la formazione per gli immigrati nei paesi d`origine

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la formazione per gli immigrati nei paesi d`origine
Paper AUR
Lavoro e Impresa
19
Agenzia Umbria Ricerche
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L’AUR, agenzia di ricerca della Regione Umbria disciplinata dalla legge regionale 30/2000, si configura quale organo con
personalità giuridica di diritto pubblico dotato di autonomia scientifica, organizzativa e finanziaria.
L’AUR in riferimento alla realtà regionale:
- cura la raccolta, osservazione ed analisi dei dati riferiti alle principali grandezze economiche, sociali e territoriali;
- svolge studi e ricerche sulle trasformazioni e gli andamenti congiunturali della struttura economica;
- predispone i dati conoscitivi a supporto della elaborazione delle politiche territoriali ed economico-finanziarie della
Regione, nonché i dati utili alla valutazione e verifica degli effetti e dell’efficacia delle stesse politiche;
- redige un rapporto annuale sull’andamento economico e sociale della Regione;
- promuove rapporti di collaborazione e connessione operativa al fine di incrementare la base conoscitiva e comparativa dei
dati territoriali di supporto alle scelte di programmazione locale e all’elaborazione degli strumenti di programmazione
negoziata.
Presidente: Cecilia Cristofori
Direttore: Stefano Patriarca
© Agenzia Umbria Ricerche, 2004 - Tutti i diritti riservati.
L’utilizzo, anche parziale, è consentito a condizione che venga citata la fonte.
AUR - Agenzia Umbria Ricerche
LA FORMAZIONE PER GLI IMMIGRATI
NEI PAESI D’ORIGINE
Novembre 2004
Riconoscimenti
La Formazione per gli immigrati nei paesi d’origine è uno studio che afferisce a Prassi, il Progetto
Regionale Azioni di Sistema previsto in attuazione del Programma Operativo Regionale Obiettivo 3
dell’Umbria, e si colloca, in particolare, all’interno del progetto operativo 2, “Azioni di sostegno e
potenziamento della progettazione degli interventi di politica attiva del lavoro, della formazione e
della stabilizzazione del lavoro”, che prevede la specifica azione relativa ad “Accordi di cooperazione
internazionale per la formazione degli immigrati”.
Il gruppo di lavoro, coordinato da Ugo Carlone, è stato costituito da Monia Chiatti, Michela Della
Croce e Zaira Stancati.
Si desidera ringraziare il Dott. Alessandro Vestrelli (responsabile della Sezione “Immigrazione,
protezione umanitaria, diritto d’asilo, relazioni internazionali” presso la Segreteria generale della
Presidenza della Giunta della Regione Umbria) per l’apporto fornito per tutta la durata della ricerca.
Un doveroso riconoscimento va, altresì, ai “testimoni privilegiati” intervistati nel corso dell’indagine,
senza la cui disponibilità non sarebbe stato possibile dare contenuto a buona parte del lavoro che
segue.
INDICE
Introduzione ...............................................................................................................
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9
Parte Prima - La normativa sull’immigrazione .....................................................
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11
NAZIONALE E REGIONALE ...............................................................................
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13
1.1 Introduzione ..........................................................................................................
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13
1.2 La legislazione nazionale: cenni generali..............................................................
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13
1.2.1 Gli anni ottanta e la legge Martelli .....................................................................
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13
1.2.2 Dalla legge Turco-Napolitino alla legge Bossi-Fini...........................................
Pag.
14
1.3 La legge Bossi-Fini ...............................................................................................
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15
1.3.1 Le principali innovazioni....................................................................................
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15
1.3.2 L’articolo 19 della legge Bossi-Fini: la formazione nei paesi d’origine ............
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19
1.4 La normativa umbra sull’immigrazione ................................................................
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22
1.4.1 Il testo unico del 1998 e la normativa regionale ................................................
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22
1.4.2 La legge regionale 18/1990 ...............................................................................
Pag.
24
1.4.3 I recenti provvedimenti della Regione in materia di immigrazione
Pag.
28
Allegato 1 - L’art. 19 della legge Bossi-Fini ..............................................................
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30
Allegato 2 - L’applicazione dell’art. 19: lo schema di regolamento governativo ......
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31
Parte seconda - Lavoro e formazione degli immigrati in Umbria ........................
Pag.
35
2. L’INSERIMENTO LAVORATIVO DEGLI IMMIGRATI .............................
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37
2.1 Introduzione .........................................................................................................
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37
2.2 I dati del dossier Caritas .......................................................................................
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37
2.2.1 Soggiornati e forza lavoro .................................................................................
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38
2.2.2 L’incidenza delle assunzioni di immigrati per aree territoriali e per settori.......
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39
2.2.3 Le differenze per gruppi nazionali di provenienza.............................................
Pag.
44
2.3 I dati dei Centri per l’Impiego ...............................................................................
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47
2.3.1 Gli iscritti al collocamento e gli avviamenti al lavoro .......................................
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47
2.3.2 L’incidenza degli immigrati nelle professioni....................................................
Pag.
49
2.4 La ricerca dell’Irres/Aur........................................................................................
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51
1. LA NORMATIVA SULL’IMMIGRAZIONE: UN QUADRO D’INSIEME
3. LA FORMAZIONE PER GLI IMMIGRATI GIÀ RESIDENTI IN UMBRIA:
UNA PRIMA RICOGNIZIONE .............................................................................
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55
3.1 Introduzione .........................................................................................................
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55
3.2 La formazione specifica per immigrati..................................................................
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55
3.3 La formazione non specifica per immigrati...........................................................
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57
schede progetto............................................................................................................
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61
Parte terza - La formazione per gli immigrati nei paesi d’origine ......................
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97
AI TESTIMONI PRIVILEGIATI ..........................................................................
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99
4.1 Introduzione .........................................................................................................
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99
ombre ..........................................................................................................................
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100
4.2.1 Un’opportunità per gli immigrati ......................................................................
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101
4.2.2 Un’opportunità per l’Umbria..............................................................................
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102
4.2.3 Le difficoltà di carattere operativo .....................................................................
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103
4.3 Lo stato dell’arte a livello regionale......................................................................
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105
5. PROPOSTE E PROGETTI IN CORSO IN ALTRE REGIONI .....................
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109
5.1 Introduzione .........................................................................................................
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109
5.2 Veneto - progetto “Sviluppo Formazione e Lavoro dei Migranti”........................
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111
5.3 Lombardia - progetto “World Job”........................................................................
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115
5.4 Piemonte - progetto “Safe Integration” ................................................................
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118
extracomunitaria per il settore delle costruzioni della provincia di Parma” ...............
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125
5.6 Emilia-Romagna - progetto “Grandi Opere” ........................................................
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132
5.7 Toscana - Progetto “Edil Futuro”..........................................................................
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135
6. INDICAZIONI PER UN POSSIBILE PERCORSO PROGETTUALE .........
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139
6.1 Introduzione .........................................................................................................
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139
6.2 L’individuazione dei Paesi stranieri e la costituzione della partnership...............
Pag.
139
6.3 L’identificazione dei fabbisogni occupazionali locali e delle imprese disponibili
Pag.
144
Pag.
145
Allegato 3 - I corsi di formazione rivolti ad immigrati finalizzati all’inserimento lavorativo:
4. POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DALLA LETTURA DELLE INTERVISTE
4.2 Alcune considerazioni sull’articolo 19 della legge Bossi-Fini: un alternanza di luci e
5.5 Emilia Romagna - “Progetto per il reperimento e la formazione di manodopera
6.4 L’identificazione dei beneficiari diretti e la realizzazione dei percorsi formativi
all’estero .....................................................................................................................
6.5 L’inclusione socio-lavorativa degli immigrati formati .........................................
Pag.
148
Pag.
153
professionale per gli immigrati nei Paesi d’origine: schema sintetico .......................
Pag.
155
7. CONSIDERAZIONI DI SINTESI ......................................................................
Pag.
161
Bibliografia essenziale ...............................................................................................
Pag.
167
Principali riferimenti legislativi a livello nazionale e regionale .................................
Pag.
170
6.6 La promozione di meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro, la
disseminazione e l’attività di monitoraggio e valutazione .........................................
Allegato 4 - Indicazioni per la progettazione di attività di istruzione e formazione
Introduzione
Il Progetto “Accordi di cooperazione internazionale per la formazione degli immigrati nei
paesi d’origine”, che rappresenta una specifica azione del Progetto “Prassi”, ha l’obiettivo di
fornire alle amministrazioni e ai soggetti potenzialmente interessati gli strumenti utili per
promuovere iniziative di cooperazione volte alla qualificazione professionale degli immigrati
nei paesi d’origine.
La ricerca prende avvio dalle modifiche normative introdotte dalla Legge Bossi-Fini
(L.189/2002), che, all’art. 19, sostitutivo del vecchio art. 23 del Testo Unico
sull’immigrazione (D.Lgs. 286/1998), prevede la possibilità di organizzare attività di
formazione nei paesi di origine finalizzate all’inserimento lavorativo mirato nel territorio
italiano: le pagine che seguono rappresentano una sorta di “manuale d’uso” rivolto ai soggetti
che possono essere interessati all’organizzazione di percorsi formativi di questo genere.
L’esigenza, è, dunque, a livello generale, quella di contribuire a migliorare l’inserimento
socio-lavorativo di chi emigra in Umbria, in un contesto di crescita sia di richiesta di
manodopera straniera, sia di arrivo di immigrati. In particolare, ci sembra di cruciale
importanza cercare di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, attraverso la
qualificazione professionale dei futuri immigrati direttamente nei loro paesi d’origine e prima
del loro ingresso nel nostro paese1.
Questo paper raccoglie e sistematizza i risultati della ricerca.
Nella prima parte (Cap. 1) viene effettuata una esplorazione sulla normativa nazionale e
regionale, con particolare attenzione all’attuazione della Legge Bossi-Fini.
La seconda parte (Capp. 2 e 3) contiene una prima analisi dell’inserimento lavorativo degli
immigrati in Italia e in Umbria e una ricognizione sulla formazione per gli stranieri già
presenti in regione, con l’obiettivo di comprendere le caratteristiche del “lavoro immigrato” e
descrivere quali sono o sono stati gli interventi formativi già in atto per gli stranieri residenti
nel nostro territorio.
1
Segnaliamo che sono stati utilizzati in maniera assolutamente equivalente i termini “immigrati”,
“extracomunitari” e a volte anche “stranieri” al fine di indicare, appunto, coloro che provengono da paesi non
compresi nell’Unione Europea.
9
Nella terza parte, infine (Capp. 4, 5 e 6), si è affrontato in maniera più specifica il tema della
formazione nei paesi d’origine: innanzitutto, attraverso la lettura delle interviste svolte a
testimoni privilegiati, si sono delineate luci e ombre di questa opportunità offerta dalla nuova
normativa; poi, sono stati raccolti e commentati i progetti già in corso o in preparazione in
altri contesti territoriali italiani (Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana);
da ultimo, si è cercato di proporre alcune indicazioni progettuali “operative” per
l’organizzazione di percorsi formativi per immigrati nei paesi d’origine2. Il capitolo
conclusivo (Cap. 7) sintetizza i principali risultati della ricerca.
2
La ricerca ha avuto come importante step intermedio il convegno “L’immigrazione in Umbria: processi di
integrazione e interventi per l’inserimento” (8 luglio 2004 - Villa Umbra - Pila, Perugia): nella seconda sessione
della giornata è stato affrontato il tema della formazione per gli immigrati nei paesi d’origine, attraverso la
presentazione dei primi risultati del presente studio e l’intervento di alcuni responsabili dei progetti in corso in
altre regioni, il cui contributo ha permesso di completare e approfondire l’indagine svolta.
10
Parte prima
LA NORMATIVA SULL’IMMIGRAZIONE
1.
LA
NORMATIVA
SULL’IMMIGRAZIONE:
UN
QUADRO
D’INSIEME NAZIONALE E REGIONALE
1.1 Introduzione
La diffusa presenza di comunità italiane, anche estremamente numerose, in Paesi come Stati
Uniti, Argentina, Australia, Francia, Belgio, Germania e altri ancora testimonia un passato
che vede l’Italia terra di costante emigrazione. Da circa venti anni, questo fenomeno si è
invertito, e il nostro Paese è divenuto meta di un forte flusso immigratorio.
Se sul piano culturale il consistente arrivo di stranieri ha comportato la necessità di pervenire
ad una integrazione con culture diverse in un tempo relativamente breve, sul piano legislativo
si è resa evidente l’esigenza di regolamentare un fenomeno che fino a quel momento non
aveva avuto bisogno di una legislazione ad esso espressamente dedicata. Il presente capitolo
si propone di delineare, nei suoi tratti essenziali, l’evoluzione della normativa in materia di
immigrazione, alla luce dei più recenti orientamenti e delle scelte politico-istituzionali che
sono state compiute tanto a livello nazionale (con particolare riguardo alla previsione
contenuta nell’articolo 19 della legge Bossi-Fini) quanto sul piano regionale e locale.
1.2 La legislazione nazionale: cenni generali.
1.2.1 Gli anni ottanta e la legge Martelli
Il fenomeno della immigrazione, in Italia, ha ricevuto regolamentazione giuridica negli anni
ottanta con la legge 30 dicembre 1986, n. 943 recante “Norme in materia di collocamento e
trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine”.
La suddetta legge, che dà applicazione alla Convenzione OIL (Organizzazione internazionale
del lavoro) n. 143/1975 sui lavoratori migranti, rappresenta la prima disciplina compiuta e
organica del fenomeno dell’immigrazione3.
3
La legge n. 943 del 1986 disciplina e definisce:
nuovi istituti per la tutela dei lavoratori migranti: ricongiungimento familiare; divieto di privare il lavoratore
disoccupato del permesso di soggiorno; sanzioni penali per il contrasto dell’intermediazione, dello sfruttamento e
dell’impiego illegale dei lavoratori;
nuovi ingressi: modalità per assumere lavoratori all’estero; programmazione degli ingressi;
la regolarizzazione delle posizioni lavorative e di soggiorno illegali;
in una sorta di “carta dei diritti”: il diritto alla parità con i lavoratori italiani; il diritto alla disponibilità dell’abitazione
e alla tutela giurisdizionale.
13
A distanza di qualche tempo, la questione della disciplina della posizione degli immigrati nel
nostro Paese è ritornata nuovamente all’attenzione del legislatore, il quale, a completamento
della precedente normativa, ha emanato il decreto legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito
successivamente in legge 28 febbraio 1990, n. 39 recante “Norme urgenti in materia di asilo
politico, di ingresso e di soggiorno dei cittadini extracomunitari già presenti nel territorio
dello Stato” nota come legge Martelli4.
1.2.2 Dalla legge Turco-Napolitano alla legge Bossi-Fini
Dalla fine degli ottanta e dopo un iniziale periodo caratterizzato da un susseguirsi di
provvedimenti legislativi tesi a disciplinare il crescente afflusso di extracomunitari verso il
territorio italiano, la normativa nazionale ha privilegiato la scelta di instaurare un sistema di
relazioni bilaterali con i Paesi di emigrazione.
L’evoluzione legislativa successiva ha visto l’impegno del Governo nella emanazione
dapprima del decreto legge 14 luglio 1993, n. 187 convertito poi nella legge 12 agosto 1993,
n. 296 che ha dettato norme in materia di espulsione degli stranieri; successivamente è stato
emanato il decreto legge 20 marzo 1997, n. 60 recante “Interventi straordinari per
fronteggiare l’eccezionale afflusso di stranieri extracomunitari provenienti dall’Albania”.
I più recenti provvedimenti normativi in materia di immigrazione sono stati:
-
la legge 6 marzo 1998, n. 40 recante “Disciplina dell’immigrazione e norme sulla
condizione del cittadino straniero” detta Turco-Napolitano. Gli obiettivi che la legge n. 40
persegue possono essere individuati:
a) nella realizzazione di una politica degli ingressi legali, programmati e regolari;
b) nel contrasto dell’immigrazione clandestina e dello sfruttamento criminale dei flussi
migratori;
c) nell’avvio di percorsi di integrazione per i nuovi immigrati e per gli stranieri già
regolarmente soggiornanti in Italia.
Sarà bene ricordare che prima di tale intervento normativo, la posizione degli stranieri nell’ordinamento italiano ha costituito
un problema di “ordine pubblico”. Gli unici riferimenti normativi erano infatti rappresentati dal Testo Unico delle leggi di
pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 e dal relativo regolamento di esecuzione approvato
con regio decreto 6 maggio 1949, n. 356. Entrambi i provvedimenti erano diretti alla disciplina degli aspetti repressivi.
4
-
La “Legge Martelli” disciplina principalmente:
gli ingressi e la prevenzione della lotta alla clandestinità;
la regolarizzazione del soggiorno degli stranieri già presenti;
la programmazione di flussi migratori;
la disciplina del lavoro dipendente e autonomo;
lo status e la tutela dei rifugiati;
l’armonizzazione della politica italiana con quella degli altri paesi comunitari.
14
E’ stato osservato (Vestrelli, 2002) che la legge n. 40 del 1998 ha avuto il merito di aver
“definito nel campo della tutela dei diritti degli immigrati (e in alcuni settori anche di quelli
irregolari) degli standards minimi nazionali; regole fino ad allora contenute solo in alcune
normative regionali più avanzate, come quella umbra, sullo sfondo di una ‘Italia a diverse
velocità’ e di aver impresso una spinta decisiva al superamento delle notevoli disparità
territoriali rilevabili sul territorio italiano”;
-
il d.lgs 25 luglio 1998, n. 286 recante “Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’ immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” nel quale sono riunite
e coordinate le norme contenute nella legge n. 40 del 1998 e quelle ancora vigenti e
compatibili del TU delle leggi di pubblica sicurezza della legge n. 943 del 1986
(collocamento e trattamento dei lavoratori extracomunitari) e dell’art. 3, comma 13, della
legge 8 agosto 1995, n. 335 (riforma del sistema pensionistico).
Il testo unico rappresenta il quadro di riferimento normativo sull’immigrazione e può essere
considerato il primo intervento legislativo organico in materia, la quale, prima del 1998, era
regolata “in modo frammentario e secondo la logica dell’emergenza” (Pugliese, 2002, p. 103);
-
il dpr 31 agosto 1999, n. 394 che ha dato attuazione al testo unico ed ha concluso il
processo di riforma.
-
la legge 30 luglio 2002, n. 189 di “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e
di asilo” nota come legge Bossi-Fini, ultimo e più rilevante atto normativo in materia di
immigrazione.
1.3 La legge Bossi-Fini
1.3.1 Le principali innovazioni
La legge Bossi-Fini, in un mutato contesto parlamentare e politico-istituzionale rispetto a
quello di fine anni novanta, ha apportato significative modifiche alle disposizioni contenute
nel testo unico (Ludovico, 2002b, p. 1021). Le novità principali riguardano:
a) la determinazione dei flussi d’ingresso;
b) la durata del permesso di soggiorno ed il suo collegamento con il contratto di lavoro;
c) le modalità di assunzione dei lavoratori stranieri;
15
d) l’articolo 19, che prevede la possibilità per gli immigrati di svolgere dei periodi di
formazione e istruzione nei paesi di origine finalizzati all’inserimento lavorativo nel
territorio italiano;
e) le procedure di espulsione dello straniero dal territorio italiano;
f) i ricongiungimenti familiari.
Con riguardo al punto sub a), la legge Bossi-Fini prevede l’emanazione - sulla base del
Documento Programmatico triennale contenente “le azioni e gli interventi” che lo Stato
italiano si propone di svolgere in materia di immigrazione, nonché “le misure di carattere
economico e sociale nei confronti degli stranieri soggiornanti nel territorio dello Stato”
(Castelli, 2003, p. 297) - del Decreto-flussi annuale sentito il Comitato per il Monitoraggio e
la Conferenza unificata. In più, e ciò costituisce una delle novità di maggiore rilievo, la legge
prevede che possano essere emanati ulteriori Decreti-flussi infrannuali, qualora se ne ravvisi
l’opportunità5. I suddetti decreti (annuali ed infrannuali) devono tenere conto, nella
determinazione delle quote, oltre che delle indicazioni fornite dal Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, anche dei dati sulla effettiva richiesta di lavoro suddivisi per regioni e per
bacini provinciali di utenza.
La legge Bossi-Fini prevede inoltre:
-
la possibilità di inserire nel decreto delle restrizioni per quei cittadini appartenenti a Stati
che non collaborino alle politiche di repressione dell’immigrazione clandestina;
-
la possibilità di riservare delle quote preferenziali “ai lavoratori di origine italiana per
parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea retta di ascendenza” che
abbiano chiesto di essere iscritti in apposito elenco costituito presso le rappresentanze
diplomatiche o consolari;
-
la possibilità per le Regioni di trasmettere alla Presidenza del Consiglio, entro il 30
novembre di ogni anno, “un rapporto sulla presenza e sulla condizione degli immigrati
extracomunitari nel territorio regionale” con indicazione della capacità futura di
provvedere al loro assorbimento nel tessuto economico e sociale.
Con riguardo al punto sub b), una delle novità della Bossi-Fini è costituita dall’instaurazione
di un legame tra il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro. Come noto, il permesso di
soggiorno è il documento che conferisce regolarità alla presenza del cittadino straniero in
Italia ed è richiesto dal cittadino immigrato alla Questura del luogo in cui si trova, entro otto
5
Articolo 3, comma 4 e 1, T.U. n. 286 del 1998 riformati.
16
giorni dal suo ingresso in Italia. La nuova normativa prevede che il permesso di soggiorno
venga rilasciato a seguito della stipula di un contratto di lavoro. In effetti, la durata
complessiva del permesso è fissata in:
-
nove mesi in relazione ad un contratto di lavoro stagionale;
-
un anno in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato;
-
due anni in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato,
lavoro autonomo, ricongiungimento familiare;
-
tre mesi per visita, affari o turismo.
La Bossi-Fini ha previsto, inoltre, l’allungamento da cinque a sei anni del periodo di tempo
che bisogna aver trascorso regolarmente in Italia per poter ottenere la carta di soggiorno che
permette l’ingresso senza visto e la partecipazione alla vita pubblica locale (Ottaviano, 2003).
Con riguardo al punto sub c), è interessante rilevare che per effetto delle nuove disposizioni è
stata prevista l’istituzione dello Sportello Unico per l’Immigrazione presso ogni PrefetturaUfficio territoriale del Governo. Si tratta di un organismo competente a gestire l’intero
procedimento di assunzione dei cittadini stranieri sia a tempo determinato che indeterminato6.
Con riguardo al punto sub d), l’articolo 19 della Bossi-Fini sostituisce l’istituto dello
“sponsor” con il cd. “Titolo di prelazione”. L’istituto dello sponsor rappresentava una
ulteriore modalità di ingresso del cittadino extracomunitario nel nostro Paese e si
concretizzava nella garanzia prestata da un privato cittadino o da un ente pubblico (Regioni
ed enti locali).
6
La procedura per l’assunzione può essere riassunta nei seguenti passaggi:
richiesta di autorizzazione effettuata dal datore di lavoro allo Sportello Unico territorialmente competente. Alla
richiesta deve essere allegata la seguente documentazione: a) richiesta nominativa di nulla osta al lavoro; b)
indicazione della documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero; c)
proposta di contratto di soggiorno; d) dichiarazione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto
di lavoro;
trasmissione della richiesta al Centro per l’Impiego della Provincia competente che dovrà accertare l’indisponibilità
a svolgere una data mansione lavorativa da parte di lavoratori nazionali e comunitari. Decorso il termine di venti
giorni dall’inoltro della comunicazione al datore di lavoro delle domande eventualmente pervenute da parte di
lavoratori italiani o comunitari. In assenza delle stesse il centro per l’impiego invierà una certificazione negativa allo
Sportello Unico;
rilascio del nulla osta (valido per sei mesi) da parte dello Sportello Unico per l’immigrazione;
rilascio del visto d’ingresso da parte dell’Ufficio Consolare italiano nel luogo di residenza del lavoratore da
assumere;
firma del contratto di soggiorno tra datore di lavoro e straniero. Il lavoratore straniero entro otto giorno dal suo
ingresso in Italia “dovrà recarsi presso lo Sportello Unico che ha rilasciato il nulla osta per la firma del contratto di
soggiorno”; una copia di quest’ultimo verrà conservata presso lo sportello mentre l’altra, a cura dello straniero
interessato, dovrà essere inoltrata alla competente autorità consolare e al competente centro per l’impiego;
rilascio del permesso di soggiorno e rilievo delle impronte digitali del lavoratore extracomunitario;
instaurazione del rapporto di lavoro.
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Qualora il soggetto “sponsorizzato” non fosse riuscito ad inserirsi nel mercato del lavoro nel
termine di un anno, era costretto a rientrare nel Paese di origine. Ora, l’articolo 19 della legge
189 del 2002 (vedi par. successivo) dispone che l’immigrato che frequenti corsi di formazione
ed istruzione professionale nei Paesi di origine può iscriversi in apposite liste da cui potrebbe
attingere il datore di lavoro italiano qualora questi decidesse di assumere un lavoratore
extracomunitario.
Con riguardo al punto sub e), la legge Bossi-Fini prevede l’accompagnamento coattivo alla
frontiera, “salvo il caso residuale dell’espulsione con intimazione a lasciare lo Stato entro 15
giorni, prevista nei casi in cui lo straniero sia stato espulso per non aver richiesto
tempestivamente il rinnovo del permesso e salvo che non vi sia il concreto pericolo che si
sottragga all’esecuzione del provvedimento. Il procedimento di espulsione viene disposto con
decreto motivato, immediatamente esecutivo anche se sottoposto a gravame o impugnativa da
parte dell’interessato” (Ottaviano, 2003); il periodo di divieto di rientro in Italia viene
innalzato a dieci anni7.
Infine, con riguardo al punto sub f), la recente normativa prevede che il cittadino
extracomunitario in regola con i permessi possa chiedere di essere raggiunto dal coniuge, dal
figlio minore o dai figli maggiorenni a carico, a condizione che essi non siano in grado di
provvedere al loro sostentamento. Vi è un restringimento dei ricongiungimenti familiari:
possono entrare in Italia i genitori degli extracomunitari a condizione che abbiano compiuto
65 anni e se nessun altro figlio possa provvedere al loro sostentamento.
7
E’ appena il caso di segnalare che la Corte Costituzionale ha, di recente, “censurato” alcune disposizioni della Bossi-Fini
riguardanti la disciplina delle misure repressive. Con la sentenza n. 222 del 2004 la Corte ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’articolo 13-bis, comma 5, “nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida debba svolgersi in
contraddittorio prima dell’esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa”. La
Corte ha in buona sostanza ha affermato che “il provvedimento di accompagnamento alla frontiera è eseguito prima della
convalida da parte dell’autorità giudiziaria. Lo straniero viene allontanato coattivamente dal territorio nazionale senza che il
giudice abbia potuto pronunciarsi sul provvedimento restrittivo della sua libertà personale. È, quindi, vanificata la garanzia
contenuta nel terzo comma dell’art. 13 Cost., e cioè la perdita di effetti del provvedimento nel caso di diniego o di mancata
convalida ad opera dell’autorità giudiziaria nelle successive quarantotto ore. E insieme alla libertà personale è violato il
diritto di difesa dello straniero nel suo nucleo incomprimibile”. Con la sentenza n. 223 del 2004 il Giudice delle leggi è
nuovamente intervenuto sulla Bossi-Fini, stabilendo la illegittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 5-quinquies “nella
parte in cui stabilisce che per il reato previsto dal comma 5-ter del medesimo art. 14 è obbligatorio l’arresto dell’autore del
fatto”. La Corte ritiene che l’arresto obbligatorio in flagranza di reato per lo straniero che abbia violato l’ordine di
allontanamento dall’Italia entro 5 giorni “non solo è privo di qualsiasi sbocco sul terreno processuale” ma si configura come
una misura ‘precautelare’ non “finalizzata all’adozione di alcun provvedimento coercitivo” risolvendosi in buona sostanza
“in una limitazione ‘provvisoria’ della libertà personale priva di qualsiasi funzione processuale ed è quindi, sotto questo
aspetto, manifestamente irragionevole”.
18
1.3.2 L’articolo 19 della legge Bossi-Fini: la formazione nei paesi d’origine
Nell’analisi della normativa summenzionata un aspetto peculiare ai fini della nostra disamina
assume la previsione di cui all’articolo 23 del d.lgs 25 luglio 1998, n. 286 come sostituito
dall’articolo 19 della legge n. 189 del 2002.
L’articolo 23 pre-vigente disciplinava, come detto, l’istituto dello sponsor o prestazione di
garanzia. Questo istituto sanciva la “possibilità per il cittadino italiano o straniero
regolarmente soggiornante, di farsi garante dell’ingresso di uno straniero per consentirgli
l’inserimento nel mercato del lavoro, secondo una procedura che prevedeva una richiesta
nominativa alla Questura della provincia di residenza del garante, la dimostrazione
dell’assicurazione effettiva di alloggio, copertura dei costi per il sostentamento e l’assistenza
sanitaria, nell’ambito di quote prestabilite, e che consentiva di ottenere previa iscrizione
all’ufficio di collocamento, un permesso di soggiorno per un anno a fini di inserimento nel
mercato del lavoro. Erano ammessi a prestare la suddetta garanzia anche le Regioni, gli enti
locali, le associazioni professionali e sindacali, gli enti e le associazioni di volontariato a
determinate condizioni” (Michelini, 2003, p. 122).
L’articolo 19 della legge n. 189 del 2002 che sostituisce l’articolo 23 del testo unico prevede
che l’inserimento nel mercato del lavoro italiano degli immigrati extracomunitari possa
verificarsi previa partecipazione ad attività di istruzione e formazione professionale da
svolgersi nei rispettivi Paesi di origine. In altri termini viene introdotta la possibilità,
nell’ambito dei programmi approvati dal Ministero del lavoro e dell’istruzione, anche su
proposta delle Regioni e delle Province autonome, di organizzare attività di istruzione e
formazione professionale nei Paesi d’origine. Alla realizzazione di tali progetti possano
partecipare i seguenti soggetti:
a)
le Regioni;
b)
le Province autonome;
c)
gli Enti locali;
d)
le organizzazioni sindacali dei lavoratori e datori di lavoro;
e)
gli enti ed associazioni operanti da almeno tre anni nel settore dell’immigrazione;
f)
gli organismi internazionali specializzati nel trasferimento in Italia di lavoratori
extracomunitari e nel loro inserimento nei Paesi di origine.
La partecipazione a tali programmi costituisce titolo preferenziale ai fini dell’accesso in Italia
per motivi di lavoro. A tale riguardo è stato osservato (Michelini, 2003, p. 124) che “il titolo
19
di preferenza ha un valore intermedio tra la cittadinanza italiana o comunitaria, che consente
di rispondere all’interpello cui è tenuto il centro per l’impiego territorialmente competente su
impulso dello sportello unico dell’immigrazione, e la semplice iscrizione dello straniero nelle
liste di cui all’articolo 21, comma 5 del D.Lgs n. 286 del 1998”8. E’ stato altresì osservato che
la disposizione sembrerebbe non sciogliere il dubbio circa i soggetti beneficiari dell’istituto.
Si tratta di capire se “devono ritenersi esclusi dal beneficio coloro che, pur avendo partecipato
alle attività di formazione professionale ed istruzione, non siano iscritti nelle apposite liste
predisposte nell’ambito delle intese o accordi bilaterali conclusi con altri Paesi” (Ludovico,
2003a, p. 192).
Per quanto concerne l’individuazione degli obiettivi che attraverso la realizzazione di tali
programmi dovranno essere perseguiti, l’articolo 19 espressamente prevede che le attività di
istruzione e formazione professionale devono essere finalizzate:
-
all’inserimento lavorativo mirato nell’ambito del mercato del lavoro nazionale;
-
all’inserimento nei settori produttivi italiani che operano all’interno dei Paesi di origine;
-
allo sviluppo delle attività produttive o imprenditoriali autonome nei Paesi di origine.
Numerose sono state le osservazioni avanzate dai commentatori in ordine alla interpretazione
e alla applicazione della normativa in esame.
Con riguardo alle finalità è stato osservato da una parte della dottrina (Ludovico, 2003a, p.
192) che l’intento legislativo sotteso alla nuova previsione di cui all’articolo 19 della BossiFini dovrebbe poter essere individuato “nell’esigenza di migliorare le modalità di incontro tra
domanda e offerta di lavoro e nella necessità di rispondere alle effettive esigenze del mercato
attraverso la realizzazione di appositi programmi formativi”. In questo senso, dunque, la
previsione di iniziative di formazione e istruzione in loco finirebbe per configurarsi come un
ulteriore canale agevolato di ingresso al mondo del lavoro da parte degli immigrati.
Se dal punto di vista “finalistico”, dunque, la norma sembrerebbe non lasciare spazio a dubbi,
talune perplessità nascono invece sul piano più strettamente applicativo.
Alcuni studiosi hanno posto in risalto che una delle principali “carenze” della normativa in
esame si rinviene nel mancato riferimento alla copertura finanziaria delle iniziative di
istruzione e formazione in loco. Occorrerà, pertanto, “coordinare la loro gestione nel quadro
delle iniziative di cooperazione allo sviluppo gestite dal Ministero degli affari esteri, ovvero
8
Si tratterebbe delle liste suddivise per specifiche qualifiche e mansioni, stabilite in base ad intese o accordi bilaterali
comprendenti la regolamentazione dei flussi d’ingresso e le procedure di riammissione.
20
stabilire se essa dovrà prevalentemente tradursi nell’erogazione di finanziamenti ad organismi
internazionali” (Michelini, 2003, p. 124).
Altri commentatori hanno evidenziato che la normativa in esame sembrerebbe riprodurre,
almeno in parte, quanto già disposto dall’articolo 21, comma 69 del testo unico il quale
attribuisce al Ministero degli affari esteri, di concerto con il Ministero del lavoro, la
possibilità di predisporre, nell’ambito degli accordi di cooperazione in materia migratoria
conclusi con altri Stati, progetti integrati di reinserimento dei lavoratori extracomunitari nei
Paesi di origine (Ludovico, 2003a, p. 196).
Un ulteriore problema interpretativo desumibile da una lettura della nuova disposizione
concerne i soggetti deputati a formulare proposte in merito alla adozione ed elaborazione dei
programmi formativi. La previsione di cui al comma 1 dell’articolo in esame sembrerebbe
riconoscere tale possibilità esclusivamente alla Regioni e alle Province autonome, essendo
invece preclusa alle organizzazioni sindacali, agli organismi internazionali e alle associazioni
impegnate nel settore dell’immigrazione, il cui intervento pare limitato alla sola fase di
realizzazione dei progetti medesimi. Con riguardo a questo aspetto è stato osservato
(Ludovico, 2003a, p. 196) che la questione appare particolarmente rilevante giacché “un più
ampio coinvolgimento dei soggetti privati avrebbe potuto garantire la realizzazione di progetti
anche in ipotesi di mancata attivazione dei Ministeri competenti, delle Regioni e delle
Province autonome”.
Altra parte della dottrina ha sviluppato una serie di considerazioni sulla previsione di cui
all’art. 19 della Bossi-Fini e le nuove disposizioni che disciplinano l’incontro tra domanda e
offerta di lavoro introdotte dalla riforma Biagi. In particolare è stato osservato (Castelli, 2003,
p. 314) che l’introduzione di nuovi meccanismi (i corsi di formazione e istruzione nei Paesi di
origine) finalizzati all’inserimento lavorativo mirato all’interno del territorio italiano, in luogo
dell’istituto dello sponsor, sembrerebbe in contrasto con la recente riforma del mercato del
lavoro. Quest’ultima, nel rivedere la materia del mercato del lavoro e del collocamento, si è
posta come obiettivo di “realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti intesi a
garantire trasparenza ed efficienza al mercato del lavoro e a migliorare le capacità
9
L’articolo 21, comma 6 del t.u. dispone che: “Nell’ambito delle intese o accordi di cui al presente testo unico, il Ministro
degli affari esteri, d’intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, può predisporre progetti integrati per il
reinserimento di lavoratori extracomunitari nei Paesi di origine, laddove ne esistano le condizioni e siano fornite idonee
garanzie dai governi dei paesi di provenienza, ovvero l’approvazione di domande di enti pubblici e privati, che richiedano di
predisporre analoghi progetti anche per altri Paesi”.
