Nel cuore - Del Vecchio Editore

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Nel cuore - Del Vecchio Editore
Carol Ann
Duffy
Nel cuore
Eamonn McCabe
della luce
A cura di BERNARDINO NERA
Carol Ann Duffy
Lo scorso 1° maggio Carol Ann Duffy è
stata nominata dal governo inglese poet
laureate, cioè poeta ufficiale del Regno
Unito. È la prima volta dopo 341 anni
che questa carica viene affidata a una
donna.
Carol Ann Duffy è nata a Glasgow il
23 dicembre 1955, primogenita di una
famiglia cattolica di estrazione sociale
operaia formata dal padre Frank Duffy,
dalla madre Mary Black e in seguito anche da altri quattro fratelli. Il lavoro del
padre comportò il trasferimento della
famiglia a Stafford, nel nord dell’Inghilterra, quando Carol Ann era ancora in
tenera età. Per la formazione del carattere della bambina questo evento fu decisivo, come traspare anche in alcune sue
poesie, soprattutto in “Originally”, inclusa nella raccolta The Other Country
(1990).
L’esperienza dell’emigrazione e lo sradicamento dalle origini scozzesi la posero presto in conflitto con la sua identità
culturale, costringendola ad adattarsi a
una dimensione a lei estranea. La reazione più acuta e lacerante a tale situazione
di disagio si manifestò fin da quando la
Duffy frequentava le elementari a Stafford. La preoccupazione più urgente diventò quella di perdere prima possibile
l’accento scozzese per conformarsi ai
compagni, integrarsi, omologarsi e mimetizzarsi nella sfera sociale locale.
Dopo aver completato gli studi nella
Stafford Girls’ High School, verso la
metà degli anni Settanta si trasferì a
Liverpool per studiare Filosofia presso
la locale l’università, dove si laureò nel
1977. Ma in questa città Carol Ann aveva seguito anche il poeta e pittore
Adrian Henri (1932-2000), a cui è dedicata la poesia “Death and the Moon”.
Fin dai tempi delle scuole superiori tra i
due era nato un intenso rapporto affettivo e artistico, che portò alla creazione
dell’opera poetica scritta in coppia e
pubblicata in tiratura limitata nel 1977
con il titolo Beauty and the Beast.
Il rapporto con Henri ispirò profondamente la giovane poetessa, che a contatto con il maggior poeta di Liverpool
affinò il suo stile di scrittura e coltivò la
passione per le arti visive. L’influenza di
Henri è evidente nella poesia della Duffy, soprattutto nella scelta di un linguag-
gio demotico e del free verse, ma anche
nei costanti riferimenti alla dimensione
sociale e culturale della vita di provincia
e nella condivisione dei valori etici, politici e sociali. La raccolta di poesie che
segnò il suo vero e proprio esordio letterario e che la fece conoscere e apprezzare a livello nazionale fu pubblicata nel
1985 con il titolo Standing Female Nude.
L’opera si caratterizza per un ordito
poetico costruito sui monologhi drammatici di personaggi ordinari che, sebbene fittizi, gettano uno sguardo introspettivo, amaro e disincantato sulle vicende della propria vita e sui problemi
esistenziali relativi alla sfera politica, a
quella religiosa, alla sessualità, alle relazioni interpersonali, alla condizione e al
ruolo femminili nella società odierna, attraverso un linguaggio colloquiale, acre
e scarno.
Questo tratto stilistico distintivo si riscontra anche nelle opere successive:
Selling Manhattan (1987), The Other
Country (1990) e Mean Time (1993). Esso rappresenta l’elemento più caratteristico dello stile poetico della Duffy, e
mette la poetessa in relazione diretta
con la grande tradizione letteraria inglese. Basti pensare, per esempio, a Lord
Alfred Tennyson o, ancor più, a Robert
Browning e in particolare alla sua opera
Dramatis Personæ, pubblicata nel 1864.
Browning si rifaceva esplicitamente al
modello della drammaturgia elisabettiana, in una chiave lirica volta a indagare
la dimensione psicologica profonda di
personaggi emblematici che “pensano
ad alta voce in un momento di forte tensione emotiva o di crisi, e confidano al
lettore i conflitti del pensiero e dell’emozione che provano in questo particolare frangente” (M.J. Woods, Carol
Ann Duffy Selected Poems, 2005).
Nella poesia della Duffy sono riconoscibili altri influssi sia sul versante stilistico sia su quello tematico. Tra i sedimenti poetici che affiorano nella sua
opera come deposito della tradizione
letteraria sono identificabili soprattutto
Blake e Wordsworth per l’interesse verso l’infanzia e la memoria, nonché per
l’intento di esprimere la poesia attraverso il linguaggio dell’“uomo comune”;
ma, più a fondo, T.S. Eliot, che la poetessa ha indicato, in un’intervista del
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1988, come il poeta da cui è stata maggiormente influenzata: “Se dovessi sceglierne uno che mi ha devastata e fatto
fremere e sentire un forte desiderio,
quello è stato decisamente Eliot ed è
tuttora Eliot” (A. Michelis, A. Rowland,
Choosing Tough Words, 2003). L’influenza di Eliot si nota nell’interesse per certe inquiete e desolate rievocazioni di
paesaggi urbani e di situazioni quotidiane, in cui l’uomo si trova fuori posto,
alienato e irresoluto, nella perdita di
senso della propria esistenza, divenuta
vuota e assurda.
Tra i contemporanei, soprattutto il già
citato Adrian Henri e i poeti di Liverpool costituiscono il suo riferimento più
importante, anche per l’enfasi data alla
trasmissione/comunicazione orale della
poesia a un pubblico di ascoltatori attraverso i poetry readings. Influenza la produzione della Duffy anche Philip Larkin, che già dagli inizi degli anni Cinquanta aveva introdotto nella poesia un
registro linguistico informale e colloquiale, molto vicino alla parlata tipica
della sfera sociale quotidiana.
Nel saggio critico dedicato alla Duffy,
D. Rees-Jones (Carol Ann Duffy, 1999)
osserva che l’uso del monologo drammatico da parte della poetessa è strettamente correlato a un altro tratto stilistico rinvenibile nella sua opera: il Surrealismo. Gli stilemi e le suggestioni di questa storica corrente artistica, oltre a essere tra gli elementi che hanno influenzato
più intensamente la poetica del modernismo, offrono alla Duffy una maschera
e un mezzo di transfert per proiettare il
sé, o i diversi sé della propria personalità, in una dimensione “altra”, o, secondo la definizione di Hauser, in una “seconda realtà”, che è “inscindibilmente
amalgamata alla realtà comune, empirica, ma pur così diversa che noi possiamo parlarne solo per via di negazione e
dimostrarne l’esistenza attraverso le fessure, le lacune della nostra esperienza”
(A. Hauser, Storia sociale dell’arte,
1987).
