Incontro fra musica e poesia: Faurè, Debussy

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Incontro fra musica e poesia: Faurè, Debussy
Conservatorio di musica L. Perosi di Campobasso
Corso sperimentale «Repertori vocali da camera»
Incontro fra musica e poesia:
Faurè, Debussy, Verlaine
Elaborato delle discipline: Storia della musica dell’800,
Storia della poesia per musica, Analisi, Estetica musicale,
Critica del testo musicale, Elementi di Discografia, Fonetica
Francese
allieva: Adele Ricciardi
Anno accademico 2002-03
Professori: Barbara Lazotti, Piero Niro, Luigi Pecchia
INDICE
1 - IL CONTESTO STORICO E CULTURALE DELLA FRANCIA NELLA
SECONDA META’ DELL’OTTOCENTO
2 - LA CULTURA FILOSOFICA E SCIENTIFICA NELLA SECONDA META’
DELL’OTTOCENTO
3 - IL DECADENTISMO E IL SIMBOLISMO
4 - ARTE E VITA: ESTETISMO
5 - SIMBOLISMO E TRAMONTO DELLA MIMESI
6 - L’ARTE DELLA POESIA NEL PERIODO ARTISTICO E CULTURALE DEL
SIMBOLISMO: IL POETA PAUL VERLAINE
7 - L’ARTE DELLA MUSICA NEL PERIODO ARTISTICO E CULTURALE
DEL SIMBOLISMO: Gabriel FAURE’ e Claude DEBUSSY
7.1 Fauré
7.2 Debussy
7.3 FAURE’ E VERLAINE
7.4 DEBUSSY E VERLAINE
8. FAURE’ E DEBUSSY A CONFRONTO: EN SOURDINE
BIBLIOGRAFIA
ABSTRACT
2 - LA
CULTURA FILOSOFICA E
SCIENTIFICA NELLA SECONDA META’
DELL’OTTOCENTO
Gli ultimi anni dell’Ottocento sono stati caratterizzati da
un movimento di idee che si suole denominare di”reazione
al positivismo”. Infatti il conflitto sociale , la dura lotta
delle organizzazioni sindacali dei lavoratori smentiscono il
facile ottimismo dei positivisti i quali si illudevano che il
progresso scientifico bastasse da solo a garantire il
progresso sociale e umano. Di qui il ritorno a valori e
principi
“spirituali”
e
“metafisici”
e
una
generale
rivalutazione di tendenze religiose e irrazionalistiche.
L’irrazionalismo è indubbiamente un tratto costante della
filosofia del periodo che si estese a tutto in tutto il xx
secolo.
Una
prima
manifestazione
di
questa
tendenza
irrazionalistica concerne la critica della concettualità
scientifica. Le pretese dei positivisti di spiegare ogni realtà,
compreso l’uomo e la sua anima in senso deterministico,
ossia in base ad una rigida successione di causa ed effetti,
si rivela inattuabile anche da un punto di vista scientifico.
C’è dunque nell’individuo qualcosa che sfugge alla
logica della ragione scientifica, un fondo imponderabile
per la coscienza che solo l’arte, la poesia, la metafisica
possono avvicinare ed intuire.
Dall’insieme di queste critiche si fa strada l’idea che le
leggi scientifiche, più che rilevare l’essenza ultima e vera
delle
cose,
convinzioni
siano
utili
operative
comportamento
astrazioni
che
generale
aiutano
di
concettuali,
a
pure
prevedere
alcuni
il
fenomeni
dell’esperienza concreta.
Da un punto di vista più generale si può dire che la
riflessione scientifica contemporanea ha assunto una critica
assai più marcata rispetto alla sua tradizione settecentesca
e ottocentesca, anzitutto attraverso una presa di coscienza
del carattere profondamente storico di ogni teoria
scientifica.
Non esistono nemmeno nella scienza verità assolute.
L’impresa scientifica è inevitabilmente condizionata dalla
mentalità del tempo, dalle filosofie, dalle ideologie liberali,
religiose e politiche.
Fu Friedrich Nietzsche, esponente del movimento
filosofico dell’esistenzialismo, che diffonde con le sue
opere singolari - come”Così parlò Zarathustra” - una
denuncia aspra e profetica dell’avvento della crisi. In effetti
Nietzsche influì non solo sulla filosofia, ma anche sulla
letteratura novecentesca.
