina e in Russia a torme
scomposte, macilenti, randagi, stecchiti nella
fame e nella morte, non riuscirà mai più a
trarsene dagli occhi e dal cuore l’immagine
funerea e conturbante».
La dedizione totale all’infanzia sofferente divenne il senso stesso della sua vita.
Don Gnocchi fu padre autentico per tutti
quei figli a lui affidati. Scrisse al suo Arcivescovo: «Se la carità è una lotta per la vita,
come non guardare di preferenza i piccoli senza affetto o per qualsiasi motivo sofferenti,
mutilati, disabili o abbandonati?».
«Io posso piangere, tu no…»
Nonostante fosse molto impegnato per
le complesse questioni burocratiche relative alla Fondazione e ai vari Collegi aperti
uno dopo l’altro in tutta Italia, don Carlo
mantenne un legame costante con i suoi
ARCHIVIO . Presto on linemigliaia di letteree documenti
■ LETTERE, ATTI E CERTIFICATI AMMINISTRATIVI, cartoline, appunti, relazioni, testimonianze. E poi ancora articoli di giornale, testi e libri di e su don Carlo,
fotografie… Il tutto corredato da note esplicative e chiarificatrici rispetto
a particolari avvenimenti, fatti storici, iniziative, organi e istituzioni citati
nei documenti stessi. C’è tutto questo e molto altro nell’archivio storico
messo a punto dalla Fondazione, vera e propria memoria digitale - facilmente consultabile e pubblicabile on line - dei più significativi documenti cartacei legati alla vita del beato don Gnocchi e alle vicende dell’Opera durante gli anni della sua presidenza.
Il progetto è giunto alla fase avanzata di messa in rete di tutto quanto
catalogato ed indicizzato secondo determinati criteri in grado di agevolarne la rintracciabilità. Migliaia e migliaia di documenti, che verranno
prossimamente messi a disposizione in rete e che sarà possibile consultare anche in un’apposita postazione attrezzata nel nuovo museo allestito a Milano, al Centro “S. Maria Nascente”di via Capecelatro. L’archivio e il museo sono progetti costantemente “in progress”: di qui l’invito a tutti coloro che siano in possesso di documenti, testi, oggetti legati al beato don Carlo Gnocchi a contattare il Servizio Comunicazione e
Relazioni Esterne della Fondazione(02 40308.938 - [email protected]) per una valutazione e un possibile inserimento nei due differenti percorsi della memoria.
ragazzi, che raggiungeva appena possibile.
Attirava i fanciulli con la bontà e con la simpatia, convinto che occorreva chiarire,
motivare e fondare certi sani principi e non
imporli, perché venissero accolti e accettati
senza riserve. Ragionevolezza e amorevolezza, non autorità e freddezza.
Un padre premuroso, attento, che si
preoccupa non solo della salute, ma anche
della formazione e istruzione dei suoi figli.
Un padre capace di confidare a piccolo
disperato e sofferente: «Io posso piangere, tu
no. Tu non devi piangere, non devi soffrire» .
Ma anche un padre allegro, gioviale e
giocoso, che non manca occasione per regalare feste improvvisate ai bambini, dove il
canto e la musica la facevano da padroni.
Don Carlo non voleva che i suoi fanciulli, perché meno fortunati di altri, si commiserassero o venissero commiserati; lottava
perché fossero considerati e si sentissero
normali, capaci di far tutto nonostante le
mutilazioni. Per questo organizzava giochi,
gite e rappresentazioni in veri e propri teatri
dove tutti potevano esprimere liberamente
le proprie capacità e dare sfogo alla straordinaria energia di cui erano capaci.
In una lettera alle bambine attrici del collegio di Pozzolatico, don Carlo nel novembre 1952 scrive: «A voi tutte che avete collaborato alla serata di domenica, il mio ringraziamento e le mie sincere ed affettuose, quasi
direi paternamente orgogliose congratulazioni. Fa sempre tanta commozione ed intima soddisfazione ad una papà vedere le proprie figliole tanto brave e belle! Si vede proprio che state nella villa che, in tempi abbastanza recenti, fu di una grande attrice: la Bertini. Mi raccomando di imitarla. Così come
cercherete di imitare un’altra illustre abitatrice di questa casa: santa Caterina De Ricci.
Coraggio dunque! Fatevi
emule (ho detto emule non
e… mule!) di queste precorritrici a Villa Pozzolatico. Tanto
più che ora ho detto alla vostra
cara e buona superiora di trovarvi un degno regista per le
vostre prossime rappresentazioni. Egli vi apprenderà a…
calcare sempre meglio la scena
(con moderazione, però, quando vi saliranno certe attrici “atomiche” tipo Lina Paliughi che,
quando in un melodramma il
tenore doveva rapirla e la teneva
invano dandosi da fare intorno a
quella mole piuttosto notevole,
uno spettatore lo incoraggiò gridando: “Fa due viaggi…”). E
quando recitate, ora e per l’avveni-
re, ricordate che san Paolo paragonava la vita
ad una recita che però deve finire. Chi fa la
regina e chi il mendicante, chi la zia occhialuta e chi il caporale panciuto, chi la recluta e chi
la servente. Poi tutti tornano ad essere scolare buone, brave, senza belletto e senza stracci
addosso. Così finisce sempre la “recita” di
questa vita dove ciascuno ha una parte. Non
importa quale.
