i modelli di stato - Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza
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I MODELLI DI STATO DI PINA PUNTILLO Lo Stato azienda L’analisi degli elementi qualificanti una definizione concettuale di Stato risente dei diversi punti di vista da cui l’oggetto è osservabile. La stessa idea di Stato chiama in causa il diritto, ed in particolare quel ramo del diritto che 1 si occupa di disciplinare il funzionamento delle istituzioni in cui si articola la vita di un sistema socio-politico . La definizione di Stato che si desume dal diritto pubblico pone in evidenza l’organizzazione politica e giuridica della vita sociale di un popolo, cioè della comunità amministrata stanziata su un determinato territorio che ne delimita la sfera di competenza e ne circoscrive la localizzazione nazionale, alla quale è affidata la cura 2 degli interessi di tutta la comunità . L’istituzione pubblica dello Stato si fonda su una serie di elementi caratteristici, come la cultura, la lingua, la tradizione storica, gli interessi e le affinità comportamentali che accomunano e identificano le persone stanziate su un territorio delimitato. Al di là dell’ottica prettamente giuridica, lo Stato appare come soggetto politico, come operatore economico o come regolatore e attore sociale; questo evidenzia una sorta di “multidimensionalità” di questa entità la cui azione incide costantemente sulla vita dei suoi cittadini. Lo Stato, pertanto, «rappresenta un’entità giuridica, politica ed 3 economica variamente caratterizzata secondo le prevalenti finalità da raggiungere» . Pare allora potersi condividere la posizione di chi qualifica lo Stato come “l’ordinamento politico, sociale, giuridico ed economico 4 che cura il perseguimento dei fini generali delle comunità nazionali” . Lo Stato costituisce un’organizzazione politica che trova giustificazione di esistere in una variabile manifestazione di sovranità. In quanto ente politico lo Stato può assumere a contenuto della propria azione tutte le finalità opportune in base al momento storico (libertà di scelta dei fini). Lo Stato è, inoltre, un’istituzione giuridica indirizzata al raggiungimento delle finalità – variamente determinate nel tempo – che una certa collettività (il popolo) pone in evidenza, in base alle proprie esigenze, durante lo svolgimento della vita sociale. L’ordinamento giuridico dello Stato delinea le regole strutturali e funzionali che disciplinano i comportamenti sociali ed economici sul territorio nazionale. Lo Stato è un ente pubblico territoriale, il più grande ente operante sul territorio nazionale. Il territorio costituisce la sfera di validità e di efficacia dell’ordinamento dello Stato. I confini fisici della nazione delimitano l’area politica, sociale, economica e culturale di intervento, in quanto di competenza. Il territorio individua, pertanto, uno degli elementi costitutivi detto Stato, insieme al popolo e alla sovranità. Sul territorio le funzioni dello Stato sono variamente esercitate con imposizioni legislative; le attività e le azioni del popolo sono regolamentate, nel loro insieme, dal sovrano potere decisorio dello Stato. 1 D’ALESSIO L. (1992), La gestione delle aziende pubbliche. Problemi di programmazione, controllo e coordinamento, Torino, Giappichelli, p. 51 e ss. 2 «Lo Stato (Stato-comunità) – come è noto – identifica una comunità di uomini (un popolo) stanziata su un territorio, che le appartiene e ordinata in un sistema istituzionale (ordinamento giuridico) avente carattere di originarietà. Considerato sotto tale profilo lo Stato suole essere definito anche come Stato-ordinamento». Cfr. SANDULLI A. M. (1989), Manuale di diritto amministrativo, Napoli, Jovene Editore, p. 5. Secondo un’approccio economico invece “Lo Stato è un organismo economico teso al perseguimento dei fini della comunità organizzata giuridicamente sul territorio” così in BOCCIA F. (2002), Economia e finanza delle amministrazioni pubbliche, Milano, Guerini e Associati, p. 126. 3 D’ALESSIO L. (1992), La gestione delle aziende pubbliche. Problemi di programmazione, controllo e coordinamento, op. cit., p. 51. 