Quaderni della Fonte - Scuola Steineriana Manduria

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Quaderni della Fonte - Scuola Steineriana Manduria
nuovo
numero
1 - 2013
Periodico di informazione
dell’Associazione Pedagogica
Steineriana Giardino degli Ulivi
Scuola La Fonte - Manduria
Quaderni della Fonte
4 Ottobre 2012
Buon compleanno scuola
di Tino Semeraro
I GIORNI DELLA CRISI
di Nicola Tito Marin
IL FIORE MAGICO
Spettacolo di Euritmia
MEETING EUROPEO DEI GENITORI
DELLE SCUOLE WALDORF
di Monica Picchi
LA PAGINA DELLA CRONACA
GRUPPI GRUPPI GRUPPI
dall’incontro dei gruppi di iniziativa del 10 dicembre 2012
[email protected] - www.scuolawaldorfmanduria.org
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Quaderni della Fonte
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SOMMARIO
nuovo
numero 1 - dicembre 2012
Periodico di informazione
dell’Associazione Pedagogica
Steineriana Giardino degli Ulivi
Scuola La Fonte - Manduria
Quaderni della Fonte
IL CONTRASTO TRA MONDO GLOBALE
E STATO NAZIONALE
Esigenza di un nuovo quadro sociale
di Nicola Tito Marin
MONDO GLOBALE
E STATO NAZIONALE
Esigenza quadro sociale
3.
4 Ottobre 2012
Buon compleanno scuola
di Tino Semeraro
4.
Rapporto tra Cultura e Pedagogia
di Nicola Tito Marin
ECONOMIA - Triarticolazione
di Nicola Tito Marin
6.
CONCERTO per il Gemellaggio
con la JugendKammerOrchester
di Marianna Calò
8.
IL FIORE MAGICO:
un miracolo dopo l’altro!
di Gabriella Pietrosanto
10.
Considerazioni sulla fiaba
del Fiore Magico della maestra Gioia Falk
di Valeria Mazza
13 . Storia di un asilo steineriano
di Matteo Laudisa
15 . Gennaio 2011
di Chiara Filaferro
17 . MEETING EUROPEO DEI GENITORI
DELLE SCUOLE WALDORF
di Monica Picchi
20 . Di ferro in ferro
di Tino Semeraro
di Nicola Tito Marin
IL CONTRASTO TRA MONDO
E STATO NAZIONALE
Esigenza di un nuovo quadro
di Nicola Tito Marin
IL CONTRASTO TRA MONDO GLOBALE E STATO
NAZIONALE Esigenza di un nuovo quadro sociale
di Nicola Tito Marin
IL CONTRASTO TRA MONDO GLOBALE
E STATO NAZIONALE
Esigenza di un nuovo quadro sociale
di Nicola Tito Marin
[email protected] - www.scuolawaldorfmanduria.org
Numero 1 - 2013
Responsabile: Nicola Tito Marin
Hanno collaborato a questo numero:
Nicola Tito Marin, Matteo Laudisa, Tino Semeraro,
Gabriella Pietrosanto, Vilma Orlando,
Chiara Filaferro, Marianna Calò,
Valeria Mazza, Monica Picchi.
Progetto editoriale e impaginazione:
Matteo Laudisa .com
Disegno di copertina:
Anna Mezzolla
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22 . La pagina della cronaca
GRUPPI GRUPPI GRUPPI
2012l’incontro dei gruppi di iniziativa
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del 10 dicembre 2012
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4 Ottobre 2012
Buon compleanno scuola di Tino Semeraro
In questo giorno si celebra il compleanno della
scuola, infatti il 4 ottobre del 1993 si inaugurò il
primo giardino d’infanzia avviato nella dependance di campagna dell’allora ed attuale Presidente
Fernando Lomartire in c.da Pasano in Sava, con
una piccola classe di quattro bambini condotti dalla maestra Liliana. Padrino del battesimo fu l’indimenticabile ed indimenticato Salvatore Colonna,
presidente della scuola steineriana di Oriago, con
il quale si instaurò un rapporto di lunga ed intensa collaborazione e che ha rappresentato la guida
Spirituale della nostra scuola a fianco dell’ispiratore e primo sostenitore Fernando. A loro e a tutti
coloro che hanno operato in questi anni con dedizione ed abnegazione per la nascita e lo sviluppo
della scuola, l’Associazione “Giardino degli Ulivi”
rivolge il più fraterno ringraziamento e i più buoni
pensieri.
Nella circostanza celebrativa si è inserita la visita di
una comitiva di antroposofi provenienti dalla Svizzera, Germania e Austria accompagnati dal maestro Marcus Shnejder, responsabile della sezione
di pedagogia della libera Università della Scienza
dello Spirito in Dornach. La visita si è svolta nelle ore pomeridiane accompagnando i turisti nelle
classi. Gli insegnanti si sono resi disponibili per
l’accompagnamento garantendo la comunicazione
in lingua tedesca e favorendo il miglior agio. La prima impressione della osservazione fisica delle aule
ha suscitato grande interesse ed apprezzamento
immediatamente manifestato dai convenuti, per
cui, con l’animo già “riscaldato” la comitiva è stata
accolta al loro ingresso in teatro dal coro dei nostri
allievi e insegnanti diretti dalla m.a Marianna con
un gioviale canto di benvenuto. L’incontro in teatro
è proseguito con una breve esibizione del coro in
omaggio ai visitatori. Il maestro Marcus ha proferito
parole di apprezzamento e manifestato la sensazione provata di “sentirsi a casa”, infatti molti di essi
sono ex insegnanti o ex allievi della scuola Waldorf
e l’ambiente e atmosfera trovati a Manduria hanno
evocato le esperienze vissute del passato. A nome
di tutti ha, inoltre, dichiarato il sentimento di amici-
zia che spontaneamente è scaturito dalla familiare
accoglienza.
L’incontro è proseguito con il benvenuto espresso
da Tino a nome di tutta la scuola, rafforzando il legame precedentemente espresso dal m.o Marcus
con il sentimento di fratellanza nello spirito uniti
dal comun denominatore dell’Antroposofia. Tino,
sostenuto dalla traduzione in tedesco della m.a
Gabriella, ha sinteticamente illustrato la biografia
della scuola dalla sua nascita, sviluppo e progetti
futuri con in cima alle priorità la ricerca di una nuova sede. Era palpabile nei convenuti il sentimento di dispiacere per il prevedibile disagio dato da
un allontanamento della bella scuola visitata, per il
quale diversi partecipanti si informavano sulle possibilità di sostegno futuro.
La serata si è conclusa con un ricco buffet di prodotti locali allestito con il concorso di alcuni genitori in particolare dei genitori d’asilo ai quali va
il più vivo ringraziamento. Per il commiato dagli
amici d’oltre frontiera è stato distribuito una brochure della scuola insieme ad una piccola pergamena contenente “il cantico delle Creature” di S.
Francesco d’Assisi. L’emozione aveva afferrato i
convenuti e l’atmosfera pregna di nobili sentimenti
aveva permeato tutti. Infine, dulcis in fundo, con
il proverbiale spirito dell’umore degli antroposofi, il
maestro Marcus ha “profetizzato” un miracolo di S.
Francesco, infatti il cestino, svuotato delle pergamene del Cantico si è riempito delle donazioni che
gli amici svizzeri hanno spontaneamente destinato
alla nostra scuola. Importo € 2075.
È stata una giornata che ha arricchito i partecipanti permeandoli di un beato sentimento che, c’è da
crederci, si riverbererà nel tempo.
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Rapporto tra Cultura e Pedagogia
di Nicola Tito Marin
Che molto del pensiero di oggi si accentri sul tema
dell’economia nessuno può oggi disconoscerlo,
anche coloro che per ragioni più alte non vorrebbero ammetterlo devono oggi, spinti dall’evidenza,
riconoscere che è così.
Qesto è certamente dovuto anche a tutta una serie di falsi pensatori che da circa tre, quattro secoli
non parlano d’altro.
