Gwyneth Lewis L`ASSASSINO DELLA LINGUA Traduzione e cura di
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Gwyneth Lewis L`ASSASSINO DELLA LINGUA Traduzione e cura di
Gwyneth Lewis L’ASSASSINO DELLA LINGUA Traduzione e cura di Paola Del Zoppo Gwyneth Lewis, L’ASSASSINO DELLA LINGUA Copyright © Gwyneth Lewis 2003 First published 2003 in the UK by Bloodaxe Books Ltd Titolo originale Keeping Mum Copyright © Gwyneth Lewis 2005 First published 2005 in the UK by Bloodaxe Books Ltd Titolo originale Chaotic Angels: Collected English Translations Traduzione italiana © 2007 Del Vecchio Editore Questo volume è stato pubblicato con il contributo del Llenyddiaeth Cymru Dramor/Welsh Literature Abroad www.delvecchioeditore.it ISBN 978-88-6110-007-7 KEEPING MUM Paola Del Zoppo Per l’edizione italiana di questo volume di poesie, Gwyneth Lewis ha preferito il titolo L’assassino della lingua. Sarebbe stato effettivamente impossibile rendere in italiano, con la stessa intensità, drammaticità e profondità di significato il titolo scelto per l’edizione inglese. Keeping Mum sta per “tacere, stare in silenzio”. Ma la Lewis non si accontenta di un significato univoco, per entrare nel suo mondo bisogna accettare la possibilità che “uno più uno sia tre”. La presenza della parola mum introduce un secondo livello di senso, legato alla tipica dinamica di amoreodio, dipendenza e autonomia che lega l’essere umano alla figura materna. In A Poet’s Confession, il primo testo del volume, a parlare è una poetessa, e il crimine oggetto dell’annunciata confessione è l’assassinio della lingua madre: il rapporto tra madre e figlio si fa anche rapporto tra poeta e madre lingua. Ma un’apparente contraddizione tra il termine confession del titolo e l’ultimo verso della poesia – “I’m keeping mum” – rende il tacere confessione di ciò che non si può dire. A poet’s confession è la riscrittura di Cyffes Y Bardd, il cui ultimo verso riportava: “Ecco il mio passaporto, ho assassinato mia madre”1. Il rapporto intertestuale diretto tra i due testi apre dunque anche ad un’altra interpretazione: il tacere è assassinio della lingua. È quindi evidente fin dalla prima poesia che il gioco di significati porta lontano, in un susseguirsi di pensieri celati e poi svelati da una ricchissima varietà di espedienti retorici. La Lewis ha infatti a disposizione due lingue e quindi due circuiti poetici distinti, che intrecciandosi danno vita a una lirica del tutto originale. Quello che cambia è lo sfondo culturale e letterario su cui scrivi, e tra l’inglese e il gallese ci sono molte disuguaglianze. Per esempio, il verso inglese ti attira sempre verso un tetrametro o un pentametro, che non sono ritmi familiari al gallese. […] Questo principio si estende ben oltre la prosodia, perché la poesia, se è buona poesia, offre sempre nuove informazioni – culturali, emotive o spirituali. La definizione di nuovo è discorde per l’inglese e il gallese, perché ciò che c’era prima, nei due casi, è del tutto diverso. Laddove il lirismo e la musicalità delle parole sono fatti antichi per la poesia gallese (in effetti forse un eccesso di musicalità ha rappresentato un problema) sono invece una novità nella versificazione inglese, che, secondo me, ha sofferto per lungo tempo di un’ottusa monotonia nell’andamento.2 Nei primi versi di Her End il gallese è raffigurato, morente, nei panni di quella che ci appare come una vecchia signora. Il tono colloquiale, quasi da indiscrezione, ha un ritmo abbastanza regolare, spezzato, nel secondo verso, dalla pausa che dopo la parola everywhere induce a contemplare l’immagine appena creata: il sangue che si è sparso dappertutto. Un forte enjambement, immediatamente successivo, crea attesa per ciò che uscirà dalle labbra, unendo poi le espressioni gallesi alle inglesi in quello che è divenuto un unico torrente di suoni. L’inglese è descrittivo e preciso, mentre il gallese sembra essere il luogo profondo di un senso non decifrabile, con parole incatenate da un ritmo cadenzato