21
d’inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di una prima
occupazione” (articolo 1, comma 1 della legge n. 30 del 2003). La tendenza della legislazione
nazionale in materia di collocamento è dunque nel senso della semplificazione e di una
sempre “più incisiva deregolamentazione e liberalizzazione dei meccanismi di incontro tra
domanda e offerta di lavoro” (Castelli, 2003, p. 314). A fronte di tale scenario il legislatore
nazionale con la Bossi-Fini sembrerebbe invece aver introdotto meccanismi che irrigidiscono
il collocamento della manodopera straniera. Con riguardo a questo aspetto è stato osservato,
da ultimo, che l’abolizione dell’istituto dello sponsor ha determinato la diminuzione della
“possibilità di un preventivo incontro diretto tra lavoratore e datore di lavoro in un ambito in
cui l’elemento personale assume spesso un ruolo determinate ai fini dell’assunzione”
(Ludovico, 2002b, p. 1028).
Per sciogliere i dubbi che si sono brevemente passati in rassegna, non resta che attendere
l’emanazione delle disposizioni attuative.
1.4 La normativa umbra sull’immigrazione
1.4.1 Il testo unico del 1998 e la normativa delle Regioni
Il testo unico del 1998 (d.lgs 286/1998) innova, come detto, la politica migratoria italiana sia
a livello nazionale che a livello locale. Tale provvedimento recepisce in parte le indicazioni
elaborate dalla comunità internazionale in materia di immigrazione e, al contempo, accoglie
alcune istanze promosse a livello locale e regionale dalle amministrazioni chiamate a gestire
giornalmente il fenomeno migratorio cercando di dare “risposte” al problema del lavoro,
dell’alloggio, dell’assistenza sanitaria, della partecipazione, della sicurezza e dell’ordine
pubblico nel territorio ma anche della formazione professionale, della diffusione di
opportunità connesse all’avvio di attività imprenditoriali autonome.
In particolare, alcune delle disposizioni contenute riguardano:
-
la promozione di azioni volte alla diffusione delle informazioni riguardanti i diritti e i
doveri degli immigrati;
-
la valorizzazione della figura dei mediatori culturali;
-
l’organizzazione di corsi di formazione di operatori pubblici e privati così da prevenire
comportamenti discriminatori e razzisti;
-
la predisposizione e la realizzazione di interventi volti all’affermazione di una
convivenza rispettosa delle diversità culturali.
22
Sarà bene ricordare, a questo punto, che già in forza della legge 30 dicembre 1986, n. 943 e
soprattutto della legge 28 febbraio 1990, n. 39 nota come “legge Martelli”, gli Enti locali e le
Regioni in particolare sono state investite di un ruolo molto rilevante concernente la
realizzazione concreta di previsioni normative sui “diritti di cittadinanza sociale” mediante la
creazione di organismi ad hoc (le Consulte regionali), l’attivazione di corsi di formazione e
qualificazione professionale, di promozione di corsi di lingua e cultura italiana ed anche, più
in generale, la promozione della conoscenza della cultura degli immigrati, della loro lingua e
Paesi d’origine, l’inserimento degli immigrati sotto il profilo dell’alloggio, produttivo e
scolastico stimolando, come è stato osservato in dottrina, la creazione di un settore in qualche
modo separato e autonomo delle politiche sociali.
Le politiche dell’immigrazione si sono quindi divise i due grandi filoni: le “politiche
d’ingresso, appannaggio delle leggi nazionali e le politiche dei servizi delegate quasi
interamente agli Enti locali” (Marini, 2000, p. 113).
La legislazione locale, tuttavia, ha tardato ad adeguarsi alla disciplina contenuta nel d.lgs 286
del 1998. Dopo l’uscita del testo unico sull’immigrazione alcune Regioni hanno legiferato
tenendo conto della nuova normativa in materia10, altre, pur non avendo emanato una legge
regionale sull’immigrazione, hanno cominciato a recepire le direttive nazionali attraverso
iniziative a carattere locale, concretizzatesi in delibere, circolari di carattere amministrativo e
note di tipo informativo.
Non tutte le Regioni, dunque, si sono mosse con eguale tempestività né secondo gli stessi
criteri. Le direttrici sulle quali si attesta, comunque, la legislazione regionale riguardano
principalmente:
-
la promozione della parità dei diritti e la piena uguaglianza di trattamento rispetto ai
cittadini italiani. La realizzazione di tale obiettivo implica l’individuazione di iniziative
volte al superamento degli ostacoli di “ordine economico e sociale” che si frappongono
all’inserimento degli stranieri nelle collettività locali;
-
la sostanziale equiparazione dei cittadini extracomunitari ai cittadini italiani
nell’accesso ai servizi di base con la previsione di iniziative promosse attraverso lo
strumento della programmazione regionale annuale o pluriennale;
-
la valorizzazione del ruolo delle amministrazioni locali le quali sono chiamate ad attivare
centri di accoglienza, avvalendosi anche della collaborazione delle associazioni;
10
Vedremo nel parafrafo che segue il dettaglio relativo all’Umbria.
23
-
l’accesso da parte dei cittadini extracomunitari ai programmi di formazione e
riqualificazione professionale promossi dalle Regioni11.
1.4.2 La legge regionale 18/1990
Dopo un iniziale approccio riduttivo in materia di immigrazione, la legislazione nazionale
degli anni novanta, come detto, si è sempre più caratterizzata verso una strategia globale con
forti relazioni bilaterali con i Paesi di emigrazione. Successivamente alla adozione della legge
Martelli, il Consiglio regionale dell’Umbria ha approvato la legge regionale 10 aprile 1990,
n. 18 che reca “Interventi a favore degli immigrati extracomunitari” e che rappresenta un atto
politico di fondamentale importanza per la Regione.
La legge de quo si fonda su quattro “pilastri”:
- i diritti riconosciuti agli immigrati extracomunitari;
- la promozione interculturale;
- la promozione della partecipazione democratica;
- lo sviluppo ed il potenziamento dei “centri di prima accoglienza”.
Come è stato osservato (Marini, 2000, p. 115), la legge prospetta una rosa di interventi e di
approcci che, integrati, rappresentano “l’essenza della politica umbra della convivenza
interetnica”.
Destinatari degli interventi, ai sensi dell’articolo 2, sono:
- i cittadini provenienti da Paesi extracomunitari residenti o dimoranti in Umbria;
- i rifugiati, gli apolidi ed i comunitari ove non usufruiscano di più favorevoli o analoghi
trattamenti.
Per quanto concerne i diritti di welfare, la legge regionale sancisce:
-
il diritto all’abitazione;
-
il diritto alla salute;
-
il diritto allo studio;
-
il diritto all’integrazione sociale;
-
il diritto alla formazione professionale;
-
il diritto ad una corretta informazione sull’immigrazione.
In particolare, per il diritto allo studio si prevede l’estensione agli stranieri del complesso di
interventi già previsti dalla legislazione regionale in tale ambito, nonché l’erogazione di borse
11
La panoramica sulla legislazione regionale in tema di immigrazione è stata tratta dal sito internet www.stranierinelpiceno.it
24
di studio e provvidenze per gli studenti (delle scuole superiori ed universitari) meritevoli e
bisognosi.
Con riguardo alla promozione della interculturalità, attraverso la legge vengono promossi:
-
corsi di lingua e cultura italiana;
-
iniziative atte a favorire il mantenimento di legami linguistici e culturali con i Paesi
d’origine;
-
insegnamenti integrativi nella lingua e cultura d’origine;
-
iniziative di educazione interculturale nelle scuole dell’obbligo;
-
iniziative sociali e ricreative volte a favorire un “clima di reciproca comprensione” e alla
valorizzazione delle capacità espressive dei cittadini extracomunitari.
Per quanto riguarda la formazione professionale, viene estesa anche agli stranieri la
partecipazione alle attività di formazione, riqualificazione e aggiornamento professionale
programmate nel territorio regionale, anche mediante la promozione e la programmazione
(nell’ambito del piano pluriennale e dei programmi annuali di formazione professionale), di
specifici interventi diretti a facilitare l’ingresso e l’inserimento dei cittadini extracomunitari
nelle attività ordinarie e nel mercato del lavoro, nonché corsi di aggiornamento rivolti
principalmente agli operatori degli enti locali addetti ai problemi dell’immigrazione. E’
prevista, altresì, previa individuazione dei soggetti idonei a svolgere attività formative, la
predisposizione di specifici programmi e corsi miranti allo sviluppo dei Paesi emergenti, volti
alla formazione professionale e alla promozione sociale di cittadini provenienti da tali Paesi,
con l’obiettivo di favorire il loro reinserimento nella terra d’origine.
Circa il diritto ad una corretta informazione sull’immigrazione, la Regione si impegna a
promuovere attività di studio, ricerca e progettazione, compresi seminari e convegni, nonché
la diffusione di notizie utili stimolando la partecipazione degli immigrati a tali progetti ed
iniziative.
La legge prevede, altresì, l’istituzione dei “centri di prima accoglienza” attribuendo ai suddetti
organismi l’erogazione dei seguenti servizi:
-
servizi di informazione atti ad “agevolare la fruizione dei diritti e dell’adempimento dei
doveri previsti dalla normativa vigente”;
-
assistenza materiale ai soggetti in “condizione di particolare disagio”;
-
iniziative finalizzate all’inserimento.
I centri di prima accoglienza si sono rivelate “strutture particolarmente utili, soprattutto nei
primi anni dell’emergenza, al fine di alleviare le difficoltà del primo impatto degli immigrati
25
con la nuova realtà e ad agevolarne l’inserimento sociale” (Vestrelli, 2002). La legge prevede
la “possibilità di accesso al finanziamento regionale di iniziative promosse da soggetti
pubblici, tende a favorire un più razionale utilizzo delle risorse presenti in Umbria, individua
un ruolo eminente di programmazione e vigilanza della Regione” (ibidem).
L’architettura della legge regionale n. 18 del 1990 privilegia il percorso della concertazione
istituzionale in quanto è chiara la distinzione tra Regione ed Enti locali in tema di erogazione
dei servizi pensati per questo tipo di utenza. In particolare, essa delinea, in sintonia con il
principio di suddivisione di competenze tra enti istituzionali, il ruolo preponderante della
Regione quale ente di programmazione, indirizzo e coordinamento in materia di interventi a
favore degli immigrati individuando nelle amministrazioni comunali e, più in generale, negli
altri attori sociali sia pubblici che privati quello di indispensabili partners per la realizzazione
di un efficiente sistema regionale di promozione e valorizzazione dell’immigrazione.
Per la realizzazione degli interventi previsti, la Regione Umbria si avvale di due strumenti:
-
il Piano triennale d’indirizzo in cui vengono indicate le linee guida e gli obiettivi da
perseguire, le priorità settoriali d’intervento e di promozione, i criteri e la formulazione
dei programmi;
-
il Programma annuale che stabilisce i progetti da realizzare, l’onere finanziario di ogni
intervento con le previsioni di capitoli di spesa a carico del bilancio regionale, la quota da
destinare ad interventi integrativi, straordinari, sperimentali ed alla partecipazione a
progetti interregionali, nazionali ed internazionali.
Nel Piano 1990-1992 è stata data particolare rilevanza agli intervanti nei settori delle politiche
abitatative evidenziando i problemi connessi alle “condizioni di marginalità alloggiativa”,
seguiti da altri obiettivi nel campo del lavoro, dell’assistenza sociale e della salute. Viene
altresì evidenziata la necessità di delineare un sistema di “bisogni relazionali” vale a dire una
rete di informazione intesa come insieme di “nuovi servizi socio-legali-informativi” (Marini,
2000, p. 117).
Nel Piano 1993-1995, come è stato osservato (Marini, 2000, p. 117), “l’abitazione slitta al
secondo posto, anche perché sul fronte della prima accoglienza la Regione può vantare
l’attivazione, nel triennio precedente, di un flusso finanziario ex legge Martelli di oltre 2,5
miliardi di lire, serviti a costituire 15 centri di accoglienza e/o servizi quasi tutti
compiutamente operativi”. Il Piano 1993-1995 si è posto come obiettivo l’innalzamento del
livello della mediazione istituzionale. Un ruolo preponderante è riconosciuto ai Comuni
chiamati ad assumere “più compiti e responsabilità” in materia di interventi diretti e di
26
promozione, e un ruolo chiave di presenza sul territorio in grado di “governare” la convivenza
interetnica per evitare l’insorgere di atteggiamenti xenofobi e il pericolo di una caduta di
consenso nei confronti delle stesse politiche a favore dell’immigrazione.
La realizzazione delle iniziative previste nel programma 1993-1995 ha visto la Regione come
ente capofila con compiti di programmazione, coordinamento e di regia e il Comune come
ente erogatore e gestore dei servizi (si pensi ai centri di accoglienza). Particolarmente vivace è
l’opera delle associazioni di volontariato anche cattolico che operano sul territorio.
Come è stato accennato, l’attivazione da parte della Regione di iniziative in materia di
immigrazione si è basato, in una prima fase, sui flussi finanziari provenienti dallo Stato. In
particolare la legge Martelli aveva previsto lo stanziamento di quote da destinare alle Regioni
per la realizzazione di opere e servizi destinati agli immigrati extracomunitari. La fine dei
flussi finanziari statali ha dato luogo ad una fase di transizione che è stata definita della
“scarsità virtuosa” (Marini, 2004). La Regione, infatti, ha cercato di colmare il vuoto creatosi
“agganciando” le politiche dell’immigrazione a quelle sociali. Questa fase è stata
caratterizzata dall’approvazione di un importante provvedimento: la Legge regionale n. 3 del
1997 recante “Riorganizzazione della rete di protezione sociale regionale e riordino delle
funzioni socio assistenziali” cui ha fatto seguito l’adozione del Piano sociale regionale 20002002 in cui tra le aree dei progetti innovativi da sperimentare si trova l’accoglienza e
l’inclusione sociale degli immigrati.
L’obiettivo è stato quello di ridefinire i servizi sociali per adeguarli alla nuova utenza
immigrata dati i processi di stabilizzazione in corso.
Nel cap. 11.3 del Piano vengono delineati i progetti innovativi per l’accoglienza e
l’inserimento sociale degli immigrati, suddivisi in tre settori di intervento:
-
servizi per l’integrazione, rivolti alla generalità degli immigrati ed in particolare ai nuclei
familiari in condizione di stabile presenza sul territorio;
-
servizi rivolti alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni di marginalità e al recupero
della devianza;
-
servizi rivolti a facilitare l’interazione tra gli “autoctoni” e gli immigrati.
L’ultimo step del percorso intrapreso trova la sua origine nel d.lgs 286 del 1998. Come è stato
osservato (Vestrelli, 2002) “l’approvazione, accanto ai programmi annuali previsti e finanziati
dalla l.r. n. 18 del 1990, di ben 5 programmi per l’utilizzazione delle risorse recate dal testo
unico dell’immigrazione, ha segnato il passaggio ad una programmazione territoriale
integrata imperniata sul livello comprensoriale e sull’esaltazione del ruolo dei Comuni che
27
sono invitati comunque a coinvolgere nella programmazione altri soggetti locali pubblici e del
privato sociale”.
Le direttrici di questa fase attuale sembrano attestarsi su una forte centralità dei Comuni,
dunque, e sulla logica della concertazione tra attori pubblici e privati per quanto concerne la
erogazione dei servizi agli immigrati presenti nel territorio umbro.
1.4.3 I recenti provvedimenti della Regione in materia di immigrazione
L’articolo 45 del d.lgs 286 del 1998 ha previsto l’istituzione di un Fondo nazionale per le
politiche migratorie destinato a cofinanziare iniziative e attività concernenti l’immigrazione
“con particolare riguardo alle attività culturali, formative, informative, di integrazione e di
promozione di pari opportunità” contenuti in accordi di programmi annuali o pluriennali di
Regioni, Province e Comuni.
Successivamente all’emanazione del dpr 31 agosto 1999, n. 394 - “Regolamento recante
norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione del straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6,
del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286” – la Regione Umbria ha approvato quattro
Programmi annuali “di iniziative concernenti l’immigrazione” ai sensi dell’art. 45 del
Decreto stesso12, che hanno segnato il passaggio ad una programmazione territoriale
integrata13. Si segnala, da ultimo, l’approvazione, nel novembre 2003, del Programma
regionale triennale 2003-2005 e quinto programma regionale annuale di iniziative
concernenti l’immigrazione.
Come previsto dal primo programma regionale annuale, il sistema di programmazione si basa
sulla individuazione di 12 Ambiti territoriali di intervento all’interno dei quali i Comuni
gestiscono insieme, nell’ottica della cooperazione, la programmazione per l’intero territorio.
12
Il comma 2 dell’articolo 45 del D.Lgs 286 del 1998, dispone che “lo Stato, le regioni, le province e i comuni adottano nelle
materie di propria competenza, programmi annuali o pluriennali relativi a proprie iniziative e attività concernenti
l’immigrazione, con particolare riguardo all’effettiva e completa attuazione operativa del presente testo unico e del
regolamento di attuazione, alle attività culturali, formative, informative, di integrazione e di promozione di pari opportunità. I
programmi sono adottati secondo i criteri e le modalità indicati dal regolamento di attuazione e indicano le iniziative
pubbliche e private prioritarie per il finanziamento da parte del Fondo, compresa l’erogazione di contributi agli enti locali per
l’attuazione del programma”.
13
Nell’ambito del circuito regionale umbro la programmazione territoriale integrata costituisce non solo un riferimento
istituzionale ma anche un vero e proprio “metodo di lavoro” che vede la partecipazione attiva della Regione quale ente
capofila con compiti di indirizzo e di programmazione in materia di interventi rivolti agli extracomunitari immigrati; del
Comune quale ente titolare di compiti di gestione ed erogazione dei servizi; del mondo privato sociale, delle organizzazioni
di volontariato (in particolare dell’associazionismo cattolico) ecc.. La programmazione territoriale integrata si caratterizza per
l’integrazione tra politiche sociali e politiche sanitarie. A tale riguardo, il territorio regionale è stato suddiviso in 12 Ambiti
territoriali coincidenti con i Distretti sanitari. Gli Ambiti territoriali rappresentano, dunque, la sede di raccordo e di
concertazione tra la Regione e il Comune per quanto concerne la fase di attuazione e di verifica degli indirizzi della
programmazione regionale sul territorio.
28
All’interno di ogni Ambito è prevista la costituzione di un gruppo di progetto territoriale che è
coordinato dal Comune capofila ed è composto da tecnici del settore, rappresentanti degli enti
locali e del privato sociale. Per ogni ambito viene predisposto un Piano Territoriale
consistente in alcuni progetti da realizzare attraverso un accordo di programma tra gli Enti
locali e la Regione. Una parte, pari al 20% delle risorse viene destinata a progetti sovra
Ambito; l’80% viene, invece, suddivisa tra i suddetti 12 Ambiti territoriali.
Per quanto riguarda i settori di intervento questi vengono individuati in:
- servizi per l’integrazione, rivolti alla generalità degli immigrati ed in particolare ai nuclei
familiari in condizione di stabile presenza sul territorio;
- servizi volti alla prevenzione e al contrasto sei fenomeni di marginalità e al recupero della
devianza;
- servizi rivolti a facilitare l’interazione tra gli autoctoni e gli immigrati.
Infine, con delibera della Giunta regionale n. 1291 del 19 settembre 2003, è stato approvato il
Programma annuale 2003 recante “Interventi in materia di immigrazione ai sensi della LR n.
18 del 1990”, finanziato dalla Regione con un importo pari a 438.988 euro, che prevede 73
progetti raggruppati nelle seguenti tipologie di interventi:
-
attività di educazione interculturale;
-
tutela del patrimonio culturale di origine;
-
informazione, ricerca, documentazione sull’immigrazione, iniziative sociali, culturali
ricreative;
-
diritto alla salute, assistenza sociale.
Come è stato osservato (Vestrelli, 2002), l’Umbria appare contraddistinta da un forte “senso
di appartenenza ad un’unica comunità regionale” in cui si ritrovano “coesione tra vecchi e
nuovi cittadini, rispetto delle differenze e pari opportunità, nella uguaglianza di diritti e
doveri: sono questi, in definitiva, gli elementi fondamentali di una corretta strategia di
inclusione chiaramente enunciati nella programmazione regionale”.
29
Allegato 1
L’art. 19 della legge Bossi-Fini
Si riporta, di seguito, il testo dell’art. 19 della legge Bossi-Fini, che sostituisce l’art. 23 del
d.lgs. n. 286/1998.
L. 189/2002 - Art. 19 (Titoli di prelazione)
1. L’articolo 23 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è sostituito dal seguente:
«Art. 23. - (Titoli di prelazione) – 1. Nell’ambito di programmi approvati, anche su proposta delle regioni e
delle province autonome, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca e realizzati anche in collaborazione con le regioni, le province autonome e altri
enti locali, organizzazioni nazionali degli imprenditori e datori di lavoro e dei lavoratori, nonchè organismi
internazionali finalizzati al trasferimento dei lavoratori stranieri in Italia ed al loro inserimento nei settori
produttivi del Paese, enti ed associazioni operanti nel settore dell’immigrazione da almeno tre anni, possono
essere previste attività di istruzione e di formazione professionale nei Paesi di origine.
2. L’attività di cui al comma 1 è finalizzata:
a) all’inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all’interno dello Stato;
b) all’inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all’interno dei Paesi di origine;
c) allo sviluppo delle attività produttive o imprenditoriali autonome nei Paesi di origine.
3. Gli stranieri che abbiano partecipato alle attività di cui al comma 1 sono preferiti nei settori di impiego ai
quali le attività si riferiscono ai fini della chiamata al lavoro di cui all’articolo 22, commi 3, 4 e 5, secondo le
modalità previste nel regolamento di attuazione del presente testo unico.
4. Il regolamento di attuazione del presente testo unico prevede agevolazioni di impiego per i lavoratori
autonomi stranieri che abbiano seguito i corsi di cui al comma 1».
30
Allegato 2
L’applicazione dell’art. 19: lo schema di regolamento governativo
L’attuale iter della legge Bossi-Fini attende l’emanazione del regolamento che dovrà dare
attuazione alle disposizioni contenute nella stessa. L’articolo 34 della legge 30 luglio 2002, n.
189 prevede, infatti, l’emanazione, entro sei mesi dalla sua pubblicazione, delle norme di
attuazione e integrazione, nonché la revisione ed armonizzazione delle disposizioni contenute
nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
Il Governo ha provveduto ad approvare in data 27 giugno 2003, uno schema di regolamento
recante modifica ed integrazione al dpr del 31 agosto 1999, n. 394 in materia di immigrazione
che è stato successivamente sottoposto all’esame della Conferenza Stato - Regioni Autonomie locali. La bozza del relativo regolamento attuativo è oggetto, al momento in cui si
scrive, dell’esame del Consiglio di Stato.
Grazie ad un interessante colloquio con il Direttore della Direzione generale per
l’immigrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Giuseppe Maria Silveri, è
stato possibile ricavare alcune considerazione sulla bozza di cui sopra e sulle opportunità
offerte dall’art. 19 della legge Bossi-Fini:
- nella bozza, si valorizza soprattutto l’aspetto relativo al diritto di prelazione riconoscibile a
coloro che abbiano partecipato ad attività di istruzione e formazione nei rispettivi paesi
d’origine. Tali soggetti, iscritti in una lista speciale istituita presso il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, godrebbero di una corsia preferenziale ai fini dell’inserimento
lavorativo in Italia e dunque di un significativo alleggerimento del sistema delle quote nei loro
confronti. Ciò vuol dire che l’ingresso nel nostro paese esulerebbe in questi casi dal sistema
delle quote suddetto, vedendosi subordinato unicamente all’esistenza di imprese disposte ad
assumere i soggetti già formati o preformati nei loro paesi di provenienza (imprese che non
devono essere individuate necessariamente fin dall’inizio, anche se ciò sarebbe ovviamente
preferibile).
- l’articolo 19, che sostituisce l’articolo 23 della precedente normativa sull’immigrazione
(relativo all’istituto delle “sponsorizzazioni”), rappresenta un aspetto trainante della BossiFini. La sua finalità consiste principalmente nell’assicurare una regolarizzazione dei flussi
migratori verso l’Italia, promuovendo al contempo la predisposizione di percorsi atti ad
agevolare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro immigrato;
31
- gli interventi in questione, alquanto impegnativi da realizzare (sia in termini organizzativi
che economico-finanziari), sono attivabili tramite progetti assoggettati al vaglio del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, che assieme al Ministero dell’istruzione sta varando un
Decreto Interministeriale contenente i criteri di valutazione cui dovranno uniformarsi questi
stessi progetti per essere approvati;
- il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta implementando l’attuale rete di relazioni
internazionali tra l’Italia e diversi paesi stranieri, tra cui l’Egitto (con il quale è già stato
sottoscritto un Memorandum), la Tunisia e la Repubblica Moldava (coi quali sono già in atto
Accordi bilaterali), il Marocco, la Romania ed anche lo Sry-Lanka (con cui si sta lavorando,
in particolare, al fine di predisporre percorsi di selezione e preformazione in loco di personale
da impiegare in Italia nell’ambito del settore dell’assistenza domiciliare).
Di seguito è riportato l’articolo contenuto nello schema di regolamento del Governo che
dovrebbe dare attuazione alle disposizioni contenute nell’art. 19 della legge Bossi-Fini.
Schema di Regolamento di attuazione proposto dal Governo (Modifiche al DPR n. 394/1999)
Articolo 29 (Titoli di prelazione)
L'articolo 34 del dpr n. 394 del 1999 è sostituito dal seguente:
Art.34. - (Titoli di prelazione)
1. Con decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca sono fissate le modalità di predisposizione e di svolgimento dei programmi di cui
all'articolo 23, comma 1, del testo unico e sono stabiliti i criteri per la loro valutazione. I programmi di
formazione e di istruzione, da effettuarsi nel paese di origine, sono presentati al Ministero del lavoro e delle
politiche sociali che, sentito il Ministero degli affari esteri, procede all'istruttoria e, congiuntamente con il
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, provvede alla relativa valutazione e all'eventuale
approvazione.
2. I lavoratori in possesso di specifica qualificazione professionale acquisita nell' ambito dei predetti
programmi sono inseriti in apposite liste istituite presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali -Servizio
problemi lavoratori immigrati.
3. Le liste di cui al comma 2, distinte per paesi di origine, constano di un elenco di nominativi contenente il
Paese di origine, le complete generalità, la qualifica professionale, il grado di conoscenza della lingua italiana, il
tipo di rapporto di lavoro preferito, stagionale, a tempo determinato o indeterminato, nonché l'indicazione del
programma formativo svolto e del rispettivo settore di impiego di destinazione.
------- segue
32
4. I dati inseriti in tali liste sono posti a disposizione, tramite il sistema informativo delle Direzioni provinciali
del lavoro, dei datori di lavoro, che possono procedere con la richiesta di nulla osta al lavoro ai sensi
dell'articolo 22, commi 3, 4 e 5, del testo unico, oppure nei casi in cui abbiano conoscenza diretta degli stranieri,
con la richiesta nominativa di nulla osta di cui all' articolo 22, comma 2, del testo unico. Il nulla osta al lavoro
per tali lavoratori è rilasciato senza il preventivo espletamento degli adempimenti previsti dall'articolo 22,
comma 4, del testo unico.
5. I lavoratori inseriti nell’elenco hanno un diritto di priorità rispetto ai cittadini del loro stesso Paese, secondo
l’ordine di iscrizione nelle liste, ai fini della chiamata numerica di cui all’articolo 22, comma 3, del testo unico.
6. Nel caso di richieste numeriche di nulla osta per lavoro stagionale, tale diritto di priorità opera
esclusivamente rispetto ai lavoratori che non ritrovano nella condizione prevista dall' articolo 24, comma 4, del
testo unico.
7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di cui all' articolo 3, comma 4, del testo unico, è
riservata una quota di ingressi per lavoro subordinato non stagionale ai lavoratori inseriti nell' elenco che
abbiano partecipato all' attività formativa nei paesi di origine, anche sulla base delle indicazioni fornite dalle
regioni, ai sensi dell'articolo 21, comma 4-ter, del testo unico. Qualora si verifichino residui nell'utilizzo della
quota riservata, trascorsi nove mesi dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, la stessa rientra nella disponibilità della quota di lavoro subordinato.
8. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri può prevedere che, in caso di esaurimento della quota
riservata prevista al comma 7, siano ammessi ulteriori ingressi, sulla base di effettive richieste di lavoratori
formati ai sensi dell' articolo 23 del testo unico.
9. Ai partecipanti ai corsi di formazione destinati ai lavoratori autonomi stranieri, inseriti in appositi elenchi, è
riservata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di cui all'articolo 3, comma 4, del testo unico,
una quota stabilita a livello nazionale.".
33
Parte seconda
LAVORO E FORMAZIONE DEGLI IMMIGRATI IN
UMBRIA
2. L’INSERIMENTO LAVORATIVO DEGLI IMMIGRATI
2.1 Introduzione
In questo capitolo analizzeremo l’inserimento lavorativo degli immigrati in Italia e in
Umbria, per capire che tipo di incidenza ha la manodopera extracomunitaria nel mercato del
lavoro, quali sono i settori in cui il fabbisogno è più alto e come si caratterizzano i diversi
gruppi nazionali di provenienza.
Abbiamo ritenuto opportuno suddividere l’analisi per fonti di dati. Inizialmente, prenderemo
in considerazione le informazioni provenienti dal Dossier Statistico della Caritas del 2003
(Caritas, 2003), poi i dati dei Centri per l’Impiego umbri rielaborati dall’Agenzia Umbria
Lavoro (AUL, 2004). Infine, sono state estratte alcune considerazioni sull’inserimento
lavorativo degli immigrati contenute nell’indagine condotta dall’Irres/Aur nel 2001 (Marini,
2004)1.
Desideriamo sottolineare che, in questa sede, non interessa, se non in maniera indiretta,
l’esatta composizione numerica della manodopera immigrata in Umbria: ciò che ci sembra
più importante è, invece, avere un quadro di sfondo che permetta di delineare le linee
generali dell’inserimento lavorativo dei cittadini extracomunitari e le tendenze in riferimento
alle caratteristiche del “lavoro immigrato”.
2.2 I dati del Dossier Caritas
Il Dossier Caritas rappresenta una delle fonti più attendibili e autorevoli per analizzare il
fenomeno immigratorio in Italia. In questo paragrafo prenderemo in considerazione i dati
contenuti in tale indagine che fanno riferimento all’inserimento lavorativo degli immigrati
(Caritas, 2003).
1
Per una descrizione delle fonti dei dati, vedi ogni singolo paragrafo.
37
2.2.1 Soggiornanti e forza lavoro
Gli stranieri soggiornanti in Italia, al 21.12.2002, erano poco più di un milione e mezzo2. Tra
questi, circa la metà è da considerare “forza lavoro”: in base ai dati del Ministero
dell’interno, infatti, sono 834.478 gli stranieri occupati e in cerca di occupazione nell’intero
paese, pari al 55,2% del totale (Tab. 1). L’81,8% è impegnato nel lavoro subordinato, il 13%
in quello autonomo, mentre la quota di disoccupati è pari al 5,2%3.
In Umbria, queste percentuali sono leggermente differenti. Sui 30.965 soggiornanti, le forze
lavoro costituiscono il 52,1% (circa 3 punti percentuali in meno rispetto al dato nazionale).
Tra di essi, coloro che lavorano come subordinati rappresentano l’86,6%, mentre i lavoratori
autonomi sono il 7,9%. Ciò vuol dire che nella nostra regione gli stranieri tendono ad essere
occupati di più come lavoratori dipendenti, e, conseguentemente, di meno come autonomi. E’
praticamente equivalente, invece, la percentuale dei senza lavoro (5,5%).
A ben vedere, si registrano delle sostanziali differenze tra le due province umbre: in quella di
Perugia, è più alta la percentuale di forza lavoro (54,1% contro 42,4% della provincia di
Terni); in quella di Terni, è più basso il valore relativo ai senza lavoro (3,0% contro 5,9%
della provincia di Perugia). Ciò vuol dire, in prima battuta, che la provincia di Terni dispone,
percentualmente, di una minore forza lavoro immigrata rispetto ai soggiornanti; tuttavia, da
questi pochi dati sembrerebbe che l’immigrato che decide di trovare un’occupazione abbia
più chance a Terni rispetto a Perugia, visto che il tasso dei senza lavoro è più basso.
2
Bisogna considerare che in questa cifra non sono compresi i nuovi permessi sfuggiti alla registrazione del
Ministero dell’interno (stimati dalla Caritas in circa 82.000), i minori non registrati nell’Archivio di soggiorno
in quanto riportati sul permesso di soggiorno dei genitori (230.000), i nati stranieri in Italia nel 2002 più i minori
venuti a carico di un familiare e non conteggiati tra i permessi (45.000) e gli immigrati che hanno presentato
istanza di regolarizzazione (600.000). Se sommiamo questi valori (che rappresentano, lo ricordiamo, delle
stime) ai soggiornanti regolarmente in Italia, si arriva ad un cifra che si avvicina di molto ai 2 milioni e mezzo
(Caritas 2003, p. 100).
3
“Questo valore ridimensiona radicalmente il pregiudizio, fortunatamente sottoposto a revisione negli ultimi
anni, secondo il quale sarebbe senza lavoro in Italia un esagerato numero di stranieri. Il loro tasso di
disoccupazione è più basso di 4 punti percentuali rispetto a quello riguardante gli italiani e se si tiene anche
conto delle numerose persone costrette a lavorare in nero e di quelle che la regolarizzazione ha fatto emergere,
appare l’inconsistenza di chi equipara la posizione degli immigrati a quella di persone senza lavoro” (Caritas
2003, p. 252). Il calcolo dei disoccupati stranieri è stato effettuato nello stesso modo in cui viene elaborato
quelli degli italiani: “come il tasso dei disoccupati italiani va rapportato alle forze lavoro e non alla generalità
della popolazione residente, così anche il numero dei disoccupati immigrati va calcolato sul numero dei cittadini
stranieri autorizzati a svolgere un’attività lavorativa” (ibidem). Tuttavia, va considerato che “la definizione delle
forze lavoro immigrate e dei disoccupati immigrati, a differenza dei criteri seguiti dall’ISTAT per la generalità
dei lavoratori [...], è fondata su criteri prettamente giuridici: sono forze lavoro i cittadini stranieri titolari di un
permesso di soggiorno per motivi di lavoro o ad esso assimilabile [...]. Anche la definizione di disoccupati per
gli immigrati è prettamente giuridica perché sono tali quelli che sono registrati dalle questure in attesa di
occupazione (e questi sono la parte più consistente dei disoccupati immigrati), quelli iscritti alle liste di
collocamento e quei pochi che sono in attesa di perfezionamento della loro pratica lavorativa” (ibidem).
38
Tab.1 - Soggiornanti e forza lavoro (2003)
Soggiornanti
Forza lavoro
% forza lavoro sui soggiornanti
Suddivisione forza lavoro:
Lavoro subordinato
% su forza lavoro
Lavoro autonomo
% su forza lavoro
Senza lavoro
% su forza lavoro
Perugia
25.611
13.862
54,1
Terni
5.354
2.268
42,4
Umbria
30.965
16.130
52,1
Italia
1.512.324
834.478
55,2
11.935
86,1
1.105
8,0
822
5,9
2.028
89,4
171
7,5
69
3,0
13.963
86,6
1.276
7,9
891
5,5
682.474
81,8
106.615
13,0
43.116
5,2
Fonte: nostra elaborazione da Caritas 2003/Ministero dell’Interno
2.2.2 L’incidenza delle assunzioni di immigrati per aree territoriali e per settori
In base ai dati forniti dall’INAIL4 e rielaborati dalla Caritas, in Italia, nel 2002, è avvenuta
circa un’assunzione di immigrati ogni 10 assunzioni in totale (11,5%) (Tab. 2). Rispetto al
2001, tale valore è cresciuto dell’1,6%, a dimostrazione della sempre più consistente
presenza degli stranieri nel mercato del lavoro italiano. L’area territoriale maggiormente
interessata dal fenomeno è il Nord Est, dove ben il 17,7% delle assunzioni riguarda un
lavoratore extracomunitario. Segue il Nord Ovest (14,0%), il Centro (10,2%) e, ben
distaccati, il Sud (4,0%) e le Isole (3,8%). In tutte le aree territoriali si è registrato un
aumento rispetto all’anno precedente, meno consistente al Sud e nelle Isole. Ma il dato che
spicca di più è certamente quello relativo all’Umbria, dove la percentuale di assunzioni di
extracomunitari è pari al 16,6% del totale, valore molto vicino a quello del Nord Est e
addirittura superiore, seppure di poco, a quello del Veneto (15,9%) e dell’Emilia-Romagna
(14,8%). Anzi, la nostra regione presenta il terzo valore più alto, dietro il Trentino Alto
Adige (30,2%) e il Friuli-Venezia-Giulia (18,4%).