«L’importante è di pensare che questa
recita finisce e si depongono tutte le bardature varie per apparire davanti a Nostro Signore per quelli che si è. Se pensate questo, anche
le recite saranno una lezione spirituale e allora don Carlo non solo ne godrà come babbo
della vostra bravura, ma come padre spirituale ancor più ne sarà felice per il profitto spirituale che ne trarrete… E ricordatevi di
pregare sempre anche per don Carlo».
■ OPERATORI E RESPONSABILI della Fondazione, ex allievi e delegazioni dei comuni d’origine hanno partecipato
alla commemorazione degli ex presidenti e primi due successori di don Carlo, monsignor Edoardo Gilardi e
monsignor Ernesto Pisoni (nel 50esimo e nel 20esimo anniversario della morte), svoltasi nel novembre dello
scorso anno al santuario del beato don Gnocchi. La funzione è stata presieduta dall’Arcivescovo emerito di Siena e Ordinario Militare emerito, monsignor Gaetano Bonicelli. Nell’occasione, è stato presentato un volumetto con le tappe principali della loro vita e con testimonianze del loro generoso impegno per la “baracca”.
«Sarai un uomo di carattere…»
La generosità e la paternità di don
Carlo traspaiono evidenti anche dalle
numerose testimonianze di ex allievi.
«Ricordo certi assolati pomeriggi in cui,
nel grande cortile, lui, seduto al centro e noi
tutte intorno ad ascoltarlo, prendeva tra le
braccia le più piccine. Esse lo accarezzavano, lo pettinavano, gli mettevano un nastrino rosso tra i capelli e lui le lasciava fare,
felice», racconta una piccola mutilatina
ospite del Collegio di Pessano.
E ancora: «Ho conosciuto don Carlo nel
1950. Quando sono entrata come ospite nel
collegio di Pessano, essendo affetta da poliartrite deformante cronica, avevo 8 anni. Lo
ricordo sorridente e affabile. Quante volte
con lui, seduto sui gradini che suonava la
fisarmonica, abbiamo cantato insieme, con
le compagne, le canzoni degli alpini. Ci spronava a dare il meglio e ci faceva capire che
ognuno di noi ha un compito specifico nella
vita, a prescindere dalle difficoltà fisiche».
E don Carlo scriveva così al piccolo
Achille, figlio dell’amato cugino Mario
Biassoni, suo stretto collaboratore nell’o-
pera per i mutilatini:
«Caro e buon Achille,
ho molto gradito i tuoi
auguri per il mio onomastico, sia per l’affetto che porto a
te e ai tuoi cari per i legami del sangue e per
quelli della riconoscenza, sia per la generosità che la tua lettera ben sa rappresentare.
Oggi stesso è stato qui da me il papà e mi ha
narrato delle tue peripezie per frequentare la
scuola e lo studio. Ma io sono certo che tu
saprai far bene ugualmente e che questo sacrificio servirà alla formazione del tuo carattere
per la vita. Da per me un bacio alla sorellina
che spero comincerai a far… vivere meno
pericolosamente».
Parole affettuose anche quando si trattava di redarguire per un atteggiamento sbagliato o un comportamento da correggere.
Ma sempre prodigo di elogi, apprezzamenti e incoraggiamenti per ogni piccolo o
grande successo: «Caro e buon Achille non
puoi credere quanta consolazione mi abbia
recato la tua lettera. Vi ho visto un cuore sensibile, una maturità di giudizio che la tua
timidezza non mi aveva dato modo di conoscere pur avendola chiaramente intravista
nella mia ultima visita a S. Fedele.
«Bravo Achille! Continua e migliora sempre più le belle doti di intelligenza, di cuore e
di onestà che il Signore ti ha dato. Sii soprattutto religioso. Tutte queste qualità, se non
sono santificate dalla grazia di Dio, non servono alla vita eterna. E poi ci sono delle ore,
specialmente nella giovinezza, nelle quali
tutte le ragioni umane possono avere un valore relativo. Ci vuole l’aiuto di Dio. Per il resto
vedo che non ti sei troppo legato ai compagni
e sei un po’ diffidente della massa. È questo
un modo sicuro per essere uomini di carattere
e non volgari. Ti mando il mio bacio più affettuoso e la mia benedizione».
«Qui non si sbaglia di sicuro…»
Anche nel periodo sofferto della sua ultima, dolorosa malattia, don Carlo non
dimentica i fanciulli. La soluzione al mistero del “dolore innocente” è la chiave che
illumina il suo testamento spirituale e la
missione che affida agli “amici” che raccoglieranno il testimone e proseguiranno la
sua opera: «Per misurare quanto sia grande il
volume di questo capitale, basta pensare al
tributo di dolore che, in ogni tempo, hanno
richiesto ai bimbi le malattie, la fame, le guerre, l’indigenza, l’abbandono, la misera e la
morte. Di ogni calamità - si legge in “Pedagogia del dolore innocente” -si direbbe che
la parte più pesante sia misteriosamente
riservata agli innocenti. Occorre pertanto che
questo incessante fiume di grazia, questo inestimabile tesoro non vada perduto, ma diretto all’unica meta nella quale il dolore di un
innocente può prendere valore e trovare giustificazione: Cristo crocifisso».
