Allattamento al seno - Dott.ssa Anna Lucia Bernardini

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Allattamento al seno - Dott.ssa Anna Lucia Bernardini
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SPECIALE
La fabbrica del latte
L’
allattamento materno è possibile grazie ad una straordinaria
alchimia derivante dall’incontro
mamma-bambino; è un meccanismo
perfetto in cui tutto è stato pensato; allo stesso tempo però, è un processo
molto delicato che può essere facilmente turbato da fattori esterni. Capire come si produce il latte materno,
può essere utile per comprendere e
superare alcune delle difficoltà che si
possono incontrare durante l’allattamento.
Il latte materno è prodotto dalla
ghiandola mammaria sotto il controllo
di ormoni che ne regolano la produzione e la relativa fuoriuscita; il tutto è
stimolato dal bambino che, se succhia
in modo adeguato, regola e modula la
produzione.
Non esiste un seno migliore
dell’altro per garantire un
buon allattamento, un
seno grande non è migliore di uno piccolo o
viceversa, infatti ogni
ghiandola mammaria
è dotata degli elementi necessari per produrre il latte, indipendentemente dalla… taglia del reggiseno.
Il latte è prodotto negli “alveoli” e
tramite i “dotti”, si raccoglie nei
“seni galattofori”, da dove tramite i pori del capezzolo, passa al
neonato. Il bambino, succhiando, favorisce la fuoriuscita del
latte poiché comprime i
seni galattofori che sono
una sorta di piccole ci-
sterne dove si raccoglie il latte. Questi
piccoli serbatoi, molto importanti, sono proprio sotto il “capezzolo” e
l’”areola” (la zona scura intorno al capezzolo); per questo motivo è molto
importante che il bambino che si attacca al seno non prenda in bocca solo il capezzolo, ma anche gran parte
dell’areola. Solo in questo modo si
avrà una corretta fuoriuscita del latte
ed un conseguente ottimale svuotamento del seno.
L’
è una vera e propria stanza dei
bottoni dove si producono gli
ormoni dell’allattamento: la
“prolattina” e l’”ossitocina”. Al termine della gravidanza vengono prodotti automaticamente poi, nei giorni
successivi, in risposta alle poppate del
neonato. La prolattina, come suggerisce il
n o m e
stesso,
stimola
le cellule
d e l l e
ghiandole
mammarie alla
produzione del latte, è
sintetizzata dall’ipofisi (una piccola
ghiandola che si trova praticamente
nel cervello) e la sua produzione è stimolata soprattutto da un meccanismo
riflesso, legato alla suzione (riflesso
prolattinico). Praticamente funziona
così: più il bambino succhia, specialmente se succhia in modo corretto, e
più prolattina si produce; la prolattina
Una straordinaria
alchimia derivante
dall’incontro
mamma-bambino
rende possibile la
produzione di questo
magico filtro
d’amore
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ossitocina
riflessi
Ma quello che conta
soprattutto sono i
pensieri, le emozioni
e i sentimenti
perciò entra in circolo dopo ogni poppata per preparare la mammella alla
poppata successiva. Per avere un’adeguata produzione di latte i livelli di
prolattina devono essere mantenuti alti; perciò, soprattutto all’inizio, è necessario che il bambino sia attaccato
spesso e in modo corretto, che la durata della poppata sia regolata dal
bambino stesso e che la mamma lo allatti anche di notte, quando la produzione di prolattina aumenta. La prolattina ha anche altri effetti, ad esempio fa
sentire la madre rilassata o sonnolenta
e sopprime l’ovulazione; è per questo
che durante l’allattamento la maggior
parte delle donne non hanno il ciclo
mestruale (attenzione però: l’allattamento non garantisce una sicura contraccezione!) L’ossitocina è un ormone
che le puerpere conoscono molto bene,
infatti è lo stesso ormone che provoca
le contrazioni uterine durante il travaglio; è sempre il bambino che succhia a
suscitare un impulso nervoso che arriva al cervello della madre stimolando
così la produzione di ossitocina; questo
ormone fa contrarre le cellule che circondano agli alveoli favorendo la raccolta del latte nei seni galattofori da
dove il neonato può estrarlo succhiando (riflesso ossitocinico); per effetto
dell’entrata in circolo dell’ossitocina
durante la poppata, la mamma può avvertire delle contrazioni uterine (e
questo torna utile, soprattutto nel post partum, per favorire una buona contrazione dell’utero), inoltre il latte può
uscire dall’altro seno o si può sentire
una sensazione di spremitura del capezzolo quando si avvicina il momento
della poppata. È proprio il riflesso ossitocinico che può determinare la fuoriuscita di latte dal capezzolo persino al
solo pensiero di allattare o sentendo il
pianto del bambino.