Il denaro, la disponibilità economica è un problema
oggi; e lo sarà sempre più perchè l’assillo economico avvolge oramai l’intero pianeta.
Nessuno ovviamente o ben pochi ormai ricordano
che il pensiero è ragione a se stesso e che come
tale ha in se una zona libera dalla quale egli stesso
può scegliersi, da vero signore, i temi di cui occuparsi e come occuparsene.
Nessuno sa più o mostra di sapere dove inizia la
vera libertà e dove invece essa finisce ed è la necessità a parlare. A questo proposito ricordiamo
qui il bell’articolo del nostro amico Mimmo Massaro sul Sistema Monetario e il Signoraggio Bancario
( articolo pubblicato sul n° 2 di Koiné). Vorremmo
però ora almeno sottolineare l’idea principale della
riflessione steineriana, idea mai presa in conside-
“A chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche
quello che ha”. Sembra una bestemmia ma non è
così, è il Vangelo di Luca (19-26). In effetti l’economia di oggi tende di per sé a questo, a rendere tutto
merce, a creare ingiustizie, a seguire solo le “ferree
leggi” di mercato; è come un grande meccanismo
che trascina tutto con sé come in un vortice obbligato: necessità - risposta alle necessità, domanda
- offerta, input - output. È tutto concatenato in modo
così meccanico e puntuale da non lasciare spazio
per domande di base come ad esempio quella più
razione dalla cultura ufficiale (almeno fino ad oggi).
Ovvero la necessità di arrivare a separare una buona volta il lavoro dal salario (dal denaro di remunerazione) e questo in forza del fatto che le due cose
appartengono a due ambienti sociali diversi (ambito del Diritto - il denaro; ambito dell’Economia - il
lavoro). Questa idea, mai apprezzata fino in fondo e
intorno a cui ruotano da due secoli (dalla Rivoluzione Francese) le idee incomplete dei pensatori (con
gravi danni sociali) non è in effetti facilmente comprensibile se non alla luce di una effettiva e chiara
triarticolazione sociale come quella presentata a
suo tempo (1913-14) da R. Steiner alle autorità germaniche e austriache. Il rifiuto di considerazione di
tale idea vivente ha portato a due guerre mondiali
e a infinite lotte sociali e salariali. Fosse mai ora di
cambiare?
naturale e tralasciata: “È veramente merce il lavoro
umano?”. Questo vortice oggi, se prende con sé,
non lascia tregua, stritola l’uomo riducendo sempre
più spazi e tempi tra necessità e risposte immediate,
toglie il respiro, non permette di riflettere.
Proprio per questo, per reagire a questo, la moderna “Scienza dello Spirito” identifica accanto
all’Economia, alla sua ferrea legge di necessità, altre due sfere umane da cui trarre ispirazione ovvero
la Libera Cultura e l’Elemento Giuridico autonomo.
“Veramente si pensa oggi di vendere il lavoro umano
come merce al mercato? È giusto questo? È sensato?” Viene da chiedersi. Il lavoro potrebbe, anche
solo domani, valere pochissimo a causa della competizione mondiale, oggi feroce e senza scrupoli a
causa della robotizzazione galoppante. Forse qualcuno ci guadagnerebbe ma altri, tanti altri, sarebbe-
ro invece più poveri, bisognosi di denaro e quindi
ancor più in competizione. Si arriverebbe sempre
più a una guerra tra poveri a un “neoschiavismo”. “È
questo che si vuole? Non credo proprio! Non sarebbe più logico invece e saggio separare una buona
volta salario e lavoro come da più di un secolo qualcuno propone? Separarli giuridicamente? Esempio:
presto la mia opera presso una associazione o società per un periodo come autista, per un periodo
come insegnante, per un periodo come cuoco, poi
mi ammalo e l’associazione, a prescindere da ore
lavorative e persino da risultato immediato, riconoscendo la mia opera sociale - fraternamente - mi da
di che vivere.
Questo oggi è possibile ma non ci si vuole pensare.
Succederà comunque, se si continuerà a seguire
solo l’Economia o meglio il pensiero economico moderno (ben diverso se si guarda da quello del passato) che inevitabilmente si finirà o per essere sfruttati
fino all’osso o per diventare dei chiusi e insensibili
egoisti, e comunque si cadrà in un processo di impoverimento e imbarbarimento della società. “A chi
ha sarà dato, a chi non ha…”
“A chi non ha cosa?” “A chi non ha lo Spirito” risponde la scienza dello Spirito; senza di quello, senza spirito libero infatti non si può operare bene, si
finisce solo per indurire la realtà. (come è nella parabola dei talenti di Luca). Oggi si sente una profonda
ingiustizia in questo mondo solo economico, meccanicamente economico che emargina i più deboli
e arricchisce a dismisura i furbi, gli informati, i ben
organizzati. Sembra proprio avverarsi quanto cinicamente previsto da alcuni teorici dell’ottocento: la
selezione naturale. In effetti questo nostro di oggi
è un mondo economico senza Spirito, un mondo
che dovrà cessare di essere tale ma che cesserà di
fatto solo quando accanto all’Economia si inizierà
a vedere e a considerare, da parte di molti, le altre
due sfere che concernono l’uomo: la Cultura Umana
Libera e l’Elemento Giuridico autonomo e a considerarle distinte l’una dall’altra, provenienti da diversi
impulsi di base. Che sono infatti queste due altre
sfere? Non sono certo (se non proprio in parte) frutto
dell’Economia, come sosteneva Marx “sovrastrutture economiche”. Non sono questo così come l’Economia stessa non è a sua volta frutto della Cultura e
dell’ Elemento Giuridico (se non in parte).
L’Economia dipende sì da fattori esterni, ma essi
sono “in primis” da un lato le risorse naturali, da un
altro lato i talenti che l’uomo applica ad esse (talenti
che l’uomo stesso sviluppa a parte nella cultura) e
dai capitali (risparmi) che egli impiega.
In realtà mentre l’Economia con la E maiuscola è la
sfera dove l’uomo si adopera per produrre beni per
tutti, per far lavorare tutti, per far utilizzare a ognuno
i rispettivi talenti al meglio, utilizzando risorse appartenenti di fondo a tutti, e che danno frutti da distribuire a tutti.
La Cultura è invece la sfera dove l’uomo, più che
produrre, mira a formarsi, a sviluppare sanamente
con le necessarie forze i propri talenti. Esistono da
sempre uomini che pur di formarsi come sentono
giusto secondo coscienza, rinunciano a posizioni
economiche vantaggiose.
L’elemento giuridico infine è la sfera dove l’uomo
mira invece essenzialmente alla giustizia, all’uguaglianza di fondo da cui scaturiscono i giusti diritti e
doveri per tutti; è una sfera dove impulsi prettamente umani non vogliono farsi condizionare da economia e nemmeno da cultura corrente.
Tre sfere quindi, tre direzioni da cui giungono impulsi diversi, ispirazioni diverse e tutte importanti; tre
sfere che oggi bisogna iniziare a distinguere anche
socialmente, secondo i loro principi diversi, affinchè
cessino di intralciarsi a vicenda e possano, oggi
coscientemente,collaborare tra loro.
L’economia se ben si guarda deve basarsi su un
sottofondo di fraternità, di comprensione fraterna
per operare. Due o più si devono mettere insieme
coi loro talenti per creare un’impresa (e questo viene
prima della competizione, della concorrenza).
- La Cultura deve basarsi su un sottofondo di libertà
per essere originale .
- L’elemento giuridico deve basarsi su una vera,
sentita uguaglianza di fondo tra gli uomini per essere veramente giusta e condivisa. Lo sfruttamento
dell’uomo sull’uomo basato su concorrenza e libero
mercato deve cessare (il mercato non è libero per
niente oggi, è indotto). Perché lo sfruttamento cessi
ci vuole spirito, spirito vivo che indichi coerentemente quale sia la via da prendere, se si vuol restare uomini e essere uomini all’altezza dei tempi.