in rivelazioni enfatiche, nostalgiche, evocative. La parola idioms introduce in seguito un altro cambiamento. L’inglese riconosce che ciò che esce dalla bocca della morente è un’altra lingua, pur non decifrando il valore delle espressioni scollegate, elenchi di nomi e parole. Mentre il discorso inglese si fa sempre più corretto e chiaro, il gallese si dissolve in espressioni dal 4 significato inconsistente, lasciando intuire l’avvicinarsi della fine. Più che la denuncia di un predominio di una delle due lingue sull’altra, è una definizione di spazi, la descrizione di una relazione profonda tra lingua minore e maggiore, attraverso cui è possibile intuire la verità. Penso che siamo tutti ossessionati dalla lingua. Ma quello che ho cercato di esplorare è il perché una lingua minoritaria possa essere importante anche per chi non la parla. Penso sia perché ci mostra la natura del linguaggio in situazioni estreme. Penso che ciò che si può imparare dal declino della lingua gallese non è un’idea sulle lingue minoritarie, ma sul linguaggio in generale.3 In un suo breve articolo dal titolo Tenuous and Precarious: the Comic Muse, in cui mette in relazione l’arte della poesia con quella della comicità, Gwyneth Lewis scrive: “se non è dato di immaginare il soggetto parlante in maniera abbastanza chiara, la poesia non risulterà mai convincente. C’è bisogno di sapere chi parla, che accento ha e su che tipo di piedi metrici cammina”4. Rispettando questa intuizione la poetessa concepisce le prime due parti della raccolta quasi come una sceneggiatura. In L’assassino della lingua si avvicendano i racconti di persone diverse, che vanno a comporre un interrogatorio vario e ambiguo sulla morte della lingua gallese, tenuto da un ispettore bilingue che sul finire si chiede se per risolvere il caso non sia meglio diventare poeta, abbandonarsi alla ricreazione continua che non possiamo fermare e che toglie e contemporaneamente realizza senso. Uno psichiatra è invece il protagonista della seconda parte del volume, aperta e chiusa da poesie composte da indicazioni, istruzioni su come svolgere il proprio compito al meglio. Di lui 5 abbiamo pensieri, ricordi, registrazioni e appunti di alcune sedute. La Lewis li racconta in una poesia ricca di sonorità e accorgimenti retorici, perché la forma poetica possa assolvere alla sua funzione di “rimedio omeopatico contro il dolore” e rendere “innocua l’osservazione di un soggetto che, in caso contrario, sarebbe troppo grave da sostenere”5. Nella prefazione Gwyneth Lewis scrive: “la mancanza di parole è, di solito, un indizio che ci si avvicina a un qualcosa di più vero della nostra stessa percezione della vita: il Keeping mum del titolo di questo libro”. Il culmine di questa poetica del tacere è la sequenza dei dodici sonetti di Chaotic Angels, in cui la poetessa crea una nuova specie di esseri divini difficili da riconoscere e di cui è ancora più difficoltoso intuire le comunicazioni. Apre la sequenza un Angelo Pagano, che in risposta alla domanda “come facciamo sapere che è Dio a parlare, non noi”, evidenzia come tutto sia pieno di contraddizioni e trasforma il cuore nel luogo in cui “mesti defunti mettono in scena rituali pagani”, mentre un alito invisibile crea un arpa eolica producendo melodie su corpi assenti. La connotazione convenzionale di soggetti e oggetti è rielaborata. Alla domanda diretta, insistente: “dov’è l’acustica angelica?” la risposta è tutt’altro che trasparente: “Tesoro, il chiurlo. La pioggia che incalza”. L’enigmaticità non è isolamento, ma, nel rivelare l’estrema complessità dei rapporti tra lingua ed esistenza, diventa apertura a infinite possibilità di significato. Svelandosi in tutta la sua profondità e ricchezza la poesia di Gwyneth Lewis ci ricorda che non c’è vera comunicazione senza l’accettazione di complessità, differenze e dolore, né possibilità di riconoscere la verità senza la disponibilità a mettere in discussione ciò che si dà per scontato. 