4
“Dal 16 marzo è stato creato un nuovo archivio dell’INAIL, denominato “Denuncia Nominativa Assicurati”, i
cui dati vengono desunti dai codici fiscali dei lavoratori e delle aziende in occasione di ogni assunzione e
cessazione dei rapporti di lavoro avvenuti nel corso dell’anno [...]. Si tratta di un archivio caratterizzato da una
maggiore precisione rispetto ai dati in precedenza raccolti dagli Uffici di collocamento. L’archivio, infatti,
riguarda circa il 90% dei nuovi rapporti di lavoro, ad esclusione di quelli interinali; si stima, inoltre, che circa il
10% delle denunce dei datori di lavoro sia soggetta ad errori. Questa nuova fonte, grazie anche alla sensibilità
dimostrata dai suoi gestori per rispondere alle esigenze conoscitive, aiuta a colmare le carenze che negli ultimi
tempi hanno caratterizzato l’approccio al mercato occupazionale, con particolare riferimento alle forze di lavoro
immigrate” (Caritas 2003, p. 255). Un pregio considerevole dell’archivio INAIL “consiste nel procedere ad una
statisticazione quasi in tempo reale [...], per cui è possibile riflettere sui dati recenti, rendendosi conto
dell’andamento congiunturale” (ivi, p. 256).
39
Le 13.339 assunzioni di stranieri registrate dall’INAIL in Umbria nel 2002 rappresentano
ovviamente una parte poco consistente, se rapportata alle circa 600.000 assunzioni dell’intero
territorio nazionale (il 2,2%); ma, in Umbria, stando ai dati a nostra disposizione, la
manodopera immigrata incide di più rispetto a molte altre aree territoriali del nostro paese.
Tab. 2 - Incidenza dei lavoratori extracomunitari sul totale delle assunzioni per area
territoriale - valori percentuali (2001 e 2002)
Aree Territoriali
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud
Isole
Umbria
Italia
2001
11,6
15,2
9,5
3,7
3,7
nd
9,9
2002
14,0
17,7
10,2
4,0
3,8
16,2
11,5
Fonte: nostra elaborazione da Caritas 2003/INAIL
La maggior parte delle assunzioni di lavoratori extracomunitari avviene comunque, come
visto, al Nord: il 31,2% del totale italiano nel Nord Ovest e il 37,8% nel Nord Est (Tab. 3).
Ciò vuol dire che circa 7 assunzioni su 10 di immigrati avvengono nel Nord Italia. Nel
Centro, la quota è pari al 20,5%, mentre il restante 10% è suddiviso tra Sud (7,7%) e Isole
(2,8%). E’ da notare che quasi la metà dei lavoratori immigrati nel settore agricolo è stato
assunto, nel 2002, nel Nord Est (54,0%), mentre solo il 9,8% nel Nord Ovest.
Fatta salva la quota delle assunzioni avvenute in un settore “non determinato”5, quelle che
riguardano i lavoratori extracomunitari sono, rispetto ai dati relativi a tutti gli assunti per
settore, maggiormente concentrate nell’agricoltura (13,8% contro 11,3%) e nell’industria
(26,4% contro 22,9%) (Tab. 4). Nei servizi, invece, sono più basse, percentualmente, rispetto
a quanto avviene per il totale del settore (39,2% contro 47,7%).
5
“Un quinto delle assunzioni avviene in settori non specificati e questo unicamente a causa delle carenze
intervenute nell’effettuazione delle denunce” (Caritas 2003, p. 265)
40
Tab. 3 - Assunzioni di lavoratori extracomunitari per aree territoriali - valori
percentuali (2002)
Aree
territoriali
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud
Isole
Italia
Tutti i settori
Agricoltura
Industria
31,2
37,8
20,5
7,7
2,8
100
9,8
54,0
14,1
13,8
8,6
100
32,7
38,3
20,4
7,2
1,4
100
Servizi Non determinato
33,6
36,6
22,0
5,9
1,9
100
45,0
21,8
23,4
7,6
2,2
100
Fonte: nostra elaborazione da Caritas 2003/INAIL
Tab. 4 - Assunzioni per settori - valori percentuali (2002)
Settori
Agricoltura
Industria
Servizi
Non determinato
Totale
Tutti i lavoratori
11,3
22,9
47,7
18,1
100
Lavoratori extracomunitari
13,8
26,4
39,2
20,6
100
Fonte: nostra elaborazione da Caritas 2003/INAIL
Più nello specifico (Tab. 5 e Graff. 1 e 2), possiamo notare che i settori dove sono
maggiormente impiegati i lavoratori extracomunitari sono, per quanto riguarda i servizi,
quello alberghiero (16,6%) e ristorativo (8,4%)6, mentre, nell’industria, quello delle
costruzioni (9,6%). I dati relativi all’Umbria sono leggermente differenti rispetto a quelli
nazionali: la percentuale degli assunti nei servizi è equivalente (38,2% contro 39,2%), mentre
sono più alti i valori relativi al settore agricolo (22,8% contro 13,8%) e all’industria (30,6%
contro 26,4%). Tuttavia, un confronto diretto tra la realtà regionale e quella nazionale sembra
poco corretto, in quanto è notevolmente inferiore al valore nazionale la quota umbra di
assunzioni di lavoratori extracomunitari in settori “non determinati” (8,4% contro 20,6%).
Questa discrepanza potrebbe cioè compromettere il raffronto tra le due realtà. In ogni caso,
anche in Umbria le assunzioni di immigrati sono più concentrate nel settore alberghiero
(19,5% contro 16,6%) e nell’industria delle costruzioni (13,4% contro 9,6). Un po’ meno,
invece, rispetto al dato nazionale, nel settore ristorativo (4,5% contro 8,4%).
6
“Se per le assunzioni per le quali non è stato possibile determinare il ramo lavorativo la ripartizione fosse
simile a quella registrata [...] gli alberghi e i ristoranti raggiungerebbero la quota di un terzo di tutte le
assunzioni” (Caritas 2003, p. 265).
41
Tab. 5 - Assunzioni di lavoratori extracomunitari per settori - valori percentuali (2002)
Settori
Agricoltura
Industria
di cui
Costr.
Metalli
Alimentare
Tessile
Altre
Servizi
di cui:
Alberghi
Ristoranti
Att. Imm.
Comm.
Serv. Pubb.
Non det.
Totale
Umbria
22,8
30,6
Italia
13,8
26,4
13,4
3,6
3,4
1,9
8,2
38,2
9,6
3,9
2,4
2,3
8,2
39,2
19,5
4,5
5,9
2,3
6
8,4
100
16,6
8,4
5,2
2,3
6,8
20,6
100
Fonte: nostra elaborazione da Caritas 2003/INAIL
Graf. 1 - Assunzioni di lavoratori extracomunitari per settori - Italia (2002)
Non determinato
21%
Agricoltura
14%
Industria
26%
Servizi
39%
Fonte: nostra elaborazione da Caritas 2003/INAIL
42
Graf. 2 - Assunzioni di lavoratori extracomunitari per settori - Umbria (2002)
Non determinato
8%
Agricoltura
23%
Servizi
38%
Industria
31%
Fonte: nostra elaborazione da Caritas 2003/INAIL
Per quanto riguarda l’incidenza delle assunzioni di extracomunitari nei singoli settori
produttivi, è possibile raggruppare in tre aree, per tutto il territorio nazionale, i settori a
seconda del fabbisogno (Tab. 6) (Caritas 2003, p. 266). Un’incidenza molto alta (oltre 15
assunzioni su 100) si registra in diversi rami dell’industria (soprattutto conciaria). Alto è il
fabbisogno nell’agrindustria, nelle costruzioni e nei trasporti. Un’incidenza media, invece, si
riscontra in altri rami dell’industria e in attività di commercio.
Tab. 6 - Incidenza dei lavoratori extracomunitari sulle assunzioni per settori - valori
percentuali - Italia (2002)
Molto Alta
i. conciaria
i. tessile
i. metalli
i. gomma
i. legno
i. trasformazione
%
22,8
17,7
17,0
16,9
16,7
15,0
Alta
agrindustria
costruzioni
trasporti
i. mezzi di trasporto
i. meccanica
att. immob/pulizie
%
14,1
13,7
12,7
12,3
11,6
10,8
Media
i. alimentare
estr.minerali
i. carta
i. chimica
i. elettrica
commercio/rip.auto
%
8,8
7,7
7,6
7,5
7,4
7,4
Fonte: nostra elaborazione da Caritas 2003/INAIL
43
2.2.3 Le differenze per gruppi nazionali di provenienza
Per avere informazioni circa il grado di accesso al mercato occupazionale per nazionalità, nel
Dossier Caritas viene fatto il raffronto tra la quota di soggiornanti (al 31.12.2001) e quella
delle assunzioni (nel 2002). Bisogna premettere, tuttavia, che i difetti di registrazione presso
l’INAIL consentono di ripartire per nazionalità solo 497.415 sulle 659.000 totali.
Occorrerebbe dunque “maggiorare i numeri di circa il 25% per pervenire alla dimensione
effettiva del fenomeno” (Caritas 2003, p. 276).
In totale, si sono verificate 40,1 assunzioni ogni 100 soggiornanti (cioè una ogni 2,4
soggiornanti) (Graf. 3): “il rapporto è tutt’altro che sfavorevole, se si tiene conto che una
buona parte degli immigrati si trova già al lavoro e che l’offerta dei posti riguarda solo quanti
sono rimasti disoccupati o si inseriscono per la prima volta nel mercato occupazionale”
(Caritas 2003, p. 277). I continenti che fanno registrare le percentuali più alte sono l’Europa
(50,8%: considerando che coloro che provengono dall’Unione Europea non sono calcolati,
questa percentuale è da attribuire quasi interamente all’Europa dell’Est), l’America (40,4%,
ma il valore della sola America Latina è pari al 51,6%) e l’Africa (39,5%, con percentuali più
alte per la parte settentrionale, occidentale e meridionale). Più basso il tasso dell’Asia
(28,8%).
Nella Tabella 7 sono raggruppate le singole nazionalità a seconda dell’accesso al mercato
occupazionale. Le percentuali più alte si registrano per molti paesi dell’Est Europeo
(soprattutto Romania, 59,9%, Polonia, 55,7%, e Iugoslavia, 50,9%), dell’Africa (Senegal,
49,1%) e dell’America Latina (dove spicca il dato dell’Ecuador, pari all’85,9%).
E’ interessante anche analizzare la durata dei contratti per nazionalità (Tab. 8). Circa 6
contratti su 10, per la generalità degli immigrati assunti in Italia nel 2002, sono “di lunga
durata” (più di 12 mesi). Circa 3 su 10, invece, hanno una durata “media” (tra 6 e 12 mesi),
mentre circa 1 su 10 ha una durata “breve” (da 1 a 6 mesi). Gli extracomunitari che sono stati
occupati in maniera, per così dire, più stabile, sono quelli provenienti dalla Jugoslavia e
dall’Albania (rispettivamente 68,9% e 67,1% di contratti con durata maggiore di un anno) tra
le nazioni europee, Ghana (71,6%) per l’Africa, Venezuela e USA (69,9% e 68,8%) per
l’America e Pakistan e Bangladesh (67,3% e 66,1%) per l’Asia. Da notare anche l’alta
percentuale di tunisini, algerini e senegalesi assunti con brevi contratti, fenomeno
probabilmente legato al lavoro stagionale.
44
Graf. 3 - Assunzioni di lavoratori extracomunitari ogni 100 soggiornanti per
provenienza - Italia (2002)
T otale
40,1
America
40,4
America Latina
21,6
America Nord
13,2
Asia
28,8
Asia Orientale
27,1
Asia Cen. Mer.
33,1
Asia M. Or.
17,8
Africa
39,5
Africa Mer.
42,6
Africa Or.
27,1
Africa Occ.
40,8
Africa Sett.
40,2
Europa*
50,8
Europa Cen. Ori.
47,9
0
10
20
30
40
50
60
Fonte: nostra elaborazione da Caritas 2003/INAIL
45
Tab. 7 – Accesso alle assunzioni per provenienza degli stranieri - Italia (2002)
Accesso alto: oltre 40 assunzioni
per 100 soggiornanti
Albania
Algeria
Bulgaria
Ecuador
Egitto
Iugoslavia
Polonia
Romania
Senegal
Svizzera
Tunisia
Ucraina
Accesso medio: tra 30 e 40
assunzioni per 100 soggiornanti
Bangladesh
Brasile
Cina
Colombia
Cuba
Ghana
India
Macedonia
Marocco
Nigeria
Pakistan
Perù
Accesso basso: meno di 30
assunzioni per 100 soggiornanti
Bosnia
Croazia
Filippine
Russia
Sri Lanka
Usa
Fonte: nostra elaborazione da Caritas 2003/INAIL
Tab. 8 - Durata dei contratti di assunzione dei lavoratori extracomunitari per
provenienza - Italia - valori percentuali (2002)
Nazioni
Europa
Albania
Jugoslavia
Polonia
Romania
Africa
Algeria
Egitto
Ghana
Marocco
Nigeria
Senegal
Tunisia
America
Argentina
Brasile
Ecuador
Perù
Venezuela
Dominicana
USA
Asia
Bangladesh
Cina
Filippine
India
Pakistan
Sri Lanka
Totale extracomunitari
1-6 mesi
7-12 mesi
Più di 12 mesi
8,4
7,8
8,9
7,0
22,5
23,3
32,5
33,8
67,1
68,9
58,6
59,2
9,3
5,8
5,3
8,7
8,1
8,1
16,1
28,7
36,5
23,1
27,9
27,2
27,2
28,2
61,9
57,7
71,6
63,4
64,6
64,6
55,7
10,2
8,4
5,0
6,3
7,9
8,1
7,9
29,4
29,4
53,6
34,3
22,2
30,7
23,2
60,2
62,2
41,4
59,4
69,9
61,2
68,8
5,4
6,8
4,5
7,7
6,9
5,4
8,0
28,5
33,4
33,4
29,2
25,8
30,7
28,7
66,1
59,8
62,1
63,1
67,3
63,9
61,9
Fonte: nostra elaborazione da Caritas 2003/INAIL
46
2.3 I dati dei Centri per l’Impiego
Un’altra fonte assai interessante per meglio comprendere l’inserimento lavorativo degli
immigrati è rappresentata dai dati sugli avviamenti al lavoro in Umbria dei Centri per
l’Impiego, rielaborati dall’Agenzia Umbria Lavoro (AUL, 2004). E’ bene precisare che si
tratta di dati riferiti alla “domanda espressa dalle aziende presenti sul territorio regionale e
soddisfatta ricorrendo o a manodopera residente o a manodopera da fuori regione” (AUL
2002, p. 6). Le informazioni raccolte, quindi non consentono di “sapere se e quanta parte
della domanda non abbia trovato corrispondenza nell’offerta disponibile. Per questo motivo, i
dati sugli avviamenti per professione ci dicono quali sono state le categorie professionali che
hanno fatto registrare il maggior numero di ingressi nell’area dell’occupazione e non quali
sono state le categorie professionali più richieste” (ibidem)7. In questo paragrafo,
chiaramente, faremo riferimento ai soli dati che riguardano la manodopera immigrata8.
2.3.1 Gli iscritti al collocamento e gli avviamenti al lavoro
I cittadini extracomunitari iscritti al collocamento, in Umbria, nel 2002 sono per il 71,2%
disoccupati e per il restante 28,8% in cerca di prima occupazione (Tab. 9). La maggioranza è
iscritta da oltre un anno (60,7%), ha più di 30 anni (65,2%) e non possiede alcun titolo di
studio (82,9%).
Per quanto riguarda gli avviati al lavoro, le caratteristiche sono più o meno le stesse (Tab.
10): iscrizione da oltre un anno (44,9%, ma è consistente anche la quota di coloro che sono
iscritti da meno di 3 mesi - il 36,3%), età superiore ai 30 anni (61,7%) e mancanza di titolo di
studio (88,4%). La stragrande maggioranza degli avviamenti riguarda operai generici (82%),
e, in misura nettamente minore, operai qualificati (9,4%) e apprendisti (6,6%). Quanto alla
tipologia contrattuale, quella prevalente è a tempo determinato (64,9%).
Poco più del 40% degli avviati proviene da due soli paesi, il Marocco (22,7%) e l’Albania
(21,1%) (Graf. 4). A seguire, Romania (8,8%), Macedonia (7,7%) e Tunisia (5,4%).
7
In ogni caso, “la numerosità delle informazioni raccolte dai Centri, la loro capillare distribuzione sul territorio, la
potenziale disponibilità di dati in tempo reale, rendono [...] evidente che nessun altro tipo di fonte, in particolare nessuna
fonte che faccia ricorso ad interviste su base campionaria, può competere né per completezza e tempestività, né per quanto
riguarda i costi di raccolta” con tale tipo di dati (AUL 2002, p. 5).
8
In alcuni casi, il riferimento è all’anno 2002, in altri al 2003.
47
Tab. 9 – Caratteristiche dei cittadini extracomunitari iscritti al collocamento - Umbria valori percentuali (2002)
Tipologia
Disoccupati
In cerca di prima occupazione
Iscrizione
fino a 3 mesi
da 3 mesi a 1 anno
oltre 1 anno
Età
meno di 18 anni
da 18 a 24 anni
da 25 a 29 anni
30 anni ed oltre
Titolo di studio
nessuno
obbligo
diploma
laurea
%
71,2
28,8
11,8
27,5
60,7
2,1
13,4
19,3
65,2
82,9
13,2
2,6
1,3
Fonte: nostra elaborazione da AUL/CPI
Tab. 10 - Caratteristiche degli avviamenti al lavoro di cittadini extracomunitari Umbria - valori percentuali (2002)
Tipo di avviamento
Numerico
Nominativo
Assunzione diretta
Anzianità di iscrizione
fino a 3 mesi
da 3 mesi a 1 anno
oltre 1 anno
Classi di età
meno di 18 anni
da 18 a 24 anni
da 25 a 29 anni
30 anni e oltre
Titolo di studio
Nessuno
Obbligo
Diploma
Laurea
Settore attività
Agricoltura
Industria
Altre attività
Qualifica
Apprendisti
Operai generici
Operai qualificati
Operai specializzati
Impiegati
48
%
0,1
88,4
11,5
36,3
18,8
44,9
2,6
17,4
18,4
61,7
88,4
9,7
1,6
0,3
31,8
32,1
36,1
6,6
82
9,4
0,4
1,6
------- segue
Contratti particolari
A tempo parziale
A tempo determinato
Formazione lavoro
8,4
64,9
20
Fonte: nostra elaborazione da AUL/CPI
Graf. 4 - Avviamenti al lavoro di cittadini extracomunitari per provenienza - Umbria valori percentuali (2002)
22,7
Marocco
21,1
Albania
8,8
Romania
Macedonia
7,7
Tunisia
5,4
4,4
Jugoslavia
3,3
Algeria
2,6
Polonia
Perù
1,8
Nigeria
1,7
Bulgaria
1,6
Ecuador
1,2
Costa d'Avorio
1,2
Filippine
1,2
India
1,1
Camerun
1,0
Rep.Dom.
0,9
Ucraina
0,8
Cina
0,8
Moldavia
0,8
Altri paesi
9,8
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
Fonte: nostra elaborazione da AUL/CPI
2.3.2 L’incidenza degli immigrati nelle professioni
In Umbria, il 15,2% degli avviamenti totali, nel 2003, riguarda cittadini extracomunitari. E’
interessante analizzare le professioni che hanno un’incidenza di avviamenti di immigrati
superiori a questa media (Tab. 11). Il settore occupazionale in cui tale tipo di manodopera è
assolutamente preponderante è quello dei collaboratori domestici, dove ben 7 avviamenti su
49
10 riguardano cittadini extracomunitari. Anche tra i lavoratori forestali l’incidenza è molto
alta (66,4%). Per il resto, i settori dove più elevato è il fabbisogno di manodopera immigrata
sono quelli che richiedono, anch’essi, basse qualifiche professionali: personale per servizi di
pulizia, manovali nell’edilizia e nell’industria, facchini, braccianti agricoli, muratori.
Oltre la metà degli avviati extracomunitari sono assorbiti come manovali nell’industria e
come braccianti agricoli (rispettivamente il 35,5% e il 23,2%) (Graf. 5). Ciò significa,
dunque, che oltre un immigrato su due è assunto in questi due settori.
Tab. 11 - Settori di attività con una percentuale di avviamenti di lavoratori
extracomunitari sul totale degli avviamenti al lavoro superiore alle media regionale Umbria - valori percentuali (2003)
Professioni
Collaboratori domestici ed assimilati
Lavoratori forestali
Personale non qualificato nei servizi ricreativi e culturali
Addetti non qualif. servizi pulizia in imprese ed enti pubblici
Manovali e personale non qualif. dell'edilizia civile
Professioni relative a servizi personali
Facchini e addetti spostamento merci
Braccianti agricoli
Pers. qualif. esecutivo nei servizi pulizia imprese e disinfest.
Muratori in pietra, mattoni, refrattari
Saldatori e tagliatori a fiamma
Esercenti ed altri add. prep. cibi in alb. rist. fastfood
Altro personale non qualificato nei servizi sanitari
Manovali e altro pers. non qualif. industria
Biancheristi, ricamatori a mano ed assimilati
Media regionale
Fonte: nostra elaborazione da AUL/CPI
50
%
71,4
66,4
47,4
38,7
33,2
30
26,5
25,7
23,8
23,7
19,9
19,3
19,1
17,4
15,5
15,2
Graf. 5 - Primi dieci settori di attività dei lavoratori extracomunitari - valori
percentuali - Umbria (2003)
Manovali e altro pers. non
qualif. industria
35,4
23,2
Braccianti agricoli
7,8
Camerieri e assimilati
Collaboratori domestici ed
assimilati
4,6
Muratori in pietra, mattoni,
refrattari
2,7
Manovali e peron. non qual.
edilizia civile
2,5
Autisti di taxi, conduttori
autom. e furg.
2
Esercenti ed altri add. prep.
cibo rist. alb. fastfood
1,6
Lavoratori forestali
1,5
Cuochi in alberghi e
ristoranti
1,4
0
5
10
15
20
25
30
35
40
Fonte: nostra elaborazione da AUL/CPI
2.4 La ricerca dell’Irres/Aur
Nel 2001, l’Irres/AUR ha svolto un’indagine campionaria sugli immigrati in Umbria che ha
preso in considerazione, tra l’altro, le caratteristiche del processo di inclusione e, in una sua
specifica sezione, l’inserimento lavorativo degli immigrati (Marini, 2004)9.
Da questa indagine emergono alcuni risultati che, in parte, confermano quanto già detto nei
paragrafi precedenti e danno delle indicazioni ulteriori su taluni aspetti che non sono presi in
considerazione né nelle statistiche ufficiali né in altre fonti di dati, visto che, ad esempio, nel
campione sono compresi anche coloro che non si trovano in regola con il permesso di
soggiorno:
9
La ricerca è stata condotta da Lorenza Cipriani, Simona Fazi e Rolando Marini, che l’ha coordinata, attraverso un
questionario rivolto a 230 immigrati che vivevano nel territorio della regione da almeno 6 mesi.
51
- quanto alla differenza tra uomini e donne, nell’Indagine Irres/AUR si sottolinea come la
condizione professionale dei primi, rispetto a quella delle seconde, sembri caratterizzarsi per
un migliore inserimento nel mondo del lavoro e per una maggiore stabilità, visto che tra gli
uomini c’è una maggiore incidenza di occupati. Inoltre, la saltuarietà dell’occupazione
riguarda maggiormente le donne, mentre la stagionalità si evidenzia invece soprattutto come
caratteristica del lavoro maschile;
- un fattore importante nell’inserimento lavorativo degli immigrati è costituito dalla durata
della permanenza: “una più lunga esperienza di emigrazione consente maggiore inserimento
e stabilità nel mercato del lavoro: tra gli immigrati in Umbria da più di cinque anni gli
occupati sono il 70%, mentre tra gli immigrati in Umbria da meno di cinque anni gli occupati
sono il 56,5%. I disoccupati, specularmente, risultano di più tra i ‘giovani’ di emigrazione:
24% contro 15%” (ivi, p. 70);
- riguardo ai settori di inserimento professionale, anche l’Indagine Irres/Aur evidenzia la
prevalenza dei servizi domestici, dell’edilizia, dell’assistenza ad anziani e malati e
dell’agricoltura come canali preferenziali per l’occupazione degli immigrati (sommando
questi quattro settori, si raggiunge quasi il 60% degli intervistati lavoratori). Nei servizi
domestici e nell’assistenza lavorano quasi esclusivamente le donne, mentre nell’edilizia e
nell’agricoltura si trovano in nettissima prevalenza gli uomini. Tra i lavoratori che non sono
in regola con il permesso di soggiorno, l’impiego nei settori domestici, dell’assistenza e
dell’agricoltura è maggiormente incidente rispetto ai regolari: è evidente, dunque, “la
tendenza dei clandestini-irregolari a ‘nascondersi’ e la tendenza dei datori di lavoro (famiglie
e imprese) ad avvalersi di loro solo nei settori a scarsa visibilità e controllabilità” (ivi, p. 72).
E’ per questo che “settori come la ristorazione, l’industria e il commercio diventano meno
accessibili per gli irregolari, mentre lo sono più (anzi sono settori specialmente aperti a loro)
quelli domestici e ‘nascosti’ della collaborazione familiare e dell’assistenza, e talvolta
l’agricoltura” (ibidem).
- quanto al lavoro nero, “aspetto ‘strutturale’ e questione ‘patologica’ dell’economia umbra,
prima e al di là della presenza di lavoratori stranieri, ma forse incentivato dalla disponibilità tipica di molti lavoratori immigrati - ad accettare un lavoro purché sia” (ivi, p. 38), si
evidenzia che “le occupazioni formalmente irregolari (che riguardano sia impieghi stabili che
saltuari) non sono prevalenti [...], ma coinvolgono soprattutto le donne [...] e sembrano
riguardare in special modo i cittadini dell’America Latina e dell’Europa Orientale” (ivi, pp.
72-73);
52
- con riferimento, invece, alla soddisfazione degli immigrati rispetto alla loro situazione
lavorativa, dall’Indagine emerge che soltanto il 14% afferma di considerare la propria
retribuzione ottima o buona, mentre per il 41,7% è sufficiente e per il 44% insufficiente o
assolutamente insufficiente. Da notare che “la soddisfazione cresce con il crescere della
retribuzione, ma [...] vi è anche una variabile assolutamente soggettiva, evidentemente come
complesso risultato dell’incrocio tra aspettative, tipo di lavoro, guadagno e anche numerosità
della famiglia” (ivi, p. 73);
- la formazione professionale sembra coinvolgere una quota molto esigua degli immigrati
intervistati: solo il 10%, infatti, “ha fatto o sta facendo” corsi di formazione.
Dall’Indagine, dunque, due sembrano essere gli ambiti principali in cui si concentrano le
principali problematiche del lavoro immigrato in Umbria, sebbene all’interno di un quadro di
crescente stabilizzazione: le caratteristiche del lavoro femminile (maggiore incidenza e durata
della disoccupazione, più frequenti occupazioni precarie e rapporti di impiego non
regolarizzati, retribuzioni più basse, svalutazione delle proprie competenze) e alcuni aspetti
di marginalità (difficoltà croniche di inserimento lavorativo, disoccupazione di lunga durata,
precarietà come condizione lavorativa normale, impieghi in nero, basse retribuzioni).
I sistemi locali economici umbri, in definitiva, “propongono un mix di ‘modelli di impiego’
del lavoro immigrato” per cui troviamo compresenti “il ‘modello dell’industria diffusa’ (in
cui l’offerta è rappresentata dalla piccola e media impresa e il lavoro richiesto è tipicamente
operaio, maschile e regolare)” e “quello definibile come ‘metropolitano’, sebbene non
riguardi soltanto le grandi città (in cui l’offerta è rappresentata da famiglie e imprese terziarie
e il lavoro immigrato è in buona parte quello femminile, a partire innanzitutto dalle
collaboratrici familiari e dalle assistenti-badanti)” (ivi, p. 72). Questi modelli “sembrano
prevalenti, ma non è trascurabile quello ‘delle attività stagionali’, in cui il lavoro immigrato
risponde a picchi temporanei di richiesta in agricoltura” (ibidem). In sostanza, “il mercato del
lavoro regionale riserva ai lavoratori immigrati determinati segmenti, ovvero delle vere e
proprie nicchie: queste costituiscono importanti opportunità di lavoro per i cittadini stranieri,
anche se sono caratterizzate da basse qualifiche e quindi non necessitano di elevato grado di
istruzione” (ivi, p. 75). Tuttavia, “sembra che, al di là di questo, famiglie e imprese, nel ruolo
di datori di lavoro, stiano riservando ad una parte dei lavoratori immigrati le opportunità di
53
lavoro in cui si concentra il massimo di flessibilità e il minimo di diritti, in un incontro
decisamente perverso di convenienze” (ibidem).
Tab. 15 - Ambiti principali delle problematiche del lavoro immigrato
Lavoro femminile
1) Maggiore incidenza della disoccupazione
2) Maggiore durata della disoccupazione
3) Più frequenti occupazioni precarie-saltuarie
Marginalità
1) Difficoltà croniche di inserimento lavorativo
2) Disoccupazione di lunga durata
3) Precarietà-saltuarietà come condizione lavorativa
normale
4) Occupazioni elettive nei settori della collaborazione 4) Lavori con meno di 12 ore alla settimana
domestica e dell’assistenza
5) Più elevata frequenza di rapporti d’impiego non
5) Impieghi in nero
regolarizzati (maggiore percentuale di lavoro nero)
6) Maggiore percentuale di lavori con poche ore
6) Retribuzioni mensili al di sotto dei 500 Euro
settimanali e di lavori con molte ore settimanali
7) Retribuzioni più basse
8) Maggiore tendenza a riferire l’insoddisfazione per
la situazione lavorativa all’inadeguatezza rispetto al
titolo di studio o alla qualifica posseduti
Fonte: nostra elaborazione da Marini, 2004
54
3. LA FORMAZIONE PER GLI IMMIGRATI GIÀ RESIDENTI IN
UMBRIA: UNA PRIMA RICOGNIZIONE
3.1 Introduzione
Questo capitolo raccoglie e sintetizza l’attività di rilevazione condotta per esplorare la
formazione per gli immigrati già presenti in Umbria. Si è presa in esame, attraverso un
apposito questionario e una “scheda-progetti”, la realtà regionale riguardante la formazione
dal 2001 (in alcuni casi anche da anni precedenti) al 2004, senza alcuna pretesa di censire tutti
i corsi organizzati, puntando l’attenzione sui percorsi formativi rivolti esclusivamente agli
immigrati e su quelli che ne hanno visto una larga partecipazione. I soggetti intervistati sono
stati selezionati in base alla propria esperienza formativa, privilegiando gli enti di formazione
delle associazioni di categoria, dei sindacati, delle cooperative e dando un rilievo particolare
alle associazioni che lavorano costantemente con la comunità immigrata presente in Umbria1.
A fine capitolo (Allegato 3), si riportano le schede di alcuni dei progetti formativi rivolti
esclusivamente agli immigrati e finalizzati all’inserimento lavorativo degli stessi. Si vuole, in
tal modo, fornire un sorta di “esempio” per la progettazione di interventi formativi per
immigrati nei paesi d’origine, la cui facilitazione è lo scopo dell’intera ricerca, di cui questa
esplorazione fa parte. A nostro avviso, infatti, attraverso la lettura, anche parziale, di quanto
già messo in campo per gli stranieri già residenti è possibile ricavare utili informazioni
relative ai costi da sostenere, ai soggetti da coinvolgere, alle specifiche attività di formazione,
ai risultati ottenuti e alle difficoltà incontrate.
3.2 La formazione specifica per immigrati
La formazione indirizzata unicamente agli immigrati realizzata nel territorio regionale (in
maggioranza nella provincia di Perugia) ha avuto come obiettivo principale l’integrazione dei
cittadini extracomunitari nella società umbra ed ha riguardato soprattutto le attività di
mediazione culturale, alfabetizzazione linguistica, orientamento giuridico e qualificazione
professionale per l’inserimento lavorativo.
1
Tra gli Enti contattati, quattordici hanno organizzato corsi di formazione specifica per immigrati (per un totale di
ventiquattro corsi) e/o corsi che hanno registrato una larga partecipazione degli stessi. Gli altri soggetti hanno comunque
realizzato corsi con una estesa partecipazione di stranieri tra i beneficiari.
55
Le iniziative realizzate hanno beneficiato delle risorse messe a disposizione sia dal Fondo
Sociale Europeo (Obiettivo 3 - Misura B1 “Inserimento lavorativo e reinserimento di gruppi
svantaggiati”), sia dal Fondo Nazionale per le politiche migratorie anno 2001 (risorse
aggiuntive derivanti da un Accordo di programma tra Regione Umbria e Ministero del lavoro
e delle politiche sociali per l’integrazione degli immigrati siglato in data 20.12.2001).
Le parti coinvolte nella progettazione e realizzazione dei corsi sono state soggetti appartenenti
al pubblico e al privato sociale, interessati alla formazione finalizzata all’integrazione socioculturale e lavorativa dei cittadini stranieri: le associazioni di categoria (CNA;
Confartigianato; Confcooperative; Confindustria; Confagricoltura), i sindacati (CGIL, CISL),
alcuni Comuni, le Province e soggetti appartenenti al Terzo Settore (Cidis/Alisei e
Cooperativa Frontiera Lavoro).
Tutte le attività formative rivolte ad immigrati hanno avuto come obiettivo generale, come
detto, l’integrazione dei suddetti nella realtà territoriale, partendo dalla concezione paritetica
di scambio tra autoctoni ed immigrati di valori culturali per sostenere il diritto alla
partecipazione a tutti i livelli. L’integrazione coinvolge, infatti, gli aspetti della società che si
riferiscono all’istruzione (individuando nell’istituzione ‘scuola’ lo strumento principe
dell’inserimento nella comunità ospitante, anche e soprattutto delle seconde generazioni di
immigrati), all’alfabetizzazione socio-linguistica, alla conoscenza dell’apparato giuridico e
alla formazione professionale per rispondere ai fabbisogni del mercato del lavoro.
Nei corsi esaminati, le differenze tra “obiettivi generali” ed “obiettivi specifici” si sono
livellate nel solo obiettivo di un inserimento attivo nella società regionale. E’ da notare che
molti dei corsi degli ultimi anni si sono proposti di favorire l’inserimento lavorativo degli
immigrati attraverso “servizi integrati” (alfabetizzazione, formazione, sviluppo della funzione
di mediazione culturale), mettendo in risalto la necessità di uno scambio costruttivo tra
beneficiari diretti dell’esperienza formativa e tessuto socio-lavorativo della regione. In questi
corsi si è cercato di sviluppare buone prassi da diffondere ed implementare per permettere
un’integrazione che abbia come protagonisti sia gli immigrati, attraverso lo strumento della
formazione, che gli autoctoni, attraverso il coinvolgimento del tessuto imprenditoriale e dei
servizi di rete che si trovano in Umbria.
Gli obiettivi sono stati realizzati attraverso attività teoriche e pratiche. Le ore di aula sono
state sempre accompagnate da un periodo di stage o da attività di laboratorio, in modo tale da
poter permettere ai beneficiari la piena realizzazione degli obiettivi del percorso di
formazione intrapreso. Le lezioni teoriche e pratiche hanno risposto ai bisogni
56
dell’accoglienza (mediazione culturale, alfabetizzazione e orientamento giuridico) e
all’esigenze di una specifica formazione professionale. I risultati attesi, stando a quanto
espresso dai soggetti contattati, si sono, in linea generale, realizzati: dall’apprendimento della
lingua italiana, al recupero scolastico, alla qualificazione professionale fino alla progettazione
di azioni di autoimpiego, allo scambio di conoscenze professionali tra autoctoni ed immigrati
e alla formazione di operatori dediti al lavoro di orientamento per gli extracomunitari.
