Attività - Fondazione Don Gnocchi
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Attività - Fondazione Don Gnocchi
Aprile 2013 Anno XVII - Numero 1 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI RIVISTA DELLA FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI - ONLUS ATTUALITA’ Welfare e crisi: modelli innovativi di cura e assistenza Disabili e lavoro: Alessio racconta le sue “conquiste” La Fondazione al Quirinale festeggia i 60 anni ATTIVITA’ Malati terminali: avviato a Milano un altro hospice Roma, reparto d’eccellenza per l’Alzheimer DON GNOCCHI Già migliaia le visite al museo e al santuario Stati vegetativi e coscienza: ricerca innovativa Le lettere di don Carlo ai più piccoli Primavera araba, scatta l’impegno per i mutilati Stimoli e speranze dalle parole del nuovo Pontefice LA TENEREZZA DI PAPA FRANCESCO PER I PIU’ FRAGILI Sommario IN QUESTO NUMERO Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI RIVISTA DELLA FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI - ONLUS Editoriale Aprile 2013 - Anno XVII - n° 1 ATTUALITA’ Welfare e crisi: modelli innovativi di cura e assistenza Dalla crisi... l’aurora di un giorno nuovo? MISSIONE UOMO Disabili e lavoro: Alessio racconta le sue “conquiste” La Fondazione al Quirinale festeggia i 60 anni ATTIVITA’ Malati terminali: avviato a Milano un altro hospice Roma, reparto d’eccellenza per l’Alzheimer DON GNOCCHI Già migliaia le visite al museo e al santuario Stati vegetativi e coscienza: ricerca innovativa Le lettere di don Carlo ai più piccoli Primavera araba, scatta l’impegno per i mutilati Attualità Stimoli e speranze dalle parole del nuovo Pontefice LA TENEREZZA DI PAPA FRANCESCO PER I PIU’ FRAGILI ■ L’affetto di Papa Francesco RIVISTA DELLA FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI - ONLUS ■ DIRETTORE RESPONSABILE ■ Emanuele Brambilla DIRETTORE EDITORIALE Angelo Bazzari ■ ■ REDAZIONE Giovanni Ghislandi, Danilo Carena, Claudia Dorini, Ilaria Gentili, Damiano Gornati Piazzale R. Morandi 6 - 20121 Milano Tel. 02-40308.910-911 - Fax 02-40308.926 [email protected] www.dongnocchi.it HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Gianluca Avanzi, Giuseppe Barbaro, Gianfranco Bedin, Tiberio Boldrini, Silvio Colagrande, Francesco Converti, Roberto Costantini, Furio Gramatica, Lino Lacagnina, Saverio Lorini, Silvia Maggioni, Roberta Magliacano, Stefano Malfatti, Diego Maltagliati, Gianbattista Martinelli, Paolo Mocarelli, Simonetta Mosca, Eufrasia Novellini, Roberto Rambaldi, Paolo Perucci, Giuliano Pozza, Salvatore Provenza, Maurizio Ripamonti, Carlo Sironi, Giovanni Vastola ■ PROGETTO GRAFICO ■ La Fondazione al Quirinale: «Siete simbolo dell’Italia solidale» . . . . . .14 ■ Anche all’Istituto Palazzolo un hospice per malati terminali . . . . . . . . .16 ■ Pessano, nuove risposte ■ ■ ■ Gigi Brandazza - [email protected] ■ REALIZZAZIONE ■ Graphic Line Sas - Milano STAMPA Fiordo srl - Galliate (NO) ■ Tiratura: 35.000 copie ■ Reg. presso il Tribunale di Milano n° 297 del 17 maggio 1997 ■ ■ ■ viene inviata a chiunque la richieda. È possibile utilizzare l'allegato bollettino postale a sostegno della rivista e delle attività istituzionali della Fondazione. AI SOSTENITORI Le erogazioni liberali fatte alla Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus da persone fisiche o da enti soggetti all’imposta sul reddito delle società sono deducibili dal reddito imponibile nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000 euro l’anno (art. 14, D.L. 35/2005). Resta in vigore anche la normativa precedente (D.Lgs. 460/1997) per le donazioni antecedenti il 17 marzo 2005 e nei casi in cui risultasse più conveniente per il donatore. PER INFORMAZIONI: tel. 02/40308.908. AL LETTORE Nel rispetto di quanto stabilito dal Decreto Legislativo 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali), la informiamo che i suoi dati personali saranno conservati nell'archivio elettronico della Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus, titolare del trattamento ai sensi dell'art. 4 del citato Decreto. Comunichiamo che tale archivio è gestito direttamente dalla Fondazione Don Gnocchi e che i suoi dati non saranno oggetto di comunicazione o diffusione a terzi. Potrà richiedere, in qualsiasi momento e gratuitamente, l'indicazione dell'origine dei Suoi dati, il loro aggiornamento, rettificazione, integrazione, cancellazione e la loro trasformazione in forma anonima o il loro blocco scrivendo a: Fondazione Don Carlo Gnocchi - Onlus, P.le Rodolfo Morandi 6, 20121 Milano o inviando un fax al numero 02.40308.927. 12 Attività FOTO Archivio Fondazione Don Gnocchi per i più piccoli e i più fragili . . . . . . . . . . . . .2 Salute, le priorità del 2013: efficienza e appropriatezza . . . . . . . . . . . . . .6 Welfare e sopravvivenza nel futuro di un Paese in crisi . . . . . . . . . . . . .8 Conti in tasca agli italiani: cresce la spesa sanitaria privata . . . . . . . .10 Le convenzioni della Fondazione con enti, mutue e fondi di categoria . . . .11 La lezione di Alessio: «Con la passione tutto è possibile» . . . .12 ■ ■ ■ ■ ■ alle necessità del territorio . . . . . . . . . . . . . .19 Servizi territoriali: incontro al bisogno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22 Alzheimer, a Roma una struttura d’eccellenza . . . . . . . . . . . . . . . .27 «Cerchiamo segnali di coscienza nei pazienti in stato vegetativo» . . . . . . . . .30 La riabilitazione dei pazienti amputati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .34 Riabilitazione cardiorespiratoria: Marina di Massa all’avanguardia . . . . . . . . . .36 ADRI: l’ospedale a casa come alternativa al ricovero . . . . . . . . . . . .38 La riabilitazione in assenza di gravità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .40 Stimolazione olfattiva: benefici su pazienti e operatori . . . . . . . . .42 Anche la musica si fa strumento terapeutico . . . . . . . . . . . . . .45 Assistenza protesica: quando la carrozzina non basta . . . . . . . . .46 Formazione continua: 190 eventi nel Piano 2013 . . . . . . . . . . . . . . . .48 «Io, educatrice laureanda, vi racconto i tre anni al Don Gnocchi» . . . .50 Un aiuto alle popolazioni della “primavera araba” . . . . . . . . . . . . . . . . . .52 Dalla Bosnia all’Italia; l’eperienza di Ivana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .54 Lasciti testamentari, scelta generosa e responsabile . . . . . . .56 16 30 40 Don Gnocchi ■ Migliaia al santuario e al museo per rendere omaggio a don Carlo . . . . . .58 ■ «Cari bambini vi scrivo» Don Carlo, fratello e padre 61 .............. ■ Il beato don Carlo e la nuova evangelizzazione 66 ............ 58 ■ NELL’ULTIMO DECENNIO di vita, per la prima volta, la Fondazione Don Gnocchi chiude il proprio bilancio 2012 con un leggero segno negativo. Nulla di allarmistico, ma un semaforo giallo che segnala una zona di pericolo e consiglia un ragionato stop alla macchina della Fondazione, che negli ambiti dell’attività odierna è composta per il 74% dal sanitario-riabilitativo, per il 17% dal socio-assistenziale e per il 5% dal socio-educativo. La restante percentuale è costituita dalla formazione, dalla ricerca scientifica e tecnologica e dalla solidarietà internazionale, i cui contenuti animano trasversalmente e sostengono vitalmente l’azione operativa, costituendo il flusso qualitativo e valoriale del servizio ai più fragili. Lo tsunami della crisi bancariafinanziaria-economica-sociale ed ora anche psicologica ha colpito con effetti devastanti e tangibili il nostro Paese, travolgendo progressivamente famiglie, piccole-medie e grandi imprese, segnando profondamente la vita quotidiana della popolazione, scippandone le speranze, incidendo vistosamente sul ménage di vita degli italiani, iniettando velenosamente la paura del futuro e minacciando sogni e progetti delle nuove e future generazioni. Il mondo della sanità - che “occupa” il terzo posto nell’attività produttiva del Paese e che “consuma” il 75-80% del bilancio complessivo delle regioni - già ferito dagli scandali, devastato dagli sprechi e dalle inefficienze, con bilanci poco virtuosi e con instabilità politica, finanziaria e patrimoniale, è in debito di ossigeno e rischia l’asfissia con il colpo infertogli dal ciclone, noto come “spending review”. La crisi non corrode ma rinfranca i valori ancorati al beato don Gnocchi La Fondazione Don Gnocchi, con le sue molteplici e diversificate azioni, con la sua vasta e articolata presenza territoriale e con il 94% dell’attività accreditata e contrattualizzata con le istituzioni pubbliche, non è assolutamente immune dagli effetti della tempesta, con nel suo “dna” una potenzialità candidata ad essere culla di una promettente aurora o divenire messaggera di un progressivo terizzate dalla buona e cattiva sorte. Non si dimentichi che, negli anni ‘70 della storia del nostro Paese, la Fondazione Pro Juventute era catalogata in archivi non troppo segreti dello Stato come “ente inutile”. Nonostante la tempesta sono certo che usciremo dal tunnel migliorati e maggiormente convinti che insieme possiamo fare di più e meglio al servizio dei più fragili di Angelo Bazzari tramonto. La Fondazione, come tutte le macro-istituzioni, non vive in zone protette e sicure e necessita di un cambio di passo nel rispondere adeguatamente alle sfide del cambiamento strutturale. Sente il peso istituzionale e la gioia della responsabilità “storica” del prendersi cura dei più fragili nell’arena della vita ed è consapevole di essere custode di un carisma che la supera, erede di un patrimonio ideale consegnatole dal fondatore, aperta ad un cammino storico, giocato in affidabile speranza e speso in operosa carità. È in corso una crisi che se investe le nostre strutture e infragilisce la nostra presenza, non corrode, anzi rinfranca, i valori ancorati a don Gnocchi - ora beato - e declinati in una coerente e dinamica fedeltà negli oltre sessant’anni di vita della sua opera, indissolubilmente avvinghiati nel tempo alle vicende carat- Un’occasione per rimotivare l’impegno verso i nostri malati Non desidero annoverarmi nè fra i catastrofisti che lanciano messaggi infarciti di passioni tristi e senza speranza e ritmati da frasi come: “L’Italia cola a picco”; “Siamo sull’orlo del precipizio”; “Il Paese è allo stremo”; nè fra gli ottimisti che attraversano come sonnambuli incoscienti la bufera, o ballano sulle macerie come folli menestrelli, adottando poi la politica dello struzzo. Confido che la critica situazione, difficile ma non impossibile, aiuterà a maturare la coscienza di ogni operatore, contribuirà al rigenerarsi delle nostre strutture, costringerà a rivedere i processi, a rinverdire le strategie, a ripensare i modelli, ad irrobustire le metodiche di intervento per uscire dal tunnel delle difficoltà, rinvigoriti nella fierezza di un’appartenenza alla Fondazione, rimotivati ad un impegno di dedizione generosamente incondizionata ai nostri malati, maggiormente esperti in umanità, professionalmente più competenti e solidali, orgogliosi protagonisti di una missione che ci è stata regalata, sostenuta da tenere parole che fanno bene al cuore e alimentata da efficaci azioni di prossimità. Sono sicuro che con questo corredo di convinzioni personali e istituzionali e con un bagaglio motivazionale rinnovato ed una responsabile disponibilità di ognuno e di tutti, usciremo dal tunnel migliorati e maggiormente convinti che insieme si può fare di più e meglio al servizio dell’umanità debole che, nei nostri Centri, chiede una salute possibile ed elemosina una serena prospettiva di vita. La posta in gioco è davvero alta, l’esito dipende da ciascuno di noi Il piano di intervento elaborato dalla Fondazione, con il sostegno di una società specializzata di primaria importanza, (continua a pagina 69) 1 MISSIONE UOMO A p r i le 2 0 1 3 Anno XVII - Numero 1 Attualità CHIESA 3 L’affetto di Papa Francesco per i più piccolie i più fragili ■ DALLA RINUNCIA DI BENEDETTO XVI, alla fumata bianca del conclave, all’avvio del pontificato di Papa Francesco: sono stati giorni di straordinaria emozione quelli che hanno portato all’elezione di Jorge Mario Bergoglio, «vescovo di Roma - sono state le sue prime parole - preso dai cardinali quasi alla fine del mondo...». Un clima di grande gioia e speranza tra i fedeli e nel mondo ha accompagnato l’insediamento del primo pontefice sudamericano nella storia della Chiesa. Anche la Fondazione Don Gnocchi ha inviato il proprio messaggio al nuovo Papa: «La Fondazione intitolata al beato don Gnocchi - ha scritto in un telegramma il presidente, monsignor Angelo Bazzari - si stringe con gioia al Santo Padre e lo accompagna con la preghiera nella sua missione pastorale al servizio dei più fragili». Il tema della fragilità - cuore e missione dell’Opera del Beato don Carlo ormai da oltre sessant’anni - è stato più volte al centro dei primi interventi del nuovo Pontefice. «Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa, per esercita- L’attenzione privilegiata agli ultimi nelle prime parole del nuovo Pontefice. E la riconoscenza della Fondazione a Benedetto XVI re il potere, deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce», ha detto Francesco nell’omelia della Messa di inaugurazione del pontificato. «Il Papa - ha aggiunto - deve aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere. Solo chi serve con amore sa custodire! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato. «La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia... È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confiden- za, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!». E sull’amore per il prossimo, Papa Francesco ha aggiunto un’ulteriore importante annotazione: «Il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza! ». «La vecchiaia è sapienza, una virtù da donare ai giovani» Durante l’udienza a tutti Cardinali, in Vaticano, il Papa ha avuto parole di stimolo e speranza per i confratelli che lo hanno scelto in Conclave: «Cari fratelli, forza! La metà di noi è in età avanzata: la vecchiaia è mi piace dirlo così - la sede della sapienza della vita. I vecchi hanno la sapienza di avere camminato nella vita, come il vecchio Simeone, la vecchia Anna al Tempio. E proprio quella sapienza ha fatto loro riconoscere Gesù. Doniamo questa sapienza ai giovani: come il buon vino, che con gli anni diventa più buono, doniamo ai giovani la sapienza della vita. Mi viene in mente quello che un poeta tedesco diceva della vecchiaia: è il tempo della tranquillità e della preghiera. E anche di dare ai giovani questa saggezza. «Tornerete ora nelle rispettive sedi per continuare il vostro ministero, arricchiti dall’esperienza di questi giorni, così carichi di fede e di comunione ecclesiale. Tale esperienza unica e incomparabile, ci ha permesso di cogliere in profondità tutta la bellezza della realtà ecclesiale, che è un riverbero del ful- gore di Cristo Risorto: un giorno guarderemo quel volto bellissimo del Cristo Risorto! Alla potente intercessione di Maria, nostra Madre, Madre della Chiesa, affido il mio ministero e il vostro ministero. Sotto il suo sguardo materno, ciascuno di noi possa camminare lieto e docile alla voce del suo Figlio divino, rafforzando l’unità, perseverando concordemente nella preghiera e testimoniando la genuina fede nella presenza continua del Signore». Alla vigilia della Pasqua, durante la via Crucis al Colosseo, il Pontefice ha sottolineato con brevi parole l’essenza della fede cristiana, che dà motivazione a tutto: «In questa notte deve rimanere una sola parola, che è la Croce stessa. La Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo. A volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono. È anche giudizio: Dio ci giudica amandoci. Ricordiamo questo: Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva. «Cari fratelli, la parola della Croce è anche la risposta dei cristiani al male che continua ad agire in noi e intorno a noi. I cristiani devono rispondere al male con il bene, prendendo su di sé la Croce, come Gesù». Nel messaggio pasquale “Urbi et Orbi”, il Santo Padre ha esortato all’amore misericordioso, via privilegiata per la giustizia e la pace: «Cari fratelli e sorelle, Cristo è morto e risorto una volta per sempre e per tutti, ma la forza della Risurrezione, questo passaggio dalla schiavitù del male alla libertà del bene, deve attuarsi in ogni tempo, negli spazi concreti della nostra esistenza, nella nostra vita di ogni giorno. Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore di Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite. «Allora, ecco l’invito che rivolgo a tutti: accogliamo la grazia della Risurrezione di Cristo! Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo strumenti di questa misericordia, canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace. E così domandiamo a Gesù risorto, che trasforma la morte in vita, di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è la nostra pace e attraverso di Lui imploriamo pace per il mondo intero». Papa Francesco ha ricordato più volte, nei primi giorni di Pontificato, la figura di Joseph Ratzinger, suo predecessore. Un abbraccio riconoscente e affettuoso a Benedetto XVI, che anche la Fondazione vuole fare proprio. Tanti, in questi otto anni di pontificato, sono stati infatti gli stimoli per l’attività della “Don Gnocchi” offerti dal ricco e lucido magistero di Papa Ratzinger, in particolare sul rapporto tra scienza e fede e sul significato dell’impegno alle frontiere della vita. Ne ripercorriamo alcuni brani. La qualità delle cure e le virtù della carità La scienza medica progredisce in quanto accetta di rimettere sempre in discussione la diagnosi e il metodo di cura, nel presupposto che i precedenti dati acquisiti e i presunti limiti possano essere superati. Del resto, la stima e la fiducia nei confronti del personale sanitario sono proporzionati alla certezza che tali difensori di ufficio della vita non dis- MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 2 Attualità CHIESA «Don Gnocchi, per la Chiesa è un modello da imitare» prezzeranno mai un’esistenza umana, per quanto menomata, e sapranno sempre incoraggiare tentativi di cura. L’impegno della cura va quindi esteso ad ogni essere umano, nell’intento di coprire l'intera sua esistenza. Questa prospettiva etica, basata sulla dignità della persona umana e sui diritti e doveri fondamentali ad essa connessi, viene confermata e potenziata dal comandamento dell’amore, centro del messaggio cristiano. Gli operatori sanitari cristiani, pertanto, sanno bene che vi è un legame strettissimo e indissolubile tra la qualità del loro servizio professionale e la virtù della carità alla quale Cristo li chiama: è proprio nel compiere bene il loro lavoro che essi portano alle persone la testimonianza dell'amore di Dio. La carità come compito della Chiesa, che ho fatto oggetto di riflessione nella mia Enciclica “Deus caritas est”, trova un’attuazione particolarmente significativa nella cura dei malati. Lo attesta la storia della Chiesa, con innumerevoli testimonianze di uomini e donne che, in forma sia individuale che associata, hanno operato in questo campo... (da un intervento al Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, 2007) LA BEATIFICAZIONE DI DON GNOCCHI. E all’Angelus Benedetto XVI fece suo il motto “Accanto alla vita, sempre!” 5 MISSIONE UOMO 4 ■ SONO STATI MILLESEICENTO i fedeli della Fondazione Don Gnocchi giunti a Roma il 10 marzo 2010 per l’incontro di ringraziamento con il Santo Padre per la beatificazione di don Carlo. L’entusiasmante abbraccio con Benedetto XVI, nella Basilica di San Pietro (nelle foto), coronò nel migliore dei modi la straordinaria festa del 25 ottobre dell’anno precedente e venne significativamente sottolineato dalle seguenti parole rivolte dal Papa agli operatori e ai malati presenti. «Cari fratelli e sorelle! Sono lieto di accogliervi in questa Basilica e di rivolgere a ciascuno il mio cordiale benvenuto. Saluto il pellegrinaggio promosso dalla Fondazione Don Carlo Gnocchi dopo la recente beatificazione di questa luminosa figura del clero milanese. Cari amici, ho ben presente la straordinaria attività che dispiegate in favore dei bambini in difficoltà, dei disabili, degli anziani, dei malati terminali e nel vasto ambito assistenziale e sanitario. Mediante i vostri progetti di solidarietà, vi sforzate di proseguire la benemerita opera iniziata dal beato Carlo Gnocchi, apostolo dei tempi moderni e genio della carità cristiana, che raccogliendo le sfide del suo tempo, si dedicò con ogni premura ai piccoli mutilati, vittime della guerra, nei quali scorgeva il volto di Dio. «Sacerdote dinamico ed entusiasta e acuto educatore, visse integralmente il Vangelo nei differenti contesti di vita, nei quali operò con incessante zelo e con infaticabile ardore apostolico. «In questo Anno sacerdotale, ancora una volta la Chiesa guarda a lui come a un modello da imitare. Il suo fulgido esempio sostenga l’impegno di quanti si dedicano al servizio dei più deboli e susciti nei sacerdoti il vivo desiderio di riscoprire e rinvigorire la consapevolezza dello straordinario dono di Grazia che il ministero ordinato rappresenta per chi lo ha ricevuto, per la Chiesa intera e per il mondo». La pastorale nella cura delle persone anziane Se è vero che la vita umana in ogni sua fase è degna del massimo rispetto, per alcuni versi lo è ancor di più quando è segnata dall’anzianità e dalla malattia. Ci si chiede: ha ancora senso l’esistenza di un essere umano che versa in condizioni assai precarie, perché anziano e malato? Perché, quando la sfida della malattia si fa drammatica, continuare a difendere la vita, non accettando piuttosto l’eutanasia come una liberazione? Con queste domande deve misurarsi chi è chiamato ad accompagnare gli anziani ammalati, specialmente quando sembrano non avere più possibilità di guarigione. L’odierna mentalità efficientista tende spesso ad emarginare questi nostri fratelli e sorelle sofferenti, quasi fossero soltanto un “peso” ed “un problema” per la società. Chi ha il senso della dignità umana sa che essi vanno, invece, rispettati e sostenuti mentre affrontano serie difficoltà legate al loro stato. È anzi giusto che si ricorra pure, quando è necessario, all’utilizzo di cure palliative, le quali, anche se non possono guarire, sono in grado però di lenire le pene che derivano dalla malattia. Sempre, tuttavia, accanto alle indispensabili cure cliniche, occorre mostrare una concreta capacità di amare, perché i malati hanno bisogno di comprensione, di conforto e di costante incoraggiamento e accompagnamento. Vorrei aggiungere che questa necessaria sollecitudine pastorale verso gli anziani malati non può non coinvolgere le famiglie. È in genere opportuno fare quanto è possibile, perché siano le famiglie stesse ad accoglierli e a farsene carico con affetto riconoscente, così che gli anziani ammalati possano trascorrere l’ultimo periodo della vita nella loro casa e prepararsi alla morte in un clima di calore familiare. Anche quando si rendesse necessario il ricovero in strutture sanitarie, è importante che non venga meno il legame del paziente con i suoi cari e con il proprio ambiente. (da un intervento al Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, 2007) Rispettare la vita e la dignità del malato grave e del morente Lo sforzo sinergico della società civile e della comunità dei credenti deve mirare a far sì che tutti possano non solo vivere dignitosamente e responsabilmente, ma anche attraversare il momento della prova e della morte nella migliore condizione di fraternità e di solidarietà, anche là dove la morte avviene in una famiglia povera o nel letto di un ospedale. La Chiesa è chiamata ad offrire la testimonianza della carità operosa, specialmente verso le situazioni critiche di persone non autosufficienti e prive di sostegni familiari, e verso i malati gravi bisognosi di terapie palliative, oltre che di assistenza religiosa. Da una parte, la mobilitazione spirituale delle comunità parrocchiali e diocesane e, dall’altra, la creazione o qualificazione delle strutture dipendenti dalla Chiesa, potranno animare e sensibilizzare tutto l’ambiente sociale, perché ad ogni uomo che soffre e in particolare a chi si avvicina al momento della morte, siano offerte e testimoniate la solidarietà e la carità. La società, per parte sua, non può mancare di assicurare il debito sostegno alle famiglie che intendono impegnarsi ad accudire in casa malati afflitti da patologie degenerative o bisognosi di un’assistenza particolarmente impegnativa. In modo speciale, si richiede il concorso di tutte le forze vive e responsabili della società per quelle istituzioni di assistenza specifica che assorbono personale numeroso e specializzato e attrezzature di particolare costo. È soprattutto in questi campi che la sinergia tra la Chiesa e le Istituzioni può rivelarsi preziosa per assicurare l’aiuto necessario alla vita umana nel momento della fragilità. (da un discorso alla Pontificia Accademia per la Vita, 2008) La pastorale nella cura dei bambini malati Già gli antichi riconoscevano l’importanza di rispettare il bambino, dono e bene pre- ■ LA BEATIFICAZIONE DI DON CARLO GNOCCHI porta il sigillo di Papa Benedetto XVI: nel gennaio 2009 fu infatti lui a riconoscere il miracolo all’intercessione di don Carlo e ad annunciare la beatificazione, poi svoltasi a Milano il 25 ottobre 2009, davanti a 50 mila fedeli. E in occasione della solenne cerimonia, le parole del Pontefice - pronunciate durante l’Angelus da piazza San Pietro e trasmesse in diretta tv (foto sotto) - furono tra quelle che più emozionarono la folla in piazza Duomo, attorno all’urna di don Gnocchi. «Rivolgo anzitutto uno speciale saluto alle migliaia di fedeli radunati a Milano, dove stamani è stata celebrata la liturgia di beatificazione del sacerdote don Carlo Gnocchi - disse Benedetto XVI -. Egli fu dapprima valido educatore di ragazzi e giovani. Nella seconda guerra mondiale divenne cappellano degli alpini, con i quali fece la tragica ritirata di Russia, scampando alla morte per miracolo. Fu allora che progettò di dedicarsi interamente ad un’opera di carità. Così, nella Milano in ricostruzione, don Gnocchi lavorò per “restaurare la persona umana” raccogliendo i ragazzi orfani e mutilati e offrendo loro assistenza e formazione. Diede tutto se stesso fino alla fine e morendo donò le cornee a due ragazzi ciechi. La sua opera ha continuato a svilupparsi ed oggi la Fondazione Don Gnocchi è all’avanguardia nella cura di persone di ogni età che necessitano di terapie riabilitative. Mentre saluto il Cardinale Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, e mi rallegro con l’intera Chiesa ambrosiana, faccio mio il motto di questa beatificazione: accanto alla vita, sempre!». zioso per la società, al quale va riconosciuta quella dignità umana, che pienamente possiede già da quando, non ancora nato, si trova nel grembo materno. Ogni essere umano ha valore in se stesso, perché creato ad immagine di Dio, ai cui occhi è tanto più prezioso, quanto più appare debole allo sguardo dell’uomo. Con quanto amore va allora accolto anche un bambino non ancora nato e già affetto da patologie mediche! “Lasciate che i bambini vengano a me”: dice Gesù, mostrandoci quale debba essere l’atteggiamento di rispetto e di accoglienza con cui accudire ogni fanciullo, specialmente quando è debole e in difficoltà, quando soffre ed è indifeso. Penso soprattutto ai piccoli orfani o abbandonati a causa della miseria e della disgregazione familiare; penso ai fanciulli vittime innocenti dell’Aids o della guerra e dei tanti conflitti armati in atto in diverse parti del mondo; penso all’infanzia che muore a causa della miseria, della siccità e della fame. La Chiesa non dimentica questi suoi figli più piccoli e avverte con forza il dovere di invitare a prestare un’attenzione maggiore a questi nostri fratelli, perché grazie alla nostra corale solidarietà possano guardare alla vita con fiducia e speranza. (da un discorso al Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, 2008) Una società si giudica da come tratta gli anziani La qualità di una società, vorrei dire di una civiltà, si giudica anche da come gli anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune. Nella Bibbia la longevità è considerata una benedizione di Dio; oggi questa benedizione si è diffusa e deve essere vista come un dono da apprezzare e valorizzare. Eppure, spesso la società, dominata dalla logica dell’efficienza e del profitto, non lo accoglie come tale; anzi, spesso lo respinge, considerando gli anziani come non produttivi, inutili. Tante volte si sente la sofferenza di chi è emarginato, vive lontano dalla propria casa o è nella solitudine. Penso che si dovrebbe operare con maggiore impegno, iniziando dalle famiglie e dalle istituzioni pubbliche, per fare in modo che gli anziani possano rimanere nelle proprie case. Gli anziani sono un valore per la società, soprattutto per i giovani. Non ci può essere vera crescita umana ed educazione senza un contatto fecondo con gli anziani, perché la loro stessa esistenza è come un libro aperto nel quale le giovani generazioni possono trovare preziose indicazioni per il cammino della vita. (dalla visita alla Comunità di Sant’Egidio a Roma, 2012) MISSIONE UOMO L’UDIENZA SPECIALE ALLA FONDAZIONE Attualità REGIONI MISSIONE UOMO 6 Salute, le priorità del 2013: efficienza e appropriatezza ■ PREVENZIONE E COMUNICAZIONE, rilancio della ricerca sanitaria, politiche sanitarie internazionali, promozione della qualità dell’assistenza sanitaria, dispositivi medici, promozione della salute pubblica veterinaria e della sicurezza degli alimenti, politiche per l’efficienza gestionale... Sono queste - in attesa del nuovo Esecutivo - le aree di azione contenute del documento del ministero della Salute intitolato “Atti di indirizzo per l’individuazione delle priorità politiche per l’anno 2013”. Come ha sottolineato il ministro della Salute, Renato Balduzzi, si tratta di obiettivi strategici che tengono conto «del permanere di una difficile situazione della finanza pubblica, la quale impone la rigorosa necessità di ottimizzazione della spesa del bilancio statale, attraverso il perseguimento degli obiettivi del risanamento strutturale, del consolidamento dei conti pubblici e della creazione delle condizioni per una crescita economica». Balduzzi ha ricordato che «molto è già stato fatto nel 2012. Proprio sulla base di tali premesse, l’azione del ministero deve essere rivolta anche nel 2013 al perseguimento degli obiettivi di consolidamento dell’economicità della governance del sistema sanitario e di affermazione su tutto il territorio nazionale dei principi di efficienza e appropriatezza in ambito di prevenzione, diagnosi e cura, ricerca, salute pubblica veterinaria e sicurezza degli alimenti, nonché degli obiettivi di semplificazione e trasparenza delle procedure Le linee di indirizzo del ministero «nella rigorosa necessità di ottimizzazione della spesa di bilancio». E in attesa del nuovo Esecutivo amministrative e ottimizzazione della produttività e dell’efficienza dell’amministrazione». Tra le priorità indicate dal ministero per ciascuna area di intervento, se ne segnalano alcune di particolare rilevanza. Prevenzione e comunicazione Particolare attenzione dovrà essere dedicata alla prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili, favorendo l’adozione di stili di vita attivi e responsabili per affrontare in maniera globale i principali fattori di rischio modificabili. Dovranno proseguire gli interventi a tutela della salute umana in tutte le età della vita, attraverso interventi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria e secondo un approccio unitario al controllo dei fattori di rischio, anche ambientali, in particolare nei luoghi di vita e di lavoro, alla medicina predittiva, ai programmi pubblici di scree- CONVENZIONE ONU . Disabili, ecco il programma biennale ■ LA SEDUTA PLENARIA DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE sulla condizione delle persone con disabilità (organismo istituito dalla legge 18/2009, con la quale l’Italia ha ratificato la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità) ha approvato il 12 febbraio 2013 il testo definitivo del “Programma d’azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità in attuazione della legislazione nazionale e internazionale”, così come prevede la medesima legge . Il testo deve essere ora adottato con Decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, sentita la Conferenza unificata (chiamata a esprimersi entro trenta giorni), previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Si tratta di un atto che per la sua ampiezza e profondità è particolarmente importante per le persone con disabilità e le loro famiglie: di qui l’appello al prossimo Governo, perchè questo lavoro non vada disperso e rappresenti la spina dorsale delle future politiche sociali per le persone con disabilità.La Convenzione (approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006) riguarda oltre 650 milioni di persone che in tutto il mondo sono costrette a convivere con le difficoltà legate alla loro condizione e alle discriminazioni più diverse: in essa vengono riaffermati i diritti inalienabili che appartengono a ciascun individuo e che non possono essere negati proprio alla parte più fragile della popolazione. A questo sforzo collettivo l’Italia ha fornito un importante contributo, offrendo la propria esperienza consolidata negli ultimi decenni nel campo della promozione e tutela dei diritti delle persone con disabilità. ning e alla prevenzione delle recidive e delle complicanze di malattia, in linea con le previsioni del Piano nazionale di prevenzione. Rilancio della ricerca sanitaria L’assioma è che la buona assistenza richiede innovazione e quindi ricerca. La ricerca dovrà quindi essere vista non come elemento di spesa, ma di sviluppo. Concetto finora non percepito perché - spiega il ministro nel documento - «in passato i finanziamenti della ricerca servivano al mantenimento delle strutture e non per selezionare i migliori ricercatori, pertanto erano assenti elementi meritocratici comuni in altre società come quella anglosassone». La ricerca del ministero della Salute dovrà produrre risultati trasferibili all’attività clinica, con azioni quindi di integrazione tra l’attività di ricerca e la pratica clinica. Servirà poi una migliore strategia dei finanziamentierogati da Stato, Regioni, Università e Imprese, spesso attraverso procedure diverse in base a regole non omogenee. Secondo il ministero, occorre snellire le procedure burocratiche, coordinare degli interventi e concentrare degli investimenti. Pertanto, nel 2013 dovrà essere riqualificata la spesa destinata alla ricerca sanitaria, non solo attraverso l'uso razionale delle risorse assegnate, ma soprattutto incrementando la qualità della ricerca sanitaria italiana e garantendo la selezione dei migliori progetti di ricerca presentati. Per facilitare il trasferimento delle idee nell’attività produttiva si punterà anche alla compartecipazione di aziende private. Qualità dell’assistenza sanitaria Le azioni messe in campo devono essere in funzione del nuovo “Patto per la salute” e riguardano la definizione di nuovi indicatori e di strumenti innovativi per l’ottimizzazione in termini di costo/beneficio delle prestazioni sanitarie. Tra essi ci sono l’individuazione di criteri di “pesatura” della popolazione residente, ai fini della determinazione del fabbisogno regionale standard, strutturati anche sull’indice di prevalenza delle malattie; l’individuazione di indicatori di “out come” (esiti di cura delle malattie), al fine di effettuare confronti tra le diverse Regioni e all’interno di una stessa Regione E ancora, l’individuazione di un ulterio- re macro-livello di assistenza nella ripartizione del fabbisogno sanitario che sia strettamente legato all’emergenza-urgenza, da inserire tra le offerte di assistenza distrettuale e di assistenza ospedaliera; l’elaborazione di strumenti utili a consentire un miglioramento da parte delle regioni del riparto delle disponibilità finanziarie del Servizio Sanitario Regionale tra le varie aziende sanitarie regionali. Riorganizzazione dell’assistenza Tra gli strumenti per realizzare la continuità delle cure e l'integrazione tra i servizi e i professionisti, vengono individuati percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) per specifiche patologie, reti cliniche integrate per la gestione della cronicità, modalità finalizzate ad evitare il ricovero ospedaliero (Assistenza Domiciliare), strutture sanitarie residenziali per l’erogazione delle “cure intermedie”, reti informatiche e di telemedicina per realizzare efficienti modalità di comunicazione fra servizi e operatori. La riorganizzazione dell’assistenza territoriale per poter garantire la continuità delle cure durante le 24 ore e per 7 giorni alla settimana deve inoltre prevedere l’individuazione di modelli organizzativi assistenziali, diversificati ed adattabili ai diversi contesti territoriali, per evitare il ricorso eccessivo ed improprio, sia diretto che telefonico, ai servizi di emergenza-urgenza. A tal fine, può risultare utile l’integrazione del servizio di continuità assistenziale con il Sistema territoriale di Emergenza 118, che consentirebbe di intercettare preventivamente, laddove possibile, i codici bianchi e verdi. Qualità dei servizi sanitari L’azione dell’Amministrazione dovrà incentrarsi sulla definizione di nuovi criteri di efficienza, appropriatezza e qualità degli interventi sanitari. Uno degli strumenti per farlo dovrà essere la diffusione su tutto il territorio nazionale della prescrizione elettronica, nonché il potenziamento di sistemi informativi per la riduzione delle liste di attesa, anche attraverso centri unici di prenotazione on-line per l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale. Gli ospedali dovranno operare in grandi reti, avvalendosi di tecnologie e professionalità sempre più elevate e impiegando metodiche di “dematerializzazione” nella trasmissione e archiviazione delle informazioni, con capacità di risposta alla pluralità di richieste del paziente. Nuove Giunte in Piemonte, Lazio e Lombardia: Mario Mantovanialla guida della sanità del Pirellone ■ ARCHIVIATE LE ELEZIONI DI FEBBRAIO,i neo eletti presidenti della Regione Lombardia (Roberto Maroni) e della Regione Lazio (Nicola Zingaretti) hanno provveduto a nominare le rispettive giunte regionali. Nel mese di marzo, invece, il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, ha provveduto a nominare una nuova giunta, con incisive variazioni rispetto all’esecutivo precedente. Ecco la nuova mappa delle istituzioni locali, con particolare attenzione agli assessorati che si occupano di materie sociali e tenuto conto che in queste tre Regioni si concentra una forte presenza di strutture della Fondazione Don Gnocchi. LOMBARDIA. Si riconferma al governo la coalizione di centrodestra, con una guida però diversa rispetto ai quasi due decenni precedenti presieduti da Roberto Formigoni (Pdl). Il neo governatore Roberto Maroni Roberto Maroni Mario Mantovani sei donne, facendone la giunta più “rosa” d’Italia. Massimiliano Smeriglio (Sel) è il nuovo vicepresidente e assessore, con deleghe alla Formazione, Università, Scuola e Ricerca, mentre a Lucia Valente (esterna) è Nicola Zingaretti Massimiliano Smeriglio toccato l’incarico di assessore al Lavoro. Zingaretti ricopre (ad interim) anche la carica di assessore alle Politiche Sociali. PIEMONTE.A poco più di due anni dalla scadenza della legislatura, il presidente Roberto Cota (Lega Nord) ha varato una nuova giunta che vede confermato Ugo Cavallera (Pdl)nel ruolo di vicepresidente, ma con l’assunzione di nuove importanti deleghe in qualità di assessore alla Tutela della Salute e Sanità, all’Edilizia sanitaria, alle Politiche Sociali e Politiche per la Famiglia e Coordinamento delle politiche del volontariato. Restano al loro posto anche Alberto Cirio (Pdl) all’I- (Lega Nord)ha composto un esecutivo rinnovato, con la presenza di quattordici assessori e con una forte componente femminile. Il vicepresidente, con la delega-chiave di assessore alla Salute, è Mario Mantovani (Pdl). Presente inoltre in giunta Cristina Cantù (Lega Nord), come assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale e Volontariato. Riconferme per Valentina Aprea (Pdl)nel ruolo di assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro e per l’assessore uscente alla sanità, Mario Melazzini (area Pdl), con nuove di deleghe alle Attività Produttive, Ricerca e Innovazione. Roberto Cota LAZIO. Il neopresidente Nicola Zingaretti (Pd) - commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario - ha nominato un esecutivo composto da soli quattro uomini e da ben struzione e Claudia Porchietto (Pdl)al Lavoro e Formazione professionale, mentre il neo assessore Agostino Ghiglia (Fratelli d’Italia) si occuperà tra l’altro della Ricerca e dell’Innovazione. Ugo Cavallera SANITA’ CATTOLICA . Don Arice porta il sostegno della Cei ■ DON CARMINE ARICE (foto), nuovo direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale della sanità della Conferenza Episcopale Italiana in sostituzione di don Andrea Manto - sta compiendo una serie di incontri con le istituzioni sanitarie cattoliche presenti nelle varie regioni italiane, tra cui la Fondazione Don Gnocchi. Lo scopo di questa iniziativa è di esprimere la vicinanza e il sostegno della Cei alla galassia del- la “sanità cattolica” che vede numerose strutture in sofferenza per le conseguenze della crisi economica e altri fattori. «Questi incontri - precisa monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei – saranno conclusi da un evento a carattere nazionale di tutte le istituzioni sanitarie cattoliche per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle risorse che essere rappresentano e sulle difficoltà che incontrano». 