6 1 Gwyneth Lewis, Y Llofrudd Iaith, Abertawe/Swansea, Cyhoeddiadau Barddas, 1999; Traduzione italiana in Ventriloqua della distanza, Faenza, Mobydick, 2001, p. 59. 2 Richard Poole, Gwyneth Lewis talks to Richard Poole, in «Poetry Wales», V. 31, n.2, p.28. 3 Katherine Gray, Gwyneth Lewis in America, in «New Welsh Review», V. 70, p. 12. 4 Gwyneth Lewis, Tenuous and Precarious: The Comic Muse, in «Poetry Review», V. 88, n.3, p.17 5 Ivi, p. 18. NOTA POESIA IN BIBLIOGRAFICA GALLESE: Sonedau Redsa a Cherddi Eraill, Llandysul, Gwasg Gomer, 1990 Cyfrif Un Ac Un Yn Dri, Abertawe/Swansea, Cyhoeddiadau Barddas, 1996 Y Llofrudd Iaith, Abertawe/Swansea, Cyhoeddiadau Barddas, 1999 Tair Mewn UN: Cerddi Detholedig, Abertawe/Swansea, Cyhoeddiadau Barddas, 2005 POESIA IN INGLESE: Parables & Faxes, Highgreen, Bloodaxe Books, 1995 Zero Gravity, Highgreen, Bloodaxe Books, 1995 Keeping Mum, Highgreen, Bloodaxe Books, 2003 Chaotic Angels, Highgreen, Bloodaxe Books, 2003 NARRATIVA: Sunbathing in the Rain: A Cheerful Book about Depression, Londra, Flamingo, 2003 Two in a Boat: The True Story of a Marital Rite of Passage, Londra, Harper Collins, London, 2007 TRADUZIONI ITALIANE: Ventriloqua della distanza, Faenza, Mobydick, 2001 7 PREFAZIONE Gwyneth Lewis Vivo una doppia vita. Mi hanno cresciuta parlando una lingua che risale a prima dell’invasione romana della Bretagna. Quando sono spaventata impreco in antichi idiomi brittonici1. Eppure sono un’abitante delle città, e navigo in internet usando la lingua dei sassoni che respinsero i gallesi fino alle colline ad Ovest della Bretagna nel sesto secolo. Scrivo in entrambe le lingue. È un patto privato piuttosto complicato, ma tiene. Una delle mie tattiche di sopravvivenza, fino ad ora, è quella di mantenere le due mie famiglie linguistiche separate per più tempo possibile. Pubblico un libro in gallese, quello dopo in inglese. Tradurre le mie stesse opere dal gallese all’inglese era di scarso interesse, semplicemente perché pubblico e scopi sono diversi e spesso contrapposti. Inoltre non mi piace ripetermi. La morte della lingua gallese è stata annunciata per molti secoli. Con la devoluzione alcuni politici, ottimisticamente, dichiararono che la battaglia sulla lingua era stata vinta. Non sono d’accordo, ho visto il villaggio dei miei nonni cambiare da ambiente prevalentemente monoglotto gallese in comunità rurale che avrà presto più elementi in comune con il Lake District o le Yorkshire Dales che con il suo stesso passato nei monti della Cambria2. Se la lingua muore è importante sapere chi o cosa l’ha uccisa. Nel 1999 scrissi una storia poliziesca in versi in cui investigavo sulla morte della mia lingua madre, intitolandola Y Llofrudd Iaith, L’assassino della lingua. La trama del volume originario era ambientata in villaggio del Galles occidentale in cui un’an8 ziana signora, la mia personificazione della lingua gallese, era stata trovata morta. Nel libro, nel complesso, volevo interrogarmi su come possiamo liberarci dall’idea di una “lingua madre” che porta con sé un pesante bagaglio psicologico e la visione naif dei parlanti natii. Il Detective Carma, metà gallese e metà giapponese, conduceva le indagini, e non vi dirò l’esito della storia. Potete immaginare di dover parlare spagnolo per il resto della vostra vita perché tutti coloro che vivono intorno a voi hanno smesso di parlare inglese nelle loro case? La prospettiva di perdere un’intera cultura è un incubo esistenziale per un parlante gallese, terrorizzato da interrogativi che investono le proprie responsabilità nel preservare valori collettivi senza diventare una mummia del passato. Alla maggioranza dei parlanti inglesi tutto questo non appare più importante della perdita del Morris Dance3. Ero convinta, comunque, che il destino di una lingua dovesse essere interessante per coloro che si occupano, in senso più ampio, dell’ecologia linguistica – dopotutto, se delle piante in via d’estinzione forniscono cure per il cancro, chissà quali istruzioni essenziali potrebbero essere celate in oscuri proverbi gallesi che ricordano che non si può arare un campo di corsa4? La prima sezione di Keeping Mum rappresenta, di Y Llofrudd Iaith, tutto quello che sono riuscita a tradurre, rendendolo con un discreto fascino poetico. Solo una manciata di poesie sono versioni letterali. Richard Poole ha tradotto, consultandosi con me, Her End. Rivedere il soggetto mi ha ispirato delle poesie completamente nuove, in inglese, e ho lasciato che prendessero forma. Si tratta quindi di traduzioni senza un testo originale – il che forse è un’utile definizione della poesia stessa. 