Le difficoltà che si sono verificate nell’attuazione dei corsi sono state unicamente di tipo
pratico-organizzative.
La legge n. 189/2002 (legge Bossi-Fini) lega strettamente la possibilità di permanenza in
Italia con il possesso di un lavoro regolare, ma l’inserimento professionale si realizza anche
grazie all’azione di mediazione culturale, alla conoscenza della lingua italiana e della
legislazione del nostro Paese, “passaggi obbligati” senza i quali l’immigrato vede allontanarsi
la possibilità che la ricerca di un’occupazione (e quindi anche l’intero progetto migratorio)
abbia buon esito.
3.3 La formazione non specifica per immigrati
Le attività di formazione professionale, realizzate nel territorio regionale, non
specificatamente rivolte ad immigrati che hanno registrato una larga partecipazione di
stranieri hanno permesso a molti degli immigrati frequentanti di ottenere una qualificazione
professionale.
I finanziamenti di tali corsi sono stati ottenuti per lo più tramite il Fondo Sociale Europeo (nel
caso di formazione all’interno delle carceri è stata utilizzata la Misura B1), risorse del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e fonti di finanziamento miste (nel caso degli
Istituti per l’Istruzione Professionale dei Lavoratori Edili di entrambe le province).
Le parti coinvolte nella realizzazione delle attività formative sono stati enti e scuole che
lavorano in modo specifico nella formazione professionale ed associazioni del Terzo Settore
particolarmente attente al reinserimento socio-lavorativo delle fasce svantaggiate. Sono stati
coinvolti anche gli Istituti per l’istruzione professionale dei lavoratori edili di entrambe le
province2 e i centri di formazione professionali (CFP).
2
Gli Istituti sono enti paritetici bilaterali di formazione senza scopo di lucro, amministrati dal sindacato
costruttori edili FILLEA-CGIL, FILCA-CISL e FENEAL-UIL. Inoltre sono ad essi associate le imprese edili
presenti nelle province (nella provincia di Terni ben 700 imprese) e i rispettivi ordini professionali.
57
La partecipazione degli immigrati a tali corsi è indice dell’esigenza di trovare un lavoro
immediato che possa garantire loro la permanenza nel nostro Paese. Da notare è anche l’alta
percentuale di beneficiari extracomunitari negli interventi realizzati all’interno delle carceri, a
dimostrazione di una consistente presenza di stranieri tra i detenuti.
Le attività che hanno reso possibile la realizzazione degli obiettivi sono state principalmente
di carattere pratico, mirate, cioè, a far ottenere ai beneficiari competenze specifiche in
determinati campi (edilizia, restauro, falegnameria, vivaistica, ecc.).
L’elevata adesione degli extracomunitari ha portato gli enti erogatori ad ideare misure
particolari di attenzione nei loro confronti. In molti casi sono state pensate e realizzate attività
di sostegno linguistico, assistenza per la presentazione e il rinnovo dei documenti necessari
alla permanenza in Italia e collaborazioni con centri ed associazioni locali che si occupano di
immigrati3.
I risultati attesi, stando, anche qui, a quanto espresso dai soggetti contattati, si sono, in linea
generale, realizzati, a partire dall’ottenimento delle qualifiche professionali specifiche che
hanno poi portato ad un inserimento lavorativo che, per quanto concerne i CFP, ha toccato
una percentuale dell’80%, mentre per gli Istituti per l’istruzione professionale dei lavoratori
edili è arrivato al 50-60%. Gli immigrati coinvolti in queste esperienze formative si sono così
inseriti nel mercato del lavoro locale, ed è anche grazie alla loro presenza che molte attività di
formazione si sono potute realizzare. Tale possibilità, per gli extracomunitari, si è avuta anche
nei corsi all’interno delle carceri. I risultati hanno riguardato l’ottenimento della qualifica
professionale, l’inserimento lavorativo a fine pena e la messa in pratica di esperienze di autoimpiego, come la creazione di cooperative di servizi.
Le difficoltà riscontrate nei corsi, da parte degli immigrati, hanno riguardato soprattutto la
mancata conoscenza della lingua italiana e, in taluni casi, la dispersione degli allievi. Per
quanto concerne, invece, i progetti realizzati all’interno delle carceri, la difficoltà più rilevante
è stata la scomparsa, una volta finita la pena, di diversi immigrati formati.
I corsi di formazione anche non esclusivamente rivolti ad immigrati ma dei quali gli stranieri
possono usufruire in quanto residenti rappresentano quindi un’opportunità di inserimento
valida e necessaria per quelli che vogliono lavorare nel nostro Paese. Inoltre, tali interventi
3
Un’attenzione particolare agli immigrati è stata rivolta dall’Istituto per l’istruzione professionale dei lavoratori
edili della provincia di Terni con sede nella città. Avendo registrato nel corso per “Operaio edile polivalente”
una partecipazione immigrata dell’80%, la foresteria, di proprietà dell’Istituto è stata soprattutto impiegata per
gli allievi extracomunitari con difficoltà alloggiative. Vista la numerosissima partecipazione di extracomunitari
alle proprie attività formative, l’Istituto sta progettando, per il prossimo anno, un corso rivolto esclusivamente ad
essi che comprenda anche la costruzione di alloggi destinati loro alla fine della formazione.
58
permettono agli extracomunitari di ottenere una qualifica professionale per loro fondamentale
in quanto, in Italia, molto spesso, non sono riconosciuti i titoli e le qualifiche di cui essi sono
già in possesso.
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Enti di appartenenza dei soggetti intervistati
- APIFORM (Confapi)
- Associazione 8 marzo
- Ass. SMILE
- Caritas Diocesana
- CeSAR
- CFP (Narni)
- CFP (TR)
- CIDIS
- CNIPA (Confartigianato)
- Consorzio Formativo ITER
- Consorzio Futuro
- ECIPA (CNA)
- ENAIP (Acli) PG
- ENAIP (TR)
- ENFAP (UIL)
- ERAPRA
- Frontiera Lavoro
- IAL (CISL)
- IRECOOP (Confcooperative)
- Istituto per l'istruzione professionale dei lavoratori edili della provincia di Perugia
- Istituto per l'istruzione professionale dei lavoratori edili della provincia di Terni
- Province di Perugia e Terni
- SFCU (Sistemi Formativi Confindustria Umbria)
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Allegato 3
I corsi di formazione rivolti ad immigrati finalizzati all’inserimento lavorativo: schedeprogetto
Denominazione progetto
Corso di orientamento di base per immigrati
Ente organizzatore
Cidis Onlus
1. Programma entro cui si inserisce
“Azioni di sistema a supporto delle politiche di integrazione sociale e occupazionale di
lavoratori immigrati in Italia”.
2. Periodo di realizzazione
La formazione in aula dei corsi è stata realizzata nel periodo di seguito riportato:
Perugia: 9 giugno 2003 – 4 luglio 2003;
Foligno: 16 giugno 2003 – 11 luglio 2003;
Terni: 16 giugno 2003 – 11 luglio 2003.
Nei mesi di gennaio e febbraio 2004, si sono conclusi, a Perugia e Terni, altri due corsi di
orientamento di base per immigrati iniziati nel mese di dicembre 2003 e gennaio 2004
(previsti dallo stesso Programma di interventi), della durata complessiva di 90 ore.
Attualmente è in fase di svolgimento la parte di inserimento lavorativo.
3. Costi
Corso di orientamento di base - Perugia: € 22.527,41; Corso di orientamento di base Foligno: € 21.085,46; Corso di orientamento di base - Terni: € 21.379,96; Corso di
orientamento di base - Perugia, dicembre 2003-febbraio 2004: € 25.720,00; Corso di
orientamento di base - Terni, gennaio 2004-febbraio 2004: € 19.592,50 (Ministero del Lavoro
e delle Politiche Sociali).
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4. Parti coinvolte
Cidis Onlus (soggetto attuatore);
OIM - Organizzazione Mondiale delle Migrazioni (soggetto committente).
5. Località di intervento
Perugia; Terni; Foligno.
6. Beneficiari
Ogni corso è stato frequentato mediamente da circa 18 immigrati, di età compresa tra i 20 ed i
40 anni, tra cui le donne hanno rappresentato la parte più numerosa. La maggior parte dei
partecipanti proveniva dall’Albania ed è arrivata in Italia a seguito del ricongiungimento
familiare o per motivi di lavoro. Ad eccezione di alcuni partecipanti, quasi tutti avevano un
livello di studio medio-alto, essendo in possesso di un diploma di scuola superiore e, in alcuni
casi, della laurea. Molti immigrati avevano già esperienze lavorative in Italia, avendo svolto
occupazioni in maniera occasionale o per brevi periodi nelle aziende locali, oppure come
collaboratori/trici domestiche badanti. Si sottolinea che un rilevante gruppo di donne che ha
frequentato i corsi di Perugia e Foligno non ha mai svolto un’attività lavorativa in Italia: si
tratta di donne arrivate da poco tempo nel nostro Paese o con figli da accudire.
7. Obiettivi
I corsi hanno avuto come obiettivo generale quello di formare, nelle varie realtà locali, un
gruppo di immigrati, cercando sia di fornire loro gli strumenti conoscitivi necessari per una
migliore integrazione nella società di accoglienza, sia di facilitare l’inserimento lavorativo.
Gli obiettivi specifici sono stati:
- Forinre gli strumenti linguistici, attraverso il modulo di lingua italiana e conoscitivi, per
meglio orientarsi nella società di accoglienza, attraverso i moduli di orientamento giuridico,
società e cultura italiana, orientamento al lavoro ed orientamento psico-sociale;
- Informare i partecipanti al corso sulle opportunità formative e/o occupazionali offerte dal
territorio;
- Elaborare con ciascun corsista un piano di inserimento lavorativo/formativo individuale;
- Garantire un percorso di formazione specifico o l’inserimento occupazionale ai partecipanti.
62
8. Attività
I corsi di orientamento, della durata complessiva di 120 ore (i corsi avviati nel mese di
dicembre 2003 e gennaio 2004 a Perugia e Terni hanno una durata complessiva di 90 ore),
sono stati articolati in 5 moduli:
1) lingua italiana (60 ore);
2) orientamento al lavoro (21 ore);
3) orientamento psico-sociale (15 ore);
4) orientamento giuridico (14 ore);
5) società e cultura italiana (10 ore).
Dopo la conclusione del corso di orientamento, Cidis Onlus ha svolto la fase successiva
relativa all’inserimento formativo/lavorativo dei corsisti, in collaborazione con i soggetti del
mercato del lavoro (Associazioni di categoria; sindacati; agenzie interinali; Centri per
l’Impiego; soggetti del terzo settore; aziende locali; esercizi commerciali). Durante questa
fase con ogni partecipante è stato elaborato un piano individuale di inserimento lavorativo, in
base alle proprie competenze, abilità, esperienze formative e lavorative pregresse ed ognuno è
stato aiutato a redigere un curriculum vitae. Si sono svolte azioni di accompagnamento al
Centro per l’impiego per un colloquio di orientamento e per consultare le offerte formative e
lavorative disponibili. Inoltre, sono state contattate le varie agenzie interinali dove gli
immigrati sono stati accompagnati per il colloquio. Infine, sono state incontrate sia le agenzie
formative per coloro che erano interessati a frequentare un corso di formazione professionale,
sia alcune aziende locali e vari esercizi commerciali per verificare la possibilità di inserimenti
lavorativi o di stage/tirocini formativi.
9. Risultati
Per quanto riguarda l’attività formativa, per i partecipanti il corso ha rappresentato
un’opportunità importante da un lato per accrescere il proprio bagaglio di conoscenze e per
avere maggiori certezze circa il proprio status di stranieri, dall’altro per individuare e valutare
le opportunità formative e lavorative disponibili nel territorio.
La fase relativa all’inserimento lavorativo ha avuto come risultato la collocazione in percorsi
formativi e/o lavorativi del 67% dei partecipanti a ciascun corso. Infatti, alcuni dei
partecipanti sono stati inseriti in corsi di formazione professionale, altri hanno seguito degli
63
stage in azienda ed altri ancora sono stati assunti da agenzie interinali o da aziende del
territorio con contratti stagionali, di apprendistato e di formazione lavoro.
10. Valore aggiunto
Il valore aggiunto apportato dal corso è stato quello di permettere all’organismo di sviluppare
un nuovo filone di attività importante come quello relativo all’inserimento lavorativo degli
immigrati e ha permesso, inoltre, di ampliare contatti e collaborazioni con i soggetti del
mercato del lavoro.
11. Difficoltà incontrate
Le principali difficoltà sono state incontrate durante la fase di inserimento lavorativo, in
quanto le offerte di lavoro disponibili non sempre erano adatte al gruppo di immigrati
formato: la maggior parte di loro non era automunita, non aveva mai avuto esperienze di
lavoro in Italia o, in molti casi, le esperienze pregresse non corrispondevano ai profili richiesti
dal mercato del lavoro.
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Denominazione progetto
Al Karama
Ente organizzatore
Associazione SMILE
1. Programma entro cui si inserisce
POM (Programma Operativo Multiregionale). Si è trattato di un progetto esclusivamente
italiano, che ha visto il coinvolgimento del Ministero del lavoro e del Fondo Sociale Europeo
(FSE).
2. Periodo di realizzazione
1997/1998: 1 annualità.
3. Costi
£ 712.000.000 (vecchio conio).
4. Parti coinvolte
Associazione SMILE (soggetto capofila); TamaT – Centro Studi e Ricerche.
5. Località di intervento
Umbria, Lazio ed Emilia Romagna.
6. Beneficiari
60 immigrati (20 per ogni Regione coinvolta), provenienti soprattutto dall’Africa e dal Medio
Oriente, con un livello di istruzione medio-alto.
7. Obiettivi
Si è trattato di un progetto finalizzato alla creazione d’impresa, sia in Italia che all’estero, a
seguito della partecipazione ad un percorso formativo mirato all’acquisizione, da parte dei
corsisti, di abilità tecnico-operative specificamente rivolte alla realizzazione di un business
plan nei settori turistico ed agricolo.
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8. Attività
Il percorso di formazione si è articolato in tre fasi:
- attività d’aula;
- periodo di stage;
- redazione del business plan.
9. Risultati
Dei 20 partecipanti per l’Umbria, un solo corsista, proveniente dall’Algeria, ha aperto una
pasticceria in Francia, visto che in Italia non è riuscito a trovare i finanziamenti necessari.
Quanto agli altri, i business plans da essi redatti sono tuttora sulla carta, a causa delle notevoli
difficoltà connesse al reperimento delle risorse economiche indispensabili per metterli in
pratica.
10. Valore aggiunto
Malgrado gli scarsi risultati conseguiti in termini di creazione di impresa, si è trattato di un
progetto molto importante e significativo sotto il profilo sia umano che socio-culturale,
avendo contribuito a promuovere una maggiore conoscenza e proficui rapporti di integrazione
e reciprocità non solo fra italiani e stranieri, ma anche fra immigrati stessi.
11. Difficoltà incontrate
Si è trattato essenzialmente di difficoltà pratico-organizzative connesse alla necessità di
conciliare i tempi della formazione con gli orari lavorativi dei corsisti, nonché alle indubbie
diversità culturali (all’origine di frequenti ritardi, ad esempio, e più in generale di un
differente modo di concepire la vita e quindi anche il mondo del lavoro).
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Denominazione progetto
Agorà
Ente organizzatore
Associazione SMILE
1. Programma entro cui si inserisce
POM (Programma Operativo Multiregionale). Trattandosi di un Progetto Integra,
“Integrazione e lavoro. Internet per una cittadinanza attiva” 0473/E2/I/M, nell’ambito
dell’iniziativa comunitaria “Occupazione e valorizzazione delle risorse umane”, ha visto
necessariamente il coinvolgimento di partners europei.
2. Periodo di realizzazione
1999/2000: 1 annualità.
3. Costi
N.D.
4. Parti coinvolte
Associazione SMILE (soggetto capofila) e CGIL. Partners stranieri: Université des Sciences
et Technologies de Lille (Francia); Formation pour l’Université ouverte de Charleroi (Belgio);
Aftam Formation (Francia); Kantara Askaba s. coop. (Spagna).
5. Località di intervento
Umbria, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte, Campania.
6. Beneficiari
75 immigrati (15 per ogni sede coinvolta) cui si sono aggiunti 25 operatori (5 per ogni sede)
provenienti dai settori delle istituzioni, del terzo settore e del sindacato.
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7. Obiettivi
L’obiettivo generale, coerentemente con il mandato previsto dal Bando occupazione, era
rivolto all’occupabilità dei soggetti coinvolti, attraverso lo sviluppo di competenze spendibili
nel mercato del lavoro in percorsi di possibile autoimpiego e di creazione d’impresa. Si è
inteso sperimentare un percorso di formazione, rivolto a soggetti svantaggiati, finalizzato alla
creazione di un profilo professionale innovativo (operatore dei servizi informatici
all’immigrazione), operante a favore di percorsi di promozione sociale e d’inserimento.
Inoltre il progetto ha mirato alla creazione di una rete informativa gestita da gruppi di
operatori immigrati formati attraverso un percorso articolato e pluridisciplinare, riguardante
l’acquisizione di competenze informatiche, di telecomunicazione e di conoscenze di merito
rispetto ai temi più rilevanti concernenti il fenomeno migratorio.
In dettaglio, gli obiettivi specifici del progetto hanno riguardato:
-
lo
sviluppo
di
un
profilo
professionale
specializzato
per
l’autoimpiego
e/o
l’autoimprenditorialità;
- la creazione di reti d’informazione sulle opportunità di lavoro, sulla normativa vigente in
materia d’ingressi, ricongiungimenti, espulsioni, sull’accesso ai diritti (alloggio, istruzione,
salute);
- l’empowerment e la specializzazione dei servizi già esistenti, attraverso l’uso delle
tecnologie ed il rafforzamento delle competenze degli operatori;
- la realizzazione di un modello per la formazione, l’aggiornamento a distanza degli operatori
impegnati, a diverso titolo, nelle azioni a favore degli immigrati.
Con particolare riguardo all’Umbria, il progetto ha privilegiato gli obiettivi legati alla
creazione
d’impresa
e
all’autoimpiego,
prevedendo
la
costituzione
di
una
cooperativa/associazione atta a fornire servizi agli immigrati.
8. Attività
Il percorso di formazione, della durata complessiva di 600 ore, si è articolato in tre fasi che,
secondo uno sviluppo non necessariamente sequenziale, ma anche a scacchiera, si sono
suddivise in attività d’aula, formazione a distanza, stage ed accompagnamento alla creazione
d’impresa. Più in dettaglio, sono stati 8 i moduli realizzati:
- orientamento (15 ore – 10 in presenza e 5 in formazione a distanza);
- formazione linguistica (50 ore – 20 in presenza e 30 in formazione a distanza);
- informatica e telecomunicazioni (160 ore – 90 in presenza e 70 in formazione a distanza);
68
- navigazione su Internet (25 ore in formazione a distanza);
- orientamento all’autoimpiego e alla creazione d’impresa (30 ore – 20 in presenza e 10 in
formazione a distanza);
- dossier informativi (170 ore – 95 in presenza e 75 in formazione a distanza);
- accompagnamento alla creazione d’impresa (90 ore);
- stage (60 ore).
9. Risultati
In Umbria è stata costituita una cooperativa di servizi per immigrati, tuttora attiva, chiamata
“Centro Servizi Multietnici”, con sede a Castel del Piano (Perugia).
10. Valore aggiunto
Oltre alla proficua sperimentazione di un percorso formativo finalizzato alla creazione di un
profilo professionale innovativo, in ordine ad un migliore inserimento socio-lavorativo di
soggetti svantaggiati, si può sottolineare l’importanza rivestita dall’individuazione di gruppi
misti di utenti e dalle conseguenti interazioni venutesi a stabilire fra una pluralità di soggetti
diversi: cittadini stranieri, operatori del terzo settore, delle istituzioni e del sindacato.
11. Difficoltà incontrate
Si è trattato per lo più di difficoltà di carattere pratico-organizzativo.
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Denominazione progetto
Rete per l’adozione professionale degli immigrati
Ente organizzatore
Associazione SMILE
1. Programma entro cui si inserisce
Programma EQUAL.
2. Periodo di realizzazione
Iniziato a giugno 2002, copre un arco temporale di 27 mesi.
3. Costi
€ 980.000,00.
4. Parti coinvolte
Associazione SMILE (soggetto capofila); API Umbria; Consorzio MAINSYS; IAL Umbria;
ENFAP Umbria; CGIL – Sindacato Pensionati Italiani; C.S.M. Centro Servizi Multietnici;
CGIL Umbria; CISL Umbria; UIL Umbria; Agenzia per l’Innovazione nell’Amministrazione
e nei Servizi Pubblici Locali; SVILUPPUMBRIA – Società regionale per la promozione dello
sviluppo economico dell’Umbria; APIFORM – Consorzio API formazione e sviluppo.
Gli altri partners italiani sono: la Fondazione Don Gnocchi di Milano e l’Azienda Sanitaria
Locale della Provincia autonoma di Bolzano.
Quanto ai partners stranieri: il Comune di Stoccolma; un ente di Dublino che lavora sul
disagio sociale; un ente di Belfast che si occupa di disabilità.
5. Località di intervento
Umbria.
6. Beneficiari
I beneficiari diretti del progetto si identificano in 30 immigrati con regolare permesso di
soggiorno, residenti in Umbria, in cerca di prima occupazione e/o inoccupati, con preferenza
per soggetti a maggior rischio d’esclusione dal mercato del lavoro. Indirettamente
70
beneficeranno delle attività del progetto le PMI che esprimono un’effettiva e/o potenziale
domanda di lavoratori stranieri con specifici profili professionali, nonché soggetti anziani con
qualificate esperienze maturate nelle PMI di riferimento e che intendono impegnarsi nel
sociale.
7. Obiettivi
Il progetto si propone di sviluppare un percorso che faciliti l’accesso degli immigrati nel
mercato del lavoro, attraverso l’acquisizione di conoscenze e competenze utili ad esercitare
specifiche mansioni, attraverso una formazione di base integrata da un processo di scambio di
esperienze con soggetti anziani. L’obiettivo è quello di sperimentare un modello che faciliti
un qualificato inserimento lavorativo nel tessuto imprenditoriale dell’Umbria di soggetti
immigrati che incontrano difficoltà ad integrarsi, sia nel lavoro che nel sociale, creando a
livello locale una rete fra questi, le piccole e medie imprese del territorio ed i pensionati
provenienti dalle stesse PMI di riferimento.
8. Attività
- Fase di ricerca, mirata all’analisi dei fabbisogni delle imprese di specifici profili
professionali, ad individuare il potenziale di esperienze tecniche/professionali di soggetti in
pensione da attivare per la formazione dei beneficiari nell’ambito del progetto, a verificare il
bagaglio culturale/formativo, nonché le precedenti esperienze lavorative maturate in Italia e
nei Paesi d’origine degli immigrati in cerca di lavoro, sia dipendente che autonomo (creazione
d’impresa);
- Fase formativa, articolata in formazione d’aula (formazione di base) e formazione d’azienda
(consistente in un periodo di stage con affiancamento da parte di un mentore, persona
pensionata possibilmente uscita dalla stessa azienda di riferimento);
- Fase di disseminazione del progetto, mediante l’organizzazione di seminari e workshop
informativi;
- Fase di transnazionalità, che prevede la realizzazione di attività di ricerca e di meetings tra i
diversi partners europei aderenti all’Accordo di Cooperazione per scambi di informazioni ed
esperienze, scambio o adozione di nuovi approcci e scambio di formatori;
- Fase di implementazione del sistema di Monitoraggio e Valutazione, che copre l’intero arco
temporale del progetto tramite periodiche attività di verifica circa la rispondenza dei risultati
ottenuti con quelli attesi.
71
9. Risultati
E’ stata prodotta una ricerca che ha visto il coinvolgimento di 300 imprese locali, di 450
pensionati ed altrettanti immigrati. Al momento si è conclusa la formazione teorica del primo
gruppo di corsisti (15 persone), che si vedono già impegnati nello svolgimento della
formazione in azienda. Il secondo gruppo (anch’esso di 15 persone) inizierà la fase formativa
in aprile. Nel frattempo prosegue l’indagine sia sulle aziende che sui pensionati e gli
immigrati, da tenere costantemente aggiornata.
10. Valore aggiunto
Il “saper fare” o know how è fondamentale per l’inserimento lavorativo di soggetti esclusi dal
mondo del lavoro ed in particolare per soggetti immigrati, che incontrano ulteriori difficoltà
dovendo superare barriere culturali che spesso si frappongono alla loro integrazione sociale e
professionale all’interno del contesto lavorativo d’accoglienza. Un modello innovativo per la
trasmissione del “saper fare”, che coniughi apprendimento e sviluppo di relazioni umane,
diventa quindi strategico per raggiungere adeguati livelli di competenze e specifiche
professionalità da parte dei lavoratori stranieri e per la perdita di pregiudizi nei loro confronti.
A tale duplice scopo opera la promozione dell’incontro fra pensionati che hanno operato nelle
PMI umbre ed immigrati motivati ad operare in comparti che esprimono una forte domanda di
lavoro, oltre a rappresentare l’asse portante dell’economia regionale. L’idea forte del progetto
è dunque quella di fare incontrare due momenti di “esclusione” al fine di “recuperare” una
trasmissione umana e professionale dei saperi, mediante la creazione di una rete su base locale
fra soggetti anziani, portatori di esperienza in attività professionali, ed immigrati.
11. Difficoltà incontrate
Le principali difficoltà finora incontrate hanno riguardato soprattutto il reperimento di
pensionati disponibili ad un loro coinvolgimento nel progetto, poiché spesso sono impegnati
in una molteplicità di attività che impegnano gran parte del tempo libero a loro disposizione.
Inoltre si sono incontrate inevitabili difficoltà nel predisporre e coordinare i vari “incastri” fra
tutte le parti coinvolte nel progetto (imprese, pensionati ed immigrati).
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Denominazione progetto
NEILA – Network Esteso Immigrazione Lavoro Associazione
Ente organizzatore
Consorzio CO.HOR di Perugia (costituito da IRECOOP Umbria e ARIS Formazione e
Ricerca)
1. Programma entro cui si inserisce
Iniziativa comunitaria Occupazione e Valorizzazione delle Risorse Umane, asse C, sub-assi C
1 e C 3 del volet INTEGRA 0526/E2/I/R.
2. Periodo di realizzazione
1998/1999: 2 annualità.
3. Costi
N.D.
4. Parti coinvolte
Consorzio CO.HOR di Perugia. La fase del progetto relativa alla transnazionalità ha visto
inoltre il coinvolgimento dei seguenti partners stranieri: SONACOTRA (Francia); Asociation
Desarollo os Ancares (Spagna); Vaermlandskooperativen – Svenska EU Forum, Svezia; BFZ,
Germania.
5. Località di intervento
Umbria.
6. Beneficiari
10 immigrati extracomunitari adulti, senza qualifica professionale, provenienti da aree
geografiche svantaggiate, in cerca di occupazione ed in grado di attivarsi per ottenere una
posizione lavorativa, individuati all’interno di strutture ospitanti (gruppo bersaglio primario);
operatori di centri d’accoglienza ed assistenza per immigrati gestiti dalle cooperative di tipo A
e dalle associazioni operanti nella Provincia di Perugia (gruppo intermedio).
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7. Obiettivi
Il progetto è stato finalizzato all’inserimento socio-lavorativo, in forma autonoma o
subordinata, di 10 immigrati extracomunitari in settori ad alto potenziale occupazionale,
attraverso l’adozione di metodi innovativi centrati sull’attivazione di strumenti di supporto
atti a combinare l’intervento pubblico con le necessità espresse dalle aziende di produzione,
così da favorire l’incontro e la sinergia fra domanda e offerta di lavoro straniero.
L’idea di base si è sviluppata dall’osservazione di una difficoltà obbiettiva per il soggetto
immigrato nell’entrare in contatto con il mercato del lavoro e nel reperire un’occupazione
stabile e qualificata, pur esistendo in alcuni segmenti una forte domanda insoddisfatta.
Obiettivo del progetto è stato dunque quello di favorire l’occupazione, qualificarla,
stabilizzarla e far emergere le sacche occupazionali esistenti confinate in nero, fornendo al
contempo ai beneficiari gli strumenti per gestire in maniera costruttiva i propri rapporti sia sul
piano contrattuale che su quello interpersonale.
8. Attività
- Fase preliminare: raccolta di informazioni, ricerca sul campo per individuare le aree di
opportunità ed i partners del progetto; selezione degli immigrati;
- Fase della realizzazione: formazione degli operatori, inserimento al lavoro ed educazione
all’integrazione sociale degli immigrati;
- Fase finale: costruzione di un modello – convegno pubblico;
- Fase transnazionale: costruzione di un report comune ai 5 Paesi partecipanti (Italia, Francia,
Spagna, Svezia e Germania), riguardante la possibilità di integrazione di soggetti
immigrati/svantaggiati socialmente.
9. Risultati
- E’ stata realizzata un’analisi del potenziale locale del mercato del lavoro per il gruppo
bersaglio che ha rilevato come fossero presenti consistenti spazi di inserimento lavorativo nei
settori dell’agricoltura e dell’edilizia (settori in cui già esistevano forme di occupazione per
soggetti immigrati in ordine a mansioni di scarsa qualificazione professionale e di tipo
residuale). All’interno dei settori individuati, sono emersi segmenti ad alta potenzialità di
occupazione che richiedevano specifici profili professionali sui quali impostare una coerente
azione di qualificazione ed iter di addestramento sul campo per soggetti immigrati:
agricoltura – conduzione di stalle, conduzione di macchine operatrici, potatura, attività nelle
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industrie di trasformazione; edilizia – piastrellista, pittore edile, manovale esperto, aiuto
elettricista.
A tale analisi sul fronte delle imprese, realizzata con una matrice rilevata direttamente sul
campo e finalizzata ad individuare le aree di domanda per i lavoratori extracomunitari e le
esigenze degli imprenditori, si è accompagnata un’indagine condotta sul fronte degli
immigrati al fine di evidenziare, parallelamente, aree di offerta, know how, skills, profili
professionali e disponibilità ad operare in determinati settori produttivi.
Ne è scaturito un modello di ricerca mirato all’incontro fra domanda e offerta, mediante
l’attivazione di un Osservatorio territoriale con possibilità d’implementazione, trasferibile e
ripetibile, utilizzabile come strumento per monitorare le esigenze e i fabbisogni delle imprese
e le risorse del lavoro immigrato con le loro caratteristiche e peculiarità.
- E’ stato raggiunto e superato l’obiettivo iniziale che prevedeva l’inserimento di 10 soggetti
immigrati, formati ed inseriti nei settori ad alta domanda individuati sul mercato del lavoro
locale (il modello finale è risultato quello del lavoro dipendente).
- E’ stato costruito un modello flessibile, modulare e ripetibile.
Il progetto transnazionale INTENET, di cui NEILA era parte, ha prodotto un report globale
redatto in comune da tutti i membri della partnership.
10. Valore aggiunto
La proficua sperimentazione di un modello innovativo dalle molteplici potenzialità, poiché
suscettibile di:
- Anticipare la domanda di forza lavoro immigrati;
- Selezionare ed orientare l’offerta di nuovi profili professionali;
- Intervenire nella formazione di profili professionali funzionali alle imprese;
- Stabilire contatti istituzionali tra profili professionali ed imprese, eliminando le condizioni di
irregolarità;
- Garantire una formazione professionale sul campo, riducendo al minimo la parte teorica,
sviluppando la fase di addestramento che permette di vivere il clima aziendale;
- Organizzare l’offerta di formazione e trasferire know how da parte degli enti di formazione
cooperativa (formazione mirata legata alle imprese);
- Organizzare l’offerta di servizi di assistenza, accompagnamento, inserimento da parte di
esperti/consulenti coinvolti.
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In sintesi, si ritiene che il pacchetto di servizi del modello proposto abbia operato a favore di
un inserimento lavorativo stabile e duraturo, funzionale alle esigenze delle imprese, calibrate
sui profili professionali attesi da parte degli immigrati, promovendo una condizione non
marginale di questi ultimi ed una razionalizzazione dei costi economici sostenuti dalle
Istituzioni nel rapporto risorse/obiettivi raggiunti.
11. Difficoltà incontrate
- La maggiore difficoltà è stata la conciliazione fra le due anime dei nostri interlocutori:
imprese, con una logica economica, ed enti di assistenza coinvolti, con una logica
assistenziale, e la costruzione di un linguaggio funzionale al loro raccordo mettendo al centro
il soggetto immigrato come risorsa umana;
- La lentezza nell’erogazione dei finanziamenti, che ha ritardato pesantemente gli interventi
rendendone più difficoltosa la realizzazione;
- La mancanza di logistiche utili all’economia del progetto, che ha fortemente condizionato
l’attività di inserimento.
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Denominazione progetto
Dedalo
Ente organizzatore
CNA – Umbria
1. Programma entro cui si inserisce
Accordo di programma integrativo tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la
Regione Umbria.
2. Periodo di realizzazione
gennaio 2003 – gennaio 2004: 1 annualità.
3. Costi
€ 45.000,00.
4. Parti coinvolte
CNA (soggetto capofila, responsabile della progettazione e del coordinamento delle attività
progettuali); Confcommercio; Frontiera Lavoro e CPI della provincia di Perugia.
5. Località di intervento
L’intero territorio regionale, con erogazione di attività su tre poli: Perugia, Terni e
comprensorio di Todi/Marsciano.
6. Beneficiari
Immigrati extracomunitari, in regola con il permesso di soggiorno, disoccupati e/o inoccupati.
Le nazionalità di provenienza sono state molto variegate e riguardano le aree dell’America
Latina, del Nord Africa, dell’Est Europa e le Filippine.
7. Obiettivi
Il progetto si propone di sperimentare un modello innovativo atto a favorire l’inserimento
lavorativo di soggetti immigrati (sia nell’ambito del lavoro subordinato che autonomo creazione d’impresa), sviluppando buone prassi da diffondere ed implementare. Si tratta di un
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progetto pilota che vede il coinvolgimento di una pluralità di soggetti diversi ed associazioni
di categoria, impegnati a collaborare secondo la logica di un approccio integrato e concertato
al fine di realizzare una proficua sperimentazione su un numero circoscritto di beneficiari e in
un arco temporale limitato.
8. Attività
- Istituzione di una rete di sportelli per l’accoglienza degli immigrati e per fornire loro
informazioni in merito ai servizi offerti dal progetto ed altre informazioni sui servizi di base
offerti dal territorio in una logica di sinergia tra reti;
- Servizio di orientamento, mediante la messa a disposizione di un consulente/orientatore per
ciascun immigrato, al fine di redigere un bilancio di competenze per indirizzare l’utente tra i
diversi servizi messi a disposizione;
- Attività formativa, articolata in lezioni frontali (insegnamento della lingua italiana,
alfabetizzazione informatica, elementi di contrattualistica, normativa sulla sicurezza nei
luoghi di lavoro, strumenti di politiche attive del lavoro) mirate ad una formazione trasversale
e in stages aziendali di un mese per quanti abbiano manifestato la volontà di essere inseriti in
qualità di lavoratori dipendenti. Per coloro intenzionati ad avviarsi all’autoimpiego è previsto
invece un ulteriore periodo di formazione in aula per l’acquisizione di competenze specifiche
inerenti la creazione d’impresa, nonché un servizio di assistenza e consulenza individuale,
mirato non tanto alla costruzione di un vero e proprio business plan quanto piuttosto
all’analisi dell’idea progettuale presentata ed alla verifica della sua fattibilità.
