Come dare e ricevere feedback

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Come dare e ricevere feedback
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Antonella Rizzuto
Presidente Associazione Professionale Nazionale del Coaching
Sue Knight è coach, autrice, trainer di PNL e consulente; è considerata una delle più
importanti formatrici mondiali in PNL applicata al business. PNL al lavoro, arrivato alla
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Alessio Roberti, Presidente Associazione Professionale Nazionale
Programmatori Neuro-Linguistici
ALESSIO
ROBERTI
© 1995, 2002, 2009 by Sue Knight Books and Talks Ltd.
This Third Edition of “NLP AT WORK: the Essence of Excellence”
by Sue Knight first published by Nicholas Brealey Publishing, London and Boston, in 2009.
This translation is published by arrangement with Nicholas Brealey Publishing group.
Titolo dell’opera in lingua originale
NLP AT WORK: the Essence of Excellence
Titolo della versione italiana dell’opera
PNL al lavoro – Nuova edizione
Sottotitolo
Un manuale completo di tecniche per la tua crescita professionale e personale
Pubblicata da:
Alessio Roberti Editore Srl
Via Lombardia, 298 – Urgnano (BG) Italy
Copyright © 2012 Alessio Roberti Editore Srl
Prima edizione: luglio 2014
7654321
Ristampa
2019 2018 2017 2016 2015 2014
ISBN
978-88-6552-070-3
Traduzione dall’inglese
Giovanni Fort
Editing
Mattia Bernardini
Impaginazione e progetto grafico della copertina
Zeronove di Andrea Mattei
Stampa
Lineagrafica, Città di Castello (PG)
Proprietà letteraria riservata.
È vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo.
C A P I T O L O
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DARE E RICEVERE
FEEDBACK
Perdoniamo fintanto che amiamo.
François de la Rochefoucauld
Oggi sto lavorando in una remota cittadina della Francia.
Tutti i miei contatti di lavoro si trovano ad almeno ottocento chilometri di distanza, eppure posso interagire con
ciascuno di loro in pochi secondi. I sistemi che adottiamo
sono progettati sempre più allo scopo di darci un feedback
istantaneo; anche mentre scrivo queste righe, ogni errore
di battitura viene immediatamente sottolineato in rosso e
gli errori di grammatica vengono evidenziati. Ieri pomeriggio sono entrata nella chat-room del mio sito, dove ho
potuto condividere i miei pensieri e ricevere un feedback
immediato da alcuni dei partecipanti ai miei corsi. Sulla
mia bicicletta ho installato un dispositivo degno di una torre di controllo che mi tiene costantemente aggiornata sul
ritmo a cui pedalo, sulla velocità corrente e quella media
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PNL AL LAVORO
e su molti altri parametri. Di giorno in giorno, i sistemi
di feedback a cui abbiamo accesso diventano sempre più
numerosi e sofisticati.
Sono oramai lontani i tempi in cui, in azienda, passavano mesi tra una valutazione ufficiale del proprio operato e
un’altra. Sebbene questo arcaico sistema di gestione delle
risorse umane sia ancora largamente in uso, è altrettanto
vero che in ogni ambito della nostra vita siamo sottoposti a un continuo flusso di feedback istantanei. Imparando a considerare questi messaggi e a prosperare grazie
a essi, potremo eccellere nel clima di spontaneità che, oggi
come oggi, caratterizza il mondo del business. Così facendo, saremo anche nella posizione migliore per rispondere
con flessibilità a qualsiasi situazione si presenti.
Eppure, nella mia esperienza, sia a livello di singoli individui, sia a livello aziendale, sono in pochi a possedere questa
abilità. La maggior parte di noi, invece, ha sviluppato tutta
una serie di meccanismi che fanno esattamente il contrario
e la cui funzione è tenere a bada i feedback. Se doveste
chiedermi di indicarvi un’abilità che più di tutte potrebbe
darvi un immediato e consistente vantaggio competitivo
sulla maggior parte delle persone (nella vita, non solo nel
lavoro), vi risponderei che è proprio l’abilità di ricevere
feedback.
Ricevere feedback è un prerequisito essenziale alla capacità di darlo (nonché al diritto di farlo).
Il direttore del gruppo creativo di un’agenzia di
marketing desiderava sviluppare all’interno della
sua squadra l’apertura necessaria a dare feedback
gli uni agli altri, così da diventare sempre più
DARE E RICEVERE FEEDBACK
disposti ad accogliere il feedback dei clienti esterni e interni all’azienda. Organizzò quindi una
riunione, premurandosi di avvertire tutti in anticipo del fatto che avrebbe voluto ricevere da loro
un feedback.
Cominciò l’incontro dando loro il tempo di prepararsi a esprimere ciascuno la propria opinione
in merito a tre aspetti. Chiese loro di pensare a
qualcosa che avrebbero voluto che lui facesse di
più o più spesso, a qualcosa che avrebbero voluto
facesse meno di frequente o in modo diverso e a
qualcosa di cui erano soddisfatti, sempre relativamente al suo comportamento. Poi invitò ciascuno
di loro a condividere apertamente queste riflessioni e si fece modello di tutti i princìpi che consentono a una persona di accettare i feedback con
mente aperta e predisposizione all’apprendimento. Aveva dato una dimostrazione di come mettere in pratica le convinzioni che stanno alla base
di un feedback efficace. Si era dimostrato aperto,
curioso e pronto ad accogliere quanto avevano da
dire. In nessun modo si era messo sulla difensiva
o aveva reagito attaccando.