7 MISSIONE UOMO ISTITUZIONI Attualità LO STATO DI SALUTE DEL PAESE RAPPORTI 9 Welfare e sopravvivenza nel futuro di un Paese in crisi ■ UN PAESE IN DIFFICOLTÀ, per la crisi che grava sui bilanci delle famiglie e sui risparmi degli italiani. Con serie conseguenze sulla spesa sanitaria e la salute. È il quadro, in estrema sintesi, che emerge dalla 46esima edizione del Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, rapporto che la Fondazione Censis redige ogni anno interpretando e analizzando i più significativi fenomeni socio-economici e i processi di trasformazione in atto. Tanti e variegati i settori analizzati: formazione e lavoro, welfare e sanità, territorio e reti, soggetti e processi economici, media e comunicazione, governo pubblico, sicurezza e cittadinanza... Crisi e sopravvivenza sono le parole chiave che hanno caratterizzato l’ultimo anno. Lotta per la sopravvivenza che non risparmia nessun soggetto della società, individuale o collettivo, economico o istituzionale. Un quadro che al primo colpo d’occhio volge con chiarezza al negativo. Spunta con evidenza l’indice della rabbia da parte dei cittadini, seguono la paura e il senso di frustrazione. La voglia di reagire è ancora troppo bassa se si considera che i timori per il futuro riguardano soprattutto due settori estremamente delicati come la salute e la non autosufficienza. L’economia allo sfinimento e i profondi mutamenti sociali hanno costretto i cittadini a riprogrammare le priorità e a cambiare le abitudini di consumo. Da un lato persone che di fronte all’aumento del costo delle prestazioni sanitarie semplicemente ci rinunciano e dall’altro un modello di welfa- Il Censis disegna la situazione sociale di un’Italia ancora in ginocchio. I timori delle famiglie sui temi della salute e non autosufficienza di Claudia Dorini re che ha sofferto per le manovre messe in atto con la spending review. Eppure il welfare italiano è ancora una straordinaria risorsa: «Valorizzare il welfare - si legge nel rapporto - a cominciare dal suo fattore umano di sicura qualità, non è solo una questione di livelli di spesa pubblica, è piuttosto questione di vision, di capacità di leggere le potenzialità che una piattaforma di tutela moderna, ad alta intensità di tecnologie e professionalità, può offrire anche alla capacità competitiva del Paese». Le risposte ai bisogni emergenti A fronte dell’evoluzione demografica, la sfida per i prossimi anni deve volgere nella direzione - dal punto di vista dell’organizzazione dei servizi pubblici di assistenza dell’adeguamento del sistema di offerta sanitaria e assistenziale ad un bisogno che si modifica profondamente, indirizzandosi in modo sempre più deciso verso la cronici- tà e le complesse necessità assistenziali che essa comporta. La capacità di risposta del sistema pubblico deve essere altrettanto articolata e mutidimensionale come lo sono i nuovi bisogni emergenti. Sono ancora una volte irrimediabilmente le famiglie a dover infatti supplire alle carenze del sistema pubblico di offerta. Spesso si tratta di assistenza personale fornita direttamente alle persone non autosufficienti, ma anche una serie di prestazioni che dovrebbero essere erogate da personale sanitario vengono invece fornite dai familiari. La spesa sanitaria “out of pocket” è ancora molto alta in Italia e rappresenta un’integrazione autonoma di quei beni e servizi sanitari che la copertura pubblica non riesce a garantire (per lo più acquisto di farmaci, prestazioni diagnostiche e specialistiche ambulatoriali, prestazioni odontoiatriche). Ad aver sostenuto nel corso dell’ultimo anno almeno una spesa “out of pocket” è stato circa l’84% delle famiglie italiane, che hanno mediamente affrontato un esborso di oltre seicento euro. Ovviamente in tempi di crisi economica e di contrazione dei consumi da parte delle famiglie, anche le possibilità di supplire alle carenze del sistema sanitario pubblico tendono a ridursi; la situazione si aggrava ulteriormente e spesso diventa insostenibile quando si ha a che fare con malattie gravi o croniche. Ictus, tumore e morbo di Alzheimer differenti tra loro dal punto di vista medicosanitario - risultano invece accumunate da un carico assistenziale che rimane in gran parte sulle spalle delle famiglie, con costi calcolati anche oltre i diecimila euro annui. È l’Alzheimer la patologia che impone alle famiglie il maggior carico assistenziale e dunque i più alti costi sociali. Il fatto che si tratti di una patologia la cui incidenza è fortemente legata all’età, testimonia - a fronte del progressivo invecchiamento della popolazione - l’assoluta necessità di riorganizzare il sistema delle cure e dell’assistenza a lungo termine. Circa il 60% delle famiglie intervistate ha dichiarato di aver dato o ricevuto nell’ultimo anno almeno una forma di aiuto tra sostegno prettamente economico, assistenza ad anziani non autosufficienti, compagnia a persone sole o malate, aiuto nelle mansioni della vita quotidiana. Sono le famiglie con un capofamiglia di età intermedia (tra i 45 e i 64 anni) quelle che forniscono maggiori aiuti: da un lato ai figli che faticano a trovare una collocazione stabile nel mercato del lavoro, dall’altro ai genitori che cominciano ad accusare qualche problema di salute che può richiedere assistenza di intensità variabile. Le famiglie più giovani si trovano a usufruire soprattutto di aiuti economici per la gestione dei figli piccoli, quelle più anziane per l’assistenza personalelegata al peggioramento delle condizioni di salute dovute all’età. Ma chi sta pagando maggiormente il tradizionale disequilibrio tra i comparti del welfare e risente maggiormente della crisi sono le famiglie marginali sotto il profilo del reddito disponibile, che senza trasferimenti pubblici finiscono per approssimare o addirittura scendere sotto la soglia di povertà. Rischio di povertà strettamente associato alle “sforbiciate” di spending review e a manovre di stabilità che minacciano soprattutto i redditi familiari più precari. Famiglie, previdenza ed equità A fronte di una copertura pubblica di welfare costantemente carente sarà sempre maggiore l’autogestione e l’autoregolazione familiareche, è vero, in molti casi è risultata e risulta efficace, ma che mostra ancora non poche criticità se si considera che una quota non indifferente delle risorse che viene dedicata al welfare familiare proviene da redditi pensionistici. Cresce infatti una percezione collettiva non positiva del sistema previdenziale italiano, un tempo pilastro del welfare e della sicurezza dei cittadini, oggi invece guardato con diffidenza, perché non più in grado di rassicurare i cittadini rispetto al grande rischio legato al trascorrere dell’età e alla connessa uscita dal mondo del lavoro. Rimangono pertanto significativi i margini di manovra per riequilibrare il sistema di protezione sociale italiano, soprattutto in termini di maggior equità, spostando le risorse per garantire una razionale ridistribuzione delle tutele in favore delle famiglie che finora ne sono rimaste di fatto escluse. «Il welfare italiano è ancora una straordinaria risorsa per il Paese - aggiunge ancora il rapporto - non solo sul piano della coesione sociale, ma anche rispetto a potenzialità di rilancio della crescita, laddove si guardi oltre le risposte congiunturali alla crisi»: come dire quanto sia dunque necessario investire per contribuire a rilanciare la domanda e innovare istituzioni, reti, organizzazioni, imprese e competenze che producono benessere non solo economico, ma anche sociale. Servono modelli innovativi di curae assistenza a sostegno delle vecchie e nuove fragilità ■ SONO PIÙ DI 8 MILIONI GLI ITALIANI che vivono in stato di povertà. Altri 15 milioni sono a rischio di povertà o di esclusione sociale. Negli ultimi dieci anni la spesa sanitaria pubblica è aumentata complessivamente di 61,8 miliardi di euro, molto più velocemente rispetto alla crescita economica del Paese, peraltro estremamente contenuta. Oggi è la sanità a giocare un ruolo chiave per la sostenibilità del sistema: mancata crescita e mancata riduzione del debito pubblico pesano in maniera determinante sui conti dell’Italia e hanno imposto - e imporranno per il futuro scelte radicali e dolorose. I dati emergono dal documento di studio e analisi dello stato di salute degli italiani e sugli scenari futuri della sanità nel nostro Paese, condotto dall’Associazione di Iniziativa parlamentare e legislativa per la Salute e la Prevenzione, in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Interventi innovativi di protezione e promozione della salute, appropriatezza ed efficienza nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenzasu tutto il territorio nazionale e nuovi programmi di prevenzione delle malattie, con particolare riguardo alle malattie oncologiche e cardiovascolari - che rappresentano ancora oggi uno dei più importanti problemi della sanità pubblica in Italia - sono solo alcune delle azioni necessarie per garantire nuovi modelli di assistenza sanitaria e per assicurare la presa in carico globale dei pazienti in particolari condizioni di fragilità (Infanzia e adolescenza, anziani, disabili e immigrati) e di non autosufficienza. Per quanto riguarda la salute degli italiani, il pericolo derivante dalla crisi finanziaria si esplica in un aumento dei fattori di rischio, in una diminuzione dei servizi pubblici e in un risparmio sull’attività di prevenzione. In Italia, infatti, tra i principali motivi per cui non si effettuano esami e visite mediche specialistiche prevalgono gli ostacoli di natura economica e quelli legati alle liste d’attesa. Aumento delle differenze di qualità tra le varie sanità regionali ed eccessiva interferenza della politica nella sanità sono invece le principali paure degli italianirispetto al futuro della sanità pubblica. Futuro che deve tradursi, per rispondere ai bisogni di salute emergenti, in un potenziamento dell’assistenza territoriale, oggi sempre più necessaria. I dati relativi all’Assistenza Domiciliare Integrata, alle RSA e Hospice nel nostro Paese rivelano una diversità regionale ancora radicata e una rete di servizi che va potenziata. Assistenza farmaceutica e assistenza ospedaliera sono gli altri due settori in cui è necessario agire per individuare le aree di maggior inappropriatezza e per ridurre il divario tra le regioni. Il consumo di farmaci nel nostro Paese da un lato rimane ancora elevato (soprattutto antibiotici) rispetto agli standard europei, dall’altro la razionalizzazione della rete degli ospedali - dettata dall’esigenze della spending review - non deve penalizzare i livelli qualitativi dei servizi per il cittadino, garantiti anche da un valido sistema a rete tra ospedale e territorio. Formazione e ricerca sono i due aspetti chiave su cui puntare per garantire una sempre miglior qualità dei servizi sanitari e maggiore professionalità delle risorse umane coinvolte. In un periodo di crisi generalizzata, investire in istruzione, formazione e ricerca scientifica è importante per contribuire in modo decisivo allo sviluppo socioeconomico del Paese, unitamente a una sempre crescente responsabilizzazione delle aziende sulle performance economiche e di salute e ad una chiara definizione dei livelli di assistenza a garanzia del principio di copertura universale dei costi e di allocazione ottimale delle risorse. Queste le sfide da evidenziare nell’agenda degli Enti e delle realtà che, come la Fondazione Don Gnocchi, da anni si impegnano a sostegno e supporto delle fragilità, facendone un principio saldo della propria mission istituzionale. MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 8 Attualità L’ELENCO SCENARI 11 Conti in tasca agli italiani: cresce la spesa sanitaria privata ■ IL SISTEMA DI WELFARE ITALIANO è destinato a subire una mutazione genetica, dai contorni in gran parte ancora indefiniti. Di sicuro, però, la componente pubblica dovrà contrarsi di pari passo con la riduzione della disponibilità di risorse pubbliche per prestazioni sociali e socio-sanitarie. Ogni 100 giovani in Italia ci sono 144,5 anziani e nel 2030 questa quota salirà a 205,3. Il 20,3% della popolazione italiana ha più di 65 anni e il 5,6% più di 80 anni. Il nostro, dunque, è sempre più un “popolo di anziani”, ma non è ancora attrezzato e pronto per diventare un “Paese per anziani”. Le recenti ricerche realizzate in Italia evidenziano che circa due terzi degli over 75 deve ricorrere ad un’assistenza “informale”, ovvero prestata da badantio dai familiari più stretti. Inoltre, oltre 2,4 milioni di anziani non possono permettersi le terapie più adeguate per ragioni economiche. Stanno infine crescendo la percezione di un lento scivolamento verso il basso della sanità esistente e l’idea che la qualità media dei servizi sanitari si stia abbassando; nella percezione collettiva, la minore qualità dei servizi è indissolubilmente legata in maniera diretta al contenimento della spesa sanitaria pubblica. In media, ogni cittadino italiano spende di tasca propria 611 euro l’anno. La maggior parte (54,6%) se ne va per le visite specialistiche, in particolare dal dentista, dal ginecologo, dal dermatologo, dall’oculista e dall’ortopedico. Risultano “out of pocket” anche il 18,2% degli esami medici ed oltre il 40% delle sedute di riabilitazione e delle cure domiciliari di lunga durata. Ogni cittadino spende in media di tasca propria oltre 600 euro l’anno. I fondi integrativi come laboratorio di un nuovo welfare di Eufrasia Novellini Unica tra le grandi nazioni europee a non avere un Fondo per la non autosufficienza, l’Italia sta cominciando ora a discutere di emergenza assistenziale per le persone anziane e le persone anche più giovani, ma non in grado di vivere autonomamente la propria quotidianità a causa di infortuni o malattie. Rilevante è la componente di spesa sanitaria privata, pari oggi ad oltre 30 miliardi di euro (circa il 23% del totale) e soprattutto il fatto che questa sia sostenuta per l’82% direttamente dai cittadini, mentre il 13,9% è veicolato dai fondi integrativi e il solo il 3,7% dalle assicurazioni private. Non stupisce dunque che la prima paura degli italiani, sia rappresentata dalla non autosufficienza (85%) e dall’eventuale impossibilità di pagare le spese mediche (82,5 %), più della criminalità e della disoccupazione. Per assicurare l’accesso alle cure e mantenere l’universalità del nostro sistema sanitario, se non sarà possibile diminuire la per- I FONDI . Quasi dodici milionidi assistiti alla fine del 2013 ■ STATO ATTUALE E DATI RILEVATI DALL’ANAGRAFE DEI FONDI DEL MINISTERO: • 293 fondi a fine 2011, di cui 254 certificati per accedere alle agevolazioni previste dalla normativa; • l’83% con esclusivo fine assistenziale; • solo il 69% ha dichiarato il numero degli iscritti, pari a 3.367.000 e circa 5 milioni di aderenti stimati; • due fondi per “long term care” (dipendenti bancari e assicurativi); • Poste Italiane ha recentemente lanciato Poste Vita per assicurarsi per la LTC; • non sono ancora iscritti i fondi istituiti nel 2011-2012 che produrranno la documentazione a partire dalla fine 2012 e nel 2013 (sono circa 30); • alla fine del 2013 si può stimare che avremo 7 milioni di iscritti e circa 12 milioni di assistiti. Fonte: annali a cura di Grazia Labate - Convegno Welfare day 2012 centuale di spesa privata, sarà necessario riqualificarla, passando dal concetto di spesa individuale a quello di spesa collettiva con quote di mutualità e solidarietà. Lasanità integrativa, come in generale le forme della mutualità, si collocano quindi nell’ambito di un mutamento valoriale in atto, rispondendo alle richieste crescenti di una maggior relazionalità sociale che superino la crisi dell’individualismo, rendendo virtuoso il circuito diritti-responsabilitàempowerment individuali e collettivi. I fondi integrativipossono essere il laboratorio naturale per sperimentare i nuovi servizi, la strada maestra è quella di implementare i servizi di territorio, la medicina di comunità, le cure domiciliari, la continuità assistenziale, avvalendosi oltre che dell’intervento pubblico, del mercato sociale e del terzo settore, della mutualità sia negoziale che di territorio. Il welfare aziendale Anche le nuove spinte del welfare aziendale e della sanità integrativa come benefit aziendale costituiscono un’opportunità da utilizzare per dare nuovi equilibri al sistema sanitario. Il tema del welfare aziendale si pone con forza per vari motivi: da una parte le nuove generazioni percepiscono il rischio di una riduzione dei livelli di assistenza sanitaria pubblica e guardano alle opportunità di welfare aziendale con la consapevolezza delle trasformazioni economiche e sociali LA SCHEDA. Le esperienze del welfare europeo ■ IN EUROPA SONO DIFFUSE due tipologie di mutue: • le società di mutuo soccorso (mutual benefit) • le mutue assicuratrici (mutual insurance). Le prime forniscono coperture di welfare completamente supplementari o integrative del sistema di protezione sociale vigente nei diversi Paesi, gestiscono in alcuni casi proprie strutture (ospedali, farmacie, case di cura per anziani non autosufficienti) con pacchetti di prestazioni di aiuto domestico, assistenza domiciliare anche riabilitativa, molto flessibili e attenti all’esigenza del singolo o della famiglia anche per periodi brevi. Le mutue assicuratrici offrono, invece, un vero e proprio servizio assicurativo e possono coprire tutti i rischi, dalla proprietà immobiliare alla vita. che stanno investendo il nostro Paese. Dall’altra si sta diffondendo una nuova sensibilità da parte delle aziende e del top management che mette in atto politiche di gestione del personale innovative per i dipendenti (esempio, percorsi salute e benessere, conciliazione vita-lavoro, supporto allo studio, telelavoro e agevolazione per i familiari...). In questi termini il welfare aziendale diventa elemento qualificante per la gestione delle risorse umane e un fattore di competitività per le imprese stesse, costruito secondo logiche di sussidiarietà e tutela dei lavoratori, sviluppo dell’engagement e coerenza con i valori aziendali, offrendo servizi che favoriscono il worklife balance, soprattutto attraverso interventi a favore delle fasce più deboli (operai ed impiegati). Tutte le convenzionidella Fondazione attive con enti, mutuee fondi di categoria ■ FASDAC Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione. A chi è rivolta: dirigenti di aziende commerciali. ■ MAPFRE- ASSICATTOLICA Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione. A chi è rivolta: gruppo assistiti Cattolica Assicurazione, Istituto Nazionale sostentamento del clero, altri gruppi iscritti al MAPFRE. ■ BPM - Associazione Volontariato Serenità Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione. A chi è rivolta: dipendenti, pensionati della Banca Popolare di Milano e loro familiari. ■ PREVIMEDICAL Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione. A chi è rivolta: fondi sanitari, casse sanitarie, società di mutuo soccorso, compagnie di assicurazione, broker. ■ CASPIE Dove: attiva nei Centri della Fondazione che erogano attività di degenza a pagamento. A chi è rivolta: personale degli Istituti di Credito rientranti nell’elenco CASPIE. ■ CONSORZIO MUSA- Insieme Salute Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione. A chi è rivolta: assistiti consorzio MUSA cui aderiscono varie società di mutuo soccorso. ■ OAF – Opera Aiuto Fraterno (Diocesi di Milano) Dove: attiva nei Centri lombardi della Fondazione. A chi è rivolta: clero anziano, in pensione, con particolari fragilità. ■ ARCIDIOCESI DI MILANO Dove: attiva nei Centri lombardi della Fondazione. A chi è rivolta: dipendenti amministrativi laici dell’Arcidiocesi di Milano e loro familiari (ad integrazione con la convenzione con OAF). ■ ALDAI - FEDERMANAGER Dove: attiva nei Centri lombardi della Fondazione. A chi è rivolta: associazione lombarda dei dirigenti delle aziende industriali. ■ CONFARTIGIANATO Dove: attiva nel Centro “Bignamini” di Falconara Marittima (AN). A chi è rivolta: artigiani e pensionati associati. ■ FAS –Fondo di Assistenza Sanitaria Dove: attiva nei Centri “S. Maria della Pace” e “S. Maria della Provvidenza” di Roma. A chi è rivolta: dipendenti degli enti gestiti amministrativamente dalla Sede Apostolica. ■ ASSIRETE Dove: attiva nel Polo Riabilitativo della Fondazione di Acerenza (PZ). A chi è rivolta: primarie compagnie di assicurazione, fondi e casse di assistenza sanitaria integrativa. ■ UNIVERSITA’ DELLA TERZA ETA’ Dove: attiva nei Centri lombardi della Fondazione. A chi è rivolta: iscritti all’Università della Terza Età. ■ AGOAL Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione. A chi è rivolta: a tutti i membri iscritti all’Associazione ricreativa del Gruppo Intesa San Paolo. ■ FASI Dove: attiva per la RSA del Centro “S. Maria al Castello” di Pessano con Bornago (MI) e per il Centro “GalaDon Gnocchi” di Acerenza (PZ). A chi è rivolta: dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi. ■ EUDAIMON Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione. A chi è rivolta: dipendenti di grandi società/aziende clienti di Eudaimon e loro familiari. ■ CUPLA Dove: attiva nel Centro della Fondazione “S. Maria ai Servi” di Parma. A chi è rivolta: comitato pensionati lavoro autonomo della provincia di Parma artigianato-commercio-agricoltura. ■ ASSI Squash Dove: attiva nel Centro di Medicina dello Sport del Centro “S. Maria Nascente” di Milano. A chi è rivolta: a tutti i membri iscritti all’associazione sportiva dilettantistica ASSI (Squash Italia). ■ CASAGIT Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione. A chi è rivolta: giornalisti. ■ FONDO SALUTE SCE Dove: attiva in tutti i Centri della Fondazione. A chi è rivolta: tutti gli iscritti al Fondo Salute “Cesare Pozzo” e ai pensionati ATM. MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 10 Attualità STORIE 13 La lezione di Alessio: «Con la passione tutto è possibile» ■ IL MESSAGGIO DI ALESSIO ha la forza dirompente delle cose semplici: «Vorrei dire a tutti che se un obiettivo ci appassiona, se un traguardo ci entusiasma, non importa quanto sia difficile da raggiungere… Che sia un passatempo, un hobby, perfino un lavoro, se ci piace certamente non è impossibile». Alessio ha 22 anni ed è affetto da paraparesi spastica. Da dieci in Fondazione Don Gnocchi, ha frequentato le scuole medie, poi il liceo scientifico e da alcuni mesi ha trovato lavoro in un’azienda dell’hinterland milanese. «Quando abbiamo ricevuto il curriculum di Alessio - spiega Rita Castagnola di Zodiak Active, divisione di Zodiak Media Group, società di produzione televisiva europea - e abbiamo letto che tra le sue passioni vi erano le attività con Photoshop e digitali, abbiamo subito pensato che fosse quasi un segno del destino. Tra le nostre attività vi sono anche i servizi di comunicazione digitali alle aziende clienti e in più cercavamo una posizione che avrebbe potuto essere idonea». Di lì, il passo è stato breve: «Ho parlato di questa possibilità all’amministratore delegato e, avuto il suo placet, ho coinvolto le col- Dopo il diploma e i corsi professionali, il lavoro in azienda. L’esperienza raccontata in un audiovisivo. I colleghi: «Un esempio anche per tutti noi…» leghe (tante) e i colleghi (pochi) dell’area Finanza per condividere questa scelta, che è stata accolta con favore. La prima volta che abbiamo incontrato Alessio abbiamo notato come gli brillassero gli occhi di fronte ai computer di montaggio delle produzioni televisive e come fosse interessato a tutto quello che è creatività». Per Alessio - corso di formazione professionalealle spalle e un’esperienza di tirocinio assistito in un negozio fotografico - è stato il coronamento di un sogno. O anche, per dirla con i termini dei responsabili del Servizio socioeducativo del Centro “S. Maria Nascente” di Milano, il completamento del progetto riabilitativo. «Sono nato a Clusone, nella bergamasca, nel 1991 - racconta orgoglioso - e ho vissuto a casa, a Gromo, fino al 2001, quando sono stato accolto in una comunità a Parabiago (Mi). L’anno successivo sono arrivato al “Don Gnocchi”. Ho frequentato le scuole dell’obbligo al Calasanzio e il liceo “Marconi”. Il mio hobby preferito è suonare la chitarra, ma mi piace anche leggere ed operare al computer. Ora nel curriculum posso scrivere di avere un impiego. Lavoro nel settore amministrativo, aiuto i colleghi a sistemare le fatture, faccio lo schema, in excel, della situazione giornaliera delle fatture e, quando arrivano nuovi dipendenti, realizzo, con Photoshop, le schede di benvenuto per loro». «Alessio è il nostro “ragazzo benvenuto” aggiunge Rita -, ovvero colui che si occupa della creazione e realizzazione delle cosiddette “welcome mail”, che permettono a tutto lo staff di prendere coscienza dei nuovi arrivi, di sapere di più delle loro esperienze professionali precedenti e curiosare su notizie più personali, nonché di vedere che facce (serie e buffe) hanno i nuovi colleghi attraverso simpati- che fotografie. Siamo consapevoli che in questo percorso, intrapreso tutti insieme, lo stiamo coinvolgendo in attività amministrative dove impegna la testa, ma non il cuore, che si emoziona, appunto, quando riesce ad aiutarci nelle attività più digitali e dove può mettere in pratica la sua creatività. È comunque un buon inizio, che ci insegna a condividere le sensazioni positive di quando riusciamo ad aiutare un amico a superare un ostacolo, a raggiungere un traguardo per poi affrontare il successivo». Alessio confessa di essere stato accolto benissimo e di non avere difficoltà in azienda, nonostante le levatacce da...pendolare: «Mi alzo alle 6.30 del mattino, mi preparo e parto alle 8. Alle 9 circa sono in ufficio, fino alle 13. Poi torno al Centro “Don Gnocchi”. È una bella fatica, ma per me è importante poter lavorare fuori, è un bel traguardo per la mia crescita, perché imparo a relazionarmi con gli altri. La cosa che mi piace di più è quando mi danno da fare le schede con Photoshop perché, nonostante sia uno schema prefissato, mi piace molto il programma e così posso mostrare la mia parte artistica». I colleghi di “Zodiak Active” hanno realizzato un emozionante audiovisivo, che racconta l’esperienza di Alessio e il suo percorso di integrazione in azienda. «Ogni tanto abbiamo il timore di non riuscire a trovare attività stimolanti per lui conclude Rita -. Vedere tuttavia che Alessio affronta con la stessa positività anche le attività che meno ama, è un grande insegnamento per tutti noi, che talvolta affrontiamo la routine quotidiana lamentandoci, senza vedere i lati positivi di quello che abbiamo e senza metterci il necessario impegno nell’affrontare e superare gli ostacoli ed i nostri limiti. È vero, Alessio ripete spesso che la maggioranza delle colleghe sono donne. Ma certo è un vantaggio: è viziato e coccolato con dolci e dolcetti come meglio non si potrebbe. Ma forse questo doveva rimanere un segreto: i responsabili della Fondazione si erano raccomandati di essere severi con lui…». MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 12 RILEVAZIONE ISTAT Anche la Fondazione nel censimento del “non profit” ■ LA RILEVAZIONE SULLE ISTITUZIONI non profit fa parte del 9° Censimento generale dell’Industria e dei Servizi effettuato dall’Istat e concluso lo scorso dicembre. Le singole realtà coinvolte nel Censimento sono state individuate conformandosi alla definizione internazionale del System of National Accounts (SNA) che considera principalmente il criterio del “divieto di distribuzione di profitti o altri guadagni diversi dalla remunerazione del lavoro prestato ai soggetti che l’hanno istituita o ai soci”. L’Italia è tra i pochi paesi in Europa a censire periodicamente il mondo del no profit. In questa ultima edizione del censimento sono state coinvolte 474.765 istituzioni non profit - quasi il doppio rispetto all’edizione precedente - con l’obiettivo di ottenere un quadro più completo dell’articolato universo di riferimento. Complessa ed eterogenea la platea delle istituzioni censite: Fondazioni, Enti Ecclesiastici, Cooperative sociali, Organizzazioni di volontariato, Organizzazioni Non Governative, istituzioni Sanitarie, Istituti educativi, di formazione e di ricerca, Associazioni Sportive, Associazioni di categoria, Comitati… La rilevazione si è svolta attraverso la compilazione di un questionario i cui contenuti sono stati individuati in collaborazione con esperti del settore, stakeholder e referenti istituzionali coinvolti nel Comitato consultivo, istituito appositamen- SPORT E DISABILI . Coppa del mondo, nuova impresa di Enzo ■ A LTRO GRANDE RISULTATO PER ENZO MASIELLO, atleta dello sci di fondo dipendente della Fondazione Don Gnocchi di Milano. Dopo l’argento e il bronzo alle Paralimpiadi di Vancouver nel 2010, i due podi nel 2011 ai Mondiali in Russia e la medaglia d’argento in Coppa del Mondo l’anno scorso negli Usa, nelle scorse settimane Enzo è riuscito a stupire ancora tutti e ad aggiudicarsi un’altra medaglia d’argento nella Coppa del Mondo sulle nevi di Solleftea (Svezia), grazie al secondo posto nella 15 chilometri di sci di fondo. Su piste molto dure e non adatte alle sue caratteristiche, e con una neve non delle migliori (complice anche un tempo quasi primaverile), Masiello è riuscito nell’ennesima impresa. Tra i tanti complimenti, anche quelli dell’intera Fondazione e in particolare dei colleghi del Centro di Formazione Orientamento e Sviluppo (CeFOS) di Milano. te dall’Istat per l’impostazione dei censimenti. Anche la Fondazione don Gnocchi, adempiendo agli obblighi normativi, ha risposto all’appello compilando l’apposito questionario, articolato in sette diverse sezioni: dati anagrafici e stato di attività; struttura organizzativa; risorse umane; risorse economiche, attività, struttura territoriale-unità locali, informazioni generali. Le domande - approfondite, diversificate e dettagliate - erano costruite in modo tale da poter ricavare dati interessanti e utili sia per rispondere alle esigenze informative di studiosi e operatori del settore, sia per adempiere alle richieste delle organizzazioni internazionali sul posizionamento del non profit nel quadro delle politiche sociali in Italia, nonchè per avviare iniziative concrete di sostegno al settore, che dovrebbe essere considerato, soprattutto oggi, un protagonista importante nel rilancio della crescita del Paese. Risorse umane, volontari, rapporti con le istituzioni, strumenti di comunicazione, ambiti di attività (nel grafico in alto, la suddivisione percentuale dei posti-letto), tipologie delle persone assistite ogni anno, sono solo alcuni degli aspetti censiti che hanno rappresentato per la Fondazione un’imperdibile appuntamento per avvalorare il proprio impatto in termini di coesione sociale, comunicazione, cittadinanza attiva e livello di partecipazione sui territori di riferimento. ORGANIZZAZIONE Nomine, insediati il nuovo Cdae il Collegio dei revisori ISTITUZIONE MISSIONE UOMO 14 La Fondazione al Quirinale: «Siete simbolo dell’Italia solidale» ■ CON GRANDISSIMA, affettuosa ammirazione per la grande realtà della Fondazione Don Gnocchi, punto di riferimento di un’Italia sensibile e solidale. Firmato: Giorgio Napolitano. Con queste parole il Capo dello Stato ha impreziosito il corposo album fotografico che racconta oltre mezzo secolo di incontri e collaborazione proficua tra l’Opera del “papà dei mutilatini” e la presidenza della Repubblica, volume che ha accompagnato la delegazione che nel dicembre scorso è stata accolta al Quirinale, in occasione del sessantesimo di attività della Fondazione stessa, riconosciuta ufficialmente con decreto del presidente della Repubblica l’11 febbraio del 1952. La delegazione, guidata dal presidente monsignor Angelo Bazzari e dal vicepresidente Giovanni Cucchiani, era composta da membri del Consiglio di Amministrazio- Il cordiale incontro con il presidente Giorgio Napolitano per i sessant’anni di attività dell’Opera. L’incoraggiamento del Capo dello Stato ne, dal direttore scientifico Paolo Mocarelli, dal presidente del Comitato Etico Flaminio Cattabeni, dai direttori degli otto Poli regionali, da rappresentanti delle direzioni e dei servizi centrali e da alcuni operatori, religiosi e religiose, ospiti disabili e loro familiari. Per l’occasione, è stata donata al presi- dente della Repubblica la medaglia d’argento a ricordo della beatificazione di don Gnocchi, unitamente a scritti e raccolte riguardanti l’attività della Fondazione. Il Capo dello Stato ha avuto parole di ammirazione per la Fondazione («...anche per come vengono gestiti i fondi, cosa che non sempre avviene nella sanità pubblica») e per tutti i suoi operatori. «Non possiamo accettare l’idea che la tutela della salute e la cura delle persone siano un lusso - ha aggiunto in difesa del Servizio Sanitario Nazionale - per cui a seconda di come vanno l’economia e le finanze dello Stato se ne può fare a meno. Dobbiamo trovare gli equilibri necessari per garantire questa funzione indispensabile, sancita nella Momenti dell’udienza e la dedica di Napolitano. Sotto, uno degli incontri di don Gnocchi con Einaudi L’ALBUM. La Fondazione e i presidenti della Repubblica ■ 1950: Luigi Einaudi all’inaugurazione del Centro “S. Maria ai Colli” di Torino ■ 1955: Giovanni Gronchi alla posa della prima pietra del Centro pilota di Milano e al Centro di Inverigo ■ 1988: Francesco Cossiga incontra a Milano i vertici della Fondazione ■ 1992: Oscar Luigi Scalfaro visita il Centro Irccs “S. Maria Nascente” di Milano ■ 1996: Oscar Luigi Scalfaro al quarantesimo della morte di don Gnocchi ■ 2001: Carlo Azeglio Ciampi riceve al Quirinale una delegazione della Fondazione ■ 2003: la Fondazione insignita dal presidente Ciampi della medaglia d’oro al merito della sanità pubblica ■ 2012: Giorgio Napolitano riceve al Quirinale una delegazione della Fondazione nostra costituzione e che impegna tutti». L’incontro con il presidente Napolitano conferma ancora una volta l’attenzione e la stima che il Quirinale ha sempre riservato all’Opera del beato don Gnocchi: dagli incontri di don Carlo nell’immediato dopoguerra con Luigi Einaudi e con Giovanni Gronchi fino, in tempi più recenti, alle visite e agli incontri con Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi. Già nel 2009 il presidente Napolitano aveva inviato alla Fondazione un toccante messaggio in occasione della beatificazione di Carlo Gnocchi: «Nel rammentare- scriveva il Capo dello Stato - quanto la promozione della dignità umana attraverso la pratica della solidarietà sia un terreno nel quale i valori della nostra Carta fondamentale confluiscono con quelli della tradizione cristiana, sottolineo come l’opera di don Gnocchi costituisca, ancora oggi, un indimenticato esempio di impegno a favore di quanti si trovano, senza alcuna colpa, in condizioni di disagio fisico e sociale. Rivolgo alla Fondazione Don Gnocchi e a quanti operano nelle sue strutture di assistenza un pensiero e un cordiale saluto». Da sottolineare che proprio quest’anno ricorre il decennale del conferimento da parte del Quirinale della medaglia d’oro al merito della Sanità pubblica alla Fondazione Don Gnocchi: il prestigioso riconoscimento venne infatti attribuito il 7 aprile 2003 a Roma dall’allora presidente Ciampi, in occasione delle celebrazioni del 55° anniversario della Giornata Mondiale della Sanità. ■ A SEGUITO DELLE INTERVENUTE DESIGNAZIONI per il rinnovo degli organi statutari della Fondazione Don Gnocchi, nel dicembre 2012 si sono insediati il nuovo Consiglio di Amministrazionee il nuovo Collegio dei Revisori per il triennio 2012-2015. Il nuovo Cda risulta così composto: mons. Angelo Bazzari, dott. Giovanni Cucchiani, prof. Felice Martinelli, dott. Mario Brambilla, ing. Marco Campari, prof. Giampio Bracchi, dott. ssa Mariella Enoc. Il Consiglio di Amministrazione ha provveduto alla conferma di monsignor Bazzari alla presidenza, e del dottor Cucchiani alla vicepresidenza. Il nuovo Collegio dei Revisoririsulta così composto: dott. Raffaele Valletta, dott. Emilio Cocchi, dott. Michele Casini. Il Collegio dei Revisori ha provveduto alla nomina del presidente nella persona del dott. Valletta. Il presidente della Fondazione ha ringraziato i membri uscenti per il contributo di competenza, dedizione e professionalità assicurati nello svolgimento del mandato nel triennio concluso ed ha augurato ai nuovi componenti un sereno e proficuo lavoro. Ecco, in sintesi, chi sono i componenti dei due massimi organi istituzionali. ● Monsignor Angelo Bazzari.Ordinato sacerdote nel 1967 nella diocesi di Bobbio (Pc), dopo incarichi in parrocchie, scuole e realtà sanitarie della diocesi ambrosiana è chiamato dall’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini alla direzione della Caritas ambrosiana. Dal 1993 è presidente della Fondazione Don Gnocchi. Tra gli incarichi ricoperti in ambito civile è stato, dal 2003 al 2006, membro del Consiglio Superiore di Sanità. ● Giovanni Cucchiani. Laureato in Economia e Commercio, è iscritto all’albo dei dottori commercialisti di Milano dal 1958 e svolge la professione di consulente aziendale e consigliere di amministrazione di numerose società. Vicepresidente della Fondazione Don Gnocchi dal 2005, è presidente regionale emerito dell’Associazione Croce Bianca di Milano e vicepresidente della Fondazione monsignor Andrea Ghetti. ● Felice Martinelli. È professore associato di Tecnica Professionale alla facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano ed è stato docente al Politecnico di Milano. Revisore contabile, iscritto all’albo dei Dottori commercialisti di Milano, ha svolto prestigiosi incarichi professionali ed è autore di manuali in materia economico-aziendale. ● Mario Brambilla.Laureato in filosofia all’Università Cattolica di Milano, vanta una grande esperienza nel campo sociale, sanitario, educativo e riabilitativo, con la direzione e gestione di numerosi progetti di rilevanza regionale e nazionale. È tra i soci fondatori della Fondazione Banco Alimentare. ● Marco Campari. Laureato in ingegneria nucleare al Politecnico di Milano nel 1966, è responsabile della Industry Healthcare Coopers Advisory, oltre che componente dello Steering Commite e della Commissione “Sanità” di Confindustria. Collabora, tra l’altro, con i ministeri dell’Economia e della Salute per l’attuazione dei piani di rientro delle Regioni che presentano rilevanti disavanzi di bilancio nel settore sanitario. ● Giampio Bracchi.Laureato in ingegneria nel 1967 al Politecnico di Milano, con successiva specializzazione nel settore dell’automazione dei sistemi informativi, dal 1980 è professore ordinario di “Sistemi informativi” sempre al Politecnico di Milano e presidente della Fondazione Politecnico, dove ha ricoperto tra l’altro la funzione di pro-rettore dal 1990 al 2002. ● Mariella Enoc.Laureata in medicina e chirurgia, ricopre incarichi prestigiosi in veste di procuratore speciale dell’Ospedale Cottolengo di Torino, vicepresidente della Fondazione Cariplo e della Fondazione Cini, presidente delle Fondazioni “Filarete” di Milano e Ismu e membro del Comitato della Banca Popolare di Novara. ● Raffaele Valletta.Laureato in Economia e Commercio all’Università Cattolica di Milano, svolge la professione di dottore commercialista nel capoluogo lombardo, attraverso lo Studio Commercialisti Associati “Valletta-Belloni”, con attività principalmente concentrata nel campo aziendale, societario e fiscale. Iscritto all’albo quale consulente tecnico del tribunale, ricopre tra l’altro numerose cariche all’interno di diverse società. ● Emilio Cocchi. Laureato in Economia e Commercio all’Università Cattolica di Milano, svolge dal 1966 la professione di dottore commercialista in Milano, attualmente con lo Studio “Cocchi & Associati”, con particolare riguardo all’attività di consulenza societaria, fiscale e tributaria, nonché l’attività giudiziale e stragiudiziale relativa a concordati preventivi e stragiudiziali. ● Michele Casini.Laureato in Economia e Commercio all’Università Bocconi di Milano, dal ’74 è iscritto all’ordine dei dottori commercialisti di Milano, città dove svolge tuttora la professione in ambito aziendale, contrattuale, finanziario, di diritto societario e tributario. Già ufficiale di complemento nel corpo degli alpini, è iscritto da decenni all’Associazione Nazionale Alpini e nel periodo 2005-2011 è stato consigliere nazionale dell’Ana, con l’incarico di tesoriere. 