12° Anniversario del Club 41 di Milano 14

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12° Anniversario del Club 41 di Milano 14
CLUB 41 DI MILANO 14
HOTEL HN PRESIDENT
LARGO AUGUSTO,10 20122 MILANO
INVITO
:
Alla Celebrazione del
12° Anniversario del Club 41 di Milano 14
Il 27 marzo 2010
ALLE ORE 13.00 PRESSO LA TRIENNALE DI MILANO
PRANZO PRESSO IL RISTORANTE DELLA TRIENNALE (menù alla carta max 35 euro)
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Arrtt (10 euro/persona)
visita al Museo del Design (facoltativa)
Prenotazione entro il 15 marzo 2010 : [email protected]
Il nuovo Triennale Design Café nasce dalla collaborazione tra Autogrill, Triennale di Milano e Carlo
Cracco, uno dei più affermati chef della cucina creativa internazionale ed esponente di spicco del
food design italiano.
Progettato dall’architetto Michele De Lucchi, già artefice dell’intervento di riqualificazione e
valorizzazione del Palazzo dell’Arte, il Triennale Design Café è stato concepito per rendere gradevole
e stimolante la sosta alla Triennale di Milano, secondo una visione che considera la qualità dei
servizi un valore fondamentale dell’accoglienza riservata ai visitatori delle mostre e del pubblico in
generale
www.triennaledesignmuseum.it
Lo chef Carlo Cracco propone
una combinazione di primi e
secondi piatti, insalate, piatti
freddi e dessert. Tra le nuove
ricette, una specialità di carne
di manzo marinata con foglie
di verza al vapore denominata
“La Grandiosa”, un’insalata di
patate schiacciate alle erbe e
polpo, fusilli con ragout di
cernia e limone agrodolce,
zeppola/trancio di coniglio
brasato con peperonata
Il design italiano incontra l’ UNICEF
La Triennale di Milano
leggera.
Viale Alemagna 6 , Milano - Italia
www.triennale.it
Informazioni: 02724341, 0272434208.
NS
CLUB 41 DI MILANO 14
HOTEL HN PRESIDENT
LARGO AUGUSTO,10 20122 MILANO
GRANDI MOSTRE
Meditazioni d'artista pop
A Milano Roy Lichtenstein
Alla Triennale, una mostra celebra l’artista che con Andy Warhol ha inventato la Pop Art. Oltre cento opere di grandi
dimensioni rivelano il suo segreto: “copiava” i maestri per creare strepitosi originalidi LAURA LARCAN
MILANO - Il Laocoonte "poppizzato" in versione technicolor, il "Sole
che nasce" di Pellizza da Volpedo che diventa un fumetto, così come
la serie delle "cattedrali di Rouen" di Monet, la "musa dormiente" di
Brancusi, o il "cavaliere rosso" di Boccioni, tutti capolavori portentosi,
quasi mitici, che sono trasformati in una trama di puntini in pieno stile
meccanico da stampa tipografica. E ancora, le "nature morte con
chitarra" o il "nudo disteso" di Picasso, dove il linguaggio cubista
viene trasfigurato secondo un'estetica da pop-art. Una smania
fumettistica vagamente ironica e un pizzico paradossale che non
risparmia la "frutta di Cézanne, le "macchine" di Leger, i deliri
surrealisti di Dalì, le griglie geometriche di Mondrian, gli oggetti metafisici di Carrà, le dinamiche convulse delle
pennellate espressioniste-astratte di De Koonig.
E' lo straordinario gioco di un'arte postmoderna che "copia" i maestri del passato. E' l'incredibile spettacolo di un'arte
"falsificata" ad arte, che ha contraddistinto una singolare velleità creativa di Roy Lichtenstein, il grande maestro
dell'arte contemporanea che con Andy Warhol sulla scena newyorkese ha inventato la Pop Art, ed è considerato oggi
uno dei più originali e significativi protagonisti della pittura americana del secondo Novecento, scomparso nel 1997 a
settantaquattro anni. Le sue possono essere definite "meditazioni sull'arte". Almeno così le definisce Gianni Mercurio
che ha curato la bella e suggestiva mostra "Roy Lichtenstein. Meditations on Art" che si inaugura il 25 gennaio alla
Triennale, per rimanere visitabile fino al 30 maggio, in stretta collaborazione con la Roy Lichtenstein Foundation, perr
poi essere trasferita a luglio a Colonia, al Ludwig Museum (fino al 3 ottobre).
Mercurio, esperto appassionato di arte americana del secondo dopoguerra, e che ha già firmato assoli kolossal su Andy
Warhol, Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, ha scelto di esplorare finalmente in modo nuovo, e per questo intrigante,
il lavoro di Lichtenstein, indagandone l'acuta e coraggiosa operazione pittorica. Lo fa attraverso un centinaio di opere,
in larga parte di grandi dimensioni, arricchite da un repertorio di disegni, collage e sculture provenienti da collezioni
pubbliche e private. Il taglio da retrospettiva, però, segue il filo rosso della citazione d'autore, della riflessione sui
maestri del passato, sulla rivisitazione iconografica di linguaggi, stili e movimenti. Sempre nell'ottica di una
personalizzazione dell'operazione.
Lichtenstein ha legato il suo estro geniale ad un'intuizione: quella di isolare immagini tratte da fumetti o illustrazioni
pubblicitarie e riprodurle ingigantite con una pittura che evocasse l'effetto della stampa tipografica. Ma quella di
Lichtenstein con i celebri artisti non è mera copiatura, ovviamente, è una riflessione genuina e consapevole sul
fenomeno massificato, tipico dell'era del consumismo sfrenato, della riproducibilità dell'arte. Come scrive Gianni
Mercurio: "Lichtenstein non cita gli originali ma le proprie versioni di quelle immagini. In sostanza, Lichtenstein si auto
cita, dando vita ad un processo fino a quel momento inedito: il citazionismo dell'appropriazionismo".
Il percorso espositivo, articolato per sezioni tematiche, parte dai lavori degli anni '50, fase in cui l'artista ancora era
legato ad una sperimentazione dei linguaggi delle avanguardie storiche, filtrate poi da un espressionismo astratto. E
già emerge una sconosciuta tendenza a rivisitare i maestri americani pionieri dell'epopea della grande conquista del
Far West con una strategia cubista o astratta alla maniera di Klee. Come nel caso di opere strepitose, "Emigrant train"
da William Ranney, o Washington Crossino the Delaweare di Emanuel Gottlieb Leutze. Dagli anni '60 la "poppizzazione"
di opere celebri continua, senza nessuna velleità canzonatoria o goliardica, ma sempre per riaffermare un proprio
personale "originale". Le riproduzioni di Lichtenstein diventano nuovi originali, è tutto qui il segreto. Come sottolinea
Demetrio Paparoni: "Agli inizi degli anni Sessanta Lichtenstein ha messo in discussione il dogma modernista che
imponeva di realizzare opere originali nella forma, nello stile e nei contenuti. Convinto che non ci fosse immagine che,
rielaborata, non potesse rinascere a nuova vita".
NS