L`anatroccolo senza testa

Transcript

L`anatroccolo senza testa
della diocesi di como
Periodico Settimanale | Poste Italiane S.P.A. | Sped. In Abbonamento Postale |
D.L. 353/2003 (Conv. In L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 1, Dcb Como
Anno XXXVI - 28 luglio 2012 - € 1,20
Italia
5
Europa
6
Como
14
Povertà in
preoccupante
aumento
Mario Draghi
e il futuro
dell’Unione
Al-Anon:
l’occasione
per ripartire
C
entre lo spread in
M
Spagna è ai massimi livelli, nelle piazze
un anno di impeU
gno a Como dell’associazione che riunisce
resce la fascia degli
indigenti, di coloro
che devono privarsi anche del necessario.
Editoriale
L’anatroccolo
senza testa
cresce la protesta.
30
familiari di alcolisti.
Valfurva
La visita
del Cardinale
Angelo Scola
’arcivescovo di Mi-
L
lano ha incontrato
i ragazzi e ai giovani impegnati nei campi
Carceri. La difficile realtà del nostro Paese
di don Angelo Riva
U
n’anatra senza testa. Con questa
efficace immagine il filosofo Andrè
Glucksmann immortalava, sul Corriere
dell’11 luglio (ironia della sorte festa di san
Benedetto, patrono d’Europa) la condizione
attuale del Vecchio Continente. Ci siamo
tornati su a più riprese anche noi (nn. 25
e 26 del Settimanale) ed è tempo di una
parola conclusiva. Il povero anatroccolo con
la testa mozzata, che seguita a zampettare
confuso con le ultime residue energie,
raffigura non solo, evidentemente, la carenza
di una efficace leadership politica europea
(Glucksmann la mette molto bene in luce
nel suo articolo). Certo anche questa:
istituzioni unitarie troppo fragili (vedi su
tutte il ruolo della Banca Centrale Europea,
imparagonabile, per incisività, a quello
della Federal Reserve statunitense); classi
politiche nazionali di piccolo cabotaggio,
costantemente in ostaggio dalle rispettive
scadenze elettorali etc. Ma c’è dell’altro:
la fragilità dell’Europa è oggi anzitutto
spirituale e culturale. Un vero paradosso,
se calcoliamo che proprio il lembo di terra
dall’Atlantico al Mediterraneo agli Urali è
stato, nei secoli, il faro della civilizzazione
(con diverse ombre, si capisce) di buona
parte del pianeta. L’Europa odierna non sa
più chi è, sembra non aver più occhi né cuore
per le sue gloriose radici. Sembra addirittura
avere in odio sé stessa, prendendoci gusto
a sperperare un patrimonio ideale senza
eguali, ha diagnosticato Joseph Ratzinger
prima ancora di diventare Papa. E il confronto
con le altre culture del villaggio globale, in
genere monolitiche e aggressive, assomiglia
troppo spesso a una resa senza condizioni.
In tal senso la polemica sul mancato
riferimento, all’interno del Trattato d’Europa,
alle radici cristiane del nostro continente
rappresenta assai più che una noiosa querelle
portata avanti da religiosi impallinati. Chiaro
che l’argomento è scivoloso, e rischia di essere
abusivamente confiscato da formazioni
politiche destrofile o da nicchie religiose
fondamentaliste (che naturalmente manco
si accorgono di smentire nei fatti quelle
stesse radici cristiane che orgogliosamente
sbandierano). Ma ignorarlo significa
candidarsi al suicidio culturale. Eminenti
personalità laiche nutrono il dubbio che,
sotto il cartello delle “radici cristiane”, si
nasconda il virus dell’integralismo religioso,
o più semplicemente il mercanteggiamento
di qualche privilegio da parte delle Chiese
(quella cattolica in primis). Oppure, peggio
ancora, la negazione della tolleranza. Niente
di più miope. Non solo perché, di fatto, il
Cristianesimo è stato storicamente l’alfabeto
simbolico e il collante civile della civiltà
europea (quando visitate qualsiasi città
europea, cosa andate a vedere nel centro
storico?), ma anche perché lo ha sempre fatto
integrando, includendo, collegando fra loro
popoli, culture, tradizioni. In due millenni
di storia cristiana l’Europa è sempre stata un
crocevia di diversità culturali, dove però chi
arrivava nuovo, immigrato o conquistatore,
sempre veniva integrato nell’antico solco,
portandovi dentro il suo genio e la sua
ricchezza. Certo, non senza tensioni, lacrime
e sangue. Le “radici cristiane” non dividono,
perché non chiudono, aprono all’altro, al
diverso, alla relazione. Mozziamole pure
quelle radici, ma poi non lamentiamoci del
nostro anatroccolo senza testa.
Una ricetta per aiutare il sistema
carcerario italiano, oggi ai limiti
del collasso per gravi problemi
strutturali e di sovraffollamento:
carcere come “extrema ratio”, più
spazio al lavoro interno... A proporla,
a inizio settimana, il ministro
della Giustizia, Paola Severino, al
termine della visita nel carcere
napoletano di Poggioreale. 66.528
i detenuti oggi presenti nelle carceri
italiane. Al primo posto la regione
Lombardia, con 9488.
Pagina 4
Cultura
Letture per l’estate:
la Bibbia
9
Chiesa
13
A Livigno il Laboratorio
sull’Iniziazione cristiana
Como
112 il numero unico
per le emergenze
15
Castione
27
Il Centro di accoglienza
e formazione “Oikos”
nel cuore dell’africa,
una terra in mano
ai terroristi
pag. 7
25