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uesto riflesso può invece, essere inibito, da situazioni negative come un intenso dolore
(ad esempio in caso di ragadi), da si-
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tuazioni stressanti o imbarazzanti, dalla nicotina e dall’alcool. Per questo motivo è necessario che la madre durante
la poppata (idealmente sempre, durante l’allattamento) riesca a creare un
ambiente calmo e rilassante, che favorisca il benessere suo e del bambino.
Anche il bambino fa la sua parte: affinché gli ormoni siano prodotti in modo adeguato è necessario che il bambino si attacchi bene al seno; un attacco inadeguato, infatti, può causare
dolore al capezzolo e non permette il
completo svuotamento del latte. Si
può così innescare un circolo vizioso
che riduce la produzione del latte; se il
latte non viene efficacemente rimosso,
automaticamente se ne produrrà di
meno per effetto di una sostanza inibitrice che, a livello locale riduce, la
produzione di ulteriore latte se la
mammella non è stata svuotata. Si
tratta di un meccanismo di difesa che
protegge la ghiandola mammaria dagli
effetti dannosi di un seno troppo pieno
(ingorgo, mastite etc.); si capisce
quindi perché se un bambino succhia
più da una mammella che dall’altra,
questa produrrà più latte e diventerà
piano piano più grande.
L’allattamento materno dipende da un
sistema complesso ma molto efficiente, in cui i due attori principali, mamma e bambino, hanno un ruolo preciso
l’uno concatenato all’altro. I pensieri, le
emozioni, i sentimenti, influenzano
notevolmente questo straordinario
circolo, per questo un ambiente sereno e una mamma soddisfatta sono
fondamentali per un buon successo.
■ [email protected]
Marina Macchiaiolo
Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù, Roma
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ome va l’allattamento al seno
in Italia? Va meglio, ma non
ancora bene come dovrebbe (e
potrebbe). È quello che emerge dall’ultima indagine condotta dall’ISTAT
(2004-2005) su un campione di famiglie italiane; il rapporto dice testualmente: “Si mantiene stabile, rispetto al
1999-2000, la quota di donne che ha allattato al seno il proprio bambino, che
è pari all’81,1% delle donne che hanno
avuto figli nei cinque anni precedenti la
rilevazione. Cresce invece la durata
media del periodo di allattamento da
6,2 mesi nel 1999-2000 a 7,3 mesi. Il
65,4% delle donne ha avuto almeno
un periodo nel quale ha allattato il figlio in modo esclusivo o predominante, vale a dire solo con latte materno
senza aggiungere latte artificiale o di
origine animale, o cibi solidi e semisolidi. L’Italia insulare, soprattutto per
effetto della Sicilia, si distingue per la
più bassa percentuale di donne che allatta (74,2%). Anche la durata dell’allattamento è minore: solo il 26,6% del-
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le donne di questa area territoriale allatta per più di sei mesi. Nel Nord-est,
al contrario, si riscontrano le quote
più elevate di donne che allattano al
seno i loro bambini (86,1%) e che lo
fanno per sette mesi o più (36,8%).
La stessa distribuzione territoriale si
osserva per l’allattamento esclusivo o
predominante: solo poco più della
metà delle donne dell’Italia insulare
ha un periodo in cui allatta solo con latte materno (53,5%) contro il 73,8%
delle donne nel Nord-est.” Siamo ben
lontani, come vedete dall’obiettivo fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dell’allattamento materno
esclusivo per i primi sei mesi di vita.
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a cos’è che ostacola il raggiungimento di questo traguardo? Prima di tutto un’eccessiva medicalizzazione del parto e
dei primi giorni di vita che si traduce il
più delle volte nell’impossibilità per la
mamma di attaccare il proprio bimbo al
seno subito dopo la nascita. Infatti
Tutti i numeri
del latte
di mamma
In Italia si è ancora
lontani
dall’obiettivo:
sei mesi
di tetta par tutti
I FAMOSI DIECI PASSI
L’UNICEF e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) hanno redatto un decalogo
di misure che ogni struttura sanitaria deve rispettare per poter essere riconosciuta
“Ospedale amico dei bambini”.