Con la creazione di un contesto poetico-narrativo di stampo surrealista, la
poetessa racconta esperienze inenarrabili, intimamente segrete ma non necessariamente personali. L’atmosfera surreale entro cui queste esistono diventa
Carol Ann Duffy
quella dimensione “altra” (The Other
Country) in cui si realizza una sorta di
coincidenza degli opposti, nella quale si
annullano, oppure si riflettono all’infinito, le une nelle altre, le differenze tra il
sé e l’alterità, il pubblico e il privato, il
visibile e il nascosto, il sogno e la realtà,
il rivelato e il non rivelabile. Cosicché
nel fluire di questo processo che traduce
la nostra esperienza inconscia e prerazionale si forma un’immagine del mondo in cui gli elementi reali e irreali, la logica e la fantasia, la volgarità e il sublime
costituiscono un’indissolubile, inspiegabile, assurda e simultanea contiguità e
unità.
In questo ambito la poetessa sperimenta la propria idea di rivitalizzare il
linguaggio quotidiano attraverso la decontestualizzazione del suo uso comune
e il suo trasferimento entro la dimensione propria della poesia. Nei suoi testi
tutto questo si realizza concretamente e
in modo caratteristico con l’inserimento
di cliché linguistici evidenziati in corsivo
nei versi, in giustapposizione con altre
parti del componimento.
In un’intervista del 1988 la Duffy spiega: “Spesso inserisco un cliché in corsivo, o un frammento di discorso che suona molto comune, accanto a qualcos’altro, con la speranza che stimoli il lettore
a vedere quello che faccio. […] Mi piace
usare parole semplici ma in modo complicato, cosicché in una poesia è possibile vedere le menzogne e le verità. […]
Quando si legge una poesia in pubblico
è possibile evidenziare queste cose, ma
sulla carta stampata l’unico modo sono i
corsivi o le lettere maiuscole oppure il
grassetto” (D. Rees-Jones, op. cit.).
Questa stessa idea era stata concepita
e teorizzata da Adrian Henri nel suo
saggio Notes on Painting and Poetry,
pubblicato in appendice alla sua prima
raccolta di poesie del 1968, Tonight at
Noon, come operazione retorica e linguistica di “rivalutazione del cliché”. Il
saggio di Henri fu adottato come manifesto artistico-letterario della Scuola di
Liverpool, e conferì al poeta e pittore
una sorta di leadership carismatica di
teorico e caposcuola del movimento e
del gruppo di poeti locali.
La fonte della poetessa è evidente in
un passo di questo scritto, che evidenzia
tale legame: “L’operazione retorica di
‘rivalutazione del cliché’ mi sembra uno
degli aspetti più interessanti rinvenibili
nella produzione artistica dei Poeti di
Liverpool e di altri poeti inglesi. Il cliché
è un frammento di linguaggio morto per
il troppo uso che se ne è fatto, che può
essere risuscitato e rivitalizzato in qualsiasi momento, ponendolo in un contesto differente e dandogli un significato
che contraddice il suo significato apparente. Tutto questo vale anche per le arti visive” (A. Henri, Tonight at Noon,
1968).
Secondo Henri, il tentativo di distruzione-ricostruzione operato nel contesto
sintattico e semantico dei versi di una
inadeguatezza a esprimere quel che si
sta per dire e ciò che effettivamente si
dice, quel che si potrebbe dire e ciò che
è impossibile dire, oppure è indicibile.
Altro tratto significativo dello stile
poetico di Carol Ann Duffy è la sua
scrittura correlata al genere femminile,
per la quale lei è stata anche e soprattutto percepita come poetessa “femminista”. Definizione che lei non ha mai
rifiutato, ma a proposito della quale in
un’intervista ad Andrew McAllister ha
voluto precisare: “Non mi dispiace essere definita poetessa femminista, ma non
mi dispiacerebbe se non lo fossi. Credo
che ciò che riguarda l’arte possa andare
poesia doveva provocare nella mente del
lettore/ascoltatore un processo di ripensamento del linguaggio. Questo veniva
così fatto uscire dalla sfera del cliché
convenzionale e dagli schemi sintattici
precostituiti e stereotipati, e veniva liberato dall’impoverimento e dall’inaridimento provocati dalle stratificazioni dell’abitudine e dell’uso quotidiano. Tuttavia l’interesse per il Surrealismo e in particolare per la tecnica primaria della giustapposizione, a differenza di Henri o in
modo complementare alle sue teorie,
spingono maggiormente la poetessa verso l’esplorazione dell’ambiguità del linguaggio, nella sua funzione di mediatore
tra l’idea e l’oggetto, nella sua fallibilità
nel rappresentare l’esperienza, nella sua
al di là di questo fatto. Ritengo che la lettura di un’opera prescinda dalla copertina che ha. Nella mia vita non mi sono
mai seduta a pensare: scriverò una poesia femminista” (“Bête Noir”, n. 6, Winter 1988, cit. D. Rees-Jones, op. cit.).
Maggior risalto è dunque dato al fatto
di essere poetessa, il cui messaggio è da
leggere e interpretare in una prospettiva
che va oltre il genere. Questo non significa tuttavia trascurare o sminuire
l’importanza della presenza e dell’esperienza femminile nella storia e le difficoltà della vita delle donne, ma anche degli
uomini, all’interno di una società fondata e retta su basi e principî patriarcali.
È dunque di fondamentale importanza evidenziare la validità e l’efficacia sti-
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Carol Ann Duffy
listica dell’esperimento linguistico e narrativo che la poetessa ha realizzato in
modo più sistematico e assoluto in due
sue opere recenti, The World’s Wife
(1999) e Feminine Gospels (2002). In
entrambe la Duffy riesce a smascherare
e demistificare gli stereotipi maschili,
destrutturando il linguaggio, i contenuti
e i modi con cui gli uomini hanno raccontato la storia e con cui hanno da sempre rappresentato la donna come oggetto e non come soggetto culturale, impostando l’interazione col mondo femminile in chiave di posizione dominante,
quando non di prevaricazione.
Con l’adozione nella sua poesia del
metodo narrativo mitico, soprattutto in
The World’s Wife, la poetessa crea un
costante parallelismo tra il mondo contemporaneo e quello antico o mitico,
oppure di un passato più recente, delineando una galleria di personaggi femminili, mogli presunte o reali di altrettanti personaggi celebri. Queste donne
non soltanto raccontano le vicende storiche dal punto di vista di chi le ha sempre subite e vissute in una condizione
marginale o emarginata, ma offrono e
propongono possibili versioni e soluzioni alternative, attraverso cui tentano di
ristabilire una più equilibrata e completa verità storica.