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Quaderni della Fonte
di raccontare ricordi ed impressioni sulla giornata
trascorsa con i nostri amici svizzeri.
Più che parole, mi è venuto in mente un quadro che
riportasse tutte le sfumature dei colori delle mie e
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Scorgo sguardi
stanchi ed assonnati
in un caotico labirinto
di cose, sedie, suoni e incomprese parole.
Due mondi, due culture
si fondano in un attimo
senza avere il tempo per un’accurata mescita
di colori e sensazioni.
Si parla, si ascolta e si prova
alla ricerca di un suono o di un sentire
che accomuni di entrambi i modi di percepire.
poi solo il tempo di un respiro,
tutti noi pronti,
innanzi agli occhi di un pubblico stupito
indossiamo tutti lo stesso vestito,
ora non vi è più quella distinzione
la mescita è riuscita, siamo tutti un sol colore.
Sullo sfondo bianco di un coro d’occasione
splendono i suoni di un orchestra d’eccezione.
Ed al tocco di una mano celestiale
strumenti e voci felici di cantare.
È la musica la mano maestra
che fa di tutti i mondi
una sola orchestra.
Marianna Calò
In occasione dell’incontro tra la scuola musicale Jugend Kammer Orchester Birseck-Dorneck
(Svizzera) e il nostro coro avvenuta il 10 ottobre a
Uggiano, in qualità di maestra, mi è stato chiesto
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nostre emozioni.
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IL FIORE MAGICO:
un miracolo dopo l’altro!
di Gabriella Pietrosanto
tro comunale di Carosino, paese non lontano dalla
nostra scuola di Manduria.
Artisti con la loro musica e la loro voce recitante,
insegnanti, genitori, amici, oltre che la stessa amministrazione della nostra Associazione Pedagogica, tutti si coinvolgono al massimo in uno slancio di
entusiastica generosità.
Finalmente il 23 Gennaio si va in scena.
Tutto si volge meravigliosamente. L’eccitazione
che regna dietro le quinte è altissima, ma sulla scena lascia il posto ad una padronanza e natralezza
inaspettate. Alunni piccoli e grandi, genitori e professionisti, in tutto 45 persone, sono sulla scena
finale, in uno sfolgorio di luci, movimenti e di suoni.
I bambini vivono un’esperienza del tutto nuova:
A un anno dalla rappresentazione teatrale del Fiore
Magico, fiaba russa realizzata totalmente per mezzo dell’Euritmia, con la pertecipazione di bambini,
ragazzi della nostra scuola, sorge in noi un sentimento di incredulità e meraviglia, unito a una profonda gratitudine per ogni forma di contributo ricevuto per la miglior riuscita del progetto.
Era la prima volta che nella nostra regione si rappresentava una fiaba con l’Euritmia, cioè per mezzo di un’arte di movimento ancora sconosciuta al
grande pubblico italiano, arte nata nel 1912 per
opera di Rudolf Steiner, in cui il gesto, espressione
di un silenzio e un ascolto profondo dell’anima, diventa parola, colore, musica.
L’occasione era data dalla ricorrenza dei primi cento anni di questa nuova arte, per festeggiare i quali
un sogno, che da tempo accarezzavo, prendeva
forma e diventava progetto: fare una rappresentazione euritmica con tutta la scuola.
Il progetto sembrava nato sotto gli auspici di una
buona stella e come una scintilla accendeva di
entusiasmo i cuori delle persone a cui veniva comunicato. Così ci è arrivato il sostegno dei maestri
di Euritmia Gioia Falk per la regia e Johannes Falk
quale interprete professionista. Essi, venendo a
periodi dalla Svizzera, ci hanno arricchito della loro
calorosa presenza e della loro notevole esperienza
artistica. Così è venuta subito la prima donazione.
Così siamo partiti, fiduciosi che il resto sarebbe arrivato strada facendo.
Ogni fiaba che si rispetti ha necessariamente le
sue prove. Allo stesso modo la nostra avventura, a
ben guardare una fiaba essa stessa, ci ha posto di
fronte a difficoltà che ci hanno fortemente messo
alla prova. Come il protagonista del Fiore Magico
tuttavia, sentivamo una forza più grande della ragione che ci sosteneva e alimentava in noi fiducia
e coraggio.
Ed ecco a Gennaio, a tre settimane dalla data prevista e improrogabile per la rappresentazione, proprio quando temevamo di non farcela, ecco accadere un miracolo dopo l’altro.
Nuove donazioni entrano e vengono a colmare il
vuoto e la delusione di aiuti istituzionali promessi e
non mantenuti.
Gran parte delle stoffe per i costumi ci viene generosamente donata, così come ci viene offerto, per
interessamento di uno dei nostri genitori, il bel tea-
l’Euritmia come arte scenica, con i suoi colori, i
suoi veli fluttuanti, il suo fascino, la sua energia.
Dopo le ultime parole del recitatore regna ancora
qualche secondo di silenzio, poi ecco venire l’applauso scrosciante di un puibblico attento e partecipe, che ora può manifestare così tutto il suo
entusiasmo.
Estratto da un articolo pubblicato sul periodico
svizzero-tedesco AUFTAKT dalla maestra Gabriella,
eurotmista della scuola.
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1 - 2013
Considerazioni sulla fiaba
del Fiore Magico della maestra Gioia Falk
di Valeria Mazza
La Fiaba è un materiale remoto, fatto di immagini
archetipiche, che ci possono però, offrire un’immagine di ciò di cui abbiamo bisogno nella vita. Alcune hanno carattere profetico, ci parlano di qualcosa di futuro, che però sembra stia prendendo vita
oggi, adesso.
Prima sembrava che la cultura considerasse la fiaba come qualcosa di lontano dalla realtà, anche le
scuole hanno preferito rivolgersi ai bambini in maniera realistica.
Ma negli ultimi anni c’è stata una rivalutazione della
fiaba. La vita sta diventando sempre più complessa e proprio la fiaba ci porta incontro un mondo
molto complesso.
È interessante notare come oggi si usi la fiaba anche a fini terapeutici. Esiste addirittura chi racconta
fiabe per professione. La fiaba è dunque tornata
ad “abitare” il mondo degli adulti e quindi anche
quello dei bambini.
FIABA RUSSA: IL FIORE MAGICO
(a un breve riassunto della fiaba, è seguita l’analisi)
Nella fiaba esistono diversi livelli e diversi perso-
naggi. C’è un “Principe del Ghiaccio” che vorrebbe
imporre la sua volontà al mondo con la forza; Akulina, una fanciulla dotata di grande forza interiore
e Aljoscha, un giovane che deve invece provare la
sua forza (sono figure differenti, ma rappresentano
diverse sfaccettature compresenti in ciascun essere umano). C’è anche l’immagine del calore (associata all’estate, al sole) e del freddo (associata
all’inverno, al ghiaccio) cose che vivono in noi nella
nostra coscenza come forze.
La fiaba ci mostra cosa accade quando queste due
polarità (freddezza e calore interiore) invece di essere complementari e “collaborare”, si “scontrano”
invadendo l’una il territorio dell’altra.
Analizzando in particolare i personaggi sopra menzionati, vediamo innanzitutto la figura del Principe
del Ghiaccio, profondamente diverso da Akulina e
desideroso di unirsi a lei, talmente posseduto da
questa brama che potrebbe soddisfarla in qualsiasi
maniera: a lui basta possederla, è indifferente se
viva o morta. Lui conosce il mondo senza portarlo
nella sua interiorità, senza partecipazione, conosce
dall’esterno; la sua è una conoscenza fredda.