Al centro della sua opera sta l’annuncio della “morte di
Dio”, ovvero della fine di quel sistema di valori che
caratterizza la civiltà europea e in particolare la tradizione
cristiana.
Nietzsche intuì per primo l’imminenza di uno scontro
ideologico e materiale che avrebbe contrapposto non solo
le grandi potenze europee, ma anche le classi sociali entro
ogni Stato, provocando la distruzione della supremazia
spirituale dell’Europa. L’esito ultimo è il “nichilismo”.
L’età del nichilismo si caratterizza per il venir meno di
ogni valore capace di orientare la vita. Gli individui sono
sempre
più
dominati
da
istanze
edonistiche
e
utilitaristiche. Nell’illusione che il progresso scientifico,
industriale e tecnico possa da solo soddisfare tutti i bisogni
e tutte le aspirazioni umane.
Come Nietzsche anche il filosofo Edmund Husserl
denuncia la crisi esistenziale dell’Europa. Egli ne ravvisa la
causa nell’ ”intellettualismo”: proprio le scienze, con i loro
enormi progressi, hanno determinato un sapere sempre più
specialistico e parcellizzato. Si determina così una generale
crisi di civiltà:
gli individui oscillano tra molteplici
ideologie infondate; si diffonde allora un senso di
stanchezza e di scetticismo, oppure di frenetico quanto
vacuo attaccamento al contingente e all’effimero. Contro
tutto questo Husserl auspica un ritorno alla concretezza
dell’esperienza soggettiva: ”torniamo a considerare quel
centro di vivente significatività che è la vita interiore della
coscienza, cioè l’esperienza diretta delle cose e del mondo che il
soggetto incontra prima di ogni spiegazione o teoria”.
E’ questa la cornice culturale e filosofica in cui prende
forma il filone artistico del
simbolismo.
decadentismo e del
3 - IL
DECADENTISMO E IL SIMBOLISMO
Il decadentismo designa un’intera fase storico-culturale
entra in relazione con quello di simbolismo.
Il termine”decadentismo” individua un gruppo di
letterati francesi facenti capo a Paule Verlaine, che tra il
1888 e il 1886 animarono la vita culturale e letteraria
parigina e che, dopo aver pubblicato su varie riviste,
trovarono un loro organo ufficiale nella rivista “Le
Dècadent” di A. Baju. Padre spirituale e punto di
riferimento
ideale
del
movimento
fu
soprattutto
Baudelaire.
A partire dal 1885 un letterato francese, Jean Moreàs,
affermava che “ il principio della poesia moderna stava in
un modo di interpretare il reale per mezzo di simboli”,
l’anno successivo egli fondava con altri la rivista “Le
Simboliste” così è a partire da questo momento che coloro
che facevano parte del movimento artistico e culturale
decadente furono chiamati simbolisti.
Il movimento simbolista può farsi iniziare alla fine
dell’Ottocento fino al primo decennio del Novecento.
Il decadentismo trova le sue premesse e la sua origine in
fenomeni a noi noti della cultura e letteratura romantica e
tardo romantica.
Molti aspetti del contesto storico culturale sono però
cambiati , infatti da un lato si apre in Europa una corsa
all’accaparramento dei possessi coloniali, dei mercati e
delle fonti di materie prime; dall’altro lato, nei singoli
paesi, la logica del profitto crea condizioni di vita più
inumane per le masse popolari, determinando una forte
tensione di conflitti sociali. La borghesia, che aveva messo
in moto questo processo di trasformazione della società, si
trova disorientata di fronte alla nuova situazione, e avverte
come un senso di vuoto. Matura così l’impressione che la
civiltà occidentale sia ormai prossima all’esaurimento: e si
paragona la realtà presente a quella dell’Impero romano, al
tempo della decadenza.
Per gli artisti che interpretano lo smarrimento e lo
svuotamento
di
questa
borghesia,
derivano
due
atteggiamenti: o essi si crogiolano in questo clima di
decadenza. Rimangono affascinati da tale spettacolo di
corruzione e di malattia; o reagiscono ad essa, predicando
un vitalismo sfrenato, affermando la propria gioia di vita,
coltivandoli mito della forza barbara.