4 AIROLDI G., BRUNETTI G., CODA V. (2005), Corso di economia aziendale, Bologna, Il Mulino, p. 156. Lo Stato rappresenta la più grande azienda pubblica presente nel sistema sociale di un popolo in quanto è costituito da una complessa organizzazione sociale indirizzata a realizzare una moltitudine di prestazioni e servizi che apportino soddisfazione ai bisogni sociali ed individuali della collettività. Lo Stato è un’azienda costituita da unità organizzative minori indirizzate al raggiungimento di finalità particolari che possono riguardare lo svolgimento di attività strettamente economiche ed istituzionali. Lo Stato individua un’associazione di cittadini i cui soci finanziatori sono appartenenti alla stessa comunità nazionale destinataria dell’attività di erogazione dei beni e servizi prodotti. Si può concordare pertanto con l'affermazione di stampo giuridico che lo Stato è "l'organizzazione politica e 5 giuridica della vita sociale di un popolo" , mentre nell’aspetto aziendale si preferisce definire Stato “l’organismo 6 economico volto al raggiungimento dei fini della collettività organizzata giuridicamente sul suo territorio” . Lo Stato rappresenta la persona giuridica pubblica per eccellenza senza la quale non potrebbero trovare riconoscimento tutte le altre unità giuridiche di tipo pubblico e privato. La funzione primaria dello Stato, al di là del compito fondamentale di garantire la difesa e il dominio sul territorio, è rappresentata dall’attività di natura legislativa finalizzata a disciplinare i rapporti tra i soggetti, cioè a stabilire le regole funzionali e strutturali relative ai comportamenti sociali ed economici che si sviluppano sul territorio. In questo contesto non ci si occuperà delle molteplici “anime” dell’istituzione statale ma, accogliendo l’approccio di tipo microeconomico proprio degli studi di Economia Aziendale, si porrà l’attenzione su di un particolare aspetto: lo Stato come azienda. In questo senso lo Stato azienda può essere inteso, come già visto, quale organismo economico volto al raggiungimento dei fini della collettività organizzata giuridicamente sul suo territorio. Il principale ruolo dell’azienda Stato è quello di realizzare le condizioni che permettono la vita e lo sviluppo delle persone in un contesto socialmente organizzato, e che si traduce concretamente nel rispondere ai bisogni di rappresentazione, regolamentazione ed erogazione di beni e servizi. In tal senso si può affermare che lo Stato svolge attività economica finalizzata al soddisfacimento dei bisogni della collettività stanziata sul suo territorio. I bisogni si definiscono pubblici o collettivi quando discendono 7 dall’appartenenza ad una collettività e una volta soddisfatti arrecano un vantaggio generalizzato ed indistinto . I bisogni pubblici si differenziano da quelli privati che presentano una connotazione individuale e del loro appagamento ne beneficia esclusivamente il soggetto che li manifesta. I bisogni pubblici vengono soddisfatti da servizi collettivi o beni pubblici, i quali possono essere ripartiti in due grandi categorie: a) Beni che le imprese non hanno alcun incentivo a produrre, denominati “beni pubblici puri” o anche “servizi indispensabili”; una volta offerti tali beni risultano disponibili ed accessibili a tutti i membri della collettività, per questo vengono definiti altresì “beni ad offerta congiunta”; b) Beni per i quali la produzione esclusiva da parte delle imprese non appare socialmente desiderabile, e sono detti “beni di merito” o “merit goods”. Sono esempi di beni pubblici puri: l’amministrazione della giustizia, la tutela dell’ordine pubblico, la difesa nazionale, alcune opere infrastrutturali (come le dighe), e certe prestazioni sanitarie (come le vaccinazioni obbligatorie). Sono beni di merito quei servizi che, pur essendo a domanda individuale, vengono forniti dalle amministrazioni quasi gratuitamente a tutti i cittadini, perché procurano un vantaggio non solo al soggetto che li consuma, ma indirettamente all’intera collettività (ad es. l’istruzione). Le ragioni che spiegano l’esistenza di queste due categorie di beni sono riconducibili ai principi di equità o giustizia sociale, che rendono preferibile sottrarre la produzione di questi beni alle regole di mercato. Sono, 8 comunque, valutazioni di natura politica quelle che sottendono la scelta di produrre e consumare beni pubblici . I settori in cui lo Stato interviene offrendo servizi pubblici sono: la difesa nazionale, la giustizia, la sicurezza pubblica, le relazioni internazionali, l’istruzione e la cultura, l’assistenza e la previdenza, la sanità e l’igiene, i trasporti e le comunicazioni, lo sviluppo economico. Nel soddisfare i bisogni della collettività, lo Stato si avvale del principio di sovranità, inteso come potere 9 originario ed autonomo di definire l’organizzazione di una comunità e, di conseguenza, le attività da svolgere . In altri termini lo Stato svolge la propria attività economica (ovvero produce per erogare beni atti a soddisfare i bisogni della collettività) attraverso un sistema di allocazione di risorse, inteso come sistema di decisioni circa la destinazione delle risorse disponibili fra gli usi e le richieste alternative, profondamente diverso dal mercato, per il fatto di disporre del potere coattivo. 