9 La seconda sezione di volume è una riscrittura più radicale della storia poliziesca originale, e una meditazione su malattia mentale e linguaggio. Nel suo saggio su poesia e psicanalisi in Promises, promises, Adam Phillips cita Lacan, che a sua volta fa eco a Freud: “La psicanalisi dovrebbe essere la scienza del linguaggio incarnata dal soggetto. Dal punto di vista freudiano l’uomo è il soggetto catturato e torturato dal linguaggio”. Il mio detective tradotto sarebbe stato uno psichiatra in una clinica per disturbi mentali, che investigava su come gli abusi del linguaggio avessero condotto i pazienti alla malattia. La terapia è basata sul presupposto che una descrizione accurata della situazione sciolga il paziente dal suo legame nevrotico con essa. Gli psicanalisti hanno ancora più fiducia nel linguaggio di quanta ne abbiano i poeti. Di fronte all’esperienza le nostre interpretazioni crollano sempre. Senza essere un fallimento, però, questa mancanza di parole è, di solito, un indizio che ci si avvicina a un qualcosa di più vero della nostra stessa percezione della vita: il “non lasciare la madre” del titolo di questo libro. La terza sezione del volume, Chaotic Angels, riguarda la comunicazione tra due diversi mondi di consapevolezza. I sonetti, commissionati per la serie di concerti Angels da Kathryn Mc Dowell, direttore del Festival della città di Londra, nel 2002, furono composti per essere accostati alle tele di Dragan Andjelic esposte nelle chiese londinesi costruite da Christopher Wren5. Evidenziano la funzione degli angeli come messaggeri di altri mondi. Ho usato il linguaggio della moderna teoria del caos per ri-immaginare gli angeli come parte della nostra vita quotidiana – al centro di esperienze quali depressione e lutto. 10 Detective, psichiatra, angelo – la sequenza di comunicazione ci porta anche più lontano, al servizio di una trasparenza che non mi è propria. 1 [NdT] La lingua brittonica è uno dei due rami della famiglia del celtico insulare. L’altro ramo è costituito dal goidelico. Il nome brittonico deriva dall’aggettivo gallese Brython, che definisce un bretone indigeno distinguendolo da un anglosassone o un gaelico. 2 [NdT] Il Cambriano (542-490 milioni di anni fa), uno dei più importanti periodi dell’era paleozoica, deriva il proprio nome da quello latino dell’attuale Galles del Nord, anticamente conosciuto come Cambria. Per designare il periodo geologico si è utilizzato il nome di tale regione poiché questa ne costituisce il sito maggiormente ricco di rocce. 3 [NdT] Il ballo del Morris è una danza tradizionale inglese probabilmente risalente a prima del XV secolo. È basata su passi ritmati ed esecuzioni coreografiche di gruppi di ballerini, talvolta con l’uso di bastoni, spade e foulard, o anche di pipe da tabacco. 4 [NdT] Il riferimento è a un proverbio gallese. 5 [NdT] Dragan Anjelic è un artista croato contemporaneo di fama internazionale. Nel 2002 il Festival di Londra gli commissionò una serie di dodici dipinti con figure angeliche che avrebbero dovuto accostarsi ai sonetti della Lewis, e organizzò una serie concerti a tema in dodici chiese londinesi progettate da Sir Christopher Wren, in più importante architetto inglese del XVII secolo. 