CIRCONDARIO EMPOLESE VALDELSA
Transcript
CIRCONDARIO EMPOLESE VALDELSA
CIRCONDARIO EMPOLESE VALDELSA Resoconto dalla registrazione su nastro della seduta tenuta nell'aula consiliare della sede comunale di Empoli il 13 novembre 2003, alle ore 21 Presiede Gianfranco Bartolini , presidente dell’Assemblea, assistito dal Segretario dott. Fedeli Simonetta. Appello Consiglieri Proceduto all'appello da parte del Segretario risultano presenti n. 21 componenti e assenti n. 15, come segue. Presenti: 1) Bartolini Gianfranco, 2) Campitoti Veronica, Fanciullacci Luca, 6) Malquori Paolo, 3) Faenzi Giancarlo, 5) 7) Talini Florio, 8) Bartalucci Emanuele, 9) Ferrara Giuseppe, 10) Pucci Piero, 11) Mainolfi Giuseppe, 12) Parri Andrea, 13) Acciaioli Chiara, 14) Lichi Rossella, 15) Bicchielli Claudio, 16) Cafaggi Luigi, 17) Baldi Roberto, 18) Gaccione Paolo, 19) Perasole Vincenzo, 20) Fruet Roberto, 21) Marchetti Leonardo. Assenti: 1) Alderighi Alessandro, 2) Bugli Vittorio, 3) Cantini Laura, 4) Marconcini Mauro, 5) Montagni Marco, 6) Spini Rosalba, 7) Cappelli Mario, 8) Ciampolini Filippo, 9) Nardone Francesca, 10) Pucci Carlo, 11) Borgioli Luca, 12) Niccolai Emiliano, 13) Petri Andrea, 14) Peccanti Raffaele, 15) De Micheli 1 Giuseppe. Constatato il numero legale degli intervenuti il Presidente dichiara la validità della seduta. (Presenti n. 21) Commemorazione strage italiani in Iraq Il Presidente comunica che la convocazione urgente e straordinaria di questa Assemblea, come tutti sanno, è motivata dalle tragiche notizie che sono giunte dall’Iraq. Questa riunione vuole essere – prosegue - essenzialmente una commemorazione. Un rendere omaggio ai nostri Carabinieri, ai nostri concittadini, in divisa e anche civili. Vuole essere una espressione di pietà e di cordoglio alle vittime del terrorismo più spietato. 19 sono i morti, italiani, più 9 cittadini iracheni. Il tragico attentato di Nassiriya ci amareggia l’animo e ci lascia sgomenti. Questi sono giorni tristi e cupi per tutti gli italiani e per tutti gli uomini di buona volontà. Unanimi sono stati il cordoglio e la condanna dell’attentato e del terrorismo che l’ha provocato. Questo è il momento della pietà e del dolore. E’ il momento di piangere i nostri morti che hanno speso la loro vita nell’adempimento di un dovere, non occasionale, ma ormai collaudato e sperimentato. Questi soldati sono abituati a portare aiuto, a sostenere, a promuovere, ad organizzare i servizi essenziali, a togliere la fame e la sete; ad accogliere le persone in ogni parte del mondo, correndo, come abbiamo più volte visto, dei grossi rischi. 2 Le istituzioni hanno l’obbligo di ascoltare e di cogliere le aspirazioni e i sentimenti più profondi espressi dai cittadini. Quindi anche la nostra Assemblea, pur cosciente delle limitate possibilità, cerca tuttavia di far sentire la sua voce, per ribadire un NO deciso alla guerra e al terrorismo internazionale. Per continuare a sperare e chiedere di evitare l’orrore di nuovi attentati. Chiedere che il dialogo e la concordia facciano progredire la convivenza fra i popoli, le nazioni, le religioni, i gruppi. Dovrà valere l’assioma “Se vuoi la pace opera per la pace, costruisci la pace; fatti operatore di pace” che dovrà avere come fondamento e come coronamento la giustizia e i diritti della persona. Perché la pace si crea giorno per giorno, nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole, nei nostri quartieri, nei nostri posti di lavoro. La pace si crea giorno per giorno anche con l’opera paziente e puntuale, presente, dei nostri soldati impegnati in operazioni umanitarie. Ogni giorno, con il nostro modo di vivere, siamo pro o contro la pace. E’ auspicabile che dalla tragicità di questi eventi nasca