15 MISSIONE UOMO Attività Attività LETTERE MISSIONE UOMO 16 Anche all’Istituto Palazzolo un Hospice per malati terminali ■ UN HOSPICE PER MALATI TERMINALI anche all’Istituto Palazzolo di Milano. Si amplia la gamma di servizi dell’articolato Centro per anziani e persone in condizione di “fragilità”, da quindici anni gestito dalla “Don Gnocchi”, che sta sempre più acquisendo le caratteristiche di “struttura intermedia” tra ospedale e territorio. Si potenzia così l’attività della Fondazione nel settore delle cure palliative, dopo l’Hospice “S. Maria delle Grazie” avviato a Monza già nel 1999 (tra le prime strutture del genere nel nostro Paese) e quello avviato di recente all’interno del Centro “S, Maria alla Pineta” di Marina di Massa (Ms). «Lo sviluppo dell’Istituto - spiega il direttore, Maurizio Ripamonti - muove dalle solide basi gettate dalle Suore delle Poverelle, la congregazione fondata da don Luigi Palazzolo, già negli anni precedenti l’ingresso della Fondazione Don Gnocchi, anni caratterizzati da una grande tradizione di solidarietà e attenzione ai bisogni dei soggetti più fragili. L’Istituto è oggi “una cittadella della carità” che prosegue nel segno e nel carisma dei due beati. E questo per noi significa dedicare la stessa attenzione ai bisogni sanitari, ma anche sociali e assistenziali di tutte le persone che si rivolgono a noi». Oggi l’Istituto Palazzolo accoglie e assiste un numero rilevante di pazienti fragili: anziani ospitati nella Residenza Sanitaria Assistenziale e in riabilitazione generale e geriatrica, pazienti anziani e non solo - con patologie oncologiche, pazienti con sclerosi laterale amiotrofica (SLA) o nella condizione di stato vegetativo, oltre all’attività di assistenza domiciliare. «L’avvio del nuovo Hospice continua Ripamonti - si inserisce nella strategia di diversificare le attività e rinforzare i percorsi di continuità assistenziale per accompagnare la persona con soluzioni personalizzate in un progetto di rientro al domicilio o di lungoassistenza». L’Hospice dispone di 10 posti letto ed è collocato al secondo piano della sezione Montini. Ciascuna stanza, dotata di bagno attrezzato, dispone di un letto elettrico a tre snodi e ad altezza variabile, di una poltronaletto per l’eventuale pernottamento di un familiare (è infatti consentita la presenza di Dieci posti letto per le cure palliative e la terapia del dolore in stretto collegamento e sinergia con le altre strutture di Monza e Marina di Massa di Adonella Pedotti un parente nell’arco delle 24 ore, con la possibilità di consumare i pasti nella struttura, senza onere alcuno), oltre ad armadio, televisore e mini frigorifero. L’équipe operativa è composta da medici, infermieri, Asa, psicologo, assistente sociale e assistente spirituale. All’attività di assistenza concorrono anche volontari, adeguatamente formati. Sopra, l’équipe del nuovo Hospice dell’Istituto Palazzolo e il direttore, Maurizio Ripamonti. Sotto, una camera. A destra, una suggestiva panoramica del Centro milanese L’Hospice accoglie persone nella fase terminale della vita e loro familiari tramite una struttura residenziale accreditata per malati gravi residenti in Lombardia. Caratteristica particolare di questo Hospice è di indirizzare il proprio servizio anche a persone in condizioni di terminalità per malattie non oncologiche. La struttura è accreditata dalla Regione Lombardia e non è previsto alcun onere finanziario a carico del paziente o della sua famiglia. La segnalazione dei nuovi ospiti, da inserire in lista d’attesa, può essere fatta dai familiari, che verranno invitati per un colloquio informativo e per poi visitare la struttura, oppure dai Servizi Sociali di ospedali e comuni, dai medici di medicina generale o di reparti ospedalieri e dalla rete degli Hospice milanesi. «Le cure palliative e quelle di fine vita aggiunge Renzo Bagarolo, direttore sanitario dell’Istituto - hanno lo scopo di accompagnare il paziente nella fase terminale della vita, assicurando assenza di dolore, qualità di équipe multisciplinari che si altervita e comfort al paziente e sostegno neranno nelle attività di cura e di tecnico-professionale e psicologico assistenza. alla famiglia. Gli operatori devono «La formazione - afferma la pertanto possedere non solo le Responsabile del Servizio Valentinecessarie competenze tecniche alla na Bertagna - rappresenta un eleluce degli ultimi progressi compiuti mento importante per gli operatori, dalla medicina palliativa, ma anche Renzo Bagarolo a supporto non solo delle competenun approccio capace di valutare gloze cliniche e assistenziali, ma anche per fornibalmente e integrare bisogni clinici, sociali, re elementi e conoscenze relazionali e gestiopsicologici e spirituali del paziente, tenendo nali per accompagnare famigliari, care-giver e in debito conto anche la situazione del conteospiti in un difficile percorso della vita». sto familiare. Tutto questo significa una capaLa collaborazione interdisciplinare e la cità di relazione e comunicazione che supera il comunicazione all’interno dell’équipe limite delle sole risposte tecniche». sono fondamentali per farsi carico in modo La realizzazione dell’Hospice (responglobale dei bisogni del paziente. sabile medico è la dottoressa Alessandra L’Hospice dell’Istituto Palazzolo opera Cantatore, mentre Carlo Cacioppo è il in stretto collegamento con gli altri due medico palliativista) è stata sostenuta dalla Hospice della Fondazione Don Gnocchi, Fondazione Cariplo, che ha riconosciuto la sia in ambito formativo e di ricerca, che nelvalenza innovativa del progetto che comla stesura di protocolli comuni. prende anche un percorso formativo per le LA SCHEDA . L’offerta di servizi dell’Istituto Palazzolo ■ Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) per anzianicon 599 posti letto, di cui: in Nucleo specialistico per persone affette da malattia di Alzheimer (30 pl) nell’Unità Operativa per persone in Stato Vegetativo (30 pl) e Malattie Neuromuscolari (12 pl) in Hospice Residenziale (10 pl) in Cure Post Acute (10 pl) ■ Centro Diurno Integrato (CDI) con 30 posti ■ Casa di Curaaccreditata con Area medica e riabilitativa intensiva e cure sub-acute con 80 posti-letto Area Medica e riabilitativa Generale e Geriatrica ad indirizzo Oncogeriatrico con 27 posti letto Macroattività Ambulatoriale ad alta complessità assistenziale con 4 posti (ex dh) ■ Riabilitazione Generale e Geriatrica(estensiva) con 75 posti letto ■ Nucleo attività riabilitativa in solvenza con 6 posti letto ■ Ambulatorio polispecialisticoannesso alla Casa di Cura, comprendente diverse specialità cliniche, riabilitative e servizi diagnostici ed un Centro Odontoiatrico specializzato nella cura dei pazienti anziani e con bisogni speciali (diversamente abili) in collaborazione con l’Università di Milano Bicocca ■ Unità di Valutazione Alzheimer (UVA)e Unità di Valutazione Geriatrica (UVG) ■ Attività ambulatoriale e domiciliare di riabilitazione(ex art. 26) ■ Attività Domiliare Integrata (ADI) sul territorio di Milano, comprensiva di attività domiciliare per cure palliative ■ Servizi Territoriali: Custodi Sociali nei Comuni di Milano, Monza e Seregno; Progetto Col-legati, Progetto Casa Aurora Graziedi cuore agli “angeli” dell’Hospice ■ SPIGOLANDO TRA LE NUMEROSE LETTERE scritte nelle ultime settimane dai familiari dei pazienti assistiti negli hospice della Fondazione Don Gnocchi di Monza e Marina di Massa. «A TUTTI VOI, angeli caduti dal cielo, che riempite di amorevoli attenzioni gli ultimi giorni delle persone… Vi ringrazio per il vostro aiuto, per la vostra presenza costante, per i sorrisi e le parole delicate, per la grande umanità e la professionalità, per il vostro ottimismo per avermi fatto sentire a casa mia! E così il passaggio forzato dalla sofferenza diventa libero e dignitoso». Sergio e il suo angelo «NON È SEMPLICE scrivere ringraziamenti per queste situazioni senza risultare banali o eccessivamente sentimentali. Intendo però provarci ugualmente, animata da un forte senso di gratitudine che sicuramente avrebbe condiviso anche la mamma. Forse ancora meglio sarebbe raccontarvi che persona era la mamma prima della malattia. In 23 anni è riuscita a trasmettermi le virtù e i valori che ogni madre insegna ai figli insieme alla capacità di affrontare la malattia e il dolore con responsabilità, dignità e amore. Questi valori li ho trovati sempre rispettati nel vostro lavoro, che avete sempre svolto al di là del semplice dovere. Quindi ringrazio anche da parte del nonno e di mio fratello tutto il personale medico, infermieristico e ausiliario per l’umanità dimostrata nell’accompagnare la mamma con dignità nei suoi ultimi giorni. Grazie di cuore». Stefania «DAL CIELO, Guido vi ringrazia per le cure amorevoli che gli avete dedicato nella sua lunga e dolorosa malattia. Ci avete accompagnato per mano verso il suo grande passo con tanta pazienza e generosità. Oltre alle persone che abbiamo conosciuto personalmente, ringraziamo tutti coloro che ci hanno assistito dall’interno, come i telefonisti anche in piena notte… Siete tutti persone meritevoli di ogni bene, per noi è stato un grande onore conoscervi. Con tutto il cuore vi diciamo grazie, sarete sempre con noi…». Maurizio, Marina e Valentina «UN GRAZIE PARTICOLARE a tutti coloro che hanno fatto e fanno del loro lavoro una missione di vita… Grazie per la sensibilità e la competenza dimostrate». I familiari di Pierluisa 17 MISSIONE UOMO SERVIZI Attività SERVIZI Pessano, nuove risposte alle necessità del territorio A fianco, una panoramica del Centro di Pessano. Sotto, il taglio del nastro della rinnovata RSA per anziani ■ UNA RINNOVATA Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) per anziani e un nuovo reparto di Riabilitazione Generale e Geriatrica (RGG): ha cambiato volto il Centro “S. Maria al Castello” di Pessano con Bornago (Mi), prima struttura dell’Opera del Beato don Carlo Gnocchi. L’inaugurazione dei nuovi servizi è avvenuta nel dicembre dello scorso anno, presenti il vicario episcopale di zona, monsignor Franco Carnevali, il parroco e il sindaco di Pessano don Lorenzo Redaellie Giordano Mazzurana, con il presidente della Fondazione, monsignor Angelo Bazzari, il direttore e il responsabile medico del Centro, Tiberio Boldrini e Giovanni Rainero. Il Centro è stato sottoposto nel 2012 a importanti lavori di ristrutturazione e ampliamento, che hanno portato la ricettività della RSA per anziani dagli originari 60 a 87 posti letto e hanno permesso la realizzazione del nuovo reparto di Riabilitazione Generale e Geriatrica di 20 posti letto. I lavori sono durati circa due anni ed hanno comportato una revisione totale della struttura della RSA per anziani, che si compone ora di 2 nuclei a piano terra (43 posti letto) e di 2 nuclei al primo piano (44 posti letto). Dedicata a persone anziane non autosufficienti, dispone di camere sin- gole, ampie, con bagno attrezzato, aria condizionata ed ampie vetrate vista parco ad altezza carrozzina. La nuova luminosa hall d’ingresso con spazi dedicati ai visitatori, accoglie lo studio medico, l’ambulatorio medicheria, un locale per le attività occupazionali, la zona pranzo e una soggiorno. Al primo piano anche un ampio spazio destinato ad ospitare una palestra per le attività di riabilitazione e per la attività di terapia occupazionale. Gli ospiti della RSA possono disporre, in comune con gli altri ospiti del Centro, del salone polifunzionale per le attività ludico-ricreative, delle palestre, della cappella e dell’ampio parco, apprezzato sia dagli ospiti che dai parenti e accompagnatori. Il reparto di Riabilitazione Generale e Geriatrica di 20 posti letto è collocato al piano superiore della struttura che ospita il reparto di Degenza Diurna Continua. La realizzazione di questa nuova unità è stata possibile grazie ad un finanziamento regionale (bando FRISL Regione Lombardia). La struttura è dotata di moderne camere a due letti dall’impronta tipicamente ospedaliera. Completano il reparto un ampio salone per il pranzo e i locali accessori destinati al personale. Un ampio terrazzo, con vista parco, circonda completamente i locali di degenza, mentre la palestra per le attività di riabilitazione è stata ricavata al piano terra. S. MARIA AL CASTELLO . Un volumesulla storiadel Centro ■ L’illustre complesso della villa Negroni - già castello medioevale e palazzo rinascimentale - fu generosamente donato nell’aprile del 1949 dal milionario russo Michele Olianalla “Pro Infanzia Mutilata” di don Carlo. Inizialmente destinato all’assistenza dei mutilatini (in particolare ragazze), si aprì poi ai poliomielitici, focomelici e spastici. Negli anni ’70, fu oggetto di una graduale trasformazione in Centro di recupero medico-sociale nel campo della riabilitazione ortopedica e neuromotoria. Negli anni ’80 si è avuta un’ulteriore, importante svolta, con l’avvio all’interno della struttura di un Centro residenziale per anziani. La storia del Centro è riassunta in una pubblicazione edita dalla Fondazione Don Gnocchi, che si aggiunge alla collana di volumi che fanno memoria di altri Centri storici: “S. Maria della Pace”di Roma, “S. Maria ai Servi”di Parma, “S. Maria ai Colli”di Torino, “S. Maria al Mare”di Salerno, “S. Maria Nascente”di Milano, “S. Maria agli Ulivi”di Pozzolatico e “S. Maria alla Pineta”di Marina di Massa. MISSIONE UOMO 19 Attività MILANO. “Famiglie in gioco” per sostenere bambinie genitori MISSIONE UOMO 20 Alessandro e Simone: «Benvenuti a casa nostra» ■ PER ORA CI ABITANO Alessandro e Simone, due ragazzi non ancora trentenni, ma c’è spazio anche per un terzo inquilino. Per loro - utenti con disabilità lieve, desiderosi di costruirsi una vita autonoma - la Fondazione Don Gnocchi ha attrezzato una residenza a Milano, denominata “Casa del Sole”. Una dimora luminosa, che accende l’entusiasmo dei protagonisti: «Siamo diventati grandi - confidano- e viviamo insieme ad altri ragazzi in una casa tutta nostra. Possiamo decidere e organizzare la nostra giornata autonomamente e siamo felici di poter invitare i nostri genitori e gli amici. È proprio una bella esperienza!». La “Casa del Sole” si trova a Milano, in via Canonica 87, ed è stata inaugurata lo scorso dicembre, con una cerimonia alla quale hanno partecipato il presidente della Fondazione Don Gnocchi, monsignor Angelo Bazzari, l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino, il presidente e vicepresidente del Consiglio comunale di Milano, Basilio Rizzoe Andrea La gioia dei ragazzi verso l’autonomia. L’appartamento è uno dei beni confiscati alle mafie: «La “Casa del Sole” simbolo di riscatto» Fanzago. L’appartamento è uno dei trecento beni confiscati alla criminalità organizzata in città ed è stato assegnato in comodato d’uso alla Fondazione dal Comune di Milano. «Siamo contenti che in questo appartamento confiscato alla mafia possano abitare in modo indipendente dei ragazzi- ha dichiarato l’assessore Majorino -: laddove c’erano attività illegali, ora ci sono realtà impegnate nel sociale, che attraverso i loro progetti riscattano nel modo migliore il passato di questi luoghi. Alessandro e Simone nella loro nuova casa. A fianco, il taglio del nastro. Nell’altra pagina, alcuni momenti della loro giornata La lista dei beni confiscati e riconsegnati alla comunità milanese si allunga». «L’assegnazione di questo appartamento è per noi un piccolo segno che indica il valore della collaborazione tra pubblico e privato - ha aggiunto monsignor Bazzari - ed è soprattutto un gesto importante: sottraendo i beni a chi ha violato le leggi e restituendo speranza e opportunità per una vita migliore a chi ne ha bisogno, viene così risanata una delle ferite più profonde della nostra società». La “Casa del Sole” è autorizzata e accreditata come “progetto sperimentale di appartamento protetto”, in grado di ospitare giovani che si caratterizzano per una Elena Morselli disabilità lieve, tale da consentire percorsi di autonomia abitativa. Si trova al quarto piano di una casa di ringhiera, servita da ascensore, ed è composta da ingresso, cucina, soggiorno, tre camere, tre bagni, una lavanderia e un terrazzo. Lo stabile è collocato in una zona ricca di servizi e di opportunità di socializzazione, ottimamente servita dai mezzi di trasporto pubblico che lo rendono facilmente raggiungibile. «Il progetto - spiega Elena Morselli, responsabile del Servizio Socio Educativo del Centro “S. Maria Nascente” di Milano è stato realizzato grazie ad un cofinanziamento della Fondazione Cariplo, con lo scopo di offrire una soluzione abitativa a ragazzi con disabilità, favorendo un’esperienza di vita indipendente dalla famiglia di origine. Un percorso formativo condotto dall’educatrice Annamaria D’Angelo, che ha coordinato sin dall’inizio le attività inerenti il progetto, e dalla dottoressa Alessia Carugo, psicologa, che ha preparato i ragazzi e le famiglie al reciproco distacco. Dall’inizio del 2012 i ragazzi hanno iniziato a vivere in appartamento, dal lunedì al sabato, insieme a due operatrici, un’educatrice e un’assistente familiare. Le operatrici accompagnano gli utenti nella gestione del quotidiano, promuovendo l’acquisizione e il consolidamento di autonomie nella cura della persona, nella cura e riordino del proprio spazio di vita e nelle abilità domestiche legate all’alimentazione (fare la spesa e preparare semplici menu), nella gestione del proprio tempo libero e nei percorsi di autonomia sul territorio». Proprio per favorire la maggiore autonomia abitativa degli utenti, nell’appartamento è stato installato un sistema domotico: ogni ragazzo ha in dotazione un iPad e attraverso un touch screen può fare una serie di cose, semplicemente facendo scivolare le dita sullo schermo. Il sistema consente agli ospiti di controllare l’attività della casa a distanza da una stanza all’altra, avendo la visione d’insieme di tutto l’appartamento. «Il contesto in cui vivono i ragazzi è molto accogliente - prosegue Morselli -. Hanno socializzato con i vicini, che sono sempre pronti ad ascoltarli, e molte volte li invitano a casa loro per fare quattro chiacchiere. La casa è aperta a tutti: genitori, amici dei ragazzi e dei genitori, volontari... La rete sociale per ciascuno di loro nel tempo si allargherà sempre di più in quanto conosceranno gli amici l’uno dell’altro. I ragazzi continuano inoltre a frequentare le attività a cui partecipano da tempo: l’attività di tempo libero della Fondazione Don Gnocchi, l’associazione “Handicap su la testa”, l’associazione “Il Fontanile”, il “Progetto Vela Insieme”, che ha sede in Toscana, o altre realtà gestite da volontari. Alcuni dei ragazzi frequentano corsi di equitazione, teatro e musica. Durante la fascia mattutina e pomeridiana, un ragazzo frequenta un Centro Diurno Disabili e un altro il Servizio di Formazione all’Autonomia. Come previsto dal progetto, si intende mantenere il legame con i servizi diurni territoriali frequentati e promuovere, laddove necessario, l’impegno occupazionale o di lavoro protetto di questi giovani». ■ SOSTENERE LA RELAZIONE bambino-genitori; prevenire l’allontanamento dei bambini e agevolare il loro rientro a casa; offrire assistenza psico-socio-educativa alle famiglie; rafforzare l’integrazione tra famiglia e scuola e aiutare nel superamento delle situazioni critiche: sono questi alcuni degli obiettivi del progetto Centro Diurno “Famiglie in gioco”, gestito dalla Fondazione Don Gnocchi e dalla Coop Cbm (Centro per il bambino maltrattato), che ha preso il via nei mesi scorsi a Milano. Si tratta di una struttura flessibile, che offre attività di carattere educativo, sociale, psicologico e supporto scolastico mediante proposte di gruppo e laboratori a sostegno individuale, per incrementare, migliorare e promuovere il benessere sia dei bambini che degli adulti. Il nome “Famiglie in gioco” rivela sia l’intento di riportare la serenità tra genitori e figliattraverso il sostegno di personale esperto e attività mirate, sia la volontà delle famiglie stesse a rimettersi in discussione per recuperare e ristabilire rapporti quanto più sereni. Il progetto ha come scopo principale quello di venire incontro alle diverse esigenze e problematiche di ogni famiglia, fornendo un intervento personalizzato; infatti, dopo una prima fase di conoscenza reciproca, gli operatori e le famiglie scelgono insieme gli obiettivi da raggiungere e il tipo di percorso più opportuno da intraprendere per migliorare il clima familiare. Gli obiettivi del progetto si collocano su quattro livelli: rafforzare le capacità di bambini e ragazzi di affrontare eventi sfavorevoli e fasi critiche della loro vita, attraverso il sostegnodella relazione con i familiari, l’implementazione della rete amicale e il confrontotra pari (coetanei), accompagnati da educatori competenti e facilitatori del percorso; rafforzare le competenze e le risorse dei bambini attraverso un focus specifico sui problemi di apprendimento e utilizzando tecniche di potenziamento cognitivo e attraverso un sostegno alle risorse educative dei genitori, con interventi volti ad incrementare la consapevolezza sui bisogni dei bambini e la percezione di efficacia nell’affrontare i problemi posti dalla crescita dei figli; incrementare il supporto proveniente dalle reti naturali e familiari, per ridurre la vulnerabilità causata dal senso di solitudine e dall’isolamento sociale; migliorare la relazione tra scuola e famiglia, favorendo una alleanzatra i diversi attori. Per i minoridi età compresa tra i 3 e i 10 anni, sono previsti laboratori espressivi, gruppi di confronto e supporto scolastico; per i genitori, seminari tematici, consulenza individuale e gruppi di confronto; per le scuole, è attivo un supporto per la gestione delle situazioni di particolare criticità, supporto ai compiti e attività a sostegno dell’apprendimento. Dell’équipe di lavoro fanno parte educatori professionali, assistenti sociali, psicologi, pedagogisti, neuropsichiatri infantili e psicomotricisti, per garantire il più valido supporto alle famiglie. Al Centro Diurno si può accedere spontaneamente, oppure in relazione ad una presa in carico della famiglia presso i Servizi Sociali del Comune di Milano. L’accesso è inoltre aperto anche alle scuole che richiedano assistenza. Il servizio “Famiglie in gioco”si trova al Centro Irccs “S. Maria Nascente” di Milano, con ingresso da via Gozzadini 7. 21 MISSIONE UOMO PROGETTI Attività PROGETTI IL RESPONSABILE. Chi, dove, come, quando: sfidaentusiasmante Servizi territoriali: incontro al bisogno ■ ATTRAVERSANDODIVERSE STAGIONI in Fondazione, non si può non aver osservato innovazioni, cambiamentie orientamenti strategici imprevedibili, che se vissuti con spirito di partecipazione portano passionee motivazioni talvolta inaspettate. Se dovessi spiegare in modo sintetico di che cosa mi occupo, immediatamente torna naturale ribadire il concetto di servizi alla persona,ovvero servizi di prossimità per “qualcuno” e non per “qualcosa”. Nella nostra esperienza di servizio c’è quindi un “chi” rappresentato da personealle quali ad inizio giornata risulta normale pensare e dai quali lasciarsi coinvolgere. Persone conosciute e assistite al di fuori dei limiti definiti di una struttura (di cura, di ricovero o di riabilitazione), ma altrettanto inquadrate e incasellate nei loro bisogni, necessità e aspettative di vita e di salute. Il “dove” è rappresentato in modo estensivo al territoriointeso come città, quartiere, domicilio, luoghi di vita, contatto, socializzazione e coesione. L’aspetto interessante e altamente motivazionale è rappresentato dal “come”, in quanto le esperienze evidenziano modalità di azione differenziatetra loro, ma connotate dall’obiettivo comunedel superamento di contesti quali disagio, fragilità, emarginazione, solitudine… Ecco allora emergere la necessità e opportunità di fare squadra“con”altre realtà del diversificato mondo non profit: la collaborazione con cooperative sociali, associazionie consorziche pongono il “care”al centro delle proprie linee operative trova un terreno di coltura omogeneo con le specificità della Fondazione Don Gnocchi. La sfida impegnativa - nell’attuale crisi di risorse, non solo economiche - è quella di esercitare in forme sostenibiliun servizio apparentemente debole e non remunerativo, attraverso il coinvolgimento di forze sensibili e nel riconoscimento della convenienza sociale che un investiRino Malengo mento per la personapuò restituire in forme anche inattese. Su questo aspetto le esperienze e l’evoluzione in diverse forme della responsabilità sociale, che imprese anche di notevoli dimensioni stanno assumendo attraverso iniziative diverse e contributi concreti, mi conducono ragionevolmente alla convinzione che esistano margini di sviluppo nel servizio, ancora da esperire attraverso progettazioni di validità collettivache Fondazione Don Gnocchi può esprimere per l’oggettiva particolarità distintiva che le è propria, rappresentata da una molteciplità di settori di competenza e conoscenza. Il “quando”per tutte queste azioni è quindi l’oggi, un tempo difficile dove, a fianco della ridotta programmazione sociale istituzionale, l’iniziativa privata, la creatività, la capacità di formulazione di proposte innovative diventano fattori determinanti e stimolanti per la realizzazione di progettazioni integrate con le difficili realtà territoriali. Rino Malengo - Responsabile Servizi territoriali socioassisitenzali 23 ■ L’IMPEGNO DELLA FONDAZIONE Don Gnocchi per gli anziani non si limita alle pur importanti strutture residenziali (RSA) presenti soprattutto in Lombardia. C’è anche il fronte dei servizi territoriali, che vedono ormai da tempo l’Istituto “Palazzolo-Don Gnocchi” di Milano in prima linea con lo sviluppo di progetti innovativi e di grande efficacia. Oltre dieci anni di presenza costante sul territorio dell’area milanese e di lavoro incessante - in collaborazione con altri soggetti e con le istituzioni locali - hanno fatto guadagnare alla Fondazione un ruolo primario nel campo del supporto alla terza età e alle famiglie in generale. A partire dall’esperienza del “custode sociale”, avviato nel lontano 2003 con la prima postazione sperimentale in via Jacopino da Tradate (zona 8 di Milano) e cresciuto via via nel tempo: basti pensare che dai due primi operatori allora messi in campo si è passati ai circa cinquanta di oggi... Il custode sociale rappresenta una figura Non solo strutture residenziali per anziani, ma grande attenzione anche a città e quartieri con progetti innovativi di grande efficacia. Come “Casa Aurora” di Giovanni Ghislandi che opera quotidianamente nel quartiere e prioritariamente negli stabili di edilizia residenziale pubblica a sostegno della domiciliarità, socialità e sicurezza dei cittadini e delle famiglie residenti. Con il suo lavoro è in grado di rilevare i bisogni delle famiglie e degli anziani in difficoltà e di attivare in loro aiuto erogatori di servizi pubblici e privati, associazioni di volontariato, parrocchie e altre risorse disponibili sul territorio. Il custode si rivolge alla popolazione in condizioni di fragilità multifattoriale, quali solitudine, isolamento, precarie condizioni di salute, redditi insufficienti, età avanzata, compromissione dell’autonomia e deprivazione socio-culturale. Si tratta di un progetto pianificato attentamente e costruito giorno dopo giorno gra- zie all’esperienza sul campo, il cui successo è testimoniato dalla crescente soddisfazione degli utenti e dai riconoscimenti ottenuti nel corso degli anni. Non è un caso che nel 2011 abbia ottenuto - tra l’altro - un premio nell’ambito del Forum della Pubblica Amministrazione come «miglior caso di cura civica del bene comune» nell’area relativa alla “dignità della persona”. Un importante salto di qualità si è avuto nel 2007, quando il Comune di Milano ha deciso di realizzare il servizio su tutta l’area metropolitana, affidando - a seguito di gara pubblica - le zone 7, 8, 9 del decentramento amministrativo all’Associazione Temporanea di Scopo che la Fondazione Don Gnocchi, tramite l’Istituto “Palazzolo”, gestisce in qualità di ente capofila insieme al Consorzio Farsi Prossimo Onlus e alla Fondazio- ne Aquilone Onlus, condividendone valori, modalità operative e interventi. Il servizio reso nelle zone 7-8-9 (quartieri con un’alta densità di persone anziane) vede attualmente in attività una cinquantina di operatori, che agiscono in collaborazione con altri soggetti della rete sociale, quali i servizi socio-sanitari dell’Asl (medici di base, punto di fragilità Asl, consultori), servizi sociali territoriali comunali (centri multiservizi anziani, servizi sociali della fami- IL MEDICO . Servizio davvero efficace, una piacevole sorpresa ■ ANDANDO A FARE una visita programmata a una paziente anziana e sola che vive in una casa comunale (i suoi familiari si trovano ad almeno 500 chilometri), ho avuto una piacevole sorpresa: la signora mi ha pregato di telefonare al “custode sociale”,per pianificare il programma di aiuto per lei. Ho telefonato al numero scritto sulla lettera che presentava il servizio agli utenti e, nel giro di qualche minuto, una giovane donna è arrivata a casa della paziente per conoscermi, presentarsi e presentare il servizio. Questa donna si faceva carico di andare in farmacia, fare la spesa, prenotare gli esami, ritirare i referti, tenere i rapporti col personale del distretto, svolgere tutte quelle mansioni burocratiche che l’anziana signora non era più in grado di compiere da sola. D’accordo con la custode sociale, ho ritenuto fosse arrivato il momento di chiedere l’invalidità civile, dato che la paziente, in seguito a una caduta, aveva ridotto la propria autonomia: all’indomani, quando sono arrivata in studio, i moduli da compilare erano già sulla mia scrivania. Vivendo vicino ai potenziali fruitori del servizio, il custode è in grado di intervenire in caso di necessità improvvise, facendo sentire gli anziani e i malati meno soli e isolati, favorendo iniziative di socializzazione, vegliando sulla loro sicurezza, segnalando situazioni di rischio. M.B.