L’uno e l’altro atteggiamento hanno in comune il rifiuto
della realtà concreta, il bisogno di puntare al mondo
dell’assoluto e del mistero.
Si abbandona del tutto allora la scienza come strumento
della conoscenza, e si riscopre, ma in maniera esasperata, il
sentimento come mezzo del conoscere. Si tratta di
un
sentimento estremo, di una sensibilità esasperata, che è in
grado di mettere in comunicazione l’uomo con il mistero
inesprimibile che si cela dietro le cose.
Il poeta decadente è dunque un”veggente”, il quale si
isola completamente dal mondo e coltiva i propri sogni e le
proprie visioni, cercherà di svelare il mistero del reale , di
attingere il senso profondo delle cose, di interpretare e
svelare il linguaggio misterioso e oscuratamene simbolico
della realtà e della natura.
Ecco allora la figura del” poeta maledetto”, che nega
tutti i valori e le convinzioni della società, che in un gesto
supremo di rifiuto
sceglie deliberatamente il male e
l’abiezione, annientandosi attraverso il vizio; oppure nasce
l’esteta, che intende trasformare la propria vita in un’opera
d’arte sostituendo alla legge morale la legge del bello.
4 - ARTE E VITA: ESTETISMO
La poesia, l’arte non è più soltanto una delle molte
attività umane, ma la suprema: le sue acquisizioni
conoscitive ma anche semplicemente il valore intrinseco
attribuito alla bellezza, giustificano anche le violazioni
della morale corrente. L’arte si sottrae alla morale e
rivendica la propria totale autonomia.
Scrive ad esempio Oscar Wilde nella Prefazione al
Ritratto di Dorian Gray: ”Eletti son gli uomini ai quali le belle
cose richiamano soltanto la bellezza. Non esistono libri morali o
immorali come la maggioranza crede. I libri sono scritti bene o
scritti male.”
La vita dunque si mette al servizio di un’arte e l’arte al
servizio di una vita che dell’eccesso fa sovente una regola:
tra arte e vita si instaura una sorta di osmosi e magari di
torbida confusione.
E’ questa la genesi di quel complesso atteggiamento che
prende nome di estetismo con il quale molti artisti fanno
della loro vita un’opera d’arte, vivendo nel culto
esasperato della bellezza raffinata esotica eccentrica.
Nell’estetismo si intrecciano così diversi motivi: la
dedizione all’arte e alla bellezza come supremo fine della
propria vita
è un ideale di raffinatezza eccessiva di
personaggi che rifiutano la realtà della nuova società
borghese e dei valori di massa, chiudendosi in mondi
separati, nostalgicamente protendendosi verso età di
aristocratica raffinatezza, ma in qualche caso è anche un
modo di sottolineare in forma estrema le nuove virtù e le
nuove funzioni attribuite alla poesia e all’arte, la capacità
di quest’ultima di svelare i segreti del reale, di farsi il fulcro
dell’esperienza conoscitiva dell’individuo.
5 - SIMBOLISMO E TRAMONTO DELLA MIMESI
La concezione della realtà come mistero da interpretare
e svelare porta importanti conseguenze sul piano della
concezione strettamente tecnica dell’esercizio artistico e
poetico, in particolare il pensiero degli artisti decadenti è
questo: se la realtà è mistero, se la natura si presenta come
una foresta di simboli che all’artista spetta di interpretare e
svelare con un atto di intuizione- espressione, il linguaggio
dell’arte
dovrà
rifiutare
la
tradizionale
logicità
e
referenzialità, in particolare la poesia, per esempio,
ricorrerà a tecniche come il simbolo, l’allegoria, l’analogia,
la metafora, la sinestesia, gli accostamenti imprevisti e
misteriosi. Insomma la poesia dovrà comunicare anche e
soprattutto in forme non razionali, che nel linguaggio
evocativo e irrazionalmente suggestivo della musica
trovano il loro grande modello.