un nuovo modo di gestire le controversie internazionali, in modo da non dover sottostare alla legge del più forte o del più settario fondamentalista. Dobbiamo tutti operare perché sia riaffermata con forza la solidarietà europea e rafforzate le strutture dell’Europa unita con l’adozione di una adeguata costituzione, in modo che l’Europa sia una voce unica nei mercati mondiali, nella politica estera e nella difesa comune. Dobbiamo riaffermare la centralità dell’Onu come fondamento del diritto internazionale, visto che molte scelte sbagliate o risoluzioni non attuate dipendono proprio dalla debolezza dell’attuale struttura dell’Onu. Dobbiamo operare per ricucire al più presto tutti gli strappi che si sono verificati nel tessuto dei rapporti internazionali. Dobbiamo adottare una nuova strategia per il conseguimento di 3 una pace stabile e condivisa. Rivolgiamo il nostro pensiero ai familiari delle vittime e porgiamo loro tutta la nostra solidarietà. Formulando l’augurio che il pensiero che i loro cari sono morti per uno scopo di solidarietà renda meno dolorosa la loro perdita. Ricordiamo le persone che sono rimaste vittime, con un minuto di raccoglimento e di riflessione, ciascuno secondo la propria sensibilità. Con il tacito assenso l’Assemblea osserva un minuto di raccoglimento in memoria delle vittime. Alla ripresa dei lavori il Presidente informa l’Assemblea che il sindaco Laura Cantini di Castelfiorentino comunica di non potere essere presente ma comunque di aver mandato un telegramma di condoglianze e di cordoglio ai Carabinieri di Castelfiorentino. Nello stesso tempo vi informo che stamani dal Circondario abbiamo fatto un telegramma al comandante dell’Arma dei Carabinieri di Empoli. Era stato anche invitato a questa Assemblea. Purtroppo non è venuto, non ne conosco il motivo. Il documento che vi ho letto è già stato consegnato ai capigruppo. Cedo la parola a un membro della Giunta. Florio Talini Anche la Giunta condivide le impostazioni esposte nel documento del Presidente, e il tono con cui stasera ci siamo riuniti in seduta straordinaria. Si riuniranno anche i Consigli comunali del nostro Circondario in questi giorni. Certamente questo è il momento del dolore. Il dolore di una nazione intera, nostra, che d’improvviso si trova a contare i morti di una guerra, senza avere la consapevolezza di essere in guerra. 4 Nessuno ha trasmesso agli italiani l’esatta percezione del nostro ruolo nello scenario iracheno. Per questo oggi contiamo i morti, giovani soldati e carabinieri uccisi dal terrorismo, senza che nella coscienza politica collettiva ci sia una spiegazione dell’accaduto. Oggi contiamo i morti, raccogliamo le loro storie di uomini e ragazzi, cresciuti in tempo di pace e uccisi dal terrorismo iracheno, senza aver compiutamente elaborato nella coscienza collettiva la consapevolezza di essere in guerra. Siamo vicini, come ha detto il Presidente del Circondario, all’Arma dei Carabinieri, all’Esercito e soprattutto alle famiglie dei Caduti e dei feriti, così come siamo vicini alle famiglie delle vittime civili italiane e irachene. Un sentimento profondo di solidarietà e di cordoglio ci unisce in un momento all’orgoglio per questi ragazzi, per la loro capacità professionale, il loro spirito umanitario e l’attenzione alle popolazioni civili che sempre hanno caratterizzato l’impegno dei nostri militari e li hanno fatti apprezzare in ogni angolo del mondo. Nessuna strumentalizzazione, dunque, perché non si possono fare calcoli di parte davanti a una tragedia. Verrà il momento di discutere. Oggi, vi è un appello alla solidarietà e alla coesione. Nessuno di noi può pregiudizialmente sottrarsi al valore di questo appello. Ma allo stesso tempo nessuna