5 SANDULLI A. M. (1989), Manuale di diritto amministrativo, Napoli, Jovene Editore, p. 5. 6 MULAZZANI M. (2001), Economia delle aziende pubbliche, Cedam, Padova, p.61. 7 MONORCHIO A., MOTTURA L. G. (2004), Compendio di contabilità di Stato, Bari, Cacucci Editore, p. 17. 8 AIROLDI G., BRUNETTI G., CODA V. (2005), Corso di economia aziendale, op. cit. 9 BORGONOVI E. (2005), Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Milano, Egea, p. 31. Attraverso l’esplicitazione della domanda di servizi pubblici, in funzione dei bisogni da soddisfare, la collettività entra in rapporto con l’azienda Stato. Mentre il concetto di bisogno ha una connotazione più soggettiva ed è legato alle persone e alle loro condizioni di vita, il concetto di domanda ha una connotazione di carattere 10 tecnico in quanto è costituita da una richiesta, effettiva o potenziale, di beni e servizi . La misurazione della domanda di servizi intesa come domanda di utilità e di soddisfazione che scaturisce dal riconoscimento dei bisogni pubblici, definita domanda sociale, riveste carattere di particolare complessità. Essa consiste nella formulazione di determinate attese da parte della società, attese che rivestono un carattere politico, tali cioè da dover essere soddisfatte per mezzo di output politici. La domanda sociale è funzione delle norme 11 sociali, culturali o ideologiche della società e che determinano quei bisogni che è compito dello Stato soddisfare . Posto che, a garanzia della democrazia, l’individuazione della domanda sociale consiste in un processo politico, il problema cruciale risiede nella trasformazione della domanda sociale in priorità di beni individuate e 12 quantificate . La legge di trasformazione che lega gli input del sistema economico e sociale agli output, prende il nome di “funzione della produzione sociale” ed esprime la combinazione input output scelta. Si tratta di una scelta non sempre consapevole, sia perché è particolarmente complesso misurare oggettivamente gli effetti delle diverse possibili combinazioni, sia perché le variabili da considerare nel modello sono tante. Profili evolutivi delle funzioni dello Stato I compiti che lo Stato si assume in ogni epoca sono orientati a soddisfare i bisogni della società, essi variano in subordine allo sviluppo storico della stessa. Con il mutarsi dei compiti che lo Stato è chiamato a svolgere si evolve anche il suo ruolo nella società. Ebbene, pur rimanendo come fine ultimo dello Stato il perseguimento di un interesse generale della collettività, ovvero la massimizzazione del benessere collettivo, ciò che cambia nelle varie epoche storiche è il contenuto specifico del suddetto scopo. Se ne deduce che ogni forma storica di Stato è conseguenza delle finalità specifiche che esso si assume. Con riferimento alla storia recente si individuano quattro modelli di Stato moderno del mondo occidentale: Stato dei diritti formali, Stato del Benessere (o del Welfare o Sociale), Stato dei servizi, Stato delle regole. Il primo di questi modelli, lo Stato dei diritti formali, si sviluppa nel periodo che va dall’unificazione fino alla fine del secolo XIX, e si caratterizza per il rilievo particolare che assume il fine della conservazione dello Stato, sia dal punto di vista esterno che interno, e del suo completamento. La dimensione dell’intervento pubblico è limitata, e riguarda solo le funzioni che servono ad affermare l’identità dello Stato Nazionale (giustizia, difesa dall’esterno, sicurezza interna, emissione di moneta, tutela dei 13 diritti di cittadinanza, ecc.) . Lo “Stato di diritto”, volendo indicare con esso che ogni azione è sottoposta alla legge e al sindacato di legittimità del Giudice, rappresenta sicuramente la matrice del moderno Stato e di conseguenza dell’attuale “forma” di Pubblica Amministrazione. Tale forma di Stato, indicata anche come “Stato borghese” o “Stato liberale”, secondo la prospettiva d’analisi da valorizzare, si caratterizza, nella prima fase della sua evoluzione, per la presenza di una base sociale, la borghesia, (in tal senso si parlerà anche di “Stato monoclasse”), formata essenzialmente dai ceti medi, che si contrappone alle altre classi sociali. In questa fase, lo Stato borghese, in applicazione dei principi liberali, si astenie da qualsiasi intervento nella vita economica e sociale, circoscrivendo i propri compiti essenzialmente alla difesa, alla polizia, all’ordinamento giudiziario e alla giurisdizione piuttosto che alla più generale gestione economico-sociale del paese. Di conseguenza vengono ceduti ai privati tutte le imprese in mano pubblica, statali e locali, liquidati i grandissimi patrimoni terrieri, formatisi nel corso degli anni come patrimoni non privati delle Corone, e considerato incostituzionale qualsiasi aiuto pubblico, diretto e non, all’imprenditoria privata. 