Don Carlo è l’emblema di una paternità
infinita: «La lotta e la vittoria contro il dolore
sono una seconda generazione, non meno
grande e dolorosa della prima, e chi riesce a
ridonare a un bimbo la sanità, l'integrità, la
serenità della vita, non è meno padre di colui
che, alla vita stessa, lo ha chiamato per la prima volta».
Perché servendo questi bambini - esortava don Gnocchi - facciamo la cosa più giusta: «Oggi, nella politica e nelle altre cose, ci
si può sbagliare; qui non si sbaglia di sicuro».
Oggi come allora.
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MISSIONE UOMO
DOCUMENTI
donGnocchi
IN FAMIGLIA
INTERVENTI
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L’amore di Dio
fondamento della “baracca”
Nelle foto, la celebrazione al santuario di don Gnocchi
nel terzo anniversario della beatificazione
Dio, capaci di amare, non per qualche
momento, non in circostanze particolari,
ma sempre, per sempre, come ama Dio.
La ragione dell’amore e di tutta l’impresa che ha messo su questa “baracca” è dunque l’amore di Dio che don Carlo ha ospitato nella sua vita e in cui anche noi possiamo
dimorare come il tralcio nella vite.
La speranza che non delude
chi sente una responsabilità che non può
delegare perché il dolore innocente, la
malattia, la disabilità, la vecchiaia è entrata
con prepotenza in casa e non si può metterla
alla porta, per cui bisogna prendersene cura
per forza. C’è dunque una qualche ragione?
Siamo resi capaci di amare
■PER QUANTO SIA SCOMODA, provocatoria,
antipatica, inquietante, non si può però evitare la domanda: c’è una ragione per prenderci cura di chi è incurabile? C’è una ragione per dedicare tempo, risorse, fatiche,
competenze per situazioni che non promettono miglioramento alcuno? C’è una ragione per curare chi è destinato a morire? C’è
una ragione per scomodarsi, per preoccuparsi, per coinvolgersi nel dramma incomprensibile del dolore innocente? C’è una
ragione per un impegno enorme che produce risultati modestissimi?
Una ragione - intendo - più duratura della compassione, quel provare pena per un
complesso e forse mistificante meccanismo
di identificazione che attribuisce all’altro
quello che sentirebbe lui se fosse al suo
posto, la compassione che si esaurisce in
una emozione: provvisoria come una emozione, superficiale come una emozione,
cancellabile in pochi istanti come una emozione, basta guardare altrove.
Una ragione - intendo - più nobile dell’interesse, quel trasformare in business
anche la dedizione, quel cercare in che
modo trarre vantaggio dal bisogno altrui,
L’esempio di don Carlo
e il servizio agli ultimi:
noi ci facciamo carico
del dolore innocente,
di disabilità e vecchiaia
perché siamo in cammino
verso il regno di Dio
di mons. Mario Delpini
vicario generale della diocesi di Milano
quella malattia diffusa di considerare ogni
cosa come un investimento o una spesa,
quella giustificata, ma riduttiva interpretazione occupazionale per cui tutto è considerato nella logica dei posti di lavoro, della
garanzia occupazionale, da quell’intraprendenza che mira a far fruttare una competenza, per cui ogni luogo diventa anzitutto un posto di lavoro.
Una ragione - intendo - più gratuita della
necessità, di quel piegarsi alla costrizione di
TESI DI LAUREA. L’etica del servizionelle opere di don Carlo
■ “ETICA DEL SERVIZIO NELLA PEDAGOGIA E NELLE OPERE DI CARLO GNOCCHI E PARALLELI EDUCATIVI”: questo il titolo della tesi di laurea del dottorFausto Lammoglia,discussa alla scuola di Scienze umanistiche del corso di laurea magistrale in Metodologie filosofiche dell’Università di Genova(relatore il professor Paolo De Lucia, correlatore il professor Luciano
Malusa). «In quali aspetti della scelta cristiana di don Gnocchi - scrive l’autore - si possono trovare le motivazioni
filosofiche di una vita (e di una morte) al servizio degli altri? E dove possiamo ritrovarli, ancora, nella sua opera pedagogica il cui obiettivo è formare giovani cristiani, ma prima ancora giovani persone, che sappiano dedicarsi veramente gli uni agli altri?». La tesi trova le risposte ai quesiti analizzando in dettaglio la vita del beato don Carlo, primo e più saldo esempio di servizio, e poi le sue opere, testimoni della sua vita e custodi della sua pedagogia.
Il lavoro di Lammoglia si aggiunge alle numerose tesi di laurea che in questi anni hanno analizzato sotto diversi punti di vista la vita e le opere dell’indimenticato “papà dei mutilatini”.
La domanda inquieta e mette a disagio.
Anche la risposta forse mette a disagio, perché suona come estranea, come troppo lontana, come impertinente. La ragione che le
letture proclamano, la ragione che spiega la
vita del beato don Gnocchi e tutta la sua
impresa è l’amore di Dio.