sospensione della politica. Non sarebbe giusto, verso le vittime far tacere le ragioni della politica, le ragioni di un esame della realtà, perché oggi più che mai è indispensabile cambiare strada, in modo tale da far uscire la comunità internazionale da una situazione disastrosa. C’è una logica perversa in ciò che accade in Iraq. I terribili eventi di questo giorno sono il frutto di una sequela di errori, a partire da una guerra unilaterale, non condivisa dalla Comunità internazionale, che ha diffuso sentimenti anti occidentali in gran parte del mondo islamico, per 5 finire a una valutazione sbagliata della situazione da parte di chi credeva che le truppe liberatrici sarebbero state accolte da folle festanti. Dunque è evidente che si deve cambiare strada. E’ evidente che questa strategia di lotta al terrorismo, non solo non ha ridotto, ma ha aumentato la minaccia e il mondo rischia di precipitare verso quel conflitto di civiltà che è esattamente ciò che i terroristi vogliono. Le democrazie hanno il diritto e il dovere di difendere i loro cittadini dal terrorismo, ma hanno anche l’obbligo di difendersi restando democrazia. Quindi, rispettando il diritto internazionale, i sistemi di regolazione dei conflitti e gli organismi di garanzia come le Nazioni Unite. Quella dell’Onu è oggi l’unica strada percorribile. Quando il governo italiano decise di mandare 2.500 soldati nell’Iraq meridionale le Nazioni Unite, a cui il presidente del Consiglio diceva rifarsi, non aveva ancora inviato il mandato alla coalizione guidata dagli americani. Queste scelte hanno diviso il Continente, fra vecchia e nuova Europa. E anche l’Europa più vecchia si è spaccata in due. Il governo italiano, tra il tentativo di ricomporre una identità europea e l’alleanza militare con gli Usa, ha scelto questa seconda strada. Oggi, dopo che l’America ha chiesto aiuto all’ONU, per tentare di ritrovare un controllo per un dopoguerra impazzito, l’Italia deve lavorare per riportare la politica al suo posto, aiutando le Nazioni Unite a giocare un ruolo concreto; gli iracheni a costruire un vero governo autonomo; l’Occidente a contare sui valori dell’Europa accanto a quelli dell’America, cambiando strada attraverso la politica, facendo prevalere il sentimento di pace e di cooperazione internazionale, che così vivo è ed è presente in tutto il mondo. Ci sono ormai cose chiare a tutti: la lotta al terrorismo si deve fare con la ripresa e il rafforzamento del multilateralismo e della cooperazione. Ogni impegno militare, politico e umanitario va ricondotto 6 sotto il comando del governo dell’ONU. Si vede come l’uniteralismo abbia condotto tutti in un vicolo cieco. Serve una inversione di rotta, dando urgentemente seguito alla risoluzione dell’ONU n.1511. L’Italia oggi è a capo dell’Unione Europea. Deve fare la sua parte. In molti avevano denunciato con forza i gravissimi rischi della guerra preventiva con l’Iraq. Dalla nostra città, dai nostri comuni, dalle nostre Regioni, ma anche dalle più alte autorità religiose e spirituali, si era levato un appello alla pace perché si affrontasse con rinnovato coraggio la questione palestinese. Oggi dobbiamo insistere perché il sacrificio dei nostri militari non sia vano e dobbiamo sapere onorarlo. Serve una grande iniziativa politica di pace che ci deve vedere tutti protagonisti. Nella nostra zona, viviamo ore di straordinaria mobilitazione. Tanti Consigli comunali, provinciali, si stanno riunendo per esprimere solidarietà e abbracciare le famiglie dei Caduti; CGIL, CISL e UIL, con un posizione unitaria di grande valore, con i concetti della quale voglio concludere questo intervento, hanno aperto la strada a una iniziativa di tutte le forze sociali: CGIL, CISL e