L’opera più recente della poetessa,
Rapture (2005, traduzione italiana Estasi, Del Vecchio Editore 2008), si
configura come un mosaico di poesie
che narrano in sequenza l’evoluzione
progressiva, dall’inizio alla fine, di una
storia d’amore. La vicenda narrata è cadenzata sulla scansione temporale di un
anno. Difatti, il numero complessivo
delle poesie dell’antologia è di 52, come
il numero delle settimane che formano
l’anno. L’intera opera è disseminata di riferimenti temporali espliciti o riconoscibili, scanditi secondo la regolare e lineare successione del calendario. La narrazione e lo sviluppo degli eventi raccontati sono modulati all’interno di una cornice cronologica che conferisce alla storia
ritmo, coesione e coerenza narrativi. Per
la scelta del titolo la Duffy si è ispirata a
una poesia di Robert Browning, “Home
Thoughts From Abroad”, della quale cita anche i versi che costituiscono l’epigrafe dell’ultima poesia, “Over”.
In generale, questo lavoro si pone in
una linea in parte discontinua con le sue
opere precedenti: il tema principale è
l’amore, e prevale un tono lirico e intimista con cui la voce narrante comunica
la passione e il forte desiderio, il piacere
e la sensualità, la gioia e l’ebbrezza che
questo sentimento provoca. Un altro
elemento di scarto rispetto agli esperimenti artistici del passato è rappresentato dalla particolare attenzione da parte
della poetessa alla struttura fono-prosodica dei versi dei componimenti. Questi
risultano costruiti con un maggiore rigore formale e con artifici retorico-stilistici
elaborati e ricercati, più che attraverso
l’adozione dello schema metrico libero
da lei privilegiato e maggiormente praticato in precedenza.
In conclusione, tutta l’opera poetica
della Duffy ci restituisce l’immagine di
un’artista che trova le sue forti radici
nella grande tradizione letteraria inglese, e più in generale europea delle avanguardie storiche del primo Novecento,
ma che si caratterizza anche per l’elaborazione di un dettato poetico originale
che, sviluppando la traccia della Scuola
di Liverpool, riesce a coniugare efficacemente la tradizione con l’ispirazione popolare, a combinare l’elemento lirico
con quello narrativo, il tono prosaico
con quello filosofico, il politico con il
personale, e ad elaborare un suo proprio
e inconfondibile linguaggio, dai toni
aspri e corrosivi, in note che sono anche
tenere e intensamente appassionate.
Il suo mondo poetico si può configurare come un caleidoscopio di personaggi, situazioni e immagini, dai quali
emerge una visione dell’infanzia non solo come emigrazione, sconfinamento da
un territorio a un altro, metafora delle
metamorfosi continue che rappresentano il processo di crescita degli individui,
ma anche come dimensione dell’ingenuità e dell’innocenza in cui i bambini
vivono, in possibile coabitazione con
certi inquietanti adulti-mostri sempre in
agguato, pronti ad aggredirli e a corromperli.
Un caleidoscopio dal quale talvolta affiora la memoria e la rievocazione di tragici eventi del passato che, sebbene causa di atrocità e genocidi, distruzioni e
lutti, oggi si ripetono con cinica e indifferente regolarità e ferocia, come se l’uomo non avesse tratto alcun insegnamen-
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to dalla propria storia. Oppure dal quale trapela la commemorazione di scrittori, poeti e pittori del passato che rappresentano il mondo artistico elettivo di riferimento della poetessa. Si delinea così
un mondo in cui la religione, quella appartenente al retaggio cattolico della famiglia, è proiettata con ironia all’interno
di una dimensione illusoria e consolatoria, di una prassi persuasiva e ideologica
che produce oppressione e oscura le coscienze degli individui. Un mondo in cui
traspare l’azione crudele del tempo, che
porta con sé vecchiaia e corruzione, decadenza fisica e morale, malattia e morte del corpo e dello spirito, lungo un
percorso che non conduce l’uomo necessariamente alla saggezza o alla consapevolezza delle ragioni del vivere.
Risaltano allora con maggior intensità
e drammaticità le profonde contraddizioni, le disparità sociali, politiche ed
economiche di un Paese dove l’eco dell’età definita da Eric Hobsbawm “dell’oro”, l’età degli anni Sessanta e del mito della swinging London, si è spenta da
tempo, e che, per quasi l’intero arco degli anni Ottanta e Novanta, è stato governato con criteri affatto diversi.
Per la poetessa, infatti, i governi conservatori della Thatcher e di Major hanno rappresentato un’autentica sciagura,
perché lo smantellamento dello Stato
sociale, l’incentivazione di un capitalismo sfrenato e aggressivo finalizzato
unicamente alla ricerca spietata del
profitto e l’instaurazione di un puro regime di libero mercato hanno prodotto
guasti sociali profondi. Tutti questi
eventi hanno tracciato un solco ancora
più netto tra i ricchi e i poveri, indebolendo ulteriormente quegli strati già deboli della società in difesa dei quali Carol Ann Duffy si è sempre schierata, sia
pure col suo caratteristico sguardo disincantato, mai compiacente o di maniera, scevro di retorica.
Sguardo che non le ha impedito di
mostrare un atteggiamento critico e impietoso di condanna verso scelte governative più recenti di matrice laburista,
per esempio a favore della guerra in
Iraq, con l’alibi della ricerca delle armi
di distruzione di massa e in nome di un
principio d’interventismo liberale.
Bernardino Nera
Carol Ann Duffy
Standing Female Nude
Nudo di donna in posa
Six hours like this for a few francs.
Belly nipple arse in the window light,
he drains the colour from me. Further to the right,
Madame. And do try to be still.
I shall be represented analytically and hung
in great museums. The bourgeoisie will coo
at such an image of a river-whore. They call it Art.
Sei ore così per pochi franchi.
Ventre tette culo alla luce della finestra,
mi succhia via il colore. Ancora un po’ a destra,
Madame. E prova a star ferma.
Sarò rappresentata analiticamente e appesa
in musei importanti. I borghesi rimarranno di stucco
davanti a un’immagine così di una puttana di fiume. La
chiamano Arte.
Maybe. He is concerned with volume, space.
I with the next meal. You’re getting thin,
Madame, this is not good. My breasts hang
slightly low, the studio is cold. In the tea-leaves
I can see the Queen of England gazing
on my shape. Magnificent, she murmurs
moving on. It makes me laugh. His name
is Georges. They tell me he’s a genius.