L’amore di Dio, per dargli il nome giusto,
si chiama Spirito Santo: è lo Spirito che fa i
santi. Questo Spirito che dimora in noi ci
dona la grazia di dimorare in Dio. Così noi
possiamo dire di avere conosciuto e creduto l’amore che Dio ha per noi.
Come possiamo presumere che l’amore
sia una nostra capacità, noi che ci sappiamo
così meschini, così incostanti, così egocentrici? Eppure siamo resi capaci di amare: la
dedizione alla consolazione, la cura per la
dignità delle persone a prescindere dalle
loro condizioni, la disponibilità al sacrificio
di sé per la gioia degli altri vengono dal fatto
di dimorare in Dio.
Ecco: Dio è una dimora, ti avvolge di
affetto, di premure, di fedeltà. Come il fatto
di essere amati dal papà e dalla mamma si
abilita ad essere padri e madri capaci di
paterno e materno amore, così il fatto di
essere amati da Dio ci abilita ad essere come
Amare come ama Dio significa che l’amore non nasce da una attrattiva che una persona esercita perché è amabile, simpatica, sana,
bella, giovane, ricca. L’amore che Dio rende
possibile è quello che veste chi è nudo, accoglie chi è straniero, visita chi è solo e abbandonato. Ama le persone non perché siano
attraenti, ma trova amabili le persone perché
sono amate da Dio. La ragione per amare tutti, per prendersi cura soprattutto di chi ha
più bisogno è quindi la condivisione della
particolare premura di Dio per i più piccoli,
i più poveri, i più bisognosi. Lo Spirito in noi
insegna, suscita, interpreta il gemito della
creazione. Questa creazione malata è dunque destinata alla corruzione e alla morte?
No, suggerisce lo Spirito, ma alla vita e
alla gloria. Così il dolore, il dolore innocente, non è il gemito del morente, ma il travaglio che invoca la vita eterna. La ragione per
prendersi a cuore chi stenta a camminare è
perché vogliamo arrivare insieme, vogliamo che i vincoli di fraternità e solidarietà
incoraggino alla speranza che non delude.
Forse ci sono molte altre ragioni per
curarsi della salute e del benessere di tutti,
ma don Gnocchi e la tradizione cristiana ci
richiamano al fondamento ultimo e alla
ragione più persuasiva: noi ci facciamo
carico dell’attenzione al dolore altrui, al
dolore innocente, al dolore insensato e
inconsolabile, perché viviamo della vita di
Dio, crediamo in Dio, siamo in cammino
verso il regno di Dio.
(omelia alla commemorazione di don Gnocchi Santuario di Milano, 25 ottobre 2012)
A un anno dalla morte, è vivo il ricordo di suor Noemi
■ A UN ANNO DALLA MORTE , il ricordo di suor Noemi
(una vita trascorsa in Fondazione Don Gnocchi, prima a Torino e poi al Centro “S. Maria della Pace” di
Roma) è ancora vivo tra gli operatori, i pazienti e
quanti hanno avuto la fortuna di conoscerla.
L’indimenticata religiosa è stata uno straordinario
esempio di impegno e dedizione senza orario e senza risparmio di forze ed energia per i più deboli e
sofferenti. Lo testimoniano le parole del direttore
dei Centri romani della Fondazione Don Gnocchi,
Salvatore Provenza.
Ero sicuro che suor Noemi avrebbe raggiunto il cielo
nella gioia delle festività pasquali. Non poteva essere diversamente. Il Signore ha permesso che si associasse alla sua passione, che lei ha accettato e offerto consapevolmente e l’Angelo del Signore l’ha portata in paradiso proprio nel giorno a lui dedicato per
godere senza fine la gloria del Risorto.
La vita terrena di suor Noemi è stata una vita spesa
per gli altri, per le persone fragili, una testimonianza
vivente dei valori cristiani e umani, un’autentica
vocazione religiosa.
In suor Noemi si sono coniugati due carismi: la dolcezza di cuore di san Francesco di Sales e il dinamismo operativo del beato Carlo Gnocchi. Nutriva un
forte amore per la Chiesa, per la sua congregazione
religiosa e una venerazione speciale per il Papa.
Gran parte della sua vita l’ha trascorsa a servizio della Fondazione Don Gnocchi. Quando si parla di servizio, riferendoci a suor Noemi, non bisogna confinarlo in un determinato arco temporale della giornata:
per lei il Centro era la sua casa e gli assistiti, il personale, la comunità, costituivano la sua famiglia. Pre-
ghiera ed azione in lei erano in perfetta simbiosi.
Ha svolto dapprima un lavoro di fisioterapista, poi di
infermiera generica e infine di amministrativa. Ma
anche il suo “ruolo” non ha avuto mai confine. Suor
Noemi era sempre presente dove c’era bisogno,
dove c’era da fare, ma anche da confortare, da consigliare, da persuadere. Sapeva stare insieme agli
altri. Era un punto di riferimento ma non l’ha mai fatto pesare a nessuno, perché era molto umile.
Era dolce ma anche determinata: sul fronte dei principi non usava mezzi termini. I valori erano per lei
valori e non potevano subire sconti da parte di nessuno. Guai a chi faceva un torto agli assistiti!