Nel corso della riunione, i membri della squadra si fecero sempre più aperti e fiduciosi, tanto
che alla fine commentarono la grande utilità di
quell’opportunità di scambio. Ciascuno di loro,
inoltre, aggiunse che avrebbe voluto sottoporsi a
un processo di valutazione e apprezzamento simile. Questa squadra diventò in seguito un modello di eccellenza per il resto dell’azienda.
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PNL AL LAVORO
Imparare a ricevere e dare feedback è uno dei fondamenti del lavoro che svolgo con singoli individui e team.
Che io stia facendo una sessione di coaching individuale,
un incontro conoscitivo con un nuovo cliente o un intervento formativo rivolto ai dirigenti di un’azienda, sono
convinta che in ogni caso sia il feedback che ricevono da
me a fare la differenza più significativa per la loro capacità
di ottenere risultati migliori. Se fossero già in grado di dare
e ricevere feedback in modo continuativo ed efficace, il
mio intervento sarebbe superfluo. In effetti, questo è il mio
obiettivo ultimo: fare in modo che le persone diventino indipendenti, capaci di dar vita a questo processo all’interno
dell’azienda senza bisogno di rivolgersi all’esterno. Il mio
obiettivo è incoraggiare e formare le persone, specialmente
se sono a capo di un’azienda o di un gruppo, affinché sappiano, in primo luogo, ricevere feedback in modo aperto e
costruttivo e, successivamente, dare feedback in modo da
consolidare la squadra e le relazioni tra i singoli membri,
incoraggiando un miglioramento generale dei risultati e
delle prestazioni, a livello individuale e collettivo.
Ci sono molti libri e modelli operativi che propongono un
apprendimento e uno sviluppo continui, che trattano di
aziende che apprendono, di sistemi di valutazione innovativi, di apprendimento bidirezionale e molto altro ancora.
Se vogliamo davvero raggiungere anche uno soltanto di
questi risultati, dobbiamo innanzitutto essere in grado di
dare e ricevere feedback. Una volta che lo sapremo fare,
potremo contribuire alla nostra azienda in un modo che ci
consentirà di apprendere da ogni persona e in ogni circostanza.
DARE E RICEVERE FEEDBACK
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FEEDBACK E MODELLAMENTO
Quando qualcuno eccelle, vuol dire che esistono apertura
mentale e desiderio di imparare costantemente dal feedback.
L’abilità di dare e ricevere feedback è fondamentale per il
modellamento. Quando modelliamo un’altra persona, studiamo la struttura di ciò che fa e di come lo fa. Per poterlo
fare senza “inquinare” la struttura stessa, dobbiamo essere
in grado di accettare quello che fa la persona esattamente
nel modo in cui lo fa in quel momento.
Durante uno dei miei corsi di PNL, invitai una persona
che reputo un modello di eccellenza nella leadership, affinché i partecipanti al corso potessero modellarla. Si tratta di
una persona che ha saputo mettere in atto un programma
di profondi e radicali cambiamenti all’interno della propria azienda: un’industria manifatturiera che si era trovata
a dover chiudere la metà dei propri stabilimenti. Questo
ha significato dover ridurre il personale di duemila unità.
Ciò che rende questa persona così speciale è l’aver saputo
gestire la situazione in modo da conquistarsi il sostegno e il
rispetto anche di coloro che furono licenziati: era riuscita a
dare un taglio drastico e a farlo dimostrando compassione
e sostegno per tutte le parti coinvolte. Ciononostante, si
rendeva conto che vi erano aspetti del processo che avrebbe
gestito in modo diverso (anche se naturalmente si augurava
che non dovesse accadere mai più).
Durante l’esercizio di modellamento, uno dei corsisti iniziò a dare le proprie opinioni con frasi come: “E se avesse
fatto…” o “Ha mai considerato che avrebbe potuto o potrebbe ancora…?”.
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PNL AL LAVORO
Questo significa vanificare completamente il processo di
modellamento, il cui scopo principale è estrarre la struttura dell’esperienza della persona in esame. Non si intende
assolutamente cambiare quella struttura o favorire il cambiamento nella persona. Vogliamo semplicemente mettere
in luce i passaggi che la compongono. Ma per fare ciò dobbiamo essere in grado di accettare (ricevere) senza riserve
ciò che l’altra persona fa. E per essere in grado di capire
se ciò che abbiamo notato è conforme alla percezione che
il modello ha del suo stesso operato, dobbiamo essere in
grado di dare feedback in totale assenza di giudizio da
parte nostra.
Potrebbe sembrare semplice, ma riuscirvi richiede delle abilità straordinarie. Dobbiamo essere completamente oggettivi nel nostro modo di procedere, capaci di accettare ciò
che fanno gli altri senza interferire con i nostri pensieri su
ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Dobbiamo essere un
“recipiente vuoto”, pronto ad apprendere ciò che è nuovo.