There are times he does not concentrate
and stiffens for my warmth.
He possesses me on canvas as he dips the brush
repeatedly into the paint. Little man,
you’ve not the money for the arts I sell.
Both poor, we make our living how we can.
I ask him Why do you do this? Because
I have to. There’s no choice. Don’t talk.
My smile confuses him. These artists
take themselves too seriously. At night I fill myself
with wine and dance around the bars. When it’s finished
he shows me proudly, lights a cigarette. I say
Twelve francs and get my shawl. It does not look like me.
Sarà. Lui si preoccupa del volume, dello spazio.
Io, del prossimo pasto. Stai dimagrendo,
Madame, così non va bene. I miei seni sono
un po’ calati, lo studio è freddo. Nei fondi del tè
vedo la Regina d’Inghilterra che osserva
le mie forme. Magnifica, mormora
passando oltre. Mi viene da ridere. Lui si chiama
Georges.* Mi dicono che sia un genio.
Certe volte non riesce a concentrarsi
e si indurisce al mio calore.
Mi possiede sulla tela mentre affonda il pennello
più volte nei pastelli. Che piccolo uomo,
non hai i soldi per le arti che vendo io.
Tutti e due poveri, ci guadagniamo il pane come possiamo.
Gli chiedo Perché lo fai? Perché
devo. Non c’è altra scelta. Basta chiacchiere.
Il mio sorriso lo confonde. Questi artisti
si prendono troppo sul serio. Di notte mi sazio
di vino e ballo attorno alle sbarre. Quando è finito
me lo mostra orgoglioso, s’accende una sigaretta. Dico
Dodici franchi e prendo lo scialle. Non sembro neppure io.
* Riferimento al pittore cubista francese Georges Braque (1882-1963).
Shooting Stars
Stelle cadenti
After I no longer speak they break our fingers
to salvage my wedding ring. Rebecca Rachel Ruth
Aaron Emmanuel David, stars on all our brows
beneath the gaze of men with guns. Mourn for the
daughters,
Quando ormai non parlo più, ci spezzano le dita
per recuperare la mia fede nuziale. Rebecca Rachel Ruth
Aaron Emmanuel David, stelle sulle nostre fronti
sotto lo sguardo di uomini armati. In lutto per le figlie,
upright as statues, brave. You would not look at me.
You waited for the bullet. Fell. I say Remember.
Remember these appalling days which make the world
for ever bad. One saw I was alive. Loosened
his belt. My bowels opened in a ragged gape of fear.
Between the gap of corpses I could see a child.
erette come statue, ardite. Neanche mi guardavi.
Tu aspettavi la pallottola. Cadevi. Io dico Ricordare.
Ricordare questi giorni orribili che rendono il mondo
per sempre crudele. Uno vide che ero viva. Si slacciò
la cintura. Le budella mi si aprirono in uno squarcio lacero di paura.
Nel vuoto tra i cadaveri vedevo una bambina.
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Carol Ann Duffy
The soldiers laughed. Only a matter of days separate
this from acts of torture now. They shot her in the eye.
I soldati ridevano. È solo una questione di pochi giorni
che separa
tutto questo dagli atti di tortura di oggi. Le spararono agli
occhi.
How would you prepare to die, on a perfect April evening
with young men gossiping and smoking by the graves?
My bare feet felt the earth and urine trickled
down my legs until I heard the click. Not yet. A trick.
Come ti prepareresti a morire in una perfetta serata
d’aprile
con giovani a chiacchierare e a fumare accanto alle fosse?
I miei piedi nudi sentirono la terra e urina mi colò
giù per le gambe finché non udii il click. Non ancora.
Uno scherzo.
After immense suffering someone takes tea on the lawn.
After the terrible moans a boy washes his uniform.
After the history lesson children run to their toys the world
turns in its sleep the spades shovel soil Sara Ezra…
Dopo immense sofferenze c’è chi prende il tè sul prato.
Dopo i terribili lamenti un ragazzo si lava l’uniforme.
Dopo la lezione di storia i bambini corrono ai loro giocattoli il mondo
si gira e rigira nel sonno le pale scavano terra Sara Ezra…
Sister, if seas part us, do you not consider me?
Tell them I sang the ancient psalms at dusk
inside the wire and strong men wept. Turn thee
unto me with mercy, for I am desolate and lost.
From Standing Female Nude, 1985
Sorella, se i mari ci separeranno, non penserai più a me?
Di’ loro che cantavo gli antichi salmi all’imbrunire
dentro il reticolato e uomini forti piangevano. Volgiti
a me con pietà, perché sono sconsolata e perduta.
Selling Manhattan
La vendita di Manhattan
All yours, Injun, twenty-four bucks’ worth of glass beads,
gaudy cloth. I got myself a bargain. I brandish
fire-arms and fire-water. Praise the Lord.
Now get your red ass out of here.
Prenditi tutto, muso rosso, per ventiquattro dollari di perle di vetro,
stoffa sgargiante. Ho fatto un affare. Brandisco
armi da fuoco e acqua di fuoco. Sia lodato il Signore.
Ora alza il tuo culo rosso e vattene via da qui.
I wonder if the ground has anything to say.
You have made me drunk, drowned out
the world’s slow truth with rapid lies.
But today I hear again and plainly see. Wherever
you have touched the earth, the earth is sore.
Chissà se la terra non abbia qualcosa da dire.
Mi hai fatto ubriacare, affogare
la lenta verità del mondo con rapide bugie.
Ma oggi sento di nuovo e vedo chiaro. Dovunque
l’hai toccata, la terra è ferita.
I wonder if the spirit of the water has anything
to say. That you will poison it. That you
can no more own the rivers and the grass than own
the air. I sing with true love for the land;
dawn chant, the song of sunset, starlight psalm.
Chissà se lo spirito dell’acqua non abbia qualcosa
da dire. Che l’avvelenerai.
Che non sono più tuoi né i fiumi e l’erba, né
l’aria. Canto con vero amore per la terra;
canto dell’alba, la canzone del tramonto, salmo alle stelle.
Trust your dreams. No good will come of this.
My heart is on the ground, as when my loved one
fell back in my arms and died. I have learned
the solemn laws of joy and sorrow, in the distance
between morning’s frost and firefly’s flash at night.
Credi nei tuoi sogni. Da ciò non verrà niente di buono.
Il mio cuore è a terra, come quando l’amor mio
mi è caduto tra le braccia ed è morto. Ho imparato
le solenni leggi della gioia e del dolore, nella distanza
tra la brina del mattino e il luccichio della lucciola di notte.
Man who fears death, how many acres do you need
to lengthen your shadow under the endless sky?