L’ho conosciuta oltre quarant’anni fa ed è rimasta
sempre uguale. Era cercata, amata e stimata, si prendeva cura in modo particolare degli assistiti della
degenza diurna, li conosceva tutti, parlava con le loro
famiglie. Prima di andare a pranzo li andava ad imboccare, non esitava ad intervenire personalmente
anche nella cura della persona quando c’era bisogno.
Ha condiviso tanti momenti di gioia della vita del
Centro, in modo particolare la visita pastorale di
Giovanni Paolo II, avvenuta nel dicembre del 1990. In
occasione del suo giubileo di vita religiosa è stata
insignita di una prestigiosa onorificenza pontificia, la
croce “pro ecclesia et pontifice” e subito dopo ha
ricevuto il premio del Buon Samaritano.
Cara suor Noemi, la piangono tutti: gli assistiti che ha
amorevolmente curato, le loro famiglie, il personale,
le suore, i suoi cari terapisti… Tutti sappiamo che ora
abbiamo una persona che ci ha voluto bene in cielo.
E sono sicuro che da lassù continua con la preghiera
ad occuparsi di noi.
Salvatore Provenza
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
64
donGnocchi
CANONIZZAZIONE
POSTULAZIONE. Le preghierein attesa di un nuovo miracolo
Il beato don Carlo
e la nuova evangelizzazione
■ CON L ’AVVENUTA BEATIFICAZIONE del 25 ottobre
2009, ora il compito della Postulazione della causa di don Gnocchi consiste innanzitutto nell’accompagnare il processo di canonizzazione fino a
che il Santo Padre possa additarlo a tutta la Chiesa
quale sacerdote santo di grandi virtù. Nel decreto
della beatificazione, Benedetto XVI rese grazie a
Dio per la vita e le opere di don Gnocchi, proponendolo come esempio di quella santità che è la
vocazione di ogni cristiano. Don Carlo è quindi
divenuto modello e intercessore non soltanto per
chi opera o frequenta la sua Fondazione, ma anche per ogni cristiano. La conferma di un nuovo miracolo,
avvenuto per la sua intercessione, potrà aprire la porta per la sua canonizzazione. Mentre con la beatificazione viene concesso di poter tributare culto ad un Servo di Dio nell’ambito di una Chiesa particolare, con la
canonizzazione tale culto è esteso alla Chiesa universale.
La postulazione vigila attentamente su ogni segnalazione che perviene, ma al momento sono giunti solo
segni di grande devozione al Beato o episodi che una volta vagliati non sono riconducibili a quello che i teologi descrivono come miracolo, cioè un fatto prodigioso compiuto da Dio con valore di segno, ossia come
veicolo di un messaggio salvifico. Per le segnalazioni: Postulazione Causa don Carlo Gnocchi, piazzale Rodolfo Morandi 6 - 20121 Milano; mail: [email protected]; telefono: 02.40308.911.
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■ QUATTRO PASSAGGI dell’omelia di Benedetto XVI - oggi Papa emerito - in occasione
dell’apertura solenne, nell’ottobre dello
scorso anno, del tredicesimo Sinodo dei
Vescovi, dedicato alla nuova evangelizzazione, mi hanno particolarmente colpito, in riferimento al beato don Carlo Gnocchi.
Il primo riguarda la centralità di Gesù:
«La Parola di Dio ci pone dinanzi al Crocifisso
glorioso, così che tutta la nostra vita si svolga al
cospetto di Lui e nella luce del suo mistero. L’evangelizzazione, in ogni tempo e luogo, ha
sempre come punto centrale e terminale Gesù,
il Cristo, il Figlio di Dio. E il Crocifisso è per
eccellenza il segno distintivo di chi annuncia il
Vangelo: segno di amore e di pace, appello alla
conversione e alla riconciliazione».
Sono parole che mi hanno fatto pensare a
don Gnocchi, al momento della sua morte,
così intensamente descritta da monsignor
Giovanni Barbareschi; a quando don Carlo
improvvisamente si sollevò sul letto e strappò dalla tenda ad ossigeno il piccolo crocifisso, che custodiva come dono della sua mamma e che aveva voluto gli fosse posto davanti
agli occhi in quelle sue ultime ore di agonia.
Spunti di riflessione
da alcune parole
del Papa emerito:
il mondo di oggi
ha estremo bisogno
di ferventi cristiani
e di uomini santi
di monsignor Ennio Apeciti
responsabile Cause dei Santi – Diocesi di Milano
Don Carlo si sollevò, staccò con fatica il crocifisso e lo baciò. Poi cadde esausto e morì.
Fu la morte di un santo, come quella di santo
Stefano, come quella dello stesso Signore
Gesù, che morì dopo aver “amato sino alla
fine”, dopo aver dato un’ultima prova di
amore, affidando tutti i suoi discepoli a sua
madre, attraverso quel discepolo che le era
accanto ai piedi della croce.