Dobbiamo saper riconoscere e, cosa ancor più importante,
saper accettare le differenze.
Quello che troppo spesso succede è che nel giro di poche
frazioni di secondo abbiamo già formulato un giudizio
sull’esperienza che abbiamo appena fatto. Sentiamo una
persona parlare rapidamente e presupponiamo subito che
sia intelligente. Vediamo una persona aggrottare le sopracciglia e diamo subito per scontato che sia confusa. Vediamo qualcuno che sorride e decidiamo che si tratta di una
persona buona. Questo tipo di analisi deduttiva ci aiuta a
orientarci nella vita, ma può anche condurci alla deriva e a
conclusioni errate.
DARE E RICEVERE FEEDBACK
Carl Sagan raccontò una volta la storia dei primi
astronomi che scrutavano il cielo con i loro rudimentali telescopi e osservavano il pianeta Venere.
Erano molto perplessi perché Venere sembrava
non avere una superficie osservabile. A differenza
della Luna o di Marte, sembrava un disco piatto privo di altre caratteristiche, sospeso nel cielo
notturno.
“Cosa potrà mai spiegare questo fatto?”, si chiedevano.
“Potrebbe essere coperto di nubi.”
“Sì, questo spiegherebbe il fenomeno, visto che le
nubi oscurano tutto ciò che si trova al di sotto.”
E così proseguivano: “Quali condizioni superficiali sono necessarie per la formazione di nubi?”.
“Calore, cosa che su Venere è presente, da ciò che
sappiamo, in quanto è vicino al sole. E acqua.”
Fin qui la cosa sembrava avere senso, e così continuarono. “Che tipo di superficie si ha quando ci
sono calore, luce e acqua?”.
“Foreste tropicali, ad esempio.”
Il ragionamento filava, e così conclusero che la
superficie di Venere era coperta di foreste pluviali
tropicali. Peccato che in seguito si venne a sapere
che la superficie di Venere ha una temperatura di
482 gradi centigradi e che le nubi sono fatte di
acido solforico!
Citato da John David Hoang,
su www.nlps.com
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PNL AL LAVORO
CONVINZIONI A SOSTEGNO
DEL FEEDBACK
Le nostre convinzioni influenzano la nostra capacità di
gestire il feedback. Una convinzione essenziale per poter
dare e ricevere feedback in modo costruttivo è che “non c’è
fallimento, soltanto feedback” o, per dirla in altre parole,
c’è sempre da imparare. Se saprete crederci veramente, la
capacità di imparare dai feedback diventerà per voi naturale come respirare, una parte fondamentale della vostra
persona: imprescindibile per la nostra esistenza di persone
che apprendono nel mondo.
Ci sono altre convinzioni utili a sostenere questa abilità. La
prima è che le percezioni di una persona costituiscono la
sua verità. I nostri sensi sono l’unico modo che abbiamo di
conoscere il mondo, e le percezioni di ciascuno sono uniche. Ci sono volte in cui le percezioni delle diverse persone
si avvicinano e volte in cui sono profondamente differenti.
Questo non significa che ci debbano essere una ragione e
un torto: le percezioni di ciascuno costituiscono la sua verità. Accettare la percezione di qualcun altro significa accogliere quell’aspetto di noi stessi così come viene percepito
dall’altra persona, contribuendo, nel contempo, a rafforzare l’autostima di quest’ultima. Non accettarne il feedback
significa respingere quella parte del nostro interlocutore e,
con essa, la persona nella sua interezza e integrità.
Mi sono trovata in una situazione in cui un
dirigente riceveva un feedback da uno dei suoi
collaboratori. Ogni volta che questi finiva una
frase, il dirigente diceva: “È vero”, se il commento
DARE E RICEVERE FEEDBACK
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corrispondeva alla percezione che lui aveva di sé,
oppure nulla in caso contrario. Questo modo di
rispondere indicava una scarsa disponibilità ad
accogliere l’idea che le percezioni di una persona
possano costituire la sua verità, ed evidenziava
che il dirigente in quell’occasione non era disposto a trarre un insegnamento dalle percezioni altrui. Un po’ alla volta, i suoi collaboratori
smisero di dargli feedback. Si era allontanato da
ciò che avrebbe dovuto sapere e fare per svolgere il
proprio lavoro nel migliore dei modi.
Una seconda convinzione è che ciò che riconosciamo negli altri fa anche parte di noi. Corollario di ciò è il fatto
che, rispetto alle altre persone, le caratteristiche che ci toccano emotivamente sono indicative di ciò che di noi stessi
non ci piace o che non riusciamo ad accettare.
Quando è al volante, mio marito non sopporta di avere davanti qualcuno che procede lentamente con l’aria di chi non sa cosa fare e dove
andare. Proprio questa settimana è successo che
si trovasse dietro a diversi automobilisti che, procedendo con estrema lentezza, lo obbligavano a
rallentare. Esasperato, ha esclamato che lui non
l’avrebbe mai fatto. Più tardi, lo stesso giorno,
stava prelevando dei soldi al bancomat e, avvicinandomi a lui, mi sono accorta che dietro di lui
c’era una signora che aspettava il suo turno per
prelevare. Nel frattempo, mio marito, completamente ignaro della presenza della signora, stava
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PNL AL LAVORO
controllando con tutta calma quanto avesse speso nelle ultime settimane, il suo credito residuo e
via dicendo. Quando gli ho fatto notare che c’era
qualcun altro dietro di lui, è inorridito all’idea
di aver rallentato la signora proprio come lui era
stato rallentato quella mattina.
