La lente di Roy Lichtenstein

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La lente di Roy Lichtenstein
La lente di Roy Lichtenstein
Roy Lichtenstein, però, va oltre proiettando nella sua pittura la storia, i grandi maestri
del passato… L’esposizione infatti mette in risalto la citazione d’autore, la rivisitazione
iconografica di linguaggi, stili e movimenti. Fumetti e vignette isolate, ingranditi e rese
con lo stesso stile grafico dei veri comics….
di Antonella Iozzo
Sotto la lente di Roy Lichtenstein
Alla Triennale di Milano “Roy Lichtenstein. Meditations on Art
Milano – Come una sinfonia di bianchi gli eleganti spazi della Triennale di Milano si lasciano attraversare
sorprendendoci con improvvisi trilli di colore provenienti dalla mostra “Roy Lichtenstein. Meditations on
Art” curata da Gianni Mercurio in stretta collaborazione con la Roy Lichtenstein Foundation. La mostra,
dall’allestimento molto suggestivo, sarà visitabile fino al 30 maggio, poi a luglio, sarà trasferita a Colonia, al
Ludwig Museum.
Più di cento opere, la maggior parte i grandi dimensioni, disegni, collage e sculture provenienti da collezioni
pubbliche e private esplorano l’originale, intrigante e acuto universo pittorico di uno dei più grandi maestri
del Novecento. Prelevando direttamente le immagini dai fumetti, dalla pubblicità, dai giornali, dalle insegne,
Lichtenstein , e gli artisti della Pop Art, trasportano il contenuto “basso” della comunicazione di massa nel
linguaggio “alto”. Il risultato? Fascinazione da star per immagini che conquistano il pubblico.
Roy Lichtenstein, però, va oltre proiettando nella sua pittura la storia, i grandi maestri del passato, la loro
carica simbolica, il loro valore. L’esposizione infatti mette in risalto la citazione d’autore, la rivisitazione
iconografica di linguaggi, stili e movimenti. Fumetti e vignette isolate, ingranditi e rese con lo stesso stile
grafico dei veri comics, attraverso la riproduzione del retino tipografico della stampa a colori, diventano
citazioni d’artisti famosi.
Celebri artisti sotto la lente di Lichtenstein, tra le sue mani, sulla punta del suo pennello, divengono pura
riflessione sull’era del consumismo sfrenato, quasi un intellettualismo mitigato dalla grazia del sentimento
che traduce su tela la sensibilità artistica di Lichtenstein. Figure da ingrandimento fotografico sono
contornate da un tratto spesso e nero, all’interno del quale, zone colorate da campiture piene creano
composizioni piatte che ricordano le tele di Matisse e Gauguin. Il linguaggio in seguito si rinnova
introducendo al chiaroscuro parti puntinate che richiamano, come abbiamo detto, il retino tipografico della
stampa. Un nuovo modo di dipingere, immediato, d’impatto e sensazionale che mette la grande
comunicazione al servizio dell’arte.
Articolata per sezioni tematiche, il percorso espositivo si snoda partendo dai lavori degli anni ‘50, con opere
ispirate ad artisti americani come “Washington Crossing the Delaweare II” dall’omonimo dipinto di Emanuel
Leutz. Evidententissimo il suo interesse per l’espressionismo con l’opera “Untitled” del 1959-60. Negli anni
Sessanta, invece è di scena la rilettura delle opere di Mondrian, Balla, e ancora opere come “Sole che
nasce” di Pellizza da Volpedo, la serie delle “Cattedrali di Rouen” di Monet, la “Musa dormiente” di Brancusi,
o il “Cavaliere rosso” di Boccioni, solo per citarne alcuni.
La natura morta esplode negli anni ’70, ed eleva un genere considerato banale in qualcosa che sfugge e
contemporaneamente rimane nell’occhio come qualcosa di magneticamente “interessante” nella sua sostanza
decorativa. Generi, stili, atteggiamenti cambiano mantenendo intatto il loro significato ed ecco allora la serie
dedicata all’espressionismo tedesco ispirata da maestri come Marc, o Heckel. L’astrazione geometrica invece è
rappresentata dalla serie “ Imperfect Painting” degli anni ’80, spazio oltre la tela, linee che non chiudono,
diagonali che escono dai confini, sensazioni che palpitano.
Meditazioni, dove l’orizzonte dell’arte si specchia nel pensiero creativo di un grande artista, una mente
aperta libera che riflettendo riflette, con innovazione, il linguaggio dei suoi giorni, un sapere che proviene da
ore trascorse nei musei, dalla storia assorbita, da quel genio che fluisce da un tratto, da un segno letto e
interiorizzato davanti a un grande capolavoro.
Un fermento quello di Lichtenstein che non può escludere il surrealismo di Mirò, Magritte, Ernest, Dalì. In questo
ciclo di opere non mancano gli elementi simbolo del movimento come la lacrima o l’occhio.
Gesti e pennellate, meditate e vissute nel 1965 con il suo primo Brushstroke ( pennellata) ispirato dal codice
freddo e stereotipato del fumetto. Pennellate – sculture che imitano il linguaggio gestuale dell’action painting
protagonisti negli anni ’50 tornano anche negli anni ’80.
Una verve inesauribile, un’ispirazione che cammina, puntini da stampa che rivoluzionano l’immagine,
attraendo il pubblico e sconvolgendo i critici. L’arte colta, invece, sembra stare a guardare silenziosa anche
negli anni ’60 con i “Rowlux” che esprimono attraverso il materiale, il movimento, superficie ondulata con
gli effetti di un romantico Turner sfumato all’alba, irradiato al tramonto.
Un documentario, appositamente realizzato per l’esposizione ci trasporta dentro la vita umana e
professionale dell’artista con le parole, gli sguardi, i sorrisi, raccontati dallo stesso Lichtenstein, un intenso
affondo nella tessitura del suo vissuto. Immagini che scorrono sul video rivelandoci il movimento di un fiume
che bagna al suo passaggio le rive della società in continua trasformazione.
Ultime sale dedicate ai “Chinese Landscapes” ispirati ai paesaggi a pastello di Degas e all’illustrazioni di
numerosi libri su questo argomento. La poesia qui, evoca l’invisibile rendendo visibile l’anima di Roy
Lichtenstein che con una sorprendente trascrizioni pittorica delle immagini ha portato l’Arte nella vita
quotidiana e il reale quotidiano nei musei.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
(23.10.2010)
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