Non solo, però. Le parole di Benedetto
XVI mi hanno richiamato alla mente il grido
intenso di don Carlo in quell’opera matura
perché maturata nel dolore della guerra:
«Cristo, vero Dio e vero uomo, è l’esemplare e
la forma perfetta cui deve mirare e tendere
ogni uomo. Cristo è, nello stesso tempo, la sorgente di quella forza divina che sola può rendere possibile, come lo fu nei Santi, il ripetersi in
ogni uomo di questa Sua mirabile personalità.
Ogni restaurazione della persona umana, che
non voglia essere parziale, effimera o dannosa
come quelle finora attuate dalla civiltà, non
può essere quindi che la restaurazione della
persona di Cristo in ogni uomo» (“Restaurazione della persona umana”, 1946).
Sono parole quanto mai attuali! Don
Carlo ci provoca, perché il mondo di oggi ha
bisogno di gente convinta, anzi entusiasta,
perché, come ha detto ancora il Papa emerito - ed è il secondo pensiero che mi ha colpito - «la Chiesa esiste per evangelizzare. Fedeli
al comando del Signore Gesù Cristo, i suoi
discepoli sono andati nel mondo intero per
annunciare la Buona Notizia, fondando dappertutto le comunità cristiane. Anche nei
nostri tempi lo Spirito Santo ha suscitato nel-
la Chiesa un nuovo slancio per annunciare la
Buona Notizia».
Anche queste parole mi hanno richiamato quelle di don Carlo, la sua esortazione
ardente ai giovani della parrocchia di San
Pietro in Sala e a tutti gli educatori, contenute in “Andate e insegnate” (1934): «Se
invece di cinquanta cooperatori freddi e
mediocri vi fosse anche un solo giovane santo, non credete voi che le cose andrebbero
assai diversamente?».
Com’è prezioso quest’ardore, questo
entusiasmo, soprattutto nel momento
attuale. Lo penso anche a proposito dei giovani e della missione d’amore che attende
quasi tutti loro, perché le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa devono essere per
loro natura poche, rispetto alla maggioranza, che Dio chiama a diffondere il Suo amore vivendo nel loro amore.
Proprio per questo Benedetto XVI ha
fatto riferimento esplicito al matrimonio:
«Il matrimonio, costituisce in se stesso un
Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di
oggi, è segno che parla di Dio con forza, con
un’eloquenza che ai nostri giorni è diventata
maggiore; il matrimonio è chiamato ad essere
non solo oggetto, ma soggetto della nuova
evangelizzazione».
Anche queste parole mi hanno richiamato alla mente don Carlo, il suo impegno
entusiasta nel formare all’amore e al matrimonio i suoi giovani, il suo “Educazione del
cuore” (1937) con quel grido affascinante:
«L’amore è la forza più benefica del mondo,
poiché Dio stesso è amore». Per questo voleva educare i giovani ad amare in verità, come
solo Dio può aiutarci ad essere: «L’amore diceva - non si accende che con l’amore».
Infine, un quarto pensiero del Papa eme-
rito mi ha affascinato: «I santi sono i veri protagonisti dell’evangelizzazione in tutte le sue
espressioni. Essi sono, in particolare, anche i
pionieri e i trascinatori della nuova evangelizzazione: con la loro intercessione e con l’esempio della loro vita, attenta alla fantasia
dello Spirito Santo, essi mostrano alle persone indifferenti o addirittura ostili la bellezza
del Vangelo e della comunione in Cristo, e
invitano i credenti, per così dire, tiepidi, a
vivere con gioia di fede, speranza e carità, a
riscoprire il “gusto” della Parola di Dio e dei
Sacramenti, in particolare del Pane di vita,
l’Eucaristia. La santità non conosce barriere
culturali, sociali, politiche, religiose. Il suo
linguaggio - quello dell’amore e della verità è comprensibile per tutti gli uomini di buona
volontà e li avvicina a Gesù Cristo, fonte inesauribile di vita nuova».
Per il mondo di oggi e di domani occorrono santi. Don Carlo ne era profondamente convinto e ripeteva loro: «Nulla è
più santificante e salvifico della santità. Credetelo. La santità, come un corpo incandescente o radioattivo, ha un’irradiazione
quanto misteriosa altrettanto potente, ben
più efficace dei più industriosi mezzi umani.
Ben più e ben meglio delle discussioni e delle
industrie umane, la santità ha il magico potere di convertire gli erranti. Credetelo! Io ne
sono sicuro, e penso che tutti i cristiani
dovrebbero sottoscrivere la frase di Leon
Bloy: “Non vi è al mondo che una tristezza:
quella di non essere santo”».
Forse potremmo fare un doppio proposito: cercare anche noi di diventare santi e
pregare perché don Carlo compia un altro
miracolo, così che non lo pregheremo più
solo “beato don Carlo”, ma “san Carlo”!
COMMEMORAZIONE. La Messa nell’anniversario della morte
■ ERA ANNUNCIATA LA PRESENZA DELL’ARCIVESCOVO DI MILANO, cardinale Angelo Scola. Gli impegni legati all’inatteso Conclave, hanno però costretto a un cambio di programma. Così, la solenne celebrazione eucaristica nel 57esimo anniversario della morte di don Carlo Gnocchi, lo scorso 28 febbraio, è stata presieduta da monsignor Luigi Stucchi,
vescovo ausiliare della diocesi ambrosiana. Tanti i fedeli che hanno partecipato alla Messa, celebrata nel santuario
diocesano del beato don Gnocchi, presenti numerose delegazioni di gruppi alpini e sezioni Aido, ex
allievi, operatori della Fondazione, rappresentanti
dei comuni di San Colombano al Lambro e Montesiro di Besana Brianza (paese natale e comune della
prima Messa di don Carlo) e amici della “baracca”.