Dunque l’arte non è più questione di pura e semplice
mimesi, imitazione e rappresentazione della realtà, come la
intendevano tutti gli artisti prima del romanticismo
e
anche molti romantici: vi saranno compromessi col
tradizionale realismo, e vi saranno riprese del realismo
come pratica d’arte; ma si era consumata una frattura
decisiva che autorizzerà nel tempo ogni forma di
sperimentazione,
sia
verbale
che
pittorica,
plastica,
musicale.
A partire da questa frattura si potranno comprendere
anche le esperienze delle avanguardie: dalle parole in
libertà, all’astrattismo e alla musica atonale.
6 - L’ARTE DELLA POESIA NEL PERIODO
ARTISTICO E CULTURALE DEL SIMBOLISMO:
IL POETA PAUL VERLAINE
Paul Verlaine nacque a Metz nel 1884 da una famiglia
borghese che nel 1851 si trasferì a Parigi dove egli conseguì
il
Baccalaureato
e
si
impiegò
nell’amministrazione
comunale.
Nel 1871 - era da poco sposato - conobbe Rimbaud e tra
i due si sviluppò una turbinosa amicizia “particolare”, in
conseguenza della quale egli abbandonò la moglie,
girovagò con l’amico in Belgio e in Inghilterra, arrivando
infine a sparargli contro, per il timore di essere
abbandonato. Condannato a due anni di detenzione, in
carcere Verlaine si accosta in certo qual modo a posizioni
religiose, e intanto esce la racolta di versi Romanze senza
parole, nella quale la sua personalità poetica è molto più
inquadrata rispetto alle sue opere precedenti.
Scontata la pena si stabilisce infine a Parigi, dove vive in
un’altalena perenne di buoni propositi, di suggestioni
religiose e di esaltazione e pratica della trasgressione,
della”decadenza”.
Muore a Parigi nel 1896.
Per comprendere la poetica di questo grande poeta è
importante tener presente i versi
dell’Arte poetica, una
fondamentale dichiarazione di poetica per comprendere
non solo la sua poesia ma quella di tutto il periodo preso in
considerazione, inoltre c’è tutto quello che serve per
comprendere anche il genere musicale della mèlodie
francese.
Scritti nel 1874, ma resi pubblici nel 1822, e inseriti nella
raccolta Cose lontane , cose recenti.
1)
Musica prima d’ogni altra cosa,
e perciò preferisci il verso Dispari
più vago e più solubile nell’aria
senza nulla che pesi o posi.
2)
Bisogna pure che le parole
tu le scelga non senza qualche equivoco:
nulla è meglio del canto ambiguo dove
l’Indeciso al Preciso si sposa.
3)
Sono i begli occhi da dietro un velo,
la gran luce che trema a mezzogiorno,
è per un tiepido cielo d’autunno,
la farragine azzurra delle stelle!
4)
La Sfumatura è ciò che ci vuole,
non il Colore, soltanto l’alone!
Oh, fidanzi la sfumatura sola
il sogno al sogno,il flauto al corno!
5)
Fuggi l’arguzia che assassina,
lo Spirito tagliente e il Riso impuro
per cui piangono gli occhi dell’Azzurro,
tutto aglio di bassa cucina!
6)
Strangola l’eloquenza, e sull’aire
Di questa energia, fa attenzione
che la Rima abbia un po’ di discrezione,
altrimenti, dove andrà a finire?
7)
O chi dirà i torti della rima!
Quale fanciullo sordo o negro folle
ci forgiò questo gioiello da un soldo
vacuo e falso sotto la lima?
8)
Musica e sempre musica ancora!
Sia il tuo verso la cosa che dilegua
E senti che con anima irrequieta
Fugge verso altri cieli, altri amori.
9) Sia il tuo verso la buona avventura
Sparsa al vento frizzante del mattino
Che porta odori di menta e di timo…
E tutto il resto è letteratura.
Secondo Verlaine la perfezione è basata sull’equilibrio,
l’eleganza, la leggerezza del linguaggio che si ottiene
attraverso un’accurata scelta delle parole da usare, dal
metro, dal ritmo, dalla rima…, dalle immagini poetiche. La
scelta di quest’ultime deve essere operata cercando di
utilizzare al massimo possibile immagini oniriche o
fantastiche allo stato puro, senza mediarle attraverso
l’interpretazione razionale, cioè usandole come significanti
capaci soltanto di suggerire i possibili significati.
