SVILUPPO DEL DIRITTO A ROMA: DALLE XII TAVOLE AL

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SVILUPPO DEL DIRITTO A ROMA: DALLE XII TAVOLE AL
SVILUPPO DEL DIRITTO A ROMA: DALLE XII TAVOLE AL CORPUS
JURIS CIVILIS
A cura di Emanuela Forlin
1. Primo periodo: l'età regia (753-509 a.C.), non interessa l'argomento giuridico.
2. Secondo periodo: la Repubblica (suddivisa in tre età).
L'età arcaica (509-270 a.C.) va dalla fondazione della Repubblica allo stabilirsi del
primato romano in Italia. Infatti, prima Roma conquista il Lazio, poi l'Italia centrale, infine
l'intero territorio che, dalle sponde dell'Arno e dell'Esino, giunge alle coste estreme della
Calabria. Di fronte vi è la Sicilia dove, tra paci e guerre si fronteggiano greci e cartaginesi.
Questo periodo è caratterizzato dalla lotta fra patrizi e plebei. Questi ultimi si muniscono di
una loro organizzazione e muovono contro i patrizi una lotta per l'uguaglianza politica e
civile. Occorrono circa due secoli perché raggiungano i loro scopi che confluiscono nella
lex Hortensia (con questa legge il plebiscito aveva lo stesso valore di una legge e, come
tale, vincolava anche i patrizi).
La prima opera importante di codificazione è la legge delle XII tavole, redatta a metà del V
secolo a. C., è dovuta alla volontà della plebe di avere leggi scritte, ovvero certe e più
umane. I decemviri legibus scribundis preparano un testo legislativo (451 e 450 a. C.)
che, sebbene non accontenta i plebei, ha alcune conseguenze favorevoli per loro: rende
certe alcune norme consuetudinarie e stabilisce limiti precisi a molti aspetti della difesa
privata. Questo significa un'affermazione definitiva dell'autorità dello Stato, col divieto
conseguente che il singolo si faccia giustizia da sé; questa è una conquista notevole, per
la parte più debole dei cittadini, ovvero subire la norma statale, anche se severa, invece
dell'attacco del più forte senza possibilità di difesa adeguata.
Non c'è punto del diritto pubblico e privato odierno su cui quest'opera non influisca.
E' importante inoltre perché, all'interno del gruppo familiare, iniziano ad avere rilievo i
singoli e, tra questi, domina la figura del pater familias (il suo sviluppo giuridico è pari a
quello sociale). Infatti, prima di queste leggi, al primo posto vi era lo Stato che poteva
pretendere tutto dal cittadino (Stato, famiglia, gruppi parentali in ordine di importanza). Si
tratta di un mondo rustico, spesso feroce, ma in cui c'è la dedizione al bene comune,
all'onestà pubblica al senso dell'onore. Tutto è legato ai gruppi a cui si appartiene: nella
morale della città antica non ci sono doveri dell'uomo verso l'uomo. Il singolo è infatti
considerato fragile e mortale, la famiglia è invece conservazione della morale tradizionale.
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Storia delle XII tavole
Il tribuno della plebe Gaio Terenzilio Arsa, propose nel 462 a.C. la nomina di una commissione
composta da appositi magistrati con l'incarico di redigere un codice di leggi scritte per sopperire
all'oralità delle consuetudini (mores) allora in vigore.. (Tito Livio, Ab urbe condita libri, III, 31).
Nel 451 a.C. fu istituita una commissione di decemviri legibus scribundis che rimpiazzò le
magistrature ordinarie, sia patrizie che plebee, sospese in quell'anno.
Le Dodici Tavole (non sappiamo se di legno di quercia, d'avorio o di bronzo) vennero affisse nel
foro, dove rimasero fino al sacco ed all'incendio di Roma del 390 a.C. Cicerone narra che ancora ai
suoi tempi (I secolo a.C.) il testo delle Tavole veniva imparato a memoria dai bambini come una
sorta di poema d'obbligo (ut carmen necessarium), e Livio le definisce come “fonte di tutto il diritto
pubblico e privato [fons omnis publici privatique iuris]”. Il linguaggio delle tavole è ancora un
linguaggio arcaico ed ellittico. Alcuni studiosi suppongono che le norme siano state scritte in
metrica, per facilitare la memorizzazione.
I consoli dell'anno 449 a.C., fecero incidere le leggi su tavole che vennero esposte in pubblico, nel
Foro cittadino. Queste dodici tavole furono a lungo considerate diritto dei plebei.
Estratti dalle Dodici Tavole
TAVOLA I (Procedura civile)
Si in ius vocat, ito. Ni it, antestamino: igitur quem capitur
Se (l'attore) lo cita in giudizio,(il convenuto) ci vada. Se non ci va,(l'attore) chiami dei testimoni.