9. Risultati
Nell’ambito del progetto si è:
- sperimentato un sistema di relazioni integrate a supporto dei Centri per l'Impiego della
Provincia e delle associazioni di categoria al fine di parlare un linguaggio comune per
promuovere autonomie lavorative stabili negli utenti immigrati;
- trasferito un insieme di competenze professionali di mediazione a tutti gli operatori della
rete di prima accoglienza dei soggetti partner del progetto, al fine di condividere metodologie
e strumenti di approccio: la sperimentazione ha visto partecipare al percorso di aggiornamento
delle competenze professionali 27 operatori di rete;
78
- facilitato l’incontro tra le imprese e i lavoratori immigrati, fornendo strumenti operativi e
consulenza: la sperimentazione ha visto attivare 26 rapporti di stage aziendali con 9 proposte
di assunzione confermate e 7 contratti accesi;
- promossa la gestione di reti relazionali istituzionali, al fine di velocizzare iter burocratici e
rispondere ai bisogni specifici della popolazione immigrata evitando sovrapposizioni: la
sperimentazione ha visto accolti presso i propri sportelli 140 utenti e orientati 61;
- promossa una cultura della formazione professionale negli utenti immigrati al fine di
innalzare le capacità di integrazione lavorativa e di evitare forme di dispersione: la
sperimentazione ha visto partecipare 43 utenti in formazione;
- promossa una cultura della creazione di impresa e dell’autoimpiego negli utenti immigrati:
la sperimentazione ha visto realizzare, al termine di un periodo di assistenza e consulenza
individualizzata, 6 progetti di autoimpiego da parte di altrettanti utenti.
10. Valore aggiunto
La sperimentazione di un modello innovativo per l’inserimento lavorativo di soggetti
immigrati, al fine di disporre buone prassi da diffondere ed implementare. Sebbene la
sperimentazione abbia funzionato, dando esiti soddisfacenti, occorrerà tuttavia mettere a
confronto tale modello, centrato sulla formazione di immigrati già residenti, con le nuove
ipotesi aperte dall’art. 19 della Bossi-Fini, che prevede invece interventi preventivi, così da
orientare gli interventi futuri in modo proficuo e ponderato.
11. Difficoltà incontrate
Difficoltà di conciliare la formazione degli immigrati già residenti con l’imprescindibile
necessità che essi hanno di soddisfare le loro esigenze primarie.
79
Denominazione progetto
Corso di formazione professionale per Rammagliatrice – Percorsi formativi per favorire
l’inserimento lavorativo degli immigrati
Ente organizzatore
CNIPA Umbria
1. Programma entro cui si inserisce
Fondo Nazionale per le politiche migratorie anno 2001: risorse aggiuntive – Accordo di
programma tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la Regione dell’Umbria.
2. Periodo di realizzazione
Luglio-novembre 2003.
3. Costi
€ 35.000,00
4. Parti coinvolte
- Ricci Maglia snc Bastia Umbra (messa a disposizione del laboratorio per il rammaglio); Confartigianato Regionale Umbra – Perugia (divulgazione dell’iniziativa presso le aziende
tessili associate per coinvolgerle sia in fase di formazione sia in fase di inserimento lavorativo
delle partecipanti);
- Sedi Confartigianato di: Spoleto, Bastia Umbra, Città di Castello, Umbertide, Gubbio,
Gualdo Tadino, Foligno, Perugia, Terni (divulgazione dell’iniziativa presso le aziende tessili
associate per coinvolgerle sia in fase di formazione sia in fase di inserimento lavorativo delle
partecipanti);
- Centri per l’Impiego di: Spoleto, Bastia Umbra, Città di Castello, Umbertide, Gubbio,
Gualdo Tadino, Foligno, Perugia, Terni (divulgazione dell’iniziativa agli immigrati iscritti
nelle liste di disoccupazione);
- Confartigianato Formazione – CNIPA Umbria (organizzazione, realizzazione e
coordinamento dell’intero intervento).
80
5. Località di intervento
Perugia e Bastia Umbra (lezioni d’aula e laboratorio). Gli stages sono stati organizzati in zone
limitrofe alle abitazioni delle allieve.
6. Beneficiari
10 immigrate regolari soggiornanti in Italia disoccupate o inoccupate ed iscritte ai Centri per
l’impiego. Possesso di diploma di scuola dell’obbligo. Titolo preferenziale: età inferiore ai 31
anni.
7. Obiettivi
Creare delle figure professionali fortemente richieste dal mercato del lavoro per agevolare la
ricerca di impiego degli immigrati, così come indicato anche nell’ “Accordo di Programma”
Art.4.
8. Attività
Articolazione in 6 moduli didattici della durata complessiva di 400 ore:
- integrazione delle conoscenze della lingua italiana (12 ore in aula);
- sicurezza sul lavoro (12 ore in aula);
- merceologia tessile (12 ore in aula);
- macchine da rammaglio (12 ore in laboratorio);
- rammaglio e tecniche di cucitura (72 ore in laboratorio);
- stage aziendale (280 ore in azienda).
9. Risultati
Aver formato adeguatamente le partecipanti al fine di ridurre il gap esistente tra offerta di
lavoro qualificato da parte delle aziende e necessità di lavorare dell’immigrato.
10. Valore aggiunto
Nessuno.
81
11. Difficoltà incontrate
L’importo accordato ha consentito a CNIPA di organizzare una sola azione formativa (corso
in oggetto). Il progetto era in realtà costituito da più corsi di formazione professionale, ed era
nominato “L’abito e il pane”.
82
Denominazione progetto
Aster: per la rimotivazione, il recupero e l’integrazione dei detenuti nel mondo del
lavoro
Ente organizzatore
Cooperativa Frontiera Lavoro
1. Programma entro cui si inserisce
Progetto di orientamento, formazione professionale e inserimento lavorativo per detenuti
ristretti presso la Casa circondariale di Terni e la Casa di reclusione di Orvieto (Provincia di
Terni/Obiettivo 3 FSE Misura B1, Anno 2002).
2. Periodo di realizzazione
giugno 2003 – giugno 2004.
3. Costi
€ 38.353,00.
4. Parti coinvolte
Cooperativa Frontiera Lavoro (ente attuatore); Provveditorato Regionale Amministrazione
Penitenziaria; Casa circondariale di Terni; Casa di reclusione di Orvieto; Centro di Servizio
Sociale per Adulti di Perugia; Centro di Servizio Sociale per Adulti di Spoleto;
Confartigianato di Terni.
5. Località di intervento
Casa Circondariale di Terni e Casa di reclusione di Orvieto.
6. Beneficiari
16 detenuti extracomunitari.
7. Obiettivi
Il progetto si propone di facilitare l'accesso al mercato del lavoro dei soggetti detenuti,
orientandone in particolare la collocazione verso quelle opportunità occupazionali che
83
forniscano maggiori garanzie di stabilità e continuità temporale, oltre il termine di esecuzione
della pena, con effetti positivi sui livelli di recidiva.
Il lavoro di preformazione all'interno e all'esterno della struttura penitenziaria associato ad un
lavoro di rete tra i soggetti del bottom - up favorisce il miglioramento del rapporto tra i
soggetti destinatari del progetto ed il loro percorso di formazione sul campo.
La fase laboratoriale fornisce ai partecipanti l'opportunità di sperimentare le proprie attitudini
e capacità in un'attività di lavoro aumentando così le possibilità di successo del reinserimento
lavorativo.
E' previsto nello sviluppo del progetto uno spazio operativo al fine di svolgere un'azione di
promozione e sostegno al modello di impresa delle cooperative di tipo 'B', mediante:
- predisposizione di piani d'impresa e di business plan per la creazione di imprese cooperative
e la reperibilità di fondi;
- l'individuazione di agevolazioni economiche reperibili nella legislazione vigente;
- la sensibilizzazione degli enti Pubblici per favorire la concessione di convenzioni come
previsto dalla legge 381/91;
- il passaggio di tutte le informazioni utili alla conduzione di cooperative, specialmente per
quanto riguarda le norme sulle leggi di stretta competenza, le modalità di accesso ad esse, la
preparazione di programmi di sviluppo ed ampliamento delle attività proprie.
8. Attività
Il progetto prevede un'articolazione della proposta così strutturata:
1) Attività di orientamento e preformazione.
L'attività di preformazione è rivolta a detenuti ristretti presso la Casa circondariale di Terni e
la Casa di reclusione di Orvieto, ed ha la finalità di creare percorsi personalizzati che vedano
la persona in stato di emarginazione quale protagonista del proprio cammino di
risocializzazione.
Gli incontri della fase di preformazione sono strutturati con introduzioni dei temi da parte dei
docenti e seguiti da attività diverse come: questionari, test psicologici, lavori di gruppo e
individuali, role playing, problem solving, film e discussioni.
L'obiettivo di questa prima fase è quello di rafforzare quella serie di competenze minimali
indispensabili per la persona al momento del suo ingresso nel mondo del lavoro.
2) Laboratorio multididattico.
84
All'interno del laboratorio vengono svolte attività didattiche dove i detenuti possono
focalizzare abilità e motivazioni su diversi ambiti lavorativi.
Attraverso la pratica di laboratorio, i detenuti possono sviluppare ed apprendere capacità e
conoscenze tecniche che li portano alla consapevolezza di sé e alla autodeterminazione.
3) Misure di sensibilizzazione verso le imprese.
Al fine di facilitare la reciproca conoscenza tra il mondo delle imprese e la realtà carceraria si
prevede l’attivazione di un ciclo di seminari rivolti ad imprenditori su tematiche quali:
- la legislazione vigente sull'occupazione di soggetti detenuti;
- la normativa riguardante le misure alternative alla detenzione;
- le opportunità legate all'assunzione di soggetti detenuti ed ex detenuti;
- acquisizione delle tecniche di comunicazione e di relazione in situazioni di svantaggio.
Il progetto prevede l'eventuale inserimento lavorativo, agevolato attraverso lo strumento dello
stage, in aziende del territorio di Terni disponibili ad accogliere allievi scelti tra coloro che
frequenteranno le azioni di preformazione attivate all'interno del progetto.
4) Sostegno alla creazione di imprese sociali.
L’ultima fase del progetto prevede un’azione di studio ed analisi del contesto sociale ed
economico del territorio di riferimento, da condurre insieme al CNA di Terni, volta
all’individuazione di aziende disponibili a porre in essere relazioni commerciali con le
imprese sociali di tipo B, delegando commesse nel settore produttivo della panetteria.
Nelle fasi ulteriori di sviluppo del progetto si procederà ad un percorso di accompagnamento
alla nascita d'impresa.
9. Risultati
Il progetto vuole rispondere agli obiettivi di politica sociale del territorio, tra i quali
l’occupabilità dei soggetti svantaggiati tramite azioni di socializzazione, formazione e
accompagnamento al lavoro. Il progetto, attraverso l’attuazione di una rete attiva che veda
coinvolti i soggetti istituzionali dell’area penitenziaria, i datori di lavoro e il mondo del
volontariato, auspica il miglioramento della qualità della vita del cittadino in esecuzione
penale.
L’intento è di migliorare le prospettive occupazionali dei detenuti valorizzando il vissuto
personale di ciascun utente, le potenzialità e le risorse spesso nascoste e minacciate da
un'istituzione come quella carceraria che risulta ancora oggi fondata sull'equazione culturale
pena = reclusione.
85
10. Valore aggiunto
Gli obiettivi indicati nel progetto sono stati pienamente raggiunti. Al termine dei percorsi
personalizzati di reinserimento lavorativo (stage) n. 1 detenuto extracomunitario è stato
assunto con regolare contratto di lavoro dall’azienda ospitante.
Il progetto per raggiungere l’obiettivo della reintegrazione socio lavorativa del detenuto si
propone di costruire un sistema di rapporti sociali e di collegamento con il mondo delle
imprese al fine di creare dei percorsi, che partendo da una fase di preformazione attraverso
un’attività laboratoriale, consentano ai partecipanti un ingresso facilitato nel mondo del
lavoro.
11. Difficoltà incontrate
Difficoltà a regolarizzare le posizioni degli allievi detenuti per l’inserimento lavorativo
esterno al carcere.
86
Denominazione progetto
I.O. Impresa e Occupazione Centro di sostegno all’occupazione degli immigrati
Ente organizzatore
Provincia di Perugia
1. Programma entro cui si inserisce
Fondo Nazionale per le politiche migratorie, anno 2001: risorse aggiuntive – Accordo di
programma tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la Regione Umbria.
2. Periodo di realizzazione
Giugno-novembre 2003.
3. Costi
€ 47.000,00.
4. Parti coinvolte
- Provincia di Perugia (coordinamento delle attività svolte dai diversi soggetti che
intervengono nella realizzazione del progetto, monitoraggio e verifica in itinere e finale
dell’intervento progettuale, raccordo e strutturazione del sistema integrato pubblico - privato
sociale, gestione della fase di aggiornamento professionale rivolta agli operatori dei Centri per
l’Impiego, sensibilizzazione e animazione territoriale);
- Cooperativa Frontiera Lavoro (segreteria ed amministrazione del progetto, animazione e
sensibilizzazione territoriale, gestione delle seguenti fasi del progetto: aggiornamento
competenze professionali a favore degli operatori del privato sociale azioni di orientamento
ed accompagnamento al lavoro);
- Ial Umbria (gestione dei percorsi di alfabetizzazione linguistica ed informatica rivolti alla
popolazione immigrata, animazione e sensibilizzazione territoriale);
- Caritas Diocesana di Perugia e Città della Pieve (conoscenza e rilevazione delle esigenze dei
cittadini extracomunitari residenti nel territorio, animazione e sensibilizzazione territoriale);
- Anolf Umbria (conoscenza e rilevazione delle esigenze dei cittadini extracomunitari
residenti nel territorio, animazione e sensibilizzazione territoriale, conduzione di alcuni
87
percorsi formativi di alfabetizzazione linguistica e informatica rivolti alla popolazione
immigrata, tramite esperti e mediatori culturali presenti in associazione);
-
Associazioni
di
categoria:
Coldiretti,
Confartigianato;
CNA;
Confcommercio;
Confindustria; Confcooperative (raccordo con le realtà aziendali a livello provinciale,
animazione e sensibilizzazione territoriale, analisi dei fabbisogni professionali e produttivi
delle aziende);
- Comuni (raccordo con le realtà aziendali a livello provinciale, animazione e
sensibilizzazione territoriale, conoscenza e rilevazione delle esigenze dei cittadini
extracomunitari residenti nel territorio).
5. Località di intervento
Territorio della provincia di Perugia, in particolare gli Ambiti territoriali n.2 e n.4. Per quanto
riguarda l’Ambito territoriale n.5 il progetto si integra con il progetto “Impronte” presentato
dal Comune di Panicale, in qualità di comune capofila.
6. Beneficiari
Cittadini extracomunitari disoccupati e donne immigrate in Italia presenti nel territorio della
provincia di Perugia che esprimano il bisogno di un supporto lavorativo.
7. Obiettivi
Obiettivo generale: sperimentare azioni finalizzate alla strutturazione di un modello di buone
pratiche nella provincia di Perugia per l’integrazione socio-lavorativa degli immigrati
extracomunitari, attraverso la creazione di una rete partecipata dalle parti sociali di servizi di
sostegno all’alfabetizzazione, formazione, sviluppo della funzione di mediazione culturale e
di servizi integrati in rete.
Obiettivi specifici: sperimentare un sistema a rete che integri le competenze pubbliche dei
Centri per l’Impiego della provincia di Perugia e le competenze e i servizi gestiti dal privato
sociale e dalle associazioni di categoria e di volontariato; fornire un reale supporto allo
sviluppo e alla organizzazione interna delle imprese del territorio produttivo locale, attraverso
la collaborazione con le associazioni di categoria; agire in modo significativo per il
miglioramento delle condizioni socio-lavorative degli immigrati e delle aziende; agire sulle
competenze professionali degli operatori pubblici e del privato sociale; sperimentare sistemi
di integrazione tra pubblico e privato sociale in relazione alla gestione degli interventi rivolti
88
agli immigrati; promuovere e incentivare la creazione di nuove imprese da parte dei cittadini
extracomunitari.
8. Attività
Il progetto si pone come obiettivo di creare un centro servizi di sostegno lavorativo integrato
alla comunità immigrata e si struttura nelle seguenti azioni:
Azione 1 e Azione 2 ‘Formare e comunicare per gli immigrati’ – Percorso formativo per gli
operatori dei centri per l’impiego e del privato sociale;
Azione 3 ‘Orientamento ed accompagnamento al lavoro’, rivolta ai cittadini immigrati;
Azione 4 ‘Preformazione abilità sociali’;
Azione 5 ‘Sviluppo dell’autoimprenditorialità’.
9. Risultati
- Migliorare le prospettive occupazionali delle persone immigrate, valorizzando il vissuto
personale di ogni utente, le potenzialità, le risorse;
- Costruire una rete di solidarietà tra i cittadini e i servizi che si rendano sensibili al problema
del reinserimento sociale e lavorativo delle persone immigrate;
- Strutturare una rete di servizi per gli immigrati in grado di diventare punto di riferimento
stabile per gli utenti, all’interno dei quali possano trovare sostegno e tutela rispetto a tutti i
bisogni e opportunità presenti nel territorio.
10. Valore aggiunto
Fornire ai cittadini extracomunitari competenze trasversali in ambito occupazionale e
competenze di base attraverso le quali affrontare il mondo del lavoro con maggiore
consapevolezza e sicurezza di sé. Inoltre, il coinvolgimento di immigrati di diverse etnie è
occasione di incontro fra culture.
11. Difficoltà incontrate
Nessuna.
89
Denominazione progetto
IMPRONTE (CSO - Centro di sostegno per l’occupazione degli immigrati)
Ente organizzatore
Comune di Panicale
1. Programma entro cui si inserisce
Fondo Nazionale per le politiche migratorie, anno 2001: risorse aggiuntive – Accordo di
programma tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la Regione Umbria.
2. Periodo di realizzazione
Giugno 2002 – maggio 2003: 12 mesi totali.
3. Costi
€ 18.000,00.
4. Parti coinvolte
Comuni dell’Ambito territoriale n°5 (monitoraggio e verifica in itinere e finale dell’intervento
progettuale); Cooperativa sociale Frontiera Lavoro (gestione metodologica del progetto,
coordinamento delle attività svolte dai diversi soggetti che intervengono nella realizzazione
del progetto, segreteria ed amministrazione del progetto); Associazioni di categoria (raccordo
con le realtà aziendali a livello provinciale); Caritas Diocesana di Perugia e Città della Pieve
(conoscenza e rilevazione delle esigenze dei cittadini extracomunitari residenti nel territorio);
Ial Umbria (fornire percorsi di formazione in base alle esigenze rilevate tra i beneficiari
dell’intervento); Anolf Umbria (conoscenza e rilevazione delle esigenze dei cittadini
extracomunitari residenti nel territorio).
5. Località di intervento
Comuni dell’Ambito territoriale n°5. Si connette al progetto “I.O. Impresa e Occupazione
(Centro di sostegno all’occupazione degli immigrati)”.
90
6. Beneficiari
Circa 300 beneficiari con le seguenti caratteristiche:
- cittadini extracomunitari regolarmente presenti, occupati o disoccupati;
- donne e uomini stranieri a partire da 16 anni senza limiti d’età.
7. Obiettivi
Obiettivo generale:
Sperimentare azioni finalizzate alla strutturazione di un modello di buone pratiche nella
provincia di Perugia per l’integrazione socio-lavorativa degli immigrati extracomunitari,
attraverso la creazione di una rete partecipata dalle parti sociali di servizi di sostegno
all’alfabetizzazione, formazione, sviluppo della funzione di mediazione culturale e di servizi
integrati in rete.
Obiettivi specifici:
- Sperimentare un sistema a rete che integri le competenze pubbliche dei Centri per l’Impiego
della provincia di Perugia e le competenze e i servizi gestiti dal privato sociale e dalle
associazioni di categoria e di volontariato dove i cittadini extracomunitari; fornire un reale
supporto allo sviluppo e alla organizzazione interna delle imprese del territorio produttivo
locale; agire in modo significativo per il miglioramento delle condizioni socio-lavorative
degli immigrati e delle aziende.
8. Attività
Orientamento ed accompagnamento al lavoro; preformazione abilità sociali; sviluppo
dell’autoimprenditorialità (vedi progetto “I.O. Impresa e Occupazione).
9. Risultati
Il progetto ha inteso:
- Migliorare le prospettive occupazionali delle persone immigrate, valorizzando il vissuto
personale di ogni utente, le potenzialità, le risorse;
- Costruire una rete di solidarietà tra i cittadini e i servizi che si rendano sensibili al problema
del reinserimento sociale e lavorativo delle persone immigrate;
- Strutturare una rete di servizi per gli immigrati in grado di diventare punto di riferimento
stabile per gli utenti, all’interno dei quali possano trovare sostegno e tutela rispetto a tutti i
bisogni e opportunità presenti nel territorio.
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10. Valore aggiunto
Fornire ai cittadini extracomunitari competenze trasversali in ambito occupazionale e
competenze di base attraverso le quali affrontare il mondo del lavoro con maggiore
consapevolezza e sicurezza di sé. Inoltre, il coinvolgimento di immigrati di diverse etnie è
occasione di incontro fra culture.
11. Difficoltà incontrate
Nessuna.
92
Denominazione progetto
Percorsi formativi per collaboratrici familiari extracomunitarie
Ente organizzatore
Comune di Spoleto
1. Programma entro cui si inserisce
Fondo Nazionale per le politiche migratorie, anno 2001: risorse aggiuntive – Accordo di
programma tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la Regione Umbria.
2. Periodo di realizzazione
Settembre 2002 – luglio 2003: 12 mesi totali.
3. Costi
€ 8.800,00.
4. Parti coinvolte
Comune di Spoleto; Movimondo GSI – Spoleto (coordinatore della Federazione Città
Solidale - soggetto realizzatore).
5. Località di intervento
Territorio dei Comuni dell’Ambito territoriale 9.
6. Beneficiari
Donne extracomunitarie regolari, residenti nel territorio dell’Ambito territoriale 9.
7. Obiettivi
- Inserimento lavorativo di donne extracomunitarie nel sistema lavorativo domestico;
- Attivazione di un sistema “qualità” nel settore.
8. Attività
Cura dell’infanzia; Cura dell’anziano; Igiene alimentare; Moduli linguistici di I e II livello.
93
9. Risultati
Rilascio di una certificazione di credito formativo valevole come lettera credenziale.
Formazione di prestatrici di opera nel settore della collaborazione domestica.
10. Valore aggiunto
Coniugare il bisogno delle famiglie italiane di assistenza e il bisogno di qualità del servizio
offerto dalle nuove prestatrici d’opera straniere. Il servizio di formazione offerto è
‘individualizzato’, ossia costruito sulle persone chiamate alla formazione. Il criterio adottato
in questo percorso formativo risponde all’esigenza di formazioni diverse per committenze
diverse di servizio: collaboratrice familiare per la cura alla persona anziana, all’infanzia, alla
casa, ecc.
11. Difficoltà incontrate
Nessuna.
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Denominazione progetto
Cittadinanza e lavoro, informazione immigrati
Ente organizzatore
CGIL Regionale
1. Programma entro cui si inserisce
Fondo Nazionale per le politiche migratorie, anno 2001: risorse aggiuntive – Accordo di
programma tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la Regione Umbria.
2. Periodo di realizzazione
12 mesi totali.
3. Costi
€ 18.500,00.
4. Parti coinvolte
CGIL regionale Umbria; Camera del Lavoro Provinciale di Perugia; Camera del Lavoro
Provinciale di Terni; Federazioni di categoria per settore merceologico; patronato INCA.
Realizza il progetto: Associazione SMILE.
5. Località di intervento
Umbria (Perugia, Città di Castello, Gubbio, Umbertide, Castiglione del Lago, Marsciano,
Foligno, Spoleto, Bastia Umbra, Corciano, Terni, Narni, Orvieto).
6. Beneficiari
Cittadini extracomunitari residenti nella regione.
7. Obiettivi
Sviluppare competenze e conoscenze sulla base dei propri bisogni, attraverso i propri progetti,
in una logica di relazioni che, in una società multietnica, comporta necessariamente il
confronto e lo scambio con altri soggetti, con altri valori, con altre rappresentazioni, con altre
culture. La garanzia della conoscenza della lingua italiana è un apprendimento strategico
95
perché, come è noto, l’inserimento linguistico è condizione dell’inserimento sociale.
Analogamente è necessario che gli immigrati possano aver garantito un ventaglio di offerte
formative, molto plastiche, capaci di incontrare la domanda e di adattarvisi oltre che nel
campo dell’educazione linguistica anche nella formazione sociale e professionale.
L’informazione sui diritti di cittadinanza e sulle disposizioni normative e contrattuali in tema
di lavoro e sicurezza nei posti di lavoro tra i cittadini stranieri extracomunitari è
conseguentemente l’obiettivo del progetto.
8. Attività
15 corsi di 5 ore ciascuno. In ogni intervento si affrontano i temi dei diritti di cittadinanza e le
norme che regolano il lavoro e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Contenuti informativi: normativa attuale sull’immigrazione con particolare attenzione verso
alcuni adempimenti che riguardano ingresso, soggiorno e conseguenti adempimenti di atti
amministrativi; cenni sulla normativa del lavoro, sicurezza sul lavoro, previdenza, assistenza,
fisco; cenni sulla normativa che regolamenta i servizi e le prestazioni sociali, i servizi sanitari,
politiche abitative e l’istruzione scolastica obbligatoria, con riferimento alla regione Umbria.
Progettazione e realizzazione di un vademecum “Guida ai diritti” (da realizzarsi in sei lingue),
da distribuire ai partecipanti che a loro volta ridistribuiranno a soggetti immigrati con cui
hanno rapporti di vario tipo, (comunità, colleghi di lavoro, conoscenti, familiari). La
distribuzione avverrà anche attraverso le Associazioni di stranieri e le Organizzazioni operanti
in loro favore.
9. Risultati
Produzione del vademecum “Guida ai diritti”.
10. Valore aggiunto
Attuazione di una pratica educativa aperta all’alterità.
11. Difficoltà incontrate
Nessuna
96
Parte terza
LA FORMAZIONE PER GLI IMMIGRATI NEI PAESI
D’ORIGINE
4. POTENZIALITÀ E CRITICITA’ DALLA LETTURA DELLE
INTERVISTE AI TESTIMONI PRIVILEGIATI
4.1 Introduzione
L’articolo 19 della legge Bossi-Fini, come abbiamo visto nei precedenti contributi, prevede la
possibilità di progettare, nell’ambito di programmi di cooperazione internazionale, attività di
istruzione e formazione professionale nei Paesi d’origine degli immigrati, riconoscendo titoli
di prelazione ai fini della chiamata al lavoro ed agevolazioni d’impiego a vantaggio degli
stranieri che abbiano seguito con successo i corsi suddetti.
Negli ultimi anni la presenza di immigrati extracomunitari in Umbria è in costante crescita,
confermando la graduale trasformazione qualitativa avutasi nei flussi migratori diretti verso la
nostra regione, che ha visto venir meno il tradizionale primato della componente studentesca a
favore di quella lavorativa. La richiesta di manodopera straniera nei diversi settori produttivi
ed occupazionali, come abbiamo visto, è sempre più consistente: in tale contesto, riveste una
fondamentale importanza l’avvio di politiche innovative volte a supportare l’inserimento
lavorativo di quanti intendano trasferirsi in regione con un progetto migratorio stabile,
considerando al contempo i fabbisogni espressi dal mercato del lavoro locale così da
coniugare sviluppo economico ed integrazione sociale.
Di qui il particolare interesse per la tipologia di attività previste dall’art. 19 della legge BossiFini ed il proposito di dare inizio ad un’attività di sensibilizzazione ed animazione sull’intero
territorio regionale fra tutti i soggetti, istituzionali e non, potenzialmente interessati
all’eventuale costruzione di progetti di istruzione e formazione professionale da rendere
esecutivi nei Paesi d’origine degli immigrati.
Si è ritenuto opportuno contattare anzitutto i membri del Tavolo Unico regionale di
coordinamento sull’immigrazione, un organismo rappresentativo concepito quale strumento
innovativo per favorire un miglior governo dei flussi migratori e la formulazione di risposte
efficaci, adeguate a fronteggiare le molteplici trasformazioni in senso multietnico e
multiculturale che si stanno verificando all’interno della società umbra. Il Tavolo dà voce ad
una pluralità di soggetti istituzionali e sociali a vario titolo interessati al tema
dell’immigrazione, privilegiando in particolare le istanze e le proposte delle organizzazioni
produttive.
99
Sono stati intervistati, in qualità di “testimoni privilegiati”, quasi tutti gli esponenti del Tavolo
Unico, con un duplice scopo: avere una loro opinione sull’articolo 19 della Bossi-Fini,
tenendo particolarmente conto della specifica realtà socio-economica umbra, e ricostruire
l’attuale stato dell’arte a livello regionale circa l’esistenza di eventuali progetti che
prefigurino la realizzazione delle attività previste dal suddetto articolo. Queste prime
interviste hanno inoltre coinvolto anche altri soggetti, istituzionali e non, esterni al Tavolo, ma
comunque interessati al tema dell’immigrazione e la cui consultazione è stata considerata utile
ai fini della ricerca.
4.2 Alcune considerazioni sull’articolo 19 della legge Bossi-Fini: un’alternanza di luci e
ombre
Una delle prime osservazioni che emergono dalla rielaborazione dei vari colloqui intervenuti
riguarda l’impossibilità di sintetizzare valutazioni univoche in merito all’articolo 19 della
legge n. 189/2002. Malgrado il suo carattere ritenuto a volte controverso, le opportunità in
esso contenute sembrano comunque riscuotere un apprezzamento di massima, che assume un
rilievo del tutto particolare a fronte del generalizzato giudizio negativo espresso sulla BossiFini considerata nel suo complesso.
Molteplici le obiezioni mosse alla nuova normativa sull’immigrazione, non solo da un punto
di vista strettamente tecnico-giuridico, ma anche e soprattutto sotto un profilo più
squisitamente politico-ideale. Si denuncia l’eccessiva tortuosità dell’impianto legislativo, le
sue numerose contraddizioni e difficoltà di carattere pratico che ne derivano al momento
attuativo. Entrando nel merito, vengono criticate le condizioni sempre più stringenti ed
ostative poste in relazione ai nuovi ingressi e alla permanenza nel nostro Paese e, più in
generale, la visione dell’immigrato extracomunitario che la legge n. 189/2002 sottende:
un’entità spersonalizzata, concepita principalmente in termini di pura forza-lavoro; un
individuo “di serie B”, passibile di facili pregiudizi e discriminazioni. Una normativa,
insomma, giudicata poco funzionale e soprattutto punitiva, poiché fallace nel riconoscimento
e nelle garanzie di tutela dei diritti del migrante, tanto che sono stati sollevati dubbi persino
sulla costituzionalità di alcune sue disposizioni.
In un tale contesto legislativo, tuttavia, l’articolo 19, prevedendo titoli di prelazione ai fini
della chiamata al lavoro per quanti abbiano partecipato ad attività di istruzione e formazione
professionale nei rispettivi Paesi d’origine, appare come un importante strumento di
100
flessibilità rispetto al rigido meccanismo delle quote che regola i flussi dei nuovi ingressi,
malgrado il diffuso timore che possa rivelarsi un’alternativa piuttosto velleitaria.
C’è inoltre chi esprime dubbi sulla filosofia degli interventi da esso previsti, ritenuti validi ed
opportuni solo se realizzati secondo la tradizionale ottica della cooperazione internazionale.
Così, alcuni esponenti di organismi che a vario titolo operano nel “sociale” fanno notare come
le previsioni di cui all’articolo 19 riguardino prevalentemente coloro che intendono trasferirsi
in Italia per motivi di lavoro o trovare impiego nei settori produttivi italiani operanti nei
rispettivi Paesi d’origine, avendo di conseguenza riflessi limitati, se non discutibili, sul reale
sviluppo di quegli stessi Paesi. L’attivazione di percorsi di istruzione e formazione
professionale, nel quadro di programmi di cooperazione internazionale, dovrebbe avere
invece come obiettivo proprio lo sviluppo suddetto e non tanto la costruzione di percorsi atti
ad agevolare l’emigrazione verso le nostre terre. Senza considerare che, in fondo, l’articolo 19
pone pur sempre un’ulteriore modalità di controllo sui flussi dei nuovi ingressi; sebbene, a
questo proposito, non possa che risultare apprezzabile il tentativo di promuovere politiche
congiunte fra l’Italia ed i Paesi di provenienza degli immigrati ed il conseguente instaurarsi di
proficui rapporti di reciprocità e collaborazione.
Ad ogni modo, viste le crescenti pressioni esercitate dalle spinte migratorie e la fondamentale
importanza che tale fenomeno ha assunto per l’economia del nostro Paese, la logica delle
sperimentazioni sottesa all’articolo 19, finalizzata ad incentivare la predisposizione di efficaci
meccanismi che operino a favore dell’incontro fra domanda interna ed offerta estera di lavoro,
si prospetta come un’opportunità potenzialmente interessante da sviluppare e dagli indubbi
risvolti positivi sia per gli immigrati che per la nostra regione.
4.2.1 Un’opportunità per gli immigrati
Visto l’orientamento prevalente delineatosi negli ultimi anni tanto a livello di politiche
comunitarie che nazionali sull’immigrazione, improntate a stabilire uno stretto raccordo fra la
determinazione dei flussi d’ingresso e i fabbisogni occupazionali espressi dal mercato del
lavoro del Paese ospitante, il tipo di iniziative previste dall’articolo 19 della Bossi-Fini
costituisce senz’altro una chance importante per quanti siano intenzionati a trasferirsi nel
nostro territorio per motivi di lavoro. Non a caso, infatti, stando alle parole di Eddi Nebo e
Luly Poyane1, le attività di istruzione e formazione professionale sono percepite dagli stessi
1
Presidenti, rispettivamente, dell’Associazione Namasté e della Consulta Comunale Immigrati di Terni.
101
immigrati come una valida modalità per riuscire ad entrare in Italia con prospettive di
stabilizzazione e come una vera e propria necessità ai fini del successivo ingresso nel mondo
del lavoro, visti i molteplici ostacoli che si frappongono al riconoscimento dei rispettivi titoli
di studio.
L’attivazione di percorsi mirati, poiché rispondenti alle esigenze del mercato del lavoro locale
e propedeutici all’ingresso in regione, riduce il margine di rischio connesso al fallimento del
progetto migratorio ed opera quale efficace strumento di inserimento e di integrazione. Più
sarà alto lo standard culturale e professionale dei nuovi arrivati, minori saranno le
discriminazioni a loro carico e maggiori le possibilità di vedersi inseriti all’interno di un buon
ambiente di lavoro e di sentirsi positivamente integrati nella realtà territoriale di riferimento,
con innegabili vantaggi anche per quest’ultima.
4.2.2 Un’opportunità per l’Umbria
Cambiando prospettiva, risulta evidente che l’articolo 19 della Bossi-Fini opera a vantaggio
non solo dei migranti, ma anche e soprattutto del contesto d’accoglienza. Dai numerosi
colloqui intervenuti emerge la denuncia di una forte discrasia tra il fabbisogno occupazionale
espresso dal mercato del lavoro regionale e le quote di ingresso rese disponibili per la
Regione Umbria, nonché l’imprescindibile necessità di programmare adeguati percorsi di
istruzione e formazione professionale diretti ai lavoratori stranieri.
E’ chiaro dunque come le disposizioni della norma in oggetto forniscano alle imprese una
carta in più da giocare per vedere soddisfatte le loro esigenze di personale estero qualificato,
riducendo significativamente le difficoltà di reperimento dello stesso. Le attività di cui
all’articolo 19 assicurano poi ai datori di lavoro alcune importanti garanzie sui dipendenti che
si troveranno ad assumere, mettendo a loro disposizione una serie di utili informazioni.
La partecipazione a queste attività testimonia inoltre una reale spinta motivazionale a
trasferirsi nel nostro territorio e a trovarsi impiegati nello specifico settore per cui si è stati
preliminarmente formati. Ciò che più conta, tuttavia, è la possibilità di disporre di un certo
quantitativo di lavoratori immigrati con un titolo preferenziale ed una preparazione
immediatamente fruibile, poiché calibrata sui fabbisogni formativi espressi dalle imprese
stesse.
Oltre che per il tessuto produttivo e quindi per lo sviluppo economico locale, infine, l’articolo
19 rappresenta un’opportunità non meno significativa da sfruttare in ordine ad una migliore
102
convivenza e ad una maggiore sicurezza sociale, operando a favore di una crescente
integrazione e quale strumento per la regolarizzazione dei flussi e la lotta alla clandestinità.