In opposizione alla terra del ghiaccio c’è il calore
della casa, della famiglia in cui vive il giovane Aljoscha. Ma la coscienza del giovane non è desta, per
cui quando non ha davanti ai suoi occhi la soffe-
renza, dimentica. È interessante notare come tanto
il giovane Aljoscha, quanto la bella Akulina sono
profondamente legati e ben inseriti in forze della
natura, in forze del passato, l’uno perché affiancato
dalla figura della madre, l’altra da quella del saggio padre. Il risveglio della coscienza di Aljoscha
avviene solo attraverso una percezione: lui vede la
sofferenza dei nani, degli uccelli, dei pesci e solo
quando si trova di fronte la loro condizione prova
compassione.
Quando il Principe “soffia il mortale alito di freddo sul volto della fanciulla” lo fa perché sa che in
un ambiente freddo l’amore non si può espandere e crede che la sua maledizione sarà eterna. La
compassione sarà, però, il sentimento capace di
modificare la situazione. Grazie alla capacità che
possiede Aljoscha di percepire le diverse realtà,
di entrare cioè in contatto con uomini, terra, cielo
e acqua, può cominciare a unirsi a tutte le realtà
che lo circondano. Ma la compassione non basta,
serve anche il coraggio che all’inizio Aljoscha non
possiede.
Aljoscha dovrà compiere un lungo viaggio prima di
arrivare alla torre, e durante il viaggio dovrà vedere il malessere in cui vivono gli esseri umani e la
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1 - 2013
Storia di una asilo steineriano
di Matteo Laudisa
crescente compassione provata nei loro confronti
allargherà sempre di più la sua coscienza.
Attraverso le prove che deve affrontare si manifesterà anche quel coraggio che in principio mancava.
Nel momento in cui dovrà affrontare i tre animali
gli sembrerà di confrontarsi con qualcosa che va
oltre l’umano, ma in realtà dovrà fronteggiare forze
che esistono in ogni essere umano. Grazie alla sua
capacità di percezione riuscirà a cogliere subito le
qualità dei tre animali e a trovare il modo diretto per
affrontarli. Finalmente arriverà anche il momento in
cui potrà recuperare il fiore magico e riportarlo nel
prato in cui potrà fiorire e crescere continuamente.
Prima che venisse colto esso era stato piantato da
Dio nel posto a lui destinato, adesso dovrà essere
il giovane a trovare il posto giusto per ripiantarlo e
farlo tornare a fiorire.
Il tema ricorrente in questa fiaba è:
- come si può entrare in contatto con quello che
ci viene incontro mettendoci in ascolto? - La fiaba
parla proprio di questa separazione attuale oggi:
abbiamo conquistato un grande sapere, raggiunto grandi traguardi sul piano della conoscenza, ma
non ci sentiamo più uniti, in comunione con gli altri
esseri e con la natura. In quanto uomini della nostra
epoca abbiamo grandi problemi con la terra, la natura, l’acqua e siamo incapaci di risolverli Questa
fiaba ci offre una chiave importante, ovvero - una
volta che intraprendiamo un cammino, muovendo
dalla compassione, gli aiuti ci vengono incontro Mettersi in ascolto della natura e degli altri vuol dire
riuscire a sentire ciò di cui gli altri hanno bisogno.
L’Euritmia, la nuova arte in cui è espressa, offre
la possibilità al bambino, al bambino che è anche
in noi, di partecipare al mondo che lo circonda in
modo non astratto, ma entrando nella qualità del
personaggio, “sentendo quello che sentono l’orso,
l’uccello , il lupo, il pesce…”. Tutto questo attraverso l’Euritmia diventa esperienza artistica diretta
(come la Fiaba, l’Euritmia si assume il compito di
prendere per mano le anime dei bambini per aiutarli
ad incarnarsi su questa terra dove hanno scelto di
venire ad abitare).
Nel momento in cui il fiore viene riportato nella terra il Principe del ghiaccio viene relegato nel suo
Regno, ma non sarà mai scongiurata la possibilità
che egli ne attraversi nuovamente i confini. Se il
Principe è riuscito la prima volta a prendere il fiore,
a invadere il “territorio del calore”, è stato perché
già qui non esisteva un più stretto rapporto, una
profonda commossa comunione con le forze della natura (all’inizio della fiaba si legge infatti che
gli abitanti “avevano anche un pessimo carattere,
brontolavano continuamente ed erano l’un l’altro
scortesi…. ne sapevano più sorridere…”).
L’eterna verità della lotta tra il bene e il male fra il
caldo e il freddo, forze che devono restare.
Viene riproposto artisticamente in questa fiaba
tramite l’Euritmia (100° anniversario della nascita)
qualcosa di importante per la coscenza degli uomini in modo che essa non abbia ad assopirsi nella
quotidianità.
Appunti di Valeria Mazza presi durante l’incontro
conferenza con l’euritmista Gioia Falk regista e
consulente artistica della fiaba.
Un giorno mentre cercavamo una soluzione per i
nostri bambini, fino a quel momento senza via di
uscita, abbiamo incontrato una persona che insegnava alla scuola steineriana…e ci siamo chiesti:
che cosa è la scuola steineriana?....siamo andati
a visitare la scuola di Manduria e abbiamo parlato
con i maestri che ci hanno illustrato ampiamente
cosa è e cosa si fa in una scuola steineriana….
Dal quel giorno è finita la preoccupazione per l’educazione scolastica dei nostri figli…ci siamo innamorati di questa pedagogia e abbiamo iscritto i
bambini alla scuola La Fonte di Manduria.
Proprio in quel periodo stavamo costruendo casa
a Copertino e ci siamo chiesti come sarebbe stato
fare anche noi una scuola steineriana (per il bacino di Lecce)….e per nostro figlio Tommaso (il più
piccolo)…e abbiamo deciso: mettiamoci in gioco e
facciamola!!! Allora in un men che non si dica abbiamo progettato la scuola….io e l’attuale maestra
Roberta, ci siamo messi di impegno per progettare
al meglio e costruire la scuola…..abbiamo radunato
una serie di amici e carpentieri più o meno improvvisati e, in circa 3 mesi di lavoro, è sorto l’edificio
in legno (cercando di rispettare i parametri e della
bio-edilizia) per ospitare la scuola…..e a settembre
del 2009 abbiamo aperto il germoglio, asilo ad indirizzo steineriano. Questo primo anno lo abbiamo
gestito con l’Associazione Salento Waldorf di Lecce con grande impegno e sacrificio. Dopo un anno
di lavoro, per svariati motivi e problemi, qualcosa è
cambiato…praticamente tutto!
Dopo vari tentativi di accordo fra genitori, amministratori ed insegnanti c’è stata una vera e propria
scissione e il cambiamento è cominciato verso la
fine dell’anno scolastico….. Così nell’estate del
2010 nasce l’associazione Naturare e il Giardino
d’Infanzia cambia nome; il girotondo.
Questa nuova veste accoglie diversi genitori entusiasti di condividere un così bello e affascinante progetto….l’associazione che organizza feste,
conferenze ed iniziative culturali; vicine alla pedagogia e all’antroposofia; e la scuola…piccolo paradiso per i bambini. Nel frattempo Roberta aveva
iniziato il seminario a Manduria e si è trovata a fare
la maestra…anche se non era proprio il suo progetto di vita!
Due anni di duro lavoro con il supporto di soci e genitori….per un progetto al quale crediamo, amiamo….
e abitiamo…dove i bambini sono il centro del progetto…
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numero
1 - 2013
Gennaio 2011
di Chiara Filaferro
cuno che già aveva, e ha messo a disposizione,
la sede alternativa per l’asilo……ed è nata cosi
l’Associazione pedagogica steineriana Genitori
dell’asilo il Girotondo di Collemeto con i genitori
al centro, insieme ai bambini…una vera e propria
auto-gestione.
Io mi sono tirato indietro uscendo di scena, ma è
rimasta la Maestra Roberta ad accompagnare genitori e bambini….maestra-amministratrice…una
bella responsabilità!
Buona fortuna al girotondo e a tutti i bambini.
