Avvenire 10/02/2011 - Mario A. Iannaccone

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Avvenire 10/02/2011 - Mario A. Iannaccone
GIOVEDÌ
10 FEBBRAIO 2011
28
dibattito
APPUNTAMENTI
Ricordare l’unità
implica un esame di
coscienza del Paese,
culturale, civile, etico,
politico, e lo sforzo
di ritrovarsi popolo
1861, QUESTIONI APERTE
◆ «1861-2011. A 150 anni
dall’Unità d’Italia. Quale identità?»:
è il titolo del convegno organizzato
da Alleanza Cattolica sabato dalle
10 alle 18 presso la Protomoteca
Capitolina del Campidoglio. La
sessione mattutina, introdotta dal
saluto del sindaco Gianni
Alemanno, si concentrerà sulle
varie «questioni» (cattolica,
istituzionale, meridionale) aperte
dal Risorgimento e su «La
memoria ritrovata». Alle 14.30
tavola rotonda su «Quale identità»
cui parteciperanno Luigi Negri,
vescovo di San Marino, e i politici
Alfredo Mantovano, Alessandro
Pagano e Massimo Polledri. Le
conclusioni sono affidate a
Massimo Introvigne e Giovanni
Cantoni. Seguirà la messa a Santa
Maria in Aracoeli.
DI ALBERTO MONTICONE
e celebrazioni di grandi eventi
del passato o di personaggi
protagonisti della storia
hanno sempre un’origine e un
intento rivolti al presente, a
giustificazione o a rimedio di una
particolare situazione etica,
politica o sociale. Le nazioni hanno
il loro calendario civile con
solennità dedicate agli
avvenimenti o alle istituzioni sui
quali sono sorte e si sono
affermate ed ai quali intendono
richiamare costantemente o
eccezionalmente i cittadini,
calendario che non a caso viene
riveduto e corretto a seconda di
orientamenti politici, ideologici e
sociali che si susseguono.
Movimenti sociali e politici
iscrivono nei loro stendardi e nei
loro programmi le personalità e i
motti dei fondatori o di coloro ai
quali intendono fare riferimento,
talora persino alterando la realtà
storica per utilizzarla ai propri fini.
Celebrare, se non è solo rifugio nel
già avvenuto, può essere modo di
essere e di crescere. Ricordare i 150
anni dell’unità d’Italia rientra nel
costume della memoria di un dato
fondamentale per la esistenza
stessa del nostro Paese
nell’indipendenza, nella libertà e
nell’identità nazionale e tuttavia
assume più di altre ricorrenze una
evidente funzione d’attualità per
quel suo esulare da una cadenza
decennale o centenaria,
comprensibile pertanto solo in
relazione ad una speciale necessità
di richiamo alle origini della vita
unitaria. Vi è da chiedersi allora
quali possano essere le
motivazioni odierne di questo
appello alla coscienza di un
popolo in risposta agli
interrogativi, ai timori ed alle
speranze nelle attuali circostanze.
Si scorge innanzi tutto un
problema d’indole generale
connesso con la stimolante e nel
contempo contraddittoria sfida tra
la globalizzazione – culturale,
economica, politica, etica – ed il
risorgere dei nazionalismi, dei
particolarismi, delle identità
escludenti. Se l’aporia tra
L
CULTURA
E RELIGIONE
la recensione
Padre Matteo Ricci
e la Cina, palestra
di inculturazione
DI MAURIZIO SCHOEPFLIN
alle relazioni di
sacerdoti, che già un
tempo vennero al
vostro paese, ho appreso quanto
esso sia ben governato e prosperi,
e quanto voi siate letterati e dotti.