4.2.3 Le difficoltà di carattere operativo
Se unanime è il giudizio positivo sulle opportunità che in linea teorica l’articolo 19 della
Bossi-Fini sembrerebbe offrire, altrettanto unanimi sono però i dubbi e le perplessità in
relazione alle molteplici difficoltà di carattere pratico connesse ad una sua effettiva
applicazione.
Prima fra tutte, la mancanza di un regolamento attuativo che fornisca indicazioni precise sulle
modalità da seguire sotto il profilo tecnico-operativo e sui margini di discrezionalità entro cui
ci si potrebbe muovere non solo a questo proposito, ma anche e soprattutto da un punto di
vista economico-finanziario. Senza contare poi la recente riforma intervenuta nel mondo del
lavoro con l’entrata in vigore della legge n. 30/2003 e del successivo decreto attuativo
n. 276/2003 e l’imprescindibile necessità di operare un’armonizzazione tra due contesti
legislativi tuttora plasmabili ed in evoluzione.
Al di là degli aspetti più strettamente normativi, la maggior parte degli intervistati ha
evidenziato l’estrema complessità delle procedure da seguire per l’attivazione delle iniziative
previste dall’articolo 19: dalla stipula degli Accordi e delle Intese fra Stati, all’attivazione dei
contatti per la creazione di una rete di soggetti, istituzionali e non, operanti a livello locale,
nazionale ed internazionale secondo le auspicabili logiche di un approccio integrato e
concertato.
Lasciano non meno da pensare i numerosi interrogativi che sorgono in merito alla filosofia ed
alla metodologia degli interventi, le molteplici problematiche poste dall’attivazione di corsi di
istruzione e formazione professionale in paesi lontani e stranieri, nonché l’ammontare dei
costi complessivi.
Si avanzano inoltre dubbi sulla funzionalità degli interventi in questione e sui loro effettivi
risvolti all’interno del mondo del lavoro. Trattandosi di iniziative piuttosto articolate e
complesse da realizzare, sono ipotizzabili solo in relazione a fabbisogni occupazionali di tipo
strutturale, sopperibili attraverso una progettazione di medio-lungo periodo. Molto spesso,
tuttavia, le imprese si trovano a dover colmare le loro esigenze di manodopera in tempi brevi
ed in questi casi risulta ovviamente impensabile il ricorso al tipo di attività di cui all’articolo
19. Più in generale, c’è poi da considerare l’aleatorietà connessa all’andamento dei mercati e
dell’economia e quindi la mutevolezza delle fasi congiunturali, cui sono necessariamente
103
subordinati i fabbisogni occupazionali espressi dal mondo del lavoro. Altro fattore di criticità
da non sottovalutare è costituito dalle difficoltà legate all’inserimento degli immigrati una
volta formati, a causa della diffidenza di fondo che continua a riscontrarsi nell’atteggiamento
di molti datori di lavoro, poco inclini, in linea di massima, ad assumere lavoratori stranieri che
non conoscono personalmente, privilegiando in alternativa il vecchio sistema delle
sponsorizzazioni. A fronte di tutto ciò, forte è il timore di lanciarsi nella realizzazione di
interventi infruttuosi, suscettibili di risolversi unicamente in un vano dispendio di energie e
risorse economiche.
Benché non impossibili da concretizzare, i percorsi di istruzione e formazione previsti
dall’articolo 19 appaiono dunque di difficile realizzazione pratica. Richiedendo una forte
mobilitazione, notevoli sforzi organizzativi e cospicui investimenti finanziari, si delineano
quali interventi piuttosto ambiziosi, che proprio per questo richiedono un’attenta valutazione
preventiva in termini di costi/benefici, da inquadrare entro lo specifico contesto socioeconomico regionale, in relazione al quale sembrano più appropriate iniziative attivabili
nell’ambito della rispettiva realtà territoriale.
Specialmente dagli esponenti del mondo produttivo viene sottolineata infatti l’opportunità di
privilegiare la realizzazione di interventi a vantaggio degli stranieri extracomunitari
disoccupati già presenti in Umbria, onde operare per una loro piena occupazione; senza
escludere, in seconda istanza ed in presenza di tutti i presupposti necessari, la possibilità di
avviare iniziative alternative connesse ai nuovi ingressi, secondo la formula dell’articolo 19.
In sintesi, ferma restando la necessità di promuovere attività di istruzione e formazione
professionale per immigrati, calibrate in base ai fabbisogni occupazionali espressi dal mercato
del lavoro regionale, i portavoce di quasi tutte le associazioni di categoria rappresentate
all’interno del Tavolo Unico ritengono prioritari interventi da realizzare in loco, includendovi
la previsione di opportuni periodi di stage all’interno delle imprese umbre, che in questo
modo potrebbero conoscere e valutare direttamente i corsisti ed instaurare con loro
quell’imprescindibile rapporto fiduciario che così tanta importanza riveste per i datori di
lavoro. Tali interventi, meno impegnativi sia in termini economico-finanziari che
organizzativi, si configurano anche più rispondenti alle esigenze delle piccole-medie imprese
locali, che spesso si trovano nell’impossibilità di sostenere costi di addestramento e la cui
richiesta di personale qualificato si esprime in genere per mezzo di numeri ad una sola cifra.
104
4.3 Lo stato dell’arte a livello regionale
A fronte di una legge che, come abbiamo visto, risulta ancora priva del previsto regolamento
attuativo, ben pochi sono i soggetti che in regione si sono dedicati ad una riflessione sulla
possibilità di attivare la tipologia di interventi in oggetto, visto che non si conoscono gli
estremi tecnico-operativi ed economico-finanziari entro cui eventualmente operare.
In tale contesto, contrassegnato, al momento in cui si scrive, dalla carenza di interventi atti a
supportare il tipo di sperimentazioni previste dall’articolo 19, al di là delle numerose
dichiarazioni di principio, si rileva l’inesistenza, a livello regionale, di progetti che
prefigurino la realizzazione di attività di istruzione e formazione professionale per immigrati
nei rispettivi Paesi d’origine.
Non mancano tuttavia interventi nell’ambito dell’immigrazione, in linea con la tradizionale
vocazione umbra di governo dei fenomeni migratori. Come abbiamo visto nel Cap. 3, molte
sono le iniziative, a carico di soggetti istituzionali e non, già realizzate, in cantiere e in itinere.
La maggior parte di esse si concentra sul fronte dell’informazione, dell’accoglienza e della
multiculturalità, ma si registrano anche progetti mirati all’orientamento e all’inserimento
lavorativo degli immigrati già presenti in Umbria. Si tratta tuttavia di iniziative realizzate
esclusivamente all’interno del territorio regionale.
A prescindere dal diverso grado di interessamento manifestato nei confronti dell’articolo 19,
comunque, tutti i soggetti contattati ritengono proficua l’organizzazione di tavoli di
discussione al fine di incentivare politiche attive e innovative del lavoro a favore degli
immigrati extracomunitari e si sono resi disponibili a partecipare ad eventuali briefing o
incontri seminariali promossi dall’AUR in relazione al presente progetto di ricerca.
A quest’ultimo proposito sono anche emersi alcuni interessanti suggerimenti:
•
anzitutto, è stata messa in evidenza la necessità di procedere ad un’identificazione dei
fabbisogni formativi ed occupazionali espressi dal mercato del lavoro regionale;
•
parallelamente, sarebbe opportuno realizzare una sorta di ricognizione finalizzata
all’individuazione dei Paesi stranieri nei quali dare corso agli interventi in questione,
coinvolgendo a tale scopo anche e soprattutto le associazioni di immigrati operanti in
regione. I parametri di riferimento potrebbero essere molteplici, privilegiando, ad
esempio, quei paesi in cui già esistano professionalità assimilabili a quelle richieste dalle
imprese umbre, in procinto di entrare nell’Unione Europea, con cui l’Italia abbia Accordi
o Convenzioni già stipulati o da stipulare;
105
•
con più specifico riferimento alle attività di istruzione e formazione da realizzare
all’estero, si è prospettata la possibilità di una progettazione “multimodulare” per
competenze, attraverso corsi a distanza o realizzati in collaborazione con partners locali e
finalizzati ad implementare conoscenze tecnico-teoriche, abilità pratiche e comunicazione
linguistica;
•
si reputa infine di fondamentale importanza predisporre un incontro fra tutti i soggetti a
livello locale potenzialmente interessati alla realizzazione delle iniziative previste
dall’articolo 19. Un confronto ed uno scambio di idee a tale proposito risulta infatti
indispensabile in vista della costruzione di sistemi di intervento razionali, ponderati,
integrati e concertati, che si rivelino proficui ed efficaci.
Sintesi delle principali criticità, potenzialità e suggerimenti emersi nel corso delle interviste
in merito all’attivazione di percorsi formativi per immigrati nei paesi d’origine ex art. 19 L.
189/2002
Criticità
Valutazione negativa della BossiFini nel suo complesso
Mancata ottica di cooperazione
internazionale in senso stretto
Assenza del Regolamento attuativo
e di specifici finanziamenti
Complessità organizzative di
attuazione
Valutazione costi/benefici
Soddisfazione di fabbisogni solo
“di medio-lungo periodo”
Soddisfazione di fabbisogni solo
per imprese non piccole
106
Potenzialità
Flessibilità rispetto al sistema delle
quote
Promozione di politiche e accordi
di collaborazione tra Stati
Migliore incontro tra domanda e
offerta di lavoro “immigrate”
Buona opportunità per gli
immigrati
Riconoscimento dei titoli
Migliore inserimento sociolavorativo
Garanzia per il mondo produttivo
Suggerimenti
Non tralasciare la formazione in
Italia per gli immigrati
Identificazione dei reali fabbisogni
formativi
Esatta individuazione dei paesi
esteri
Progettazione di interventi
“multimodulari”
Incontro tra i soggetti interessati
Enti di appartenenza dei soggetti intervistati:
- Acli
- ANCI
- Assessorato ai servizi sociali e scambi culturali del Comune di Terni
- Assessorato al lavoro, alla formazione professionale ed alla pubblica istruzione della
Provincia di Perugia
- Associazione “Namastè”
- Associazione “TAMAT Centro Studi e Ricerche”
- CGIL
- CIA
- CISL
- CNA
- Coldiretti
- Confagricoltura
- Confapi
- Confartigianato
- Confcommercio
- Confesercenti
- Consulta Comunale Immigrati di Terni
- Cooperativa “Frontiera Lavoro”
- CPI Terni
- Direzione Provinciale del lavoro di Perugia
- Direzione Provinciale del lavoro di Terni
- Direzione Regionale del lavoro
- Lega regionale delle Cooperative
- Servizio relazioni internazionali Regione Umbria
- UGL
- UIL
- Università degli Studi di Perugia
107
5. PROPOSTE E PROGETTI IN CORSO IN ALTRE REGIONI
5.1 Introduzione
Se a livello regionale, come abbiamo visto, si registra l’attuale inesistenza di iniziative che
anticipino l’effettiva entrata in vigore delle previsioni di cui all’articolo 19 della legge BossiFini, la situazione è differente a livello nazionale, dove, sebbene in misura ancora circoscritta
solo a poche regioni, è stato possibile individuare alcune sperimentazioni che riguardano la
formazione per gli immigrati nei Paesi d’origine.
Alcuni progetti-pilota sono in fase di avvio, mentre altri sono già in itinere:
- due interventi hanno come Paese di riferimento la Tunisia (progetto “Sviluppo, Formazione
e Lavoro dei Migranti” e progetto “World Job”). Nel quadro di un Accordo di Programma
intervenuto tra il Ministero e due Regioni, Veneto e Lombardia, questi progetti-pilota mirano
alla selezione e preformazione di lavoratori tunisini intenzionati a trasferirsi in Italia, cercando
di far coincidere tale aspirazione con i fabbisogni occupazionali espressi dal mercato del
lavoro. L’ingresso delle persone selezionate e preformate resta per il momento subordinato al
consueto sistema delle quote, non potendo ancora ricondursi al diritto di prelazione previsto
dall’articolo 19; è inoltre garantito l’inserimento lavorativo all’interno delle imprese
(specialmente quelle operanti nel settore edile e delle grandi opere infrastrutturali) coinvolte
nell’iniziativa. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali fornisce consulenza ed
assistenza tecnica per la fase relativa alla selezione e alla sua messa a punto attraverso Italia
Lavoro, mentre la formazione linguistica di base spetta alla sede tunisina dell’Istituto
nazionale di lingua italiana Dante Alighieri;
- un altro intervento assimilabile a quelli oggetto del nostro interesse riguarda il Piemonte,
dove è in itinere un progetto sperimentale finalizzato alla selezione e preformazione di
lavoratori stranieri da inserire in aziende operanti nei settori della filiera agroindustriale per la
provincia di Asti e nel settore tessile per quella di Biella (progetto “Safe Integration”). Parte
dei beneficiari sono stati individuati fra gli immigrati già presenti all’interno degli stessi
territori provinciali, dove è stata predisposta la loro formazione, mentre i restanti sono stati
selezionati e formati nei rispettivi Paesi d’origine, prendendo come riferimento ambiti
extranazionali definiti in congruenza con le attività dei singoli partners. Anche in questa
109
circostanza il loro ingresso in Italia si trova naturalmente assoggettato al sistema delle quote
attualmente in vigore;
- in Emilia Romagna è in fase di attuazione un progetto che coinvolge la Repubblica
Moldava: si tratta del “progetto per il reperimento e la formazione di manodopera
extracomunitaria per il settore delle costruzioni della provincia di Parma”. Come prima
tranche sperimentale dell’iniziativa, esso prevede il trasferimento in Italia di 50 soggetti, che,
dopo avere svolto un modulo linguistico nel Paese d’origine, faranno ingresso nella provincia
emiliana per intraprendere un percorso formativo (scuola/lavoro) finalizzato all’acquisizione
di competenze professionali medio-alte nel settore delle costruzioni;
- infine, altre due esperienze riguardano, ancora, l’Emilia-Romagna (progetto “Grandi
Opere”) e la Toscana (progetto “Edil Futuro”). Si tratta di due proposte progettuali
presentate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali al fine di predisporre l’ingresso di
lavoratori non comunitari da inserire nell’ambito dell’edilizia, attraverso percorsi analoghi a
quelli previsti dall’articolo 19, salvo l’impossibilità di godere, al momento, dei vantaggi
connessi all’istituto della prelazione. Nel primo caso, quello dell’Emilia-Romagna, il
progetto, attualmente al vaglio del Ministero, è stato presentato dalla Lega delle Cooperative
con il supporto della Regione, allo scopo di soddisfare i fabbisogni occupazionali e formativi
espressi dal mercato del lavoro locale, con particolare riguardo al comparto inerente la
costruzione di grandi opere infrastrutturali, creando al contempo le condizioni necessarie
all’ingresso ed all’inserimento lavorativo di circa 50 immigrati extracomunitari intenzionati a
trasferirsi in Italia per motivi di lavoro. Privilegiando come ambito territoriale la Romania, il
progetto non esclude, tuttavia, la possibilità di coinvolgere anche altri Paesi stranieri. Si sta
pensando, inoltre, di estendere il l’intervento all’ambito turistico, malgrado le molteplici
difficoltà inerenti la predisposizione e la realizzazione di iniziative di questo genere. Per
quanto riguarda invece la seconda proposta progettuale, quella toscana, è stata siglata, nel
dicembre 2003, un’Intesa di collaborazione tra la Regione Toscana e la Regione marocchina
di Rabat-Sale-Zemmour-Zaer al fine di rendere esecutivo un progetto incentrato sulla
formazione di 60/80 lavoratori stranieri, così da coniugare, anche in questo caso, le esigenze
espresse dal settore edile toscano e la potenziale risorsa costituita dal lavoro extracomunitario.
Si riportano di seguito, in maniera più dettagliata, le esperienze individuate cui si è appena
fatto cenno.
110
5.2 Veneto - progetto “Sviluppo Formazione e Lavoro dei Migranti”1
Programma entro cui si inserisce e periodo di realizzazione
Il progetto “Sviluppo Formazione e Lavoro dei Migranti” fa riferimento alla programmazione
regionale - “Piano triennale di massima 2001/2003 di iniziative ed interventi nel settore
dell’immigrazione, Programma di iniziative ed interventi in materia di immigrazione anno
2002” – ed al dpcm 15 ottobre 2002 - “Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei
lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l'anno 2002/2003” – nel quale si
identificano le quote di ingresso e le tipologie di lavoratori extracomunitari. Si tratta di un
progetto di durata annuale, il cui periodo di realizzazione copre l’arco temporale compreso fra
il 30 giugno 2003 e il 30 giugno 2004.
Paese e località d’intervento
America Latina (con particolare riferimento all’Argentina e al Cile), Moldavia, Tunisia,
Romania.
Beneficiari
Beneficiari finali sono da considerare i lavoratori immigrati e/o emigrati di ritorno dai Paesi di
origine, fino a 500 persone regolarmente inserite nel contesto lavorativo regionale.
Nello specifico:
1. lavoratori immigrati di origine italiana provenienti dall’America Latina (prioritariamente
dall’Argentina e dal Cile);
2. lavoratori extracomunitari provenienti dalla Moldavia e dalla Tunisia (ai sensi del DPCM
15 ottobre 2002);
3. lavoratori extracomunitari provenienti dalla Romania;
4. lavoratori extracomunitari provenienti da altri Paesi.
Obiettivi
Il progetto si propone di conseguire gli obiettivi di seguito schematicamente riassunti:
•
identificazione dei collettori della domanda di lavoro presente presso le imprese venete
secondo caratteristiche di settore, territoriali e distrettuali;
1
La presente scheda progetto è stata compilata con la collaborazione di Tiziano Barone, funzionario
dell’Agenzia Veneto Lavoro.
111
•
identificazione (accreditamento/certificazione) dei soggetti locali in grado di svolgere le
azioni di preselezione formazione e selezione presso i Paesi d’origine;
•
rafforzamento della rete territoriale a sostegno dell’integrazione socio-lavorativa dei
soggetti immigrati favorendo l’acquisizione di competenze dei lavoratori;
•
consolidamento del sistema di relazioni operative tra la Regione Veneto, l’Argentina e il
Cile (sportelli di Cordoba e Santiago), finalizzate all’inserimento lavorativo degli italiani
in rientro ovvero dei lavoratori argentini di discendenza italiana come previsto dall’attuale
normativa;
•
sviluppo di reti territoriali a favore dell’inserimento lavorativo dei lavoratori
extracomunitari presso alcuni Paesi in fase di adesione alla UE e presso alcuni Paesi
dell’area del Mediterraneo;
•
anticipazione, attraverso sperimentazione di accordi ed azioni integrate, delle procedure
per la gestione dei flussi secondo l’attuale normativa, con particolare riferimento al diritto
di prelazione.
Filosofia dell’intervento
L’iniziativa in oggetto si propone di:
•
promuovere,
progettare
e
realizzare
percorsi
strutturati
di
accompagnamento
all’inserimento lavorativo nel territorio regionale per lavoratori immigrati e/o emigrati di
ritorno dai Paesi di origine;
•
implementare un modello di servizio regionale in relazione all’immigrazione basato sul
raccordo domanda/offerta di lavoro e sulla promozione dell’integrazione sociale - degli
immigrati extracomunitari, dei lavoratori immigrati nazionali, degli emigrati veneti e dei
loro discendenti intenzionati a stabilirsi nel territorio regionale – nel quadro della
normativa nazionale in materia di immigrazione;
•
identificare, nell’ambito di questo modello, le buone pratiche e le azioni integrate, tanto
sul versante della formazione che su quello dell’integrazione sociale, tali da offrire al
mercato del lavoro veneto, insieme ad un numero qualificato di offerte di lavoro ed un
numero di lavoratori immigrati con caratteristiche adeguate di adattabilità e qualificazione
professionale, un’articolazione di servizi di accompagnamento all’integrazione sociolavorativa all’interno della regione.
112
Attività
Per quanto riguarda le attività, si possono individuare anzitutto due distinte fasi, di cui una
relativa alla raccolta e l’altra alla gestione della domanda/offerta di lavoro.
Fase 1. Raccolta della domanda/offerta:
•
Raccolta della domanda di lavoro: effettuata dall’Agenzia Veneto Lavoro, anche per il
tramite delle associazioni dei datori di lavoro rappresentate nella Commissione di
Concertazione tra le Parti Sociali. Ciascuna associazione interessata a partecipare al
programma di raccolta della domanda di lavoro deve presentare richiesta a Veneto Lavoro
utilizzando un apposito modulo (“Bando Raccolta della domanda di lavoro”).
•
Raccolta dell’offerta di lavoro: effettuata dall’Agenzia Veneto Lavoro, in riferimento ai
percorsi di preselezione e di orientamento/formazione – nei Paesi di provenienza - di cui è
gestore o partner nella gestione, nonché attraverso le segnalazioni delle candidature di
lavoratori effettuata da organismi che hanno gestito direttamente e/o partecipato alla
gestione di percorsi di preselezione e orientamento/formazione professionale;
Fase 2. Gestione della domanda/offerta:
•
Bando di candidatura per l’erogazione di servizi: “Bando Servizi Voucher Lavoratori
Immigrati”, con evidenza di almeno i seguenti elementi per ogni lavoratore:
o estremi del contratto di lavoro;
o evidenza della soluzione alloggiativa;
o servizi richiesti con evidenza del fornitore.
A tale proposito, gli organismi interessati alla fornitura di servizi (accompagnamento,
alloggio, formazione) per facilitare l’inserimento socio-lavorativo dei lavoratori migranti
dovranno presentare richiesta a Veneto Lavoro compilando un apposito modulo (“Bando
per l’individuazione dei fornitori dei servizi”)
•
Bando di richiesta Voucher: “Bando Voucher Lavoratori Immigrati”. Il Voucher viene
erogato in due momenti, la prima parte dopo il primo mese, la seconda dopo tre mesi dal
collocamento, ovvero dopo tre mesi dalla data di rilascio del contratto di soggiorno
corrispondente al periodo di accompagnamento. Nel “Bando Voucher Lavoratori
Immigrati” sono riconosciuti i costi per le seguenti attività: formazione (professionale,
culturale e sicurezza), accompagnamento socio-lavorativo, residenzialità (alloggio),
trasferimento (viaggio).
Alle suddette fasi, segue l’attività d’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, attraverso una
banca dati appositamente creata ai fini del progetto ed accessibile via internet, gestito da
113
Veneto Lavoro in collaborazione con le associazioni datoriali che hanno individuato la
specifica domanda di lavoro. Viene data priorità agli abbinamenti che presentano:
a) un maggior grado di congruenza tra il profilo richiesto dal datore di lavoro e quello del
lavoratore;
b) maggiore stabilità nelle prospettive occupazionali;
c) soluzioni abitative predefinite.
Relativamente al perfezionamento degli abbinamenti Veneto Lavoro procede tenendo conto
della disponibilità di quote per l’ingresso di lavoratori extracomunitari.
Composizione della partnership ed aspetti organizzativi
Veneto Lavoro (in qualità di soggetto titolare) e collettori della domanda di lavoro, ovvero
soggetti datoriali, espressione delle imprese venete, convenzionati con la Regione per la
raccolta della domanda di lavoro. Tali soggetti possono esercitare le azioni in partenariato
con: servizi pubblici per l’impiego, servizi di collocamento privati autorizzati, soggetti
espressione delle Camere di Commercio della Regione Veneto, soggetti espressione delle
associazioni sindacali e dei lavoratori, enti di formazione professionale accreditati, soggetti
erogatori di servizi di ospitalità, soggetti erogatori di servizi di accompagnamento sociolavorativo.
Veneto Lavoro è il soggetto integratore responsabile della programmazione delle azioni e dei
risultati conseguiti. Per una migliore conduzione strategica ed operativa delle attività, viene
previsto un Comitato di Pilotaggio con funzioni di: consultazione, proposizione, verifica e
supporto alla direzione del progetto nelle azioni di maggiore rilevanza esterna, quali i rapporti
con le istituzioni e gli organismi coinvolti, l’azione di promozione e diffusione, la verifica
periodica degli andamenti, le eventuali esigenze di riprogrammazione, il monitoraggio in
itinere e finale. Tale Comitato è composto dell’Assessore competente, dai Dirigenti delle
strutture regionali di riferimento, dal Direttore di Veneto Lavoro, dal Direttore del progetto.
E’ previsto inoltre un Comitato di Gestione cui spetta una funzione di assistenza e supporto
alla direzione del progetto per la pianificazione e la gestione delle attività, con particolare
riferimento agli aspetti amministrativi ed al controllo di gestione. Questo Comitato è
composto dai Dirigenti delle strutture regionali di riferimento, dal Direttore di Veneto Lavoro,
dal Direttore del progetto, dal Responsabile amministrativo, da un Referente delle
organizzazioni che fungono da collettori della domanda di lavoro.
114
Quanto all’équipe di progetto, è prevista la presenza delle seguenti figure professionali:
Direttore di progetto, Coordinatore Voucher, Coordinatore azioni comuni e rete Net Point,
Responsabile amministrazione e rendicontazione, Segreteria, Esperti e Tecnici (valutazione,
buone prassi).
Risultati
Prima accoglienza, accompagnamento socio-lavorativo, formazione professionale e
collocamento di 500 lavoratori extracomunitari nel contesto lavorativo regionale.
Costo e fonti di finanziamento
I costi complessivi ammontano ad euro 2.153.422,26 (Finanziamento del Ministero del lavoro
- Fondo per l’immigrazione).
5.3 Lombardia - progetto “World Job”2
Programma entro cui si inserisce e periodo di realizzazione
Il progetto “World Job” si inserisce nell’ambito del Programma di Mobilità Geografica dei
Lavoratori della Regione Lombardia. Partito nell’ottobre del 2002, si concluderà a settembre
2004.
Paese e località d’intervento
Tunisia, Moldavia, Slovacchia.
Beneficiari
Lavoratori extracomunitari (da includere nell’ambito delle quote autorizzate) e aziende
lombarde (operanti nei vari settori produttivi, soprattutto dell’edilizia).
2
La presente scheda progetto è stata compilata con l’aiuto di Mamadou Ndyaie (Agenzia Lombardia Lavoro). In
particolare, per la ricostruzione dell’attuale stato di avanzamento del progetto ci si è avvalsi anche delle
informazioni reperite mediante la consultazione del sito internet www.agenzialavorolombardia.it.
115
Obiettivi
Il progetto “World Job” si propone di:
•
favorire una più razionale e moderna organizzazione della domanda di lavoro da parte
delle piccole e medie imprese locali interessate ad avvalersi di manodopera straniera,
portando a soluzione le criticità di tipo normativo, procedurale, burocratico e
comunicativo;
•
soddisfare esigenze inevase di domanda di lavoro da parte del mercato del lavoro locale,
orientate e/o orientabili alla componente dei lavoratori immigrati non-comunitari;
•
sviluppare coordinamento e valorizzazione di reti di servizi pubblici e privati che
favoriscano, a livello multi-regionale e interprovinciale, servizi ad hoc atti a facilitare e
supportare la mobilità geografica dei lavoratori;
•
sperimentare azioni innovative multi-regionali e transnazionali per il governo dei flussi
migratori e per la mobilità geografica dei lavoratori e dei lavori;
•
offrire un modello operativo innovativo ed una sperimentazione monitorabile e
verificabile, a sostegno di un più razionale governo dei flussi migratori, in relazione alle
nuove norme e procedure previste dalla legge n. 189/2002 e riguardante in particolare le
azioni finalizzate a favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro;
•
offrire risposte innovative a riguardo delle direttive e degli orientamenti della
Commissione Europea rispetto alla evidenziata “criticità” della bassa ed inadeguata
mobilità geografica e settoriale dei lavoratori.
Filosofia dell’intervento
Le cifre del mercato del lavoro regionale individuano una realtà a doppia velocità. In un
contesto che registra tra i più bassi livelli di disoccupazione in Italia (appena il 3,8% a fronte
del 9% del dato nazionale), il mercato del lavoro è in costante ricerca di figure professionali,
profili altamente qualificati o specializzati, a tutti livelli.
L’Agenzia Regionale per il Lavoro vuole rispondere a questa esigenza con un servizio agile,
efficace, a misura di un tessuto produttivo integrato, dove convivono in modo sinergico
grandi, medie e piccole imprese.
Attività
Le attività previste dal progetto sono:
•
116
sottoscrizione di Accordi con i Paesi partners: Tunisia, Repubblica Moldava, Slovacchia;
•
raccolta della domanda di lavoro, in collaborazione con le Associazioni di categoria e con
una “rete” di sostegno a supporto delle politiche del lavoro, istituita da Regione e
Province ed operante a livello provinciale (UPAL/Province);
•
pianificazione di percorsi di preselezione e selezione dei candidati nei Paesi d’origine;
•
progettazione ed erogazione della formazione nei Paesi d’origine attraverso percorsi
articolati in più moduli: linguistico (lingua italiana e vocaboli “tecnici”); socio culturale
(cultura e tradizione italiana); giuridico (nuova legge sull’immigrazione, norme relative
alla sicurezza sul lavoro, nozioni circa diritti e doveri di un cittadino); orientamento
professionale e sociale (servizi vari e servizi formativi presenti sul territorio);
•
supporto per le procedure amministrative;
•
inserimento lavorativo e sociale (formazione, inserimento lavorativo e soluzione
abitativa);
•
creazione di un data-base - “Passaporto Lavoro” - banca dati informatizzata e on line di
raccolta dei Curriculum Vitae degli aspiranti lavoratori che consente alle aziende del
territorio lombardo di esaminare a distanza i candidati prima del loro ingresso nel nostro
Paese (ad esempio, attraverso colloqui e interviste realizzati con i candidati stessi).
•
creazione di un sito “Work Place: il sociale in rete” per la messa in rete di Enti del privato
sociale per il supporto sociale ed abitativo dei cittadini extracomunitari presenti sul
territorio;
Risultati
Creazione di un modello di mobilità geografica replicabile, che identifichi il ciclo dei servizi a
favore di cittadini extracomunitari.
Composizione della partnership
Il partenariato ha visto coinvolte oltre agli Assessorati regionali formazione, istruzione e
lavoro e l’Assessorato alla famiglia e solidarietà sociale, le amministrazioni provinciali e le
parti sociali. All’estero, sono stati sottoscritti Accordi di Collaborazione con i competenti
Ministeri ed Agenzie del Lavoro dei Paesi d’origine.
Fonti di finanziamento
Fondo Nazionale per le politiche migratorie ex legge 40/98.
117
Attuale stato di avanzamento del progetto ed esperienza aggiuntiva maturata
Conseguentemente all’“Accordo di collaborazione” siglato dalla Regione Lombardia e dai
Governatorati tunisini di Gafsa e Kasserin, è partito ed è al momento in itinere il progettopilota finalizzato all’identificazione della domanda di manodopera tunisina espressa dalle
imprese lombarde ed alla formazione delle figure professionali individuate. Sono già state
realizzate le fasi di selezione finale e formazione e presentate le domande per la richiesta del
“nulla osta” al lavoro nell’ambito del sistema delle quote autorizzate.
E’ in itinere il medesimo percorso (identificazione della manodopera, preselezione, selezione
e formazione) per individuare lavoratori moldovi da inserire nel mercato del lavoro regionale.
Ad oggi sono stati inseriti una trentina di lavoratori moldovi all’interno delle quote stabilite ed
è in programma l’arrivo di altri 15 lavoratori presso il territorio lombardo.
Infine, è in fase di realizzazione la formazione di giovani slovacchi, operanti nel settore edile
e in quello turistico alberghiero.
5.4 Piemonte - progetto “Safe Integration”3
Programma entro cui si inserisce e periodo di realizzazione
Il progetto “Safe Integration” è inserito nel Programma Valorizzazione Occupabilità della
Regione Piemonte. Coerentemente con le linee guida dell’Iniziativa Comunitaria “Equal” da
cui deriva, si è proposto di intervenire sui fattori di criticità connessi all’ingresso nel mondo
del lavoro delle persone extracomunitarie, creando le basi per l’occupabilità di 100 soggetti
rispettivamente nei settori produttivi della filiera agroindustriale per la Provincia di Asti e nel
settore tessile per quella di Biella. L’arco temporale da esso ricoperto va da settembre 2002 a
gennaio 2004.
Paese e località di intervento
Province di Asti e Biella ed alcune aree extranazionali in Est Europa, Maghreb e America
Latina.
3
La presente scheda progetto è stata realizzata sulla base di dati ed informazioni reperite mediante la
consultazione del sito internet www.safeintegration.com. In particolare, per la ricostruzione dell’attuale stato di
avanzamento del progetto e la valutazione dell’esperienza aggiuntiva con esso maturata, ci si è avvalsi dei
colloqui telefonici intervenuti con Fabrizio Valabrega (Collaboratore del Consorzio Euroqualità s.c.r.l. e
Responsabile scientifico del progetto), Manlio Abriani (Collaboratore del Consorzio Euroqualità s.c.r.l. e
Responsabile organizzativo del progetto) e Enrico Prina (Responsabile del settore Cooperazione Internazionale
per l’Istituto Texilia).
118
Beneficiari
I beneficiari del progetto “Safe Integration” sono:
•
stranieri extracomunitari individuati nelle Province di Asti e di Biella ed in alcuni ambiti
extranazionali definiti in congruenza con le attività dei singoli partners, selezionando i
bacini d’immigrazione ritenuti culturalmente più coerenti alle abilità richieste (per il
tessile l’area dell’Est Europa, per l’agroindustria le aree del Maghreb e del Sud America).
Si tratta di una componente sociale caratterizzata da un’estrema esigenza di sicurezza e
stabilità occupazionale e di conseguenza da una solida base di formazione professionale;
•
aziende connesse agli ambiti geografici e produttivi suddetti. L’esigenza di tali realtà
datoriali è quella di colmare le carenze di personale qualificato, attingendo a nuovi bacini
di forza lavoro disponibili e potendo contare su efficaci interventi di formazione
professionale che rispondano alle loro specifiche esigenze produttive.
Obiettivo generale
L’obiettivo generale del progetto consiste nell’aver individuato un processo d’inserimento
lavorativo di immigrati extracomunitari flessibile e programmabile, che ha offerto stabilità
occupazionale in funzione della crescita professionale garantita al lavoratore, supportando al
contempo lo sviluppo economico dei bacini territoriali in oggetto.
Obiettivi specifici
Quanto agli obiettivi specifici, il progetto “Safe Integration” ha:
•
individuato i fattori di maggior ostacolo all’inserimento lavorativo delle persone
extracomunitarie, tramite un’indagine diffusa su circa 10.000 aziende locali;
•
sperimentato, su circa 100 stranieri per ciascuna Provincia, la formazione e l’orientamento
mediante percorsi duttili e flessibili della durata di circa 30 ore, che hanno creato i
presupposti per una mirata integrazione professionale. Almeno il 50% degli stranieri
hanno seguito il percorso di accesso programmato da aree extranazionali, seguendo corsi
di preformazione organizzati nei rispettivi Paesi d’origine. A tale proposito è stato
sottolineato come il raggiungimento di questo particolare obiettivo sia dipeso
dall’efficacia del processo di concertazione istituzionale messo in campo dalla
partnership;
119
•
censito le professionalità e le qualifiche di base dei soggetti extracomunitari, traducendole
in modo tale da renderle comprensibili e fruibili dal nostro mercato del lavoro;
•
reso possibile l’accesso a tutte le informazioni riguardanti l’andamento e i risultati del
progetto ad almeno 50.000 operatori, oltre che a tutti i soggetti raggiungibili con gli
strumenti telematici.
Ognuno di questi obiettivi specifici ha dato origine ad una o più azioni, che si sono articolate
a loro volta nella previsione di una serie di attività.
Attività
Le azioni previste dal progetto “Safe Integration” sono le seguenti:
1) individuazione dei componenti e costituzione di due Poli di Monitoraggio Integrato (uno
per ogni ambito territoriale d’intervento);
2) realizzazione di un’indagine su 10.000 aziende operanti nei settori e nelle aree interessate
(a carico di un Gruppo di Lavoro composto da specialisti e selezionato nell’ambito della
partnership);
3) elaborazione e redazione dei contenuti del protocollo del Patto d’area; definizione,
elaborazione e redazione di un contratto sperimentale di lavoro; sottoscrizione di un accordo
sindacale sul contratto sperimentale; individuazione di linee di finanziamento a sostegno della
sperimentazione della nuova formula contrattuale;
4) individuazione dei soggetti extracomunitari selezionabili iscritti ai Centri Per l’Impiego
delle Province di Asti e Biella; individuazione dei soggetti extracomunitari selezionabili
all’estero; identificazione delle aziende d’inserimento; creazione di un data-base curriculare;
misure di sostegno individuale e di gruppo rivolte agli immigrati per favorire l’integrazione;
inserimento dei lavoratori extracomunitari in azienda;
5) costruzione di un sito web; comunicazione ed aggiornamento in progress sui risultati del
processo; creazioni di reti istituzionali per il confronto e lo scambio di buone prassi.