Il lavoro e le esperienze nella scuoletta di Copertino non hanno mai smesso di aumentare; ci siamo
sicuramente arricchiti di tante cose, esperienze; e
non sono mancate anche quelle negative, ma anche queste ci hanno fatto crescere.
Un giorno dopo l’altro, però, segnali ci avvisavano di problemi sempre più grandi; diversi avvenimenti, nell’ultimo anno, ci hanno portato alla consapevolezza che la scuola dovesse avere una sua
autonomia, identità e una sede fuori dalla nostra
gestione…e dalla nostra proprietà. Anche se con la
collaborazione di tutti, i problemi alla fine li abbiamo dovuti risolvere da soli…
Allora, senza perderci d’animo, abbiamo riunito
tutti e messo al centro la nostra consapevolezza.
Proprio perché i tempi erano maturi c’è stato qual-
www.naturarre.com
www.ilgirotondowaldorf.org
Co-housing
No, non sono così fusa da aver sbagliato anno,
stavo proprio pensando a due anni fa, a gennaio,
tanto per cominciare. Eh sì, perché dopo aver tanto
tergiversato a lungo prima di decidere, proprio due
anni fa a gennaio, ho iniziato a portare la mia piccolina di tre anni all’asilo “Il girotondo”. E voi direte:
“E che cosa c’è di tanto speciale?”. Beh, per spiegarvelo devo raccontarvi un po’ come sono andate
le cose….
Era una mattina di inizio gennaio, mi sono vestita
per andare al lavoro e ho preparato la piccola, poi
siamo salite in macchina e siamo andate fino a Copertino. La macchina l’ho parcheggiata fuori, l’asilo
è in campagna ed essendo gennaio c’era fango.
Percorro a piedi mano nella mano con mia figlia i
500 metri dalla strada all’ingresso della casetta di
legno dove sono ospitati i bambini. Fa freddo, ma
l’aria in campagna è piacevole e ti lascia addosso quel non so che di frizzante, specie a me, che
so che poi resterò cinque ore chiusa in un ufficio.
Sulla porta della scuola ci accoglie Roberta, la ma-
estra. Entriamo a scuola, l’ambiente è accogliente,
tutto in legno, sembra proprio di stare in una casa
delle fate. Sono richieste le ciabattine per l’interno
dell’asilo e mentre parliamo le metto alla piccola.
Chiedo quando devo pagare e con molta calma la
maestra mi spiega che lo farò nel momento in cui
sarò convinta di portare lì la bimba, senza fretta.
Saluto bimba e maestra e vado al lavoro, stranamente serena. La scommessa è lanciata, portare
la mia bimba in un posto dove i suoi polmoni possano finalmente stare bene e non farla ricoverare
ogni due mesi e dove la sua anima possa trovare il
giusto equilibrio.
Sono passati poco meno di due anni, ma questo
lasso di tempo mi è sembrato lungo una vita, perché dopo quel primo giorno, così speciale, ne sono
venuti tanti e tanti altri, ho conosciuto persone che
mi hanno cambiato la vita, altre mamme e papà,
altre persone che gravitano attorno al piccolo asilo
e al mondo Wladorf. Già perché Naturare, l’associazione nata intorno all’asilo non è solo questo, è
anche un momento di incontro e crescita individuale, non per niente i fondatori l’hanno definita “Associazione culturale di promozione sociale”.
In questi due anni sono cambiate tante cose nella mia vita, mia figlia finalmente ha imparato a respirare e da un anno siamo liberi dalla bombola
d’ossigeno e dalle corse in ospedale. E anch’io
piano, piano sto imparando a respirare, partecipando attivamente alla vita associativa, agli eventi
di un’associazione, che è anche una famiglia, un
altro modo di intendere la socialità e lo stare insieme per ideali comuni. Al centro del terreno che
ospita l’asilo ho visto sorgere il forno, che d’estate
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MEETING EUROPEO DEI GENITORI DELLE SCUOLE WALDORF
Firenze, 12-14-ottobre 2012
se dall’interno l’asilo. Dire che la scelta di quella
mattina di gennaio di due anni fa mi ha cambiato la vita non rende l’idea, perché non è stato un
semplice cambiamento, ma una vera rivoluzione:
oggi l’impegno della mia famiglia nella scuola steineriana è totalizzante, ma incredibilmente riesce a
darci sempre molto di più di quanto noi non sacrifichiamo, in termini di crescita personale e sociale. Il
nostro piccolo asilo per me è davvero una palestra
di vita e di costruzione di una nuova socialità, continuiamo ad inciampare, ma non per questo perdiamo la speranza di imparare a camminare solidi su
questa strada!!!
Quello che segue, è un breve resoconto di quanto è avvenuto in occasione del convegno annuale
dell’ International Network of Steiner Waldorf Parents (detto anche INSWaP), che si è tenuto a Firenze dal 12 al 14 ottobre 2012.
Il convegno si è svolto presso l’ Istituto Gould, la
foresteria Valdese di Firenze, dove molti ospiti hanno anche alloggiato.
ci consente di mangiare pizze bio insieme a quanti
vogliono sostenere il progetto e durante tutto l’anno sforna pane e pucce.
A giugno di quest’anno abbiamo dovuto, per vari
motivi organizzativi, lasciare la meravigliosa e magica sede di Naturare per spostare l’asilo.
Noi genitori ci siamo finalmente sentiti più coinvolti
e parte fondante di questa esperienza e abbiamo
deciso di creare un’associazione, che sostenes-
L’ INSWaP esiste dal 2006 e ogni anno si riunisce in
un paese europeo diverso.
Lo scopo del meeting annuale, è quello di creare un
collegamento fra i genitori delle scuole Waldorf dei
paesi europei, per condividere le loro esperienze
e supportare l’azione delle associazioni nazionali,
attraverso la scambio di informazioni e la creazione di un movimento vasto e ramificato, che lavora
per ottenere in tutti paesi il diritto alla libera scelta,
finanziata dallo Stato, del tipo di scuola per i propri
figli. A partire da quest’anno e per garantire una
continuità, il network si è dato una struttura , costituita da un gruppo di cinque genitori, che rappresentano il riferimento per tutta quella che è l’attività
di comunicazione e scambio fra genitori, a livello
europeo: Hilde Lengali (Norvegia), Gitte Lassen
(Islanda), Mariam Francq (Francia), Anita Legzdina,
(Littonia), e Monica Picchi per l’Italia.
Al meeting di Firenze erano presenti più di 60 genitori provenienti da diversi paesi europei: Islanda,
Norvegia, Finlandia, Svezia, Lettonia, Inghilterra,
Francia, Germania, Svizzera, Austria e naturalmente, Italia. Alcuni dei genitori erano venuti in rappresentanza delle rispettive associazioni nazionali, altri a titolo personale.
Gli italiani provenivano da Torino, Milano, Treviso,
Conegliano Veneto, Padova, Bologna, Latina, Lecce e naturalmente, Firenze.
Oltre ai genitori, c’erano anche alcune figure che
da anni si interessano a tempo pieno della pedagogia di Steiner: Margerida Ecastle e Karin Chapman
della Federazione Italiana delle Scuola Waldorf, e
Christopher Clouder, presidente del Consiglio Europeo dell’educazione Steiner Waldorf (ECSWE),
che a Bruxelles lavora a livello internazionale nel
campo dell’ educazione.
Clouder nel suo intervento “Waldorf’s place in the
education revolution”, ha citato risultati di ricerche
fatte fuori del contesto Waldorf, che dimostrano
come gli obbiettivi della pedagogia steineriana,
corrispondono alle qualità cercate anche in altri
contesti. A supporto di questa affermazione, ha riportato i risultati di una indagine fra imprenditori,
che alla domanda su quali erano le qualità, che i
collaboratori dovevano portare, hanno risposto:
creatività, responsabilità e capacità di lavorare
in team. Negli interventi e nelle conferenze sono
emersi anche altri argomenti molto importanti.