Per mala ventura vi manca di
conoscere in tutte le vostre
famiglie il vero Canone. Voi non
avete un’idea chiara di Dio, il
Signore altissimo. Questo è
appunto il motivo pel quale vi
mando quattro sacerdoti di
eccellenti doti forniti, Pietro,
Paolo, Lino, Mattia, virtuosissimi e
dotti, i quali vi insegneranno a
conoscere Iddio predicando nel
tempio». A scrivere queste parole
in una lettera del marzo 1590 è il
pontefice Sisto V: con tono tanto
cortese quanto fermo, egli si
rivolge all’imperatore cinese Van
Li per informarlo della sua volontà
di inviare alcuni missionari nello
sterminato Paese asiatico al fine di
rendere edotto il popolo che vi
abita circa l’autentica verità
riguardante Dio. All’indomani del
Concilio di Trento la Chiesa
cattolica è in pieno fervore: la
grande riforma interna avviata
con la celebrazione delle assise
tridentine va di pari passo con un
rinnovato impegno missionario
che vede nella Compagnia di Gesù
l’incontrastata protagonista e in
Matteo Ricci uno dei maggiori
interpreti. Proprio a far luce su tale
importante periodo della storia
della Chiesa è dedicato questo
interessante libro di Roberto Sani,
professore ordinario di Storia
dell’educazione all’Università di
Macerata, la città che dette i natali
al Ricci, del quale si è da poco
celebrato con notevole intensità il
quarto centenario della morte,
avvenuta a Pechino nel maggio del
1610. Il primo capitolo del volume
offre al lettore utili indicazioni in
merito al cattolicesimo europeo
del primo Cinquecento, mentre
nel secondo Sani mostra quale fu
il ruolo dei gesuiti nell’età della
Riforma cattolica. L’autore si
sofferma poi ad approfondire il
particolare valore dell’attività
missionaria realizzata dai figli di
sant’Ignazio, mettendo in risalto
soprattutto la figura e l’opera di
padre Alessandro Valignano, nato
a Chieti nel 1539 e scomparso a
Macao nel 1606, intelligente e
appassionato stratega delle
missioni dei gesuiti nelle Indie
Orientali. Il quinto e il sesto
capitolo, che concludono il libro,
sono centrati sulla personalità di
Matteo Ricci e sull’incancellabile
traccia da lui lasciata nella storia
delle missioni cattoliche in
Estremo Oriente. L’opera ricciana
rimane una delle pagine più
suggestive della storia della Chiesa
tra il XVI e il XVII secolo: essa –
afferma tra l’altro Sani – pose «le
premesse per l’avvio di un vero e
proprio processo d’inculturazione
del Vangelo».
«D
Roberto Sani
UNUM OVILE
ET UNUS PASTOR
La Compagnia di Gesù
e l’esperienza missionaria
di padre Matteo Ricci in Cina
Armando. Pagine 192. Euro 25,00
150 anni dopo:
rifacciamo gli italiani
LA RIVISTA
La copertina del romanzo anticlericale di Garibaldi «Clelia»
Il Risorgimento dei cattolici:
un dossier di «Dialoghi»
e un convegno del Bachelet
È interamente dedicato ai 150 anni
dell’unità della Penisola l’ultimo numero
di «Dialoghi», trimestrale dell’Azione
cattolica diretto da Piergiorgio Grassi.
Oltre al contributo introduttivo dello
storico Alberto Monticone, che
proponiamo in questa pagina, della
monografia fanno parte un’intervista di
Paolo Pombeni a padre Bartolomeo
Sorge e articoli di Maurilio Guasco («I
revisionismi storici à la carte»), Pietro
Scoppola («Identità nazionale e
Resistenza»), Giorgio Campanini («Le
culture politiche dell’Italia postunitaria»), Luciano Caimi («Giovani
cattolici: 150 anni di presenza attiva»).
Conclude il dossier un’antologia di
scritti di quattro pensatori cattolici
sull’unità nazionale: Antonio Rosmini,
Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi, Primo
Mazzolari. L’ex presidente di Ac
Monticone è tra i protagonisti anche del
XXXI Convegno Bachelet, organizzato
domani pomeriggio e sabato mattina alla
Domus Mariae di Roma intorno al tema
«L’unità della Repubblica oggi.Tra
solidarietà nazionale, autonomie e
dinamiche internazionali».
L’appuntamento – organizzato
dall’Azione Cattolica e dall’Istituto
Bachelet – prevede anche relazioni di
Roberto Gatti, Marco Olivetti, Ugo
Villani e due tavole rotonde con Vania
De Luca, Antonio De Napoli, Marco
Iasevoli, Fabio Mazzocchio, Mario Brutti,
Luca Diotallevi, Sara Martini, Ernesto
Preziosi, Giuseppe Notarstefano.
Conclude Gian Candido De Martin.