- Medico di medicina generale, Monza glia, servizi adulti in difficoltà, nuclei distrettuali disabili), servizi sanitari (aziende ospedaliere, centri psico-sociali), parrocchie, associazioni e soggetti del terzo settore. Le richieste di intervento possono pervenire direttamente dall’interessato, oppure attraverso una segnalazione da parte dei portieri degli stabili popolari, degli operatori dei servizi sociali e territoriali, dei familiari, dei vicini di casa, di volontari a conoscenza di situazioni di disagio, che allertano direttamente i riferimenti locali dei servizi sociali. “Casa Aurora”, supporto per la fragilità momentanea Nuovo di zecca è il progetto “Casa Aurora”, sostenuto con un contributo della Fondazione Cariplo: nasce dalla collaborazione tra enti non profit che da anni operano nel territorio di Milano con servizi educativi, assistenziali e sanitari rivolti alla cura della persona. Si tratta di un’iniziativa sperimentale avviata nel mese di marzo, che intende promuovere iniziative di residenzialità “leggera”, per custodire e sostenere durante periodi brevi e definiti, ospiti anziani in condizione di momentanea fragilità. Questo servizio vede la Fondazione Don Gnocchi in veste di capofila, con la collabo- MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 22 Attività PROGETTI MISSIONE UOMO 24 Le esperienze di Monza e Seregno: contro solitudine ed emarginazione ■ ANALOGAMENTE ALL’AREA MILANESE, anche nella città di Monza, a seguito di un’iniziale sperimentazione nel 2008-2010, il servizio del custode socialeè stato messo a regime dalla Fondazione Don Gnocchi, aggiudicataria attraverso una gara pubblica dell’appalto nelle cinque circoscrizioni del capoluogo brianzolo per un periodo di 43 mesi (agosto 2010-febbraio 2014). Il servizio prevede complessivamente la presenza sul campo di 6 operatori della Fondazione, che agiscono in forte connessione con il settore anziani dell’Ente locale, all’interno della rete dei servizi sociali territoriali comunali. A differenza di quanto attuato a Milano, la peculiarità monzese è rappresentata da una localizzazione “condominiale” dei custodi sociali, presenti in postazioni situate in edifici di residenzialità pubblica (Aler o demanio). Attualmente sono circa 450 le persone anziane prese in carico, attraverso modalità dirette o iniziative e attività diversificate in diversi progetti assistenziali. Pur in condizioni oggettivamente diverse rispetto alle problematiche dei quartieri milanesi, il custode sociale di Monza si avvicina al cittadino per le medesime motivazioni, ovvero con lo scopo di fornire sostegno ad anziani in condizioni di disagio e fragilità sociale, prevenire l’instaurarsi di situazioni di solitudine ed emarginazione, individuare il bisogno nel luogo e nel momento in cui si manifesta, avvicinando il servizio al cittadino e sviluppare un modello assistenziale a rete, caratterizzato da servizi complementari ed integrati. Attraverso le postazioni circoscrizionali, gli operatori incontrano quotidianamente singoli e gruppi di persone del quartiere, avviando relazioni che su richiesta possono confluire in azioni di aiuto domestico a supporto dell’anziano (igiene personale, piccole commissioni, spesa, recupero farmaci). Al fine di prevenire fenomeni di solitudine ed emarginazione, particolarmente interessante è stato l’avvio di laboratori creativi diversificati (taglio e cucito, maglia e uncinetto, découpage e creazione fiori di carta), iniziative di socializzazione (concorsi letterari, rappresentazioni intergenerazionali) e di educazione ambientaleal parco di Monza. Particolare attenzione viene inoltre dedicata alla sicurezza sociale, attraverso il coinvolgimento delle forze di Polizia locale in ambiti territoriali diversi, con incontri tematici dedicati alla prevenzione delle truffe e sicurezza domiciliare. Seregno, il contratto di quartiere A partire dal 2009 le competenze distintive nell’ambito della custodia sociale dell’Istituto “Palazzolo-Don Gnocchi” di Milano hanno permesso una collaborazione formativa anche con i Servizi sociali del Comune di Seregno (Mb), che si sono declinati successivamente nella richiesta di partecipazione al secondo “Programma regionale sui contratti di quartiere”. Da qui è nato il contratto di quartiere sviluppato dal Comune di Seregno per la zona cittadina del “Lazzaretto”, con l’obiettivo principale di prevenire la possibile degenerazione di problematiche potenzialmente critiche per il futuro dell’area: si tratta in sostanza di un progetto complesso, con una serie di iniziative di tipo urbanistico, edificatorio e sociale, che si pone l’obiettivo di incrementare il livello di qualità della vita di una parte della città, proponendo azioni risolutive migliorative rispetto alle problematicità presenti, parificandolo qualitativamente ad altre zone di Seregno e rendendolo a tutti gli effetti un ambito sociale piacevole, vivibile, attrattivo. La Fondazione Don Gnocchi ha avuto il ruolo di capofila nello sviluppo di uno specifico aspetto del contratto di quartiere, rappresentato dalla “coesione sociale”, attraverso il progetto “Lazzaretto quartiere in movimento” e “Laboratorio di quartiere/Custodia sociale al Lazzaretto”. Il progetto si svolge per il 2010-2013 attraverso l’attività di due operatori della Fondazione Don Gnocchi, in partenariato con il Comune di Seregno, la Cooperativa Sociale della Brianza e Gelsia Calore: prevede in sostanza la gestione del “Laboratorio di quartiere”(un locale al centro del quartiere Lazzaretto, messo a disposizione dall’Amministrazione comunale, ben visibile e raggiungibile dai cittadini) e il presidio della “custodia sociale” a nuclei familiari ben individuati, al fine di intercettare eventi-sentinella e situazioni di difficoltà da monitorare. Il Laboratorio di Quartiere ha lavorato intensamente in questi anni, ponendosi come riferimento per la popolazione residente e collegamento del cittadino con il Comune. È stato ad esempio il punto informativo sulle finalità e gli obiettivi proposti, il collettore diretto di bisogni, necessità, proposte e contributi, soprattutto degli inquilini residenti negli alloggi di edilizia popolare pubblica, nonché curatore del piano di mobilità per i nuclei familiari interessati e attuatore di progetti dedicati ad anziani e minori. Varie sinergie e collegamenti con i servizi sanitari e civici locali hanno permesso l’organizzazione a la realizzazione di momenti informativi aperti al pubblico, quali i consigli anticaldo per gli anziani; la vaccinazione antinfluenzale; la prevenzione delle truffe; la gestione alimentare, l’utilizzo dei farmaci, la prevenzione di cadute domestiche; l’amministratore di sostegno; incontri con la Polizia locale; il controllo stagionale delle forme allergopatiche; l’assistente familiare (badante); le problematiche legate all’Alzheimer. razione del Centro Accoglienza Ambrosiano e dell’Associazione Sarepta, quest’ultima gestore diretto del nucleo abitativo con 11 posti letto attrezzato presso la struttura “Padre Beccaro” situata nelle immediate vicinanze dell’Istituto “Palazzolo”. I principali destinatari dei servizi offerti da “Casa Aurora” sono ospiti over 60, in condizioni di temporanea difficoltà sociale, o con bisogni sanitari leggeri dopo un rientro presso il proprio domicilio a seguito di dimissioni dall’ospedale, temporanea assenza del convivente o dell’assistente familiare, momentaneo problema abitativo, difficoltà della famiglia a farsi carico di un improvviso aggravamento del proprio congiunto... Lo scopo è quello di garantire uno spazio abitativo per la continuità assistenziale dai Centri e servizi di cura della Fondazione Don Gnocchi e di altri soggetti della rete assistenziale e socio-sanitaria milanese. Il progetto “Col-legati” per famiglie italiane e straniere Il progetto “Col-legati” è un altro servizio territoriale targato “Don Gnocchi”, attivo dal 2012 nei quartieri milanesi di Villapizzone e Cagnola. La sua attività si rivolge in particolare a famiglie italiane e straniere, a preadolescenti, adolescenti, giovani e anziani. Viene gestito dall’Istituto “Palazzolo-Don Gnocchi” di Milano, in qualità di capofila, insieme ad altri soggetti del terzo settore (Consorzio e Cooperativa Sociale Farsi Prossimo, Cooperativa Sociale Bethlem, Associazione di volontariato Mamme a Scuola) e coinvolge attualmente circa 15 operatori, attivi nell’ambito di una rete che coinvolge tutto il tessuto associativo locale. GLI OPERATORI. Verso l’obiettivo della coesione sociale ■ «A VOLTE SI SPERA in qualcosa di nuovo, altre volte arrivano opportunità che non ti aspetti…». Succede così, che sul territorio in cui si realizzano servizi e progetti sociali, seminando giorno dopo giorno, ascoltando e cogliendo stimoli e sfide, si può costruire qualcosa di innovativo e che, soprattutto, risponda a bisogni concreti, riconoscendo e rafforzando le risorse già esistenti. Se pensiamo al percorso dei Servizi Territoriali, un’immagine si impone e che messa a fuoco, riporta ad un campo esteso, con appezzamenti in parte ben coltivati, e curati quotidianamente da contadini esperti e con forte senso di appartenenza alla propria terra, ma anche attenti ai cambiamenti ed eventi esterni. Altri terreni sono incolti, alcuni più aridi, qualcuno già pronto per essere apprezzato e aiutato per poter poi dare dei frutti meravigliosi. Applicando tale immagine del campo alla realtà delle esperienze di questi anni, prima nel territorio di Milano, ora anche in quello della Brianza, credo si possa evidenziare come l’evoluzione dell’area territoriale sia passata dalla risposta iniziale a bisogni espressi e non dai singoli utenti con interventi degli operatori in rete con realtà pubbliche, del terzo settore e del volontariato, ad attività e progettazioni orientate sempre più ad uno sviluppo di comunità e di coesione sociale. Un valore che dovrà essere sempre coltivato e che ha contraddistinto la realizzazione dei diversi servizi e progetti già attivi, conclusi o in cantiere, è questo: portare le nostre esperienze, competenze e specificità, in nuovi territori e ambiti con un atteggiamento, e metodo, di apprendimento continuo per una co-costruzione comune con le realtà di volta in volta incontrate. Achille Lex – Valentina Bertagna coordinatori di progetto I CUSTODI 25 «Arricchimentopersonale, ci crediamo con il cuore» HO 85 ANNI, STAVO CADENDO IN DEPRESSIONE: ero sola e acciaccata. Una mattina stavo passando per piazza Gasparri e ho visto che avevano riaperto uno spazio che una volta era un negozio. Sono entrata a chiedere cosa c'era di nuovo. Mi hanno spiegato che era un nuovo servizio voluto dal Comune di Milano per noi anziani che abitavamo in Comasina. Ho iniziato a frequentare lo spazio, a conoscere le tre custodi, a partecipare alle varie attività... Le mie giornate hanno iniziato ad essere diverse, sono meno sola, la mattina mi alzo con il desiderio di incontrare altre persone. Qui in questo spazio vengo volentieri, perchè è il Comune che finalmente mi riconosce come una cittadina anziana con diritti e necessità. Posso solo dire “grazie” a tutti coloro che in Un’utente modo diverso mi aiutano ad invecchiare bene. ■ SONO IN FONDAZIONE DA 28 ANNI, sono un’Asa e dal 2006 con mia grande soddisfazione lavoro presso i Servizi Territoriali dell’Istituto “Palazzolo”, svolgendo la mansione di custode sociale. Dal maggio 2010, sono presente come custode sociale nel quartiere Lazzaretto di Seregno. Il quartiere non è molto grande, ci sono cinque palazzine del Comune, diversi negozi, la parrocchia e una grande presenza di persone anziane. All’inizio è stato difficile farci conoscere e diffondere il nostro servizio. Il mio compito è quello di alleviare alle persone più fragili, per quanto possibile, alcune incombenze quotidiane quali la spesa, il ritiro delle impegnative dal medico di base, l’acquisto dei farmaci; alcune persone mi chiamano per far loro compagnia e per poter parlare con qualcuno, alcune vogliono essere accompagnate per una visita specialistica, perché non sentono o non capiscono ciò che viene detto loro dal medico… Adesso la mia presenza nel quartiere è conosciuta e molto apprezzata, sia dagli abitanti, che ora si fidano e se non mi vedono per qualche giorno passano in ufficio a cercarmi, sia dai negozianti e dagli operatori dei vari servizi con cui collaboriamo. «Da quando ci siete voi - mi dicono - la qualità della nostra vita è migliorata»; «Non vedo l’ora che arrivi il martedì per ritrovarci e giocare a tombola…»; «Sono contenta quando venite a trovarmi, perché so che finalmente posso parlare di tutto con qualcuno». L’esperienza di Seregno per me è stata fonte di arricchimento personale per quello che riguarda il lato sociale ed umano, e naturalmente spero di poter continuare a portare anche altrove la mia esperienza e di poter conoscere sempre nuove realtà. Maria Grazia Impalà Custode Sociale - Seregno Il progetto è stato sostenuto da un contributo della Fondazione Cariplo nell’ambito del Bando di Coesione sociale 2011 e si propone di favorire nei cittadini l’attitudine a riconoscersi nel proprio quartiere, partecipando attivamente alle iniziative proposte, suggerendo e gestendo loro stessi nuove iniziative nei diversi luoghi di vita, al fine di sviluppare relazioni sociali durature, superando “barriere” generazionali e culturali. Il tutto con l’obiettivo di rafforzare il senso di appartenenza alla comunità locale e di radicamento nel luogo in cui si vive (con particolare riguardo all’interazione tra famiglie italiane e straniere e ai rapporti fra giovani e anziani), di facilitare relazioni positive e di promuovere interventi mirati a stimolare la nascita e il rafforzamento di forme di autoorganizzazione e auto-aiuto tra i cittadini. Sono oltre quattro anni che lavoro al progetto di Custodia Sociale per la città di Monza. Durante questo mio percorso ho compreso quanto sia fondamentale credere nel proprio progetto di lavoro e quando dico crederci, intendo crederci davvero, con il cuore oltre che con la testa. Questo mi ha aiutato a superare le tante difficoltà incontrate lavorando su un nuovo territorio, quello monzese, dove nessuno aveva mai visto e sentito parlare del custode sociale. Le persone sentono se tu credi in quello che fai. È una potente forza trainante, una grande energia positiva che, prima o poi, conquista l'animo anche dei più diffidenti o indifferenti. Io continuo a crederci, con l'obiettivo di fare ogni giorno qualcosa di utile per le persone più fragili. Maria Anzelmo Custode Sociale referente del servizio Custodi Sociali - Monza L’UTENTE. «Senza di voi, non so proprio dove sarei finito» ■ VOGLIO RIVOLGERVI QUESTE QUATTRO RIGHE per esprimere la mia riconoscenza: senza Rosanna, vostra operatrice, oggi non so dove sarei finito. Ho 74 anni, non ho nessuno che mi dia una mano, nè parenti nè amici; ho avuto tre ictus che mi hanno lasciato problemi alle gambe. Rosanna si è sempre fatta in quattro per darmi una mano, prendendosi cura di me con molta pazienza, facendomi anche mille commissioni e sempre con una gentilezza che non è da tutti. Non da meno sono anche Mario e Raffaella. Per questo mi sento di dire che senza la vostra collaborazione, sicuramente ora non sarei qui, serenamente a casa mia, perché, ad esempio, non avrei senz’altro potuto avere gli appuntamenti per le visite mediche, esami clinici ed altro e di conseguenza non avrei curato i vari “acciacchi” e la mia situazione sarebbe peggiorata notevolmente. Mi auguro, quindi, che possiate continuare ad operare così come avete fatto sino ad ora, dando sollievo a me ed alle tante perSergio Ghersincich sone che come me si trovano ad un tratto sole, anziane e malate... MISSIONE UOMO NON SOLO MILANO Attività SERVIZI Alzheimer, a Roma una struttura d’eccellenza ■SI DICE CHE QUANDO si perde la memoria, si perde tutto. Pensiamo per un attimo a che cosa può significare, nell’era delle nuove tecnologie e dell’informatica, perdere tutti i dati: in pochi minuti è il caos totale e tutto si blocca. Così è per la mente umana, quando si innesca un processo degenerativo all’inizio lento, quasi impercettibile, ma poi sempre più veloce, come la corsa di una biglia su un piano in discesa, e che quasi mai si riesce a fermare, ma solo a rallentare. Sono diversi i termini in medicina e le malattie associate a questo processo, tutte riconducibi- Salvatore Provenza Trenta posti letto per la riabilitazione di pazienti con disturbi cognitivi e comportamentali. Architettura d’avanguardia e sostegno alle famiglie di Damiano Gornati li alla famiglia delle patologie dementigene: malattie di Alzheimer e di Parkinson, deficit cognitivi, demenze senili o a seguito di traumi e cerebrolesioni… Spesso si è portati a fare di ogni erba un fascio e a identificare come Alzheimer tutto quello che attiene alla perdita della memoria, o all’incapacità di riconoscere le persone, anche le più care, o alla perdita dell’autonomia. In ogni caso, si tratta di drammi che colpiscono l’intera famiglia dell’ammalato, paralizzata tra una situazione che diventa ogni giorno più difficile da gestire e il non sapere a chi rivolgersi per chiedere aiuto. A volte, è difficile capire persino di quale aiuto si ha bisogno… È per rispondere a questi bisogni che la Fondazione Don Gnocchi ha attivato a Roma, presso il proprio Centro “S. Maria della Provvidenza” di via Casal del Marmo, un nuovo reparto, intitolato a “S. Maria Goretti”, destinato alla riabilitazione di MISSIONE UOMO 27 Attività IL MEDICO SERVIZI TESTIMONIANZA. «Mia madre, accoltae ben volutada tutti» 29 ■ «ANCHE SE MIA MADRE è sempre stata abbastanza autosufficiente ed era seguita a casa dall’assistenza infermieristica, non mi fidavo più a lasciarla sola: abito dalla parte opposta della città, mio fratello sta fuori regione e mia sorella abita più vicina e lei, ma lavora durante il giorno. In caso di emergenza e necessità, sarebbe stato impossibile per me essere da lei in poco tempo. È affetta da problemi neurologici, ma ultimamente aveva avuto un peggioramento che aveva riguardato la vista e l’udito; aveva avuto uno scompenso cardiaco, problemi di glicemia, vertigini e iniziava a manifestarsi il Morbo di Parkinson. Fu lei stessa ad un certo punto a rendersi conto che non poteva più rimanere a casa e così, tramite ex colleghi di mio padre, siamo venuti a sapere di questa nuova struttura della Fondazione Don Gnocchi». Sono parole di Patrizia, la cui madre, Liliana, 88 anni, di Roma, è ricoverata al reparto “S. Maria Goretti”. «Il ricovero di mia madre al Centro “Don Gnocchi” di via Casal del Marrmo è stato un momento di grande sollievo. Qui lei si è sentita accolta e ben voluta e io mi sono resa conto da subito che sarebbe stata accudita meglio che a casa. Il personale è giovane e sono tutti molto attenti e premurosi; tutti i giorni fa la sua ginnastica, come la chiama lei, e io sono tranquilla, perché so che è in ottime mani». Come comportarsi: consigliper i familiaridel malato ■ SONO OLTRE 35 MILIONI, NEL MONDO,le persone affette da Alzheimer; un milione circa in Italia. Malattie che hanno bisogno di essere curate non solo con un approccio medico, ma anche con un approccio globale che includa il benessere generale del malato e di chi gli è vicino. È quanto sostiene la piattaforma delle organizzazioni non governative europee che si occupano di terza età e di demenza senile. In mancanza di servizi è soprattutto la famiglia a sostenere il carico della cura del malato. Per alleviare lo stress del caregiver e per la riabilitazione temporanea del malato di demenza senile, che è un paziente fragile perché generalmente affetto da più patologie, i ricoveri di sollievo - possibili anche nel nuovo reparto avviato al Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma della Fondazione Don Gnocchi - sono una grande opportunità. La dottoressa Anna Rita Pellegrino (foto sotto), fisiatra e responsabile del progetto, offre alcuni preziosi consigli. ● Il malato non deve sentirsi un peso per la famiglia. Va spronato a tirare fuori il meglio di sè e delle proprie capacità residue. Amava disegnare, cucinare, scrivere, ricamare? Bisogna metterlo in condizioni di praticare queste attività, ovviamente in sicurezza. Deve potersi sentire utile. Una persona perde la memoria a breve termine, non ricorda per esempio che cosa ha mangiato a pranzo, ma ricorda la sua vita. E così se era appassionato di cucina non lo dimentica. E allora fargli preparare della pasta fatta in casa o, se amava disegnare, fargli fare degli acquarelli dicendo che ci servono per abbellire una stanza. Si sentirà utile. ● Non essere aggressivi e non alzare mai la voce, anche quando la situazione fa perdere la pazienza. Non va mai dimenticato che si tratta di persone con disagio. Il malato va guardato negli occhi, per fargli capire che si sta parlando con lui e ascoltando ciò che dice. ● Il malato non va lasciato solo. Un paziente non controllato può farsi male o può fuggire. Non c’è volontà di allontanarsi, è la paura che li fa scappare. All’improvviso non riconosce l’ambiente in cui si trova e per paura si allontana. Poi si ritrova in un ambiente ancora più sconosciuto e la paura diventa panico. Non va rimproverato, ma capito. ● Vigilare a distanza. Un malato va controllato, ma non oppresso. Ha il terrore di essere controllato a vista e tende per questo a liberarsi dell’oppressione, anche scappando. ● Aiutare il malato nell’igiene. Spesso sono perso- ne che non si lavano perché hanno paura della doccia o della vasca, dove si sentono instabili e insicuri. Il bagno va dotato se possibile di quei dispositivi che garantiscono sicurezza e comodità. ● Aiutare il malato a vestirsi. Fare in modo che il guardaroba sia ricco di indumenti che si possono indossare con comodità. E consigliare, senza imposizioni, il maglione quando fa freddo o una maglietta a maniche corte se fa caldo… ● Ascoltare il malato. Nel caso di allucinazioni o visioni occorre farsele raccontare, senza farle sembrare cosa ridicola, magari rassicurando le paure. Bisogna capire se sono frutto di un’esperienza vissuta poco prima (per esempio qualche immagine troppo forte vista in televisione), oppure sono il segnale che la terapia va rimodulata. Parlarne al medico. ● Non fare tutto da soli. L’assistenza a questi malati è un peso che una famiglia non può portare da sola. Anche perché spesso il peso, sia fisico che psicologico, ricade su una sola persona. Occorre farsi aiutare e non vergognarsi di chiedere il sostegno necessario. pazienti affetti da demenza con disturbi cognitivi e comportamentali, a seguito di eventi traumatici o da patologie degenerative come le demenze senili, il morbo di Alzheimer, o il morbo di Parkinson. Trenta posti letto a carattere residenziale e in regime di solvenza, per venire in aiuto alle famiglie nel momento in cui non sono in grado di gestire il paziente e non è più sufficiente un’assistenza ambulatoriale o domiciliare. Spazi e arredi particolari «Si tratta di una struttura all’avanguardia - spiega il direttore del Centro, Salvatore Provenza - a partire dalla concezione architettonica degli spazi interni ed esterni e degli arredi, concepiti “ad hoc” per persone che hanno smarrito i propri punti di riferimento: colori luminosi, facilmente riconoscibili e diversi a seconda dei vari ambienti; percorsi ben evidenziati con linee guida sul pavimento; un arredamento sprovvisto di spigoli e sobrio per non sovraccaricare il paziente di stimoli inutili; camere concepite per garantire la massima incolumità dei degenti, dotate di “letti Alzheimer” che possono essere abbassati fino a 20 centimetri da terra, così da evitare cadute pericolose e finestre “a vasistas” e porte di massima sicurezza...». All’esterno, un Giardino Alzheimer consente ai pazienti di passeggiare in tranquillità, secondo le moderne concezioni dell’architettura psicologica, con ampie zone verdi, panchine per la sosta, aiuole ed alberi… Tutto insomma entra a far parte del progetto riabilitativo personalizzato stilato al momento dell’ingresso del paziente e finalizzato ad evitare una regressione cognitiva e comportamentale che spesso si produce a seguito di un ricovero in ospedale; a mantenere le capacità psico-fisico-cognitive per garantire il massimo di autonomia ed a migliorare la qualità della vita ed il rientro nel contesto familiare e sociale. Un vero e proprio percorso, dove al centro sta il paziente e non la malattia, e dove entrano in gioco diverse figure professionali con il coinvolgimento costante della famiglia fin dal momento iniziale. «Il progetto riabilitativo - aggiungono la responsabile del progetto, Anna Rita Pellegrino e il responsabile medico della struttura, Fabrizio Sassu - comprende diverse fasi: dalla valutazione medico specialistica per identificare e misurare i disturbi, alla riabilitazione neurologica e neuromotoria; dalla terapia di orientamento alla realtà (ROT) alla musicoterapia; dalla terapia occupazionale, al giardinaggio, al “kitchen training”, fino alla fototerapia». Il supporto ai caregiver Per nulla marginale in questo percorso è il ruolo delle famiglie: a questo proposito, sono stati individuati interventi diretti per la prevenzione e gestione dello stress con un adeguato supporto psicologico che potrebbe continuare anche dopo la fase di ricove- ro, per garantire una corretta continuità assistenziale. Anche i caregiver, cioè coloro che assistono i pazienti a casa, sono supportati psicologicamente; al momento delle dimissioni viene inoltre fornito loro un vademecum personalizzato in base alle caratteristiche del paziente e della situazione familiare, all’interno del quale possono trovare informazioni utili su come gestire il proprio caro a domicilio. Per garantire invece la continuità dell’assistenza a casa, il Centro può fornire sistemi di tele-assistenza e tele-riabilitazione, insieme alle indicazioni sanitarie utili per la prosecuzione delle terapie ai medici di medicina generale, ai Cad (Centri Assistenza Domiciliare) e agli operatori sanitari che si occuperanno della cura dei pazienti, continuando così a fornire supporto nel tempo. LA SCHEDA . I Centrie i Nuclei specializzatidellaFondazione ■ L’ATTENZIONE DELLA FONDAZIONE DON GNOCCHI ALL’ETÀ SENILE E AI SUOI PROBLEMI ha portato a individuare un modello organizzativo basato sulla presa in carico complessiva del paziente attraverso un approccio integrato e multidisciplinare. L’assistenza ai pazienti con Alzheimer prevede un intervento di cura globale e personalizzato, che tocca tanto gli aspetti medico-sanitari quanto quelli umani e relazionali. Accanto alle specifiche attività sanitarie e riabilitative, sono proposti programmi di animazione sociale e collettivi volti il più possibile al contenimento della situazione che ha determinato il ricovero. L’ampio spettro di iniziative assistenziali è inoltre supportato da un’intensa e riconosciuta attività di ricerca scientifica e di formazione tecnico-professionaleagli operatori. Questi i Centri “Don Gnocchi” specializzati nella cura della patologia di Alzheimer: ● ISTITUTO PALAZZOLO - MILANO Nucleo Alzheimer di 30 posti letto all’interno della Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) UVA - Unità di Valutazione Alzheimer ● CENTRO GIROLA - MILANO Nucleo Alzheimer di 20 posti letto all’interno della Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) Centro Diurno Integrato Alzheimer (CDIA) di 15 posti UVA - Unità di Valutazione Alzheimer Giardino Alzheimer ● CENTRO S. MARIA DELLA PROVVIDENZA – ROMA Reparto “S. Maria Goretti” di 30 posti letto Giardino Alzheimer ● POLO SPECIALISTICO RIABILITATIVO - TRICARICO (MT) RSA di 20 posti letto per pazienti con patologie prevalentemente neurodegenerative e dementigene Nelle foto, immagini del reparto “S. Maria Goretti” all’interno del Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 28 Attività FIRENZE RICERCA 31 «Cerchiamo segnali di coscienza nei pazienti in stato vegetativo» ■ LACOSCIENZAÈLACAPACITÀ dell’uomo di percepire e intendere, di attribuire un significato ai propri atti. Di norma, valutiamo il livello di coscienza di una persona basandoci sulla sua capacità di interagire con il mondo circostante. Ma l’esperienza cosciente può essere generata all’interno del cervello anche quando siamo completamente disconnessi dall’ambiente esterno, come accade, ad esempio, quando sogniamo. Tutto questo assume particolare importanza nel caso di quei pazienti che, dopo essere sopravvissuti a una grave lesione cerebrale, possono recuperare coscienza senza tuttavia riprendere la capacità di comprendere, muoversi e comunicare. Che cosa succede all’interno del loro cervello? Qual è il loro livello di coscienza? Aprire la “scatola nera” del cervello per misurarne il dialogo interno è un passo fondamentale per migliorare la diagnosi e la riabilitazione delle persone uscite dal coma. È l’obiettivo del progetto di ricerca in corso alla Fondazione Don Gnocchi: all’Istituto “Palazzolo” di Milano è in atto una È in corso all’Istituto Palazzolo-Don Gnocchi un esperimento unico nel panorama italiano. I risultati avranno importanti ricadute in campo clinico di Emanuele Brambilla e Daniela Mattalia sperimentazione su persone con gravi cerebrolesioni per valutare le loro effettive potenzialità di recupero misurando la comunicazione interna al cervello, condizione necessaria affinché la coscienza possa emergere. Ciò è possibile grazie a un innovativo strumento denominato TMS/EEG che, combinando stimolazione magnetica transcranica ed elettroencefalogramma, misura in maniera non invasiva il dialogo interno al cervello di pazienti usciti dal coma. I risultati del lavoro avranno importanti ricadute in campo clinico, dato che la distinzione tra pazienti in stato vegetativo e pazienti che possono invece recuperare un livello minimo di coscienza è così difficile da portare un errore diagnostico anche nel 40% dei casi. «Questo nuovo strumento spiegano Marcello Massimini, ricercatore al Dipartimento di Scienze cliniche all’ospedale Sacco di Milano, e Guya Devalle, responsabile del Nucleo specialistico per Stati Vegetativi e Malattie Neuromuscolari dell’Istituto “Palazzolo-Don Gnocchi” di Milano, coordinatori della ricerca - utilizza un metodo non invasivo per individuare nel cervello segnali elettrici o particelle che confermino la presenza di un barlume di coscienza». È davvero possibile che un paziente in stato vegetativo sia in realtà cosciente? Da tempo, nei reparti di terapia intensiva, si aveva il dubbio che la diagnosi di stato vegetativo non fosse sempre chiarissima, che ci fosse in realtà qualcosa di più. È una sensazio- ne che spesso viene espressa dai parenti, e talvolta c’è del vero. Un sospetto che, a volte, mette i medici a disagio. Che cosa dicono le più recenti sperimentazioni? Dal 2006, a Cambridge e Liegi sono stati condotti studi con la risonanza magnetica funzionale, uno strumento che legge il metabolismo cerebrale. In un esperimento diventato famoso, si è visto che una donna diagnosticata come in stato vegetativo rispondeva a un input che le chiedeva di visualizzare mentalmente una partita a tennis. Il caso è stato poi pubblicato su Science, confermando il dubbio che serpeggiava: ossia che talvolta, dietro una diagnosi di stato vegetativo, c’è un cervello in qualche modo cosciente, anche se magari in uno stato di minima coscienza. Dopo questi studi si è introdotta una nuova etichetta per indicare quei pazienti che capiscono i comandi, ma non possono muoversi e comunicare in alcun modo: la sindrome “totally locked-in”, totalmente chiusi dentro. Allora alcuni pazienti in stato vegetativo potrebbero essere sconnessi ma coscienti… Come minimo bisognerebbe sospendere il giudizio: in questi pazienti, le lesioni cerebrali possono interrompere le vie che dalla corteccia cerebrale vanno ai muscoli e attivano il movimento. È dunque possibile che un paziente sia del tutto paralizzato, ma cosciente. Come suggerito dallo studio di Cambridge, un modo per capirlo è mettere in uno scanner e leggere le attivazioni neuronali al posto dei movimenti. Se la persona capisce e riesce a mettersi nello stato mentale richiesto, per esempio quello di visualizzare una certa situazione, possiamo vedere nel suo cervello la “firma neuronale” della coscienza. Ma non sempre ciò avviene. Significa che il malato non è cosciente? No, piuttosto significa che la persona non riesce a produrre queste firme neuronali: magari, per colpa di specifiche lesioni cerebrali, o perché non ha la concentrazione sufficiente, che dev’essere alta, o non è abbastanza motivato. I test negativi non vogliono dire granché. Come si sviluppa la ricerca? Cerchiamo di stanare la coscienza nascosta, misurando direttamente nel cervello i meccanismi fondamentali che ne sono alla base. Metaforicamente, utilizziamo dei telescopi che registrano piccolissimi segnali e per vedere se in un cielo apparentemente buio brilla una stella che non vediamo a occhio nudo. Unità per gravi cerebrolesioni anche al nuovo Irccs ■ ANCHE IL CENTRO IRCCS “DON CARLO GNOCCHI” di Firen- muscolo scheletrica, ecocolordoppler cardiaco e ze, inaugurato poco più di un anno fa, dispone ora di vascolare, spirometria e polisonnografia, elettroenun’Unità di riabilitazione intensiva ad alta specializza- celografia e potenziali evocati, indagini urodinamizione in regime di ricovero ospedaliero per pazienti che. che hanno subito gravi lesioni cerebrali(traumi crani- La struttura fiorentina fa parte della Rete per la cura e la riabilitazione delle GCA della Fondazioci, emorragie e infarti cerebrali o anossie da ne Don Gnocchi insieme ad altri 6 Centri arresto cardiaco o da annegamento....) che hanno determinato un periodo di coma più specializzati in varie regioni d’Italia. Queo meno protratto, con permanenza in rianisto consente l’applicazione di procedure mazione. condivise, di scambi continui di conoscenAl Centro di Firenze, il paziente arriva, ze ed esperienze, la condivisione di “buoquando raggiunge uno stato di “minima ne prassi” e la partecipazione a gruppi di coscienza” e a seguito di autorizzazione da studio nazionali e a progetti di ricerca parte della direzione sanitaria dell’Asl di comuni, con un costante aggiornamento residenza. Nel momento di presa in carico, per tutte le figure professionali. Frutto di inizia una progressiva fase di recupero, sia Claudio Macchi questo lavoro in rete è stata la definizione motorio che cognitivo che coincide con il di un modello di approccio condiviso progetto riabilitativo e che potrà durare anche molti “Community Care System” a doppia via, che commesi. prende la presa in carico contemporanea del pazienDal punto di vista strumentale, l’Unità del Centro fio- te e della sua famiglia. rentino (25 posti letto) può contare sul monitoraggio In questo cammino, teso a favorire il massimo recucontinuo dei parametri vitali, sulla telemetria con pero possibile dai danni provocati dalla cerebroleregistrazione di elettrocardiogramma 24 ore su 24, sione, la sinergia con i famigliari è infatti una risorsa sulla possibilità di eseguire fibroscopia nei pazienti fondamentale. Sono previsti colloqui tra i parenti di portatori di cannula tracheostomica e di attrezzatu- primo grado e l’operatore responsabile del progetto re per la ventilazione assistita. riabilitativo ed è sempre attivo un servizio di assiIl reparto è diretto dal professor Claudio Macchi, che stenza e supporto psicologico, dove le famiglie sono si avvale della collaborazione di 4 medici neurologi, seguite da uno psicologo clinico. un medico neurologo specialista in elettrofisiologia, Oltre a ciò, la funzione dei famigliari diventa essenun medico specialista in gerontologia e geriatria, uno ziale nella preparazione alla dimissione, che passa specialista in pneumologia, due medici psicologi cli- attraverso un programma di educazione sanitaria nici, un endocrinologo nutrizionista, uno specialista volto a trasferire le pratiche di assistenza quotidiana. urologo e un dietologo. L’équipe (foto sotto) è poi È questo lo “stile Don Gnocchi”, fatto della comparcompletata da un dirigente di area infermieristica, un tecipazione con i mondi vitali del paziente, primo fra dirigente e un coordinatore di area riabilitativa, 2 tutti quello familiare e dell’approccio a due vie: una coordinatori fisioterapisti e infermieri, 5 logopedisti, centrata sulla rieducazione del paziente, l’altra sulterapisti, educatori, infermieri e personale addetto l’attenzione alla famiglia. Uno stile ed un approccio all’assistenza. Gli specialisti sono supportati da qua- che hanno un solo obiettivo: il reinserimento nel teslificati servizi diagnostici: ecografia internistica suto sociale e in una vita di qualità. MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 30 Attività Nel concreto? Usiamo uno stimolatore magnetico che, attraverso un campo magnetico, attiva una porzione della corteccia cerebrale; poi, con un elettroencefalogramma portatile, cerchiamo di misurare la risposta prodotta nel cervello da questa sollecitazione. Stimoliamo e registriamo: l’idea di fondo è che la coscienza dipende dalla capacità delle diverse aree corticali di comunicare tra loro. Quindi, bussiamo sul cervello per vedere che eco fa. Se diverse aree cerebrali interagiscono tra loro, l’eco sarà diffuso e complesso. Quale utilità avrà tutto ciò, nella vita quotidiana di questi pazienti? Anche solo da un punto di vista etico, è fondamentale sapere. Poi, possiamo identificare meglio eventuali errori diagnostici. Non solo: se un malato in stato vegetativo mostra una risposta complessa, va capito di più per venire incontro alle sue esigenze, per esempio se prova dolore. Se sai che lì dentro c’è qualcuno, bisogna fare di tutto per tirarlo fuori. Inoltre, sarebbe possibile identificare nuovi target terapeutici per riattivare il dialogo tra le aree corticali. Aprire la “scatola nera” del cervello è un passo fondamentale per la cura di chi, sopravvissuto a una lesione cerebrale, è tuttavia incapace di muoversi e comunicare È la prima volta che viene condotto questo esperimento? È un esperimento unico in Italia. Le famiglie dei pazienti come reagiscono? Sperano magari nel miracolo? Nella nostra esperienza personale, che è umanamente incredibile, le famiglie hanno una consapevolezza estrema del problema. Hanno una dedizione totale per i loro cari, ma non si fanno illusioni, non sperano nel miracolo. Però vogliono capire. Sono soli di fronte all’enigma di che cosa sta succedendo lì dentro. Hanno l’impressione che qualcosa ci sia, ma hanno bisogno di parlarne con qualcuno. Mostrano una grandissima sete di conoscenza e la voglia di contribuire alla comprensione di questo mistero. È tutto questo è commovente e straordinariamente generoso... FIRENZE. Come interpretare quei messaggi impercettibili? ■ “COME INTERPRETARE GLI IMPERCETTIBILI MESSAGGI DI PERSONE CON DISTURBI DELLA COSCIENZA: alcune indicazioni per addentrarsi in una sconosciuta dimensione”: questo il titolo del convegno che si è svolto lo scorso 22 febbraio al Centro Irccs “Don Gnocchi” di Firenze. L’iniziativa aveva lo scopo di fare il punto delle conoscenze scientifiche sui disturbi della coscienza che colpiscono ogni anno in Italia quasi 2.000 persone. Il dato di partenza, emerso dagli interventi degli esperti di fama nazionale e internazionale, è quanto sia ancora inesplorata e sconosciuta la dimensione delle persone con disturbi della coscienza e soprattutto in stato di veglia non-responsiva. Si tratta di persone che hanno un’età media di circa 55 anni(20 anni fa la media era di 35), in maggioranza colpiti da danni cerebrali “post-anossici”, quali quelli dovuti agli arresti cardiaci e, in misura minore, da traumi encefalici conseguenti a incidenti. Uno dei campi sui quali si concentra maggiormente l’attenzione dei ricercatori è il tema della percezione del dolore. Le informazioni sono ancora insufficienti per rassicurare clinici e famigliari: un atteggiamento doveroso è comunque quello di intensificare la ricerca per definire un quadro clinico complessivo e una diagnosi sempre più precisa dello stato di coscienza, così da prevenire e curare possibili sorgenti di dolori cronici ed evitare manovre che possano provocare nuova sofferenza al paziente. Un altro elemento emerso è che una buona percentuale di pazienti in stato di vigilanza non-responsiva tende ad evolvere verso stati di minima coscienza: si tratta in alcuni casi di un recupero lentissimo e spesso impercettibile agli stessi medici, che impone un monitoraggio costante e una revisione delle diagnosi. Altro elemento di novità emerso sono le nuove frontiere della ricerca e della sperimentazione clinica. Il convegno si è concluso con una tavola rotonda che ha visto la partecipazione dei rappresentanti di alcune associazioni di famigliari di persone con grave cerebrolesione e disturbi di coscienza cronici: si è levata forte la voce delle loro istanze, che vanno soprattutto nella direzione di nuove risposte sul territorio, oggi praticamente assenti, per un supporto e un’assistenza anche al di fuori delle strutture riabilitative. Per sostenere la ricerca, la Fondazione Don Gnocchi ha promosso nelle scorse settimane - di concerto con le principali compagnie telefoniche e con il sostegno del Segretariato sociale Rai - una campagna di raccolta fondi con SMS solidale. Il ricavato servirà all’acquisto dei macchinari necessari e alla formazione del personale. A fianco, Guya Devalle e Marcello Massimini. Sotto, l’immagine della campagna MILANO . Due borse di studio Anaper il Centro di Biometria ■ DUE GENEROSISSIME BORSE DI STUDIO dall’Associazione Nazionale Alpini. Due assegni da 24 mila euro l’uno, riferiti agli anni 2011 e 2012, per onorare e proiettare nel futuro la memoria del beato cappellano alpino, don Carlo Gnocchi e per sostenere l’opera di ricerca scientifica della sua Fondazione. Sono state consegnate lo scorso 28 febbraio, nei locali del museo dedicato al beato. Le due borse di studio rappresentano l’ennesima dimostrazione dell’affetto e della generosità del mondo alpino verso la “baracca” di don Gnocchi. Alla consegna - presenti il presidente della Fondazione Don Gnocchi, monsignor Angelo Bazzari, il direttore scientifico, Paolo Mocarelli - sono intervenuti in rappresentanza dell’Ana il vicepresidente vicarioAdriano Crugnola, l’ex tesoriere Michele Casini(oggi membro del Collegio dei Revisori della Fondazione) e l’attuale tesoriere Gianbattista Stoppani. Destinatario di entrambi i riconoscimenti il ricercatore borsista Cristian Ricci, impegnato in un importante lavoro di ricerca e statistica all’interno del Centro di Biometria ed Epidemiologia del Centro IRCCS “S. Maria Nascente” di Milano: si tratta di un progetto con l’obiettivo di sviluppare la rapidità attuativa di protocolli e linee guida terapeutiche a favore dei malati che si rivolgono alla Fondazione Don Gnocchi. I rappresentanti dell’Ana hanno consegnato anche una piccola ulteriore donazione: 2.400 euro del Premio “Alpini di pace” attribuito dal Lions Club di Este (Padova)all’Ana e destinato dalle “penne nere” alla Fondazione Don Gnocchi. 