10 FIORENTINI G. (1984), Lineamenti per una politica di marketing degli istituti pubblici, in Introduzione all’economia delle amministrazioni pubbliche, Milano, Giuffrè, p. 353. 11 MAIORINI M. G. (1997), Storia dell’amministrazione pubblica, Torino, Giappichelli, p. 180. 12 DE IOANNA P., FOTIA G. (1996), Il bilancio dello Stato. Norme, istituzioni, prassi, NIS, Roma. 13 BORGONOVI E. (a cura di), L’allocazione storica della formazione dello “Stato di diritto”, che risale circa alla metà dell’ottocento, segue temporalmente quella dello “Stato assoluto” (discendente a sua volta dallo “Stato sovrano” del cinquecento), tipica del settecento, in cui il potere non era sottoposto alla legge bensì era fonte delle leggi (era lo stesso potere che poneva le leggi), ovvero alla fine dell’Ancien Régime, connotazione del sistema pubblico di matrice francese, ma storicamente attagliato al più generale sistema politico-governativo tipico di gran parte degli Stati dell’Europa pre-rivoluzionaria. Il logico corollario a questa forma di Stato è il principio di legalità come valore guida dell’organizzazione. I destinatari dell’attività amministrativa sono i cittadini (“sudditi”) ai quali applicare le leggi emanate dalle assemblee elettive. È in questa forma di “Stato borghese” che agisce e svolge un ruolo fondamentale l’organizzazione amministrativa; a tal fine il personale pubblico, costituente il vertice della gerarchia burocratica (c.d. burocrazia professionale), è prevalentemente selezionato in base alla capacità di leggere ed interpretare la legge, pertanto non può che essere un professionista del diritto. Nella prospettiva diacronica in esame, la seconda fase, quella dello “Stato sociale” del novecento (forma di Stato nota anche come “Stato del benessere” e ancora “Welfare state”), è caratterizzata dall’ingresso dello Stato, ovvero della Pubblica Amministrazione, nell’organizzazione del sistema sociale prima ed economico poi. Nello Stato del benessere la funzione dell’intervento pubblico (e quindi dell’amministrazione) si estende alle politiche cosiddette di sicurezza sociale. Vengono garantiti alcuni bisogni giudicati rilevanti per i diversi soggetti, comunque espressivi di progresso civile e sociale. L’amministrazione svolge anche funzioni di ridistribuzione della ricchezza, sulla base di principi di equità sociale dal significato spesso contraddittorio. Lo Stato interviene in settori quali l’istruzione, la cura e la prevenzione delle malattie, l’assistenza e le assicurazioni sociali, gli alloggi, la cura dei sistemi di trasporto, i lavori pubblici. Welfare State è infatti un’espressione con cui si designa un modello di Stato che mira a garantire ai suoi cittadini non solo il godimento dei diritti fondamentali ma anche e soprattutto certi livelli di stile di vita o di “benessere”. Ciò implica che lo Stato da ente di funzione di ordine e di base, tipicamente autoritativo, è divenuto anche ente gestore di servizi. A seguito della grande crisi del ’29 le teorie del liberismo economico vengono fortemente minate. Gli eventi hanno dimostrato come il mercato non è autonomamente in grado di garantire l’equilibrio, per tal motivo lo Stato diventa imprenditore a fianco dei produttori privati, o addirittura si sostituisce ad essi (in tal senso è da ricordare il cosiddetto fenomeno delle “nazionalizzazioni”, che suscitò aspre polemiche tra gli esponenti del liberismo economico). L’assioma secondo il quale senza un’adeguata programmazione di tali interventi le economie moderne non erano in grado di assicurare una congrua distribuzione di talune risorse di base (ad esempio la distribuzione di energia), determinando o lasciando sussistere squilibri settoriali o regionali, costituiva la esegesi di tale modello di Stato. In altri termini l’assunto che sosteneva l’intervento dello Stato in tali settori era costituito 14 dal maggior vantaggio “sociale” così perseguibile . 