di realizzare il sistema democratico
150° significa voler ricercare oggi,
regioni all’interno della Repubblica
a partire dal basso e dal particolare
pur attraverso la riflessione sul
sino all’Unione europea. Ricordare
per giungere alla comunità
cammino compiuto dalle
e mettere a frutto i 150 anni
politica. E proprio nei periodi di
generazioni che ci hanno
dell’Italia unita implica dunque un
maggiori trasformazioni del
preceduto, quali sono i caratteri
vero esame di coscienza del Paese,
concetto di cittadinanza e di
essenziali, potremmo dire lo
culturale, civile, politico, etico, e lo
profonde mutazioni economicostigma attuale dell’italianità. Il che
sforzo di aggiornarsi, si potrebbe
sociali, come appunto il presente,
non significa rispolverare un
dire reinventarsi come popolo, non
diviene pressante il bisogno di
nazionalismo fuori tempo ovvero
tanto traendo dalla sua storia
riconoscersi come comunità
rinchiudersi dentro gli angusti
l’insegnamento per evitare cadute
nazionale, come italiani
confini ideali del proprio Paese,
ed errori, quanto piuttosto
d’Europa, come cittadini di
bensì al contrario poggiare su
discernendo il patrimonio
«Proprio nei periodi
ogni più piccola parte del
solide basi la propria capacità di
genetico che ci viene consegnato e
di maggiori mutazioni,
Paese e di chiedersi che
divenire componente costruttiva
del quale siamo comunque
cosa ci unisce pur nelle
della cittadinanza europea, non
portatori e facendoci carico della
come appunto il presente,
distinzioni della pluralità, e
più definita da convergenze di
responsabilità di svilupparlo
diviene pressante il bisogno
pertanto in che misura
appartenenze statali e da sbiaditi
originariamente noi stessi e di
possiamo contribuire a
apporti di culture particolari ma
trasmetterlo alla generazione
di riconoscersi comunità
sempre più vaste forme di
innervata da robuste identità
futura. Ciascuno individualmente,
nazionale, cittadini europei» unità oltre ogni confine,
capaci per questo di riconoscersi,
ma soprattutto ogni componente
geografico, politico,
di integrarsi e di divenire solide
della società italiana, con gli
universale e particolare è un dato
sociale. Poiché non è più lo Stato la
componenti di una autentica
strumenti che le sono propri, è
permanente nella storia
meta ultima e la condizione
comunità, aperta a sua volta agli
chiamata a compiere questa
dell’umanità, è indubbio che il
preminente di convivenza civile, la
orizzonti universalistici del nostro
operazione collettiva di fare il
mondo contemporaneo la vive in
struttura istituzionale che fa essere
tempo. Si intravede cioè la sfida di
punto e di stabilire la rotta
maniera del tutto nuova rispetto
italiani in questo specifico tempo,
un metodo di valorizzazione e di
ravvivando lo spirito di avventura
anche al recente passato,
bensì piuttosto la Repubblica
messa in comune delle ricchezze
civile e le speranze dei cittadini.
mostrando comunque il riaffiorare
liberamente scelta e fondata sul
delle diversità, procedendo per
Così anche i cattolici sono
sia pure con modalità diverse di
patto costituzionale, celebrare il
gradi ascendenti dalle città e dalle
sollecitati a guardare con amore
tendenze ritenute ormai superate
ed invece ancora presenti negli
strati profondi dell’umanità. Se si
trattasse di manifestazioni di una
STUDI CATTOLICI
crisi di crescenza della comunità
umana, potremmo apprezzarne il
valore positivo, da governare
comunque in vista di relazioni
giuste, di reciproco
riconoscimento, di accoglienza e
ntonio Rosmini tentò una me- to pontificio e il Granducato di Toscadi solidarietà. L’Italia non sfugge a
diazione tra i Savoia e Pio IX, per na in funzione anti-asburgica e sulla batale condizione di risorgente
un’unificazione alternativa e fe- se di un programma costituzionale;
polarità tra apertura all’Europa e al
derale dell’Italia. La missione, avvenu- Carlo Alberto avrebbe anche assicuramondo e radicamento identitario,
ta nell’estate, è raccontata dallo storico to la libertà della Chiesa con un conche discende poi dal livello
Pier Paolo Ottonello sulla rivista «Studi cordato. La mediazione produsse annazionale alle sue articolazioni
cattolici», che proprio questo mese fe- che un «Progetto di Lega Politica» sotregionali, locali, sociali, quasi con
steggia il suo 600° numero.
to la presidenza del Papa, ma poi fallì sia
un processo inverso a quello
Il filosofo e sacerdote venne incaricato a causa dello schieramento massonico
additato già dal Montesquieu
dal governo piemontese attraverso Gio- e laicista piemontese, sia per l’opposiAntonio Rosmini
quale naturale e necessario modo
berti di cercare un’alleanza con lo Sta- zione della Curia romana.