Una cosa è sicura: io non desidero possedere tutti i tratti
che noto nelle altre persone. Proprio come ha fatto mio
marito nell’esempio precedente, preferisco dissociarmi
dalle caratteristiche che non mi piacciono negli altri. Ciononostante, sono consapevole che molto spesso proprio
quelle caratteristiche rappresentano i miei punti deboli ed
è proprio lì che si possono trarre gli insegnamenti più efficaci. Se sappiamo riconoscere un tratto in un’altra persona
è perché quella struttura fa parte anche del nostro modo di
pensare. Questo non significa affatto che ci comporteremmo nella stessa identica maniera (mio marito stava rallentando la fila al bancomat, anziché il traffico), ma quando
una struttura fa parte del nostro modo di pensare, siamo
in grado di manifestarla, in un modo o in un altro. Quanti
di noi, pur professandosi contrari alla violenza che dilaga
nel mondo, sono capaci di concepire nei pensieri l’idea di
ricorrere alla violenza contro qualcuno? A volte la distanza
che separa pensiero e azione è davvero breve.
Questo è un fondamento della PNL: è la nostra struttura
interna a influenzare le nostre percezioni e le nostre sensazioni rispetto a ciò che accade attorno a noi.
È assai raro che i partecipanti ai miei corsi riescano a infastidirmi. Una delle cose che credo di aver
DARE E RICEVERE FEEDBACK
imparato dalla PNL è che le differenze costituiscono una preziosa fonte di apprendimento. Tuttavia,
un’eccezione che conferma la regola c’è stata. Mi riferisco a una partecipante che cominciai a notare a
causa delle continue interruzioni e distrazioni che
causava: faceva cadere gli appunti, starnutiva o
tossiva rumorosamente o trovava il modo di fare
rumore e di disturbare il regolare svolgimento del
corso. La cosa interessante è che questa persona
sembrava fare tutto questo sempre allo stesso momento: circa cinque minuti dopo l’inizio di ciascuna lezione. Mi resi conto che avevo cominciato
ad aspettarmi le sue interruzioni e che, di conseguenza, iniziavo la lezione tesa e lo diventavo
sempre più, via via che passavano i minuti. Poi,
una volta, sempre cinque minuti dopo l’inizio
della lezione, si alzò, attraversò tutta la stanza
davanti alla prima fila, passandomi letteralmente davanti, e andò a prendersi una tazza di caffè.
Fece anche rumore con le tazze, ma sembrava essere completamente ignara dell’effetto che aveva
sul resto del gruppo e su di me. Ripercorse tutta
l’aula e tornò al proprio posto. Io non dissi nulla,
ma mi sentivo infastidita e frustrata da quel che
era successo.
Al termine della giornata, confidai i miei pensieri
a uno dei colleghi, che in risposta mi chiese cosa,
nel suo comportamento, mi avesse infastidita così
tanto (lui praticamente non ci aveva fatto caso).
Risposi che era il modo in cui si concentrava solamente su quello che faceva e l’insensibilità che
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PNL AL LAVORO
dimostrava rispetto all’effetto che sortiva su coloro
che le erano vicini: questo mi infastidiva. Allora
lui mi chiese: “E in che modo questo si verifica
anche per quanto riguarda te, Sue?”. L’idea di
poter essere in qualche modo simile a quella corsista mi lasciò inizialmente esterrefatta. Poi mi resi
conto di avere effettivamente delle caratteristiche
simili: una tendenza a perseguire i miei obiettivi senza tener conto delle persone a me vicine.
Rimasi davvero sorpresa nel rendermi conto di
come la cosa che avevo notato in lei fosse qualcosa che non mi piaceva di me stessa. Trovai la
cosa talmente buffa che iniziai a chiedermi quale
aspetto di me quella persona avrebbe rispecchiato all’inizio della prossima lezione. Non fece più
nulla che potesse distrarmi!
Ritornando alla capacità di dare feedback, la cosa importante è che, se quella corsista avesse ancora causato disturbo
e io avessi scelto di farglielo notare, avrei potuto farlo tenendo conto del processo di identificazione che avevo notato. Se fossi intervenuta prima di notare quanto, in realtà,
fossimo simili, lo avrei fatto “salendo in cattedra”, cosa che
lei non avrebbe accettato. Identificandoci con la persona a
cui vogliamo dare feedback, creiamo una connessione che
aumenta le probabilità di riuscire a trasmettere il messaggio
in un modo che lo renda facilmente accettabile.