Last time, this moment, now, a boy feels his freedom
Uomo che temi la morte, quanti acri ti servono
per allungare la tua ombra sotto il cielo infinito?
L’ultima volta, in questo momento, ora, un ragazzo sente
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Carol Ann Duffy
vanish, like the salmon going mysteriously
out to sea. Loss holds the silence of great stones.
svanire la sua libertà, come il salmone che misteriosamente
va verso il mare. La perdita tiene in sé il silenzio delle
grandi pietre.
I will live in the ghost of grasshopper and buffalo.
Vivrò nello spirito della cavalletta e del bufalo.
This evening trembles and is sad.
A little shadow runs across the grass
and disappears into the darkening pines.
Questa sera è tremula e triste.
Una piccola ombra corre tra l’erba
e scompare tra l’oscurità dei pini.
Warming Her Pearls
Scaldo le sue perle
Next to my own skin, her pearls. My mistress
bids me wear them, warm them, until evening
when I’ll brush her hair. At six, I place them
round her cool, white throat. All day I think of her,
Addosso alla mia pelle, le sue perle. La padrona
mi ordina di metterle, scaldarle, fino a sera
quando le spazzolerò i capelli. Alle sei, le poso
attorno alla sua fresca gola bianca. Tutto il giorno
resting in the Yellow Room, contemplating silk
or taffeta, which gown tonight? She fans herself
whilst I work willingly, my slow heat entering
each pearl. Slack on my neck, her rope.
penso a lei, che riposa nella stanza gialla, a contemplare
la seta o il taffettà, che gonna stasera? Si sventaglia
mentre lavoro con piacere, il mio calore penetra lento
in ogni perla. La sua corda, allentata sul mio collo.
She’s beautiful. I dream about her
in my attic bed; picture her dancing
with tall men, puzzled by my faint, persistent scent
beneath her French perfume, her milky stones.
Lei è bella. La sogno nel mio letto
in soffitta; me la figuro a ballare
con uomini alti, confusa dal mio profumo tenue, persistente
sotto il suo, francese, e le pietre opalescenti.
I dust her shoulders with a rabbit’s foot,
watch the soft blush seep through her skin
like an indolent sigh. In her looking-glass
my red lips part as though I want to speak.
Le spolvero le spalle con un soffice piumino,
osservo il lieve rossore che le si diffonde sulla pelle
come un sospiro indolente. Nel suo specchio
le mie labbra si schiudono come se volessi parlare.
Full moon. Her carriage brings her home. I see
her every movement in my head… Undressing,
taking off her jewels, her slim hand reaching
for the case, slipping naked into bed, the way
Luna piena. La carrozza la riporta a casa. Ho
nella testa ogni suo movimento… Si spoglia,
toglie i gioielli, la mano sottile si protende
verso lo scrigno, s’infila nuda nel letto,
she always does… And I lie here awake,
knowing the pearls are cooling even now
in the room where my mistress sleeps. All night
I feel their absence and I burn.
come fa sempre… E io distesa qui, sveglia,
sicura che ora le perle si stanno raffreddando
nella stanza dove la padrona dorme. Per tutta la notte
ne sento la mancanza e brucio.
From Selling Manhattan, 1987
Traduzione di Bernardino Nera
22
Carol Ann Duffy
Originally
D ’origine
We came from our own country in a red room
which fell through the fields, our mother singing
our father’s name to the turn of the wheels.
My brothers cried, one of them bawling Home,
Home, as the miles rushed back to the city,
the street, the house, the vacant rooms
where we didn’t live any more. I stared
at the eyes of a blind toy, holding its paw.
Siamo arrivati dal nostro paese dentro una stanza rossa
che scivolava per i campi, con mia madre che cantava
il nome di nostro padre ad ogni giro di ruota.
I miei fratelli piangevano, uno di loro gridava Casa,
Casa, mentre le miglia tornavano indietro nella città,
nella via, nella casa, nelle stanze vuote
dove non abitavamo più. Fissavo gli occhi
di un peluche cieco e gli stringevo la zampa.
All childhood is an emigration. Some are slow,
leaving you standing, resigned, up an avenue
where no one you know stays. Others are sudden.
Your accent wrong. Corners, which seem familiar,
leading to unimagined, pebble-dashed estates, big boys
eating worms and shouting words you don’t understand.
My parents’ anxiety stirred like a loose tooth
in my head. I want our own country, I said.
Ogni infanzia è un’emigrazione. Alcune sono lente,
ti lasciano ferma, rassegnata, in un viale
dove non rimane nessuno che conosci. Altre sono repentine.
Il tuo accento è sbagliato. Angoli, in apparenza familiari,
che conducono a inimmaginabili abitazioni intonacate
con la ghiaia,
ragazzi grossi che mangiano vermi e gridano parole che
non capisci.
L’ansia dei miei genitori agitata come un dente allentato
nella mia testa. Rivoglio il nostro paese, ho detto io.
But then you forget, or don’t recall, or change,
and, seeing your brother swallow a slug, feel only
a skelf of shame. I remember my tongue
shedding its skin like a snake, my voice
in the classroom sounding just like the rest. Do I onlythink
I lost a river, culture, speech, sense of first space
and the right place? Now, Where do you come from?
strangers ask. Originally? And I hesitate.
We Remember Your Childhood Well
Ma poi dimentichi, non ricordi, o cambi
e, nel vedere tuo fratello che inghiotte una lumaca, avverti
solo un pizzico di vergogna. Ricordo la mia lingua
spellarsi come un serpente, la mia voce
in classe uguale alle altre. Penso di aver perso
solo un fiume, una cultura, un modo di parlare,
il senso del primo spazio e del posto giusto? Ora: Di dove sei ?
chiedono gli estranei. D’origine? E indugio.
Ricordiamo bene la tua infanzia
Nobody hurt you. Nobody turned off the light and argued Nessuno ti ha fatto del male. Nessuno ha spento la luce e
with somebody else all night. The bad man on the moors
ha litigato
was only a movie you saw. Nobody locked the door.
con qualcun altro per tutta la notte. L’uomo nero delle
brughiere
Your questions were answered fully. No. That didn’t occur. è solo un film che hai visto. Nessuno ha sprangato la porta.
You couldn’t sing anyway, cared less. The moment’s a
blur, a Film Fun
Le tue domande hanno avuto una risposta piena. No.
laughing itself to death in the coal fire. Anyone’s guess.
Non è successo.
Tanto non sapevi cantare, nemmeno t’importava. Il moNobody forced you. You wanted to go that day. Begged.
mento è un ricordo sfocato, un libro di fumetti*
You chose
che ride a crepapelle nella brace. Chi può dirlo.
the dress. Here are the pictures, look at you. Look at us all,
smiling and waving, younger. The whole thing is inside Nessuno ti ha costretto. Quel giorno sei stata tu a volerci
your head.
andare. Hai implorato.
