Dalla start up alla multinazionale: a Genova il caso modello di

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Dalla start up alla multinazionale: a Genova il caso modello di
IoLavoro Forum - Regione Liguria
30 maggio 2011
La conferenza
Dalla start up alla multinazionale: a Genova il caso modello di Orsi Automazione, oggi Siemens A cura di Paolo Marenco – Coordinatore de ‘La Storia nel Futuro’ Sopra:Giorgio Cuttica, Alfredo Novelli, Giacomo Torre, Giorgio
Mantovani , co-fondatori di ORSI Automazione, ritratti alla fine degli anni
’80
La conferenza “Elettronica Industriale e
Automazione. Testimonianze sul ruolo dei
genovesi”, tenutasi a Villa Cambiaso, sede
della Facoltà di Ingegneria, l’11 marzo 2011 ha
rappresentato un momento di riflessione, ad
alto livello, sulle trasformazioni industriali che
hanno interessato Genova nel dopoguerra, con
particolare riferimento agli ultimi 30 anni
(1982-2011).
Tra gli interventi più significativi, quello di
Giacomo Torre, che ha raccontato il caso di
Orsi Automazione, fondata proprio nel 1982 da
tre giovani ingegneri e un fisico- appunto
Torre - con breve esperienza lavorativa in
Marconi, e cresciuta in 18 anni a livello
mondiale, fino alla cessione a Siemens,
avvenuta nel 2001. Il caso è di grande
significato a livello europeo, in quanto
rappresenta un modello di cosa può accadere
quando si ha una scuola di ingegneria di
eccellenza quale quella genovese. I principali
risultati sono:
• l’azienda
venduta
non
viene
“cannibalizzata” dalla multinazionale
ma diventa un centro di eccellenza
mondiale, con base Genova, nel settore
del software MES (Manufacturing
Execution Systems)
• due dei fondatori, Giorgio Cuttica e
Giacomo Torre, sono ancora in
azienda: Cuttica con il ruolo di direttore
generale,
avendo
quindi
visto
confermato
dalla
multinazionale
tedesca il loro ruolo di leadership.
Cuttica ha ricevuto il riconoscimento di
Iolavoro Forum 95 maggio 2011
‘Innovator of the Year’ del Gruppo
Siemens nel 2007.
Insomma, una storia esemplare sulla quale
abbiamo rivolto alcune domande a Giacomo
Torre, relatore a Villa Cambiaso.
Dottor Torre quale è stata la molla che vi ha
portato a fondare Orsi Automazione? Ci
racconta gli inizi?
Come spesso succede, insieme alla voglia di
mettersi alla prova e di costruire qualcosa di
proprio, c’e’ stata un’idea “portante”: con
l’avvento dei microprocessori e del Personal
Computer era possibile (e necessario) un
nuovo tipo di automazione che combinasse i
vantaggi dei sistemi PLC e DCS.
L’occasione di metterla in pratica ci si è
presentata grazie ad un primo lavoro
(l’automazione di un sistema di filtri per
l’industria saccarifera) che abbiamo ottenuto
nel 1982 e che ci ha convinto ad abbandonare
la sicurezza del lavoro presso la Marconi, per
intraprendere questa avventura. Attorno a
questo e con tanto lavoro di giorno (e di
notte!), abbiamo costruito, a tempo di record,
un sistema completo, hardware e software ed
abbiamo cominciato la nostra “scalata”,
crescendo esponenzialmente, anno dopo anno.
Dalle quattro persone dell’inizio siamo
rapidamente saliti ad una ventina il primo
anno, per diventare quaranta nel 1983, quasi
cento nel 1984, ed abbiamo continuato a
crescere per diventare 500 nel 2001, quando
siamo stati acquisiti da Siemens. Una crescita
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che è continuata e continua ancora oggi e ci ha
portato ad essere quasi mille persone.
Come è stato realizzato lo sviluppo di mercato
negli anni 80 e 90 da Orsi Automazione, a
livello internazionale?
Abbiamo iniziato vendendo all’industria
saccarifera, che ha necessità assai complesse e
combina elementi tipici del settore di Processo
con altri dell’ambiente “Discreto”1.