Negli altri riconosciamo quegli attributi la cui struttura è presente dentro di noi. I tratti (positivi o negativi)
che ci colpiscono emotivamente sono tratti che dentro di
noi in qualche misura mancano di equilibrio. Ad esempio,
DARE E RICEVERE FEEDBACK
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potremmo sentirci frustrati nel notare un comportamento
aggressivo in un’altra persona, perché questo ci ricorda che
dentro di noi c’è una carenza: non tanto di aggressività,
quanto della capacità di essere assertivi e di sapersi far valere. Ed è la frustrazione nei confronti della nostra stessa
incapacità di sviluppare questo aspetto che proiettiamo sulla persona; essa non è che lo specchio dei nostri squilibri.
Analogamente, potrebbe accadere che il disequilibrio sia
dovuto a un eccesso, esattamente come nell’esempio riportato sopra. Proprio come la corsista, anch’io ero eccessivamente concentrata sull’obiettivo, tanto da perdere sensibilità in alcuni contesti della mia vita, ad esempio quando mi
ponevo degli obiettivi di lavoro.
Avere la convinzione che “ciascuno riconosce negli altri ciò
di cui è capace a sua volta” significa avere accesso a uno
dei migliori strumenti per lo sviluppo personale. Significa
che tutte le volte che osserviamo negli altri qualcosa che
ammiriamo o che ci dà fastidio in qualche modo, abbiamo
la chiave per rilasciare lo stesso potenziale in noi. Accettare
questo come un feedback ci mette in condizione di riconoscere aspetti di noi stessi a cui altrimenti non avremmo
dato attenzione.
Fare propria questa convinzione significa liberarsi della frustrazione e della rabbia nei confronti degli altri e rendersi
conto che c’è soltanto un luogo in cui possiamo cercare
una risposta alla nostra insoddisfazione: dentro di noi.
Una volta che questa percezione cambia, è stupefacente
come all’improvviso sembrino cambiare anche le cose
attorno a noi, incluse quelle persone che prima sembravano stuzzicare i nostri punti dolenti. L’energia che indirizziamo negativamente verso gli altri è sprecata e ci priva
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PNL AL LAVORO
della nostra vitalità. L’energia che indirizziamo all’interno,
al fine di accettare i nostri limiti e i nostri punti di forza,
è rinvigorente non soltanto per noi stessi, ma per tutte le
persone con cui entriamo in contatto.
RICEVERE FEEDBACK
Riconoscere ciò che c’è di simile tra noi e gli altri crea una
connessione che va oltre le parole. Questo ci predispone al
feedback con un’apertura che altrimenti non sarebbe possibile. Da questa convinzione nascono le abilità di dare e
ricevere feedback descritte in seguito.
Il feedback non è una verità assoluta, ma è pur
sempre la verità di chi lo sta comunicando.
Gene Early
Ritengo utile cominciare dalla capacità di ricevere feedback,
perché ho notato che questa è un requisito indispensabile per
poi riuscire a darlo. La vostra capacità di ricevere feedback è
essenziale per la vostra capacità di apprendere e migliorare in
ogni momento, oltre che per la vostra capacità di instaurare
delle relazioni sane e sostenibili, nel lavoro come nella vita
privata.
Cosa potete fare per modellare nel modo migliore chi sa
ricevere feedback?
1. Entrate in uno stato che rappresenti per voi una risorsa
per ricevere feedback. Ancorate uno stato che nel passato vi è servito a ricevere positivamente un feedback. Po-
DARE E RICEVERE FEEDBACK
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trebbe trattarsi, ad esempio, di uno stato di apertura, di
disponibilità all’apprendimento, di sicurezza, di umiltà
o di curiosità.
2. Ricordatevi delle convinzioni discusse al paragrafo precedente.
3. Rispondete in un modo che presupponga l’accettazione
da parte vostra, dicendo cose come “In che modo faccio
questa cosa?”, o “Quale effetto ha su di te?”. (Usate i
verbi al presente.)
4. Siate sempre pronti ad accogliere un feedback e chiedetelo ogni volta che è appropriato, così da riceverne
sempre in abbondanza.
Ogni dipendente della Cisco Systems ha un modulo
di feedback a cui tutti possono accedere dalla rete
interna. Chiunque può aggiungervi un commento
ogni volta che lo ritenga necessario, così ciascuna
persona può ricevere continuamente feedback in
tempo reale da ogni parte dell’azienda.
5. Se il feedback vi punge sul vivo ed è difficile da “incassare” perché particolarmente “personale”, dissociatevi
per un istante e fate un passo indietro, come se foste
un osservatore. Da questa posizione, verificate di quali
altre risorse avete bisogno per poter accettare serenamente questo feedback, poi date queste risorse a voi
stessi prima di rientrare nei vostri panni, pronti a fare
vostro l’apprendimento. Se ancora non avete eseguito
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PNL AL LAVORO
questo passaggio, potrebbe esservi utile esercitarvi in separata sede, lontani dalle situazioni in cui vi servirà in
tempo reale: fatelo con un feedback che avete ricevuto
in passato, ma che avete trovato difficile da accettare,
o con feedback futuri che pensate di poter ricevere e
che prevedete difficili da mandar giù. Più vi eserciterete,
più facile sarà accogliere qualunque feedback in tempo
reale, anche in quelle situazioni in cui sentite il bisogno
di attingere ad altre vostre risorse prima di poterlo fare.