Il fine ultimo dell’arte poetica, secondo Verlaine, è fare
della poesia un oggetto in cui razionale e irrazionale si
fondono, senza che uno dei due elementi abbia il
sopravvento.
Per comprendere meglio il suo pensiero è necessario
cogliere il significato preciso di alcune strofe rilevanti.
Nella prima strofa esprime l’importanza dell’arte musicale,
che secondo la concezione platonica è la più adatta ad
esprimere l’inesprimibile e dunque a suggerire senza dire.
Inoltre riconosce un elemento in comune tra musica e
poesia: il suono. Infatti quando si costruisce una frase
poetica si costruisce simultaneamente una frase musicale,
in quanto la successione di fonemi e monemi è scelta in
modo da soddisfare anche un’esigenza “acustica”.
Ancora la musica è per Verlaine immagine poetica di
per sé: le maschere che danzano e cantano in Claire de lune,
l’aria da caccia di Tannhàuser nella Nuit de Walpurgis
classique, il “do mi sol la si” di Sur l’erbe; ed è che svolge
anch’essa una funzione di immagine simbolica: per
esempio il modo minore delle maschere in Claire de lune.
Verlaine dichiara inoltre di essere a favore del verso
imparisillabo e non a quello parisillabo, perché con il
primo si evita una pesante e statica simmetria (L’Arte
poetica comunque segue uno schema fisso di novenari e
decasillabi incrociati con rime incrociate secondo lo schema
A/B/A/B/A/A/B che soddisfa pienamente il senso della
simmetria della poesia senza però ingabbiarla).
Nella seconda strofa egli afferma che la scelta delle
parole deve creare un senso di incertezza, di ambiguità,
che suggerisce la possibilità di diverse letture. Questo
principio fu ripreso e reinterpretato da Mallarmè, il quale
sostenne che far poesia significava suggerire una serie di
immagini il cui senso deve essere scoperto dal lettore ed è
in questo che sta il godimento della lettura.
Come nella pittura, anche nella poesia è importante
realizzare le sfumature dei contorni, la scorrevolezza nelle
successioni di parole di immagini, effetto ottenibile
soltanto attenendosi all’evocazione, evitando la descrizione
o l’interpretazione.
Questa suggestione fu sentita molto dai musicisti
francesi e in particolare da Debussy la quale si realizzava
su due piani: innanzitutto la scelta di dinamiche
generalmente omogenee all’interno della composizione e
molto spesso fluttuanti fra piano e pianissimo; poi l’uso di
soluzioni armoniche le cui sequenze sono costruite da
accordi estranei, oppure da accordi lontani resi estranei da
modificazioni enarmoniche.
Nella terza e quarta strofa precisa che le immagini
oniriche che si utilizzano devono susseguirsi senza
un’apparente filo logico: la stessa successione di immagini
può assumere significati diversi per ognuno, per esempio il
flauto e il corno anche se appartengono ambedue a una
suggestione di tipo naturalistico, hanno valenze molto
diverse che possono rendere molto lontana la loro
parentela: il flauto è uno strumento pastorale, arcadico,
evocatore di pace e di riposo, mentre il corno evoca scene
da caccia, oppure in battaglie.
Nella quinta strofa esprime la sua concezione negativa
relativamente all’utilizzo nella poesia dell’arguzia e
dell’ironia che con grande facilità lasciano scivolare nella
volgarità. Eppure tutto ciò sembra essere gradito
a
quell’alta borghesia e nobiltà che confondono la cultura
con le sciarade apprezzando per esempio solo l’Operetta.
Verlaine
fa
riferimento
a
queste
classi
sociali
spiritualmente inferiori nel verso”tutto aglio di bassa
cucina”. Del resto in tutta l’opera di Verlaine si parla di
nobiltà intendendola come qualità morale.
Nell’ultima strofa Verlaine condivide il suo pensiero
lasciando intendere che se tutto questo sarà preso in
considerazione dal poeta, egli realizzerà una vera e propria
opera d’arte, mentre tutti coloro che se ne estranieranno
non faranno altro che produrre ciò che è stato già prodotto,
ossia scritti artificiosi frutti dell’applicazione di una
codificazione tradizionale.