Risultati
•
Tutti i soggetti componenti la parnership hanno condiviso obiettivi e prassi di lavoro
mediante la costituzione di due Poli Provinciali, che hanno svolto periodicamente una
costante verifica sulle azioni previste dal progetto agendo come strutture di
coordinamento e supervisione;
120
•
sono stati identificati i fattori di occupabilità, ossia i fattori di criticità e di ostacolo
all’inserimento di lavoratori extracomunitari nelle aziende dei territori presi in esame;
•
è stato sottoscritto un protocollo di accordo unitario per entrambe le aree interessate al
progetto che ha aggregato e formalizzato i componenti della partnership e le principali
realtà istituzionali, datoriali, sindacali ed associative rilevanti nel processo d’integrazione.
E’ stato firmato ed applicato nei territori delle Province di Asti e Biella un Contratto
sperimentale di lavoro elaborato da un Tavolo Tecnico di Concertazione, diretta
espressione del protocollo suddetto. Si è consentito l’inserimento dei lavoratori
extracomunitari nel mondo del lavoro in presenza di soluzioni contrattuali innovative e
flessibili e si è trovata al contempo una risposta efficace e coerente alle esigenze di
reperibilità di manodopera adeguatamente orientata al ruolo delle aziende. Sono state
proposte, negoziate ed ottenute specifiche linee di finanziamento per la realizzazione di
interventi
formativi
professionalizzanti
regolamentati
dal
contratto
e
condotti
contestualmente all’attività lavorativa in azienda;
•
è stata incrementata del 50% la disponibilità di manodopera extracomunitaria preformata e
quindi immediatamente inseribile nelle aziende. E’ stata migliorata l’occupabilità dei
soggetti immigrati avendo fornito loro le cognizioni di base per comprendere le regole e le
dinamiche del mercato del lavoro locale. E’ stata offerta una prospettiva di stabilità
economica e di crescita professionale ad oltre il 70 % dei soggetti inseriti. Sono state
selezionate e descritte in termini utilizzabili dal sistema produttivo ed istituzionale locale
le caratteristiche professionali dei soggetti extracomunitari. Si è garantita l’iniziale
sperimentazione del contratto sulla base di un processo di identificazione dei soggetti
idonei e disponibili nelle province interessate ed in alcuni ambiti extranazionali. I Centri
Per l’Impiego provinciali sono stati dotati di un modello di banca dati curriculare, fruibile
come strumento di supporto per l’attività di inserimento nelle aziende dei lavoratori
extracomunitari anche oltre i limiti temporali del progetto. Si è consentito il passaggio alla
fase applicativa del Contratto Sperimentale avendone creati i presupposti funzionali;
•
è stato informato il maggior numero possibile di soggetti circa l’avanzamento, i risultati e
le nuove opportunità offerte dalla sperimentazione messa in atto dal progetto “Safe
Integration”, che ha dimostrato la possibilità di percorrere una nuova strada per inserire ed
integrare i lavoratori extracomunitari: una buona prassi da consolidare e diffondere.
121
Composizione della partnership ed aspetti organizzativi
I soggetti coinvolti nel progetto “Safe Integration” sono: il Consorzio Euroqualità s.c.r.l., la
Provincia di Asti, la Provincia di Biella, la FederPiemonte, la Confartigianato Piemonte, la
Cisl Piemonte, l’Istituto Texilia ed il Consorzio Piemontese di Formazione per il Commercio
Estero.
A carico del Consorzio Euroqualità, Capofila Mandatario dell’Accordo di Cooperazione: il
coordinamento della partnership, la gestione amministrativa generale del progetto, la
realizzazione dello studio sui fattori di ostacolo all’occupabilità dei lavoratori immigrati, la
definizione dell’architettura generale della banca dati curriculare, la partecipazione al gruppo
di monitoraggio integrato e al Patto d’area, la realizzazione di interventi di orientamento sul
personale destinato alle diverse attività e ai beneficiari, il coordinamento delle attività di
comunicazione e diffusione in progress del progetto.
Sono invece le Province di Asti e Biella a presiedere i rispettivi Gruppi di Monitoraggio
Integrato. Di loro competenza, inoltre: la guida delle attività di concertazione del Patto d’area,
la verifica di coerenza con le linee strategiche di sviluppo delle politiche territoriali, l’attività
di documentazione delle politiche sociali e di sviluppo, il supporto per l’individuazione dei
beneficiari e la realizzazione della banca dati curricolare con il coinvolgimento dei Centri Per
l’Impiego, la direzione delle attività di creazione di reti istituzionali e di diffusione di buone
prassi.
Spettano alla FederPiemonte e alla Confartigianato Piemonte: il coordinamento delle
iniziative di concertazione sindacale nell’ambito del Patto d’area e dell’elaborazione di
soluzioni contrattuali innovative, il coinvolgimento di imprese industriali ed artigiane nelle
azioni previste, la partecipazione alle attività di indagine sulle aziende e di individuazione dei
beneficiari, il supporto alla realizzazione della banca dati curricolare, la partecipazione al
Gruppo di Monitoraggio Integrato.
Il coordinamento delle iniziative di concertazione sindacale nell’ambito del Patto d’area e
l’elaborazione di soluzioni contrattuali innovative rientrano anche fra i compiti della Cisl
Piemonte, così come la partecipazione al Gruppo di Monitoraggio Integrato, oltre che alle
attività di concertazione del Patto d’area.
Ad opera dell’Istituto Texilia: le attività di studio e aggiornamento sul settore tessile in area
biellese, l’elaborazione di strumenti di definizione degli skills di base dei beneficiari e la
122
realizzazione di interventi di orientamento dei soggetti comunitari in area biellese. Partecipa
inoltre al Gruppo di Monitoraggio Integrato e al Patto d’area.
Il Consorzio Piemontese di Formazione per il Commercio Estero, infine, si inserisce
nell’ambito delle azioni connesse all’individuazione dei lavoratori extracomunitari adatti alla
sperimentazione contrattuale. In tale ambito operativo si colloca come referente per condurre
o supportare attività da svolgersi in territori extranazionali di creazione di reti istituzionali, di
screening curricolare, di formazione linguistica preliminare e di orientamento all’ingresso in
Italia rivolte ai beneficiari del progetto. Partecipa al Gruppo di Monitoraggio Integrato e al
Patto d’area.
Fonti di finanziamento
A finanziare direttamente il progetto “Safe Integration” è la Regione Piemonte, nell’ambito
del suo Programma Valorizzazione Occupabilità.
Attuale stato di avanzamento del progetto ed esperienza aggiuntiva maturata
L’interesse del percorso realizzato con il progetto “Safe Integration” consiste nell’aver
sperimentato nuove metodologie suscettibili di configurarsi come buone prassi finalizzate a
favorire l’incontro fra domanda e offerta di lavoro immigrato.
Per quanto riguarda i risultati conseguiti, è stata realizzata un’analisi di settore mediante
un’indagine diffusa, a tappeto, su circa 10.000 aziende operanti nella filiera del tessile e
dell’agro-alimentare, rispettivamente nelle Province di Biella e di Asti, allo scopo di
individuare i principali fattori di criticità relativi all’inserimento di lavoratori extracomunitari
(fattore principale: la insufficiente competenza linguistica). Dopodiché sono state selezionate
le aziende dichiaratesi disponibili ad un loro coinvolgimento nell’iniziativa, 300 circa, e su di
loro è stato realizzato uno screening approfondito, focalizzato in particolare sui reali
fabbisogni espressi in relazione all’impiego di manodopera straniera. Gli esiti complessivi
dell’indagine hanno acquisito una valenza scientifica la cui fruibilità va ben oltre il progetto
specifico.
D’altro canto, in stretta collaborazione con i Centri Per l’Impiego, è stata sottoposta ad analisi
anche l’offerta di lavoro immigrato, dando corso ad una puntuale taratura della stessa
attraverso la raccolta dei dati relativi ai disoccupati extracomunitari nelle Province di Asti e
Biella ed iscritti ai rispettivi CPI. I soggetti individuati sono stati contattati e selezionati in
qualità di beneficiari, così da inserirne 50 nei corsi di formazione da realizzare nei territori
123
provinciali. Altre 50 persone intenzionate a trasferirsi in Italia per motivi di lavoro sono state
invece selezionate e preformate nei rispettivi Paesi d’origine (Marocco, Bulgaria, Romania e
Bielorussia).
Per quanto riguarda in particolare la formazione, occorre precisare che il progetto “Safe
Integration” opera su finanziamento regionale e non sulla base di fondi europei: di
conseguenza, all’estero non è stata realizzata una formazione tecnico-specifica (non
finanziabile), ma piuttosto una preformazione, volta a fornire conoscenze linguistiche di base
ed un orientamento al mercato del lavoro italiano. Quanto invece al primo tipo di formazione,
ci si è avvalsi, dove possibile, di interventi realizzati da altri soggetti in aree extranazionali.
Questo al fine di operare a favore dell’ottimizzazione di diverse esperienze. Ecco perché, per
quanto possibile, si è cercato di individuare come Paesi di riferimento delle realtà territoriali
ad hoc, dove sono già presenti organizzazioni che fanno formazione, il che implica anche un
notevole contenimento dei costi da sostenere. Così per esempio in Marocco, dove sono attivi
istituti professionalizzanti e strutture di formazione specifica sul tessile e sull’agroindustriale,
sono stati selezionati ed inseriti nel progetto, come beneficiari, i soggetti formati nelle
strutture suddette, ai quali è stato fornito un surplus di conoscenze linguistiche e normative di
base finalizzate all’inserimento lavorativo in Italia. In questo senso il progetto ha voluto
sperimentare un intervento coordinato, realizzando un connubio tra le diverse realtà già
presenti all’estero e quelle operanti in territorio italiano. Quanto ai corsi di formazione
realizzati nelle Province di Biella e di Asti, sono consistiti per lo più in un vaglio delle
competenze e delle esperienze pregresse e, anche qui, in una preformazione linguistica e di
orientamento al mercato del lavoro per le persone da poco arrivate.
Altro importante risultato è stato conseguito con l’elaborazione di un data-base curricolare,
da mettere a disposizione dei Centri Per l’Impiego così da consentire loro una classificazione
più ampia e specifica delle professionalità, rispondente ad una puntuale ricognizione delle
competenze reali richieste dalle aziende, e la corretta diffusione di quante più informazioni
possibili sulle persone extracomunitarie iscritte.
Al momento, si è conclusa la fase di preformazione all’estero, mentre quella in territorio
nazionale è ancora in itinere. Inoltre ci si è cominciati a muovere per le procedure d’ingresso
a favore di coloro che sono stati selezionati e preformati nei Paesi d’origine, prevedendo un
numero di ingressi superiore a quello degli inserimenti lavorativi effettivi, così da lasciare alle
aziende un certo margine di scelta. Al contempo, si è già iniziato a ricontattare alcune delle
300 aziende dichiaratesi disponibili ad un loro coinvolgimento nel progetto, onde verificarne
124
la rinnovata disponibilità e, se del caso, sottoporre loro i curricula dei lavoratori
extracomunitari selezionati e preformati, in vista di un eventuale colloquio finalizzato
all’inserimento lavorativo degli stessi, che si pensa di realizzare mediante un contratto di
lavoro di apprendistato.
5.5 Emilia Romagna – “Progetto per il reperimento e la formazione di manodopera
extracomunitaria per il settore delle costruzioni della provincia di Parma” 4
Programma entro cui s’inserisce e periodo di realizzazione
Il “Progetto per il reperimento e la formazione di manodopera extracomunitaria per il settore
delle costruzioni della provincia di Parma” s’inserisce nell’ambito di un Accordo di
programma in materia di collaborazione per la ricerca, la formazione professionale e
l’avviamento di cittadini moldovi in Italia sottoscritto nel dicembre 2001 dall’Agenzia
Nazionale per l’Emigrazione Moldova e dall’Ente Scuola Edile di Parma. A ciò ha fatto
seguito un Protocollo d’intesa per la sperimentazione di cooperazione in materia di lavoro
occupazione e formazione professionale nel settore edile siglato nel marzo 2001 dal Ministero
del lavoro e dall’Associazione dei Comuni della Repubblica Moldova, dall’Assessorato alla
formazione professionale della Regione Emilia Romagna, dall’Amministrazione provinciale
di Parma, dall’ANCE nazionale, dalla Confindustria Emilia Romagna e dall’Unione Parmense
degli Industriali. L’intervento in oggetto copre l’arco temporale 2002/2004.
Paese e località d’intervento
Repubblica Moldova.
Beneficiari
50 cittadini moldovi intenzionati a trasferirsi in Italia per motivi di lavoro e, indirettamente, le
imprese parmensi operanti nel settore delle costruzioni disponibili ad un loro coinvolgimento
nel progetto.
4
La presente scheda progetto è stata compilata grazie alle informazioni fornite da Maurizio Fanzini - Ente
Scuola Edile di Parma.
125
Obiettivi
Il progetto si propone di formare professionalmente lavoratori stranieri, interessati a trasferirsi
in Italia e a trovarvi un impiego stabile nel settore edile, operando a favore del
raggiungimento di competenze medio alte, così da rispondere ai fabbisogni occupazionali e
formativi espressi dal mercato del lavoro con particolare riguardo al comparto delle
costruzioni.
Filosofia dell’intervento
Il personale che opera nel settore edile è costantemente interessato da un forte turnover. Molte
maestranze con basso livello di istruzione e professionalità iniziano a lavorare come
manovali; la facilità d’ingresso, visto il forte fabbisogno, è elevata, ma soltanto una
minoranza si ferma trovando stimoli ed opportunità per crescere professionalmente.
Oggi esiste una mancanza di maestranze in grado di svolgere mansioni realmente qualificate,
sia per quanto concerne lavori specializzati che per la gestione di squadre e cantieri. Il
problema è quindi sintetizzabile in un generale bisogno di fidelizzazione al settore di
operatori e maestranze che possano diventare nel tempo sempre più affidabili per le imprese
intenzionate a mantenere significativi standard di qualità del loro prodotto ed un pieno
coordinamento delle attività dei subappaltatori.
La formazione di coordinatori operativi a partire da figure con preparazione tecnica (in
particolare i diplomati) sembra non riuscire a colmare completamente la necessità di capi
cantiere operai e comunque non risolve l’esigenza di disporre di un’élite di lavoratori anche
autonomi con un mix di competenze esecutive, di guida, controllo e addestramento di
manovali e qualificati.
In tale situazione è peraltro fondamentale ripensare alle azioni di orientamento e reclutamento
in considerazione del fatto che i normali canali di riferimento attraversano oggi una fase assai
critica e che a maggior ragione un loro rinnovamento e potenziamento appare determinante,
sia per avvicinare una base di lavoratori più ampia e selezionata dell’attuale che per proporre
percorsi davvero professionalizzanti.
126
Attività
•
Orientamento, reperimento e selezione
Si tratta dell’azione più delicata di tutto l’intervento. Con essa s’intende orientare e
motivare delle persone ad inserirsi in un percorso di lavoro e formazione che ne accresca
le capacità tecnico professionali e che offra varie possibilità di uscita a secondo delle
aspettative individuali.
L’azione di orientamento si rivolge a soggetti di età compresa indicativamente tra i 20 e i
35 anni e consiste nell’utilizzo di filmati e pubblicazioni in lingua madre dai quali si
possano individuare gli aspetti di carriera delle varie figure professionali che operano nel
settore delle costruzioni. Unitamente alla proiezione di tale materiale, a gruppi piccoli di
persone, è prevista anche la distribuzione delle pubblicazioni e dei moduli di richiesta di
partecipazione alla selezione di ammissione.
Le prove di selezione sono due: una mediante la somministrazione di un test sociomotivazionale e di conoscenza generale ed una di colloquio con ogni singolo candidato
alla presenza di un tecnico e di un esperto in selezione del personale sempre coadiuvati da
un interprete esperto. La scelta è tra i primi 80 della graduatoria.
•
Percorso di formazione nel Paese di origine
Formazione linguistica
La barriera linguistica, ossia il fatto che le persone oggetto della proposta non conoscano
la lingua del Paese ospitante, è sicuramente il primo nodo da sciogliere; è evidente che la
formazione, ogni tipo di formazione, non può realizzarsi senza il tramite della lingua.
Occorre inoltre sottolineare quanto nel lavoro di squadra del cantiere edile gli aspetti della
comunicazione verbale assumano una rilevanza particolare, resa ancor più complicata
dalla presenza del gergo e dei vari stili individuali con i quali possono essere impartiti gli
ordini.
Il percorso formativo deve quindi tenere conto dei problemi legati alla distanza strutturale
delle lingue e delle culture, perché la comprensione di un testo non implica solamente
competenze linguistiche, ma presuppone anche il possesso di quei contenuti minimi in
grado di dare un significato al testo stesso.
127
Di conseguenza, l’ipotesi prospettata è quella di un’iniziativa formativa che alla
comprensione linguistica aggiunga conoscenze tecniche specifiche del settore delle
costruzioni.
Il modulo formativo proposto, da realizzare nel Paese d’origine, ha una durata di 160 ore
complessive, da svolgersi in cinque mesi. Le ore sono ripartite tra insegnamento della
lingua italiana e terminologie tecniche specifiche legate al settore delle costruzioni, al fine
di facilitare il primo inserimento lavorativo in Italia.
Si prevede un massimo di 25/27 persone per aula con la presenza di un docente e
alternativamente o in contemporanea di un tecnico esperto di settore delle costruzioni.
Il progetto mira alla realizzazione di tre corsi per un totale di 80 persone con un 40 % di
co-docenza (per la presenza del tecnico unitamente a quella del docente di italiano). E’
inoltre previsto un breve corso di formazione formatori della durata di 32 ore per il
raggiungimento di uniformità della docenza nelle diverse aule con un coordinatore
didattico che ne garantisca lo svolgimento e i risultati.
•
Formazione tecnico-professionale di primo ingresso (320 ore di modulo formativo, da
svolgere in circa 5 mesi)
Il modulo formativo di primo ingresso è inteso come approccio al lavoro di operaio edile e
permette di far prendere coscienza ai partecipanti del livello organizzativo delle imprese
del settore, dei ruoli e dei compiti, nel rispetto delle normative e della contrattazione
collettiva.
Esso affronta tematiche generali e specifiche del settore edile con un ordine che potrebbe
essere sintetizzato come segue:
modulo iniziale di recupero delle abilità di base con aggancio al modulo linguistico;
modulo di acquisizione di abilità professionali di base per garantire un primo
inserimento al livello più basso;
modulo di cognizioni trasversali atte a garantire un miglior inserimento in un
programma formativo di medio termine.
La formazione professionale non è altro che la valorizzazione delle capacità e delle
caratteristiche individuali: da qui nasce la necessità di affiancare all’insegnamento delle
materie specifiche professionalizzanti interventi educativo-culturali per portare i corsisti
ad un livello tale da riuscire a problematizzare la realtà in cui vivono e per offrire loro la
possibilità di un progresso professionale e lavorativo.
128
Il percorso formativo individuato si articola in una serie di competenze di base specifiche
e trasversali che vengono certificate agli utenti e che possono essere poi spendibili nel
quadro di percorsi di formazione continua e permanente.
L’articolazione del modulo si basa su una parte teorica, d’aula, ed una parte pratica, di
laboratorio e cantiere/scuola, ispirandosi ad una metodologia di apprendimento diretto e
partecipativo.
I temi oggetto di trattazione sono i seguenti:
- conoscere le macchine da cantiere
- lavorare in condizioni di sicurezza
- materiali da costruzione
- assistenza agli impiantisti
- opere provvisionali
- realizzare muri e pareti
- realizzare intonaci
Le modalità di svolgimento del corso coincidono con un approccio intensivo (a tempo
pieno), al fine di velocizzare i tempi ed inserire i partecipanti nelle imprese il prima
possibile.
•
Trasferimento ed accoglienza
Il progetto prevede il trasferimento in Italia di 50 persone tra coloro che hanno frequentato
il modulo linguistico come prima tranche sperimentale dell’iniziativa.
E’ oggetto di quest’ultima: il trasferimento aereo delle persone dal loro Paese all’Italia, il
trasferimento dall’aeroporto alla città di accoglienza e la loro sistemazione in casa albergo
costituita da monolocali con servizio ed angolo cottura (trattasi di strutture di accoglienza
per studenti universitari).
L’accoglienza per la prima fase è considerata in 90 giorni, che corrispondono alla durata
del modulo formativo di primo ingresso con l’aggiunta dei primi 30 giorni di lavoro, in
quanto lo stipendio inizia ad essere percepito al termine del primo mese effettivamente
lavorato. Per tale periodo sono dunque previsti il mantenimento delle persone presso il
centro di accoglienza ed i vari trasferimenti al centro di formazione.
129
•
Inserimento lavorativo e formazione continua permanente personalizzata (34 mesi)
Al termine della formazione di ingresso si prevede l’assunzione dei partecipanti, come
operai di primo livello, presso le imprese della provincia aderenti all’iniziativa. Da qui,
cominciando a percepire uno stipendio regolare, i costi di gestione alloggi e vitto
diventano a completo carico dei partecipanti, ma sotto la gestione dell’Ente promotore
incaricato di garantirne funzionalità ed equità.
Per questo periodo è previsto un percorso di formazione modulare per il raggiungimento,
da parte dei corsisti, delle competenze professionali assimilabili alla specializzazione
contrattuale dell’edilizia.
Il progetto è suddiviso in tre annualità: la prima, oltre al modulo d’ingresso, include un
modulo di approfondimento tematico assimilabile alla qualifica del contratto; la seconda
prevede un modulo di perfezionamento assimilabile alla specializzazione contrattuale;
mentre per il terzo anno è previsto un modulo di approfondimento tematico.
Composizione della partnership ed aspetti organizzativi
Partners del progetto sono: il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’Agenzia
Nazionale per l’Emigrazione e l’Associazione dei Comuni della Repubblica Moldova,
l’Assessorato
alla
formazione
professionale
della
Regione
Emilia
Romagna,
l’Amministrazione provinciale di Parma, l’ANCE nazionale, l’Ente Scuola Edile di Parma, la
Confindustria Emilia Romagna e l’Unione Parmense degli Industriali.
Risultati attesi
Formare lavoratori extracomunitari qualificati e specializzati, rendendoli così in grado di
inserirsi positivamente all’interno delle imprese edili parmensi e nel contesto sociale
d’accoglienza, con indubbi vantaggi sia per i beneficiari diretti che per quelli indiretti
dell’intervento.
Costo e fonti di finanziamento
Informazione non disponibile.
Attuale stato di avanzamento del progetto ed esperienza aggiuntiva maturata
Nel dicembre 2001 è stato siglato un Accordo di programma tra l’Agenzia Nazionale per
l’Emigrazione Moldova e l’Ente Scuola Edile di Parma in materia di collaborazione per la
130
ricerca, la formazione professionale e l’avviamento al lavoro di cittadini moldovi in Italia. A
ciò ha fatto seguito un Protocollo d’intesa per la sperimentazione di cooperazione in materia
di lavoro occupazione e formazione professionale nel settore edile, sottoscritto, nel marzo
2001, dal Ministero del lavoro e dall’Associazione dei Comuni della Repubblica di Moldova,
dall’Assessorato
alla
formazione
professionale
della
Regione
Emilia
Romagna,
dall’Amministrazione provinciale di Parma, dall’ANCE nazionale, dalla Confindustria Emilia
Romagna e dall’Unione Parmense degli Industriali.
Nel gennaio 2002 è stato pubblicato il Bando di ammissione alla selezione per la frequenza
di un corso di formazione professionale tecnico-linguistica per il settore edile. La selezione
dei candidati, svoltasi tramite test e colloqui, ha avuto luogo in febbraio: a fronte di 150
domande ammissibili, i candidati ammessi sono stati 80.
Il corso è iniziato nel marzo 2002 ed ha avuto una durata di 480 ore complessive, di cui 160 di
lingua italiana, 160 di tecnologia e 160 di pratica per il settore delle costruzioni. In luglio si
sono tenuti gli esami di fine corso, seguiti dal rilascio di attestati di frequenza e dalla
predisposizione di una graduatoria di merito per il possibile inserimento dei corsisti in aziende
edili di Parma
Contemporaneamente è stato siglato un Accordo tra Italia e Repubblica di Moldavia per la
gestione dei flussi migratori.
Nel gennaio 2003 sono state presentate, alla Direzione Provinciale del Lavoro di Parma, 68
richieste di imprese edili parmensi per l’autorizzazione all’assunzione di altrettanti cittadini
moldovi che avessero seguito l’attività della Scuola Edile di Parma, con specifico riferimento
al Decreto flussi relativo all’anno 2002.
In febbraio la Direzione Provinciale del Lavoro e la Questura di Parma hanno rilasciato 41
autorizzazioni per l’ingresso di cittadini moldovi da avviare in assunzione alle ditte che ne
avevano fatto richiesta (il numero di autorizzazioni rilasciato è stato il massimo possibile
previsto direttamente dal Decreto Ministeriale stesso).
Nel marzo 2003 si è determinato il reperimento degli alloggi sul territorio provinciale in
relazione ai luoghi di occupazione, con copertura a garanzia nei confronti dei proprietari da
parte della Scuola Edile di Parma. Nei contratti di affitto, stipulati dalle aziende aderenti al
progetto, è stato previsto di addebitare ai lavoratori stessi una quota onnicomprensiva non
superiore a 180 € mensili. I requisiti degli alloggi sono risultati conformi ai criteri fissati dalle
leggi per l’edilizia residenziale pubblica.
131
Nello stesso mese è giunta a Parma la prima tranche di beneficiari (di comune accordo con la
Questura parmense, sono stati suddivisi in tre gruppi per agevolare le ultime procedure ai fini
del rilascio del permesso di soggiorno. L’arrivo dell’ultima tranche si è avuto in aprile).
Nel settembre 2003 c’è stata la presentazione, alla Direzione Provinciale del Lavoro di Parma,
delle richieste per l’autorizzazione all’assunzione dei restanti 27 beneficiari dell’intervento.
Ne sono stati autorizzati 12, arrivati a Parma nel Febbraio 2004.
A favore dei primi 68 soggetti della graduatoria stilata è stata fatta l’offerta di assunzione per
12 mesi da parte di imprese edili parmensi che hanno garantito per loro, sottoscrivendo, come
già accennato, un documento inerente l’alloggio. Ad oggi, giugno 2004, 53 sono i soggetti
occupati presso le imprese suddette.
5.6 Emilia Romagna – progetto “Grandi Opere”5
Programma entro cui si inserisce e periodo di realizzazione
Il progetto “Grandi Opere” si inserisce nell’ambito del Programma previsto ai sensi dell’art.
19 della legge 189/2002 per la formazione di lavoratori extracomunitari da inserire nel settore
delle costruzioni di grandi opere pubbliche in Italia e si propone di coprire l’arco temporale
2004/2006.
Paese e località d’intervento
La ricerca dei Paesi nei quali realizzare il progetto “Grandi Opere” ha avuto i seguenti
parametri di riferimento:
•
Paesi nei quali già esistano professionalità assimilabili a quelle che necessitano alle
imprese italiane, con particolare preferenza per quelli che presentino o che abbiano avuto
imprese impegnate nella realizzazione di grandi opere all’estero, ovvero caratterizzate da
maestranze specializzate con esperienze di lavoro all’estero;
•
Paesi in procinto di entrare nell’Unione Europea;
•
Paesi con i quali l’Italia abbia stipulato Accordi o Convenzioni;
•
casi di particolare rilievo, come l’Argentina.
5
La presente scheda progetto è stata compilata sulla base delle informazioni fornite da Sergio D’Alesio (Agenzia
Emilia Romagna Lavoro).
132
A seguito di tale ricerca, i Paesi che al momento possono essere indicati come interessanti per
questo progetto sono: Romania, Polonia, Slovacchia, Serbia, Albania, Moldavia, Macedonia,
Tunisia, Marocco, Sry-Lanka ed Argentina.
Beneficiari
Immigrati extracomunitari intenzionati a trasferirsi in Italia per motivi di lavoro e,
indirettamente, le imprese emiliane operanti nel settore edile. La programmazione da
prevedere nei flussi annuali per gli ingressi dei lavoratori stranieri che saranno formati da
questo progetto nei prossimi tre anni è la seguente:
•
400 lavoratori per il 2004;
•
600 lavoratori per il 2005;
•
700 lavoratori per il 2006.
Tale programmazione potrà essere aggiornata a seconda dell’andamento del mercato del
lavoro e del fabbisogno del contesto d’accoglienza, nonché degli esiti del programma nei
Paesi extra UE.
Obiettivi
Il progetto si propone di formare lavoratori stranieri intenzionati a trasferirsi in Italia per
motivi di lavoro, onde favorirne l’ingresso e l’inserimento lavorativo nel nostro Paese. Si
intende, altresì, rispondere ai fabbisogni occupazionali e formativi espressi dal mercato del
lavoro locale nel settore dell’edilizia, con particolare riguardo al comparto della costruzione di
grandi opere infrastrutturali, dove si registrano notevoli difficoltà di reclutamento di
manodopera italiana qualificata e specializzata. Le figure professionali che saranno formate
sono le seguenti: carpentieri, ferraioli, operatori macchine movimento terra, palificatoritrivellatori, capi squadra e capi cantiere.
Filosofia dell’intervento ed attività
Ai sensi dell’art. 23 del testo unico, d.lgs. 286/1998, così come modificato dall’art. 19 della L.
189/2002, si propongono le azioni seguenti:
•
preselezione, a carico dei proponenti e da effettuare presso i Paesi d’origine dei lavoratori,
tenendo conto dei fabbisogni delle imprese edili italiane impegnate nella realizzazione di
grandi opere infrastrutturali. Il lavoro di selezione sarà rivolto a figure già qualificate
133
nell’ambito dell’industria delle costruzioni e possibilmente con precedenti in attività di
realizzazione di grandi opere, anche fuori dai confini nazionali dei Paesi d’origine;
•
introduzione alla lingua italiana, consistente in un percorso formativo da realizzarsi nel
Paese di provenienza dei lavoratori in collaborazione con le sedi locali della Società Dante
Alighieri, della durata compresa fra le 20 e le 40 ore;
•
orientamento, consistente in un intervento da realizzarsi nel Paese d’origine, della durata
complessiva di 20 ore, con l’obiettivo di fornire elementi di educazione civica, di
contrattualistica e di normativa del lavoro, dei diritti e doveri del lavoratore, oltre che
comportamentali e motivazionali. Durante questa fase potrà essere operata un’ulteriore
selezione fra i candidati;
•
formazione, da realizzarsi in Italia in 3 moduli di 32 ore ciascuno. Il primo sarà finalizzato
al trasferimento di competenze relative alla prevenzione e sicurezza, compresi i corsi
previsti dalla L. 626/1994. Il secondo riguarderà la qualità, l’organizzazione del lavoro e
specifiche tecniche operative relative alle lavorazioni. Questi primi 2 moduli saranno
svolti all’arrivo del lavoratore in Italia, mentre il terzo modulo di formazione permanente
ed ulteriore specializzazione si svolgerà durante il primo anno di lavoro.
Composizione della partnership ed aspetti organizzativi
I progetti formativi saranno realizzati sulla base di accordi che coinvolgeranno la Società
Dante Alighieri, Obiettivo Lavoro Formazione, Efeso ed il Consorzio Regionale Scuole Edili
dell’Emilia Romagna. In questa ipotesi, la Società Dante Alighieri assieme ad Obiettivo
Lavoro Formazione ed Efeso seguiranno la parte di insegnamento della lingua italiana e di
orientamento nei Paesi d’origine, mentre Obiettivo Formazione Lavoro, ancora, e le Scuole
Edili dell’Emilia Romagna realizzeranno la formazione prevista in Italia.
Risultati attesi
Il progetto dovrà formare lavoratori extracomunitari qualificati e specializzati in grado di
inserirsi positivamente all’interno delle imprese emiliane operanti nel settore edile, con
indubbi vantaggi per i beneficiari sia diretti che indiretti dell’intervento.
134
Costo e fonti di finanziamento
Gli interventi formativi nei Paesi d’origine saranno finanziati da Obiettivo Lavoro
Formazione con fondi FORMTEMP, mentre la formazione in Italia sarà realizzata dalle
Scuole Edili attingendo a fondi regionali.
Attuale stato di avanzamento del progetto ed esperienza aggiuntiva maturata
La proposta progettuale in oggetto è stata presentata ufficialmente al Ministero del Lavoro e
delle Politiche Sociali. Nonostante il parere positivo che sembra aver ricevuto, al momento
essa si trova ancora in sede di approvazione.
Ad ogni modo, una prima sperimentazione del progetto è già partita dalla Romania. A
novembre 2003 sono stati settantacinque i lavoratori romeni giunti in Italia con la prima
sperimentazione di questo progetto. Sessantuno sono stati inseriti presso Rodano Consortile,
la Società costituita tra CMC Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna, Snam Progetti e
Aquater per realizzare la linea ferroviaria veloce Milano-Bologna in Provincia di Reggio
Emilia, e 14 sono presso la Cooperativa di costruzioni di Modena, impegnati nei cantieri per
la costruzione del raddoppio della linea ferroviaria Bologna-Verona. Questi lavoratori sono
stati selezionati in Romania ed è stato loro rilasciato il permesso di soggiorno per lavoro
subordinato sulle quote del DPCM. del 6 giugno 2003. All'arrivo in Italia, a gruppi di venti,
hanno seguito un corso di 40 ore di lingua italiana organizzato da Obiettivo Lavoro
Formazione ed un corso sulla normativa relativa alla sicurezza, di orientamento e di
specificità tecniche sulle lavorazioni alle quali sarebbero stati adibiti, realizzato in
collaborazione con le Scuole Edili delle province di Reggio Emilia e di Modena. Solo al
termine della formazione sono stati avviati al lavoro.
5.7 Toscana – Progetto “Edil Futuro”6
Programma entro cui si inserisce e periodo di realizzazione
Il progetto integrato “Edil Futuro” si inserisce nell’ambito dell’Intesa di collaborazione
sottoscritta dalla Regione Toscana e dalla Regione di Rabat-Sale-Zemmour-Zaer in data 17
dicembre 2003 e si propone di coprire l’arco temporale compreso tra maggio 2004 e dicembre
2006.
6
La presente scheda progetto è stata compilata grazie alle informazioni fornite da Massimo Baldi (Dipartimento
della Presidenza Servizio Attività Internazionali della Regione Toscana) e Mario Bertoli (Direttore dell’Ente
Scuola Edile di Livorno).
135
Paese e località d’intervento
Marocco, Regione di Rabat-Sale-Zemmour-Zaer e Regione Toscana, Province di Livorno,
Lucca e Siena. Si sta valutando, inoltre, la possibilità di estendere l’intervento anche alla
Provincia di Marrakesh che, pur appartenendo ad una Regione diversa da quella di RabatSale-Zemmour-Zaer e quindi esclusa dall’Intesa suddetta, ha già sottoscritto un Accordo di
collaborazione con la Provincia di Lucca.
Beneficiari
60/80 immigrati extracomunitari. Beneficeranno indirettamente del progetto le imprese che si
renderanno disponibili ad un loro coinvolgimento nello stesso.
Obiettivi
Il progetto integrato “Edil Futuro” si propone di coniugare le esigenze del settore edile
toscano e la risorsa costituita dal lavoro extracomunitario, mettendo in relazione elementi
diversi e concorrenti come la formazione professionale, l’orientamento e l’accompagnamento,
nonché la realizzazione di un sistema di servizi idonei a favorire un inserimento lavorativo ed
un’integrazione sociale in proficua sinergia con i diversi attori dello sviluppo territoriale.