Uno di questi è stato sicuramente, il ruolo dei genitori non solo all’interno della scuola, ma anche nella promozione all’esterno e a livello politico, dove
rappresentano una vera e propria forza, da far valere nei confronti delle amministrazioni scolastiche
e a livello governativo. Per questo è emerso ancora una volta l’importanza della presenza in ogni
paese, di una struttura organizzata di genitori, che
consapevoli di essere fruitori di un servizio cha ha
un grande valore, chiedono di far valere i propri diritti di cittadini italiani/europei, che vogliono essere
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liberi di scegliere il tipo di istruzione per i loro figli .
La rete di genitori inoltre, si può confrontare ai diversi livelli, da quelli locali fino al nazionale, e fornire un supporto prezioso nei momenti di bisogno e
una fonte di scambio di esperienze e aiuto.
Un altro argomento molto sentito, e che è stato
trattato nell’ambito del meeting, è quello delle iniziative promosse dai genitori per portare fuori dalla
scuola la pedagogia, e attirare e incuriosire nuove
persone, genitori e non, per promuovere e far conoscere la scuola e la pedagogia. Queste iniziative che a volte prendono la forma di veri e propri
eventi, hanno il compito di creare un contatto fra
le scuole e il mondo esterno e possono essere di
diverso tipo: eventi olistici organizzati nei locali
della scuola, corsi per fare sapone/feltro, corsi di
pittura a “spugnatura”, ecc…. Tutte questi tentativi di coinvolgimento di persone nuove, hanno alla
Quaderni della Fonte
base da una parte la necessità di fornire un supporto economico alle scuole e dall’altra quella di
dare l’opportunità a tutti i genitori, di conoscere la
pedagogia Waldorf, perché “ci sono tanti bambini
che vogliono venire alla scuola Waldorf, bisogna
dare la possibilità ai loro genitori, di trovarci!…”.
Altro tema importante è stato l’accoglienza dei genitori nuovi. Anche qui le esperienze sono tante:
conferenze “obbligatorie”, lettere periodiche dalla scuola alle famiglie per i primi anni, “mentoring”
da parte di famiglie che sono da anni nella scuola
nei confronti di quelle appena affacciate…. Ci sono
tante possibilità e a seconda delle circostanze e
della mentalità, ogni realtà deve trovare quella che
le corrisponde di più. Oltre all’interesse per i temi
trattati, non è secondario ricordare che il meeting
è stato un’occasione per incontri e visite, molto
belle e interessanti: fra questi momenti va sicura-
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mente annoverata l’accoglienza dell’assessore alla
pubblica istruzione del comune di Firenze Rosa Di
Giorgi, in Palazzo Vecchio, e la visita illustrata del
Salone dei Cinquecento; la visita di Palazzo Gondi
e della sua splendida terrazza, con vista notturna
su tutti i monumenti più belli della città: Palazzo
Vecchio, Cupola del Brunelleschi, Santa Croce,
San Miniato al Monte, La Badia, ecc…
Il meeting è stata anche l’occasione per la presentazione del progetto della nuova scuola: i partecipanti sono stati portati a Pozzolatico e accompagnati in un rapido giro, durante il quale Chiara
Bonechi, una esperta della storia del posto, ha raccontato la storia di Villa de Larderelle e delle famiglie che la hanno abitata. Più tardi Roberto Calosi
in qualità di Presidente della Associazione Waldorf
di Firenze, dopo una breve storia della scuola di
Firenze, ha presentato il progetto della nuova sede
di Pozzolatico, mentre Giannozzo Pucci, ha illustrato le linee fondamentali del progetto nel quale
si collocheranno la nuova scuola, il liceo e le altre
attività, tutte finalizzate alla formazione attraverso
l’arte e la manualità.
La serata si è conclusa con una “Cena rinascimentale”, a Villa “La Sfacciata”, che per l’occasione era
stata messa a disposizione, con un menù speciale
preparato da due mamme e da Giacomo (grande
aiutante!), e servito ai tavoli da un gruppo di bambini della nostra scuola, i quali, istruiti da Simone
(un babbo padrone del mestiere), hanno dato prova
di grande professionalità e hanno dato alla serata, una freschezza altrimenti irraggiungibile. Grandi
complimenti da tutti i presenti, per la qualità dei
piatti preparati e del servizio!
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La cosa che è rimasta più impressa a noi che eravamo presenti è stata però un’altra: il senso immediato di riconoscersi, e di appartenenza, la condivisione di idee, ideali e voglia di poter dare ai nostri
figli l’opportunità di vivere queste esperienze di
vita. La consapevolezza che facciamo parte di una
comunità molto più grande, trasmette un grande
senso di forza e serenità; non importa se un bambino è in una scuola di Riga o Avignone: inizierà la
giornata con il saluto del mattino e con i ritmi, avrà
sempre gli acquerelli per dipingere e poi svolgerà
tutte quelle attività che tutti conosciamo, al di là
delle differenze di lingua e di cultura.
A margine del meeting, i genitori italiani presenti al
convegno, si sono ritrovati e hanno deciso di dar
corso al processo per la fondazione della Associazione Italiana dei genitori Waldorf, con il proposito
di concluderlo, nell’ambito del prossimo Waldorf
Italia dell’ Aprile 2013. Chi fosse interessato, può
mettersi in contatto con Monica o Stefanie per
avere informazioni in merito o contribuire attraverso anche la sua partecipazione.
Chi fosse interessato invece, ad avere informazioni
sul lavoro che viene svolto dal Consiglio Europeo
per L’Educazione Steiner Waldorf, può trovare sul
sito dell’ECSWE (www.ecswe.org), molto materiale
bibliografico, e tanti link molto interessanti.
Il prossimo meeting europeo dei genitori 2013, si
terra’ a Riga, in Lettonia: siete tutti invitati!
Contatti:
Stefanie Fuchs Monica Picchi www.waldorfparents.net
[email protected]
[email protected]
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numero
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Di “ferro” in “ferro”
di Tino Semeraro
Se minimamente ci si attiva interiormente e si supera il limite di una superficiale valutazione e si
approfondisce la disamina dell’intervento del ferro
sulla città di Taranto, facilmente emergeranno gli
aspetti negativi rispetto ai modesti vantaggi.
Negli anni 60 una politica imperniata sull’assistenzialismo e il clientelismo, oltre che responsabilmente miope (se non cieca) rispetto agli effetti, non
remotissimi, di un intervento ciclopico sulla natura,
dava il via alla realizzazione a Taranto del più grande centro siderurgico d’Europa.
L’opera comportò, in partenza, l’esproprio di centinaia di ettari di terreni coltivati a oliveti e vigneti (le
piante simbolo di Puglia). Si proseguì con l’estirpazione delle piante per far posto a macchine, capannoni e impianti fino ad allora estranei al luogo.
L’opera di estirpazione fisica delle piante provocò
l’impoverimento e poi l’inquinamento dell’elemento vivente dei luoghi, provocò inoltre l’automatica
“estirpazione” dei pugliesi ed in particolare del popolo Tarantino, da quell’humus morale, culturale e
di tradizione con la terra che aveva rappresentato
per millenni il substrato sul quale avevano potuto
svilupparsi le varie civiltà (i Messapi, la Magna Grecia, l’lmpero Romano, il Regno di Napoli, il Regno
d’ltalia, la Repubblica).
Il brusco inserimento dell’”homo tarantinum” in
una dimensione industriale gli confuse non poco le
idee; fu come una ubriacatura. Infatti egli si inebriò
immediatamente dell’effimero e fittizio benessere
economico che gli derivava da quella esperienza… E, considerato che la terra esigeva sacrifici
fisici ben diversi da quelli apparentemente agevoli della nuova realtà, non poteva essere altrimenti.
Pertanto, godere di una tranquillità economica promessa dalla cultura industriale rispetto alla precarietà dell’organizzazione agricola, o sperimentare
il mondo del lavoro industriale più organizzato dal
punto di vista tecnologico rispetto alla conduzione
familiare dell’agricoltura comportò un esodo dalla
campagna ed un abbandono della propria cultura
e tradizione.