11 c o l l a n a > p o e s i a Gwyneth Lewis KEEPING MUM L’ASSASSINO DELLA LINGUA To Leighton of course A Leighton, naturalmente I The Language Murderer POLICE FILE I L’assassino della lingua RAPPORTO DI POLIZIA A POET’S CONFESSION ‘I did it. I killed my mother tongue. I shouldn't have left her there on her own. All I wanted was a bit of fun with another body but now that she's gone it's a terrible silence. She was highly strung, quite possibly jealous. After all, I'm young and she, the beauty, had become a crone despite all the surgery. Could I have saved her? made her feel at home? Without her reproaches. I feel so numb, not free, as I'd thought... Tell my lawyer to come. Until he's with me, I'm keeping mum.' 16 LA CONFESSIONE DELLA POETESSA «L’ho fatto. Ho ucciso la mia lingua madre. Non avrei dovuto lasciarla lì tutta sola. Tutto ciò che volevo era divertirmi un po’ con un altro corpo ma adesso che è scomparsa il silenzio è tremendo. Era davvero suscettibile molto probabilmente invidiosa. In fondo, sono giovane e lei, la bella, ormai tutta una grinza malgrado la chirurgia. Avrei potuto salvarla? farla sentire a casa? Senza i suoi rimproveri. Mi sento tanto confusa, non libera, come avrei pensato… Chiamate il mio legale. Finché lui non sarà qui tengo tutto per me.» 17 WHAT’S IN A NAME? Today the wagtail finally forgot that I once called it sigl-di-gwt. It didn't give a tinker's toss, kept right on rooting in river moss, (no longer mwswgl) relieved, perhaps, that someone would be noticing less about its habits. Magpies' fear of men lessened, as we'd lost one means (the word pioden) of keeping track of terrorist birds out in the back. Lleian wen is not the same as 'smew' because it's another point of view, another bird. There's been a cull: gwylan's gone and we're left with `gull' and blunter senses till that day when `swallows', like gwennol, might stay away. 18 COSA C’È IN UN NOME? La cutrettola ha finalmente dimenticato che una volta la chiamavo sigl-di-gwt. Non ha fatto una piega continuando a razzolare nel fiume tra il muschio (non più mwswgl) sollevata, può darsi, che qualcuno avrebbe fatto meno caso alle sue abitudini. Le gazze hanno meno timore dell’uomo, da quando abbiamo perso un modo (la parola pioden) di seguire le tracce di uccelli sovversivi là fuori sul retro. Il Lleian wen non è uguale allo ‘smergo’ differente il punto di vista differente l’uccello. C’è stata una cernita: scartato il gwylan rimane il ‘gabbiano’ e sensi più ottusi da quel giorno in cui la ‘rondine’, come la gwennol, potrebbe non tornare. 19 MOTHER TONGUE `I started to translate in seventy-three in the schoolyard. For a hit of fun to begin with - the occasional "fuck" for the bite of another language's smoke at the back of my throat, its bitter chemicals. Soon I was hooked on whole sentences behind the shed, and lessons in Welsh seemed vcry boring. I started on print, Jeeves & Wooster, Dick Francis, James Bond, in Welsh covers. That worked for a while until Mam discovered Jean Plaidy inside a Welsh concordance one Sunday night. There were ructions: a language, she screamed, should be for a lifetime. Too late for me. Soon I was snorting Simenon and Flaubert. Had to read much more for any effect. One night I OD'd after reading far too much Proust. I came to, but it scared me. For a while I went Welsh-only but it was bland and my taste was changing. Before too long I was back on translating, found that three languages weren't enough. The "ch" in German was easy, Rilke a buzz... 20 MADRE LINGUA «Iniziai a tradurre nel settantatrè nel cortile della scuola. Per divertirmi al principio – il solito “cazzo” il pizzicare in fondo alla mia gola del fumo di un'altra lingua, dei suoi aspri componenti. Presto mi invischiai in frasi intere dietro la rimessa, e in gallese le lezioni apparivano molto noiose. Iniziai i volumi, Jeeves & Wooster1, Dick Francis, James Bond, le copertine gallesi. Funzionò per un po’ finché mamma scoprì un Jean Plaidy2 in un indice gallese una domenica sera. Fu scompiglio: una lingua, urlava lei, deve essere per la vita. Troppo tardi per me. In breve sniffavo Simenon e Flaubert. Dovetti leggerne molto di più per gli effetti. Una