Quindi lo afferri … Se si sottrae o tenta di fuggire, si imponga la mano.
Se la malattia o l'età avanzata sono un impedimento, gli sia dato un mulo. Se non lo vuole, non gli
sia data alcuna lettiga.Se ambo i contendenti sono presenti, il tramonto sia il limite ultimo del
processo.
TAVOLA II (Procedura civile)
Grave malattia. . . o un giorno stabilito contro il nemico. . . se qualcuno di questi è un impedimento
per il giudice o qualsiasi partito, quel giorno i procedimenti devono essere sospesi
Uno che cerca testimonianza da un assente deve urlare davanti alla sua porta ogni terzo giorno.
TAVOLA III (Procedure esecutive)
Per un debito riconosciuto, una volta emessa sentenza regolare, il termine di legge sarà di trenta
giorni.
Dopo ciò, ci sia l'imposizione della mano (rivendicazione) (il termine corretto è rei vindicatio,
ovvero il riappropriarsi della cosa perduta o del suo valore. Se il debitore non paga la condanna e
nessuno garantisce per lui, il creditore può portare via con sé il convenuto in catene. Lo può legare
con pesi di almeno 15 libbre. Il debitore può sfamarsi come desidera. Se egli non riesce a sfamarsi
da solo, il creditore deve dargli una libbra di grano al giorno. Se vuole può dargliene di più. Nei
confronti dello straniero, è perpetuo l'obbligo di garantire la proprietà della merce.
TAVOLA IV (Genitori e figli)
Un bambino chiaramente deformato deve essere ucciso.
Se un padre vende il figlio per tre volte consecutive perde la patria potestas su di lui.
TAVOLA V (Eredità)
Se una persona muore senza aver fatto testamento, il parente maschio prossimo erediterà il
patrimonio.
Se questo non c'è erediteranno gli uomini della sua gens.
Se qualcuno impazzisce, il suo parente più prossimo maschio e i gentili avranno autorità su di lui e
sulla sua proprietà.
TAVOLA VI (Proprietà)
Quando qualcuno fa un accordo o un trasferimento lo annuncia oralmente, gli sarà data ragione.
Nessuno deve spostare travi da edifici o vigne.
TAVOLA VII (mantenimento delle strade)
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Mantengano le strade: se cadono in rovina, i passanti possono guidare le loro bestie ovunque
vogliano.
Se la pioggia fa danni [...] la questione sarà risolta da un giudice.
TAVOLA VIII (Illeciti)
Coloro che hanno cantato un maleficio. . .
Se una persona mutila un'altra e non raggiunge un accordo con essa, sia applicata la legge del
taglione.
Chiunque rompa l'osso di un altro, a mano o con un bastone, deve pagare trecento sesterzi se è un
libero; centocinquanta se è uno schiavo; se abbia commesso altrimenti offesa la pena sia di
venticinque.
Chi si appropriasse con la magia del raccolto o il grano di un altro [...]
Se avrà tentato di rubare nottetempo e fu ucciso, l'omicidio sia considerato legittimo.
Chi sia stato chiamato a testimoniare o a pesare con una bilancia, se non testimonia, sia disonorato e
reso incapace di ulteriore testimonianza.
TAVOLA IX (Principi processo penale e controversie)
Non devono essere proposte leggi private a favore o contro un singolo cittadino (privilegi).
TAVOLA X (Regole per i funerali)
Nessun morto può essere cremato né sepolto in città.
TAVOLA XI (Matrimonio)
è vietato il matrimonio fra plebei e patrizi
TAVOLA XII (Crimini) [
Si servo furtum faxit noxiamve noxit.
Se uno schiavo ha commesso furto o un male. . .
Se qualcuno abbia portato in giudizio una falsa vindicia (il pretore?) dia tre arbitri, e paghi il doppio
(del bene?) e dei frutti.
Nelle XII Tavole si prevedeva una sanzione speciale per i casi di lesione patrimoniale come il
Furtum e i pauperies (danneggiamento derivante da comportamenti animali).
Esempi: Colui che bruciò una casa e fatto morire nelle fiamme, la pena per aver bruciato la casa
sarà:
• risarcire il danno;
• se no, castigato con una pena più lieve.
Subiscono la pena incendiale chi appicca un incendio all'interno delle mure della città, mentre verrà
Bisogna valutare se la volontà del soggetto era:
• Dolosa: l'autore veniva legato, fustigato e messo a morte con il fuoco;
• Colposa: l'autore veniva condannato a risarcire il danno arrecato (noxiam sarcire).