6. Assumetevi la piena responsabilità di stabilire e mantenere rapport con la persona che vi offre un feedback,
anche (e soprattutto) nelle situazioni in cui quella persona non si assume la propria responsabilità di entrare
in rapport con voi.
7. Cercate di capire il feedback fino in fondo, ricorrendo
a molte domande. (Le domande del Clean Language
sono perfette in questo contesto.) Chiedete, ad esempio, “In che modo lo faccio?”, “Cosa faccio che ti dà
quell’impressione?”, “Fammi qualche esempio di come
lo faccio”, o “C’è qualcos’altro a riguardo?”. Queste sono
tutte domande che dimostrano la vostra disponibilità ad
accogliere il feedback e a trarne qualche insegnamento.
(Sono domande grazie alle quali potete evitare di razionalizzare, di mettervi sulla difensiva, di attaccare o di
dare spiegazioni di qualsiasi genere.)
8. Se dal feedback capite di aver in qualche modo turbato,
infastidito o causato delle emozioni negative alla persona che si rivolge a voi, scusatevene, anche nel caso non
ne foste stati consapevoli al momento. In questo modo,
DARE E RICEVERE FEEDBACK
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vi assumete la responsabilità per l’effetto che le vostre
azioni hanno sugli altri.
9. Scoprite se ci sono azioni in alternativa. Chiedete:
“Cosa posso fare per farti sapere che sto… [e menzionate qualsiasi cosa la persona senta che non state
facendo ancora]?”.
10. Immaginate di aver accolto il feedback e di comportarvi
già in un modo che lo dia a vedere. Fatelo in un modo
che sia adatto non soltanto a chi vi dà feedback, ma anche alle altre persone importanti in quel contesto.
Accogliere positivamente il feedback in questo modo ha
l’effetto di incoraggiare la persona a fornirvene ancora in
futuro. Questo significa che state dando un significativo
contributo alla creazione di un clima di apprendimento, sia
in ambito lavorativo, sia nelle relazioni personali.
L’uomo fa parte di una catena di individui tra
loro interconnessi all’interno di un universo più
grande. Il feedback è una manifestazione comportamentale delle convinzioni e dei valori relativi all’importanza di questo legame. Esercitandomi e sviluppando la capacità di dare e ricevere
feedback, alimento e faccio crescere le connessioni
tra di noi e mi rendo libero, così da diventare
chi sono veramente. “Io” diventa “noi”. Creando
una connessione con l’altro, mi libero della mia
prigione interiore.
Brian Keenan
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PNL AL LAVORO
DARE FEEDBACK
Il vantaggio del modellamento è che il risultato di questo
processo è una consapevolezza che possiamo utilizzare sia
per il nostro sviluppo, sia come effettivo feedback per la
persona che abbiamo modellato. Tuttavia, avere qualcosa
da dire e dirlo nel modo migliore sono due cose ben distinte. Il processo di dare e ricevere feedback necessita di
tutta una serie di altri fattori, che devono entrare in gioco
durante la trasmissione del messaggio e prima di essa. Dando un feedback possiamo anche verificare se la cosa che
crediamo di aver individuato fa parte dell’esperienza del
nostro interlocutore.
Ecco alcuni passaggi che vi aiuteranno a comunicare il vostro feedback in modo che migliori l’apprendimento sia
per voi sia per l’altra persona.
1. Verificate di essere in rapport con la persona a cui state
per dare feedback. Se ancora non l’aveste fatto, assicuratevi di fare tutto il necessario per stabilire rapport, prima di procedere con qualsiasi altra fase.
2. Chiedetevi: “In che modo questo feedback è vero per me
così come lo è per la persona cui intendo rivolgerlo?”. In
questo modo creerete un senso di connessione che guiderà
i vostri pensieri e il modo in cui li comunicherete.
3. Immaginate quanto l’accettare e l’accogliere il feedback
porterà giovamento sia a voi sia al vostro interlocutore.
Ponetevi questo come obiettivo, tenendo a mente i princìpi esposti in precedenza sugli obiettivi ben formati.
DARE E RICEVERE FEEDBACK
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4. Formulate il feedback in modo da spiegare innanzitutto
come avete notato la cosa o a quale ambito si riferisce:
questo vi aiuterà a preparare la persona a essere più ricettiva per le fasi successive.
5. Se l’altra persona non lo accetta immediatamente, trovate
un modo diverso di formulare il feedback: fate in modo
che il vostro interlocutore possa capire cosa gli state offrendo. La sua capacità di ricevere il vostro feedback è la
misura della vostra capacità di darlo.
6. Guardate la persona negli occhi e, mentre lo fate, immaginate che accolga e utilizzi il feedback in modo costruttivo.
7. Partite dal presupposto che la risposta che ottenete dagli
altri proviene dalla parte di loro con cui avete scelto di
interagire. Se una persona non capisce ciò che le state
dicendo, avete scelto di interagire con la parte di lei che
“non capisce”.
8. Siate in ogni momento l’esempio della risposta che desiderate ricevere dagli altri.
9. Chiedete alla persona che riceve il feedback come intenda
utilizzarlo. A volte è opportuno anticipare questa fase. Ad
esempio, potreste chiedere “Se ti dessi un feedback, cosa
ne faresti?”. (Utile, se sapete che la persona ha la tendenza a non tener conto dei feedback che riceve o a cercare
di evitarli.)