Fu abbracciato il “nuovo” senza la maturata predi-
sposizione interiore a contenerlo, provocando così
una confusione ed uno smarrimento i cui effetti non
tardarono ad evidenziarsi. Infatti, se da un lato il
“posto fisso” permetteva l’esperienza del consumo (tipico del materialismo capitalista) e di conseguenza un insperato, fino ad allora, benessere
economico, dall’altro si inaridiva oltre che l’humus
vivente, tutto un mondo di valori quali la famiglia
(spesso l’esaltazione del benessere è stata causa
di sgretolamenti familiari), l’amicizia (l’arrivismo a
status sociali ne ha banalizzato la sua antica sacralità), la moralità (sovente ispirata dalla chiesa in
una miscela di timore di Dio e paura della critica,
ma comunque positiva rispetto all’assenza totale di
morale), ecc.
Questi
valori, con i quali il cittadino del sud in particolare
procedeva con orgoglio, hanno perso via via il loro
spessore fino ad esaurirsi.
L’insediamento del “ferro” nell’area tarantina ha
demolito quel bagaglio culturale, storico e di tradizione in cambio del benessere perseguito. Obiettivamente occorre riconoscere che l’intervento
dell’acciaio a Taranto ha sollevato la gente da una
diffusa povertà, ha ridotto drasticamente l’emigrazione, ha dato a tanti la possibilità di unire il pranzo
con la cena. Questo fino ad un certo punto…. fino
al punto in cui l’acciaio ha “tirato”. In seguito, le
miopi politiche programmatiche prive di salvaguardia sanitaria unitamente ad una scellerata incapacità manageriale e soprattutto ad una corruzione
dilagante che dilapidava enormi contributi pubblici,
hanno prodotto da un lato un inquinamento inaccettabile, da un altro lato la caduta verticale della
competitività dell’acciaio italiano con una lenta e
irreversibile perdita di migliaia di posti di lavoro. Ne
è conseguito l’effetto di ridimensionare e limitare
radicalmente lo status vivendi e la qualità della vita
della provincia jonica ( analisi di Lega Ambiente
2001: nella classifica delle città meno vivibili, Taranto è al secondo posto dopo Cagliari; SOLE 24
ore: analisi sulla vivibilità delle 107 province italiane, da molti anni Taranto si piazza nelle ultime posizioni per raggiungere il triste primato dell’ultimo
posto nel 2012 ).
La generazione che ha vissuto queste esperienze
ha dovuto subire dalla tecnologia e dalla civiltà industriale, prima il saccheggio del tesoro culturale e
ambientale, e in seguito l’abbandono e il degrado
in una lenta agonia, annaspando in una crisi economica e ambientale, per la quale non si riesce a
scorgere bagliori di ottimistica speranza.
Negli ultimi trenta anni la nostra Puglia ha subito
un poderoso attacco dalle forze ostacolatrici che,
ad oggi, si deve riconoscere conclusosi con una
sconfitta.
Col “ferro” siamo stati ingannati; col “ferro” hanno
azzoppato il nostro fiero incedere, ci hanno feralmente tramortiti. Il ferro, comunque, è nel nostro
destino, compenetra il nostro organismo, si manifesta prepotentemente nella nostra natura apparendo fin nel colore rosso della nostra terra di
Puglia.
Umoristicamente (ma non troppo) qualche buontempone ha accomunato al ferro, (nel senso di durezza) anche la sensibilità e la confidenza del popolo tarantino con la cultura e l’arte. Ma al ferro
è stata paragonata anche la forza di volontà che
ha consentito, finora, di non soccombere definitivamente agli attacchi citati. ln questo particolare
momento occorre, infatti, un altro elemento che ci
permetta una ripresa in chiave di evoluzione individuale e sociale. Questo elemento è il CORAGGIO
quale strumento di consapevolezza e presa di coscienza dello stato della realtà.
La tradizione indica in Michele la figura ispiratrice
del coraggio, l’Arcangelo con la spada (di ferro) che
tiene a bada il drago (le forze dell’ostacolo). E i pugliesi hanno diversi spunti di riflessione e di paragone con la qualità Micheliana, a cominciare dalla
sua apparizione su Monte S. Angelo. Monte S. Angelo stessa è sorta come civiltà e si è sviluppata
intorno al celebre santuario dell’Arcangelo Michele.
In esso,secondo la tradizione, apparve l’Arcangelo
in una caverna del Gargano sul finire del V secolo
(490-92-93). Il santuario racchiude importanti monumenti di storia, arte e fede. Per questo è stato
definito dallo studioso Bertaux “il monumento più
misterioso dell’Italia Meridionale”. La sostanza
ferrosa, rappresentativa del nostro tempo, si è in
effetti, nel recente passato, impregnata di materialismo sconvolgendo la nostra cultura, la nostra
tradizione, affondandoci in uno smarrimento ed
in una confusione senza fine. I tempi attuali stessi sembrano imporre oggi una presa di coscienza
che può essere raggiunta solo grazie al coraggio,
al coraggio di affrontare con forza, tenacia e determinazione l’apatia e l’indifferenza ormai diffusa
nell’uomo. Noi sappiamo che il “coraggio” è legato
al “ferro”, contenuto nel nostro sangue,e ad esso
dobbiamo rifarci quindi per trovare il coraggio e la
forza di invertire la rotta di quest’uomo che oggi si
è abbandonato alla prigionia di un esangue pensiero, ad una aridità di sentimenti, ad una pigrizia della
volontà unica. In effetti è lo squilibrio delle tre qualità delI’anima, pensare—sentire—volere, che causa
la malattia nell’uomo. ARMONIA potrà instaurarsi
oggi solo svincolandosi dalla trappola dei mass —
media, della pubblicità, dei luoghi comuni ecc. (che
producono morti pensieri preconfezionati solo coltivando con energia buoni sentimenti e ampliando
la capacità di gioire ed anche di soffrire; tirandosi
fuori, per forza interiore, dal pantano tecnologico
che ha attanagliato la volontà dell’uomo).
Educandosi ad un chiaro pensare, ad un sano
sentire e ad un fermo volere, noi crediamo che si
potrà portare armonia e forze guaritrici nell’anima
dell’uomo malato. Per farlo, in questo particolare
momento storico, essendo noi all’inizio del terzo
millennio,( ed ogni periodo a cavallo di un millennio
è sempre stato teatro di sconvolgimenti) occorre
molto coraggio. Michele, secondo la tradizione rinnovata da Rudolf Steiner, è la figura ispiratrice del
coraggio, il portatore del ferro spirituale, colui che
con la spada affronta e contrasta il male.
Gratitudine dobbiamo al “ferro materiale” che ci fa
oggi sperimentare “il male”... ma solo ispirandoci al
“ferro spirituale” potremo riprendere un cammino
evolutivo interrotto.
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Quaderni della Fonte
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La pagina della cronaca... GRUPPI GRUPPI GRUPPI
DANZA LENTA
Per poter agire in modo scorrevole una associazione
ha bisogno di suddividere in gruppi le sue forze lasciando scegliere a ognuno dei gruppi il suo compito specifico. All’interno del gruppo, in effetti, ognuno
finisce per trovare il suo posto, la sua dimensione, il
suo valore e l’associazione deve poter fare esprimere ogni gruppo. È importante poi che ogni gruppo
abbia il suo o i suoi rappresentanti e che questi si
coordinino tra di loro di tanto in tanto come pure è
importante che ogni gruppo trovi al suo interno la
sua modalità di dialogo, di scambio e di lavoro.
Se questo avviene succede poi che nelle assemblee generali si finisce per parlare di cose concrete,
essenziali, si snellisce l’agire, si sviluppa il coraggio
dell’iniziativa. Lo si è visto nell’ultima festa “li novi
cosi”, festa dell’Immacolata, dove rappresentanti di
più gruppi (culturale, eventi e feste e manutenzione)
hanno potuto collaborare. Si è visto là ha cosa può
portare una bella collaborazione.