I “Dieci passi per il successo dell’allattamento al seno” sono i seguenti:
1. Definire un protocollo scritto per l’allattamento al seno da far conoscere a tutto il
personale sanitario.
2. Preparare tutto il personale sanitario per attuare compiutamente questo protocollo.
3. Informare tutte le donne in gravidanza dei vantaggi e dei metodi di realizzazione
dell’allattamento al seno.
4. Aiutare le madri perché comincino ad allattare al seno già mezz’ora dopo il parto.
5. Mostrare alle madri come allattare e come mantenere la secrezione lattea anche
nel caso in cui vengano separate dai neonati.
6. Non somministrare ai neonati alimenti o liquidi diversi dal latte materno, tranne
che su precisa prescrizione medica.
7. Sistemare il neonato nella stessa stanza della madre (rooming-in), in modo che trascorrano insieme ventiquattr’ore su ventiquattro durante la permanenza in ospedale.
8. Incoraggiare l’allattamento al seno a richiesta tutte le volte che il neonato sollecita
nutrimento.
9. Non dare tettarelle artificiali o succhiotti ai neonati durante il periodo dell’allattamento.
10. Favorire la creazione di gruppi di sostegno alla pratica dell’allattamento al seno, in
modo che le madri vi si possano rivolgere dopo essere state dimesse dall’ospedale
o dalla clinica.
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dall’indagine ISTAT emerge che solo
poco meno della metà delle donne intervistate hanno avuto questa opportunità (con le solite differenze a svantaggio del Sud). Tra quante hanno
avuto la possibilità di iniziare l’allattamento subito dopo il parto, sono di
più le donne che allattano al seno
(84,3%), quelle che hanno un periodo
di allattamento esclusivo o predominante (70,2%) ed è maggiore la percentuale di quante allattano oltre i sei
mesi (34,5%).
Un altro ostacolo è il parto cesareo, il
cui aumento in tutta Italia sembra
inarrestabile. I corsi di preparazione
al parto e alla nascita risultano invece
di grande aiuto: le mamme che li hanno frequentati allattano più spesso e
più a lungo di quelle che non hanno
avuto questa opportunità; ancora una
volta è più facile frequentare questi
corsi al Nord che al Sud.
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Se i reparti di maternità degli ospedali e delle cliniche hanno ancora un pezzo di strada da fare per favorire l’allattamento materno, i pediatri sembrano
messi un po’ meglio. In un’indagine
promossa nel 2008 dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) il pediatra è indicato al primo posto tra i soggetti che
più spingono all’allattamento al seno.
E le mamme? Sempre stando ai dati forniti dalla SIP per il 66% di loro allattare richiede una grande forza di volontà, il 53% pensa che sia soprattutto
un grosso vincolo e il 42% che, allattando al seno, sia molto difficile capire
quanto il bambino abbia mangiato, e
quindi quanto sia adeguata la sua alimentazione. Di fronte a queste preoccupazioni, nulla toglie a questa esperienza la sua positività. Per il 95%
delle mamme italiane, infatti, allattare
al seno è un’esperienza unica che ogni
donna dovrebbe vivere.
OSPEDALI AMICI DEI BAMBINI
Sono 21 le strutture sanitarie in Italia che sono state certificate dall’UNICEF come Ospedali
amici dei bambini ecco l’elenco completo. L’Alto Adige e la regione Toscana detengono il record delle presenze in questa lista virtuosa.