Le caratteristiche del nostro sistema e
soprattutto la capacità di presentazione dei dati
e dello stato dell’impianto, ben si adattavano a
tali esigenze e questo ci ha permesso, insieme
ai successi e alla fiducia accordataci da una
delle maggiori aziende del settore, Eridania, di
diventare rapidamente uno dei “player” di tale
mercato. A quel punto, per vicinanza
geografica e per dimensioni del mercato
saccarifero, la Spagna ha rappresentato uno
sbocco naturale. Immediatamente dopo, anche
grazie ad una serie di contatti “tecnologici” che
avevamo negli Stati Uniti, abbiamo deciso di
aprire un ufficio a Boston.
Francia, Inghilterra, Germania, Sud Africa
sono arrivati in seguito, seguendo i successi
commerciali e l’espansione su altri mercati
verticali, come la siderurgia e l’alimentare.
Negli anni ’90, abbiamo poi orientato ancora di
più i nostri sforzi sul mercato del software.
Anche in questo caso è stata cruciale
un’intuizione: come già era avvenuto per il
mercato del software ERP, anche i sistemi
MES avrebbero premiato l’integrazione delle
varie applicazioni.
Questo è effettivamente avvenuto nel corso
degli anni ‘90 e noi siamo stati fra i primi a
presentare una soluzione innovativa e integrata
in questo settore.
La vostra cessione è avvenuta di fatto a un
vostro grande concorrente: perché Siemens vi
ha scelto?
La posizione di rilievo che avevamo raggiunto,
alla fine degli anni ’90 nel mercato MES,
insieme alla nostra dimensione, ormai “adulta”
(eravamo circa 500 persone in 8 paesi),
combinate con la decisione strategica di
1
Ambiente o situazione nella quale le variazioni di grandezze fisiche
non avvengono in modo continuo ma solamente per gradini, senza
possibilità di valori intermedi tra due gradini successivi (ndr)
Iolavoro Forum 95 maggio 2011
Siemens di entrare sempre di più nel mercato
del software industriale, in generale e del MES
in particolare, ha creato le condizioni per
questo passaggio. D’altronde, noi ci eravamo
resi conto che, nel nostro settore, il tempo delle
start-up company stava finendo e che la fase
del consolidamento del mercato sarebbe presto
cominciata.
Sopra: Una delle prime sedi ORSI, oggi Siemens, a Genova
In genere, i top manager e proprietari di
aziende cedute ricevono un contratto di “lock
up” per cui restano ancora in azienda per tre
anni per assecondare il passaggio: nel caso
suo e di Cuttica voi siete sempre in ruoli
chiave di Siemens MES, un caso forse unico.
C’è stata quindi soddisfazione reciproca?
Certamente sì! Posso dire, credo anche a nome
di Cuttica, che Siemens ha avuto un approccio
estremamente positivo e aperto, cosa,
purtroppo, non sempre riscontrabile nelle
acquisizioni
fatte
da
multinazionali.
L’obiettivo era, non solo acquisire la
tecnologia che avevamo sviluppato, ma dotarsi
di un gruppo ben affiatato di esperti, attorno al
quale far crescere un nuovo business. Non è un
caso che, ancor oggi, ci siano in Siemens
moltissime delle persone che erano insieme a
noi in Orsi Automazione.
Che consigli darebbe ai giovani ingegneri
genovesi che vogliano seguire la vostra
strada?
A loro direi: “Fate ciò in cui credete.” Serve
un’idea di business in grado di catalizzare,
prima di tutto, il vostro entusiasmo. Di questo
avrete certamente grande bisogno, perché,
purtroppo, non ci sono storie di successo che
non contengano giorni e notti di sacrificio e di
tensione. Poi, serve realismo, per capire se
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questa idea risponderà a ciò che il “mercato”
richiede: non sempre ciò che piace a noi e che
ci sembra “indispensabile” piace poi agli altri.
Insieme a questo, la propensione al rischio, per
non lasciarsi frenare troppo da un eccessivo
“realismo”e, come sempre, un pizzico di
fortuna che, come sappiamo, non si può creare
ma è spesso figlia dell’ottimismo e
dall’audacia.
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