Certo la rosa dei gruppi deve poter contemplare tutte le esigenze dell’associazione così che ogni tema
possa essere liberamente dibattuto, pensato, trattato e …ripreso se necessario. Non ci possono ne
ci devono essere tabù pregiudiziali. Persino i regolamenti sociali devono poter esser messi in discussione liberamente. Ne bisogna temere di perdere
forma: metterli in discussione non vuol dire automaticamente annullarli ma semplicemente “monitorarli”, viverli interiormente e magari perfezionarli con
calma. L’accusa all’Amministrazione di voler decidere ogni cosa dall’alto va sfatata e solo l’estrema
trasparenza dei gruppi potrà onestamente respingere tale sospetto. Certo a volte si è dovuto decidere in fretta qualcosa, si può anche aver estremizzato qualcosa o forse sbagliato ma proprio perché
non c’erano gruppi. In realtà anche il “decidere” di
per sé, il “chi” decide, il “cosa” si decide ”il quando e il come” si deve poter riprendere, volendo, se
qualcuno, realmente operativo, ne sente l’esigenza
ma questo deve poter trovare il suo giusto spazio,
modo, e luogo nell’ambito di un insieme ordinato e
fraterno. Attualmente esistono presso la nostra associazione i seguenti gruppi:
Gruppo di studio di Antroposofia
– referente – Maestro Nicola Tito Marin
Gruppo di studio di Pedagogia
– referente – Maestra Anna Milizia
Gruppo Culturale
– referente – Nicola Tito Marin, Tino Semeraro, Marchetti, Matteo Laudisa
Gruppo Bazar
– referente – Wanda Guida
Gruppo Eventi e Feste
– referente – Marilena Iunco
Gruppo Manutenzione
– referente – Tino Semeraro
Questa poesia è stata scritta da una adolescente
malata di cancro con la preghiera di farla girare.
Il medico pediatra che la segue (Prof. Alessandro
Cicognani di cui potete avere informazioni contattando la redazione) ha bisogno di conoscere il
numero di quanti la leggono per poter ricevere finanziamenti.
Nella poesia c’è come un invito a considerare il
grande bene della “percezione” che spesso nella
fretta odierna, nel meccanico agire noi tutti trascuriamo perdendone il meravoglioso tesoro.
Esiste poi un GRUPPO di base o di iniziativa che si
propone di far nascere nuovi gruppi, referente Matteo Laudisa.
Altri gruppi proposti dal gruppo iniziativa sono:
Gruppo Nuova Sede e affiancamento al CDA che
dovrebbe comprendere in se anche un gruppo Revisione Regolamento soci.
Naturalmente per fondare gruppi si aspetta l’opera
e la iniziativa dei singoli soci stessi perché in pochi
non si può certo fare tutto; si aspetta l’azione di soci
costruttivi, non solo teorici o che si nascondono
dietro l’alibi: “ non mi lasciano fare nulla”. In effetti
in una associazione tutto va costruito insieme, nel
fare anche le stesse basi e naturalmente ci sono
“processi” in cui bisogna pur entrare ( e non solo
in superficie) per poter discernere con cognizione di
causa ma nello Spirito della Associazione, ad oggi,
non c’è alcuna vera preclusione per chi vuol darsi
realmente da fare.
Ci sono discussioni sul come, sul quando, sul chi,
sul dove e sul cosa viene prima, è vero!
Ma vivaddio questo fa parte della vita, del dialogo
vivente.
Non bisogna prendersela ma pensare che esse
sono occasioni per costruirsi una personalità completa, socialmente realistica e utile sulla terra.
A tal proposito si segnala anche la presente rivista
(Koiné) quale mezzo per poter scambiare idee e
pensieri in maniera più accurata.
Hai mai guardato i bambini in un girotondo?
O ascoltato il rumore della pioggia
quando cade a terra?
dall’ incontro dei gruppi di iniziativa del 10 dicembre 2012
numero
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Poesia
DANZA LENTA
O seguito mai lo svolazzare
irregolare di una farfalla?
O osservato il sole allo
svanire della notte?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce.
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Percorri ogni giorno in volo?
Quando dici “Come stai”?
ascolti la risposta?
Quando la giornata è finita
ti stendi sul tuo letto
con centinaia di questioni successive
che ti passano per la testa?
Faresti megli a rallentare.
Non danzare così veloce
il tempo è breve.
La musica non durerà.
Hai mai detto a tuo figlio,
“lo faremo domani?”
Senza notare nella fretta,
il suo dispiacere?
Mai perso il contatto,
con una buona amicizia
che poi finita perché
tu non avevi mai avuto tempo
di chiamare e dire “Ciao”?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce.
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Quabdo corri così veloce
per giungere da qualche parte
ti perdi la metà del piacere di andarci.
Quando ti preoccupi e corri tutto
il giorno, come un regalo mai aperto...
gettato via.
La vita non è una corsa.
Prendila piano.
Ascolta la musica.
1 - 2013
ANDARE DAL DENTISTA
PER CURARE MENTE E CORPO
Se avete qualche problema emotivo
a chi vi rivolgete? A un amico?
A uno psicologo?
In alcuni casi fate bene ma in altri
potreste avere bisogno di un dentista
un po’ speciale, un “dentosofo”
per l’esattezza.
Dentosofo, un nome, questo, che può
suonare strano ma che altri non è che
un dentista esperto nella “lettura”
dei denti. Ovviamente, con questa
non predice il futuro, ma può conoscere
bene il nostro passato.
È nei denti, infatti, che pare siano
“scritti” tutti i traumi di mente e corpo.
Sono molte le domande a cui si cerca
di dare risposta. Per esempio,
perché ci sono persone che hanno
la predisposizione ad avere la carie
sempre e solo in alcuni denti, anziché
altri; perché ad alcune persone i denti
non escono, o crescono accavallati,
per mancanza di spazio?
Queste sono tutte risposte a cui il
dentosofo saprebbe dare una risposta
personalizzata, di caso in caso.
Ma per aiutarvi a risolvere il problema
non vi fa sdraiare sul classico lettino
da psicologo e neppure vi farà indossare
l’antiestetico apparecchio dentale
che tutti ben conosciamo.
Il dentosofo agisce sulla mente
e sul nostro corpo - due parti
costantemente collegate - con estrema
delicatezza; dandoci modo di riallineare
i nostri denti e allo stesso tempo
risolvere i nostri conflitti interiori.
In che modo?
Con un semplice ausilio, detto
“attivatore”.
Niente di fisso o invasivo come
potrebbe suggerire un dentista
tradizionale, ma più semplicemente
un morbido apparecchio di caucciù
che prende tutte e due le arcate
dentarie, e che deve essere utilizzato
solo la notte e un paio di ore durante
il giorno. Quando si ha l’attivatore
in bocca ci si deve rilassare, dedicando
del tempo a noi stessi e dando modo
al nostro organismo di auto-guarirsi.
Si, perché stiamo parlando di una vera
e propria autoterapia che dà risultati
incredibili, addirittura nelle persone
adulte. Migliora la respirazione,
la masticazione, la deglutizione,
la fonazione, riallinea i denti
e la mandibola.
I costi sono nettamente inferiori agli
apparecchi tradizionali e, secondo
Montaud(autore del volume “denti e
salute” terra nuova edizioni),
con risultati migliori.
Con il vantaggio che oltre ai denti
migliora anche la psiche.
I cambiamenti a livello psicologico
sarebbero significativi; in molti casi
si evidenzia persino una modifica del
proprio modo di scrivere - in particolare
nei bambini - un miglioramento
dell’attenzione e una riduzione
dell’iperattività mentale.
Luigi Emilio Ricci
Dr. In Medicina e Chirurgia
Dr. In Odontoiatria e Protesi Dentaria
Omeopatia e Medicina Funzionale
Dentosofia
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