UIL della Toscana dicono nel loro documento di ribadire le loro convinzioni che il terrorismo e la guerra siano “nemici dei popoli e vanno combattuti - così scrivono - con armi non convenzionali, come la libertà, la giustizia, i diritti, la tolleranza, garantendo e consolidando l’autorevole ruolo delle istituzioni internazionali. I regimi autoritari non si sconfiggono con la devastazione delle armi ma con una cooperazione internazionale e il dialogo politico per far crescere la democrazia e una opinione pubblica libera”. Roberto Fruet Questa assemblea vuole, appunto, oggi esprimere il proprio 7 cordoglio, la propria rabbia per quanto è successo in Iraq e non andare alla ricerca di situazioni sul perché o sul come, se si doveva o non si doveva. Ecco perché noi dell’UDC abbiamo un piccolo scritto di cui do lettura: “Le famiglie dei soldati italiani assassinati a Nassiriya piangono i loro cari. Il Paese, che proprio dalle tragedie deve mostrarsi forte, li ricorda con il cuore gonfio di angoscia e di rabbia. Di angoscia per il lutto. Di rabbia per l’insensatezza stragista di un terrorismo feroce e dei suoi deliranti kamikaze. Questo è un momento di unità e non di polemiche, come è stato detto anche da uomini responsabili, sia di maggioranza che di minoranza. E’ un momento di unità e non di polemiche. I Caduti italiani non sono andati laggiù per combattere una guerra. Sono andati laggiù per portare pace, sicurezza, ed ogni soccorso materiale alla popolazione di un Iraq stremato e dilaniato anche dalle faide interne. I militari italiani erano lì per aiutare, non per occupare, e ancor meno per reprimere. - Hanno infatti portato, lì a Nassiriya dove erano, per esempio la luce, con i collegamenti elettronici che hanno donato alla città di Nassiriya, per cui hanno la luce 24 ore su 24 che prima, sotto Saddam avevano per 6 ore al giorno. Così come tante altre cose. Sono state riaperte le scuole, sono stati assunti 1500 impiegati civili per spazzare, per portar via nettezza, per ripristinare svariati servizi. Quindi sono andati là come sempre hanno fatto i nostri italiani all’estero, cioè, ripristinare quello che è possibile e dare a quelle popolazioni, che la guerra ha toccato così duramente, una certa parvenza per cercare di portarli alla normalità. - I militari italiani erano lì per aiutarli, non per occupare e ancor meno per reprimere. Con questo atteggiamento si erano, e si sono, guadagnati la riconoscenza di molti iracheni. (Evidentemente non di tutti, o forse non certo dei terroristi che probabilmente vengono dal di fuori). 8 L’Italia fa la sua parte nell’ambito e con i limiti decisi dal Parlamento, che rappresenta la volontà del paese, per restituire agli iracheni l’amministrazione della loro patria. Un paese, il nostro, che si china commosso sulle bare dei suoi ultimi Caduti, per promettere che non li dimenticheremo e che non si tradirà il loro sacrificio. Giuseppe Mainolfi Voglio esprimere a nome del gruppo di Forza Italia il cordoglio ai familiari delle vittime e solidarietà all’Arma dei Carabinieri per l’attentato di ieri a Nassiriya. Oggi è giorno di lutto per tutto il popolo italiano, per il vile attentato terroristico, che è costato la vita a 19 persone, tra i quali 13 carabinieri, 4 soldati e due civili. Quindi cerchiamo di non infangare il dolore delle famiglie dei militari uccisi, dell’Arma dei Carabinieri, dell’esercito, scendendo sul terreno della sterile contrapposizione politica e della strumentalizzazione ideologica. La giornata del 12 novembre, ieri, rappresenta il nostro 11 settembre, perché per la prima volta il terrorismo internazionale ha colpito un obiettivo italiano, sia pure in terra straniera. I nostri militari si sono sempre distinti