Leonardo Maugeri. "Il nucleare è finito, il petrolio sta così così"

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Leonardo Maugeri. "Il nucleare è finito, il petrolio sta così così"
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P I A N O
Leonardo
Maugeri. “Il
nucleare è
finito, il
petrolio sta
così così”
Il guru dell'energia è convinto che la
svolta arrvierà da fotovoltaico, auto
elettriche e millennials. "Si spostano
più in rete che sulle strade"
di Cristina Lacava
Jamey Stillings
D
imenticate il mondo a base di plastica, metallo, cemento (e, in parte, petrolio).
Dimenticate l’auto tradizionale, grossa e inquinante, e siate pronti a
condividerla. Dimenticate soprattutto il nucleare, che appartiene a un’altra epoca.
futuro passa attraverso una rivoluzione nei modelli di produzione e consumo
dell’energia; busserà anche alle nostre porte e cambierà le abitudini quotidiane.
Saremo pronti? Secondo Leonardo Maugeri, docente alla Harvard Kennedy
University, considerato uno dei massimi esperti di energia al mondo, bisogna essere
ottimisti. Per noi e, soprattutto, i nostri figli. Anche perché, sostiene, il futuro è
sempre più bello del passato. Inutile guardarsi indietro.
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In questi giorni, Maugeri è a Milano per il Festival dell’Energia, che nell’edizione 2016
ha come titolo proprio “Il diritto al futuro”. Con lui, però, partiamo dal presente.
Anzi, dal passato prossimo.
prevedere il collasso del prezzo del petrolio. Si è toccato il fondo?
No. Mi aspetto un altro crollo entro il prossimo inverno, perché c’è ancora troppa
produzione e poca domanda. Credo che per il petrolio nel futuro la strada sia più
stretta: siamo arrivati vicini al picco della domanda, che non tornerà a crescere come
una volta.
Ma se i costi restano bassi, e l’offerta alta, perché la domanda non dovrebbe
aumentare?
Innanzi tutto perché la legislazione internazionale sarà sempre più restrittiva e
attenta sia all’inquinamento locale, sia ai cambiamenti climatici. Poi perché la
popolazione invecchia, quindi consuma meno. Infine, perché sta aumentando
l’efficienza delle automobili. La grande discontinuità sarà la diffusione delle auto
elettriche.
Se ne parla da tempo, si vedono poco.
Sono sempre stato scettico, però oggi si stanno facendo passi da gigante con le
batterie al litio. Ma soprattutto c’è da conquistare l’enorme mercato asiatico, dove la
gente va ancora in bici. I costruttori stanno progettando auto elettriche piccole, da
4000 dollari. Finora in Europa erano troppo troppo costose, e non si sapeva dove
rifornirle. Ma se si diffonderanno in Asia, arriveranno anche qui. Intanto, verrà meno
l’idea dell’auto di proprietà, sostituita dal car sharing.
Addirittura?
In America il 20 per cento dei ragazzi con meno di 24 anni non prende la patente.
Meglio viaggiare in rete, piuttosto che su strada. Nel 2012, gli under 34 erano solo il 21
per cento tra gli acquirenti di nuove auto negli Usa; una percentuale dimezzata
rispetto agli anni Novanta. I ragazzi sono green, preferiscono il car sharing o la bici.
Meno petrolio, meno auto tradizionali. E il nucleare?
Il petrolio non scomparirà, perderà la sua centralità. Il nucleare invece è finito,
perché è rischioso e ha costi altissimi: oggi costruire una centrale nucleare da 1000
megawatt costa 5-7 miliardi di dollari e le spese si recuperano in 60 anni. Il privato
non ce la fa. La stessa centrale a gas naturale costa 1 miliardo di dollari; quella
fotovoltaica costa tra 1 miliardo e mezzo e 2, ma una volta costruita non ha più spese
di carburante. Il sole è gratis.
Quindi, il futuro è nel fotovoltaico?
Esatto. Quello che vedo è il solare fotovoltaico in grandi centrali elettriche: sarà il
protagonista del boom inarrestabile delle rinnovabili e avrà meno impatto delle pale
eoliche. I costi dei pannelli solari sono crollati dell’80 per cento dal 2000 a oggi ed è
aumentata l’efficienza. Certo, il problema è che i costi finali restano alti per i
consumatori, che pagano care l’installazione e la burocrazia. Per questo il futuro non
è nel fotovoltaico distribuito ma nelle grandi centrali, come quelle che stanno
costruendo in California e nei Paesi del Golfo Persico, che stanno abbandonando il
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nucleare.
In quei Paesi però gli spazi vuoti sono enormi. Noi potremo mai costruirle?
Penso di sì, perchè la tecnologia va avanti e saranno sempre più convenienti. Penso
alla Sicilia, o alla Sardegna che deve importare il gas dal continente.
Questa forte discontinuità nel futuro, la vede solo nell’energia?
No, anche nei materiali. Con il grafene, per esempio, possiamo sostituire plastiche,
pneumatici e metalli. Il grafene è un sostituto potenziale di tutti i materiali che ci
circondano ed è ancora all’inizio della sua storia. E poi ci sono i mattoni fatti con
argille che non disperdono l’energia, le nuove gomme sintetiche, le stampanti 3d, che
già oggi ci permettono di costruire a distanza pezzi di alcuni aerei. Il mondo di
metallo, plastica e cemento è destinato a cambiare.
L’Italia che ruolo può avere?
Importante, perché la qualità della ricerca è molto buona, anche se mancano soldi e
organizzazione. Abbiamo una grande tradizione nella chimica, nella fisica e
nell’ingegneria. L’importante è che questi 3 settori imparino a incrociarsi, che i
professori universitari collaborino. Da qui dovrebbe partire il rilancio della ricerca
scientifica e tecnologica; questo governo sta già facendo delle cose importanti.
Quando si passa dalla ricerca di base a quella applicata entra in gioco l’impresa.
Quanto è attenta alla ricerca?
Poco. A fine anni Cinquanta eravamo innovatori, grazie a imprenditori coraggiosi. I
brevetti erano il doppio di oggi. Ora ci sono troppi manager grigi, che tagliano i costi
e non sanno inventare niente. Dobbiamo tornare a sperimentare, guardando avanti.
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