«Quelle ore nel covo del bandito: così riuscii a fotografare Mesina»

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«Quelle ore nel covo del bandito: così riuscii a fotografare Mesina»
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SABATO 21 SETTEMBRE 2013
IL CITTADINO IN PIAZZA
il Cittadino
DA OGGI LA MOSTRA
BESCAPÈ RACCONTA
UNA LODI
CHE NON C’È PIÙ
IN PROVINCIA n L’APPASSIONANTE RACCONTO DEL FOTOREPORTER LODIGIANO GABRIELE MILANI
«Quelle ore nel covo del bandito:
così riuscii a fotografare Mesina»
«Prima fui costretto
a seminare la polizia
poi lo convinsi a
condurmi nel suo
“antro” nei boschi»
ROSSELLA MUNGIELLO
n Sembrano due amici in uno
scatto della primavera del 1967.
Giovani e sorridenti. Uno era il
bandito più ricercato d’Italia,
Graziano Mesina, l’altro un fotografo coraggioso e determinato,
Gabriele Milani, fotoreporter per
la Domenica del Corriere, lodigiano d’adozione, da anni residente
a Graffignana.
Lo scenario di quell’incontro storico, che ha cambiato per sempre
la vita del fotografo, erano i boschi
del Gennargentu, il verde selvaggio dell’isola in cui il pluriricercato si nascondeva, sfuggendo a polizia e carabinieri, per poi comparire, sconvolgendo militari e
opinione pubblica, sulla copertina
della Domenica del Corriere, il 2
aprile 1967, che titolò: «Nel covo
del bandito».
Una storia incredibile, raccontata
in prima persona da Milani ieri sera, nella Sala dei Comuni della
Provincia di Lodi, ospite della
kermesse Cittadino in Piazza e intervistato dal direttore Ferruccio
Pallavera. Figlio di un artigiano
veneto, ha vissuto nel cuore di
Milano l’adolescenza, scoprendo,
nelle strade colpite dalla seconda
guerra mondiale, la passione per
la macchina fotografica e la cronaca. Assunto dalla Publi Foto nel
1956, nel 1962 è arrivato al Corriere della Sera, con il compito di
fondare la prima équipe fotografica del quotidiano, che subiva la
concorrenza del Giorno di Mattei.
«Ma il Corriere mi stava stretto ha raccontato Milani - : loro pubblicavano una foto, io avevo bisogno di più spazio per esprimermi
e poi ero avventuroso, non mi bastava la quotidianità».
E di certo l’avventura vissuta in
Sardegna sulle tracce del bandito
Mesina ha dello straordinario.
«Ero con un collega che si era finto giornalista sportivo con la scusa
del Giro di Sardegna, perché la
polizia gli stava addosso - ha raccontato ancora Milani - e aveva
messo anche sotto controllo i porti, perché aspettava l’arrivo di un
fotografo. Io sono arrivato con
l’aereo postale, tra pile di lettere e
nessuno se n’è accorto». Hanno
atteso un mese in Costa Smeralda,
prima di avere il via libera dall’avvocato di Mesina per l’incontro, ma la polizia intanto aveva
capito le loro mosse.
«Loro però avevano le 128, noi
prendevano macchine a noleggio
e siamo riusciti a seminarli e abbiamo raggiunto l’appuntamento
a Cagliari - ha raccontato ancora
il fotoreporter, classe 1931 -: ci
hanno portato nei boschi, in una
casa che sembrava semi abbandonata. Dopo un paio di stanze
buie, ce n’era una con una tavola
imbandita. Lui si è seduto lì, sorridente, con la pistola infilata nella
cintura, ben vestito. Era la sua sfida alla polizia perché, in fondo,
siamo tutti un po’ gigioni».
Milani però, da fotografo di razza,
non si sarebbe mai accontentato
di due o tre foto in posa: «O mi
porti con te o mi spari nel polpaccio - gli disse -: almeno posso dire
al giornale che non ti ho potuto
seguire per un valido motivo». Il
seguito della storia è contenuto in
una serie di scatti unici del bandito, ritratto mentre mangia pane e
salame, o mentre dorme con il fucile o maneggia una bomba a mano; quelli sopravvissuti al seque-
INCONTRO IN PROVINCIA Alcune immagini dall’iniziativa di ieri sera con il
fotografo Gabriele Milani (foto qui sopra); più in alto due foto del pubblico
stro della procura dopo la pubblicazione del reportage. Non certo
l’unico lavoro pericoloso e avvincente della lunga e prestigiosa
carriera del fotoreporter, che ha
anche portato testimonianza della
marcia di 600 chilometri nel deserto dell’Eritrea, a tu per tu con i
guerriglieri con una collega, men-
tre la Domenica del Corriere pubblicava articoli sulla loro scomparsa. «Un uomo che è stato testimone di eventi che hanno fatto la
storia dell’Italia e del mondo - ha
chiuso il direttore Pallavera, invitato da Milano a scrivere delle sue
avventure in un libro - e che la sua
storia sa raccontarla».