nel mondo per la loro impeccabile professionalità e per lo spiccato senso di umanità, che contraddistingue il nostro popolo, fraternizzando in Libano come in Bosnia, in Kossovo come in Iraq, con le popolazioni locali e diventando essenziale punto di riferimento per la rinascita dei paesi, martirizzati dalle guerre, dalla fame e dalle distruzioni. Anche nel sud dell’Iraq i carabinieri e i soldati hanno lavorato fino a ieri con pazienza e tenacia, per assicurare una transazione morbida dalla dittatura di Saddam alla democrazia, dopo la guerra lampo. Quella italiana è stata una spedizione di pace, dispiegata 9 unicamente su decisione del Parlamento italiano e con la copertura di una risoluzione ONU per garantire la sicurezza degli abitanti di Nassiriya e delle città vicine e per assicurare loro l’arrivo degli indispensabili aiuti umanitari. L’attacco di ieri è un autentico atto di guerra, e dunque frutto solo della scelta logica del terrorismo fondamentalista che utilizza i kamikaze per spargere odio e morte. Vorrei ricordare le parole del Presidente della Repubblica Ciampi, ieri, appena appreso la notizia dell’attentato. Diceva che deve essere una priorità per tutti i popoli la lotta al terrorismo; gli stati liberi devono essere uniti e determinati contro questa minaccia. Devo dire che noi, queste affermazioni del Presidente della Repubblica, le condividiamo in pieno perché siamo fermamente convinti che solo così si potrà debellare il terrorismo e restituire a tutti i popoli quella sicurezza che dopo l’11 settembre è stata smarrita. Paolo Gaccione Noi siamo stati, fin dall’inizio, contrari a questo tipo di reazione, sia quando è stato lanciato l’attacco da parte degli Stati Uniti, sia quando il nostro governo, prima, oltre ad essere convinto di questa azione, l’ha anche in qualche maniera favorita. Ricordiamo tutti i passaggi, le basi, le partenze dai nostri aeroporti, l’uso delle strutture civili. Abbiamo contrastato in tutti i modi questo tipo di operazioni. In tutte le sedi istituzionali e continueremo a farlo. Però questo non ci può impedire, quando si verifica un fatto come quello che è accaduto ieri in Iraq, di partecipare convintamene e a pieno titolo al dolore delle famiglie e di tutti coloro, amici, parenti, che sono stati colpiti in maniera così tremenda. Questo noi lo facciamo convintamene e su questo non ci deve essere discussione oppure una supposta accusa di ipocrisia o di cinismo quando noi, pur condividendo e partecipando pienamente al dolore, 10 continuiamo ad affermare le nostre idee, i nostri principi. Questa sera io mi sento di ringraziare il presidente e per come si sta svolgendo il dibattito, se pure ci potevano essere degli spunti da discutere in questa Assemblea, perché mi sembra che ci si stia dimostrando responsabili e consapevoli di quello che è accaduto. Ritengo sia un segno di maturità per la nostra area, il dibattito che si sta svolgendo questa sera, e voglio nuovamente ringraziare il presidente per come ha impostato questa seduta e anche per le sue parole, che mi sembra possano rappresentare tutta l’Assemblea. Chiaramente poi ci sarà il momento in cui entreremo nel merito. Il giorno 26 dovremo discutere e ci confronteremo su quelle che sono le politiche del nostro paese. Ma oggi io sono convinto che questa sia l’unica cosa da fare e che abbiamo fatto bene a fare questa scelta. Rossella Lichi Oggi, come mai, Alleanza Nazionale e tutti i suoi rappresentanti, uniti nel lutto, nel dolore e nel cordoglio, esprimono piena solidarietà a tutti i soldati, ai carabinieri, ai Caduti, alle loro famiglie, a tutti coloro che, come questi italiani, sono stati vittime del terrorismo. Le famiglie di questi uomini, accompagnati dal lutto