ULSS n. 3 Bassano del Grappa (VI) - http://www.aslbassano.it
Ospedale di S. Bonifacio Soave (VR) - http://www.ulss20.verona.it
Ospedale aziendale di Merano (BZ)
http://www.provincia.bz.it/sb-as/meran-merano/index_i.htm
Ospedali riuniti della Valdichiana Senese Nottola - Montepulciano (SI)
http://www.usl7.toscana.it
Casa di Cura “La Madonnina”, Bari
Ospedale Aziendale di Bressanone (BZ)
http://www.as-bressanone.it/osp_bressanone.htm
Ospedale di base di Vipiteno (BZ) - Azienda Sanitaria di Bressanone, Bolzano
http://www.as-bressanone.it/osp_vipiteno.htm
Ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone
http://www.aopn.sanita.fvg.it/servlet/page?_pageid=53&_dad=paopn&_schema=PAOPN
Casa di Cura “Santa Famiglia” di Roma - http://www.santafamiglia.it
Ospedale Belcolle di Viterbo - http://www.asl.vt.it/Ospedaliera/Ospedali/belcolle/bel0.php
Ospedale SS. Benvenuto e Rocco di Osimo (AN)
http://asl7.salute.regione.marche.it/viewdoc.asp?CO_ID=3291
Presidio Ospedaliero del Mugello, Borgo San Lorenzo (FI)
http://www.asf.toscana.it/index.php?option=com_content&task=view&id=93
Presidio Ospedaliero di San Vito al Tagliamento (PN) - http://www.ass6.sanita.fvg.it
Presidio Ospedaliero di Pistoia USL3 - www.usl3.toscana.it
Ospedale Riuniti dell’Altavaldelsa, Poggibonsi (SI) - www.usl7.toscana.it
Ospedale S. Maria Annunziata di Firenze - www.asf.toscana.it
Presidio Ospedaliero di Lucca - http://www.usl2.toscana.it/
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È
stato presentato a Trieste “Il Codice Violato 2008”, curato dall’associazione IBFAN Italia (ramo italiano di International Baby
Food Action Network), con il contributo del Comitato Italiano per l’UNICEF. Il rapporto raccoglie le violazioni
al Codice Internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte
materno rilevate in Italia. Il Codice Internazionale, elaborato dall’OMS e dall’UNICEF nel 1981, raccoglie 11 articoli
per regolare il marketing dei sostituti del latte materno, con l’obiettivo di
proteggere l’allattamento al seno dalla
concorrenza sleale di questi prodotti.
Nonostante il Codice Internazionale
sia stato sottoscritto anche dalle principali aziende produttrici di latte artificiale, e sia stato da tempo recepito,
anche se solo in parte, dalle normative
nazionali, ancora oggi si registrano numerose violazioni in tutto il mondo,
con conseguenze evidenti (i lattanti
nutriti esclusivamente al seno sono
pochi non solo in Italia). Esempi di
violazioni sono: distribuzioni di campioni gratuiti di latte artificiale, vendite sottocosto, pubblicità con immagini
che esaltano “presunti” benefici del
latte artificiale, pubblicità selvaggia di
biberon e tettarelle.
Il rapporto è organizzato in: una parte
introduttiva con informazioni sull’alimentazione del bambino (capitoli “Allattare è naturale”, “Gli omogeneizzati sono necessari?”) e sulle tecniche
di marketing utilizzate dai produttori
di latte artificiale per convincere le
madri, anche utilizzando in maniera
strumentale il pediatra; una parte centrale sulle violazioni nei punti vendita,
nelle strutture sanitarie, sui siti internet, nelle pubblicità e nelle etichette,
e sulle azioni intraprese per contrastarle (l’iniziativa Ospedali Amici dei
Bambini).
P
erché bisognerebbe che pediatri,
mamme e famiglie leggessero
questo rapporto? Perché è ricco
di informazioni che difficilmente trovano altri spazi di diffusione e che ci
fanno capire quanto sia importante
che la relazione di fiducia fra professionisti e famiglie non venga alterata e
distorta dai messaggi fuorvianti provenienti dalle industrie a loro esclusivo vantaggio. E che messaggi fuorvianti arrivino e facciano il loro danno
è presto dimostrato: in Italia solo il 2%
dei bambini di 6 mesi è allattato al seno in modo esclusivo (erano il 33% in
Svezia nel 2000) (dati raccolti per
conto della Società Italiana di Pediatria
dalla ISPO, presentati a Luglio 2008).
Questi numeri in parte riflettono quella cultura del biberon veicolata anche
dalla pubblicità, che mina la fiducia
delle donne nelle loro capacità di nutrire ed allevare i propri figli, ostacola
la pratica dell’allattamento danneggiando la salute della donna e del
bambino, porta a un dispendio di risorse sia per il singolo che per il sistema sanitario e l’intera società.