notte un’overdose leggendo Proust a dismisura. Mi ripresi, ma fu uno spavento. Per un po’ mi limitai al solo gallese ma era leggero e il mio gusto cambiava. Non passò molto e ripresi a tradurre, notando che tre lingue non bastavano. Il “ch” tedesco era facile, Rilke un ronzio… 21 For a language fetishist like me set is part of the problem. Umlauts make me sweat, so I need a multilingual man but they're rare in West Wales and tend to be married already. If only I'd kept myself much purer, with simpler tastes, the Welsh might he living... Detective, you speak Russian, I hear, and Japanese. Could you whisper some softly? I'm begging you. Please...' 22 Per una feticista della lingua come me il sesso è parte del problema. Gli umlaut mi fanno sudare, ho bisogno quindi di un maschio multilingue però sono rari nel Galles dell’ovest e tendono ad essere già sposati. Se solo mi fossi tenuta più pura, di gusti più modesti, il gallese sarebbe forse vivo… Detective, lei parla russo, sento, e giapponese. Potrebbe sussurrarmene piano un po’? La supplico. Per favore…» 1 Jeeves & Wooster, personaggi di P. G. Wodehouse; Dick Francis, autore di gialli. 2 Jean Plaidy è il più conosciuto fra gli pseudonimi scelti dalla scrittrice londinese Eleanor Hibbert (1906-1993). La maggior parte dei suoi romanzi tratta temi storici, in particolare riguardanti il passato dell’Inghilterra e i suoi protagonisti. 23 CONTENTS I The Language Murderer A Poet’s Confession / 16 What’s in a Name? / 18 Mother Tongue / 20 Farm Visit / 24 Home Cooking / 28 Small Holding / 30 ‘My father was distant...’ / 32 A Past / 34 Her End / 36 Aphasia / 40 Brainstorming / 42 122 INDICE Keeping Mum di Paola Del Zoppo / 3 Prefazione di Gwyneth Lewis / 8 I L’assassino della lingua La confessione della poetessa / 17 Cosa c’è in un nome? / 19 Madre lingua / 21 Visita alla fattoria / 25 Cucina domestica / 29 Piccola proprietà / 31 «Mio padre era distante...» / 33 Una storia passata / 35 La fine di lei / 37 Afasia / 41 Brainstorming / 43 123 II Keeping Mum Lifesaving for Psychiatrists / 48 Consultant / 50 Dissociation / 52 Early Days in Psychiatry / 54 Finding the Bodies / 56 Tongue Fetishist / 58 A Teenage Craze / 60 Therapy / 64 A Promising Breakthrough / 68 Spread a Little Happiness / 70 A Talent for Fainting / 72 Psychiatrist, Twitcher / 74 A Question / 76 Panic Attack / 80 Seaside Sanatorium / 82 Night Passage to Nantucket / 86 The Perfect Crime / 88 Retired Psychiatrist / 90 Memorial Service / 92 What They Don’t Teach You in Medical School / 94 124 II Tengo tutto per me Pronto soccorso per psichiatri / 49 Consulente / 51 Dissociazione / 53 Agli inizi della psichiatria / 55 Il ritrovamento dei corpi / 57 Feticista della lingua / 59 Una mania adolescenziale / 61 Terapia / 65 Una scoperta promettente / 69 Spargi un po’ di felicità / 71 Talento per lo svenimento / 73 Psichiatra, osservatore fanatico / 75 Una domanda / 77 Attacco di panico / 81 Casa di cura al mare / 83 Passaggio notturno a Nantucket / 87 Il delitto perfetto / 89 Psichiatra in pensione / 91 Commemorazione / 93 Quello che non ti insegnano alla scuola di medicina / 95 125 III Chaotic Angels Pagan Angel / 98 Tarot Angel / 100 Fire Angel / 102 Angels of Stage and Screen / 104 Minimal Angel / 106 Angel of Depression / 108 How to Read Angels / 110 In Memory of Katherine James / 112 Angel of Dying / 114 Angel of Healing / 116 The Good, The Bad and The Complex / 118 Christ as Angel of the Will of God / 120 Contents / 122 126 III Angeli del caos L’angelo pagano / 99 L’Angelo dei tarocchi / 101 L’Angelo di fuoco / 103 Gli Angeli del palcoscenico e dello schermo / 105 L’Angelo minimale / 107 L’Angelo della depressione / 109 Come accorgersi degli Angeli / 111 In memoria di Katherine James / 113 L’Angelo della morte / 115 L’Angelo della cura / 117 Il Buono, il Cattivo e l’Attrattore / 119 Cristo come angelo della volontà di Dio / 121 Indice / 123 127 Finito di stampare nell’Agosto 2007 presso la Tipografia Mancini s.a.s. Tivoli (Roma)