Hai scelto l’abito. Ecco le foto, guardati. Guarda tutti
quanti noi,
che sorridiamo e salutiamo, più giovani. È tutto nella tua
testa.
23
Carol Ann Duffy
What you recall are impressions; we have the facts. We Quel che ricordi tu sono impressioni, noi abbiamo i fatti.
Dirigevamo noi la musica.
called the tune.
The secret police of your childhood were older and La polizia segreta della tua infanzia era più vecchia e saggia di te, più grande
wiser than you, bigger
than you. Call back the sound of their voices. Boom. di te. Richiama il suono delle loro voci. Boom. Boom. Boom.
Boom. Boom.
Nessuno ti ha mandato via. Si è trattato di una vacanza
extra, con persone
Nobody sent you away. That was an extra holiday, with
che sembrava ti piacessero. Erano serie, non c’era nulla da
people
temere.
you seemed to like. They were firm, there was nothing to
La colpa è solo tua se è finita in lacrime.
fear.
There was none but yourself to blame if it ended in tears.
Cosa importa adesso? No, no, nessuno ha lasciato le tracce del peccato
What does it matter now? No, no, nobody left the skidsulla tua anima e ti ha spalancato la porta dell’inferno. Sei
marks of sin
stata amata.
on your soul and laid you wide open for Hell. You were
Sempre. Abbiamo fatto quel che era giusto. Ricordiamo
loved.
bene la tua infanzia.
Always. We did what was best. We remember your childhood well.
2
Un libro di fumetti pubblicato dal 1920 al 1962.
From The Other Country, 1990
Traduzione di Floriana Marinzuli
Small Female Skull
Piccolo cranio di donna
With some surprise, I balance my small female skull in
my hands.
What is it like? An ocarina? Blow in its eye.
It cannot cry, holds its breath only as long as I exhale,
mildly alarmed now, into the hole where the nose was,
press my ear to its grin. A vanishing sigh.
Con sorpresa, soppeso tra le mani il mio piccolo cranio di
donna.
A cosa somiglia? A un’ocarina? Soffio nell’occhio.
Non può gridare, trattiene il fiato solo finché espiro,
lievemente allarmata adesso, nel buco dov’era il naso,
appoggio l’orecchio al suo sorriso. Un sospiro che svanisce.
For some time, I sit on the lavatory seat with my head
in my hands, appalled. It feels much lighter than I’d
thought;
the weight of a deck of cards, a slim volume of verse,
but with something else, as though it could levitate. Disturbing.
So why do I kiss it on the brow, my warm lips to its papery bone,
Per un po’, siedo al gabinetto con la testa
tra le mani, sgomenta. Sembra più leggero di quanto pensassi;
il peso di un mazzo di carte, un sottile volume di versi,
ma con qualcos’altro, come se potesse levitare. Inquietante.
Allora perché lo bacio sulla fronte, le mie labbra calde
sull’ossatura cartacea,
and take it to the mirror to ask for a gottle of geer?
I rinse it under the tap, watch dust run away, like sand
from a swimming cap, then dry it – firstborn – gently
with a towel. I see the scar where I fell for sheer love
down treacherous stairs, and read that shattering day like
braille.
e lo porto allo specchio per chiedere una pottiglia di pirra?
Lo sciacquo sotto il rubinetto, guardo la polvere scivolar
via, come sabbia
da una cuffia, poi l’asciugo – primogenito – delicatamente
con un asciugamano. Vedo la cicatrice dove sono caduta
per puro amore
giù per scale infide, e leggo in braille quel giorno estenuante.
Love, I murmur to my skull, then, louder, other grand
Amore, mormoro al mio cranio, poi, più forte, altri parowords,
loni,
24
Carol Ann Duffy
shouting the hollow nouns in a white-tiled room.
Downstairs they will think I have lost my mind. No. I only weep
into these two holes here, or I’m grinning back at the joke, this is
a friend of mine. See, I hold her face in trembling, passionate hands.
gridando i sostantivi vuoti in una stanza di piastrelle bianche.
Giù penseranno che ho perso la testa. No. Piango soltanto
in questi due buchi, o sogghigno di rimando allo scherzo,
questa è
una mia amica. Vedete, tengo il suo viso tra le mani tremanti e appassionate.
Before You Were Mine
Prima che fossi mia
I’m ten years away from the corner you laugh on
with your pals, Maggie McGeeney and Jean Duff.
The three of you bend from the waist, holding
each other, or your knees, and shriek at the pavement.
Your polka-dot dress blows round your legs. Marilyn.
Sono lontana dieci anni dall’angolo dove ridi
con le tue amiche, Maggie McGeeney e Jean Duff.
Tutte e tre piegate in due, a reggervi
l’una all’altra, o le ginocchia, a strepitare sguaiate al marciapiede.
Il tuo vestito a pois ti svolazza attorno alle gambe. Marilyn.
I’m not here yet. The thought of me doesn’t occur
in the ballrooms with the thousand eyes, the fizzy, movie
tomorrows
the right walk home could bring. I knew you would dance
like that. Before you were mine, your Ma stands at the
close
with a hiding for the late one. You reckon it’s worth it.
The decade ahead of my loud, possessive yell was the best
one, eh?
I remember my hands in those high-heeled red shoes, relics,
and now your ghost clatters towards me over George
Square
till I see you, clear as scent, under the tree,
with its lights, and whose small bites on your neck, sweetheart?
Cha cha cha! You’d teach me the steps on the way home
from Mass,
stamping stars from the wrong pavement. Even then
I wanted the bold girl winking in Portobello, somewhere
in Scotland, before I was born. That glamorous love lasts
where you sparkle and waltz and laugh before you were
mine.
From Mean Time (1993)
Io non sono ancora qui. Il pensiero di me non ti sfiora
neppure
nelle sale da ballo coi mille occhi, i frizzanti domani da
film
potrebbero portarti a casa dalla via giusta. Sapevo che
avresti ballato
così. Prima che fossi mia, tua Madre t’aspetta al varco
e botte a chi fa tardi. Ma secondo te ne vale la pena.
I dieci anni prima del mio urlo acuto, possessivo sono stati i migliori, eh?
Ricordo le mie mani in quelle scarpe rosse coi tacchi alti,
reliquie,
e ora il tuo fantasma scalpita verso di me nella George
Square
finché ti vedo, chiara come un’essenza, sotto l’albero,
con le sue luci, e chi t’ha fatto quei succhiotti sul collo,
tesoro?