■ [email protected]
Simona di Mario
pediatra del gruppo
sulla Salute perinatale
e riproduttiva del CeVEAS, Modena
La pubblicità
del latte
artificiale
ostacola
l’allattamento
al seno?
IBFAN ITALIA:
Associazione senza fini di lucro composta
esclusivamente da volontari, dal 2001 raccoglie e pubblica con cadenza triennale le violazioni del Codice avvenute in Italia. Quello presentato a Trieste è il terzo rapporto (dopo
quelli del 2001 e del 2004). Copie del rapporto 2008 possono essere richieste scrivendo a
[email protected]. Le edizioni precedenti del rapporto sono gratuitamente consultabili sul sito IBFAN Italia all’indirizzo:
www.ibfanitalia.org.
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Latte di
mamma:
l’unico latte…
verde
Il latte di mamma
oltre ad essere
indubbiamente
economico, è anche
ecologico
i parla tanto di latte materno, ma
non se ne parla mai abbastanza.
Non c’è più bisogno di convincere
nessuno riguardo alle qualità del latte
di mamma, se si parla di salute, di praticità, di qualità della relazione. Esistono però alcuni aspetti legati all’allattamento al seno altrettanto importanti, ma abitualmente meno in evidenza. Il latte di mamma è innanzitutto economico, e questo si sa. Spesso ci
si appella ai costi eccessivi dei latti formulati, senza sottolineare che un buon
sostegno alle mamme potrebbe far si
che il ricorso alla formula fosse limitato ai pochi casi in cui vi è un’indicazione medica a non allattare (per il bimbo
fondamentalmente solo una grave patologia metabolica, la galattosemia, e
per la mamma altre pochissime gravi
malattie quali, ad esempio, l’AIDS).
Sempre più si parla di “crisi” e se c’è
crisi quale modo migliore di risparmiare se non quello di utilizzare il miglior
alimento che un neonato ha a disposizione, e per di più gratis?
Il latte di mamma però, oltre ad essere indubbiamente economico, è anche
ecologico e questo è un aspetto da
non sottovalutare. Ricordiamoci che il
latte formulato viene prodotto a partire dal latte vaccino e quindi il primo
impatto ambientale è dato dall’allevamento delle bistrattate mucche. Nulla
contro i poveri bovini, ma è indubbio
che, così come se tutti sul pianeta volessimo mangiare una bistecca
di vitello al
giorno non
avrem-
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mo abbastanza erba per sfamare i vitelli necessari, se tutti i lattanti venissero alimentati con latte formulato
non avremmo nessuna possibilità di
allevare una quantità sufficiente di
mucche da latte. A favore dell’ecologicità del latte di mamma ci sono poi la
produzione, il confezionamento e il
trasposto del latte formulato che richiedono un grande impiego di risorse.
Il latte formulato richiede il consumo
di molta energia, oltre che per la sua
produzione, per gli imballaggi in cui
viene confezionato che, dopo il loro
utilizzo, diventano rifiuti che vanno ad
incrementare la nostra già pesante
pattumiera quotidiana.
C
ome citato dal MAMI (Movimento Allattamento Materno
Italiano) in occasione della Settimana Mondiale per l’Allattamento del
1997, i 550 milioni di lattine vendute
ogni anno per allattare i bambini statunitensi messe insieme per lungo potrebbero fare una volta e mezzo il giro
del mondo e i 4,5 milioni di biberon
venduti in un anno solo nel Pakistan,
messi uno sopra l’altro, potrebbero
raggiungere la cima del Monte Everest. Di solito anche i biberon, le tettarelle
ed i ciucci, vengono buttati via dopo l’uso e normalmente non sono biodegradabili e richiedono dai 200 ai 450 anni
per decomporsi. L’interramento e l’incenerimento sono i modi per lo smaltimento più usati, ma questo può inquinare la falda freatica, ed in alcuni paesi mancano i posti adeguati per raccogliere questi rifiuti. L’incenerimento rilascia sostanze inquinanti nell’aria: se
vengono bruciati i biberon di plastica,
l’esalazione può contenere delle diossine ed altre sostanze tossiche. La bellezza del latte materno è che non esistono preoccupazioni per lo smaltimento ed è disponibile subito senza bisogno di involucri o preparazioni. L’allattamento non ha sprechi.