33 MISSIONE UOMO RICERCA Attività FIRENZE. Gamba cibernetica,prosegue la fase dei test MISSIONE UOMO 34 La riabilitazione dei pazienti amputati ■ L’AMPUTAZIONE DI UN ARTO è sempre un evento traumatico, che modifica radicalmente la vita di chi la subisce, coinvolgendo profondamente la famiglia. Le statistiche rivelano che sono in sensibile aumento, in tutto il mondo, le persone che per diversi motivi sono costrette ad amputazione, in particolare degli arti inferiori. In Italia si contano ogni anno circa 10 mila nuovi amputati, di cui quasi la metà oltre i 65 anni, spesso con patologie associate di rilevante entità. Negli Stati Uniti, dove 185 mila persone subiscono l’amputazione di un arto ogni anno, vivono oggi poco meno di 2 milioni di amputati, con la previsione di arrivare a 3,6 milioni entro il 2050. La principale causa Alvaro Corigliano In Italia ogni anno oltre diecimila persone subiscono il trauma della perdita di un arto. La presa in carico nei Centri “Don Gnocchi” per il massimo recupero di amputazione è rappresentata da patologie di natura vascolare (80%), seguita da cause traumatiche (18%) e da tumori o malformazioni (1%); la maggior parte delle amputazioni interessa gli arti inferiori. Per pazienti costretti a subire questo evento disabilitante, è essenziale integrare l’intervento del chirurgo in un percorso tempestivo di riabilitazione intensiva, per consentire il massimo recupero funzionale e la migliore qualità di vita possibile. Si tratta di una presa in carico complessa e articolata, che necessita di un approccio Francesca Cecchi multidisciplinare nel quale diversi operatori (chirurgo, fisiatra, internista, psicologo, infermiere, terapista, cardiologo) entrano in gioco e collaborano strettamente per favorire il ritorno del paziente al maggior grado di autonomia possibile. È un tema assai caro alla Fondazione Don Gnocchi (pensiamo alle origini dell’Opera di don Carlo con i mutilatini), da sempre trattato da un punto di vista multidisciplinare, pensando non solo al recupero funzionale, ma anche al reinserimen- to sociale dei pazienti. Nei Centri del Polo Toscano, in particolare, l’attività in questo specifico settore prosegue e si rinnova. All’Irccs “Don Gnocchi” di Firenze il servizio è gestito dall’Unità Operativa Ortopedia 2, guidata dal dottor Lucia Avila Alvaro Corigliano, mentre al Centro “S. Maria alla Pineta” di Marina di Massa se ne occupa la Struttura Organizzativa di Riabilitazione Neuromotoria, gestita dalla dottoressa Francesca Cecchi. La disponibilità è di almeno 8 posti letto per la degenza, oltre a prestazioni in day hospital, ambulatoriali e domiciliari. Il dottor Simone Ceppatelli a Firenze (foto grande a sinistra) e la dottoressa Lucia Avila a Massa sono i referenti di questo specifico servizio rivolto essenzialmente a pazienti che hanno subito l’amputazione di arti inferiori a livello transfemorale e transtibiale, a seguito soprattutto di arteriopatia obliterante e diabetica e in misura minore per traumi, tumori o esiti di interventi chirurgici, con prevalenza di soggetti anziani (l’età media degli assistiti si aggira attorno ai 69 anni). ■ CONTINUA, NELL’AMBITO DEL PROGETTO EUROPEO “CYBERLEGS ”, la collaborazione tra la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (capofila del progetto) e la Fondazione Don Gnocchi, per lo sviluppo di un nuovo dispositivo ortesico-protesico robotizzato per la riabilitazione e l’assistenza motoria dei pazienti amputati a livello transfemorale per cause vascolari, attualmente in fase di sperimentazione presso il Centro di Firenze. La “gamba cibernetica” è costituita da due sottosistemi: una protesi robotizzata che sostituisce l’arto amputato e un’ortesi pelvica, anch’essa robotizzata, che collegata ad entrambi gli arti assiste il movimento sia dell’arto protesizzato che dell’arto nativo. La combinazione dei due dispositivi dovrebbe consentire al paziente amputato (in particolare ai pazienti anziani che presentano un quadro clinico generalmente compromesso e un importante decondizionamento fisico) di ridurre il dispendio energetico necessario per poter camminare. Sono terminate le prove con il mock-up (15 soggetti sani, per un totale di 30 valutazioni del dispendio energetico durante il six-minute walk test, con e senza mock-up) a cui stanno facendo seguito le prove dell'alfaprototype motorizzato e non. MARINA DI MASSA. Affluenza al corso di aggiornamento ■ LA RIABILITAZIONE DEL PAZIENTE ANZIANO AFFETTO DA AMPUTAZIONE DI ARTO INFERIORE è stata al centro, nel novembre dello scorso anno, del corso di formazione e aggiornamento svoltosi a Marina di Massa (nella foto sotto, il team della Riabilitazione Neuromotoria). L’iniziativa, che ha riscosso grande attenzione, è stata organizzata dal Polo Toscana della Fondazione Don Gnocchi ed era rivolta a medici, infermieri e terapisti della riabilitazione. I lavori hanno consentito di fare il punto sullo “stato dell’arte” circa le attività di cura, riabilitazione e non solo di questo evento traumatico con particolare riferimento alle persone oltre i 65 anni. Protesi e servizi innovativi All’inizio del percorso riabilitativo, viene effettuata una valutazione multidisciplinare e viene stilato un progetto individuale, che si aggiorna poi nel corso delle successive rivalutazioni. Nel paziente a cui non è possibile applicare protesi si punta alla massima autonomia possibile con ausili e al reinserimento, mentre nel paziente “protesizzabile” il progetto si articola in tre fasi: una fase pre-protesica, una fase protesica e la fase del reinserimento familiare, sociale e/o professionale. In questo iter, entrano in gioco diversi specialisti che collaborano sinergicamente sempre in stretto coordinamento con l’équipe chirurgica da cui proviene il paziente. Oltre all’intervento infermieristico, fisioterapico e tecnico, sono a disposizione una serie di servizi innovativi, come la diagnostica angiologica tramite ecocolordoppler, le medicazioni avanzate (compresa la V.A.C. therapy), il supporto del- l’officina ortopedica per la scelta sempre aggiornata e per la fornitura della protesi più idonea e un supporto psicologico esteso alla famiglia. A tutto ciò si aggiunge, vero e proprio plus esclusivo “Don Gnocchi”, il supporto del Siva (Servizio Informazione e Valutazione Ausili) per l’individuazione dei dispositivi utili al paziente, inclusa una valutazione del domicilio. Una vera e propria orchestra fatta di strumenti e professionalità diverse, ma finalizzata a un obiettivo comune: restituire la massima autonomia possibile, attraverso una rieducazione funzionale con o senza protesi, per una vita dignitosa dentro un normale contesto sociale e familiare. 35 MISSIONE UOMO SERVIZI Attività FIVIZZANO. Tutto pronto per l’avvio del Polo riabilitativo MISSIONE UOMO 36 Riabilitazione cardiorespiratoria, Marina di Massa all’avanguardia ■ IL CENTRO “S. MARIA ALLA PINETA” di Marina di Massa è da sempre struttura di eccellenza nel campo della riabilitazione respiratoria, attività avviata - primo fra tutti i Centri della Fondazione Don Gnocchi - fin dal 1978. Da alcuni anni (svolta impressa dal direttore del Polo Toscana, Francesco Converti), l’integrazione con la riabilitazione cardiologica e la trasformazione in reparto ospedaliero di riabilitazione cardio-respiratoria, guidato dal dottor Mario Petrilli, direttore sanitario del Centro. Un’integrazione necessaria e fondamentale: ogni paziente cardiologico, prima di avviare la terapia specifica, ha necessità di “ripulire” la respirazione e migliorare la ventilazione, grazie sia ad apparecchiature avanzate che ad esercizi specifici di disostruzione bronchiale. Solo dopo questa fase, può affrontare in maniera efficace la riabilitazione cardiologica propriamente intesa, svolta attraverso l’attività ergometrica. L’Unità cardio-respiratoria di Marina di Massa è oggi dotata di 26 posti letto, con due palestre: una per la fisioterapia respiratoria e cardiologica individuale, con centrale telemetrica in grado di controllare fino a 9 pazienti e l’altra di ergometria, con tapis roulant e cicloergometri Mario Petrilli verticali e orizzontali, anch’essa con centrale telemetrica. A queste si aggiunge la postazione infermieristica, vera e propria “sala controllo” del reparto, con centrale di monitoraggio telemetrico di 18 pazienti. Il reparto, dalla sua attivazione nel novembre 2008 (foto sopra) e fino al settembre dello scorso anno, ha avuto in cura 1.692 pazienti, provenienti sia dalla Regione Toscana (e in particolare dalle province di Massa, Pisa, Lucca e Livorno) che da altre regioni italiane specie del sud, con una degenza media di 21 giorni. I pazienti arrivano in buona parte dalle Unità di cardiochirurgia, ma anche da reparti di chirurgia toracopolmonare, rianimazioni, medicine, cardiologie, con A cinque anni dall’inaugurazione dell’innovativo reparto sono stati assistiti quasi duemila pazienti. Con telemonitoraggio persino… in spiaggia di Damiano Gornati trasferimenti diretti dai reparti ospedalieri. Sono in parte reduci da interventi di by pass aortocoronarico, rivascolarizzazione con angioplastica, stent od operazioni di valvulopatie; altri sono affetti da gravi cardiomiopatie o da arteriopatie ostruttive periferiche, oppure da patologie respiratorie gravi con complessità cardiache e motorie e si trovano in una fase di recupe- ro molto delicata, nella quale ogni piccolo segnale non può essere sottovalutato. Al momento del ricovero viene stilato un piano di riabilitazione personalizzato, che prevede interventi individuali e collettivi, preceduti da una valutazione specifica per formulare tempi e durata dei vari trattamenti. Un team multidisciplinare Il progetto riabilitativo parte dalla valutazione cardiorespiratoria e neuro- motoria, passa attraverso diversi step che comprendono la coordinazione respiratoria, le scale di valutazione, la spirometria incentivante, pep mask, Uniko, Thersold... Si passa quindi agli esercizi in palestra ergometrica, assistiti oppure no, a seconda dell’autonomia funzionale e della stabilità clinica, fino al momento della dimissione. Ogni fase è accompagnata da un supporto psicologico che lavora soprattutto sul superamento di stati di ansia e depressione e dove entra in gioco anche la famiglia. Gli interventi a favore dei pazienti sono multidisciplinari, con un elevato livello di tutela medico-infermieristico e comprendono assistenza clinica per il controllo delle complicazioni e delle eventuali emergenze, una corretta impostazione terapeutica, assistenza infermieristica imperniata sullo stato di disabilità evidenziato da programmi di attività fisica adeguati, educazione sanitaria specifica rivolta alla correzione dei fattori di rischio, valutazione psicosociale ed occupazionale, follow-up clinico strumentale individualizzato e supporto per il mantenimento di un adeguato stile di vita e un’efficace prevenzione secondaria. È multidisciplinare anche il team che segue passo passo i pazienti: il responsabile della struttura si avvale della collaborazione di diverse figure professionali: cardiologo, pneumologo, cardiopneumologo, psicologo, infermieri, terapisti e operatori socio-sanitari. È facile intuire come in questa fase il controllo dei parametri vitali sia fondamentale: si tratta di un controllo che deve essere continuo nel tempo, senza interruzioni, al fine di intervenire al minimo allarme. ■ PROSEGUONO I LAVORI per il completamento del Polo specialistico riabilitativo, presso l’ospedale “S. Antonio Abate” di Fivizzano (MS). Questo nuovo Polo, frutto di un accordo sottoscritto nel 2004 con l’Asl 1 di Massa Carrara e la Regione Toscana, rientra in un progetto più ampio di rilancio dell’ospedale di Fivizzano, in un’area dove oggi non sono presenti strutture di riabilitazione. Allo stato attuale, l’edificio che ospiterà il Polo è ormai pronto: sono in fase di ultimazione gli allestimenti interni e l’arredamento. La struttura, una volta a regime, sarà dotata di 60 posti letto complessivi (5 posti letto ad alta specialità; 31 di riabilitazione intensiva ospedaliera; 24 di riabilitazione estensiva extraospedaliera e 6 di lungodegenza). L’attività avrà inizio entro l’estate. Il monitoraggio a distanza È attivo un sistema di monitoraggio chiamato “Coronet”, in grado di controllare a distanza i pazienti in ogni momento della loro degenza: si tratta di una rete che copre non solo le camere e le palestre, ma anche i corridoi, l’area del soggiorno, la sala da pranzo e persino l’area esterna del giardino e del marciapiede lungo la spiaggia, consentendo così al paziente libertà nei movimenti, con la garanzia di essere seguito ad ogni passo. La connessione con la postazione centrale avviene tramite un telemetro che il paziente porta addosso e il cui segnale vie- TOSCANA. Premiall’Irccs di Firenzee all’Hospice di Massa ■ “PER IL RECUPERO DELLA VITA CHE NON C’È, nel solco della pedagogia innovativa di don Gnocchi, oggi espressa dall’avanguardia della riabilitazione del nuovo Centro a Firenze-Torregalli”. Con questa motivazione è stato assegnato alla Fondazione Don Gnocchi (nella foto, il direttore del Polo Toscana Francesco Converti) uno dei Premi Speciali della XXX edizione del “Premio Firenze”, organizzato - con il patrocinio del ministero per i Beni e le Attività Culturali - dal Centro Culturale FirenzeEuropa “Mario Conti”, dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, dal Comune e dalla Provincia di Firenze, in collaborazione con il Consiglio Regionale della Toscana. All’Hospice di Marina di Massa è stato invece assegnato il premio “La sanità che funziona”, promosso dall’Associazione Promidea di Carrara, presieduta da Donatella Visconti. L’importante riconoscimento è nato per portare all’attenzione dell’opinione pubblica i casi più virtuosi di una sanità che funziona e che spesso, però, non fa notizia. Il premio è stato ritirato dalla dottoressa Egidia Cantisani, responsabile medico dell’Hospice. ne captato ogni 25/30 metri da un dispositivo chiamato “Access Point” e modulato da un sistema bluetooth, simile ai telefoni cellulari. Il segnale arriva alla postazione infermieristica, presidiata in ogni momento da un operatore che controlla i diversi indicatori, come il cruscotto di un’automobile. Quando i valori escono dagli standard, un allarme segnala la situazione di anomalia. Lo stesso sistema di controllo a distanza viene utilizzato nelle palestre per impostare gli esercizi e i carichi di lavoro nel corso delle sessioni di terapia. In questo caso, il programma della macchina viene impostato secondo il piano terapeutico e si adatta in funzione dei valori del paziente. È come se un personal trainer comandasse alla macchina la velocità e lo sforzo da far produrre al paziente, attraverso il controllo della frequenza cardiaca. Al termine della prova, il sistema assegna al paziente un punteggio che tiene conto dei parametri misurati e di quelli impostati come obiettivo. I risultati di tutto ciò sono evidenti e misurabili: infatti, nei test effettuati sui pazienti all’inizio del percorso riabilitativo e ripetuti al termine (come il WT6M, cioè la distanza percorsa in 6 minuti di cammino) i miglioramenti sono tangibili e significativi. E la ricerca di nuove applicazioni per migliorare sempre più queste performance non finisce mai. 37 MISSIONE UOMO SERVIZI Attività IL PROGETTO. Gli operatori a scuolaper la salute della schiena ADRI: l’ospedale a casa come alternativa al ricovero ■ SI È CONCLUSO A FINE FEBBRAIO il progetto di educazione alla salute realizzato in Irpinia dal “Polo specialistico Riabilitativo” della Fondazione Don Gnocchi di Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino), sul tema: “Educazione sanitaria in età scolare: salute della colonna vertebrale”. L’iniziativa è stata promossa nell’autunno 2012 dalla Fondazione Don Carlo Gnocchi e in particolare dal direttore del Polo Lazio-Campania Nord, Salvatore Provenzae dal Responsabile delle attività socio sanitarie del Polo e Responsabile del progetto, Fabio De Santis. Il progetto è stato poi concretamente condotto dalle fisioterapiste Rita Mosca, referente per il Polo Specialistico Riabilitativo di Sant’Angelo dei Lombardi e dalla fisioterapista Maria Teresa Vincenzi, del Centro “S. Maria della Pace” di Roma. Dopo la positiva esperienza della prima edizione, circa duemila studenti hanno partecipato all’iniziativa che ha coinvolto gli Istituti Comprensivi di Guardia dei Lombardi, Rita Mosca Morra De Sanctis, Rocca San Felice; Nusco e Ponteromito; Lioni, Teora e Conza della Campania e l’Istituto Superiore “Vanvitelli” di Lioni. Il progetto rientra nell’ambito della prevenzione primaria e ha lo scopo di informare e formare ragazzi, famiglie e insegnanti circa fattori di rischio, comportamenti e stili di vita più corretti, finalizzati a prevenire le patologie della colonna vertebrale nell’età dell’accrescimento e rappresenta più che mai un valido strumento di integrazione tra famiglie, sanità e scuola: tutto ciò attraverso un incontro di formazione con gli insegnanti, un incontro di informazione con i genitori e laboratori in classe con i ragazzi. Molto soddisfatti si sono dichiarati i dirigenti scolastici Antonio Del Vecchio, Alessandra Tarantino, Vito Alfredo Cerreta e Vincenzo Lucido, responsabili degli istituti che hanno partecipato e parteciperanno al progetto in Alta Irpinia. Sulla scia di questa esperienza, il Polo specialistico riabilitativo di Sant’Angelo dei Lombardi della Fondazione Don Carlo Gnocchi ha attivato l’ambulatorio “scoliosi” per la diagnosi e il trattamento delle patologie che coinvolgono la colonna vertebrale in età evolutiva. MISSIONE UOMO 38 La sperimentazione al Polo riabilitativo di S. Angelo dei Lombardi. Avviato anche un nuovo ambulatorio per la prevenzione e diagnosi delle scoliosi ■ INTERESSANTI NOVITÀ, con il nuovo anno, al Polo Specialistico Riabilitativo “Don Gnocchi” all’interno dell’ospedale “Criscuoli” di Sant’Angelo dei Lombardi (Av). Sono state infatti avviate recentemente due concrete realizzazioni che confermano il Centro come struttura di riferimento nel territorio irpino per i servizi di riabilitazione. La prima - avviata per ora in via sperimentale - è un’innovazione che ha pochi precedenti nel nostro Paese e che concretizza l’idea di trasferire l’ospedale (in questo caso il Centro di Riabilitazione) a casa dei pazienti. Si tratta dell’ADRI (Assistenza Domiciliare Riabilitativa Intensiva), frutto della collaborazione tra la Fondazione Don Gnocchi e l’Asl di Avellino: una forma organizzativa innovativa e inedita, che non ha nulla a che vedere con i normali trattamenti domiciliari da sempre eseguiti e che continueranno ad essere eseguiti, ma che si pone come alternativa al ricovero ordinario, per quanto riguarda le attività riabilitative intensive post acuzie. Il paziente in fase di dimissione ospedaliera dalle strutture che fanno capo all’Azienda Sanitaria Locale - a seguito di eventi traumatici o di patologie di carattere ortopedico, neurologico, cardiologico e respiratorio - viene sottoposto a valutazione da parte dell’équipe medica della Fondazione, che stabilisce la sussistenza o meno dei requisiti per l’attivazione dell’ADRI o del ricovero ordinario. La tendenza è comunque quella di privilegiare, ogni volta che le condizioni lo permettono, il ricovero a domicilio. I vantaggi sono indiscutibili: il paziente assistito a casa, trovandosi a proprio agio nell’ambiente domestico e con il supporto della famiglia, va spesso incontro a recuperi più veloci. In questo modo si crea più disponibilità di posti letto nelle strutture ospedaliere, per i pazienti che presentano maggiore instabilità clinica. In questo quadro, un ruolo fondamentale è rivestito dalla famiglia e dal cosiddetto caregiver, cioè da chi materialmente si fa carico della cura del paziente a casa: è infatti requisito prioritario, per attivare questo percorso, avere un contesto familiare in grado di condividere e supportare il progetto riabilitativo e anche poter disporre in casa di strutture minimamente idonee. Criterio basilare per l’accessibilità è però la stabilità dei parametri vitali del paziente, che non deve trovarsi nella situazione di una sorveglianza medica continua nell’arco della giornata. Per il resto, l’ADRI non ha nulla di diverso dal ricovero in struttura, grazie all’intervento di un’équipe altamente specializzata (gli operatori della Fondazione Don Gnocchi di S. Angelo dei Lombardi), composta da medici specialisti, infermieri professionali e terapisti della riabilitazione. La salute della colonna vertebrale La seconda novità è l’attivazione del nuovo ambulatorio dedicato alla prevenzione, diagnosi e trattamento delle scoliosi in età scolare e quindi teso a prevenire gravi complicazioni a livello della colonna vertebrale. Si tratta di un servizio a pagamento (l’attività non è compresa nei Livelli Essenziali di Assistenza), che risponde a un’esigenza molto sentita dal territorio. Tale progetto nasce a seguito della campagna formativa “Educazione sanitaria in età scolare: salute della colonna vertebrale”, condotta nelle scuole del territorio, giunta alla seconda edizione e promossa dal dottor Fabio De Santis, responsabile delle attività socio-sanitarie del Polo Lazio-Campania Nord. «Il nuovo servizio ambulatoriale - spiega la coordinatrice Rita Mosca - offre un percorso terapeutico così suddiviso: visita specialistica fisiatrica ed esami diagnostici, ciclo di sedute terapeutiche, incontri con il paziente e la famiglia, visita specialistica intermedia e visita di fine trattamento. Al termine, il paziente e la famiglia sono informati circa i risultati raggiunti e vengono educati a tenere corretti stili di vita a salvaguardia della salute della colonna vertebra- MILANO. Educazionealla postura, lezioni in classe ■ TAPPA… MILANESE PER IL PROGETTO “Ricomponiamoci! A scuola per imparare a sentire e capire il proprio corpo” (nella foto, il Quaderno che ha accompagnato l’iniziativa) avviato nel 2011 dal Centro “S. Maria al Monte” di Malnate(Va) nelle scuole primarie del territorio varesino. Grazie agli operatori del Centro “Girola” di Milano, l’iniziativa ha coinvolto alcune classi della scuola “Vittorio Locchi” nel quartiere Niguarda. Oltre un centinaio gli alunni coinvolti, che non solo hanno acquisito maggior conoscenza e consapevolezza del proprio corpo e del suo funzionamento, ma anche informazioni mirate e funzionali ad una corretta postura e igiene della colonna. Insegnanti e genitori hanno invece avuto l’opportunità di una formazione specifica per cogliere nei bambini i primi segnali di un eventuale paramorfismo o dimorfismo della colonna. Lo screening condotto su un’ottantina di alunni ha evidenziato la necessità per molti di un monitoraggio costante nel tempo e suggerito per alcuni un approfondimento specialistico. le. In caso di necessità, è inoltre possibile attivare collaborazioni e collegamenti con strutture esterne, ove indirizzare i pazienti affetti da dismorfismi medio-gravi per applicazioni di corsetti o per interventi chirurgici». Il Polo riabilitativo della Fondazione Don Gnocchi di S. Angelo dei Lombardi è operativo dal 2006 ed occupa una parte importante dell’Ospedale “Gabriele Criscuoli”. Vengono effettuati ricoveri in degenza ordinaria per interventi riabilitativi intensivi in area cardiorespiratoria, neuromotoria e ortopedico-traumatologica ed è attiva un’Unità per il trattamento delle Gravi Cerebrolesioni Acquisite: è dotato complessivamente di 111 posti letto, di cui 4 in day hospital. La gamma dei servizi del Centro si completa con l’attività riabilitativa a carattere ambulatoriale. 39 MISSIONE UOMO SERVIZI Attività SALERNO SERVIZI 41 La riabilitazione in assenza di gravità ■ CHI NON RICORDA le immagini di “2001 Odissea nello spazio”, con gli astronauti che fluttuano, al ritmo del Bel Danubio blu di Strauss? O le immagini dello sbarco sulla luna, con quel goffo saltellare? Chi ha mai immaginato di muoversi senza sentire il peso del proprio corpo, come potrebbe accadere in assenza di gravità? E che vantaggi ci potrebbero essere per chi ha subito un trauma ortopedico o neurologico e deve essere rieducato al cammino o al movimento? È questa l’idea che è venuta ad alcuni ricercatori: provare a mettere dei pazienti in una situazione di assenza di gravità per aiutarli nel percorso riabilitativo. Già, ma ammesso che ci possano essere dei vantaggi, come creare una situazione di assenza di gravità, senza viaggiare nello spazio? Tutto questo oggi è possibile, grazie agli studi del dottor Robert Whalen, esperto di biomeccanica dell’esercizio nello spazio per gli astronauti della Nasa: si possono creare le condizioni simili all’assenza di gravità, attraverso un’elevata pressione dell’aria che diventa una sorta di invisibile imbracatura in grado di supportare il peso corporeo. In questo modo, è stato messo a punto negli Stati Uniti il “Treadmill antigravitazionale”: un sistema integrato formato da un computer, un sistema di supporto del peso corporeo e un tapis roulant. In questo speciale tapis roulant, nella par- Terapia occupazionale: anche il presepe è un…capolavoro Sperimentato al Polo di Tricarico un sistema integrato realizzato negli Usa. Risultati positivi su pazienti con frattura di femore di Damiano Gornati te dove si trovano gli arti inferiori del paziente, è stata creata una camera d’aria nella quale si crea una variazione di pressione rispetto all’ambiente esterno, così da creare quella sensazione di assenza di gravità e quindi di leggerezza. Il computer ha la funzione di graduare la pressione in modo da regolare la forza gravitazionale. La sensazione che il paziente prova è di sentirsi sollevato, come se si sentisse alleggerito fino all’80% del proprio peso corporeo. Realizzato lo strumento, qualche anno fa è iniziata l’applicazione, negli Stati Uniti, in particolare nel mondo sportivo, per accelerare il recupero fisico degli atleti colpiti da infortuni. Più recentemente, si è iniziato ad usarlo anche nella riabilitazione dei pazienti con fratture importanti agli arti inferiori. In Italia, tra i pochissimi enti ad averlo utilizzato fin’ora, ma unico ad aver condotto una ricerca scientificamente fondata e i cui risultati sono stati pubblicati sul Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa, è stata la Fondazione Don Gnocchi e segnatamente il Polo specialistico riabilitativo che fa riferimento all’ospedale di Tricarico (Mt). Qui, da febbraio a settembre dello scorso anno, sono stati individuati 20 pazienti, di età compresa tra gli 80 e i 90 anni, che avevano subito la frattura del femore, un incidente molto frequente e invalidante nella popolazione anziana, suddivisi successivamente in 2 gruppi: un gruppo di 10 ha seguito il normale percorso riabilitativo, gli altri 10 un percorso con l’uso del Treadmill antigravitazionale con una frequenza di tre sedute a settimana per tre settimane e incrementi progressivi nel tempo della velocità, della percentuale del peso corporeo percepito e della durata della seduta. Di ogni paziente è stata valutata la comorbilità, il dolore, il Rom articolare (Range of motion, ovvero la flessibilità degli arti), la forza muscolare dell’arto operato, il grado di autonomia, il cammino all’inizio e al termine del trattamento. I risultati conseguiti tra i pazienti che hanno usato il Treadmill sono stati molto positivi e migliori di quelli conseguiti dai pazienti in normale trattamento riabilitativo: non solo non si è verificata nessuna reazione avversa, ma è stata anzi registrata una Una parte dell’équipe di Tricarico che ha lavorato col “Treadmill antigravitazionale”. Da sinistra: Olga Toscano, Nicola Lioi (responsabile medico del Centro) , Teresa Colafelice, Stefano Larocca e Vincenzo Fantassiere (coordinatori terapisti). maggiore efficacia nel recupero neuromotorio(dell’articolarità, della stenia muscolare e delle caratteristiche del cammino), con riduzione dei tempi di trattamento. In particolare, è stata riscontrata in maniera importante la riduzione del dolore percepito dai pazienti, che molto spesso agisce come deterrente e freno per chi si sottopone a trattamenti riabilitativi dopo traumi così importanti. In ultima analisi, per quanto sia stato trattato un numero esiguo di pazienti, i dati ottenuti dicono che il trattamento con Treadmill antigravitazionale migliora le performance motorie e la resistenza dando risultati riabilitativi migliori e in tempi piu brevi. È tuttavia necessario un ulteriore approfondimento, attraverso nuove prove su un numero maggiore di pazienti, così da raggiungere una base dati sufficiente. Anzi, come lascia intendere la dottoressa Teresa Colafelice, fisiatra, che ha seguito, tra gli altri, il progetto di ricerca di Tricarico insieme alla dottoressa Olga Toscano, c’è l’intenzione di estendere l’uso dell’ apparecchio anche per pazienti con problemi neurologici (esiti di ictus o persone con deficit motori). ■ LUCA GUARDA CON ORGOGLIO il presepe allestito all’ingresso del Centro “S. Maria al Mare” di Salerno. Nel suo sguardo c’è tutta la soddisfazione di chi ha realizzato un capolavoro. È lui l’autore, insieme agli altri ragazzi della terapia occupazionale. Non si sono limitati ad allestirlo, lo hanno proprio creato, a partire dalle statuine. Semplice - forse - per chi non ha problemi di manualità, ma quando anche allacciarsi il bottone della camicia diventa ogni giorno un’impresa, si può capire meglio quanto sia complicato realizzare quei piccoli manufatti di ceramica. In neurologia si chiama “prassia”, dal greco praxía, che significa “fare” ed è la capacità di compiere correttamente gesti coordinati e diretti a un determinato fine, come vestirsi, aprire un barattolo, uscire di casa, guidare l’automobile… Appunto, guidare l’automobile, all’inizio, sembra un’impresa impossibile: bisogna pensare con calma al coordinamento dei movimenti, a quali compiere prima e cosa fare subito dopo. Ma poi, col tempo e soprattutto con la pratica, la sequenza delle “cose da fare”si consolida e tutto diventa come automatico. Il contrario di tutto questo è la “disprassia”, cioè la difficoltà a memorizzare le azioni e a trasformarle in automatismi, a coordinare i movimenti in modo da raggiungere un obiettivo. Per cui, ci sarà sempre bisogno di un aiuto esterno quando ci si veste, o di qualcuno che richiama all’igiene personale e al corretto utilizzo dei servizi igienici, o che aiuta ogni volta ad impugnare correttamente forchetta e cucchiaio per mangiare… Si chiamano ritardi cognitivi, si manifestano già in tenera età e spesso si trascinano nell’età adulta. È su questi ed altri aspetti che lavora quella si chiama terapia occupazionale. La terapia occupazionale supporta e completa l’attività di psicomotricità, promuovendo l’occupazione, ossia le abilità necessarie alla persona per agire nel proprio ambiente e raggiungere un certo grado di autonomia, anche in relazione agli altri. E il servizio di terapia occupazionale del Centro di Salerno, attivo da settembre a giugno, risponde proprio a questo scopo: non è solamente un momento di sollievo per le famiglie, ma un insieme di attività tese a sviluppare le capacità e le abilità manuali e intellettive, secondo un progetto che lavora su due aspetti: sviluppare la manualità e accrescere la creatività. Gli utenti sono giovani portatori di disabilità affetti da ritardi cognitivi medi o medio gravi e sono seguiti da un team di terapisti coordinati dalla neuropsichiatra infantile Maria Rosaria Leone, con il supporto di alcuni volontari, come Francesca Oliva, che ha seguito in prima persona il progetto del presepe e che per diversi mesi ha messo a disposizione la sua professionalità per insegnare a costruire manufatti in ceramica. «Abilitare e riabilitare sono le parole che hanno sempre guidato la Fondazione - spiega la dottoressa Leone -. Con il laboratorio creativo volevamo dare qual- cosa di più al normale iter riabilitativo, per favorire l’integrazione e la socializzazione. Volevamo che i ragazzi sviluppassero le attività manipolative, costruttive, grafiche, pittoriche, musicali e di drammatizzazione». E oltre a questo, la terapia occupazionale potenzia le esperienze di interazione, le competenze relazionali e le acquisizioni di regole sociali di base, come il rispetto del turno, l’attesa e la condivisione di spazio e materiali. Infine, fornisce un canale di comunicazione alternativo, attraverso l’espressione e la manifestazione delle emozioni. Ecco allora spiegato il presepe: non solo un segno natalizio, ma parte di un progetto molto più ampio dove Luca e i suoi compagni hanno esercitato e sviluppato la creatività e la manualità e hanno scoperto di poter realizzare qualcosa di bello e importante… Non solo a Natale. MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 40 Attività SEREGNO. Progetto attivato con il contributo di Axa MISSIONE UOMO 42 Stimolazione olfattiva: benefici su pazienti e operatori A Monza e Seregno è stato avviato l’innovativo progetto che riconosce la validità dell’approccio terapeutico multisensoriale PRINCIPALI RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE NEI CENTRI Moltissimo 16% Molto poco 26% Moltissimo 21% Molto poco 0% Poco 11% Abbastanza 21% Molto 16% di Ramona De Luca ■ UN CENTRO PIÙ ACCOGLIENTE, per favorire l’umanizzazione dei percorsi di cura e migliorare l’esperienza vissuta da pazienti, familiari e operatori: questo l’obiettivo della sperimentazione olfattiva in ambienti sanitari e socio-sanitari, avviata di recente in alcune strutture “Don Gnocchi”. L’innovativo progetto muove dalla necessità di dedicare la giusta attenzione, oltre che agli aspetti clinici dell’assistenza, anche alle dinamiche psicologiche ed emotive che si sviluppano nel corso delle cure, riconoscendo la valenza terapeutica dello spazio fisico e di tutti gli elementi che sviluppano la relazione tra paziente e ambiente. L’iniziativa riconosce la validità dell’approccio terapeutico multisensoriale: secondo recenti studi condotti in ambito internazionale, la stimolazione sensoriale, in particolare quella olfattiva, ha un effetto positivo sul benessere psico-fisico dell’individuo, favorisce la calma e i comportamenti adattivi, riduce la depressione e stimola un senso di partecipazione, di familiarità e di empatia con l’ambiente cirscostante. Il profumo, insomma, incide sensibilmente sulla sfera emotiva dell’individuo, modificandone i comportamenti e gli stati d’animo. Su queste basi, la sperimentazione ha avuto inizio grazie alla collaborazione con “Essentia Beauty”, azienda specializzata da anni nella messa a punto di sistemi di diffusione di fragranze progettati per ambienti sanitari. Tra questi, l’“Olfactive Spirit”, diffusore sicuro e affidabile, che non inquina, non lascia residui nell’aria ed è ecosostenibile. White Paradise, Child Poco 16% Abbastanza 26% Molto 47% Moltissimo 11% Molto poco 31% Molto 21% Molto poco 0% Poco 5% Abbastanza 32% Abbastanza 21% Moltissimo 21% Moltissimo 16% Poco 16% Molto 47% Molto poco Moltissimo 11% 0% Poco 0% Molto poco 0% Poco 11% Abbastanza 26% Molto 42% Moltissimo 21% Molto 47% Abbastanza 32% Molto 57% Molto poco 0% Poco 0% Abbastanza 32% Moltissimo 53% Molto poco Poco 5% 0% Abbastanza 0% Molto 42% Memory e Chocolate sono alcune delle fragranze scelte per rendere più piacevoli e familiari i luoghi di cura della Fondazione, passando da profumi stimolanti nelle sale comuni per favorire le attività del mattino a profumi rilassanti alla sera per accompagnare il riposo, da quelli più familiari per accogliere i visitatori a quelli neutralizzanti per coprire gli odori più forti. La scelta delle fragranze è stata condotta da Essentia Beauty, che ha messo a disposizione dell’iniziativa la propria esperienza e le proprie competenze nel campo, in collaborazione con i medici responsabili di ciascuna struttura e in funzione delle specifiche esigenze dei pazienti ospiti e della natura dei loro percorsi terapeutici. Due, per ora, i Centri coinvolti nell’iniziativa: l’Hospice “S. Maria delle Grazie” di Monza e il Centro “Ronzoni Villa” di Seregno (Mb), quest’ultimo sia nella Rsa per anziani che nella recente Unità di degenza di mantenimento per disabili in età evolutiva. In ciascuna struttura sono stati istallati tra i 10 e i 16 diffusori, in funzione tutti i giorni per uno o più intervalli di tempo, a seconda delle specifiche esigenze. Per ogni reparto, infatti, è stato elaborato un programma di profumazione ad hoc, nel rispetto degli specifici obiettivi individuati per ciascuna unità di offerta. ■ AL CENTRO “RONZONI VILLA - DON GNOCCHI” DI SEREGNO (MB) e all’Hospice “S. Maria delle Grazie” di Monza il progetto di stimolazione olfattiva è stato attivato grazie al contributo (per il 2013) della compagnia Axa Assicurazioni. La cerimonia di avvio del servizio si è svolta lo scorso febbraio a Seregno, presenti il direttore del Polo Lombardia 3 della Fondazione Don Gnocchi Tiberio Boldrini, il responsabile medico del Centro di Seregno Maddalena Galli, la responsabile del Reparto di Mantenimento per bambini in età evolutiva Patrizia Spelta, il responsabile del Servizio Fundraising della Fondazione Stefano Malfatti e - per Axa Assicurazioni il vicedirettore generale Maurizio Cappiello e il responsabile Gestione Tecnica e Sinistri Maurizio Rainò. SPORTELLO DISPRASSIA . L’équipe del Centro di Seregno è stata riconosciuta gruppo riferimento AIDEE per la Lombardia ■ NUOVO, IMPORTANTE RICONOSCIMENTO per lavoro svolto all’interno della Fondazione Don Gnocchi. L’équipe di riabilitatori che si occupa di intervenire sui disturbi delle abilità spaziali in età evolutiva è stata riconosciuta dall’AIDEE nazionale (Associazione Italiana Disprassia Età Evolutiva) come Gruppo di Riferimento Territoriale per la Lombardia. L’équipe opera all’ambulatorio di riabilitazione territoriale del Centro “Ronzoni Villa-Fondazione Don Gnocchi” di Seregno (Mb) e ha attivato uno Sportello a cui le famiglie, gli insegnanti e gli operatori del territorio possono chiedere informazioni e consigli utili ad affrontare i disagi connessi alla disprassia. Lo Sportello di Seregno effettua tra l’altro valutazioni funzionali specifiche connesse a questo disturbo, oltre ad occuparsi di percorsi riabilitativi personalizzati. Il gruppo Territoriale dell’AIDEE Lombardia risulta così composto: Annalisa Risoli (medico fisiatra), Silvia De Isabella (medico fiasiatra), Adriana Bortolotti (psicologa), Elena Antonioli (fisioterapista), Elena Arosio (Tnpee), Michela Bertelè (Tnpee), Manuela Capettini (fisioterapista). La sperimentazione con anziani e bambini Al fine di garantire una migliore implementazione del progetto è stato indispensabile il coinvolgimento di medici, operatori socio-sanitari, infermieri e animatori, che hanno condiviso gli scopi della sperimentazione. Il profumo ha accompagnato, per circa tre mesi, le attività della giornaSui bambini e ragazzi in ta sia da un punto di vista clinico (nel riabilitazione di mantenicorso delle attività di fisioterapia) sia mento sono state condotte da un punto di vista ludico e ricreatiosservazioni dirette dei vo, nei momenti di terapia occupaloro comportamenti da zionale e durante le attività collettive parte di terapisti ed educae di accoglienza ai visitatori. tori, che con loro condiviSono bastate poche settimane di dono l’esperienza di vita e sperimentazione per constatarne gli di cura: le osservazioni indubbi benefici: l’odore percepito hanno evidenziato una all’interno dei Centri è stato considemaggiore disponibilità del rato da ospiti e operatori più familiabambino a ricevere il conre, influendo sul loro umore e risul- Ramona De Luca tatto fisico e un maggiore tando più piacevole e accogliente; i appetito durante i pasti. Inoltre, i bambini pazienti più anziani si sono dimostrati più sono apparsi più tranquilli sia nelle attività disponibili alla relazione con gli altri, chiedi terapia occupazionale che nel ricevere i dendo con meno frequenza di allontanarsi trattamenti. delle sale comuni e dichiarando di gradire Anche il personale ha mostrato di maggiormente le attività collettive organizapprezzare maggiormente l’esperienza di zate dal Centro. lavoro complessiva, sentendosi più a proprio agio e attribuendo maggiore importanza alle relazioni sociali sviluppate nell’ambiente di lavoro; è cresciuto anche il numero di operatori che ha valutato positivamente il rapporto con pazienti, colleghi e superiori. Grazie al profumo, pazienti e operatori hanno dichiarato di sapersi orientare più facilmente nella struttura in maniera autonoma rinunciando, in parte, alla segnaletica; il personale ha inoltre dichiarato di percepire un maggiore impegno della Fondazione nel migliorare la qualità della propria esperienza lavorativa. Sulla scorta di tali risultati, la Fondazione ha predisposto nei due Centri la messa a regime della sperimentazione per il 2013, con possibilità di estenderla anche ad altre strutture “Don Gnocchi”. 