dell’intera nazione, si trovano a piangere i propri figli, i propri fratelli, i propri mariti. Analogamente però vorremmo che il nostro sentimento di dolore giungesse anche alle famiglie dei civili assassinati. La perdita di vite umane è sempre una tragedia. Un dolore grande per una nazione che dal dopoguerra non aveva mai avuto, in una sola volta, perdite così gravi. Purtroppo c’è da dire che ancora, a quanto si sente dalle ultime notizie, bilanci definitivi non ci sono perché ci sono dei feriti gravi, i civili morti, dall’ultimo telegiornale che ho sentito, sono 13 e 19 italiani. 11 E’ un dolore profondo per le vite stroncate dal terrorismo durante una spedizione umanitaria e di libertà, in soccorso al popolo iracheno, in difesa della stabilità e della sicurezza nel Medio Oriente. I nostri uomini non sono solo impegnati nel sostenere il cammino dell’Iraq verso la democrazia, ma cercano di rendere la situazione più sopportabile ai bambini, alle donne, ai deboli, che vivono in una regione martoriata per trentaquattro anni da un regime ed ora anche dal terrorismo. I nostri soldati hanno lavorato e stanno lavorando per la rinascita dell’Iraq, per il varo di un governo che possa rappresentare tutte le etnie e tutte le religioni. Abbiamo circa 12 mila uomini in tutto il mondo in missione di pace. L’umanità e il loro coraggio fanno sì che siano fra i più apprezzati al mondo come forze di pace. L’azione contro gli italiani, secondo noi, non è una guerra o una resistenza, ma è terrorismo. E’ un terrorismo che ammanta di eroismo ciò che è soltanto viltà. E’ terrorismo quello che ha colpito l’ONU, la Croce Rossa e anche Riad, per intimidire l’Islam moderato, che cerca di sottrarsi al ricatto dell’islamismo terrorista. Ieri hanno colpito noi. Come è già stato detto, anche noi abbiamo avuto il nostro 11 settembre. Io sono stanca. A New York ho assistito proprio al momento in cui ancora stavano scavando per estrarre le vittime. E’ una cosa impressionante, terrificante, essere lì e vedere quello spettacolo: non si possono descrivere i sentimenti che si provano. Cosa che hanno provato i nostri italiani laggiù; credo che sia stato uguale. Pensare di trovarsi lì, dove in pochi minuti sono scomparse tremila persone civili. Purtroppo i caduti di ieri si aggiungono al già alto numero di italiani 12 che nella nostra storia hanno perduto la vita per garantire sicurezza a tutti noi e per difendere libertà e democrazia dal vortice assassino del terrorismo. Noi purtroppo l’abbiamo vissuto già in precedenza, in Italia, il terrorismo. Negli anni settanta. E come nazione abbiamo reagito bene, siamo stati tutti compatti e abbiamo portato avanti una grande lotta. Ribadisco che secondo me è importante ora continuare la lotta anche contro il terrorismo internazionale. Non si tratta più del terrorismo di casa nostra. E’ un terrorismo che investe tutta l’umanità e che può colpire indifferentemente tutte le parti. Vi è un momento per il dolore, un momento per le recriminazioni. Certo oggi non è neppure il momento dei dubbi. Sono contenta che nell’Assemblea del Circondario si sia trovato la strada di un sentimento unitario, così come la seppe ritrovare l’opposizione degli Stati Uniti quando, in un solo terribile colpo, quel paese perse tremila vite umane. Sono convinta che la lotta contro il terrorismo non deve avere tregua, perché se vince il terrorismo siamo tutti vittime potenziali di un terrorismo cieco, bieco, insensato e crudele. Piero Pucci Il gravissimo attentato alla base italiana di Nassiriya ci coglie di sorpresa. In momenti come questi poche sono le cose da dire. Ci sentiamo di esprimere la solidarietà e la vicinanza alle famiglie dei caduti, ai feriti, all’esercito