MISSIONE UOMO
MISSIONE UOMO
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Perapprofondire
LIBRI
MISSIONE UOMO
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Editoriale
Sergio Toppi (tavole)
Don Gnocchi
Ed. San Paolo, 2010
Ennio Apeciti
Li amò sino alla fine
Centro Ambrosiano, 2009
Luisa Bove
Don Carlo Gnocchi
Edizioni Paoline, 2009
Roberto Parmeggiani
Don Carlo Gnocchi
Ed. San Paolo, 2009
Carlo Gnocchi
Restaurazione
della persona umana
Editrice Vaticana, 2009
Carlo Gnocchi
Cristo
con gli alpini
Mursia, 2008
Giorgio Cosmacini
«La mia baracca». Storia
della Fondazione Don Gnocchi
Laterza, 2004
a cura della Fondazione Don Gnocchi
L’eredità di don Gnocchi.
Edoardo Gilardi ed Ernesto Pisoni
Milano, 2012
«...E D’ORA IN POI SIA CHIAMATO BEATO»
I VOLTI, LE EMOZIONI, LE IMMAGINI
DEL 25 OTTOBRE 2009
A cura di Emanuele Brambilla
Foto di Paolo Liaci e Claudio Novia
Mursia, 2010
Edoardo Bressan
Don Carlo Gnocchi,
una vita al servizio
degli ultimi
Mondadori, 2009
Emanuele Brambilla
Don Gnocchi,
il prete che cercò
Dio tra gli uomini
Centro Ambrosiano, 2009
Carlo Gnocchi
Poesia della vita
(A. Bazzari - O. Arzuffi)
Ed. San Paolo, 2006
Stefano Zurlo
L’ardimento.Racconto
dellavitadidonCarlo Gnocchi
Rizzoli, 2006
Straordinaria carrellata fotografica
delle più belle immagini della cerimonia
di beatificazione di don Gnocchi e dei momenti
più suggestivi che l’hanno preceduta e seguita
Gaetano Agnini
Don Gnocchi,
alpino cappellano
Mursia, 2011
Carlo Gnocchi
«Dio è tutto qui»
Lettere di una vita
Mondadori, 2005
«Amis ve raccomandi la mia baracca...»
Gli Amici di don Carlo sostengono la Fondazione Don Gnocchi
■ LASCITI TESTAMENTARI
Per informazioni contattare il Servizio Fundraising.
Tel. 02-40308.907
On line con carta di credito
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oppure donazioni.dongnocchi.it
■ DONAZIONI
Conto corrente postale n° 737205
Intestato a Fondazione Don Gnocchi, p.le R. Morandi 6 - 20121 Milano
Inviando un assegno non trasferibile
intestato a: Fondazione Don Gnocchi, p.le R. Morandi, 6 - 20121 Milano
Conto corrente bancario n° 100000006843
Banca prossima, filiale 05000 - Milano
IBAN: IT60E0335901600100000006843
■ CINQUE PER MILLE
Nella dichiarazione dei redditi, nel riquadro dedicato al sostegno delle Onlus
o in quello per la ricerca sanitaria, indicare il codice fiscale: 04793650583
Info al sito internet 5x1000.dongnocchi.it
(segue da pagina 1)
per affrontare organicamente la crisi,
presenta nodi economico-finanziari
da sciogliere, raccomanda maggiore
oculatezza negli investimenti da
fare, indica correttivi da applicare,
suggerisce processi da seguire, individua orientamenti e azioni improntati al contenimento dei costi, all’eliminazione delle inefficienze, alla
correzione strutturale e funzionale.
Necessita l’adozione di leve ordinarie e straordinarie, di interventi
immediati e organici al fine di consentire alla Fondazione non di galleggiare come sughero nei marosi della
crisi, ma di “riposizionarsi” nei nuovi
e futuri scenari della salute, quando
ai dolori del parto sociale subentrerà
la gioia di una vita nuova.
L’appello di don Carlo morente
si fa ancora più attuale e cogente
Anche per la Fondazione la crisi
può divenire aurora di un nuovo giorno o mesto tramonto. La posta in gioco è alta e impegnativa e l’esito è incerto, ma dipende da tutti noi e, se permetti, soprattutto da te: ne va di mezzo
il futuro della “baracca”, il nostro
futuro. Mediamente il 65-70% del
bilancio di Fondazione è assorbito dal
costo del personale, che costituisce il
patrimonio più prezioso e irrinunciabile della realtà e del prestigio della
nostra opera.
Con trattative formali, nella linea del
rispetto dei diritti e doveri, con azioni
condivise, appellandoci alle responsabilità comuni e ai comportamenti personali, siamo chiamati ad una effettiva solidarietà per non privarci di nessuno e conservare dignitosamente la materia prima: il lavoro.
