«C`È ANCORA CHI MINACCIA LA RAGIONE»

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«C`È ANCORA CHI MINACCIA LA RAGIONE»
«C’È ANCORA CHI MINACCIA LA RAGIONE»
Ce lo ricorda Pérez Reverte, “Il cavaliere dei Lumi”
Romanzo sull’“Encyclopedie”: «guardo alla storia per parlare dell’oggi»
da Milano
Castaldo Greco
Ho tenuto molto a conoscerlo
direttamente dopo aver letto il suo
libro “Due uomini buoni”. È l’ultima
fatica di Arturo Pérez Reverte, 63 anni.
Il prolifico autore spagnolo famoso per
il noto libro: “Club Dumas” e di tanti
altri romanzi di successo, mi accoglie
con la sua innata cordialità e con la sua
disponibile gentilezza, parlandomi
della Calabria, la mia Regione, con un
certo interesse.
Il suo nuovo libro, uscito, in Italia, da
Rizzoli, racconta le avventure,
ambientate alla fine del ‘700, di due
accademici di Spagna che vengono
incaricati di andare in Francia per
procurarsi una copia della (allora)
proibitissima
“Encyclopedie”
di
Diderot e D’Alembert.
Nel suo romanzo è chiara la contrapposizione tra l’oscurantismo del potere spagnolo e
dell’illuminismo razionale degli intellettuali francesi. È un’allusione alla situazione
contemporanea, con l’Occidente illuminista che deve far fronte all’oscurantismo islamico?
«I miei sono romanzi falsamente storici. L’ambientazione nel passato è un pretesto per spiegare
meglio il presente. Senza conoscere la storia non si può comprendere il presente».
Lei sostiene che la resistenza dell’oscurantismo provoca ancora oggi effetti in Spagna e in Italia…
«La resistenza dei poteri oscuri è stata forte in Italia e Spagna e, ovviamente, tutte le luci si sono
spente alla fonte. Noi non abbiamo avuto i Newton, i Locke, i Kant, perché sono stati asfissiati,
imprigionati, minacciati, non hanno avuto la possibilità di sviluppare un modello diverso dal Dio
oscuro uscito dal Concilio di Trento, così differente dal Dio mercantilistico dei Paesi del Nord. E
ancora stiamo pagando questa carenza culturale, Dio resta sconosciuto, che ha prodotto tanto
fanatismo culturale, un vuoto che fa paura, spaventa».
Il problema più grave dell’Europa di oggi è l’arrivo di migliaia di profughi, che sta fomentando
molti movimenti xenofobi. Lei che pensa?
«La storia insegna che le incursioni barbare ci sono sempre state, e voi italiani lo sapete bene. Il
fatto è che oggi l’Impero non può usare le stesse armi difensive di una volta: non può sterminare
migliaia di persone, schiavizzare donne e bambini. Il meccanismo difensivo si è debilitato, e quindi
IL FARO – Periodico del Centro Studi “ Pier Giorgio Frassati ” – Cariati (CS)
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bisogna prepararsi a questo fenomeno storico. Gli immigrati faranno parte della nostra cultura e la
trasformeranno. Non è positivo né negativo, però bisogna preparare le nuove generazioni a vivere
questa realtà. Negarla equivale a un suicidio».
Lei ha fatto il reporter di guerra fino a vent’anni fa. Nei suoi viaggi aveva intuito la deriva
oscurantista e violenta di un certo Islam?
«Negli anni ’80 scrissi una serie di articoli dal titolo “Viaggi al cuore dell’Islam”, visitando tutti i
Paesi islamici del mondo. Ed era chiaro – non perché io fossi particolarmente intelligente e
cristiano, ma perché era evidente – da quel che era accaduto nell’Iran di Komeini si sarebbe diffuso
ovunque. Ma come sempre i governi occidentali imbecilli lo hanno ignorato. Poi è arrivato quel
doppio imbecille di Bush che ha dato il via al caos in Iraq».
Dunque secondo lei era meglio Saddam Hussein?
«Certo! Saddam e Gheddafi erano dei figli di puttana, ma almeno erano i nostri figli di puttana! Ce
ne sono molti intorno a noi e facciamo sempre finta di non accorgercene. Non si può godere dei
vantaggi dell’Impero e allo stesso applaudire i barbari. Le pare. O combatti i barbari, oppure lasci
che arrivino, tutto il resto è ipocrisia».
Veniamo all’aspetto letterario. C’è qualche scrittore italiano contemporaneo che le piace
particolarmente?
«Di solito non parlo mai di autori contemporanei. Ma posso fare un’eccezione: Luciano Canfora. Ai
tempi del “Club Dumas” mi scrisse chiedendomi se il libro che citavo nel romanzo esisteva
davvero. Da lì è nata un’amicizia. Ho letto tutti i suoi libri in italiano, e lo trovo un uomo molto
intelligente. Un altro autore che posso citare è Beppe Fenoglio. Nella mia libreria custodisco anche
una prima edizione del “Gattopardo”.
La sua relazione col cinema è travagliata. Lei ha detto che scrivere un romanzo e poi vendere i
diritti al Cinema è come allevare amorevolmente una figlia e poi darla in sposa al primo che
passa…
(Ride) «Sì, è proprio così! Uno può solo sperare che la figlia sia felice. Dai miei libri sono stati tratti
nove film e quattro serie Tv e la mia esperienza mi dice che l’autore deve restarne fuori del tutto.
Quando Polanski girò “La nona porta” dal mio “Club Dumas” voleva coinvolgermi, ma io già dissi:
“Roman, questo è il tuo film”. Un giorno vidi arrivare sul set Johnny Depp, con un cappello da
baseball indossato all’incontrario e tra le labbra una canna lunga venti centimetri!
Dissi: datemi una mazza da baseball che voglio rompere la testa a questo figlio di buona donna. Ma
Roman mi rassicurò: “È l’attore perfetto per impersonare il tuo protagonista, Lucas Corso”. E il
giorno seguente, durante le riprese, mi accorsi che aveva ragione. Jonny Depp era meraviglioso».
Prossima tappa?
«Il lago di Garda. Voglio scrivere un romanzo che avrà una parte ambientata lì. Un omaggio
all’Italia».
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