Cha cha cha! Mi insegnavi i passi tornando dalla messa,
calpestando stelle sul marciapiede sbagliato. Già allora
desideravo la ragazza spavalda che strizzava l’occhio a
Portobello, da qualche parte
in Scozia, prima che fossi nata. Quell’amore seducente
perdura
dove tu brilli e balli il valzer e ridi prima che fossi mia.
Traduzione di Bernardino Nera
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Carol Ann Duffy
Wish
Magari
But what if, in the clammy soil, her limbs
grew warmer, shifted, stirred, kicked off
the covering of earth, the drowsing corms,
the sly worms, what if her arms reached out
to grab the stone, the grooves of her dates
under her thumb, and pulled her up? I wish.
Her bare feet walk along the gravel path
between the graves, her shroud like washing
blown onto the grass, the petals of her wreath
kissed for a bride. Nobody died. Nobody
wept. Nobody slept who couldn’t be woken
by the light. If I can only push open this heavy door
she’ll be standing there in the sun, dirty, tired,
wondering why do I shout, why do I run.
Che succederebbe se, sul viscido suolo, gli arti
le si riscaldassero, si spostassero, s’agitassero, e a calci
sollevassero lo strato della terra, i cormi sonnacchiosi,
i vermi sornioni, se le braccia si allungassero
ad afferrare la lapide, le sue date incise
sotto il pollice, e la tirassero su? Magari.
I piedi nudi che camminano sul sentiero di ghiaia
tra le tombe, il sudario come bucato
buttato sull’erba, i petali della corona
omaggiati dal bacio alla sposa. Non è morto nessuno. Non
ha pianto nessuno. Nessuno ha dormito se non destato
dalla luce. Se solo potessi spalancare questa pesante porta
lei sarebbe lì nel sole, sporca, stanca,
a chiedersi perché grido, perché corro.
Death and the Moon
La morte e la luna
(for Catherine Marcangeli)
(per Catherine Marcangeli)*
The moon is nearer than where death took you
at the end of the old year. Cold as cash
in the sky’s dark pocket, its hard old face
is gold as a mask tonight. I break the ice
over the fish in my frozen pond, look up
as the ghosts of my wordless breath reach
for the stars. If I stood on the tip of my toes
and stretched, I could touch the edge of the moon.
La luna è più vicina di quando la morte ti ha portato via
sul finire dell’anno vecchio. Fredda come una moneta
nella buia tasca del cielo, la vecchia faccia dura
è d’oro come una maschera stasera. Rompo il ghiaccio
sopra i pesci nel mio stagno gelato, guardo in su
mentre gli spiriti del mio respiro tacito tendono
alle stelle. Se mi mettessi in punta di piedi
e mi sforzassi, potrei toccare i lembi della luna.
I stooped at the lip of your open grave
to gather a fistful of earth, hard rain,
tough confetti, and tossed it down. It stuttered
like morse on the wood over your eyes, your tongue,
your soundless ears. Then as I slept my living sleep
the ground gulped you, swallowed you whole,
and though I was there when you died,
in the red cave of your widow’s unbearable cry,
Mi sono chinata sul bordo della tua tomba schiusa
a raccogliere un pugno di terra, pioggia greve,
coriandoli compatti, e li ho lanciati. Tartaglianti
come un codice Morse sul legno, sui tuoi occhi, la tua lingua,
le tue orecchie indifferenti. E mentre dormivo di un sonno vivo
il suolo ti ha inghiottito, per intero ti ha ingoiato,
e sebbene fossi lì quando sei morto,
nella grotta rossa del pianto insostenibile della tua vedova,
and measured the space between last words
and silence, I cannot say where you are. Unreachable
by prayer, even if poems are prayers. Unseeable
in the air, even if souls are stars. I turn
to the house, its windows tender with light, the moon,
surely, only as far again as the roof. The goldfish
are tongues in the water’s mouth. The black night
is huge, mute, and you are further forever than that.
e ho misurato lo spazio tre le ultime parole
e il silenzio, non so dire dove tu sia. Irraggiungibile
con le preghiere, nonostante le poesie siano preghiere.
Inaccessibile
alla vista, nonostante le anime siano stelle. Mi volgo
verso la casa, le finestre tenere di luce, la luna,
ovvio, ancora una volta lontana quanto il tetto. I pesci rossi
sono lingue nella bocca dell’acqua. La notte buia
è immensa, muta, e tu sei sempre più lontano di così, per
sempre.
From Feminine Gospel, 2002
* Vedova del poeta Adrian Henri (Birkenhead 1932 - Liverpool 2000).
Traduzione di Floriana Marinzuli
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Carol Ann Duffy
Rapture
Estasi
Thought of by you all day, I think of you.
The birds sing in the shelter of a tree.
Above the prayer of rain, unacred blue,
not paradise, goes nowhere endlessly.
How does it happen that our lives can drift
far from our selves, while we stay trapped in time,
queuing for death? It seems nothing will shift
the pattern of our days, alter the rhyme
we make with loss to assonance with bliss.
Then love comes, like a sudden flight of birds
from earth to heaven after rain. Your kiss,
recalled, unstrings, like pearls, this chain of words.
Huge skies connect us, joining here to there.
Desire and passion on the thinking air.
Nei tuoi pensieri tutto il giorno, tu nei miei.
Gli uccelli cantano al riparo di un albero.
Al di sopra la preghiera della pioggia, un blu sterminato,
non il paradiso, che non va da nessuna parte, senza fine.
Perché mai le nostre vite si allontanano
da noi stessi, mentre rimaniamo intrappolati nel tempo,
in fila verso la morte? Sembra che nulla possa mutare
lo schema dei nostri giorni, alterare la rima
data da lutto in assonanza con diletto.
Sopraggiunge l’amore, come un volo lesto di uccelli
dalla terra sino al paradiso dopo la pioggia. Un tuo bacio,
rievocato, sfila, come fossero perle, questa catena di parole.
Cieli immensi ci congiungono, unendo qui a lì.
Desiderio e passione nell’aria che pensa.
Ithaca
Itaca
And when I returned,
I pulled off my stiff and salty sailor’s clothes,
slipped on the dress of the girl I was,
and slid overboard.
A mile from Ithaca, I anchored the boat.
Ritornata,
mi sono liberata dei vestiti rigidi e salati da marinaio,
per entrare nel vestito della ragazza che ero,
e scivolare fuoribordo.
Ho ancorato la barca a un miglio da Itaca.
The evening softened and spread,
the turquoise water mentioning its silver fish,
the sky stooping to hear.