italiano e all’Arma dei Carabinieri, che ancora una volta pagano il prezzo più alto. Il nostro pensiero va alle famiglie degli uccisi, civili e militari, italiani ed iracheni, per un ignobile atto di terrorismo. Siamo loro vicini nel dolore. Tutta la nostra area si stringe attorno a loro per sostenerli in questo momento e in questa dura prova. Fino ad oggi avevamo creduto che i nostri militari fossero visti 13 con occhi diversi in Iraq, che fossero i benvenuti, perché italiani e perché capaci, più di altri, di stabilire dei rapporti di amicizia con le popolazioni, come era del resto già successo in altre situazioni, in altre parti del mondo. Pensavamo di essere in qualche maniera diversi dagli americani e dagli inglesi, che pure hanno dovuto pagare un prezzo di sangue troppo alto. Da oggi sappiamo che non è così, che anche gli italiani sono sotto tiro e che agli occhi dei terroristi veniamo accomunati a tutti i militari presenti nell’area mediorientale. L’attentato che ci ha colpito e quelli che l’hanno preceduto hanno confermato tutte le più gravi preoccupazioni, quelle stesse che nell’empolese valdelsa avevano motivato la ripulsa di tutta una comunità verso una guerra illegittima e sbagliata. I regimi autoritari non si sconfiggono con le devastazioni delle armi, ma con la cooperazione internazionale ed il dialogo politico, che fa crescere la democrazia ed un’opinione pubblica libera. Ribadiamo la convinzione che terrorismo e guerra siano nemici dei popoli e che vanno combattuti con altri mezzi: la libertà, la giustizia, i diritti, la tolleranza, garantendo e consolidando il ruolo delle istituzioni internazionali. Ci sono cose ormai chiare a tutti: la lotta al terrorismo si deve fare con la ripresa e il rafforzamento del multilateralismo e della cooperazione. Ogni impegno militare, politico e umanitario, va ricondotto sotto il comando e il governo dell’Onu. Oggi, purtroppo, si vede meglio anche come l’unilateralismo abbia condotto tutti in un vicolo cieco. Bisogna procedere rapidamente sulla risoluzione 1511, con l’accelerazione della transizione, per affidare il potere agli iracheni, con il coinvolgimento sul campo di forze militari di paesi che non hanno fatto la guerra e non l’hanno condivisa. Su questo il governo deve immediatamente attivarsi. Questo non è il momento di 14 dividere il paese e le istituzioni, ma è importante un impegno da subito da parte del nostro governo, affinché l’Europa giochi un ruolo attivo per l’entrata in gioco delle Nazioni Unite. Dunque è evidente che si deve cambiare strada. E’ evidente che questa strategia di lotta al terrorismo non solo non ha ridotto, ma anzi ha accresciuto il pericolo, rischiando di determinare un allargamento del conflitto e di precipitare il mondo verso quel conflitto di civiltà che è esattamente ciò che i terroristi volevano. Claudio Bicchielli Come ha ricordato anche il presidente, oggi ci siamo accorti di essere in guerra. E quando siamo in guerra anche la politica fa un passo indietro. Bisogna unirsi tutti, in maniera più o meno convinta, perché le cose non nascono sotto un cavolo o scendono dal cielo. Ma quello che mi ha preoccupato, dagli interventi e anche da ciò che viene scritto sui giornali, a parte gli osservatori più attenti – cito per tutti Sergio Romano, non un vetero comunista o un bolscevico – è il pensare che tutto si risolva con la lotta al terrorismo e ritenere quell’atto lì solo un atto di terrorismo. Non è così. Sbaglieremmo un’altra volta. Noi qui siamo truppe di occupazione. Ormai è questo il dato. Questo è il dato politico su cui riflettere, se non vogliamo domani arrivare a fare un’altra rievocazione. Io vorrei dire che ci sono stati quindicimila morti tra gli iracheni, con