La seconda età della Repubblica è quella delle conquiste mediterranee (264 a.C.-133
a.C.). In Occidente Roma, alla fine delle guerre puniche (distruzione Cartagine 146 a.C.),
possiede i territori africani che avevano costituito lo Stato cartaginese, oltre alla Sicilia, la
Sardegna, la Corsica e gran parte della penisola iberica. Quest'ultima conquista termina
nel 133 a.C dopo la presa di Numanzia. In Oriente, Roma intraprende tardi una politica di
annessioni. Nel 146 a.C., sono sotto il suo diretto dominio le regioni adriatiche orientali
(Illiria), la Macedonia e la Grecia. Niente da segnalare a livello giuridico se non
l'organizzazione amministrativa dei territori extraitalici organizzati secondo un sistema
nuovo: il sistema provinciale. Provincia è un territorio conquistato che non diviene territorio
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romano e i cui abitanti non divengono cittadini romani: il territorio diviene appartenenza
dello Stato romano, mentre gli abitanti sono sudditi. Vi è un pretore che amministra la
provincia e ha pieni poteri civili e militari.
c) La terza età della Repubblica è quella della sua crisi e della sua fine (tra il 133 a.C. e il
27 a.C.); crisi per indicare l'inadeguatezza delle istituzioni tradizionali di fronte alla realtà
nuova. I problemi di Roma sono di ordine costituzionale e amministrativo. Infatti a Roma
manca: un potere esecutivo continuo ed efficiente (i magistrati supremi sono ostacolati
dall'annualità); una burocrazia in grado di servirlo (il servizio era rudimentale) e un esercito
permanente. Inoltre vi sono problemi economici e sociali, chi vive peggio sono gli schiavi
che, per la maggior parte lavorano nelle grandi proprietà. Le loro condizioni sono causa di
molte ribellioni combattute con guerre, spesso feroci. Non solo, i problemi sono anche
morali. La dignità delle magistrature viene meno, soprattutto in provincia. Il governo delle
provincie è usato come occasione di rapine da parte del governatore e le leggi in difesa
dei provinciali rimangono senza efficacia. Anche il senato, dove finiscono gli ex magistrati,
è corrotto.
La Repubblica finisce con l'essere nelle mani di capi militari che si combattono tra loro.
3. Terzo periodo: l'Impero
Morto Cesare (44 d.C.), segue la lotta per il primato fra Antonio e Ottaviano. Riuscito
vincitore, Ottaviano, figlio adottivo di Cesare, è il padrone dell’Impero sul quale esercita il
potere assoluto.
A livello territoriale l'impero raggiungeva, a occidente, l'Atlantico, a nord il Reno e dal
Danubio al mar Nero; ancora a oriente era limitato dal deserto di Siria e dall'Eufrate, a sud
dal Sahara.
Si mantiene la distinzione tra Italia e provincie, l'Italia però è terra privilegiata: i suoi
abitanti sono cittadini romani quindi non sono, di regola, chiamati alle armi e su di loro non
grava l'imposta fondiaria.
L'economia è strutturalmente debole perché poco produttiva e vive quasi alla giornata.
Questa economia che deve fornire mezzi all'impero ha spese enormi da sostenere come
l'esercito, la corte, la burocrazia e le opere pubbliche.
La coscienza della relatività e dell'angustia della morale civica trova terreno fertile per una
motivazione religiosa che prevede una salvazione individuale; fra le varie religioni prevale
il Cristianesimo. All'uomo che si sente solo e indifeso la religione cristiana dà una
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giustificazione della sua esistenza e l'organizzazione ecclesiastica lo rende parte di una
comunità pronta ad aiutarlo.
Successivamente c’è un periodo definito “monarchia militare) nel quale gli imperatori
fondano il loro potere sulla volontà degli eserciti.
L’ultima età imperiale è quella dell’assolutismo o dominato (l’imperatore si identifica con
lo Stato).
Il diritto sorge in vari modi (scritto e non scritto):
 La legge (le XII tavole, il plebiscito e il senatoconsulto che è la deliberazione del
senato)
 La consuetudine (quello che sorge dall’uso, senza intervento del legislatore)
 Il provvedimento del magistrato (es. l’editto del pretore)
 La sentenza del giudice
 Il responso del giurista
 La costituzione imperiale (l’imperatore può emanare atti normativi che si chiamano
costituzioni)
Ricordiamo il Codex Theodosianus del 435 d.C. (non ci è giunto integralmente) opera
in cui sono raccolte le costituzioni generali emanate da Costantino in poi a cui
seguirono varie leggi nuove (novellae) degli imperatori successivi. Viene pubblicato a
Costantinopoili e poi in Occidente.
Il codice di Giustiniano sostituisce poi a quello di Teodosio nei luoghi in cui regnava
Giustiniano. La compilazione di Giustiniano, il Corpus juris civilis (il nome è
postumo), è l’opera più famosa del mondo romano e ha trasmesso il diritto romano al
mondo moderno. Giustiniano è imperatore d’Oriente dal 527 d.C. al 565 d.C.
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