(Fonte: Greenpeace Italia)
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(Fonte: Greenpeace Italia)
Perché la Russia? La storia dell'industria nucleare prima sovietica e poi russa è costellata da spaventosi incidenti o deliberate contaminazioni dell'ambiente causate dal rilascio di scorie nucleari. A tutt'oggi la Russia non ha adottato provvedimenti responsabili per scongiurare questo pericolo, non assolvendo dunque al compito di tutelare i propri cittadini dai rischi legati all'industria nucleare. Ogni dieci anni circa le centrali nucleari russe sono teatro di almeno un incidente grave. L'ultimo risale al 1997 a Dimitrograv. A livello mondiale, la Russia svolge un ruolo strategico nell'industria nucleare. Non si limita a esportare la propria tecnologia nucleare verso paesi in via di sviluppo quali Iran, India e Pakistan, ma importa quantitativi di scorie nucleari sempre maggiori a fini di stoccaggio e di rigenerazione da nazioni quali Taiwan, Giappone, Ungheria, Iran, Francia, Svizzera, Corea del Sud, Repubblica Ceca e Cina. In Europa, le aziende energetiche acquistano energia a basso costo dalla Russia. Nell'Unione Europea, quando il mercato libero dell'energia opererà a pieno regime, verrà importata sempre più elettricità prodotta da centrali nucleari. Tuttavia, molte delle centrali nucleari attualmente in funzione non sono sicure e continuano a contaminare aree estremamente vaste. Il disastro di Cernobyl purtroppo non è stata un'eccezione. È vero invece il contrario: rappresenta uno dei tanti esempi in una lunga serie di incidenti nucleari disastrosi verificatisi negli ultimi 45 anni. Cernobyl, cosa avvenne Il 26 aprile del 1986, l'unità numero 4 della centrale nucleare di Cernobyl in Ucraina (all'epoca Unione Sovietica) ha avuto il più rilevante incidente nucleare della storia. Si trattava di un reattore del tipo RBMK, nel quale per rallentare i neutroni e favorire la reazione atomica controllata, si usa la grafite. Questo materiale è costituito da carbonio e una volta incendiatosi è difficilissimo da spegnere. L'incidente è stato causato da un esperimento: gli operatori volevano verificare se - in caso di perdita di potenza dovuta a qualche malfunzionamento - la centrale fosse stata in grado di produrre sufficiente elettricità per mantenere in azione il circuito di raffreddamento fino all'entrata in azione dei generatori di sicurezza. Il sistema di sicurezza venne deliberatamente disattivato per effettuare il test e la potenza fu portata al 25 per cento della sua capacità. La procedura però non funzionò e la potenza scese sotto l'un per cento. A questo punto, bisognava far crescere di nuovo la potenza lentamente, ma questa procedura avvenne invece in maniera violenta a causa del mancato funzionamento del sistema di sicurezza. I reattori a grafite (e non solo loro) hanno la caratteristica di aumentare la potenza della reazione nucleare in caso di aumento della temperatura. Ed è proprio questo che è successo: gli operatori hanno perso il controllo del reattore, si è formata una bolla di idrogeno nell'acqua del circuito di raffreddamento e poi una esplosione. La grafite ha preso fuoco per l'elevata temperatura che a 2000 gradi centigradi ha fuso le barre contenenti il combustibile. La grafite ha continuato a bruciare per nove giorni... Le conseguenze dell'incidente La maggior parte della radioattività è stata sprigionata nei primi giorni successivi all'incidente. L'area maggiormente contaminata è stimata tra 125 e 146 mila chilometri quadrati e comprende territori di Ucraina, Bielorussia e Russia. Ci sono voluti circa 1800 voli di elicottero per spegnere l'incendio con sabbia e piombo. Nei primi dieci giorni vennero evacuate 130 mila persone in un raggio di 30 chilometri; in totale gli evacuati sono stati oltre 175 mila. Degli operatori presenti e intervenuti - 134 persone fortemente irraggiate - 31 sono morti poco tempo dopo l'incidente. Le persone coinvolte nelle diverse operazioni svoltesi fino al 1989 - i cosiddetti "liquidatori" - sono state un numero stimato tra 600 mila e 800 mila. Quanti di loro si siano poi ammalati e deceduti è una questione controversa. Per il Rapporto del Forum Cernobyl le stime dei morti possono essere diverse migliaia. Secondo le agenzie governative delle tre repubbliche ex sovietiche i liquidatori morti nel corso del tempo sono stati circa 25 mila. Altri studi indicano invece un numero decisamente maggiore (Fonte: Greenpeace Italia)