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In ultima analisi, la vostra capacità di dare feedback si misura in base a quanto voi e la persona cui vi rivolgete riuscirete a trarre insegnamento dallo scambio e a intensificare il
vostro rapporto e la vostra reciproca connessione.
Quello che facciamo oggi è darci reciprocamente
un feedback da cui trarre insegnamento. Quello
che facevamo prima era insultarci e offenderci!
Partecipante a un corso aziendale
SCORCIATOIA PER SVILUPPARE
LA CAPACITÀ DI DARE FEEDBACK
1. Scegliete una persona a cui vorreste dare un feedback.
2. Pensate al feedback che vorreste darle e al risultato
win-win, positivo per entrambi, che volete ottenere
dall’interazione.
3. Immaginate il contesto in cui vorreste dare il feedback
in modo che sia il più favorevole possibile all’accettazione dello stesso.
4. Pensate a come questo feedback riguarda tanto voi
quanto la persona che lo riceverà.
5. Pensate a quali risorse vi serviranno per poter dare il
feedback in modo costruttivo.
DARE E RICEVERE FEEDBACK
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6. Immaginate come potrete assicurarvi di aver stabilito
un rapport solido e duraturo ancor prima di dare il
feedback.
7. Immaginate di dare il feedback e immaginate l’altra
persona che lo accoglie nel modo migliore.
8. Fate un passo indietro, così da poter osservare sia voi
stessi, sia il vostro interlocutore. C’è qualche altra risorsa che potrebbe servirvi per far pervenire il messaggio
in modo ancora più efficace? Immaginatevi in possesso
anche di quelle risorse e osservate come l’interazione si
svolge nel modo auspicato.
9. Immaginate di trarre un insegnamento che rafforzerà
la vostra relazione in futuro: questo dovrà valere sia per
voi, sia per il vostro interlocutore.
10. Cosa avete imparato da tutto questo processo?
RIEPILOGO
Le occasioni di dare e ricevere feedback abbondano, qualsiasi
sia il mezzo con cui scegliamo di comunicare. Possiamo
imparare e crescere di continuo, ammesso di avere le convinzioni e le capacità necessarie a dare e ricevere feedback.
Il feedback è il modo in cui possiamo scoprire se ciò che
stiamo facendo funziona: cosa potrebbe esserci di più importante?
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PNL AL LAVORO
SPUNTI DI RIFLESSIONE
1. Individuate delle persone per voi importanti:
• Nella vostra vita privata
• Nel lavoro
• Nella comunità in cui vivete
Decidete quando e come potete chiedere a ciascuna di
queste persone un feedback relativo all’efficacia del vostro
sostegno nel modo in cui desiderano che voi lo facciate.
2. Individuate una persona con cui avete delle difficoltà.
Pensate a un modo in cui chiederle un feedback su cosa
potreste fare per fare la differenza in modo positivo nel
vostro rapporto.
3. Individuate una persona, sul lavoro o nella vostra vita privata, che vorreste fosse diversa in qualche aspetto. Riflettete su questo aspetto e chiedetevi in che modo anche voi
manchiate di essere come vorreste la persona fosse. Chiedetevi, inoltre, in che modo potete diventare un esempio
di come vorreste che la persona in questione fosse.
4. Qual è il vostro cliente più importante? Quand’è stata
l’ultima volta che gli avete chiesto un feedback? In che
modo potreste farlo? In che modo potreste costruire un
canale di feedback con i vostri clienti più importanti, se
non ne avete ancora uno?
DARE E RICEVERE FEEDBACK
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5. In che modo potreste attuare un sistema simile a quello
adottato alla Cisco Systems, in cui il feedback è continuo e immediato?
RIFERIMENTI
Keenan, B., An Evil Cradling, Vintage, London, 1993.
Senge, P., The Fifth Discipline: The Art and Practice of the
Learning Organization, Random House, London, 1993.
EDIZIONE ITALIANA:
Senge, P., La quinta disciplina. L’arte e la pratica dell’apprendimento organizzativo, Sperling & Kupfer, Milano, 1997.
Quando avevo quindici anni decisi di mollare la
Exeter, una delle scuole private più prestigiose del
Paese, nel bel mezzo del penultimo anno. Ora che
ripenso a quel punto di svolta nella mia vita, rimango sorpreso per la grazia che mi ha dato il coraggio di farlo. Non soltanto stavo abbandonando
una scuola prestigiosa contro il parere dei miei genitori, ma stavo rinunciando a percorrere la strada
lastricata d’oro che era stata preparata per me. A
malapena cosciente della portata di ciò che stavo
facendo, avevo compiuto il mio primo, enorme
passo al di fuori della mia cultura. Quella cultura
d’élite era ciò di cui ci si aspettava una persona
aspirasse a far parte, e io la stavo buttando via. E
dove sarei andato? Mi stavo gettando con determinazione verso l’ignoto. Ero talmente terrorizzato
che ritenni di dover sentire il parere di qualcuno
degli insegnanti della Exeter, prima di rendere de-
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PNL AL LAVORO
finitiva una decisione così spaventosa. Ma con chi
avrei parlato?