n Stampe, cartoline e fotografie storiche per ricordare
la Lodi del passato e capirne
l'evoluzione. Come è cambiata
la nostra città nel corso degli
angoli? Quali sono i luoghi che
non esistono più? Domande
che troveranno risposta oggi
pomeriggio (sabato, ore
15.30) quando nel salone
Bianca Maisano in via Callisto
Piazza andrà in scena la videoproiezione fotografica
"Comeravamo. Immagini di
una Lodi che non c'è più", promossa dal Centro culturale
San Cristoforo di Lodi e allestita grazie allo sterminato
archivio di Silvano Bescapè,
fotografo, collezionista, ma
anche storico del Lodigiano e
conservatore della nostra memoria.
Nel corso del pomeriggio, il
pubblico potrà ammirare circa
150 immagini della città del
Barbarossa, dall'inizio
dell'800 fino a metà del secolo successivo. «Partiremo
presentando alcune stampe,
come per esempio quella del
monumento a Napoleone andato distrutto - spiega Bescapè -. Dopo di che verranno
proiettate le cartoline storiche della città, fino ad arrivare a foto vere e proprie che
raccontano pezzi della nostra
storia e angoli che nessuno
ha potuto vedere».
La lunga e affascinante carrellata mostrerà per esempio
com'era il vecchio ponte in legno sull'Adda, sopra il quale
sorgeva anche la statua del
santo protettore dei fiumi;
oppure come si presentavano
gli attuali Giardini Barbarossa, dove un tempo scorreva la
roggia Molina; o ancora, l'antico mercato coperto in piazza
mercato.
Tra i "reperti" più suggestivi
della suggestiva esposizione
spicca la prima foto (datata
1863) del vecchio ponte
sull'Adda, alle spalle del quale
si può notare il cantiere per
la costruzione del nuovo.
Non mancheranno quindi immagini di vedute cittadine, di
feste ormai scomparse (come
il corso dei fiori o la cavalcata storica pro Fanfulla), e della vita sociale e commerciale
dell'epoca. Il tutto per non dimenticare, e comprendere
meglio le nostre radici.
STASERA INCONTRO CON IL GRUPPO PROGETTO IMMAGINE
“Ludesan Life”, l’anima del Lodigiano in un obiettivo
PROGETTO IMMAGINE
Da sinistra, Alberto Prina
e Aldo Mendichi, responsabili
del gruppo fotografico
n «L'accostamento di due parole
che più diverse non potrebbero essere, il dialetto lodigiano e la lingua
inglese, nasce per creare uno strumento nuovo, moderno e al contempo vicino a una realtà, quella
del Lodigiano, presentata agli occhi
del pubblico per immagini: una rivista di fotogiornalismo on line che
racconterà le storie della Provincia
di Lodi attraverso reportage fotografici.». Così i responsabili del
Gruppo Fotografico Progetto Immagine spiegavano le ragioni che
hanno accompagnato la nascita di
“Ludesan Life”, progetto iniziato ad
aprile 2012 che ha già conquistato
centinaia di sostenitori grazie al suo
stile assolutamente originale: raccontare piccole e grandi storie legate al territorio, spaccati di vita quotidiana, luoghi e vicende di persone
che quotidianamente cercano di
rendere migliore la nostra terra. La
genesi, lo sviluppo e gli obiettivi futuri della rivista verranno svelati
questa sera (sabato, ore 21, nel Salone della Provincia di Lodi) con un
incontro condotto da Alberto Prina
e Aldo Mendichi del Gruppo Fotografico Progetto Immagine. «Inizieremo proiettando uno spot sul
progetto "Ludesan Life" presentando tutti i fotografi che hanno aderito
all'iniziativa - spiega Prina -. Dopo
di che presenteremo alcuni reportage che riguardano varie storie del
nostro territorio, come per esempio
la passione per l'hockey, la festa di
San Bassiano, l'incendio scoppiato
alla Società operaia di mutuo soccorso, i giorni che hanno preceduto
le ultime elezioni e un lavoro sulla
banda di Castiglione d'Adda».
Tante immagini per approfondire la
"lodigianità" in tutti i suoi aspetti:
«Ludesan Life - continua Prina - è
il risultato di un progetto partito oltre dieci anni fa. Non è solo una vetrina: alla base c'è una filosofia
complessa, la volontà di raccontare
e di approfondire». Finora sul web
(indirizzo www.ludesanlife.it) sono
stati pubblicati sei numeri ma in
cantiere ci sono ancora molte idee:
«Abbiamo materiale per altri due o
tre numeri. Molti di questi lavori,
inoltre, stanno diventando mostre
vere e proprie e iniziano a girare per
i bar della città. L'obiettivo è trasformare il nostro archivio in un
patrimonio per il Lodigiano e tra
qualche tempo pubblicare un volume che raccolga tutte le immagini».
Fa. Ra.