1848, Rosmini inviato dei Savoia a Roma:
Stato federale col Papa presidente
A
all’Italia e con laicità cristiana al
loro percorso dal 1861 ad oggi,
liberandosi di geremiadi e di vanti,
così come da preoccupazioni di
protagonismi nell’oggi, mossi solo
dalla ricerca del bene comune e
dalla individuazione di ciò che li fa
essere e sentire parte integrante
della comunità nazionale. È questa
per loro un’occasione opportuna
per rispondere all’interrogativo
circa il loro modo di esercitare la
duplice cittadinanza, secondo le
limpide ed impegnative
indicazioni del Concilio Vaticano
II, non in maniera astratta né
meramente risolta nell’intimo
della coscienza, quanto piuttosto
nella specificità della condizione
storica. I recenti ripetuti richiami
del papa e dell’episcopato italiano
ad una militanza preparata,
competente ed attiva da cristiani
nella società sono un invito
pressante ad impegnarsi a
realizzare nel nostro Paese
quell’endiadi di eros e agape che
vale come stile di vita cristiana ad
ogni latitudine, nella quale l’eros
sia versione civile di amor di patria
e l’agape modelli la fraternità
nazionale. Riflettere e valorizzare
l’unità del Paese comporta
pertanto dare nuova risposta alla
perenne domanda di senso
dell’essere italiani, domanda che
ogni generazione di cristiani si
deve porre, nei momenti felici nei
quali è quasi naturale rispondere
positivamente e nei periodi di crisi,
di difficoltà o di perdita di
orizzonte, ben consci che il profilo
dell’ italianità dei cittadini non è
un dato tracciato una volta per
tutte, né la somma di
approssimazioni successive nel
tempo, ma un obiettivo ed una
scoperta da rinnovare
continuamente.
Il «revisionismo positivo» in un pamphlet del cardinale Biffi
DI MARIO IANNACCONE
n un pamphlet appena uscito da
Cantagalli, il cardinale Giacomo
Biffi appunta una serie di acuminate riflessioni sulla storia del Risorgimento e i suoi nodi storiografici. L’Unità d’Italia. Centocinquant’anni 18612001 (pp. 88, euro 8) raccoglie pagine
libere quale «Contributo di un italiano
cardinale ad una rievocazione multiforme e problematica». Quell’«italiano cardinale» significa, appunto, che
l’autore non parla come uomo di Chiesa ma come italiano. Pur non mettendo in dubbio i risultati dell’Unità, l’assetto che ha prodotto e tanto meno i
benefici che sono derivati alla Chiesa
dall’essersi liberata dal governo di uno
Stato regionale, Biffi segnala i tanti
punti da considerare per celebrare
I
senza retorica e false certezze un evenRastrelli, Rinaldi, Quarenghi; se la
necessaria ma falsa oleografia dei pato così importante. Cominciamo allora
grande pittura italiana arriva fino a
dri risorgimentali. Il termine Risorgidai francesi che entrarono nel 1796 deTiepolo, la scultura a Canova e se la
mento, poi, suppone l’idea che dopo il
rubandoci delle nostre opere d’arte
musica risuonava dei nomi di Corelli,
1861 tutto rifiorì e che prima d’allora
(non lo avevano fatto
Sammartini, Scarlatti, Albigli austriaci né gli
noni, Pergolesi e Vivaldi. Se,
Contro
ogni
retorica
spagnoli) e devastanancora, tra gli scienziati c’ecominciando dal nome:
do Venezia. Portando
rano Galvani, Spallanzani,
il principio della soVolta, Malpighi. L’Italia in«Risorgimento?
Come
vranità nazionale imsomma era tutt’altro che
se prima di Garibaldi
posero il problema
morta nel Settecento. E certi
della nazione nel nolamenti, come quello di
la Penisola fosse morta...
stro dibattito culturaFrancesco de Sanctis, che
È tutt’altro, invece»
le. I Savoia, poi, ricaldescrissero un’Italia spenta
Il cardinale Giacomo Biffi
cando il modello
dalla Controriforma, un citransalpino, operaromitero d’idee, appaiono
no un’annessione violenta con tutto
l’Italia fosse "morta". Non è così – ristrumentali se non menzogneri. Piutciò che seguì: il tentativo di estirpare il
corda Biffi – se a Vienna i poeti cesarei
tosto, a Penisola unificata, l’Italia dicattolicesimo dal popolo, le leggi inidel Settecento si chiamavano Apostolo
ventava, nelle parole di Dostoevskij un
que, le sanguinose campagne militari
Zeno e Pietro Metastasio; se San Pie«regno di second’ordine». Un paradostroburgo fu edificata dagli architetti
nel Sud, la Santa Sede in ostaggio e la
so che nulla toglie ai benefici arrivati
dall’unificazione perché una miriade
di staterelli non avrebbe potuto affrontare le sfide dell’età contemporanea.
Anche Solovev – ci informa l’autore –
rifletté sul mistero italiano e il suo destino. Gl’italiani sono stati grandi fino
a che hanno pensato in modo universale; quando si sono chiusi in una nazione hanno cambiato mentalità, immiserendo le loro aspirazioni. Una
provocazione che contiene del vero.
Riflessioni, quelle del cardinale Biffi, la
cui lettura gioverebbe a chi accetta in
blocco il Risorgimento come un atto
assoluto invece che un processo storico doloroso che ha comportato guadagni ma anche immense perdite per la
comunità nazionale. Non soltanto la
ricerca storica, ma anche la memoria
civile dovrebbe porsi in costante e dinamica revisione di se stessa.