La crisi sta creando una grande fame
di valori: quelli dell’onestà, della semplicità, della sobrietà, dell’impegno per il
bene comune. Occorre ricominciare
dagli ultimi e rimboccarsi le maniche per
servire, con entusiasmo e responsabilità,
questa giusta causa.
Diventa ancora più attuale e cogente
l’appello del nostro fondatore in punto
di morte: “Amis, ve raccomandi la mia
baracca!”.
All’appello del beato don Carlo
Gnocchi, rivolto a tutti, ma soprattutto a
noi che costituiamo il cuore della sua
opera, rispondiamo con una preghiera
più intensa, con una fede rinverdita, con
una carità operosa e con una speranza
affidabile e tenace.
Angelo Bazzari
Presidente Fondazione Don Gnocchi
Poli territoriali e Centri in Italia
POLO LOMBARDIA 1
IRCCS S. Maria Nascente
Via Capecelatro, 66
Milano - tel. 02 403081
POLO PIEMONTE-LIGURIA
Centro S. Maria ai Colli
Viale Settimio Severo, 65
Torino - tel. 011 6303311
Centro S. Maria alla Rotonda
Via privata d’Adda, 2
Inverigo (CO) - tel. 031 3595511
Presidio Ausiliatrice-Don Gnocchi
Via Peyron, 42
Torino - tel. 011 4370711
Centro S. Maria alle Fonti
Viale Mangiagalli, 52
Salice Terme (PV) - tel. 0383 945611
Polo Riabilitativo del Levante ligure
Ospedale San Bartolomeo
Via Variante Cisa, 39
Sarzana (SP) - tel. 0187 604844
Centro Fondazione Don Gnocchi
Via Saragat, Lodi - tel. 0371 439080
Centro Multiservizi
Via Colli di S. Erasmo, 29
Legnano (MI) - tel. 0331 453412
Casa vacanza per disabili
Piazza Don Carlo Gnocchi
Pozzolengo (BS) - tel. 030 9918823
POLO LOMBARDIA 2
Istituto Palazzolo - Don Gnocchi
Via Don L. Palazzolo, 21
Milano - tel. 02 39701
Centro S. Maria al Monte
Via Nizza, 6
Malnate (VA) - tel. 0332 86351
POLO LOMBARDIA 3
Centro S. Maria al Castello
Piazza Castello, 22
Pessano con Bornago (MI) - tel. 02 955401
Centro S. Maria delle Grazie
Via Montecassino, 8
Monza - tel. 039 235991
Centro Don Gnocchi
Via delle Casette, 64
Colle Val d’Elsa (SI) - tel. 0577 959659
Centro S. Maria alla Pineta
Via Don Carlo Gnocchi, 24
Marina di Massa (MS)
tel. 0585 8631
Polo Specialistico Riabilitativo*
Ospedale S. Antonio Abate
Salita San Francesco
Fivizzano (MS)
* struttura prossima all’avvio dell’attività
Centro Girola - Don Gnocchi
Via C. Girola, 30
Milano - tel. 02 642241
Centro Ronzoni Villa - Don Gnocchi
Viale Piave, 12
Seregno (MB) - tel. 0362 323111
POLO TOSCANA
IRCCS Don Carlo Gnocchi
Via Di Scandicci - loc. Torregalli
Firenze - tel. 055 73931
POLO LAZIO - CAMPANIA NORD
Centro S. Maria della Pace
Via Maresciallo Caviglia, 30
Roma - tel. 06 330861
Centro S. Maria della Provvidenza
Via Casal del Marmo, 401
Roma - tel. 06 3097439
Polo specialistico riabilitativo
Ospedale civile G. Criscuoli
Via Quadrivio
Sant’Angelo dei Lombardi (AV)
tel. 0827 455800
Centro E. Spalenza - Don Gnocchi
Largo Paolo VI
Rovato (BS) - tel. 030 72451
POLO BASILICATA - CAMPANIA SUD
Centro Gala - Don Gnocchi
Contrada Gala
Acerenza (PZ) - tel. 0971 742201
POLO EMILIA ROMAGNA - MARCHE
Centro S. Maria ai Servi
Piazzale dei Servi, 3
Parma - tel. 0521 2054
Polo specialistico riabilitativo
Presidio Ospedaliero ASM
Via delle Matine
Tricarico (MT) - tel. 0835 524280
Centro E. Bignamini - Don Gnocchi
Via G. Matteotti, 56
Falconara M.ma (AN)
tel. 071 9160971
Centro S. Maria al Mare
Via Leucosia, 14
Salerno - tel. 089-334425
AREA FORMAZIONE E SVILUPPO
Centro di Formazione Orientamento e Sviluppo - CeFOS
Milano, via Gozzadini, 7 - tel. 02 40308328 - Roma, Via Casal del Marmo, 401 - tel. 06 3097439
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
DELLA FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI:
Angelo Bazzari (presidente), Giovanni Cucchiani (vicepresidente), Gianpio Bracchi,
Mario Brambilla, Marco Campari, Mariella Enoc, Felice Martinelli
COLLEGIO DEI REVISORI: Raffaele Valletta (presidente),
Michele Casini, Emilio Cocchi