43 MISSIONE UOMO PROGETTI Attività SERVIZI Anche la musica si fa strumento terapeutico ■ LA MUSICA ADEGUATAMENTE INSERITA in un piano terapeutico, non come strumento alternativo ma integrato alle tradizionali terapie mediche, riabilitative e farmacologiche, agisce in modo positivo ed efficace sui piccoli pazienti con disabilità: il suono e la melodia possono aprire canali comunicativi, incrementare la creatività, sviluppare capacità relazionali, elaborare bisogni e vissuti attraverso cui perseguire obiettivi specifici. Su queste basi muove il progetto sperimentale di musicoterapia avviato al Centro “S. Maria alla Rotonda” di Inverigo (Co) sia per i piccoli pazienti presi in carico dal Centro in regime ambulatoriale, sia per i ragazzi che frequentano il Centro Diurno Disabili. Il Progetto sperimentale nell’area della riabilitazione ambulatoriale e diurna territoriale extraospedaliera per minori disabili è coordinato dal personale dell’équipe clinica del Centro (neuropsichiatra, psicologa, fisiatra, assistente sociale) ed è realizzato insieme ai terapisti del Centro (educatori, musicoterapista, logopedista, psicomotricista, terapista occupazionale). Gli interventi si muovono in due direzioni: un percorso di musicoterapia attiva e musicoterapia ricettiva e il Progetto sperimentale denominato “Opera Chords”, in collaborazione con “ILOpera”, associazione per l’apprendimento interdisciplinare dell’opera lirica. Il percorso di musicoterapia attiva riguarda suoni e musiche creati direttamente dai pazienti attraverso un dialogo sonoro con il terapeuta, mentre la sezione dedicata alla musicoterapia ricettiva riguarda l’ascolto, da parte dei pazienti, di musiche e suoni, registrati o eseguiti dal vivo dal terapeuta. Quindi un percorso riabilitativo integrato che vede accanto agli interventi di logopedia, psicomotricità, fisioterapia e terapia occupazionale anche le attività di musicoterapia - un canale comunicativo alternativo al fine di sviluppare le capacità potenziali e/o residue del paziente per meglio realizzare l'integrazione intra e interpersonale e garantire una migliore qualità di vita. Più specifico e ambizioso il progetto attivato nella stanza Snoezelen del Centro (nella foto), sia con pazienti ambulatoriali che con i ragazzi del CDD: un lavoro sonoro denominato “Opera Chords” che rappresenta una vera e propria novità e che si basa sulla È stato avviato al Centro di Inverigo un progetto sperimentale che utilizza frequenze, timbri e onde sonore nel trattamento di minori con disabilità ricezione acustica di frequenze, timbri e onde sonore di precise sequenze, proposte in un ambito di rilassamento musicale. Tracce musicali originali nella Stanza Snoezelen L’originalità di “Opera Chords” consiste nell’utilizzo di musiche non presenti nel panorama discografico, ma appositamente composte, arrangiate e registrate per l’intervento. La ricerca di tracce musicali originali specificatamente arrangiate per gli interventi sul paziente è da considerarsi essenziale in un ambiente come la stanza Snoezelen, ricco di stimoli sensoriali. Nello specifico, la scelta musicale si è concentrata sui toni bassi e l’intento è anche quello di sperimentare una ricezione musicale attraverso le vibrazioni del materasso multifunzionale ad acqua presente nella stanza, come conduttore sonoro per i casi di grave disabilità. L’ausilio di casse amplificate controllate da un mixer posizionate a diversi livelli accanto al paziente rende possibile la ricezione sonora non solo attraverso l’udito, ma anche e soprattutto attraverso il corpo e la sua risonanza. Sono i suoni bassi ad essere percepiti, con le loro vibrazioni, su tutto il corpo e che rendono possibili un ascolto attivo e una migliore percezione della propria persona. Distensione, stato di piacere, riduzione dell’ansia e della tensione muscolare sono solo alcuni dei benefici che questo messaggio sonoro procura ai pazienti con gravi disabilità. Un corretto bilanciamento dei suoni tra alti, medi e bassi è indispensabile per non creare stati di disagio e tensione, vanificando gli effetti benefici e salutari che la musica riesce a portare. Oggi è normale ascoltare musica negli luoghi di lavoro, negli ospedali, in sala operatoria, dal dentista, nei supermercati, perché al di là delle applicazioni specificatamente terapeutiche, la musica conserva intatto il suo enorme potere armonizzante. Così avviene anche nella stanza Snoezelen, dove tutto si gioca sull’interazione sensoriale. Non solo sequenze musicali appositamente create e arrangiate, ma anche sequenze musicali tratte da “Il Barbiere di Siviglia”di Rossini. Questo grazie al percorso di ricerca comune condotto dai professionisti del Centro di Inverigo con “ILOpera” di Milano. Con effetti sorprendenti. A testimonianza di come la musica possa riverlarsi «il più completo farmaco non chimico». MISSIONE UOMO 45 Attività MILANO. Tecnologie per l’autonomia, corso di Alta Formazione MISSIONE UOMO 46 Assistenza protesica: quando la carrozzina non basta ■ SERVIRE SU UN PIATTO D’ARGENTO uno strumento “copia e incolla” per chi domani si troverà a dover decidere le politiche europee e nazionali sull’assistenza protesica. Questo il significato della “Position Paper” sottoscritta da Aaate (Association for the Advancement of Assistive Technology in Euripe), società scientifica europea dedicata alle tecnologie assistive, ed Eastin (European Assistive Technology Information Network), la più importante rete europea di informazione nel settore. Nel gergo internazionale, una “Position Paper” è un documento che esprime il parere ufficiale un’istituzione autorevole rispetto ad una determinata tematica. Nel caso che ci riguarda, la tematica riguarda la cosiddetta “assistenza protesica”,ossia il sistema pubblico che fornisce ai cittadini con disabilità gli ausili tecnici necessari alla propria vita quotidiana, nella scuola, nel lavoro. Il documento, piuttosto corposo, è frutto di un laborioso percorso di intense consultazioni tra i maggiori esperti nel settore da vari paesi d’Europa, iniziato con un workshop internazionale svoltosi a Copenhagen lo scorso Renzo Andrich anno tra le iniziative per il turno di presidenza danese dell’Unione Europea e proseguito nei mesi successivi fino a raggiungere il comune consenso. Tre tipologie di facilitatori Questi i punti salienti. Innanzitutto, l’indicazione di quale debba essere lo scopo di La Fondazione tra i promotori della “Position Paper”, documento europeo innovativo su ausili e tecnologie assistive. Ecco i punti chiave di Renzo Andrich ricercatore Citt (Centro Innovazione e Trasferimento Tecnologico) - Fondazione Don Gnocchi presidente Eastin (European Assistive Technology Information Network) un sistema pubblico di assistenza protesica. Secondo il documento, il suo fine è quello di “assicurare a tutte le persone con disabilità le soluzioni assistive più adeguate per sostenere l’autonomia nel proprio ambiente di vita“. Non si tratta, quindi, semplicemente di fornire ausili tecnici a persone aventi diritto - come recita il Nomenclatore Tariffario italiano delle protesi - bensì di fare in modo che ogni persona in situazione di bisogno possa disporre di tutti gli appropriati “facilitatori ambientali” necessari alla propria autonomia personale e familiare, comprendendo in essi ausili tecnici (un plantare, una protesi, una carrozzina, un sollevatore, uno strumento informatico per la comunicazione...), adattamenti ambientali personalizzati (una modifica architettonica della stanza da bagno per poter svolgere in autonomia e sicurezza le operazioni di igiene personale, l’automazione di alcune funzioni della casa…) e l’eventuale assistenza personale necessaria. Il termine “soluzione assistiva” (assistive solution) sta infatti ad indicare quell’accorta ed efficiente combinazione di queste tre tipologie di facilitatori, che non può essere standardizzata, ma va disegnata sulle esigenze individuali di ciascuna persona. Proprio da questa necessità di personalizzazione - che richiede alti livelli di competenza e di interdisciplinarietà - scaturisce un altro concetto forte della “Position Paper”: l’efficacia di un intervento di assistenza protesica si misura sulla sua capacità di mobilitare tutte le professionalità necessarie (principio di competenza), di coordinarsi con tutti gli altri interventi di aiuto alla persona (principio di coordinamento), di utilizzare fondi e risorse in modo intelligente verificando il conseguimento degli obiettivi (principio di efficienza), di accogliere innovazioni tecnologiche e adattarsi nel tempo alle mutevoli situazioni dell’utente (principio di flessibilità), di valutare l’utente non come un semplice assistito ma come un “compagno di squadra” nelle decisioni che via via si devono prendere (principio di influenza dell’utente). Il documento richiama inoltre alla necessità che l’intervento vada all’utente, non in quanto “avente diritto”, bensì in quanto “avente bisogno” (principio di accessibilità). ■ “TECNOLOGIE PER L’AUTONOMIA E L’INCLUSIONE SOCIALE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ”: ha avuto inizio a febbraio l’edizione 2013 del Corso di Alta formazione promosso dalla Fondazione Gnocchi all’Irccs “S. Maria Nascente” di Milano, in calendario fino al prossimo aprile. Cento ore di lezioni e laboratori, con frequenza obbligatoria, distribuiti in tre moduli della durata di quattro giorni ciascuno: «L’obiettivo - spiega l’ingegner Renzo Andrich, direttore del corso è fornire una competenza di base sulle tecnologie oggi disponibili per la riabilitazione, l’autonomia, l’integrazione scolastica, lavorativa e sociale delle persone con ogni tipo di disabilità, età e patologia invalidante. L’itinerario didattico, articolato in sessioni teoriche e in sessioni pratiche di laboratorio, si estende dagli aspetti più strettamente tecnologici e quelli legati alla concreta utilizzazione dell’ausilio nel contesto della realtà quotidiana di vita della persona disabile, nonché nella programmazione dell’intervento riabilitativo ed educativo». Il corso, con accreditamento Ecm e aperto a persone in possesso di specializzazione post-lauream, laurea o diploma universitario, è rivolto in particolare a medici, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, tecnici dei settori delle protesi, ausili e accessibilitàe a operatori della scuola e dell’educazione. L’efficace attenzione ai costi Il documento non si limita naturalmente a sole enunciazioni di principio ma - ed e questo il motivo della sua corposità - si addentra in indicazioni operative per gli addetti ai lavori, nell’auspicio che possano essere fonte di ispirazione per lo sviluppo delle rispettive politiche locali di assistenza protesica. Il problema, oggi più che mai attuale, del contenimento dei costi è esaminato nella sua sostanza, che spesso sfugge a causa del modo settoriale con cui in molti Paesi, Italia compresa, è organizzata l’assistenza protesica. Un efficace intervento di assistenza protesica, inteso nel senso delineato dalla “Position Paper”, oltre a migliorare la qualità della vita della persona e darle pari opportunità di partecipare nella società, riduce la necessità di altri interventi sanitari o assistenziali. Una sofisticata carrozzina elettronica costa certamente parecchio, ma quante migliaia di ore ■ RESPIRATORI, CARROZZINE, DEAMBULATORI, MATERASSI ANTI-DECUBITO e tanti altri ausili e protesi: sono essenziali per i pazienti e quindi garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale. Il loro elenco è contenuto nel Nomenclatore tariffario, che però risulta fermo a oltre 13 anni fa, ovvero al decreto del ministero della Salute n° 332 del 1999. Da allora non è stato più adeguato, sebbene quella stessa norma preveda un suo aggiornamento periodico “con cadenza massima triennale”. Dopo anni di dibattiti a livello politico, nonostante le sollecitazioni di pazienti, associazioni e operatori vari, l’aggiornamento del Nomenclatore è stato rimandato al nuovo Parlamento. Nel frattempo, le persone disabili sono costrette a usare dispositivi spesso obsoleti e per avere ausili innovativi e adeguati devono pagare la differenza di costo rispetto alla tariffa prevista per quelli presenti nel Nomenclatore. Nell’attuale elenco mancano poi alcune tipologie di ausili e spesso non ci sono controlli sulla qualità dei prodotti da parte di un organismo preposto. Soprattutto nelle Regioni sottoposte a piani di rientro, capita che le Asl non riescano a fornire nemmeno i dispositivi previsti dal vecchio Nomenclatore. Le stesse Asl fanno inoltre gare di appalto al massimo ribasso per risparmiare, ma a volte forniscono prodotti peggiori a costi più alti, come ad esempio carrozzine che arrivano in container dall’Estremo Oriente, vendute allo stesso prezzo di quelle prodotte nel nostro Paese, pur avendo metalli e tessuti scadenti. Il Nomenclatore tariffario non è stato argomento toccato in campagna elettorale, ma l’auspicio è che il nuovo Parlamento e il nuovo Governo trovino finalmente il modo di affrontare efficacemente anche questo tema. APPELLO . Nomenclatore tariffariofermo da oltre 13 anni Nella foto sotto, i ricercatori della rete ETNA (rete tematica europea finalizzata a promuovere la realizzazione di un Portale Internet europeo sulle tecnologie informatiche di ausilio alle persone con disabilità), in un recente meeting tenutosi in Austria. Per la Fondazione Don Gnocchi, gli ingegneri Renzo Andrich, Valerio Gower e Andrea Agnoletto, e la dottoressa Sabrina Vincenti di assistenza risparmia nel corso degli anni, oltre che dare la persona autonomia, sicurezza e libertà? L’adattamento di un appartamento costa, ma quante volte di più costerà nel tempo la degenza in una residenza sanitaria assistita? In definitiva, la “Position Paper” si propone come un contributo di chiarezza in questa complessa tematica, finora spesso considerata marginale, ma che alla luce delle nuove opportunità offerte dalla tecnologia, della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e delle recenti indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in materia, merita oggi di acquisire nuovo vigore. La “Position Paper” è pubblicata sul sito www.aaate.net e sul Portale Siva (www.portale.siva.it)ed è stata ampiamente diffusa tra gli addetti ai lavori in tutta Europa. 47 MISSIONE UOMO AUSILI Attività AMBITI DI RIFLESSIONE FORMAZIONE 49 Formazione continua: 190 eventi nel Piano 2013 ■ LA FONDAZIONE DON GNOCCHI caratterizza i paradigmi del proprio sistema formativo con una vision che mette al centro l’operatore e il suo sviluppo professionale. In Fondazione Don Gnocchi la formazione, oltre ad essere considerata come processo di acquisizione e sviluppo di abilità e competenze, vuole essere anche strumento di comunicazione e trasmissione di valori antropologici e di principi eticidistintivi della mission dell’organizzazione e del pensiero del fondatore, oggi Beato. In questo senso, diventa quindi “motodi Monica Malchiodi re” di cambiamentonon solo nell’operatore che si forma, ma anche nell’organizll Piano formativo è costruito zazione che lo vede protagonista e anche sulla base dell’evoluzione depositario delle conoscenze, delle epidemiologica dell’Organizzaziocapacità e delle competenze. ne Mondiale della Sanità: invecL’orientamento della formaziochiamento popolazione (cronicine nella “Don Gnocchi” si finalizza tà/ prevenzione), incidenza delle all’attuazione delle scelte strategipatologie tumorali, incidenza delche della politica sanitaria e sociole patologie cardio-respiratorie, sanitaria: l’equità di trattamento e di aumento della non autosufficienza accesso ai servizi, tramite la massima nella popolazione anziana, incresemplificazione burocratico-ammimento delle malattie degenerative e nistrativa e moltiplicando l’accessiirreversibili. bilità multimediale; la tutela e la Gianni Martinelli «Ai tempi difficili - spiega il cura delle persone più deboli, favoresponsabile dell’Area Formazione della rendo anche la loro integrazione nella vita Fondazione, Gianbattista Martinelli quotidiana; la diffusione delle cure palliative bisogna rispondere con il lavoro duro, al pese della terapia per alleviare il dolore; una simismo ed alla sfiducia bisogna opporre gestione più efficiente dei servizi sanitari, l’ottimismo, l’incompetenza va contrastata riducendo liste di attesa, anche attraverso la con il talento e con una visione diversa del predisposizione di “percorsi specifici” per la nostro modo di lavorare. Invitiamoci e invidomiciliarietà. tiamo tutti al coraggio che è sì quella virtù L’offerta complessiva del Piano di Forumana che ci rende forti nei pericoli e sereni mazione Continua della Fondazione Don di fronte ai rischi, ma è anche, secondo l’etiGnocchi per il 2013 nasce dalla necessità, mologia latina della parola che la fa derivare opportunità e volontà di coniugare, nel da cuore, qualcosa di più, quel qualcosa fabbisogno formativo interno, il manteniappunto che viene dal cuore, il luogo delle mento e consolidamento delle competennostre emozioni, le uniche che ci danno lo ze fondamentali per lo svolgimento delle slancio per credere, nonostante tutto, e per attività core della Fondazione, l’acquisiziotrasformare i sogni in realtà». ne di tecniche specialistiche innovative orientate anche alle nuove tipologie di utenza, il miglioramento dell’agire relazionale e comunicativo nei confronti del cittadino/paziente, e gli orientamenti per la salute definiti dalle macro tendenze di sistema, oltre che dalla programmazione a livello nazionale. lavoratori, sul pronto soccorso, prevenzione incendi e sicurezza alimentare (69 proposte). Tra gli obiettivi, lo sviluppo di competenze distintive con percorsi a supporto delle strategie di efficacia e appropriatezza. Oltre 130 appuntamenti con crediti Ecm Curare, prendersi cura e farsi carico Il Piano di Formazione 2013 della Fondazione Don Gnocchi si compone complessivamente di 190 eventi, di cui 132 accreditati al sistema Ecm nazionale e 58 non accreditati. Di questi, 16 sono stati definiti di significativa rilevanza scientifica. Questi i principali obiettivi: ● manutenzione di competenze tecniche tradizionali e specifiche di ciascuna professione o attività specialistica per l’assistenza, la cura e la riabilitazione dei pazienti fragili presi in carico dalla Fondazione Don Gnocchi: disabili di ogni ordine e grado, anziani, malati terminali, pazienti in stato vegetativo (80 proposte); ● sviluppo delle competenze distintivecon percorsi attinenti ad un “nuovo saper fare”, verso la complessità, a supporto delle strategie di efficacia e di appropriatezza(15 proposte); ● sviluppo della cultura della sostenibilità e dell’efficienza organizzativa (15 proposte); ● promozione nei processi di cura, del prendersi cura, del farsi carico del valore della relazione e della dimensione antropologica, quali paradigmi autentici di ogni azione educativa, riabilitativa e assistenziale, anche nella prospettiva del pensiero del Beato don Gnocchi (11 proposte); ● adempimento della normativa sulla sicurezza dei Il target è multiprofessionale Le modalità didattiche sono di natura fortemente interattiva. Quasi la totalità degli eventi è realizzato in aule composte da un numero di partecipanti non superiore alle 30 persone. Le aule sono costituite da target multiprofessionale, adatte pertanto a favorire lo scambio di conoscenze e competenze fra partecipanti. Sono previsti anche percorsi in modalità cosiddetta blended, ovvero proposte che ad un momento di formazione, informazione e condivisione di strumenti metodologici in aula, affiancano percorsi di addestramento sul campo, con risultati preziosi sia in termini di apprendimento che in termini di ricadute sullo sviluppo della persona e dell’organizzazione. Qualificata è anche la progettazione di eventi scientifici di rilievo nazionale (convegni) che, oltre a consolidare la presenza della Fondazione nelle reti e nella comunità scientifica, ne assicurano la visibilità e forniscono occasioni per la valorizzazione del contributo professionale degli operatori. A partire dal 2011 la Fondazione Don Gnocchi ha ottenuto il riconoscimento dal Ministero della Salute come Provider Nazionale per l’Educazione Continua in Medicina n° 532 (12 aprile 2011). Tale riconoscimento ha permesso alla Fondazione di comparire nel novero dei Provider Nazionali e a promuovere formazione accreditata al sistema ECM e di qualità su tutto il territorio nazionale. Nel corso del triennio 2011-2013 ogni operatore sanitario deve acquisire 150 crediti formativi. «Investire in percorsi formativi significa investire nel capitale umano - aggiunge il presidente della Fondazione, monsignor Angelo Bazzari - perchè istruzione, formazione e conoscenza possano contribuire in modo incisivo allo sviluppo e al progresso dei vari ambiti di azione. Una sfida che gli operatori della Fondazione affrontano quotidianamente sul campo, nello sforzo - grazie anche alle proposte formative di cui sono destinatari - di garantire percorsi di crescita organizzativa sia in ambito clinico che assistenziale, a tutela della dignità e della qualità di vita del paziente-persona. L’aggiornamento costante degli operatori, a qualsiasi livello, è per la “Don Gnocchi” strumento preferenziale per realizzare quella sintesi tra “scienza, umana solidarietà e carità soprannaturale”, indispensabile nell’operare quotidiano a sostegno della fragilità». Etica, sicurezza dei lavoratori, solidarietà internazionale, ICFe volontariato ■ LA RIFLESSIONE ETICO-ANTROPOLOGICA mette conto di valutare, dentro i cambiamenti organizzativi anche Fondazione, le mutazioni radicali di scenario socioculturale e istituzionale che attraversano sanità, riabilitazione e assistenza. Si tratta di disaminare, in quest’area della formazione, non tanto i profili tecnico-professionali quanto l’orizzonte interpretativo del proprio agire (passando dalla logica anche formativa del facere, a quella dell’agere) nelle transizioni proprie di ogni grande cambiamento socioculturale. L’area di intervento della Fondazione raggiunge ormai l’arco esistenziale della vita: dai bambini agli adolescenti, agli adulti agli anziani. Risuona il profilo di una promessa, di un pegno e di un impegno nato dalle parole di don Gnocchi e riassunte oggi nello slogan: Accanto alla vita sempre. Il “sempre” dice prossimità curativa, riabilitativa, anche e soprattutto a fronte di malattie croniche, degenerative, irreversibili, terminali: il coraggio di curare, anche quando non si può più guarire; è anche questa una forma di “Restaurazione della persona umana”, in una rinnovata “Pedagogia del dolore innocente”. Mario Mozzanica vice presidente Comitato Etico ■ IN ITALIA, COME SPESSO CAPITA, certi temi sono etichettati come burocrazia, o come obbligo normativo e la formazione in ambito di sicurezza dei lavoratori non fa eccezione. In realtà lo scopo e l’utilità di questa attività è proprio quello di essere “formazione”, cioè di far emergere una forma; e questa forma è l’espressione innanzitutto di valori che stanno alla base del lavoro umanoe dei quali non possono non far parte il benessere e la salute di chi lavora. La Fondazione Don Gnocchi ha voluto esprimere esattamente questi valori attraverso la modalità particolare con la quale ha deciso di avviare il corposo programma di corsi con a tema la sicurezza dei lavoratori. L’adempimento della normativa, che pure è l’occasione e la condizione vincolante di questo pacchetto formativo non diventa quindi un ossequio pesante alla burocrazia, ma una risorsa umana e aziendale unica e originale. Gianluca Avanzi Direttore Qualità, Accreditamento, Sicurezza, Privacy Mario Mozzanica Gianluca Avanzi Federico Marcon Gianfranco Bedin mazione, al fine di garantire la sostenibilità dell’intervento a medio-lungo termine ed il consolidamento delle competenze tecniche e gestionali del contesto locale. La formazione avviene attraverso la presenza in loco di operatori della Fondazione in missioni brevi o di professionisti del settore per periodi più lunghi, opportunamente selezionati e formati, e si completa attraverso forme di consulenza, monitoraggio e follow-up a distanza, affiancate da programmi di formazione svolti in Italia per il personale proveniente dai paesi in via di sviluppo. Federico Marcon Direttore Area Solidarietà Internazionale ■ LA CLASSIFICAZIONE ICF (International Classification of Functioning, disability and health) approvata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2001, è prevista come strumento di classificazione della disabilità dal Piano Sanitario Riabilitativo Nazionale e dalla legge quadro del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. La Fondazione Don Gnocchi ha partecipato, con diversi suoi collaboratori, alla traduzione della versione italiana del sistema di classificazione del 2001 e alla costruzione di alcuni protocolli standardizzati a livello internazionale.Sta completando la standardizzazione del protocollo clinico per la classificazione della schizofreniacon il metodo ICF e partecipa a progetti per il trattamento domiciliare di pazienti con ictus, il monitoraggio di persone anziane e fragili, il monitoraggio a distanza di persone con cardiopatie, la costruzione di ambienti domotizzati per persone con disabilità. Sul versante strettamente formativo, ha realizzato un corso base per la formazione a distanza, ed eroga formazione agli operatori dei servizi di Neuropsichiatria Infantile di alcune ASL italiane, con interventi mirati sugli insegnanti di sostegno. Angelo Gianfranco Bedin Responsabile Servizio Progetti di Sviluppo ■ LA FONDAZIONE HA AVVIATO e continua con rinnovato impegno a porre attenzione ed energie a percorsi formativi mirati ad accrescere le competenze dei propri volontari. Avere volontari preparati è un investimento per il futuro e investire in formazione Lino Lacagnina diventa quindi una priorità. Il percorso formativo ■ UNULTERIOREAMBITOD’INTERVENTO che sviluppa attività di for- intrapreso prevede corsi base per i nuovi volontari e moduli di mazione nel contesto internazionale è costituito dai Progetti approfondimento e aggiornamento peri volontari già presendi Cooperazione Internazionale allo Sviluppo coordinati dal- ti in Fondazione che comportano varie sessioni di lavoro dedil’Area Solidarietà Internazionale. I progetti, che vertono sugli cate a contenuti specifici: riflessioni sugli aspetti motivazioassi di intervento tradizionali della Fondazione, sono accomu- nali, sul valore dell’ascolto e della comunicazione, importanza nati dalla specifica attenzione all’ambito riabilitativo nella sua delle relazioni, approfondimenti sul tema della disabilità, delaccezione più integrale di cura e attenzione alla persona e alla la sofferenza e sul mondo del volontariato italiano ed europeo promozione dei diritti delle persone disabili. Nella program- fino all’acquisizione di competenze “tecniche” specifiche. Lino Lacagnina mazione e nello sviluppo delle attività di cooperazione è necessario un particolare investimento verso le attività di forResponsabile Progetto Volontari MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 48 Attività ANNIVERSARIO. In vent’anni 650 educatori «Io, educatrice laureanda, vi racconto i tre anni al Don Gnocchi» ■ I PRIMI CORSI FURONO avviati nel lontano 1992. Poi, nel 2001, la trasformazione in laurea triennale. In vent’anni, la Fondazione Don Gnocchi ha formato oltre 650 educatori professionali. Un cammino lungo e significativo, un anniversario ricordato nei mesi scorsi a Milano, alla presenza di numerosi ex allievi diplomati e laureati, docenti, tutor e operatori. Nell’occasione, è stato presentato il Quaderno curato da Elena Morselli, responsabile del Servizio Socioeducativo del Centro “S. Maria Nascente” di Milano, dedicato alla figura dell’educatore professionale in Fondazione. MISSIONE UOMO 50 ■ MI È DIFFICILE RACCONTARE in quindici minuti tre anni di un percorso così intenso. Non è facile, raccontarli significa rendermi conto fino in fondo che per me si chiude un cerchio, realizzare che questa esperienza è giunta definitivamente al termine. Questi tre anni per me, e non solo, hanno rappresentato una costante crescita e rivoluzione. Tre anni di dubbi, di fatiche e di ansie. Tre anni in cui la maggior parte del mio tempo è trascorso fra le mura della Fondazione Don Gnocchi, dove ho trovato qualcosa che nonostante alcune notti insonni è valso la pena di vivere. Ho trovato compagni impareggiabili, professionisti disponibili pronti a donarsi e donarci il loro sapere con entusiasmo, una segretaria che ha risposto anche duecento volte alla stessa domanda, sempre con un sorriso sulle labbra, anche se interpellata per ogni minimo timore anche sciocco... Fare questo corso di laurea, in questo posto, è significato vedere dei professori anche più volte al giorno e sapere di essere riconosciuti in volto e non identificati come un numero. Essere immersi in una realtà operativa, che già per la sua struttura rende l’idea di quale sarà il nostro lavoro; una struttura che insegna fin dai primi giorni la differenza di questo corso di laurea rispetto a tanti altri. Dà l’idea dell’importanza delle molte ore di tirocinio richieste e soprattutto ogni giorno ti ricorda che il tuo lavoro è fatto di volti, di mani, di sguardi... di persone. Ovviamente non dico che è stato tutto La testimonianza di una studentessa: «Tra le mura della Fondazione ho capito che il lavoro è fatto di volti, mani, sguardi e persone» di Francesca Aurilio laureanda in Educazione Professionale bello e tutto una passeggiata, è stato faticoso e tanto. Il carico di lavoro richiesto è sostanzioso e soprattutto mettersi costantemente in gioco significa rivoluzionarsi, di continuo, essere aperti al cambiamento, a ogni tipo di variabile, ma questa è l’essenza dell’educatore professionale, e se è quello che davvero volete fare nella vita questo è un ottimo punto di partenza, un ottimo nido dove imparare a spiccare il volo. Sono state tante le mattine dove, guardandoci in faccia fra compagni, la frase ricorrente era “Non ce la faccio!”, soprattutto fra chi nel frattempo non poteva fare a meno di lavorare; tante le volte in cui sentendoci in orario extra scolastico deliravamo per la paura di non riuscire a sostenere gli esami o stare dietro al tirocinio e altrettante le lacrime versate in periodi particolarmente difficili, ma ora rivedo tutto ciò con un sorriso e tanta soddisfazione. Rivedo la bellezza del sostenerci a vicenda, del mangiare il panettone insieme per Natale o del fare una torta a turno per condividere le pause pranzo. Rivedo questi tre anni e li considero una delle esperienze più significative della mia vita. Rivedo me stessa al primo anno, desiderosa di sapere, un po’ rigida e molto controllata, preoccupata di non fare brutta figura e non dire delle cose fuori posto o banali. Dall’osservazione alla relazione educativa L’obiettivo del primo anno di corso è l’osservazione e io ero abile in questo, ero capace di guardarmi intorno, di analizzare gli eventi e comprendere come posizionarmi, ma solo adesso mi rendo conto davvero di cosa voglia dire questa parola. Osservare significa anche essere visti, essere disposti a farsi scrutare dall’altro. Significa andare in trincea, significa mettersi in gioco. Mi accorgo ora di quanto inconsapevolmente mi rifugiassi dietro al mio ruolo non permettendo mai agli altri di vedermi davvero. Nel gruppo di formazione cercavo di non lasciar mai troppo spazio alle mie fragilità, facendo prevalere il pensiero logico e mettendo a tacere la mia sensibilità. Provavo a farlo, ma risultava difficile... Sono arrivata al secondo anno il cui obiettivo è la relazione educativa. Quell’anno è stato fondamentale e faticoso, contrassegnato da una grande stanchezza e da gran- di rivoluzioni interne. Il tirocinio in una comunità per minori, in quel momento, è stato decisivo. In un primo periodo cercai di essere molto razionale, ma risultavo fredda e i bambini cercavano in ogni modo di coinvolgermi sul piano affettivo. Iniziai a temere di farmi trasportare troppo e i miei sogni erano popolati dai piccoli uomini che incontravo durante la giornata. Con il passare del tempo imparai a concedermi e a vivere quelle relazioni comprendendo la differenza fra le relazioni in genere e quelle professionali. È stato difficile. È stato faticoso scegliere la strada da intraprendere e percorrerla con determinazione, è stato faticoso scegliere di cambiare di nuovo, di adattarmi, di non cercare di essere sempre impeccabile, di concedermi di sbagliare e non continuare a difendermi. Per fare questo, il gruppo di formazione è stato una grande risorsa. Provai a sperimentarmi con i miei compagni, provai ad accettare le loro critiche senza mettermi sulla difensiva, provai a sciogliere le mie rigidità mostrandomi per quello che sono, ahimè, umana e imperfetta. Il gruppo però si era allargato e questo per me rappresentava un’ulteriore difficoltà. Cercai di superare tutti questi scogli e a fine anno e fine tirocinio ero orgogliosa dei risultati raggiunti. I feedback della mia tutor di tirocinio e i confronti che abbiamo avuto mi sono stati molto utili e in quei momenti ho ringraziato per la sua forte presenza come guida. 