questo esercito di invasione. Due terzi civili. Diecimila persone. Carne e sangue di un popolo. E voi pensate che questo non conti nulla? Pensate che basti portare generatori e caramelle? Io credo che sia diverso. Credo che dobbiamo forse riflettere di più. Qui si parla di guerriglia, non di attentati. Di guerriglia che usa l’attentato, ma è una guerriglia organizzata. Leggiamoli i giornali, leggiamo il Sole 24ore, 15 leggiamo l’analisi che fa Stefano Silvestri: è un problema più serio del terrorismo. Allora affrontiamo questo problema, se non vogliamo davvero, tra quindici giorni, ritornare in maniera ecumenica a parlare di morti. Ce ne saranno, purtroppo. Ce ne saranno americani, inglesi, iracheni, italiani. Proprio perché è sbagliato l’approccio. E’ un popolo che, a suo modo, lotta per la libertà, per la sua libertà. Paradossalmente, da quando questa forza anglo americana è andata in Iraq, l’Iraq ha dato più problemi a tutte queste forze di quando c’era Saddam. Sono andati lì e hanno pensato di risolvere il problema con la guerra lampo e poi si sono accorti che invece i problemi sono arrivati dopo. Allora, cerchiamo di essere lungimiranti anche in questa fase, considerando le cose con spirito libero, senza tentare di dar loro un’interpretazione di parte. Cerchiamo di capire anche gli altri, un popolo. Anche noi abbiamo vissuto un esercito d’occupazione e abbiamo fatto tanti atti per liberarci da questo esercito. Per loro è un esercito di occupazione, non c’è nessuna differenza. Questo è il problema grosso che si deve porre anzitutto la politica. Se non capiamo questo credo che saremo a piangere, fra quindici giorni, fra un mese, ancora i nostri morti. Allora è giusto portare la solidarietà, anzitutto alle famiglie. Le famiglie dei carabinieri, dei civili, di tutti gli iracheni, di tutti i morti. Dovremmo fare la giornata di lutto ogni volta che si scatena una guerra nel mondo. Dovrebbe essere una rivolta morale. Perché per me, per mia cultura, che siano morti italiani o che siano morti iracheni, o americani, sono morti di guerra: non fa nessuna differenza. Non voglio sentire una retorica patriottarda e nazionalista, non mi piace, non è nella mia cultura. Non pesano meno gli altri morti. Questa è una mia impostazione personale, certamente. Io non sono un cattolico, però il valore della vita ce l’ho tutto. Ed è per questo 16 che noi diciamo in questo momento che il rimanere lì, in Iraq, come truppe di occupazione – perché così viene vissuto – è un dato negativo, un dato sbagliato. E quindi le forze – qualcuno l’ha detto- che non hanno fatto la guerra, devono dare una lettura diversa ai fatti che accadono. Ci vuole poco a dire che siamo tutti colpiti e poi, magari, se un discorso non ci torna, alzarsi e andare via. Si può fare, fortunatamente siamo in un regime di libertà, però non serve. Non basta tapparsi le orecchie e gli occhi per non sentire cose che non rispondono a quello che si vorrebbe sentire. Cerchiamo di fare un salto in avanti. Ormai questa guerra c’è stata, i danni li ha provocati, cerchiamo di non aggiungerne altri e di far giungere al governo, all’Europa, al presidente Prodi, un’azione concreta, diretta, forte, oggi più che mai, di un intervento attivo dell’Europa in questa disgraziatissima guerra. Non essendoci altri interventi, il Presidente ringrazia tutti per la presenza, che ha permesso di poter tenere questa assemblea manifestando, prima di tutto, il cordoglio e la solidarietà verso le famiglie e verso i Caduti. Ricordando che ci sarà modo di entrare ancora più nel merito, in occasione della prossima Assemblea, ritiene di non dover aggiungere altro e rinnova il suo ringraziamento per la responsabilità istituzionale dimostrata. 17