Quindi il latte materno è sempre così
“verde”? E i pesticidi?
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a mammella è un organo ricco di
grasso nel quale i pesticidi si depositano e concentrano per tutta
la vita di una donna, è quindi naturale
che l’organismo femminile espella tali
sostanze attraverso il latte materno e
per questo motivo è stata sollevata la
problematica del suo contenuto di pesticidi. Questo è un dato di fatto, considerando il mondo inquinato in cui viviamo, ma numerosi studi hanno comunque dimostrato che i vantaggi del
latte materno sono in ogni caso superiori
ai rischi dati dall’assunzione degli eventuali pesticidi in esso contenuti. La strada da percorrere è quella di ridurre l’esposizione delle mamme ai pesticidi (e
in generale agli inquinanti). Proprio per
questo la Leche League ha formulato alcuni consigli per minimizzare i rischi di
contaminazione durante la gravidanza e
l’allattamento:
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lavare bene la frutta e la verdura;
limitare il consumo dei latticini
(minore è il contenuto di grasso
nel latte e minore è il carico potenziale di contaminanti liposolubili);
diminuire il consumo di carni
rosse, eliminando con cura il
grasso in eccesso;
eliminare la pelle e il grasso in
eccesso dal pollame;
evitare di mangiare pesci d’acqua
dolce e altri animali marini che
provengano da acque riconosciute come inquinate.
preferire i cibi che sono in una
posizione il più in basso possibile
della catena alimentare;
evitare diete dimagranti eccessive e d’urto che immettano nel
sangue all’improvviso maggiori
quantità di fattori inquinanti liposolubili;
evitare di fumare sigarette e di
bere alcool (i livelli dei fattori inquinanti più elevati sono stati rilevati nelle persone che fumano e
bevono alcolici);
limitare l’uso di pesticidi in casa,
nel giardino e sull’erba;
10. non utilizzare cosmetici realizzati
con materie prime contaminate
11. evitare il contatto con il fumo e la
cenere degli inceneritori, il legno
conservato, gli ortaggi cresciuti
nelle vicinanze degli inceneritori;
12. evitare il contatto sul lavoro con
agenti chimici inquinanti; pretendere che sul lavoro siano fissati livelli di sicurezza che considerino
le donne gravide e allattanti come i modelli di riferimento.
Quindi, ponendo un po’ di attenzione, possiamo cercare di aggirare l’ostacolo e ridurre al minimo il contenuto di sostanze inquinanti nel latte di
mamma.
Ricordiamoci che allattare al seno è
ecologico ed economico, ma è soprattutto naturale: l’Accademia Americana di Pediatria ci dice che “l’allattamento esclusivo è la norma biologica
contro cui va paragonato ogni altro
metodo alternativo di alimentazione
riguardo alla crescita, allo stato di salute, allo sviluppo, e a tutti gli altri effetti a breve o lungo termine.” È seguendo la natura e ciò che ci insegna
che possiamo cercare di lasciare ai
nostri bambini un mondo più “verde”.
E i pesticidi nel latte
materno? Ecco
come difendersi
■ [email protected]
Elena Uga
pediatra dell’ospedale di Vercelli
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R
E se il neonato
è prematuro?
Latte e tanta
pazienza
MATERNO, MA SPECIALE
La mamma di un prematuro produce un latte
differente da quello di una madre “a termine”,
con maggiori quantitativi delle sostanze necessarie al neonato (proteine innanzi tutto).
L‘allattamento al seno è molto importante
per un neonato in terapia intensiva perché gli
fornisce una maggiore protezione contro le
infezioni, riduce l’incidenza di patologie a carico dell’intestino, stimola la crescita e lo sviluppo neurologico. Inoltre allattare aiuta la madre a sentirsi attiva e partecipe, in un momento in cui i genitori sperimentano un forte senso di impotenza. In seguito, l’allattamento al
seno potrà contribuire a recuperare un senso
di “normalità”.
LATTE DI DONNA,
MA NON DI MAMMA
È possibile allattare senza aver partorito? Sì,
nel 1954 Antonio Scarpa, medico curioso e
viaggiatore, pubblicò uno studio sul fenomeno
della cosiddetta “lactatio agravidica” o “serotina” ovvero la pratica diffusa fra le donne anziane delle isole caraibiche e del Golfo di Guinea di farsi ritornare il latte attaccando al seno neonati orfani di madre.