51 Oggi sono orgogliosa del percorso intrapreso Arrivati all’inizio del terzo anno sentii che qualcosa era davvero cambiato. Tutti gli sforzi fatti i primi due anni erano serviti a farmi crescere molto, sia personalmente che professionalmente. Avevo un grande entusiasmo e una grande voglia di mettermi ancora in gioco, di misurarmi con qualcosa di difficile e impegnativo. Così mi sono ritrovata a fare un colloquio per il tirocinio del terzo anno, il cui obiettivo è la progettazione. Direi che l’ultimo tirocinio al CPS di zona 4 è stato quello più ricco e sono soddisfatta di avere chiuso “in bellezza”. Ho trovato un ambiente dove proseguire nella strada che da sola avevo deciso per me stessa. Un posto dove mettermi in gioco al mille percento, con ciò che rimaneva delle mie paure e i miei restanti mille interrogativi. Un luogo dove definire la professionista che vorrei essere, dove decidere come davvero vorrei fare l’educatrice. Adesso che il mio percorso formativo è finito guardo con nostalgia a questi tre anni, credo di avere ancora molto da imparare, ma grazie a tutta la strada che ho percorso e ai miei compagni di viaggio mi sentirò molto più sicura e determinata. Vorrei ringraziarli uno per uno, perché da ognuno di loro ho imparato qualcosa e di tutti porto a casa un ricordo. Ho condiviso gli ultimi tre anni con persone che stimo, a cui voglio bene. Adesso è strano pensare che non riprenderemo le lezioni e quindi non sposteremo la nostra residenza al Don Gnocchi. Insomma, si cresce e si va avanti, ma sono orgogliosa del percorso che ho intrapreso tre anni fa e ho portato a termine. Conserverò sempre un prezioso ricordo di questo tempo passato e so che ogni volta che mi ritroverò a guardarlo mi porterà un sorriso. ANNO ACCADEMICO 2012/13 Sette corsi di laurea in convenzione con l’Università degli Studi Corsi di laurea in Infermieristica Educazione Professionale Fisioterapia Terapia Occupazionale Tecniche di Neurofisiopatologia Logopedia ** Terapia della Neuropsicomotricità dell’Età Evolutiva Totale Un momento dell’incontro che ha ricordato i vent’anni dei corsi per educatori professionali in Fondazione Don Gnocchi, con la testimonianza di don Gino Rigoldi, cappellano al “Beccaria” e presidente dell’Associazione Comunità Nuova 1° anno 53 48 28 22 10 21 27 2° anno 28 46 26 22 08 20 24 3°anno 25 38 12 16 09 21 Totale 106 132 66 60 27 41 72 laureati fino al 2012 * 190 203 242 158 78 28 209 174 121 504 899 * dall’avvio del primo Corso di Laurea (Fisioterapia) nell’anno accademico 2000-2001 ** corso di laurea attivo dall’anno accademico 2011-2012. MISSIONE UOMO FORMAZIONE Attività SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE MISSIONE UOMO Un aiuto alle popolazioni della “primavera araba” ■ Durante il 2011 l’Africa del Nord è stata attraversata da proteste e agitazioni, passate alla cronaca con il nome di “Primavera araba”, che hanno generato radicali cambiamenti politici e sociali nei Paesi coinvolti. La Tunisia è stata l’epicentro delle prime sommosse che, come un effetto domino, si sono in seguito diffuse velocemente in Egitto, Libia e in alcune nazioni limitrofe. La Libia è stata il Paese più colpito e l’insurrezione popolare si è trasformata in pochi mesi in una guerra civile che ha avuto conseguenze tragiche per la popolazione. Circa 900 mila persone sono fuggite dal Paese e hanno cercato asilo nelle nazioni vicine: di questi, la maggior parte si è rifugiata in Tunisia, che ha offerto accoglienza e assistenza alla popolazione profuga in uno sforzo di solidarietà e vicinanza davvero commovente. A quasi due anni dallo scoppio delle prime rivolte, la situazione in Libia resta ancora critica. La sicurezza dei cittadini è costantemente minacciata dalla presenza di mine antiuomo e dalla diffusione di armi leggere, con il sistema sanitario quasi del tutto assente. Il Paese non è inoltre provvisto di strutture adeguate per la riabilitazione e l’inserimento sociale e lavorativo dei mutilati di guerra e, ancora oggi, molti libici si trovano in Tunisia per Al via un progetto a sostegno di persone libiche e tunisine che hanno subito ferite e mutilazioni nelle violente sommosse degli ultimi anni di Paolo Massaro ottenere cura e assistenza socio-sanitaria. Secondo le stime fornite dalla Camera di Commercio tunisino-libica e da varie istituzioni tunisine, la presenza di rifugiati libici oggi ammonta a circa 50 mila persone, disseminate su tutto il territorio nazionale. L’appello del ministero alla Fondazione Don Gnocchi A causa dell’alto numero di rifugiati vittime della guerra libica e la presenza di numerose persone che hanno subito mutilazioni a seguito della rivoluzione tunisina, il ministero degli Affari Esteri, attraverso la propria Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo, ha stimolato la Fon- dazione Don Gnocchi per un ingaggio su una iniziativa in Tunisia a favore di persone libiche e tunisine che abbiano subito mutilazioni in conseguenza degli eventi bellici. Le persone con disabilità sono prese in carico dallo Stato attraverso differenti programmi di sviluppo economico e sociale e grazie alla collaborazione di cinque grandi associazioni nazionali, che gestiscono 270 Centri di educazione specializzata. Nonostante gli sforzi dello Stato, educazione e formazione di alta qualità non sempre sono garantite e il tasso di analfabetismo dei ragazzi disabili è circa il doppio rispetto ai loro coetanei non disabili. Nonostante esista un sistema organizzativo capillare e avanzato di formazione professionale specifica per persone disabili, difficilmente le esigenze del mercato del lavoro sono soddisfatte con la naturale conseguenza che al termine dei percorsi formativi solo poche persone riescono a trovare lavoro. Ciò è determinato dal fatto che non esistono canali di raccordo strutturati tra il mondo della formazione professionale e il mondo delle imprese, con l’ovvia conseguenza che le professionalità uscite dai corsi non rispondono ai profili ricercati dal settore privato. Per cercare di colmare, almeno in parte, questo gap, la Fondazione Don Gnocchi realizzerà il progetto “ED. in-place (Education - Inclusion - Placement)” con l’obiettivo di contribuire alla creazione di opportunità di integrazione sociale e lavorativa di giovani libici e tunisini con disabilità acquisita a seguito degli eventi bellici. Il progetto intende rafforzare il sistema di vocational traininge lanciare un innovativo sistema di job placement per persone disabili, che sia in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro. In quest’ottica sono stati coinvolti sia il mondo delle aziende, attraverso un partenariato con Conect - una delle due confederazioni d’impresa tunisine, che aggrega aziende della new economy -, che i principali enti e istituzioni che si occupano di disabilità nel Paese, tra cui l’Istituto Superiore di Educazione Speciale del ministero degli Affari Sociali e del ministero dell’Università e della Ricerca, con l’obiettivo di migliorare le competenze del personale addetto alla formazione e, contemporaneamente, l’attitudine delle imprese e della società civile verso il tema dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Il coinvolgimento di aziende e organizzazioni tunisine, ottenuto in fase di progettazione, ha permesso la pianificazione di importanti risultati. Saranno definiti percorsi formativi per facilitare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro e verrà sostenuta la formazione di formatori preparati da un punto di vista tecnico-metodologico, per approcciare pedagogicamente le persone disabili che hanno subito il trauma della guerra. Inoltre verrà creato un primo progetto pilota di erogazione della formazione ad un gruppo target selezionato e saranno 53 MISSIONE UOMO ECUADOR . Potenziati i servizi all’Istituto “Nuevos Pasos” 52 ■ NUOVA , IMPORTANTE COLLABORAZIONE nell’ambito del programma di cooperazione tra la Fondazione Don Gnocchi Ong e l'Istituto di Educazione Speciale "Nuevos Pasos" a San Lorenzo (Ecuador). La Fondazione Aiutare i Bambini ha approvato un progetto mirato a porre l'attenzione alle persone con disabilità particolari e multiple nel cantone di San Lorenzo. Con questo progetto sarà potenziata l'area riabilitativa dell'Istituto (nella foto) e verrà introdotta la professionalità del logopedista, che si prenderà cura di quei bambini che presentano necessità di riabilitazione, rieducazione o prevenzione delle patologie della voce, del linguaggio scritto e orale e della comunicazione in generale. Tutto ciò per tendere verso un miglioramento delle condizioni generali di vita del bambino disabile a San Lorenzo e la sua massima integrazione sociale nel tessuto della comunità locale, nonchè quella familiare e istituzionale. SIERRA LEONE. Pronto Soccorso traumatologico a Makeni ■ AL VIA L’ATTIVITÀ DI PRONTO SOCCORSO TRAUMATOLOGICO all'Holy Spirit Hospital di Makeni (Sierra Leone). Tra i primi pazienti, Ibrahim, investito da un’auto mentre attraversava la strada. Il medico e lo staff infermieristico dell’ospedale hanno subito stabilizzato la frattura, ma il paziente è stato poi trasferito all'ospedale di Goderich - gestito dall'Ogn italiana Emergency - alle porte della capitale Freetown, in quanto l'Holy Spirit (nella foto), benché dotato di una sala operatoria attrezzata, sta ancora formando il personale medico specializzato. La Sierra Leone, secondo i dati dell’Oms, è tra i paesi maggiormente colpiti dalla crisi delle risorse umane in sanità. I dati parlano chiaro: se la soglia minima di personale qualificato (medici, infermieri e ostetriche) ogni 10mila persone é di 23, la Sierra Leone si ferma a 2, ma se si contano solo i medici il numero scende a 0,2 ogni 10mila. L'apertura del pronto soccorso traumatologico è comunque un grande passo avantiper tutta la provincia del Nord: il progetto, finanziato dal ministero degli Affari Esteri italianoe svolto in collaborazione con l'associazione Rainbow for Africadi Torino, rappresenta il primo passo verso lo sviluppo di questo tipo di servizi ortopedici e riabilitativi nella regione. realizzate azioni di informazione e sensibilizzazione rivolte alle istituzioni, alla società civile, al mondo delle imprese, alle organizzazioni di micro-credito e alle associazioni che si occupano di handicap in Tunisia e Libia. Un modello di intervento da replicare anche in Libia Saranno inoltre promosse politiche di Corporate Social Responsibility presso le aziende, con l’obiettivo a lungo termine di sistematizzare un modello di intervento che possa essere replicato in Libia su un programma di media-lunga durata, sempre in collaborazione con il ministero degli Affari Esteri. Il progetto ha inizio nel mese di marzo e avrà la durata di un anno. Oltre che con le istituzioni locali, sarà svolto in partenariato con l’Università di Modena e Reggio Emilia e la società di formazione Conform, da anni operante in Tunisia nel campo della formazione aziendale. I risultati che si vogliono raggiungere sono certamente ambiziosi, le potenzialità evidenti e le sfide intense, ma l’approccio globale alla riabilitazione integrata - e non esclusivamente nei suoi aspetti clinici - che caratterizza da sempre le attività di cooperazione internazionale della Fondazione Don Gnocchi è la migliore premessa per un’efficace risposta ai bisogni di quelle popolazioni. Attività EDITORIA. “Touch”, immagini della Don Gnocchi nel mondo MISSIONE UOMO 54 Dalla Bosnia all’Italia: l’esperienza di Ivana ■ IVANA ZOVKO è fisioterapista e terapista occupazionale del Centro di riabilitazione per bambini disabili “Marija Nasa Nada”di Siroki Brijeg, avviato nel 2004 dalla Fondazione Don Gnocchi nel contesto di graduale ripristino e ampliamento di una rete di servizi sociali e sanitari in Bosnia-Erzegovina. Beneficiando di una borsa di studio cofinanziata dalla Compagnia San Paolo, Ivana ha seguito a Zagabria, in Croazia, un corso di specializzazione sul Metodo Bobath e svolto il conseguente tirocinio pratico al Centro “Ronzoni Villa - Don Gnocchi” di Seregno (Mb), coordinato dalla dottoressa Patrizia Spelta, responsabile medico del Reparto di Riabilitazione di Mantenimento e del Servizio di neuropsichiatria infantile del Centro stesso. Ivana ha potuto così sperimentare sul campo le metodiche riabilitative apprese e perfezionare il bagaglio di conoscenze da trasferire oltre confine. Il Centro di Siroki Brijeg risponde a un concreto bisogno di servizi alla persona in ambito sociale, sanitario e riabilitativo per quella fascia di popolazione in età evolutiva affetta da disabilità fisica e cognitiva: come si inserisce nel contesto territoriale di riferimento? Il Centro è divenuto ormai un punto di ■ UN INVENTARIO DI UMANITÀ SOFFERENTE e insieme un catalogo di solidarietà senza confini e senza età, vademecum di speranza e colonna sonora dell’imperativo “accanto alla vita, sempre e ovunque”. Questa la carta d’identità del volume “Touch”, carrellata fotografica dai principali progetti di solidarietà internazionale promossi dalla Fondazione Don Gnocchi (dal 2001 riconosciuta Ong) nei Paesi in via di Sviluppo. Le immagini - opera di Simone Fogo - sono state realizzate al Centro di Riabilitazione per bambini disabili “Marija Nasa Nada” (Bosnia Erzegovina), all’Istituto di Educazione Speciale “Nuevos Pasos” (Ecuador), al Centro di Chirurgia Ortopedica Pediatrica e di Riabilitazione “S. Maria di Rilima” (Rwanda) e al Centro di Chirurgia Ricostruttiva e di Riabilitazione “Holy Spirit Hospital” (Sierra Leone). Il volume può essere richiesto allo 02 40308938, oppure a [email protected]. Fisioterapista al “Marija Nasa Nada” ha seguito un corso di specializzazione e un periodo di tirocinio al Centro di Seregno. Ecco il suo racconto riferimento consolidato per bambini con disabilità che lo frequentano e per le loro famiglie. Ha soddisfatto e risponde quotidianamente ai bisogni del territorio a tal punto che oggi vi è la necessità di inserire nuovo personale qualificato per soddisfare le esigenze dell’utenza. Il progetto prevede l’accompagnamento della Fondazione Don Gnocchi alla gestione del Centro sia dal punto di vista organizzativo-amministrativo che come supervisione delle attività. Quali gli aspetti peculiari di questa collaborazione? Il Centro è stato avviato anche grazie alla collaborazione di altri Enti, quali il Comune di Siroki Brijeg, l’Associazione Medunarodno Kumstvo (partner locale), la Fondazione Cariplo e l’Associazione “Mir i DobroItalia”. Ma il ruolo della Fondazione Don Gnocchi è stato determinante, in particolare nell’ambito della formazione del personale e della supervisione delle attività. Sono emerse particolari criticità legate al contesto del Paese? Le maggiori criticità sono legate alla difficoltà di reperire ausili specifici per supportare la disabilità dei pazienti. Questa risulta essere una vera complicanza, se si pensa che l’aiuto di un ausilio garantirebbe una miglior qualità di vita ai piccoli bambini disabili che si rivolgono a noi. Inoltre, per quanto riguarda la patologia autistica, il Centro non riesce ancora a rispondere ai bisogni del territorio; pur avendo personale altamente formato manca la qualifica specifica per la gestione di bambini con questo tipo di patologia, che sono purtroppo costretti a rivolgersi ad altri Centri lontani. Oggi il Centro è una realtà significativa e riconosciuta nel territorio… Non sono mancate le difficoltà, specie all’inizio, ma ora possiamo dire che il Centro lavora a pieno ritmo, grazie all’aiuto della Fondazione, in particolare della dottoressa Giuliana Poggianti del Centro “Bignamini” di Falconara Marittima e di Federico Marcon, responsabile dell’Area Solidarietà Internazionale. È fondamentale anche il lavoro costante in loco del direttore del Centro dottor. Slobodan Karacic e della coordinatrice dottoressa Krisitna Sesar. Ivana Zovko (a sinistra), durante la sua permanenza in Italia. In alto e nell’altra pagina, immagini del Centro di Siroki Brijeg Oltre ad una moderna struttura, concepita e gestita secondo i più qualificati standard strutturali, il Centro offre ai pazienti qualità professionale e cure socio-sanitarie all’avanguardia. Ha notato differenze nel modo di approcciarsi alla disabilità e fragilità nei due Paesi? Nei Centri della Fondazione don Gnocchi che si occupano di età evolutiva ho potuto constatare l’incessante attenzione al paziente affrontata secondo un approccio globale integrato, studiato in base alla specifica patologia del bambino preso in carico. Non solo fisioterapia motoria, dunque, ma anche riabilitazione respiratoria, stimolazione della comunicazione verbale e non, sollecitazione degli aspetti relazionali e educativi affrontati da un’équipe multidisciplinare esperta, sempre pronta ad affrontare ogni specifica condizione di fragilità. Come giudica la sua esperienza in Italia? È importante lavorare per un costante sviluppo dell’immagine e del posizionamento del Centro di Siroki Brijeg all’interno delle strategie nazionali di welfare. L’esperienza del mio tirocinio pratico al Centro di Seregno è stata in questo senso molto utile per apprezzare quanta strada abbiamo fatto rispetto agli inizi, ma quanta ancora è necessario percorrere per offrire un servizio sempre all’altezza delle aspettative dei nostri utenti. In vista del prossimo avvio di un progetto specifico sulla presa in carico del bambino autistico vorrei poter trasferire in Bosnia il metodo Teacch (Treatment and Education of Autistic and Communication Handicaped Children), specifico per questa tipologia di pazienti, applicato al Centro di Seregno. Questa strategia è rivolta principalmente alle figure educative che possono trasmettere alla famiglia le modalità adeguate per ridurre i problemi di comportamento dei piccoli pazienti. Inoltre ho potuto conoscere e sperimentare altri metodi nuovi e all’avanguardia, come il “Metodo Terzi evoluto in metodo S.a.M. (Sense and Mind)” e il “Feurstein” che applicano gli psicomotricisti. Metodi utili da condividere con i miei colleghi per ampliare le nostre competenze tecniche e poter fornire ai bambini disabili un servizio sempre più completo e integrato. 55 MISSIONE UOMO SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE Attività L’ESPERIENZA DELLA “TEVA” FUNDRAISING 57 Volontariato d’impresa, il valore aggiunto della relazione Lasciti testamentari, scelta generosa e responsabile ■ NEL NOSTRO PAESE, nel corso degli ultimi anni, grazie anche a una maggiore iniziativa delle associazioni non profit rispetto al tema dei lasciti testamentari e a una rinnovata sensibilità dei cittadini, è stato possibile rilevare un aumento di interesse e di richieste di informazioni sulle successioni da parte dei donatori. Evocare la parola testamento scatena ancora oggi scaramanzie e reazioni che poco hanno a che fare con la volontà di sistemare il proprio patrimonio (piccolo o grande che sia) prima che non sia più possibile farlo. In realtà, questo è l’unico strumento che ci consente in vita e nel pieno possesso delle nostre facoltà di decidere dei nostri beni in modo che anche nel momento della nostra scomparsa sia possibile organizzarli secondo una nostra precisa volontà e non solo secondo quanto dice la legge. Molto spesso, proponendo una riflessione sulla possibilità di scrivere le proprie volontà all’interno di un testamento ci si sente rispondere: «Ma io non posseggo nulla...». Redigere testamento non è solo un’opportunità per chi possiede vasti patrimoni: anche chi dispone solo di un modesto conto corrente bancario o di un minuscolo appartamento di proprietà - soprattutto laddove non ci sono eredi - è opportuno decida a chi lasciarli, piuttosto che lasciare che lo Stato se Tante le richieste di informazioni sul delicato tema delle successioni: una guida e un sito messi a disposizione dalla Fondazione di Stefano Malfatti responsabile Servizio Fundraising ne impossessi mancando una precisa destinazione preventivamente scritta. Un’altra delle risposte comuni è: «Ma io ho i miei figli…». Redigere testamento non significa intaccare il patrimonio che spetta agli eredi cosiddetti “legittimari”: significa, però, avere la possibilità di destinare un contributo in denaro o una porzione di un bene immobile anche per una buona causa, magari per quella stessa causa che si è provveduto a sostenere durante tutta la vita e con contributi in denaro ripetuti nel tempo. Gli eredi, in questi casi, sono spesso orientati ad assecondare queste piccole destinazioni, poichè significa ricordare i pro- pri cari attraverso un gesto che sarà utile per sempre ai destinatari di quell’opera. Per iniziare ad approfondire alcuni di tutti questi aspetti e prima eventualmente di recarsi da un notaio, la Fondazione Don Gnocchi ha da tempo messo a punto una sintetica e semplice Guida ai lasciti testamentari che può chiarire in maniera semplice e immediata alcuni dei dubbi che questo strumento spesso porta con sè. La Guida può essere richiesta al Servizio Raccolta Fondi della Fondazione Don Gnocchi(02 40308902, oppure [email protected]), o può essere ritirata personalmente concordando un appuntamento per un approfondimento con l’ufficio stesso. Tale forma di testamento ha il vantaggio di consentire a chi lo scrive la massima libertà, potendo menzionare nel testamento stesso le proprie scelte, le motivazioni, le sensazioni di quel momento e spesso gli apprezzamenti per l’operato della Fondazione Don Gnocchi che si è scelta eventualmente come beneficiaria. In Italia queste forme di contribuito alle cause sociali possono presentare un vantaggio per gli individui soprattutto in termini di liquidità. Pianificare una donazione per il futuro attraverso lasciti e polizze assicurative significa, infatti, non diminuire il proprio patrimonio in vita e conservarlo per il momento in cui la successione si aprirà. Questa motivazione, unitamente a quella principale dell’adesione alla buona causa, è infatti condivisa da un’ampia percentuale di donatori interessati ai lasciti a favore di una organizzazione non profit. Sono infatti numerosi gli esempi nella storia della Fondazione in cui è stato possibile realizzare progetti, aprire nuove attività, ristrutturare ambienti ospedialieri o addirittura costruire nuovi reparti di degenza grazie ai lasciti che sono arrivati in Fondazione assecondando la sensibilità di tanti sostenitori che hanno voluto ricordare la Fondazione nei loro testamenti. Quello dei lasciti testamentari sarà nel prossimo futuro uno degli ambiti più rilevanti della raccolta fondi al quale le organizzazioni non profit possono accedere. Dai risultati di un’autorevole ricerca economica si legge che «il valore economico dei patrimoni potenzialmente oggetto di lasciti ad istituzioni di beneficenza nel periodo 2004-2020 si può stimare in circa 105 miliardi di euro, con riferimento all’intera Italia, di cui circa 23 miliardi relativi alla Lombardia». Promuovere oggi il lascito testamentario significa in prospettiva raggiungere due specifici e importanti obiettivi, uno a beneficio dei cittadini e l’altro rivolto alle organizzazioni non profit e, nella fattispecie, alla Fondazione Don Gnocchi: per i cittadini avere a disposizione uno strumento che consenta di organizzare il proprio patrimonio anche per il futuro, rispettando le dinamiche familiari ma distribuendo con sensibilità anche parte del patrimonio verso organizzazioni non profit; per la Fondazione Don Gnocchi garantirsi una sostenibilità di medio lungo periodo per alcune delle sue attività o per le costanti necessità di sviluppo e di ammodernamento, offrendo quella garanzia di impegno che gli oltre sessant’anni di storia “accanto alla vita, sempre” hanno permesso di assicurare agli affezionati sostenitori. ■ UN FOLTO GRUPPO DI DIPENDENTI “TEVA” - azienda farmaceutica leader in ambito internazionale - ha aderito alla giornata di volontariatoorganizzata in uno dei Centri “Don Gnocchi” dedicati alla cura e all'assistenza dell'anziano, nell’ambito delle iniziative che l’azienda ha promosso a supporto di diversi progetti di sostenibilità sociale ed ecologica. «Siamo soddisfatti della grande adesione all’iniziativa da parte dei dipendenti - ha spiegato in proposito Giorgio Foresti, amministratore delegato di “Teva Italia” - perché ciò dimostra sensibilità e desiderio di partecipazione corale ai progetti proposti e rivolti agli altri». Un’istantanea e quasi inaspettata alchimia si è instaurata sin da subito tra i volontari e gli anziani ospiti, i veri e propri padroni di casa e protagonisti dell’iniziativa, che hanno accolto con entusiasmo i nuovi compagni di avventura così capaci di entrare subito in empatia con loro. È questa infatti l’imprescindibile prerogativa richiesta ai volontari: riuscire ad aprirsi all’altro, superando qualsiasi pregiudizio, per creare una relazionein cui si è pronti a dare senza aspettarsi di ricevere nulla in cambio. L’esperienza dell’azienda “Teva” è uno dei tanti esempi di quello che viene comunemente definito volontariato d'impresa, una delle modalità con le quali le aziende scelgono di impegnarsi socialmente mettendo a disposizione una delle risorse più importanti: il “capitale umano” e cioè le competenze dei propri collaboratori. Solitamente si tratta di una prima forma di approccio con cui le imprese entrano in contatto con il mondo non profit, a partire dal quale si cerca poi di costruire legami più strutturati e continuativi. In questo tipo di iniziative svolge un ruolo importante il Servizio Fundraising che si pone come promotore e facilitatore dell’incontro tra la propria organizzazione e il mondo profit, favorisce l’avvio di un dialogo tra realtà che per natura hanno caratteristiche molto diverse, costruisce relazioni di senso affinché il terreno delle opportunità e della crescita reciproca possa essere sempre fertile e fruttuoso. Attraverso il volontariato d’impresa la Fondazione Don Gnocchi, oltre a ricevere un aiuto concreto nel lavoro quotidiano, ricerca nuovi spazi di visibilità e promuove una maggiore conoscenza delle proprie attività. Non è da sottovalutare il ruolo educativo che svolge nel favorire la diffusione della sensibilità tra la comunità verso la cura e la presa in carico delle persone più fragili. Fondamentale è quindi la capacità di interagire con le imprese che desiderano offrire ai propri dipendenti l’opportunità di dedicarsi agli altri per un giorno, accogliendo i volontari e accompagnandoli in questa esperienza che, seppur breve, deve consentire di coglierne il significato più profondo. D’altra parte il fattore imprescindibile, che entra fortemente in gioco e che crea un collegamento tra le organizzazioni non profit e le aziende è la dinamica relazionale, a tutti i livelli. I maggiori benefici per le aziende, infatti, si misurano proprio nello sviluppo del capitale emozionale e del patrimonio di relazioni: miglioramento del clima aziendale, diffusione tra il personale di un maggiore senso di appartenenza all'azienda, della motivazione e della propensione al lavoro di squadra. Le potenzialità di una partnership tra profit e non profit - che pone le basi su questa tipologia di esperienza - sono parecchie. Il valore aggiuntoè rappresentato dal fatto che l’azienda entra in contatto diretto, attraverso i suoi dipendenti, con la realtà che ha deciso di sostenere. Dal coinvolgimento, dalla conoscenza e da una maggiore consapevolezza delle diversità e fragilità possono scaturire ulteriori iniziative di sensibilizzazione e raccolta fondi, oltre allo sviluppo di un'azione continuativa di volontariato. In qualsiasi ambito o settore, laddove le risorse sono limitate e le difficoltà causano scoraggiamento e sfiducia, si può iniziare a riscoprire la ricchezza di una dimensione più umana, quella della relazione, che interviene come “agente moltiplicatore” di impegno sociale, cultura della solidarietà e diffusione del benessere. E in quest’ottica le realtà del terzo settore possono rappresentare sicuramente una un’enorme risorsa per quelle aziende che decidono di promuovere un nuovo modo di fare impresa in Italia. Roberta Magliacano MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 56 donGnocchi IL MINISTRO RICORDI MISSIONE UOMO Migliaia al santuario e al museo per rendere omaggio a don Carlo ■ «REVERENDISSIMOPADRERETTORE, non so se ella già sappia che sono fermo a causa di un incidente stradale. Ho una spalla lussata e un ginocchio contuso. Dovrò stare con l’ingessatura a mezzo busto almeno per una ventina di giorni. Chi ha fretta, vada adagio! Mi duole dover sospendere la mia attività all’Università in questo finale dell’anno accademico, ma sono certo che ella mi crederà se le dico che non l’ho fatto apposta…» (lettera di don Carlo al rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, padre Agostino Gemelli Milano, 15 giugno 1947). «Caro don Gnocchi, mi duole sentire l’incidente che ella ha avuto, ma non mi meraviglia. Ella si ricorderà la predica che le ho fatto: tutte le volte che incontravo una “Vespa” pensavo a lei e ai pericoli che ella correva. Comunque non appena ella si sarà rimesso, Non si arresta il flusso di fedeli e semplici cittadini nei luoghi riservati alla preghiera e alla memoria. Possibili visite guidate di Danilo Carena attendo di vederla. Affettuosi saluti e auguri» (risposta di padre Gemelli a don Carlo). L’inedito e significativo scambio episto- lare tra don Gnocchi e padre Gemelli ha simpaticamente caratterizzato - tra altre originali letture, che hanno di volta in volta richiamato oggetti o momenti caratteristici della vita di don Carlo - l’inaugurazione del museo dedicato al “papà dei mutilatini”, cerimonia che ha visto presenti anche l’allora ministro per i Beni e le Attività Culturali, Lorenzo Ornaghi, e il presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, monsignor Piero Marini, insieme a rappresentanti dell’Amministrazione comunale e provinciale di Milano e dell’Associazione Nazionale Alpini. L’iniziativa, a tre anni dalla beatificazione del “papà dei mutilatini”, ha rappresentato il momento clou delle celebrazioni per i 110 anni della nascita di don Carlo. Il museo - realizzato con il generoso con- A sinistra, il taglio del nastro del museo, alla presenza del ministro Lorenzo Ornaghi e di monsignor Piero Marini e - in basso - uno scorcio della cerimonia svoltasi al santuario. Sopra, la vetrinetta dedicata agli oggetti del cappellano alpino don Gnocchi e - sotto - la sua fiammante Fiat Topolino tributo della Fondazione Cariplo- è allestito nell’ex cappella del Centro IRCCS “S. Maria Nascente” di Milano, dove lo stesso don Carlo chiese di essere sepolto e dove le sue spoglie sono rimaste dal 1960 (anno d’inaugurazione del Centro) fino al novembre del 2010, con la definitiva traslazione dell’urna nella nuova chiesa realizzata dalla Fondazione, da poco eretta a santuario diocesano. Lungo le pareti del museo sono collocate alcune grandi vetrine, in ciascuna delle quali sono esposti oggetti riferiti a un particolare momento o a un determinato aspetto della vita del beato. Ecco allora la vetrina con gli oggetti della vita quotidiana: la scrivania, un ritratto giovanile, la sveglia, la macchina per scrivere, l’agendina telefonica, l’orologio, il diploma liceale e alcuni indumenti e la macchina fotografica... «Carissimo Mario, ti scrivo oggi, perché riprendendo domani le marce sarò nell'impossibilità di farlo per un po' di giorni. Anzitutto eccoti la mia foto con barba. Non ci credere però troppo alla lettera (salvo il pizzo e la divisa): mi fa troppo magro e per verità non sono così, ma a Scùtari questo è il più alto prodotto dell'industria fotografica locale. E poi spero presto di mandarti le prime foto fatte con la macchina inviatami. A proposito della quale, dì a Rosetta che telefoni alla signora Rolla e si faccia dire l'importo. Io sono rimasto d'accordo così (e lei ha accettato): che versasse la somma spesa alle Dame di Carità del Gonzaga, come mia offerta personale per i poveri, e io l'avrei poi rimborsata a mezzo tuo. Staranno meglio i poveri del Gonzaga...» (lettera al cugino Mario Biassoni - Scùtari, 29 maggio 1941). I dischi del “Parsifal” e gli scarponi superbiosi E ancora, la vetrina che racconta il don Gnocchi sacerdote: breviari ambrosiani e romani, libri di preghiera, ostensorio, calici, immaginette della Madonna, rosario, reliquie, completi per la Messa e - a ricordare la passione per la musica - spartiti appartenuti a don Carlo o a lui dedicati. «Cara e buona signorina, sono qui ad Arosio e solo; provo per la prima volta i dischi del Parsifal che Ella ebbe la delicatezza e generosità di donarmi. Il discorso musicale pieno, caldo e gonfio di religiosa ispirazione mi suggerisce tanti pensieri e ricordi...» (lettera a Rosanna Dainelli - Arosio, , 22 novembre 1946). Nè manca il don Gnocchi cappellano tra le penne nere, con gli scarponi, il cappello alpino, le medaglie al valor militare… «Cari giovani, sono come il naufrago delle solite avventure con la tragedia dell’ultimo zolfanello di speranza. Ho un solo foglio di carta da lettera, la mia cassetta è a 30 chilometri dietro le spalle e intorno montagne e montagne. A chi sparerò la mia ultima cartuccia? Naturalmente ai miei cari figlioli del “Gonzaga”. Ormai la mia vita è quella del podista, ve l’avrà già detto il preside. Ma ci ritorno, In alto, un’altra delle vetrine allestite nel museo. A sinistra, il saluto del consigliere nazionale Ana Cesare Lavizzari alla cerimonia di inaugurazione. A destra, l’intervento del ministro Lorenzo Ornaghi ■ NON VI È DUBBIO che il beato don Gnocchi è stato un grande protagonista del Novecento italiano e di una Milano che voleva e ha saputo essere punto di riferimento per l’intera nazione. Lo è stato per tutto ciò che Milano ha prodotto, lo è stato perchè a fondamento di ciò che Milano ha prodotto, a partire dalla Fondazione Pro Juventute, vi era un saldo fondamento morale e profonde radici cristiane . Don Gnocchi aveva straordinarie qualità umane, a partire da una che sappiamo essere rara, soprattutto nei tempi difficili: il coraggio. Io credo anche che sia riuscito a fare quel che ha fatto, come succede a pochi protagonisti della storia, perché con coraggio ha saputo raccogliere attorno a sé gli amici più cari, quelli autenticamente convinti di ciò che stavano facendo: ha chiamato via via una quantità crescente di persone, di milanesi prima, di italiani poi, per rendere grande la sua opera. E così è stato negli anni, fino ad oggi: una grande realtà di popolo, cementata dall’amore per i più fragili, a proseguire quella missione, a rispondere all’appello, alla raccomandazione di don Carlo per la sua “baracca”. Viviamo stagioni in cui forse si parla troppo, si parla a sproposito, si comunica spesso anche in maniera volgare, eppure sappiamo tutti che le opere, anche quando non sembra, sono più forti delle parole. Le opere - soprattutto quando sono opere che attorno a se raccolgono il consenso, l’affetto, l’amore di tanti - sono le chiavi che ci consentono di entrare con speranza e con coraggio nel futuro. E allora il museo, conservando memoria di questo grande uomo e sacerdote, sappia trasmettere a quanti lo visiteranno, soprattutto ai più giovani, i valori cari al beato don Gnocchi. E con lo stesso coraggio e l’identica fiducia sappia richiamare tutti a quell’attenzione per gli ultimi, a quella prossimità per i più bisognosi, a quell’umanità autentica che sull’esempio di don Carlo - sono indispensabili per la costruzione di una società e di un mondo migliore. Lorenzo Ornaghi MISSIONE UOMO «Il museosappia sempre 59 trasmettere ai giovani i valoricari a don Carlo» 58 IL VESCOVO donGnocchi donGnocchi RICORDI DOCUMENTI 61 «Questo museo sia scuola di formazione all’amore» ■ MI HA FATTO PIACERE leggere che questo museo vuole proporsi come “un percorso della memoria che non vuole essere tuttavia un luogo del passato, ma un’occasione per riflettere sull’attualità e sulla modernità del pensiero e dell’opera di una delle più spiccate personalità della storia civile ed ecclesiale del Novecento italiano”. Nei primi anni del seminario mi colpì profondamente la notizia della morte di don Gnocchi, nel 1956, e soprattutto il dono che egli fece delle cornee a due giovani non vedenti. Si trattava allora di un gesto straordinario e profetico che apriva la strada verso il futuro. Solo più tardi, partecipando alla sua Beatificazione, ho capito che don Gnocchi aveva donato i suoi occhi non solo a due ragazzi, ma a tutta la Chiesa, e a ciascuno di noi. È stato detto che gli occhi di don Carlo erano “così belli, così profondi, così spirituali, occhi di bambino nel volto di un uomo, occhi che dicevano parole che le parole non sanno dire”. Don Gnocchi ci insegna ad essere vedenti L’inaugurazione di questo museo è un invito a guardare alla vita quotidiana di don Carlo, alla sua vita di preghiera, al suo ministero di sacerdote. Sì, don Gnocchi insegna a tutti noi a saper guardare. A che cosa dobbiamo guardare? Alla violenza, alla sopraffazione, al successo ad ogni costo, all’egoismo personale collettivo? Verso chi ha rivolto lo sguardo don Gnocchi? Ha guardato gli studenti del Gonzaga, i poveri giovani costretti a partire per il fronte. Per vedere meglio e più da vicino il loro dolore, le loro sofferenze e la loro morte, li ha seguiti come cappellano volontario nella campagna di Grecia e di Albania e poi per la Russia. E poi ha guardato gli orfani e le vedove dei caduti, poi i mutilatini e alla fine della sua vita i poliomielitici. Il suo è stato definito dall’allora Cardinale Arcivescovo di Milano “uno sguardo di grande umanità in un mondo abbandonato e perduto nell’eco di una guerra atroce e interminabile”. Don Carlo ha rivolto il suo sguardo verso i poveri e i sofferenti del suo tempo. Noi viviamo in un mondo diverso, ma i poveri e le sofferenze dei fratelli sono sempre con noi. Il Beato Carlo ci insegna a guardare al nostro tempo al presente, perché il cristianesimo è segnato dalla presenza di Dio eterno, che è entrato nel tempo ed è presente ad ogni tempo, perché ogni tempo sgorga dalla sua potenza creatrice dal suo eterno oggi. Per questo il cristianesimo è sempre nuovo. La Chiesa infatti è un essere vivente. Essa attraverso gli occhi del Signore Gesù, attraverso gli occhi dei Santi, continua a guardare con compassione e a condividere i dolori e le angosce, le gioie e le speranze degli uomini e delle donne di ogni tempo. Don Carlo ci ha lasciato in eredità i suoi occhi perché ogni volta che incontriamo un fratello in difficoltà o sofferente nel cammino verso Gerusalemme noi non passiamo oltre, ma ci fermiamo e lo guardiamo con il suo sguardo, lo sguardo di Gesù, lo sguardo del buon Samaritano. Lo sguardo che don Carlo Gnocchi ci ha lasciato in eredità ci aiuti ad aprire gli occhi, a diventare vedenti, a guardare gli altri con la compassione e l’amore che egli ha avuto in dono dal Signore Gesù. Questo museo che conserva la memoria di don Carlo diventi, attraverso lo sguardo dei visitatori, una scuola di formazione all’amore. Monsignor Piero Marini perchè ci hanno fatto in questi giorni il regalo di una piccola aggiunta di marcia. In tutto 400 chilometri a piedi, con il sacco in spalla. Poveri scarponi! Quando li ho inforcati nuovi e superbiosi, non pensavano di mangiarsi tutta questa strada…» (lettera ai ragazzi dell’Istituto Gonzaga - Fronte greco-albanese, giugno 1941). Infine, il fondatore della Pro Juventute, il precursore dei trapianti d’organo, il vulcanico promotore di eventi e iniziative clamorose: libri, scritti e soprattutto il Galletto Guzzi e la Fiat Topolino… «Partiva sempre all’ultimo minuto ed era molto veloce nel guidare, anche se attento ad evitare incidenti. Una volta fu fermato da un vigile presso largo del Tritone a Roma, perché andava troppo forte. Don Carlo subito gli disse: “Vado di fretta, ho più di duecento bambini da mantenere. Tenga e arrivederci”. Gli mise in mano un santino, e senza null’altro attendere, ripartì» (dalla testimonianza di Vittorio Bianchi, autista di don Carlo a Roma). L’archivio digitale e la biblioteca personale Alcuni schermi all’interno della sala ripropongono spezzoni e documentari storici sulla vita di don Gnocchi e sull’attività della Fondazione, mentre in un locale adiacente sarà presto possibile consultare l’archivio digitale dove sono stati raccolti e catalogati migliaia di documenti, lettere, manoscritti e appunti di don Gnocchi. Al piano superiore è stata invece riordinata la biblioteca personale di don Carlo. Il museo - progettato dallo Studio di Architettura Rognoni-Valeriani di Milano - si propone come percorso nella memoria che non vuole tuttavia essere luogo del passato, ma occasione per riflettere sull’attualità del pensiero e dell’opera di una delle più spiccate personalità della storia civile ed ecclesiale del Novecento italiano. Migliaia, in questi primi mesi, sono stati i visitatori- soli o in gruppi - che hanno fatto visita al museo e al santuario, che restano aperti tutti i giorni, dalle ore 9 alle 18. Tra questi, l’architetto Carlo Capponi, responsabile dell’Ufficio per i Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Milano, che così ha scritto al presidente della Fondazione dopo la visita: «È un museo importante, perché evidenzia come piccole e povere cose, se impiegate da una persona ricca di amore e testimone di fede, possono produrre frutti altrimenti non immaginabili. Il museo è stato inserito nella Guida della Diocesi di Milano per il 2013». Per informazioni o visite guidate occorre contattare lo 02 40308.226-938, oppure scrivere a [email protected]. «Cari bambini vi scrivo» Don Carlo, fratello e padre ■ «COM'È BELLO GIOCARE con la neve quando è pulita e bianca. Anche Gesù gioca volentieri con le anime dei bimbi quando sono bianche e pulite; ma se diventano sporche a Gesù non piacciono più…». Così raccontava don Carlo ai bimbi durante il catechismo in una fredda e nevosa giornata d’inverno, quando - prete novello - li incontrava nella parrocchia di S. Maria Assunta di Cernusco sul Naviglio alla quale era stato destinato come coadiutore nel 1925. In questo modo arrivava facilmente alle anime dei più semplici, facendosi piccolo tra i piccoli: una costante della sua vita. «Poche cose al mondo sono belle e più care del fanciullo. Se il mondo ne fosse privo ci parrebbe troppo oscuro», aggiungerà più tardi in “Andate e insegnate” (1934), raccolta di conferenze per istitutori nell’oratorio e nell’Azione Cattolica, vero e proprio trattato di formazione per gli educatori della gioventù. Don Carlo era “ammalato di ragazzi”, ha raccontato durante il processo di beatificazione Clemente Gironi, chierichetto a Cernusco. «Difficile dire quando prese la “ragazzite”, fatto sta che ne era affetto già a Cernusco e, dicono i testimoni, anche prima, in seminario». Ha abbracciato i bambini da coadiutore d’oratorio, giocando con loro come uno di loro; li ha assistiti poi all’Istituto Gonzaga di Milano come direttore spirituale, aiutandoli nella crescita in anni difficili e turbolenti. Ricorda così l’allora piccolissimo Giorgio Buccellati, quattro fratelli maggiori tutti frequentanti il Gonzaga: «Quando andavo con la mamma a scuola don Carlo mi prendeva in braccio e mi buttava in aria, con mio vivo terrore, verso un grosso orologio appeso al soffitto nel grande ingresso…». Fino a quando, al termine della guerra, l’incontro con i piccoli mutilati dalle bombe, vittime innocenti della follia degli uomini, indirizzerà la sua vita verso la missione a cui si era promesso nei giorni drammatici della guerra... «Abbi la forza di un soldatino…» Anche nei mesi al fronte, durante la campagna greco-albanese e persino nella tragica ritirata di Russia, il cappellano don Gnocchi non interruppe mai la vivace e allegra corrispondenza con gli amati fanciulli. Nonostante le atrocità della guerra, don Spigolando tra il carteggio con i più piccoli e le testimonianze di alcuni fanciulli. Un prete ammalato di “ragazzite” di Claudia Dorini Carlo non abdicò mai al compito di educatore e maestro, anche se lontano. In ogni