My hands moved in the water, moved on the air,
the lover I was, tracing your skin, your hair,
La sera s’addolciva e spandeva,
l’acqua turchese nominava i suoi pesci d’argento,
il cielo si chinava per ascoltare.
Le mie mani si muovevano nell’acqua, nell’aria,
amante qual ero, percorrevano la tua pelle, i tuoi capelli,
and Ithaca there, the bronze mountains
shouldered like rough shields,
the caves, where dolphins hid,
dark pouches for jewels,
the olive trees ripening their tears in our pale fields.
e Itaca là, le montagne di bronzo
con spalle come ruvidi scudi,
le grotte, dove i delfini si nascondevano,
borse oscure per i gioielli,
gli ulivi a maturare le loro lacrime nei nostri pallidi campi.
Then I drifted in on a ribbon of light,
tracking the scents of rosemary, lemon, thyme,
the fragrances of your name,
which I chanted again in my heart,
like the charm it was, bringing me back
Poi trasportata su un nastro di luce,
inseguendo gli odori di limone, timo e rosmarino,
i profumi del tuo nome,
che cantavo di nuovo nel mio cuore,
come il talismano che era, mi riportava
to Ithaca, all hurt zeroed now
by the harm you could do with a word,
me as hero plainly absurd,
wading in, waist-high, from the shallows at dusk,
dragging my small white boat.
a Itaca, ora tutto il dolore diventava niente
accanto al male che potevi fare con una parola,
io come eroina francamente assurda,
all’imbrunire, con foga, trascinavo dalle secche,
con l’acqua fino alla vita, la mia piccola barca bianca.
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Carol Ann Duffy
Night Marriage
Notte coniugale
When I turn off the light
and the dark mile between us
crumples and falls,
you slip from your self
to wait for me in my sleep,
the face of the moon sinking into a cloud;
Quando spengo la luce
e il miglio buio tra di noi
si sgretola e crolla,
scivoli dal tuo io
per aspettarmi nel mio sonno,
la faccia della luna sprofonda in una nuvola;
or I wake bereaved
from the long hours
I spent in your dreams,
an owl in the forest crying its soft vowels,
dark fish swimming under the river’s skin.
o mi sveglio priva
delle lunghe ore
passate nei tuoi sogni,
nella foresta un gufo piange le sue vocali molli,
pesce scuro nuota sotto la pelle del fiume.
Night marriage. The small hours join us,
face to face as we sleep and dream;
the whole of the huge night is our room.
Notte coniugale. Le ore piccole si uniscono a noi,
faccia a faccia che dormiamo e sogniamo;
tutta l’immensa notte è la nostra camera.
You
Tu
Uninvited, the thought of you stayed too late in my head,
so I went to bed, dreaming you hard, hard, woke with
your name,
like tears, soft, salt, on my lips, the sound of its bright syllables
like a charm, like a spell.
Non invitato, il pensiero di te mi si è attardato in testa,
così sono andata a letto, sogni di te forti, forti, mi sono risvegliata col tuo nome,
come lacrime, molle, sale, sulle labbra, il suono delle sue
limpide sillabe,
un incanto, un sortilegio.
Falling in love
is glamorous hell; the crouched, parched heart
like a tiger, ready to kill; a flame’s fierce licks under the
skin.
Into my life, larger than life, beautiful, you strolled in.
Innamorarsi
è un inferno seducente; il cuore rinsecchito, quatto quatto
come una tigre pronta a uccidere; una fiamma fiera lecca
sottopelle.
Nella mia vita, più grande della vita, entri con passo trionfale.
I hid in my ordinary days, in the long grass of routine,
in my camouflage rooms. You sprawled in my gaze,
staring back from anyone’s face, from the shape of a
cloud,
from the pining, earth-struck moon which gapes at me
as I open the bedroom door. The curtains stir. There you
are
on the bed, like gift, like a touchable dream.
Mi sono nascosta nei giorni di sempre, fra l’erba alta della routine,
nelle stanze mimetiche. Ti sei distesa nel mio sguardo,
rifuggendo dal volto di tutti, dalla forma di una nuvola,
dalla struggente luna che, sotto l’influsso della terra, mi
guarda esterrefatta
quando apro la porta della camera. Le tende s’increspano.
Ed eccoti lì
a letto, come un dono, come un sogno tangibile.
28
Carol Ann Duffy
Hand
Mano
Away from you, I hold hands with the air,
your imagined, untouchable hand. Not there,
your fingers braid with mine as I walk.
Far away in my heart, you start to talk.
Da te distante, tengo per mano il vento,
la tua mano vagheggiata, interdetta. Assente,
le tue dita intrecciate alle mie mentre vado avanti.
Lontano nel mio cuore, inizi a parlare.
I squeeze the air, kicking the auburn leaves,
everything suddenly gold. I half believe
your hand is holding mine, the way
it would if you were here. What do you say
Stringo l’aria, calciando foglie biondo rame,
d’un tratto ogni cosa è d’oro. Quasi credo
che la tua mano stia tenendo la mia, il modo
in cui lo farebbe se fossi qui. Di cosa parli
in my heart? I bend my head to listen, then feel
your hand reach out and stroke my hair, as real
as the wind caressing the fretful trees above.
Now I can hear you clearly, speaking of love.
nel mio cuore? Piego la testa per ascoltare, e sentire
la tua mano che spunta e mi accarezza i capelli, sincera
come il vento che sfiora al di sopra gli alberi irrequieti.
Ora ti sento chiaro, che mi parli d’amore.
Fall
Autunno
Short days. The leaves are falling
to the deadline of the ground, gold
Giornate corte. Cadono le foglie
sul limitar del terreno, oro
as the pages of myth. I feel the cold earth
fall away from the sun, the light’s heart harden.
come le pagine del mito. Sento la fredda terra
calare dal sole, il cuore della luce indurirsi.
I fall too, as if from the glinting plane overhead,
backwards, through fierce blue, though I only lie
Cado anch’io, come dal luccicante aereo lassù,
a ritroso, attraverso il vivido blu, anche se resto soltanto
in your arms, on your coats, the last hour of autumn,
grasping a fistful of yellowing grass as you move in me,
tra le tue braccia, sulle tue vesti, l’ultima ora d’autunno,
afferrando un pugno d’erba ingiallita mentre ti muovi in
me,
fall and fall and fall towards you, your passionate gravity.
From Rapture, 2005
cado e cado e cado verso di te, la tua appassionata gravità.
Traduzione di Bernardino Nera e Floriana Marinzuli
Alcune delle poesie qui pubblicate sono tratte dal volume Estasi, di Carol Ann Duffy, pubblicato dalla casa editrice Del Vecchio di Roma, che
ringraziamo per la gentile concessione.
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