Il primo possibile candidato che mi venne in mente fu il mio tutor. Ci eravamo a malapena rivolti
la parola per due anni e mezzo, ma aveva la fama
di essere una persona gentile e premurosa. Un secondo ovvio candidato era il vecchio e burbero preside della scuola, notoriamente adorato da decine
di migliaia di ex allievi. Tuttavia, pensavo che tre
fosse un bel numero tondo, e la terza scelta fu più
difficile. Alla fine cadde sul signor Lynch, il mio
insegnante di matematica, più giovane degli altri
due. Scelsi lui non perché avessimo una qualunque
relazione, né perché avesse l’aria di essere particolarmente cordiale (di fatto, lo trovavo un personaggio piuttosto freddo, il tipico matematico),
ma perché aveva fama d’essere il genio del corpo
docente. Aveva lavorato allo sviluppo di qualche
modello matematico per il Manhattan Project e
pensai che avrei fatto meglio a sottoporre il mio
dilemma a un “genio”.
Andai comunque prima dal mio tutor. Mi lasciò
parlare per un paio di minuti e poi, gentilmente,
mi interruppe. “È vero che qui alla Exeter stai ottenendo risultati mediocri, Scotty, ma non va così
male, non rischi la bocciatura. Sarebbe meglio per
te diplomarti in una scuola rinomata come la Exeter con voti mediocri, che diplomarti con ottimi
voti in una scuola mediocre. E poi il tuo curriculum ne soffrirebbe, se tu decidessi di cambiare
scuola così, a metà del corso di studi. Inoltre, sono
certo che i tuoi genitori ne sarebbero piuttosto tur-
DARE E RICEVERE FEEDBACK
bati, quindi perché non rimani e non cerchi di
fare del tuo meglio?”.
Poi andai dal vecchio burbero. Mi lasciò parlare per trenta secondi. “Exeter è la scuola migliore
del mondo”, m’interruppe brusco. “È proprio una
sciocchezza, quella che hai in mente. Vedi invece
di darti da fare, giovanotto!”. Sentendomi sempre
peggio, andai a parlare con il signor Lynch. Lasciò
che mi sfogassi: non ci vollero più di cinque minuti. Poi disse che non aveva ancora capito bene
e mi chiese di parlargli ancora della Exeter, della
mia famiglia, di Dio (già, mi diede addirittura
il permesso di parlare di Dio): qualsiasi cosa che
mi venisse in mente. E così parlai per altri dieci
minuti: non male, per un quindicenne depresso e
taciturno. Quando ebbi finito, mi chiese se mi dispiaceva rispondere ad alcune sue domande. Grato di tutta questa considerazione da parte di un
adulto, risposi: “No, certo che no”, e mi fece un
sacco di domande nella mezz’ora successiva.
Finalmente, dopo tre quarti d’ora buoni, quello
che sarebbe dovuto essere il freddo e insensibile
matematico si appoggiò allo schienale della sedia
con un’espressione sofferta in volto e disse: “Mi dispiace. Non ti posso aiutare. Non ho nessun consiglio per te”. Poi proseguì: “Sai, per una persona
è impossibile mettersi completamente nei panni di
un’altra. Ma per quel che riesco a mettermi nei
tuoi panni – e sono felice di non esserci per davvero
– non so che cosa farei se fossi in te. Quindi, vedi,
non so proprio come consigliarti. Mi dispiace di
non poterti essere d’aiuto”.
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PNL AL LAVORO
Ed è possibile che quell’uomo mi abbia salvato la
vita e che io sia qui oggi, a scrivere queste pagine,
grazie al signor Lynch. Perché, quando entrai nel
suo ufficio quella mattina di quarant’anni fa, ero
sull’orlo del suicidio e quando ne uscii mi sentivo
come se mi avessero tolto un peso da una tonnellata dalla schiena. Perché se un “genio” non sapeva
cosa fare, allora era normale che neanche io sapessi
cosa fare. E se stavo prendendo in considerazione
una possibilità che agli occhi del mondo sembrava
totalmente assurda e un genio non era in grado
di assicurarmi che era chiaramente e ovviamente
un’idiozia, allora, forse, forse era qualcosa che Dio
mi chiamava a fare. Perciò fu quell’uomo senza
risposte o soluzioni belle e pronte, che non sapeva
cosa fare e che fu disposto a mettersi a nudo, fu lui
a darmi l’aiuto di cui avevo bisogno. Fu quell’uomo che mi ascoltò, che mi dedicò il suo tempo, che
cercò di mettersi nei miei panni, che si impegnò al
massimo, sacrificandosi per me, che mi amò. E fu
quell’uomo a guarirmi. Fu uno straordinario gesto
di civiltà e cortesia.
Peck, M.S., The Road Less Traveled: A New Psychology of
Love, Traditional Values and Spiritual Growth, Simon &
Schuster, 1997. (Brano riprodotto con il permesso dell’autore.)
EDIZIONE ITALIANA:
Peck, M.S., Voglia di bene, Frassinelli, Milano, 2004.