occasione, dedicava un pensiero affettuoso, una parola attenta, una raccomandazione paterna ai più piccoli. È ancora Giorgio Buccellati, che aveva solo quattro anni e mezzo, il più piccolo dei suoi interlocutori, in alcune lettere dal fronte nell’estate del 1941: «Mio caro Giorgino, oggi tornando al Battaglione dopo una giornata di assenza per fare la Comunione pasquale ad un gruppo di artiglieri arrivati da poco in queste montagne, trovo la tua cara lettera insieme a molte altre. La precedenza assoluta è per te! Desidero che appena fatta l’operazione al naso (forse è diventato troppo lungo e devono tagliartene una fetta?) ti giunga la mia risposta. Spero che avrai sopportato, con fortezza da soldatino e da cristiano, il dolore dell’operazione e le noie che la seguono e ne avrai offerta qualcuna per il tuo don Carlo e per i suoi alpini. «Aspetto tue notizie da Jondini. Io sono tra le nevi e i miei alpini lavorano tutto il giorno a spalarla dalla strada, perché non si può andare avanti. Meglio così, ci mandassero almeno indietro fino a… Milano. Ma se Giorgio prega come si deve la Madonna, può darsi che don Carlo venga a casa presto, altrimenti lo lasceranno qui per tanti anni… Mi raccomando, allora. Sai quello che devi chiedere per me. Io chiederò per te al Signore le più belle grazie». MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 60 Attualità COMMEMORAZIONE. Ricordati i presidenti Gilardie Pisoni MISSIONE UOMO 62 Testi ricchi di calore umano e coinvolgenti, anche quando si trattava di semplici cartoline: « Mio caro Girogino, rispondo tardi alla tua graziosa domanda. Ti assegno l’alpino più piccolo del battaglione, perché tu gli mandi le tue care parole di conforto. Noi qui lo chiamiamo il Balilla. Tu digli chi sei e mandagli se puoi la tua fotografia. Ora ti spero guarito e ti assicuro che ho pregato per te. E continua a ricordare il tuo don Carlo». E ancora, nel marzo 1943, al rientro dalla Russia: «Al mio caro Giorgio, appena rientrato in patria, invio il mio affettuoso saluto, ringraziandolo per le sue preghiere che mi hanno miracolosamente salvato dal pericolo e pregandolo di salutarmi tutti i suoi fratelli, il papà e la mamma. Un bacio ed una benedizione…». Di quell’esperienza di dolore e sangue, di odio e morte, di preghiere e silenzi di Dio, don Carlo ricorda anche l’incontro straziante con l’infanzia abbandonata al proprio triste destino: «Quanti ne ho visti di bimbi nel mio triste pellegrinaggio di guerrascriverà in “Pedagogia del dolore innocente” - Poveri bimbi di guerra! Chi come me li ha visti in Albania, in Grecia, in Montenegro, in Croazia, in Ucraina e in Russia a torme scomposte, macilenti, randagi, stecchiti nella fame e nella morte, non riuscirà mai più a trarsene dagli occhi e dal cuore l’immagine funerea e conturbante». La dedizione totale all’infanzia sofferente divenne il senso stesso della sua vita. Don Gnocchi fu padre autentico per tutti quei figli a lui affidati. Scrisse al suo Arcivescovo: «Se la carità è una lotta per la vita, come non guardare di preferenza i piccoli senza affetto o per qualsiasi motivo sofferenti, mutilati, disabili o abbandonati?». «Io posso piangere, tu no…» Nonostante fosse molto impegnato per le complesse questioni burocratiche relative alla Fondazione e ai vari Collegi aperti uno dopo l’altro in tutta Italia, don Carlo mantenne un legame costante con i suoi ARCHIVIO . Presto on linemigliaia di letteree documenti ■ LETTERE, ATTI E CERTIFICATI AMMINISTRATIVI, cartoline, appunti, relazioni, testimonianze. E poi ancora articoli di giornale, testi e libri di e su don Carlo, fotografie… Il tutto corredato da note esplicative e chiarificatrici rispetto a particolari avvenimenti, fatti storici, iniziative, organi e istituzioni citati nei documenti stessi. C’è tutto questo e molto altro nell’archivio storico messo a punto dalla Fondazione, vera e propria memoria digitale - facilmente consultabile e pubblicabile on line - dei più significativi documenti cartacei legati alla vita del beato don Gnocchi e alle vicende dell’Opera durante gli anni della sua presidenza. Il progetto è giunto alla fase avanzata di messa in rete di tutto quanto catalogato ed indicizzato secondo determinati criteri in grado di agevolarne la rintracciabilità. Migliaia e migliaia di documenti, che verranno prossimamente messi a disposizione in rete e che sarà possibile consultare anche in un’apposita postazione attrezzata nel nuovo museo allestito a Milano, al Centro “S. Maria Nascente”di via Capecelatro. L’archivio e il museo sono progetti costantemente “in progress”: di qui l’invito a tutti coloro che siano in possesso di documenti, testi, oggetti legati al beato don Carlo Gnocchi a contattare il Servizio Comunicazione e Relazioni Esterne della Fondazione(02 40308.938 - [email protected]) per una valutazione e un possibile inserimento nei due differenti percorsi della memoria. ragazzi, che raggiungeva appena possibile. Attirava i fanciulli con la bontà e con la simpatia, convinto che occorreva chiarire, motivare e fondare certi sani principi e non imporli, perché venissero accolti e accettati senza riserve. Ragionevolezza e amorevolezza, non autorità e freddezza. Un padre premuroso, attento, che si preoccupa non solo della salute, ma anche della formazione e istruzione dei suoi figli. Un padre capace di confidare a piccolo disperato e sofferente: «Io posso piangere, tu no. Tu non devi piangere, non devi soffrire» . Ma anche un padre allegro, gioviale e giocoso, che non manca occasione per regalare feste improvvisate ai bambini, dove il canto e la musica la facevano da padroni. Don Carlo non voleva che i suoi fanciulli, perché meno fortunati di altri, si commiserassero o venissero commiserati; lottava perché fossero considerati e si sentissero normali, capaci di far tutto nonostante le mutilazioni. Per questo organizzava giochi, gite e rappresentazioni in veri e propri teatri dove tutti potevano esprimere liberamente le proprie capacità e dare sfogo alla straordinaria energia di cui erano capaci. In una lettera alle bambine attrici del collegio di Pozzolatico, don Carlo nel novembre 1952 scrive: «A voi tutte che avete collaborato alla serata di domenica, il mio ringraziamento e le mie sincere ed affettuose, quasi direi paternamente orgogliose congratulazioni. Fa sempre tanta commozione ed intima soddisfazione ad una papà vedere le proprie figliole tanto brave e belle! Si vede proprio che state nella villa che, in tempi abbastanza recenti, fu di una grande attrice: la Bertini. Mi raccomando di imitarla. Così come cercherete di imitare un’altra illustre abitatrice di questa casa: santa Caterina De Ricci. Coraggio dunque! Fatevi emule (ho detto emule non e… mule!) di queste precorritrici a Villa Pozzolatico. Tanto più che ora ho detto alla vostra cara e buona superiora di trovarvi un degno regista per le vostre prossime rappresentazioni. Egli vi apprenderà a… calcare sempre meglio la scena (con moderazione, però, quando vi saliranno certe attrici “atomiche” tipo Lina Paliughi che, quando in un melodramma il tenore doveva rapirla e la teneva invano dandosi da fare intorno a quella mole piuttosto notevole, uno spettatore lo incoraggiò gridando: “Fa due viaggi…”). E quando recitate, ora e per l’avveni- re, ricordate che san Paolo paragonava la vita ad una recita che però deve finire. Chi fa la regina e chi il mendicante, chi la zia occhialuta e chi il caporale panciuto, chi la recluta e chi la servente. Poi tutti tornano ad essere scolare buone, brave, senza belletto e senza stracci addosso. Così finisce sempre la “recita” di questa vita dove ciascuno ha una parte. Non importa quale. «L’importante è di pensare che questa recita finisce e si depongono tutte le bardature varie per apparire davanti a Nostro Signore per quelli che si è. Se pensate questo, anche le recite saranno una lezione spirituale e allora don Carlo non solo ne godrà come babbo della vostra bravura, ma come padre spirituale ancor più ne sarà felice per il profitto spirituale che ne trarrete… E ricordatevi di pregare sempre anche per don Carlo». ■ OPERATORI E RESPONSABILI della Fondazione, ex allievi e delegazioni dei comuni d’origine hanno partecipato alla commemorazione degli ex presidenti e primi due successori di don Carlo, monsignor Edoardo Gilardi e monsignor Ernesto Pisoni (nel 50esimo e nel 20esimo anniversario della morte), svoltasi nel novembre dello scorso anno al santuario del beato don Gnocchi. La funzione è stata presieduta dall’Arcivescovo emerito di Siena e Ordinario Militare emerito, monsignor Gaetano Bonicelli. Nell’occasione, è stato presentato un volumetto con le tappe principali della loro vita e con testimonianze del loro generoso impegno per la “baracca”. «Sarai un uomo di carattere…» La generosità e la paternità di don Carlo traspaiono evidenti anche dalle numerose testimonianze di ex allievi. «Ricordo certi assolati pomeriggi in cui, nel grande cortile, lui, seduto al centro e noi tutte intorno ad ascoltarlo, prendeva tra le braccia le più piccine. Esse lo accarezzavano, lo pettinavano, gli mettevano un nastrino rosso tra i capelli e lui le lasciava fare, felice», racconta una piccola mutilatina ospite del Collegio di Pessano. E ancora: «Ho conosciuto don Carlo nel 1950. Quando sono entrata come ospite nel collegio di Pessano, essendo affetta da poliartrite deformante cronica, avevo 8 anni. Lo ricordo sorridente e affabile. Quante volte con lui, seduto sui gradini che suonava la fisarmonica, abbiamo cantato insieme, con le compagne, le canzoni degli alpini. Ci spronava a dare il meglio e ci faceva capire che ognuno di noi ha un compito specifico nella vita, a prescindere dalle difficoltà fisiche». E don Carlo scriveva così al piccolo Achille, figlio dell’amato cugino Mario Biassoni, suo stretto collaboratore nell’o- pera per i mutilatini: «Caro e buon Achille, ho molto gradito i tuoi auguri per il mio onomastico, sia per l’affetto che porto a te e ai tuoi cari per i legami del sangue e per quelli della riconoscenza, sia per la generosità che la tua lettera ben sa rappresentare. Oggi stesso è stato qui da me il papà e mi ha narrato delle tue peripezie per frequentare la scuola e lo studio. Ma io sono certo che tu saprai far bene ugualmente e che questo sacrificio servirà alla formazione del tuo carattere per la vita. Da per me un bacio alla sorellina che spero comincerai a far… vivere meno pericolosamente». Parole affettuose anche quando si trattava di redarguire per un atteggiamento sbagliato o un comportamento da correggere. Ma sempre prodigo di elogi, apprezzamenti e incoraggiamenti per ogni piccolo o grande successo: «Caro e buon Achille non puoi credere quanta consolazione mi abbia recato la tua lettera. Vi ho visto un cuore sensibile, una maturità di giudizio che la tua timidezza non mi aveva dato modo di conoscere pur avendola chiaramente intravista nella mia ultima visita a S. Fedele. «Bravo Achille! Continua e migliora sempre più le belle doti di intelligenza, di cuore e di onestà che il Signore ti ha dato. Sii soprattutto religioso. Tutte queste qualità, se non sono santificate dalla grazia di Dio, non servono alla vita eterna. E poi ci sono delle ore, specialmente nella giovinezza, nelle quali tutte le ragioni umane possono avere un valore relativo. Ci vuole l’aiuto di Dio. Per il resto vedo che non ti sei troppo legato ai compagni e sei un po’ diffidente della massa. È questo un modo sicuro per essere uomini di carattere e non volgari. Ti mando il mio bacio più affettuoso e la mia benedizione». «Qui non si sbaglia di sicuro…» Anche nel periodo sofferto della sua ultima, dolorosa malattia, don Carlo non dimentica i fanciulli. La soluzione al mistero del “dolore innocente” è la chiave che illumina il suo testamento spirituale e la missione che affida agli “amici” che raccoglieranno il testimone e proseguiranno la sua opera: «Per misurare quanto sia grande il volume di questo capitale, basta pensare al tributo di dolore che, in ogni tempo, hanno richiesto ai bimbi le malattie, la fame, le guerre, l’indigenza, l’abbandono, la misera e la morte. Di ogni calamità - si legge in “Pedagogia del dolore innocente” -si direbbe che la parte più pesante sia misteriosamente riservata agli innocenti. Occorre pertanto che questo incessante fiume di grazia, questo inestimabile tesoro non vada perduto, ma diretto all’unica meta nella quale il dolore di un innocente può prendere valore e trovare giustificazione: Cristo crocifisso». Don Carlo è l’emblema di una paternità infinita: «La lotta e la vittoria contro il dolore sono una seconda generazione, non meno grande e dolorosa della prima, e chi riesce a ridonare a un bimbo la sanità, l'integrità, la serenità della vita, non è meno padre di colui che, alla vita stessa, lo ha chiamato per la prima volta». Perché servendo questi bambini - esortava don Gnocchi - facciamo la cosa più giusta: «Oggi, nella politica e nelle altre cose, ci si può sbagliare; qui non si sbaglia di sicuro». Oggi come allora. 63 MISSIONE UOMO DOCUMENTI donGnocchi IN FAMIGLIA INTERVENTI 65 L’amore di Dio fondamento della “baracca” Nelle foto, la celebrazione al santuario di don Gnocchi nel terzo anniversario della beatificazione Dio, capaci di amare, non per qualche momento, non in circostanze particolari, ma sempre, per sempre, come ama Dio. La ragione dell’amore e di tutta l’impresa che ha messo su questa “baracca” è dunque l’amore di Dio che don Carlo ha ospitato nella sua vita e in cui anche noi possiamo dimorare come il tralcio nella vite. La speranza che non delude chi sente una responsabilità che non può delegare perché il dolore innocente, la malattia, la disabilità, la vecchiaia è entrata con prepotenza in casa e non si può metterla alla porta, per cui bisogna prendersene cura per forza. C’è dunque una qualche ragione? Siamo resi capaci di amare ■PER QUANTO SIA SCOMODA, provocatoria, antipatica, inquietante, non si può però evitare la domanda: c’è una ragione per prenderci cura di chi è incurabile? C’è una ragione per dedicare tempo, risorse, fatiche, competenze per situazioni che non promettono miglioramento alcuno? C’è una ragione per curare chi è destinato a morire? C’è una ragione per scomodarsi, per preoccuparsi, per coinvolgersi nel dramma incomprensibile del dolore innocente? C’è una ragione per un impegno enorme che produce risultati modestissimi? Una ragione - intendo - più duratura della compassione, quel provare pena per un complesso e forse mistificante meccanismo di identificazione che attribuisce all’altro quello che sentirebbe lui se fosse al suo posto, la compassione che si esaurisce in una emozione: provvisoria come una emozione, superficiale come una emozione, cancellabile in pochi istanti come una emozione, basta guardare altrove. Una ragione - intendo - più nobile dell’interesse, quel trasformare in business anche la dedizione, quel cercare in che modo trarre vantaggio dal bisogno altrui, L’esempio di don Carlo e il servizio agli ultimi: noi ci facciamo carico del dolore innocente, di disabilità e vecchiaia perché siamo in cammino verso il regno di Dio di mons. Mario Delpini vicario generale della diocesi di Milano quella malattia diffusa di considerare ogni cosa come un investimento o una spesa, quella giustificata, ma riduttiva interpretazione occupazionale per cui tutto è considerato nella logica dei posti di lavoro, della garanzia occupazionale, da quell’intraprendenza che mira a far fruttare una competenza, per cui ogni luogo diventa anzitutto un posto di lavoro. Una ragione - intendo - più gratuita della necessità, di quel piegarsi alla costrizione di TESI DI LAUREA. L’etica del servizionelle opere di don Carlo ■ “ETICA DEL SERVIZIO NELLA PEDAGOGIA E NELLE OPERE DI CARLO GNOCCHI E PARALLELI EDUCATIVI”: questo il titolo della tesi di laurea del dottorFausto Lammoglia,discussa alla scuola di Scienze umanistiche del corso di laurea magistrale in Metodologie filosofiche dell’Università di Genova(relatore il professor Paolo De Lucia, correlatore il professor Luciano Malusa). «In quali aspetti della scelta cristiana di don Gnocchi - scrive l’autore - si possono trovare le motivazioni filosofiche di una vita (e di una morte) al servizio degli altri? E dove possiamo ritrovarli, ancora, nella sua opera pedagogica il cui obiettivo è formare giovani cristiani, ma prima ancora giovani persone, che sappiano dedicarsi veramente gli uni agli altri?». La tesi trova le risposte ai quesiti analizzando in dettaglio la vita del beato don Carlo, primo e più saldo esempio di servizio, e poi le sue opere, testimoni della sua vita e custodi della sua pedagogia. Il lavoro di Lammoglia si aggiunge alle numerose tesi di laurea che in questi anni hanno analizzato sotto diversi punti di vista la vita e le opere dell’indimenticato “papà dei mutilatini”. La domanda inquieta e mette a disagio. Anche la risposta forse mette a disagio, perché suona come estranea, come troppo lontana, come impertinente. La ragione che le letture proclamano, la ragione che spiega la vita del beato don Gnocchi e tutta la sua impresa è l’amore di Dio. L’amore di Dio, per dargli il nome giusto, si chiama Spirito Santo: è lo Spirito che fa i santi. Questo Spirito che dimora in noi ci dona la grazia di dimorare in Dio. Così noi possiamo dire di avere conosciuto e creduto l’amore che Dio ha per noi. Come possiamo presumere che l’amore sia una nostra capacità, noi che ci sappiamo così meschini, così incostanti, così egocentrici? Eppure siamo resi capaci di amare: la dedizione alla consolazione, la cura per la dignità delle persone a prescindere dalle loro condizioni, la disponibilità al sacrificio di sé per la gioia degli altri vengono dal fatto di dimorare in Dio. Ecco: Dio è una dimora, ti avvolge di affetto, di premure, di fedeltà. Come il fatto di essere amati dal papà e dalla mamma si abilita ad essere padri e madri capaci di paterno e materno amore, così il fatto di essere amati da Dio ci abilita ad essere come Amare come ama Dio significa che l’amore non nasce da una attrattiva che una persona esercita perché è amabile, simpatica, sana, bella, giovane, ricca. L’amore che Dio rende possibile è quello che veste chi è nudo, accoglie chi è straniero, visita chi è solo e abbandonato. Ama le persone non perché siano attraenti, ma trova amabili le persone perché sono amate da Dio. La ragione per amare tutti, per prendersi cura soprattutto di chi ha più bisogno è quindi la condivisione della particolare premura di Dio per i più piccoli, i più poveri, i più bisognosi. Lo Spirito in noi insegna, suscita, interpreta il gemito della creazione. Questa creazione malata è dunque destinata alla corruzione e alla morte? No, suggerisce lo Spirito, ma alla vita e alla gloria. Così il dolore, il dolore innocente, non è il gemito del morente, ma il travaglio che invoca la vita eterna. La ragione per prendersi a cuore chi stenta a camminare è perché vogliamo arrivare insieme, vogliamo che i vincoli di fraternità e solidarietà incoraggino alla speranza che non delude. Forse ci sono molte altre ragioni per curarsi della salute e del benessere di tutti, ma don Gnocchi e la tradizione cristiana ci richiamano al fondamento ultimo e alla ragione più persuasiva: noi ci facciamo carico dell’attenzione al dolore altrui, al dolore innocente, al dolore insensato e inconsolabile, perché viviamo della vita di Dio, crediamo in Dio, siamo in cammino verso il regno di Dio. (omelia alla commemorazione di don Gnocchi Santuario di Milano, 25 ottobre 2012) A un anno dalla morte, è vivo il ricordo di suor Noemi ■ A UN ANNO DALLA MORTE , il ricordo di suor Noemi (una vita trascorsa in Fondazione Don Gnocchi, prima a Torino e poi al Centro “S. Maria della Pace” di Roma) è ancora vivo tra gli operatori, i pazienti e quanti hanno avuto la fortuna di conoscerla. L’indimenticata religiosa è stata uno straordinario esempio di impegno e dedizione senza orario e senza risparmio di forze ed energia per i più deboli e sofferenti. Lo testimoniano le parole del direttore dei Centri romani della Fondazione Don Gnocchi, Salvatore Provenza. Ero sicuro che suor Noemi avrebbe raggiunto il cielo nella gioia delle festività pasquali. Non poteva essere diversamente. Il Signore ha permesso che si associasse alla sua passione, che lei ha accettato e offerto consapevolmente e l’Angelo del Signore l’ha portata in paradiso proprio nel giorno a lui dedicato per godere senza fine la gloria del Risorto. La vita terrena di suor Noemi è stata una vita spesa per gli altri, per le persone fragili, una testimonianza vivente dei valori cristiani e umani, un’autentica vocazione religiosa. In suor Noemi si sono coniugati due carismi: la dolcezza di cuore di san Francesco di Sales e il dinamismo operativo del beato Carlo Gnocchi. Nutriva un forte amore per la Chiesa, per la sua congregazione religiosa e una venerazione speciale per il Papa. Gran parte della sua vita l’ha trascorsa a servizio della Fondazione Don Gnocchi. Quando si parla di servizio, riferendoci a suor Noemi, non bisogna confinarlo in un determinato arco temporale della giornata: per lei il Centro era la sua casa e gli assistiti, il personale, la comunità, costituivano la sua famiglia. Pre- ghiera ed azione in lei erano in perfetta simbiosi. Ha svolto dapprima un lavoro di fisioterapista, poi di infermiera generica e infine di amministrativa. Ma anche il suo “ruolo” non ha avuto mai confine. Suor Noemi era sempre presente dove c’era bisogno, dove c’era da fare, ma anche da confortare, da consigliare, da persuadere. Sapeva stare insieme agli altri. Era un punto di riferimento ma non l’ha mai fatto pesare a nessuno, perché era molto umile. Era dolce ma anche determinata: sul fronte dei principi non usava mezzi termini. I valori erano per lei valori e non potevano subire sconti da parte di nessuno. Guai a chi faceva un torto agli assistiti! L’ho conosciuta oltre quarant’anni fa ed è rimasta sempre uguale. Era cercata, amata e stimata, si prendeva cura in modo particolare degli assistiti della degenza diurna, li conosceva tutti, parlava con le loro famiglie. Prima di andare a pranzo li andava ad imboccare, non esitava ad intervenire personalmente anche nella cura della persona quando c’era bisogno. Ha condiviso tanti momenti di gioia della vita del Centro, in modo particolare la visita pastorale di Giovanni Paolo II, avvenuta nel dicembre del 1990. In occasione del suo giubileo di vita religiosa è stata insignita di una prestigiosa onorificenza pontificia, la croce “pro ecclesia et pontifice” e subito dopo ha ricevuto il premio del Buon Samaritano. Cara suor Noemi, la piangono tutti: gli assistiti che ha amorevolmente curato, le loro famiglie, il personale, le suore, i suoi cari terapisti… Tutti sappiamo che ora abbiamo una persona che ci ha voluto bene in cielo. E sono sicuro che da lassù continua con la preghiera ad occuparsi di noi. Salvatore Provenza MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 64 donGnocchi CANONIZZAZIONE POSTULAZIONE. Le preghierein attesa di un nuovo miracolo Il beato don Carlo e la nuova evangelizzazione ■ CON L ’AVVENUTA BEATIFICAZIONE del 25 ottobre 2009, ora il compito della Postulazione della causa di don Gnocchi consiste innanzitutto nell’accompagnare il processo di canonizzazione fino a che il Santo Padre possa additarlo a tutta la Chiesa quale sacerdote santo di grandi virtù. Nel decreto della beatificazione, Benedetto XVI rese grazie a Dio per la vita e le opere di don Gnocchi, proponendolo come esempio di quella santità che è la vocazione di ogni cristiano. Don Carlo è quindi divenuto modello e intercessore non soltanto per chi opera o frequenta la sua Fondazione, ma anche per ogni cristiano. La conferma di un nuovo miracolo, avvenuto per la sua intercessione, potrà aprire la porta per la sua canonizzazione. Mentre con la beatificazione viene concesso di poter tributare culto ad un Servo di Dio nell’ambito di una Chiesa particolare, con la canonizzazione tale culto è esteso alla Chiesa universale. La postulazione vigila attentamente su ogni segnalazione che perviene, ma al momento sono giunti solo segni di grande devozione al Beato o episodi che una volta vagliati non sono riconducibili a quello che i teologi descrivono come miracolo, cioè un fatto prodigioso compiuto da Dio con valore di segno, ossia come veicolo di un messaggio salvifico. Per le segnalazioni: Postulazione Causa don Carlo Gnocchi, piazzale Rodolfo Morandi 6 - 20121 Milano; mail: [email protected]; telefono: 02.40308.911. 67 ■ QUATTRO PASSAGGI dell’omelia di Benedetto XVI - oggi Papa emerito - in occasione dell’apertura solenne, nell’ottobre dello scorso anno, del tredicesimo Sinodo dei Vescovi, dedicato alla nuova evangelizzazione, mi hanno particolarmente colpito, in riferimento al beato don Carlo Gnocchi. Il primo riguarda la centralità di Gesù: «La Parola di Dio ci pone dinanzi al Crocifisso glorioso, così che tutta la nostra vita si svolga al cospetto di Lui e nella luce del suo mistero. L’evangelizzazione, in ogni tempo e luogo, ha sempre come punto centrale e terminale Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio. E il Crocifisso è per eccellenza il segno distintivo di chi annuncia il Vangelo: segno di amore e di pace, appello alla conversione e alla riconciliazione». Sono parole che mi hanno fatto pensare a don Gnocchi, al momento della sua morte, così intensamente descritta da monsignor Giovanni Barbareschi; a quando don Carlo improvvisamente si sollevò sul letto e strappò dalla tenda ad ossigeno il piccolo crocifisso, che custodiva come dono della sua mamma e che aveva voluto gli fosse posto davanti agli occhi in quelle sue ultime ore di agonia. Spunti di riflessione da alcune parole del Papa emerito: il mondo di oggi ha estremo bisogno di ferventi cristiani e di uomini santi di monsignor Ennio Apeciti responsabile Cause dei Santi – Diocesi di Milano Don Carlo si sollevò, staccò con fatica il crocifisso e lo baciò. Poi cadde esausto e morì. Fu la morte di un santo, come quella di santo Stefano, come quella dello stesso Signore Gesù, che morì dopo aver “amato sino alla fine”, dopo aver dato un’ultima prova di amore, affidando tutti i suoi discepoli a sua madre, attraverso quel discepolo che le era accanto ai piedi della croce. Non solo, però. Le parole di Benedetto XVI mi hanno richiamato alla mente il grido intenso di don Carlo in quell’opera matura perché maturata nel dolore della guerra: «Cristo, vero Dio e vero uomo, è l’esemplare e la forma perfetta cui deve mirare e tendere ogni uomo. Cristo è, nello stesso tempo, la sorgente di quella forza divina che sola può rendere possibile, come lo fu nei Santi, il ripetersi in ogni uomo di questa Sua mirabile personalità. Ogni restaurazione della persona umana, che non voglia essere parziale, effimera o dannosa come quelle finora attuate dalla civiltà, non può essere quindi che la restaurazione della persona di Cristo in ogni uomo» (“Restaurazione della persona umana”, 1946). Sono parole quanto mai attuali! Don Carlo ci provoca, perché il mondo di oggi ha bisogno di gente convinta, anzi entusiasta, perché, come ha detto ancora il Papa emerito - ed è il secondo pensiero che mi ha colpito - «la Chiesa esiste per evangelizzare. Fedeli al comando del Signore Gesù Cristo, i suoi discepoli sono andati nel mondo intero per annunciare la Buona Notizia, fondando dappertutto le comunità cristiane. Anche nei nostri tempi lo Spirito Santo ha suscitato nel- la Chiesa un nuovo slancio per annunciare la Buona Notizia». Anche queste parole mi hanno richiamato quelle di don Carlo, la sua esortazione ardente ai giovani della parrocchia di San Pietro in Sala e a tutti gli educatori, contenute in “Andate e insegnate” (1934): «Se invece di cinquanta cooperatori freddi e mediocri vi fosse anche un solo giovane santo, non credete voi che le cose andrebbero assai diversamente?». Com’è prezioso quest’ardore, questo entusiasmo, soprattutto nel momento attuale. Lo penso anche a proposito dei giovani e della missione d’amore che attende quasi tutti loro, perché le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa devono essere per loro natura poche, rispetto alla maggioranza, che Dio chiama a diffondere il Suo amore vivendo nel loro amore. Proprio per questo Benedetto XVI ha fatto riferimento esplicito al matrimonio: «Il matrimonio, costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di oggi, è segno che parla di Dio con forza, con un’eloquenza che ai nostri giorni è diventata maggiore; il matrimonio è chiamato ad essere non solo oggetto, ma soggetto della nuova evangelizzazione». Anche queste parole mi hanno richiamato alla mente don Carlo, il suo impegno entusiasta nel formare all’amore e al matrimonio i suoi giovani, il suo “Educazione del cuore” (1937) con quel grido affascinante: «L’amore è la forza più benefica del mondo, poiché Dio stesso è amore». Per questo voleva educare i giovani ad amare in verità, come solo Dio può aiutarci ad essere: «L’amore diceva - non si accende che con l’amore». Infine, un quarto pensiero del Papa eme- rito mi ha affascinato: «I santi sono i veri protagonisti dell’evangelizzazione in tutte le sue espressioni. Essi sono, in particolare, anche i pionieri e i trascinatori della nuova evangelizzazione: con la loro intercessione e con l’esempio della loro vita, attenta alla fantasia dello Spirito Santo, essi mostrano alle persone indifferenti o addirittura ostili la bellezza del Vangelo e della comunione in Cristo, e invitano i credenti, per così dire, tiepidi, a vivere con gioia di fede, speranza e carità, a riscoprire il “gusto” della Parola di Dio e dei Sacramenti, in particolare del Pane di vita, l’Eucaristia. La santità non conosce barriere culturali, sociali, politiche, religiose. Il suo linguaggio - quello dell’amore e della verità è comprensibile per tutti gli uomini di buona volontà e li avvicina a Gesù Cristo, fonte inesauribile di vita nuova». Per il mondo di oggi e di domani occorrono santi. Don Carlo ne era profondamente convinto e ripeteva loro: «Nulla è più santificante e salvifico della santità. Credetelo. La santità, come un corpo incandescente o radioattivo, ha un’irradiazione quanto misteriosa altrettanto potente, ben più efficace dei più industriosi mezzi umani. Ben più e ben meglio delle discussioni e delle industrie umane, la santità ha il magico potere di convertire gli erranti. Credetelo! Io ne sono sicuro, e penso che tutti i cristiani dovrebbero sottoscrivere la frase di Leon Bloy: “Non vi è al mondo che una tristezza: quella di non essere santo”». Forse potremmo fare un doppio proposito: cercare anche noi di diventare santi e pregare perché don Carlo compia un altro miracolo, così che non lo pregheremo più solo “beato don Carlo”, ma “san Carlo”! COMMEMORAZIONE. La Messa nell’anniversario della morte ■ ERA ANNUNCIATA LA PRESENZA DELL’ARCIVESCOVO DI MILANO, cardinale Angelo Scola. Gli impegni legati all’inatteso Conclave, hanno però costretto a un cambio di programma. Così, la solenne celebrazione eucaristica nel 57esimo anniversario della morte di don Carlo Gnocchi, lo scorso 28 febbraio, è stata presieduta da monsignor Luigi Stucchi, vescovo ausiliare della diocesi ambrosiana. Tanti i fedeli che hanno partecipato alla Messa, celebrata nel santuario diocesano del beato don Gnocchi, presenti numerose delegazioni di gruppi alpini e sezioni Aido, ex allievi, operatori della Fondazione, rappresentanti dei comuni di San Colombano al Lambro e Montesiro di Besana Brianza (paese natale e comune della prima Messa di don Carlo) e amici della “baracca”. MISSIONE UOMO MISSIONE UOMO 66 Perapprofondire LIBRI MISSIONE UOMO 68 Editoriale Sergio Toppi (tavole) Don Gnocchi Ed. San Paolo, 2010 Ennio Apeciti Li amò sino alla fine Centro Ambrosiano, 2009 Luisa Bove Don Carlo Gnocchi Edizioni Paoline, 2009 Roberto Parmeggiani Don Carlo Gnocchi Ed. San Paolo, 2009 Carlo Gnocchi Restaurazione della persona umana Editrice Vaticana, 2009 Carlo Gnocchi Cristo con gli alpini Mursia, 2008 Giorgio Cosmacini «La mia baracca». Storia della Fondazione Don Gnocchi Laterza, 2004 a cura della Fondazione Don Gnocchi L’eredità di don Gnocchi. Edoardo Gilardi ed Ernesto Pisoni Milano, 2012 «...E D’ORA IN POI SIA CHIAMATO BEATO» I VOLTI, LE EMOZIONI, LE IMMAGINI DEL 25 OTTOBRE 2009 A cura di Emanuele Brambilla Foto di Paolo Liaci e Claudio Novia Mursia, 2010 Edoardo Bressan Don Carlo Gnocchi, una vita al servizio degli ultimi Mondadori, 2009 Emanuele Brambilla Don Gnocchi, il prete che cercò Dio tra gli uomini Centro Ambrosiano, 2009 Carlo Gnocchi Poesia della vita (A. Bazzari - O. Arzuffi) Ed. San Paolo, 2006 Stefano Zurlo L’ardimento.Racconto dellavitadidonCarlo Gnocchi Rizzoli, 2006 Straordinaria carrellata fotografica delle più belle immagini della cerimonia di beatificazione di don Gnocchi e dei momenti più suggestivi che l’hanno preceduta e seguita Gaetano Agnini Don Gnocchi, alpino cappellano Mursia, 2011 Carlo Gnocchi «Dio è tutto qui» Lettere di una vita Mondadori, 2005 «Amis ve raccomandi la mia baracca...» Gli Amici di don Carlo sostengono la Fondazione Don Gnocchi ■ LASCITI TESTAMENTARI Per informazioni contattare il Servizio Fundraising. Tel. 02-40308.907 On line con carta di credito Istruzioni sul sito internet www.dongnocchi.it oppure donazioni.dongnocchi.it ■ DONAZIONI Conto corrente postale n° 737205 Intestato a Fondazione Don Gnocchi, p.le R. Morandi 6 - 20121 Milano Inviando un assegno non trasferibile intestato a: Fondazione Don Gnocchi, p.le R. Morandi, 6 - 20121 Milano Conto corrente bancario n° 100000006843 Banca prossima, filiale 05000 - Milano IBAN: IT60E0335901600100000006843 ■ CINQUE PER MILLE Nella dichiarazione dei redditi, nel riquadro dedicato al sostegno delle Onlus o in quello per la ricerca sanitaria, indicare il codice fiscale: 04793650583 Info al sito internet 5x1000.dongnocchi.it (segue da pagina 1) per affrontare organicamente la crisi, presenta nodi economico-finanziari da sciogliere, raccomanda maggiore oculatezza negli investimenti da fare, indica correttivi da applicare, suggerisce processi da seguire, individua orientamenti e azioni improntati al contenimento dei costi, all’eliminazione delle inefficienze, alla correzione strutturale e funzionale. Necessita l’adozione di leve ordinarie e straordinarie, di interventi immediati e organici al fine di consentire alla Fondazione non di galleggiare come sughero nei marosi della crisi, ma di “riposizionarsi” nei nuovi e futuri scenari della salute, quando ai dolori del parto sociale subentrerà la gioia di una vita nuova. L’appello di don Carlo morente si fa ancora più attuale e cogente Anche per la Fondazione la crisi può divenire aurora di un nuovo giorno o mesto tramonto. La posta in gioco è alta e impegnativa e l’esito è incerto, ma dipende da tutti noi e, se permetti, soprattutto da te: ne va di mezzo il futuro della “baracca”, il nostro futuro. Mediamente il 65-70% del bilancio di Fondazione è assorbito dal costo del personale, che costituisce il patrimonio più prezioso e irrinunciabile della realtà e del prestigio della nostra opera. Con trattative formali, nella linea del rispetto dei diritti e doveri, con azioni condivise, appellandoci alle responsabilità comuni e ai comportamenti personali, siamo chiamati ad una effettiva solidarietà per non privarci di nessuno e conservare dignitosamente la materia prima: il lavoro. La crisi sta creando una grande fame di valori: quelli dell’onestà, della semplicità, della sobrietà, dell’impegno per il bene comune. Occorre ricominciare dagli ultimi e rimboccarsi le maniche per servire, con entusiasmo e responsabilità, questa giusta causa. Diventa ancora più attuale e cogente l’appello del nostro fondatore in punto di morte: “Amis, ve raccomandi la mia baracca!”. All’appello del beato don Carlo Gnocchi, rivolto a tutti, ma soprattutto a noi che costituiamo il cuore della sua opera, rispondiamo con una preghiera più intensa, con una fede rinverdita, con una carità operosa e con una speranza affidabile e tenace. Angelo Bazzari Presidente Fondazione Don Gnocchi Poli territoriali e Centri in Italia POLO LOMBARDIA 1 IRCCS S. Maria Nascente Via Capecelatro, 66 Milano - tel. 02 403081 POLO PIEMONTE-LIGURIA Centro S. Maria ai Colli Viale Settimio Severo, 65 Torino - tel. 011 6303311 Centro S. Maria alla Rotonda Via privata d’Adda, 2 Inverigo (CO) - tel. 031 3595511 Presidio Ausiliatrice-Don Gnocchi Via Peyron, 42 Torino - tel. 011 4370711 Centro S. Maria alle Fonti Viale Mangiagalli, 52 Salice Terme (PV) - tel. 0383 945611 Polo Riabilitativo del Levante ligure Ospedale San Bartolomeo Via Variante Cisa, 39 Sarzana (SP) - tel. 0187 604844 Centro Fondazione Don Gnocchi Via Saragat, Lodi - tel. 0371 439080 Centro Multiservizi Via Colli di S. Erasmo, 29 Legnano (MI) - tel. 0331 453412 Casa vacanza per disabili Piazza Don Carlo Gnocchi Pozzolengo (BS) - tel. 030 9918823 POLO LOMBARDIA 2 Istituto Palazzolo - Don Gnocchi Via Don L. Palazzolo, 21 Milano - tel. 02 39701 Centro S. Maria al Monte Via Nizza, 6 Malnate (VA) - tel. 0332 86351 POLO LOMBARDIA 3 Centro S. Maria al Castello Piazza Castello, 22 Pessano con Bornago (MI) - tel. 02 955401 Centro S. Maria delle Grazie Via Montecassino, 8 Monza - tel. 039 235991 Centro Don Gnocchi Via delle Casette, 64 Colle Val d’Elsa (SI) - tel. 0577 959659 Centro S. Maria alla Pineta Via Don Carlo Gnocchi, 24 Marina di Massa (MS) tel. 0585 8631 Polo Specialistico Riabilitativo* Ospedale S. Antonio Abate Salita San Francesco Fivizzano (MS) * struttura prossima all’avvio dell’attività Centro Girola - Don Gnocchi Via C. Girola, 30 Milano - tel. 02 642241 Centro Ronzoni Villa - Don Gnocchi Viale Piave, 12 Seregno (MB) - tel. 0362 323111 POLO TOSCANA IRCCS Don Carlo Gnocchi Via Di Scandicci - loc. Torregalli Firenze - tel. 055 73931 POLO LAZIO - CAMPANIA NORD Centro S. Maria della Pace Via Maresciallo Caviglia, 30 Roma - tel. 06 330861 Centro S. Maria della Provvidenza Via Casal del Marmo, 401 Roma - tel. 06 3097439 Polo specialistico riabilitativo Ospedale civile G. Criscuoli Via Quadrivio Sant’Angelo dei Lombardi (AV) tel. 0827 455800 Centro E. Spalenza - Don Gnocchi Largo Paolo VI Rovato (BS) - tel. 030 72451 POLO BASILICATA - CAMPANIA SUD Centro Gala - Don Gnocchi Contrada Gala Acerenza (PZ) - tel. 0971 742201 POLO EMILIA ROMAGNA - MARCHE Centro S. Maria ai Servi Piazzale dei Servi, 3 Parma - tel. 0521 2054 Polo specialistico riabilitativo Presidio Ospedaliero ASM Via delle Matine Tricarico (MT) - tel. 0835 524280 Centro E. Bignamini - Don Gnocchi Via G. Matteotti, 56 Falconara M.ma (AN) tel. 071 9160971 Centro S. Maria al Mare Via Leucosia, 14 Salerno - tel. 089-334425 AREA FORMAZIONE E SVILUPPO Centro di Formazione Orientamento e Sviluppo - CeFOS Milano, via Gozzadini, 7 - tel. 02 40308328 - Roma, Via Casal del Marmo, 401 - tel. 06 3097439 CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI: Angelo Bazzari (presidente), Giovanni Cucchiani (vicepresidente), Gianpio Bracchi, Mario Brambilla, Marco Campari, Mariella Enoc, Felice Martinelli COLLEGIO DEI REVISORI: Raffaele Valletta (presidente), Michele Casini, Emilio Cocchi