30
iuscire ad allattare un bambino
nato alla 30°, o alla 27 °settimana
di gravidanza, a volte anche prima, non è certo uno scherzo, ma è sicuramente possibile, nonostante tutti
gli ostacoli.
Il primo ostacolo è la separazione dal
bambino: è difficile allattare “da lontano”, ma è importante riuscirci: per il
bambino e per la mamma. Per un buon
avvio è fondamentale che il bambino
inizi a poppare subito e costantemente,
ma ad un neonato ricoverato in terapia
intensiva questo non accade quasi mai;
perciò bisognerà simulare una richiesta
di latte che non c’è. Lo strumento indispensabile è il tiralatte che riesce a stimolare la ghiandola mammaria, più o
meno, come farebbe un neonato: se si
considera che un bambino popperebbe
in media, 8/10 volte al giorno, ci si può
regolare su quante volte è necessario
tirare il latte, tenendo conto che l’operazione deve durare almeno 10 minuti
ogni volta. Più volte si riesce a farlo,
maggiore sarà la quantità di latte che si
riesce a produrre. All’inizio si producono solo poche gocce di colostro, ma
giorno dopo giorno la produzione aumenta, fino a stabilizzarsi. l’importante
è tirare il latte con costanza, sapendo già
che bisognerà dedicarci molto tempo.
N
ei reparti di maternità degli
ospedali sono a disposizione dei
tiralatte, quindi, appena possibile, la mamma può chiedere all’infermiera o all’ostetrica del reparto di aiutarla ad usarlo. Dopo la dimissione della mamma è indispensabile averne uno
a casa e tenerlo sempre a portata di
mano, vicino, come se fosse il bambino.
I tiralatte elettrici sono più facili da utilizzare e più veloci, si possono prendere in affitto nelle farmacie o nei negozi
specializzati. Sarà necessario procurarsi anche dei barattolini nei quali conservare il latte e su cui scrivere il nome
del bambino. Il latte si conserva anche a
lungo in frigorifero, ma poiché il neonato
ne ha bisogno ogni giorno, conviene
trasportare in ospedale con una piccola borsa termica tutta la produzione
giornaliera. In questo caso la sterilità
ha un senso, sia quella dei barattolini,
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SPECIALE
che quella dei pezzi smontabili del tiralatte. Uno sterilizzatore a vapore si può
prendere in affitto fino alla dimissione
del bambino, quando il piccolo sarà a
casa non servirà più. Non serve invece
lavare il seno con detergenti e prodotti
speciali, se il capezzolo si irrita, conviene tenerlo scoperto e lasciare asciugare
sulla superficie qualche goccia di latte.
L’ingresso al reparto di terapia intensiva
è generalmente regolato con intervalli
fissi: è possibile quindi che le madri si
trovino a trascorre tutte insieme molto
tempo in attesa. Di solito le sale d’aspetto sono attrezzate con frigorifero,
sterilizzatore e tiralatte.
T
irare regolarmente il latte serve
prima a stimolare la produzione e
poi a tenerla alta, fin quando il
bambino non sarà in grado di poppare
efficacemente. Potrebbero volerci dei
mesi ed è necessario andare per gradi.
Anche quando il bambino è ricoverato è
possibile chiedere di provare ad attaccarlo al seno. All’inizio potrebbe non
accadere niente, ma giorno dopo giorno
la situazione cambierà. Dopo la dimissione del bambino, a casa in una situazione più tranquilla, è possibile utilizzare un dispositivo di allattamento supplementare (DAS: si tratta di uno strumento che consente di attaccare il
bambino al seno, ma contemporaneamente alimentarlo con un’aggiunta di
latte materno precedentemente tirato.
In pratica è una bottiglietta collegata a
due tubicini nella quale si versa il latte;
i tubicini vengono fissati al seno con un
cerotto forato in corrispondenza del
capezzolo. Il bambino prende in bocca
il capezzolo e i tubicini e succhia producendo un doppio effetto: fa scendere
il latte dai tubicini e stimola la fuoruscita di latte dal seno. Così la mamma
può allattare al seno senza preoccuparsi del fatto che il bambino non mangi abbastanza; per informazioni e assistenza http://www.lllitalia.org/
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Alessia Parisi