15 Secondo alcuni autori, questa fase è definita come “Stato (o Welfare) dei servizi o dello Stato imprenditore” . L’amministrazione aumenta sul piano quantitativo della dimensione, ma progressivamente evidenzia i limiti sul piano dei bassi livelli di efficienza/produttività. Destinatari dell’attività amministrativa sono i cittadini, visti non più come sudditi bensì come utenti cui fornire un servizio qualitativamente soddisfacente. A tal fine il personale pubblico costituente il vertice della gerarchia è prevalentemente selezionato, non più (o non solo) in base alle capacità giuridiche ma tenendo conto di quelle tecniche-specialistiche. Questa concezione di Stato, che si fa traino delle politiche di protezione sociale, comincerà ad entrare in crisi all’inizio degli anni settanta, quando lo Stato constaterà l’impossibilità di garantire direttamente tutti i principali servizi pubblici, se non a discapito dell’economicità. La fase che segue, avviatasi nel recente periodo, e auspicata dalle critiche sulle inefficienze delle amministrazioni pubbliche, si caratterizza per un ridimensionamento dell’estensione dell’intervento dello stato nell’economia e in altri processi sociali (si dà avvio a processi di privatizzazione e di esternalizzazione) con un contestuale rafforzamento della propria capacità di definire e far applicare regole ai vari soggetti privati, imprese, 16 aziende non profit, che gestiscono i diversi servizi di interesse pubblico . Questa fase è definita dello “Stato regolatore” tipico dell’ultimo scorcio del XX secolo. Lo Stato delle regole nasce quando la scuola nota come “public choice”, che ha origine nel mondo anglosassone, evidenzia il c.d. fallimento dello Stato. Le analisi di public choice dimostrano che lo Stato e quindi le pubbliche amministrazioni non possono garantire un efficace utilizzo delle risorse economiche in quanto subiscono condizionamenti che non possono permettere il conseguimento del benessere dell’intera collettività, 14 BENTIVENGA C. (1975), Elementi di contabilità pubblica, Milano, Giuffrè, p. 185. 15 L’intervento pubblico nell’economia ha rilievo costituzionale, infatti all’art. 3 della Costituzione si afferma che per l’eguaglianza dinanzi alla legge e la pari dignità di tutti i cittadini, la Repubblica ha l’obbligo di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese. Ed ancora, all’art. 41 quando stabilisce che l’iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana; la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. 16 Per un’ampia disamina del fenomeno dell’intervento dello stato nell’economia, della crisi e della trasformazione di tale intervento, si veda SIBILIO PARRI B. (1998), Il processo di trasformazione delle imprese pubbliche, Padova, Cedam. perciò è necessario ridurre l’intervento dello Stato nell’economia e attuare un decentramento impositivo e finanziario, modificando di fatto l’impostazione Keynesiana che vede lo Stato come soggetto che opera al fine di massimizzare il benessere della collettività. In questa fase dove pubblico, privato, terzo settore e cittadini organizzati partecipano con pari dignità al processo di governance, di elaborazione e d’implementazione delle politiche pubbliche, lo Stato assume una funzione di garanzia delle “regole del gioco”; si tratta di un modello di Stato che non solo intende costituire una vera e propria alternativa al Welfare State, ma ne rappresenta, in qualche modo, una rivisitazione, alla luce della constatazione del fallimento dello Stato sociale gestore dell’economia, e ciò nel quadro del mantenimento e del rafforzamento di quelle condizioni generali di democrazia rispetto alle quali il ruolo dello Stato deve essere decisivo. Il fine che ora costituisce il punto di partenza è quello del consolidamento della democrazia in senso sostanziale. È quindi intuibile che anche in questa fase lo Stato, ovvero la Pubblica Amministrazione, assume una posizione centrale rispetto alla generale gestione economico-sociale; tuttavia tale posizione è assunta nella prospettiva della garanzia del “cittadino-cliente” e non più utente (di qui anche la valorizzazione della “customer satisfaction” e la diffusione di tematiche come il marketing di servizi nella cultura della pubblica amministrazione, il performance management). In questa fase i punti cardine sono sintetizzabili secondo uno schema in cui il valore guida dell’organizzazione è costituito dai valori della qualità. A tal fine il personale pubblico, costituente il vertice della gerarchia, è prevalentemente selezionato e ricercato nelle nuove professionalità, formatisi prevalentemente nel campo delle scienze sociali, oltre che giuridiche. Quanto precede si ricollega al fine con il quale la pubblica amministrazione giustifica, sia all’interno che verso l’esterno, la propria attività, cioè quello di garantire il consolidamento della democrazia sostanziale. Ebbene, il sistema amministrativo così descritto richiede adesso l’intervento, affianco a figure professionali esperte delle scienze giuridiche, di tutte quelle figure professionali che appartengono al mondo delle scienze sociali (l’economia aziendale, la sociologia e la psicologia, ma anche la politologia). A tali soggetti è attribuito il compito di interagire con lo “Stato regolatore” al fine di imprimere allo stesso un orientamento verso le risorse umane.