Filosofia dell’intervento
Il progetto si propone di rispondere alle esigenze espresse dalle imprese edili toscane, che non
riescono a soddisfare i loro fabbisogni occupazionali e formativi attingendo unicamente alla
manodopera locale, creando al contempo le basi per l’instaurarsi di proficui rapporti di
cooperazione al fine di sviluppare la formazione ed il mercato del lavoro di entrambe le aree
mediterranee, oltre che rafforzare i legami sociali e culturali esistenti fra le rispettive
popolazioni.
Attività
Le attività previste sono le seguenti:
•
il censimento delle necessità di manodopera e dei fabbisogni formativi espressi dalle
imprese del settore edile operanti nelle Province di Livorno, Lucca e Siena;
136
•
la selezione dei soggetti da formare;
•
la formazione. A questo proposito occorre precisare che il progetto si incentra sulla
formazione in loco di 60/80 operatori, capi-cantiere, operai specializzati, ecc. e
successivamente, in costanza di regolare rapporto di lavoro con imprese toscane
aderenti alle Scuole Edili di Livorno, Lucca e Siena, su un percorso formativo da
realizzare in Italia con l’obiettivo di facilitare l’inclusione della manodopera
immigrata nel settore delle costruzioni e nella vita sociale dei tre territori provinciali. I
progetti di formazione professionale e di orientamento si svolgeranno dunque sia in
Marocco, nei centri di formazione professionale di Rabat, che in Toscana, con stages
presso imprese appositamente selezionate, e riguarderanno, oltre ai temi specifici per
la formazione professionale, anche la conoscenza della lingua italiana e della
normativa sulla sicurezza e sul lavoro;
•
l’attivazione di apposite convenzioni tra Enti pubblici, Enti edili e singole imprese per
la messa a disposizione di alloggi al fine di garantire un’adeguata sistemazione
abitativa agli immigrati.
Composizione della partnership ed aspetti organizzativi
Partners del progetto sono: la Regione Toscana, le Province di Livorno, Lucca e Siena e
rispettive Scuole Edili, la Regione di Rabat-Sale-Zemmour-Zaer e rispettivi Enti strumentali,
l’Office de la Formation Professionnelle et de la Promotion du Travail (O.F.P.P.T.), la
Chambre du Métier della Regione di Rabat-Sale-Zemmour-Zaer, la Camera di Commercio
della Regione Toscana, l’Ambasciata italiana in Marocco e l’Ambasciata marocchina in Italia.
C’è inoltre l’intenzione di allargare la partnerhip anche ad altri soggetti, in particolare ad altre
scuole edili, al fine di creare una rete che consenta il pieno utilizzo delle risorse umane su cui
si è investito, così da superare positivamente le difficoltà di carattere congiunturale proprie di
un settore produttivo inevitabilmente caratterizzato da un’accentuata ciclicità.
Risultati attesi
Il progetto dovrà contribuire al rafforzamento dei legami sociali e culturali esistenti fra le due
collettività del Mediterraneo, preparando manodopera qualificata in grado di inserirsi
positivamente nel settore delle costruzioni, con indubbi vantaggi per i beneficiari sia diretti
che indiretti dell’intervento.
137
Costo e fonti di finanziamento
L’attuale costo dell’intervento è valutato sui 35.000 Euro. La Regione Toscana e quella di
Rabat-Sale-Zemmour-Zaer si sono impegnate a ricercare insieme, presso l’Unione Europea ed
altri Enti finanziatori (Ministeri italiani e marocchini, Organismi Internazionali) i fondi
necessari al rafforzamento del loro programma di cooperazione. Al momento, una buona parte
del finanziamento è stata messa a disposizione dalla Regione Toscana e dalle singole Scuole
Edili. Si sta riscontrando inoltre una buona disponibilità da parte delle amministrazioni
provinciali toscane e da parte della Regione di Rabat. Il Fondo Sociale Europeo non finanzia
il tipo di attività in oggetto; tuttavia, si sta operando per verificare la possibilità di attingere ad
altri tipi di finanziamenti europei (Programma MEDA).
Attuale stato di avanzamento del progetto ed esperienza aggiuntiva maturata
Al momento, è in fase di preparazione la proposta operativa che dovrà essere siglata dalle
strutture che si faranno carico della gestione dell’intervento. In tal modo, all’Intesa di
cooperazione sottoscritta dalle Autorità italiane e marocchine sul piano politico, si aggiungerà
un Patto operativo funzionale all’esecuzione materiale del progetto.
138
6. INDICAZIONI PER UN POSSIBILE PERCORSO PROGETTUALE
6.1 Introduzione
Come capitolo conclusivo della ricerca, si è ritenuto utile fornire alcune indicazioni per la
concreta progettazione di interventi formativi per gli immigrati nei paesi d’origine, conformi
alle previsioni dell’art. 19 della legge Bossi-Fini. Oltre alla lettura della nuova normativa,
all’analisi di alcuni progetti messi in campo nella nostra regione e ai suggerimenti tratti dalle
interviste ai testimoni privilegiati, si sono rivelate di grande utilità le esperienze individuate a
livello nazionale, descritte nel capitolo precedente, che costituiscono, come vedremo, la
“fonte” principale per le considerazioni che seguono.
L’intento è quello di fornire uno stimolo che possa fungere da “punto di partenza” per tutti
coloro che siano interessati ad operare in vista dell’attivazione di percorsi d’istruzione e
formazione professionale nei paesi d’origine degli immigrati.
Nell’Allegato 4, a fine capitolo, sono state schematizzate le azioni costitutive di una possibile
proposta, che costituisce uno traccia in vista della formulazione di un vero e proprio
documento progettuale. Quest’ultimo, in particolare, dovrà necessariamente tenere conto del
Regolamento attuativo della Bossi-Fini e di ogni altra indicazione fornita dai Ministeri
competenti (Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca).
6.2 L’individuazione dei Paesi stranieri e la costituzione della partnership
La costituzione di una partnership estesa e composita assume una indubbia rilevanza per
l’attivazione di interventi di istruzione e formazione per immigrati nei Paesi d’origine. Tali
interventi, infatti, sono alquanto articolati e complessi da predisporre e realizzare, soprattutto
se concepiti nell’ottica di un approccio multidimensionale, che, oltre ad operare in favore di
un inserimento lavorativo mirato degli stranieri non comunitari nel mercato del lavoro
regionale, si proponga anche di promuovere una crescente integrazione sociale degli stessi nel
contesto d’accoglienza.
Da qui l’importanza di coinvolgere un’ampia gamma di soggetti, sia pubblici che privati
(istituzioni e rispettivi enti strumentali, servizi per l’impiego, associazioni datoriali e dei
lavoratori, enti di formazione professionale, soggetti del privato sociale, ecc.) operanti in
139
diversi ambiti e disposti a collaborare sinergicamente, in modo integrato e concertato, nel
quadro di una partnership le cui potenzialità dipenderebbero in larga misura proprio
dall’eterogeneità e, al tempo stesso, dalla coesione dei suoi componenti.
Data la valenza extranazionale di questi interventi, è ovviamente di estrema importanza la
scelta e il coinvolgimento diretto dei Paesi stranieri con i quali si intende cooperare. Dalle
diverse esperienze rilevate a livello nazionale si è visto come l’individuazione di tali Paesi
risponda necessariamente ad alcuni parametri di riferimento predefiniti: lavorativi, culturali,
strategici, geopolitici, ecc.
Così, ad esempio, nella proposta progettuale “Grandi Opere” (Emilia Romagna)1, è
specificato chiaramente che:
La ricerca dei Paesi nei quali realizzare l’intervento ha avuto alcuni parametri di riferimento:
• paesi nei quali esistano già professionalità assimilabili a quelle che necessitano alle imprese
italiane, con particolare preferenza per quelli che presentino o che abbiano avuto imprese
impegnate nella realizzazione di grandi opere all’estero, ovvero caratterizzate da maestranze
specializzate con esperienze di lavoro all’estero;
• paesi in procinto di entrare nell’Unione Europea;
• paesi con i quali l’Italia abbia stipulato Accordi o Convenzioni;
• casi di particolare rilievo, come l’Argentina.
A seguito di tale ricerca, i Paesi che al momento possono essere indicati come interessanti per
questo progetto sono: Romania, Polonia, Slovacchia, Serbia, Albania, Moldavia, Macedonia,
Tunisia, Marocco, Sry-Lanka ed Argentina.
Analogamente, nel progetto “Safe Integration” (Piemonte), si sottolinea che:
Gli ambiti extranazionali d’intervento sono stati definiti in congruenza con le attività dei singoli
partners, selezionando i bacini d’immigrazione ritenuti culturalmente più coerenti alle abilità
richieste: per il tessile l’area dell’Est Europa e per l’agroindustria le aree del Maghreb e del Sud
America.
All’individuazione delle aree di opportunità ed alla presa di contatti e accordi con le rispettive
controparti locali da includere nella partnership, segue la necessaria formalizzazione del
sistema di relazioni e scambi, da effettuarsi attraverso la predisposizione e la conseguente
1
Per ogni riferimento ai progetti citati, vedi i capitoli 3 e 5.
140
sottoscrizione di documenti (protocolli d’intesa, accordi di collaborazione, patti, convenzioni,
ecc.) che fissino contenuti condivisi, modalità d’intervento e di partecipazione.
A questo riguardo potrebbe essere interessante il richiamo all’esperienza toscana del Progetto
“Edil Futuro” (Toscana), la cui partnership (al momento così composta: Regione Toscana,
Province di Livorno, Lucca e Siena e rispettive Scuole Edili, Regione di Rabat-SaleZemmour-Zaer e rispettivi Enti strumentali, Office de la Formation Professionnelle et de la
Promotion du Travail, Chambre du Métier della Regione di Rabat-Sale-Zemmour-Zaer,
Camera di Commercio della Regione Toscana, Ambasciata italiana in Marocco e Ambasciata
marocchina in Italia) si trova ad operare nel quadro della seguente Intesa, sottoscritta a
Firenze il 17 dicembre 2003:
Intesa di collaborazione tra Regione Toscana e Regione di Rabat-Sale-Zemmour-Zaer
La Regione di Rabat - Sale - Zemmour - Zaer del Regno del Marocco, con sede presso la Place du
Golan a Rabat, rappresentata dal suo Presidente Abdelkébir Berkia e la Regione Toscana,
Repubblica Italiana, con sede a Firenze in via Cavour, 18 rappresentata dal suo Presidente pro
tempore Claudio Martini concordano di istituzionalizzare le loro relazioni e scambi e di creare un
quadro favorevole alla realizzazione della loro comune volontà di cooperazione con l'obiettivo di
sviluppare la formazione e il mercato del lavoro delle due Regioni oltre che rafforzare i legami
d'amicizia tra le rispettive popolazioni.
Premessa
• L'iniziativa della Regione Toscana, finalizzata a stabilire relazioni privilegiate di cooperazione
con la Regione di Rabat - Sale - Zemmour - Zaer, si è concretizzata attraverso l'azione delle
Province di Livorno, Lucca e Siena e delle rispettive Scuole Edili;
• nel corso dell’anno 2002 sono stati organizzati incontri informali tra Amministratori e Dirigenti,
Rappresentanti dell’O.F.P.P.T. (Office de la Formation Professionelle et de la Promotion du
Travail) e di Enti strumentali della Regione di Rabat - Sale - Zemmour - Zaer e Amministratori e
Dirigenti delle Province di Livorno Lucca e Siena e Rappresentanti delle Scuole Edili di Livorno
Lucca e Siena con l'obiettivo di identificare potenziali assi di collaborazione;
• vista la dichiarazione di Barcellona del 28 novembre 1995 quale fondamento per la cooperazione
Euro-mediterranea sottoscritta dal Marocco e dall'Italia - vista la parte IV di detta dichiarazione
che regola il partenariato nel campo sociale, culturale ed umano, precisando che Autorità locali e
regionali devono essere associate alla riuscita del partenariato Euro-Mediterraneo;
• visto il D.P.R 31 marzo 1994 e successive modifiche ed integrazioni;
141
• visto il Dahir N° 1.97.84 del 2 Aprile 1997 che pubblica la legge N° 47.96 relativa alla
organizzazione della Regione, adottata dalla Camera dei rappresentanti del Marocco il 27 marzo
1997;
• visto il quadro generale degli accordi bilaterali di cooperazione tra la Repubblica Italiana ed il
Regno del Marocco;
• vista la deliberazione del Consiglio Regionale di Rabat - Sale - Zemmour – Zaer del 29 maggio
2003 che autorizza la firma di un protocollo di cooperazione e di partenariato con la Regione
Toscana;
• vista la legge regionale della Toscana n. 17 del 1999 in materia di cooperazione internazionale.
Tutto ciò premesso si conviene:
Articolo 1
La Regione di Rabat - Sale - Zemmour - Zaer e la Regione Toscana concordano di elaborare e
proporre congiuntamente azioni di collaborazione in materia di formazione professionale sulla
base di un partenariato effettivo e nel rispetto degli impegni nazionali ed internazionali dei
rispettivi governi nonché delle disposizioni normative delle rispettive autorità competenti.
Le azioni di collaborazione in materia di formazione dovranno contribuire al rafforzamento dei
legami sociali e culturali esistenti tra le due collettività del Mediterraneo preparando mano d’opera
qualificata in grado di inserirsi positivamente nel settore delle costruzioni.
Articolo 2
La Regione di Rabat - Sale - Zemmour -Zaer e la Regione Toscana s'impegnano a favorire la
realizzazione di progetti di cooperazione, in materia di formazione professionale, formazione
continua e apprendistato. Tali azioni saranno realizzate tramite le Scuole edili di Livorno, Lucca e
Siena che, in particolare, predisporranno una analisi dei fabbisogni quantitativi e qualitativi in
modo da proporre alle due Regioni le opportunità occupazionali nel settore delle costruzioni nelle
citate realtà territoriali.
Articolo 3
Le due Regioni s'impegnano a ricercare insieme presso l'Unione Europea ed altri Enti finanziatori
(Ministeri italiani e marocchini, Organismi Internazionali) i fondi necessari al rafforzamento del
loro programma di cooperazione.
A tal fine le due Regioni si impegnano a sottoporre ai rispettivi Governi le iniziative concordate
affinché possano essere inserite come prioritarie all'interno delle programmazioni nazionali.
Le due parti individueranno un rappresentante ciascuno per seguire le attività previste dalla
presente intesa.
142
Articolo 4
La presente intesa di collaborazione ha la durata di due anni e sarà riconfermata per tacito assenso.
Ciascuna delle due parti può in qualunque momento interromperla previa comunicazione scritta
con un preavviso di tre mesi.
Articolo 5
La presente intesa di collaborazione entrerà in vigore successivamente alla firma dei Presidenti
delle due Regioni ed alla eventuale convalida delle autorità ed organismi competenti italiani, e
dopo la convalida da parte dell’autorità di tutela marocchina.
Articolo 6
La presente intesa è redatta in quattro esemplari originali in lingua francese ed in lingua italiana.
Sempre con riferimento al Progetto “Edil Futuro”, è ora in fase di preparazione una proposta
operativa che dovrà essere sottoscritta dai soggetti che si faranno carico della gestione diretta
dell’intervento. In questo modo, all’Intesa di cooperazione siglata dalle autorità italiane e
marocchine sul piano politico-istituzionale, si accompagnerà un Patto operativo funzionale
all’esecuzione materiale del progetto.
Altra interessante esperienza è quella del “Progetto per il reperimento e la formazione di
manodopera extracomunitaria per il settore delle costruzioni della Provincia di Parma”
(Emilia-Romagna), che s’inserisce nell’ambito di un Accordo di programma in materia di
collaborazione per la ricerca, la formazione professionale e l’avviamento di cittadini moldovi
in Italia sottoscritto nel dicembre 2001 dall’Agenzia Nazionale per l’emigrazione moldova e
dall’Ente Scuola Edile di Parma. A ciò ha fatto seguito un Protocollo d’intesa per la
sperimentazione di una cooperazione in materia di lavoro, occupazione e formazione
professionale nel settore edile, siglato nel marzo 2001 dal Ministero del lavoro e
dall’Associazione dei Comuni della Repubblica Moldova, dall’Assessorato alla formazione
professionale della Regione Emilia Romagna, dall’Amministrazione provinciale di Parma,
dall’ANCE nazionale, dalla Confindustria Emilia-Romagna e dall’Unione Parmense degli
Industriali. Infine, è stato siglato, nel luglio 2002, un Accordo internazionale fra Italia e
Repubblica Moldova per la gestione dei flussi migratori.
143
6.3 L’identificazione dei fabbisogni occupazionali locali e delle imprese disponibili
Una corretta identificazione dei reali fabbisogni occupazionali e formativi del mercato del
lavoro locale, con riferimento alla domanda di lavoro straniera, costituisce un presupposto
imprescindibile per la predisposizione e l’attivazione di specifici percorsi di formazione
calibrati sulle reali esigenze delle imprese, agevolando al contempo un qualificato inserimento
lavorativo all’interno delle stesse.
Nell’ambito del Progetto “Safe Integration” è stata effettuata un’analisi di settore attraverso la
realizzazione di un’indagine condotta su circa 10.000 aziende operanti nella filiera del tessile
e dell’agro-alimentare, rispettivamente nelle Province di Biella e di Asti, allo scopo di
individuare i principali fattori di criticità relativi all’inserimento di lavoratori non comunitari.
Dopodichè, sono state selezionate le aziende dichiaratesi disponibili ad un loro
coinvolgimento diretto nel progetto, 300 circa, e su di esse è stato realizzato uno screening
più approfondito, focalizzato sulla rilevazione dei reali fabbisogni espressi in relazione
all’impiego di manodopera straniera. Gli esiti complessivi dell’indagine, condotta dal
Consorzio Euroqualità s.c.r.l. in collaborazione con la Federpiemonte, la Confartigianato
regionale, l’Istituto Texilia e le Province di Asti e di Biella, sembrerebbero aver acquisito una
valenza scientifica la cui fruibilità si proietta ben oltre il caso particolare dell’intervento in
questione.
Un’analoga fase di ricerca e di raccolta dati si rinviene anche nel Progetto “Rete per
l’adozione professionale degli immigrati”, tuttora in itinere all’interno del contesto regionale
umbro. In questo caso, l’indagine, mirata essenzialmente all’analisi dei fabbisogni di specifici
profili professionali, è stata svolta su un campione di 202 unità, individuate casualmente fra le
763 piccole e medie imprese aderenti alla CONFAPI (partner di progetto). L’ambito di
rilevazione è stata l’intera regione, secondo criteri di stratificazione del campione sulla base
delle macrozone d’insediamento delle imprese associate. L’indagine, attraverso l’utilizzo di
questionari strutturati, ha permesso di rilevare la localizzazione e le attività delle piccole e
medie imprese, l’assetto organizzativo, la tipologia dei profili al momento occupati, i
macchinari e gli strumenti utilizzati, gli investimenti in atto, i processi di esternalizzazione, i
fabbisogni (profili ad alta domanda occupazionale), l’assunzione di personale negli ultimi
anni e le previsioni future, i sistemi di formazione e/o riqualificazione degli addetti e
l’adesione al progetto per l’inserimento lavorativo di immigrati. I rilevatori impiegati sono
stati esclusivamente soggetti dipendenti e/o collaboratori CONFAPI, opportunamente
144
addestrati, con il triplice obiettivo di coinvolgere le imprese associate, agevolare la fase di
contatto per la compilazione dei questionari e, soprattutto, favorire l’adesione delle imprese
stesse al progetto.
Un’alternativa indubbiamente interessante, infine, è quella che si rinviene nell’esperienza del
Progetto “Sviluppo Formazione e Lavoro dei migranti” (Veneto), che prevede una specifica
fase di raccolta della domanda di lavoro a carico dell’Agenzia regionale Veneto Lavoro,
anche per il tramite delle associazioni datoriali rappresentate nella Commissione di
Concertazione fra le Parti Sociali. Ciascuna associazione interessata a partecipare al
programma di raccolta della domanda di lavoro è tenuta a farne richiesta, entro i termini
stabiliti, all’Agenzia Veneto Lavoro, utilizzando un apposito modulo ed allegando tutta la
documentazione indicata. Gli organismi ritenuti idonei saranno quindi accreditati ad inserire
la domanda di lavoro in una banca dati, istituita al fine di gestire le fasi di raccolta della
domanda ed offerta di lavoro e dell’abbinamento datore di lavoro - lavoratore.
La
segnalazione della domanda di lavoro da parte delle associazioni datoriali accreditate sarà
dunque effettuata registrando la richiesta di lavoratori nella banca dati di cui si è appena detto.
6.4 L’identificazione dei beneficiari diretti e la realizzazione dei percorsi formativi
all’estero
L’attivazione di percorsi di formazione professionale nei paesi d’origine prevede,
naturalmente, la preselezione dei potenziali beneficiari in loco, effettuata dal soggetto o dai
soggetti incaricati (controparti locali e/o enti italiane presenti nel contesto d’intervento), sulla
base di alcuni parametri prestabiliti (età, sesso, condizioni socio-economiche, bagaglio
culturale/formativo, esperienze pregresse, motivazioni e aspirazioni, ecc.).
A vantaggio dei soggetti preselezionati sembrerebbe opportuna la predisposizione e la
conseguente realizzazione di percorsi atti a creare i presupposti per un adeguato inserimento
lavorativo nel mercato del lavoro regionale ed una più agevole integrazione sociale,
rimandando ad un ulteriore percorso di formazione professionale, da attivare direttamente nel
contesto d’accoglienza, l’implementazione di specifiche competenze tecnico teoriche ed
abilità pratiche. I corsi da tenere nei Paesi d’origine degli immigrati dovrebbero concretizzarsi
dunque in una sorta di preformazione e di orientamento da trasmettere mediante attività d’aula
articolate in più moduli, che prevedano:
•
l’acquisizione di conoscenze linguistiche di base;
•
l’orientamento giuridico, al lavoro, alla società e alla cultura del contesto d’accoglienza.
145
Così, ad esempio, il Progetto “Grandi Opere”, fra le azioni proposte, prevede esplicitamente:
• La preselezione, effettuata dai proponenti presso i Paesi d’origine dei lavoratori, tenendo conto
dei fabbisogni delle imprese edili italiane impegnate nella realizzazione di grandi opere
infrastrutturali. Il lavoro di selezione sarà rivolto a figure già qualificate nell’ambito dell’industria
delle costruzioni e possibilmente con precedenti in attività di realizzazione di grandi opere, anche
fuori dai confini nazionali dei Paesi d’origine;
• L’introduzione alla lingua italiana, consistente in un percorso formativo da realizzarsi nel Paese
di provenienza dei lavoratori in collaborazione con le sedi locali della Società Dante Alighieri,
della durata compresa fra le 20 e le 40 ore;
• L’orientamento, consistente in un intervento da realizzarsi nel Paese d’origine, della durata
complessiva di 20 ore, con l’obiettivo di fornire conoscenze di educazione civica, di
contrattualistica e di normativa del lavoro, dei diritti e doveri del lavoratore, oltre che elementi
comportamentali e motivazionali. Durante questa fase potrà essere operata un’ulteriore selezione
fra i candidati.
I progetti formativi saranno realizzati sulla base di accordi che vedranno la Società Dante
Alighieri assieme ad Obiettivo Lavoro Formazione ed Efeso occuparsi della parte inerente
l’insegnamento della lingua italiana e l’orientamento nei Paesi d’origine.
In modo analogo, nelle aree extranazionali d’intervento del progetto “Safe Integration” non è
stata realizzata una formazione tecnico-professionale specifica, quanto piuttosto una
preformazione linguistica di base ed un orientamento in vista dell’ingresso in Italia e nel
mercato del lavoro. Quanto all’individuazione dei potenziali beneficiari, dove possibile, è
stata orientata verso soggetti che già vantavano qualifiche professionali nei settori tessile e
dell’agroindustriale. In Marocco, nella Regione di Rabat, dove è attivo l’OFPPT (Office de la
Formation Professionnelle et de la Promotion du Travail), la preselezione è stata effettuata
fra gli ex allievi di corsi professionalizzanti realizzati dalla stessa struttura in questione,
privilegiando coloro che avevano conseguito gli esiti più soddisfacenti. Diversamente, sempre
nell’ambito del progetto “Safe Integration”, in Bulgaria c’è stata una divulgazione
dell’iniziativa tramite mass media ed un successivo colloquio selettivo con screening
curricolare, fra quanti avevano presentato la loro candidatura, ad opera dell’agenzia incaricata
di seguire le operazioni di preselezione e formazione in loco.
Sempre in merito alle attività di orientamento e preselezione, inoltre, si può ricordare anche
l’esperienza parmense, cui si è già fatto cenno. Il progetto ad essa connesso si propone infatti
di orientare e motivare delle persone ad inserirsi verso un percorso di lavoro e formazione che
146
ne accresca le capacità tecnico-professionali e che offra varie possibilità di uscita a seconda
delle aspettative individuali. Più specificamente:
Si prevede un’azione di orientamento a soggetti di età compresa, indicativamente, tra i 20 e i 35
anni, attraverso l’utilizzo di filmati e pubblicazioni in lingua madre dai quali si possano
individuare gli aspetti di carriera delle varie figure professionali che operano nel settore delle
costruzioni. Tale materiale sarà proiettato a gruppi piccoli di persone ed in quell’occasione saranno
distribuiti anche le pubblicazioni e i moduli di richiesta di partecipazione alla selezione di
ammissione.
Le prove di selezione saranno due: una mediante la somministrazione di un test sociomotivazionale e di conoscenza generale ed una di colloquio con ogni singolo candidato alla
presenza di un tecnico e di un esperto in selezione del personale sempre coadiuvati da un interprete
esperto.
La selezione richiederà due ore per ogni singolo candidato, per la verifica del test e per il
colloquio, con stesura di un report e di una graduatoria di merito.
Saranno quindi scelti i primi 80 della graduatoria.
Con particolare riguardo al percorso di formazione nel Paese d’origine, invece, lo stesso
progetto propone un’iniziativa formativa che alla comprensione linguistica coniughi
conoscenze tecniche specifiche del settore delle costruzioni, prevedendo un modulo della
durata di 160 ore complessive, da svolgersi in cinque mesi. Le ore sono da ripartirsi tra
insegnamento della lingua italiana e terminologie tecniche specifiche legate al settore delle
costruzioni al fine di facilitare il primo inserimento lavorativo in Italia. E’ previsto un
massimo di 25/27 persone per aula, con la presenza di un docente e alternativamente o in
contemporanea di un tecnico esperto di settore delle costruzioni. Tre sono i corsi programmati
per un totale di 80 persone, con un 40% di co-docenza (per la presenza del tecnico unitamente
a quella del docente di italiano). E’ altresì previsto un breve corso di formazione formatori
della durata di 32 ore per il raggiungimento di un livello di uniformità della docenza nelle
diverse aule, con un coordinatore didattico che ne garantisca lo svolgimento e i risultati.
Individuati, sulla base dei risultati del percorso preformativo e di orientamento, i beneficiari
diretti dell’intervento, si dovrà passare alla
predisposizione e al disbrigo delle pratiche
burocratiche necessarie al trasferimento in regione. Da tutte le esperienze rilevate a livello
nazionale, si evince come, in assenza del regolamento d’attuazione dell’articolo 19 della
Bossi-Fini, la gestione degli ingressi dei candidati selezionati e preformati resti
necessariamente assoggettata, in via transitoria, al consueto sistema delle quote.
147
Così, per esempio, nel caso del Progetto “Sviluppo Formazione e Lavoro dei migranti” le
associazioni titolari della raccolta di domanda di lavoro relativa a degli abbinamenti datore di
lavoro/lavoratore andati a buon fine, sono tenute a fornire un supporto circa: la sottoscrizione
del contratto individuale di lavoro così come previsto all’art. 30, comma 2 lettera b) del DPR
n. 394/99; la presentazione della richiesta nominativa di autorizzazione al lavoro alla
Direzione Provinciale del Lavoro; la richiesta di nulla osta alla Questura territorialmente
competente; la richiesta di visto d’ingresso e di soggiorno.
6.5 L’inclusione socio-lavorativa degli immigrati formati
Attraverso la formazione nei Paesi d’origine sarebbe auspicabile promuovere una proficua
integrazione tra interventi di “politica attiva del lavoro” e azioni di natura più strettamente
sociale, così da evitare di considerare l’importante risorsa costituita dai lavoratori non
comunitari in termini di pura forza lavoro. Giocherebbe senz’altro un ruolo di primo piano il
coinvolgimento diretto nel progetto di soggetti erogatori di servizi di ospitalità, allo scopo di
assicurare, in prima istanza, accoglienza ed assistenza ai nuovi arrivati e di garantire loro la
possibilità di usufruire di una sistemazione abitativa stabile, grazie alla sottoscrizione di
apposite convenzioni fra enti locali, soggetti pubblici e privati membri della partnership. In
definitiva, bisognerebbe operare in modo tale da riuscire a sviluppare una solida rete
territoriale a supporto dell’inclusione sociale, oltre che dell’inserimento lavorativo degli
immigrati non comunitari.
E’ interessante notare come in tutte le esperienze rilevate a livello nazionale sia sempre
possibile ravvisare, fra le azioni da realizzare, un esplicito richiamo alla necessità di attivare
misure di sostegno volte a favorire una crescente inclusione sociale e, più in particolare,
all’esigenza di fornire un’adeguata soluzione alloggiativa ai beneficiari diretti degli interventi,
visto anche quanto previsto dalla normativa vigente in ordine all’obbligo, da parte del datore
di lavoro, di provvedere, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro,
all’alloggio e al biglietto di rientro nel Paese d’origine del lavoratore non comunitario che
s’intenderebbe assumere.
Il Progetto “Edil Futuro”, ad esempio, include tra le attività previste:
L’attivazione di apposite convenzioni tra enti pubblici, enti edili e singole imprese per la messa a
disposizione di alloggi al fine di garantire un’adeguata sistemazione abitativa degli immigrati.
148
La proposta progettuale “Grandi Opere” dedica un intero paragrafo alla questione
dell’accoglienza:
Per realizzare grandi opere infrastrutturali vengono allestiti cantieri nelle zone dove sono previste
le lavorazioni. Questi cantieri spesso si trovano in località lontane da centri abitati e anche per
questa ragione sono dotati di mensa e di alloggi per il personale. Negli ultimi anni gli alloggi
hanno avuto una evoluzione qualitativa, raggiungendo standard di buon livello. Si tratta di
prefabbricati con riscaldamento e, in diversi casi climatizzazione estiva. Le camere possono essere
singole o a due, tre e quattro letti e con una dotazione di un bagno ogni 2/3 persone. In diversi casi,
come in Emilia Romagna per i cantieri TAV e della variante di valico della A1, gli alloggiamenti
sono stati realizzati seguendo le specifiche prescrizioni appositamente emanate da Regioni,
Aziende Sanitarie Locali e Comuni. Nel caso i cantieri non siano dotati di alloggi, o che questi non
siano un numero sufficiente, le aziende utilizzano appartamenti o foresterie.
Ai lavoratori immigrati sono forniti questi trattamenti di alloggio e di vitto, con uno standard di
qualità analogo a quello che viene fornito ai lavoratori italiani, riconoscendo pienamente quanto
previsto dalla normativa vigente sull'alloggio del lavoratore immigrato.
Il Progetto “Sviluppo Formazione e Lavoro dei migranti” prevede invece specifici interventi
di sostegno per facilitare l’inserimento socio lavorativo dei beneficiari diretti dell’iniziativa.
Tali interventi si concretizzano nella possibilità di usufruire di un pacchetto di agevolazioni
comprendente: rimborso parziale (50%) dei costi di viaggio per l’ingresso in Italia, voucher
che finanzia l’acquisto di un servizio di accompagnamento socio-lavorativo, voucher che
finanzia l’acquisto di un servizio di ospitalità, voucher che finanzia la frequenza di un
percorso formativo. Più nel dettaglio, il servizio di accompagnamento socio-lavorativo
prevede:
•
accoglienza al momento dell’arrivo in Italia e accompagnamento presso l’alloggio;
•
prima informazione circa i servizi disponibili sul territorio e le modalità di fruizione;
•
informazione sui diritti e doveri del lavoratore;
•
organizzazione della mobilità casa-luogo di lavoro;
•
supporto nello svolgimento delle pratiche per il permesso di soggiorno;
•
interventi di mediazione rispetto a difficoltà di interazione nel contesto sociale e
lavorativo sia su richiesta del lavoratore che del datore di lavoro;
•
colloqui di monitoraggio con il lavoratore rispetto all’andamento del suo inserimento
nell’ambiente di lavoro e nel contesto sociale (almeno una volta al mese);
149
•
individuazione di una soluzione abitativa stabile e supporto nell’espletamento delle
procedure di locazione.
Il servizio ha una durata di tre mesi. L’importo del voucher per il finanziamento è fissato in €
900, comprensivo di oneri e imposte.
Il servizio di ospitalità prevede l’alloggio per un periodo pari ad un mese presso una struttura
alberghiera o extralberghiera (agriturismo, bed & breakfast, presso famiglia) o in unità
abitative arredate (appartamento, residence).
L’importo del voucher per il finanziamento del servizio è fissato fino a un massimo di € 370,
comprensivo di oneri e imposte.
Infine, il servizio formativo prevede formazione linguistica e professionale. I corsi potranno
avere una durata da 40 ad 80 ore. L’attività dovrà essere svolta entro un periodo massimo di
tre mesi dalla data d’ingresso in Italia e dovrà prevedere moduli di lingua italiana,
socializzazione, sicurezza, specializzazione2. L’importo del voucher per il finanziamento del
servizio è fissato in € 1.200 per i corsi di durata pari a 80 ore e in 600 € per i corsi di durata
pari a 40 ore, comprensivo di oneri e imposte.
Al fine di portare a conoscenza di ciascun potenziale beneficiario l’opportunità di fruire di tali
servizi, l’Agenzia Veneto Lavoro darà adeguata informazione circa la possibilità di richiedere
l’erogazione dei voucher e le modalità di presentazione delle domande a tutti i lavoratori per i
quali sarà effettuato un abbinamento con un datore di lavoro secondo la procedura fissata dal
regolamento di attuazione delle attività di inserimento socio-lavorativo promosse dal progetto.
Analogamente a quanto previsto dall’esperienza veneta, appare decisamente coerente con
l’approccio che s’intende sostenere la pianificazione, accanto alla formazione da realizzare in
regione, di un apposito percorso di accompagnamento al lavoro. Si potrebbe pensare quindi
alla progettazione di una prima fase formativa, di carattere teorico e specificatamente tarata
sui fabbisogni occupazionali delle imprese coinvolte nel progetto, articolandola nello
svolgimento di più moduli:
•
formazione linguistica, integrativa delle conoscenze già acquisite e mirata a fornire anche
nozioni di italiano tecnico;
•
normativa sulla sicurezza e sul lavoro;
•
formazione tecnico professionale.
2
Nel caso dei corsi di durata pari a 40 ore potrà essere escluso il modulo di specializzazione.
150
A seguire, si suggerisce la programmazione di una seconda fase, di carattere pratico, da
concretizzarsi attraverso la realizzazione di attività di stage/tirocinio in azienda con
prospettive di regolare inserimento lavorativo. Ciò, oltre a rivelarsi indubbiamente funzionale
all’acquisizione di specifiche abilità pratiche, potrebbe contribuire a ridurre l’eventuale
margine di diffidenza dei soggetti datoriali nei confronti di lavoratori stranieri che non si
conoscono personalmente e che, a seguito dell’approvazione della legge Bossi-Fini, non
godono più di alcuna “sponsorizzazione”. E’ proprio contestualmente a questa ulteriore fase
formativa che si evidenzia l’opportunità di prevedere l’affiancamento di un tutor che operi
per:
•
la creazione di un data-base curricolare per la gestione delle informazioni relative ai
corsisti e la conseguente redazione di curricula individuali;
•
l’elaborazione di piani personalizzati d’inserimento lavorativo sulla base dei requisiti
posseduti dai candidati;
•
la presa di contatti e l’organizzazione di colloqui aziendali in vista degli stage/tirocini
formativi;
•
l’accompagnamento in azienda.
Diversi sono gli interventi realizzati nel contesto regionale umbro che hanno previsto percorsi
formativi più o meno strutturati secondo la logica anzidetta. Si possono ricordare, ad esempio,
oltre ai “Corsi di orientamento di base per immigrati”, i Progetti “Dedalo Umbria”, “I.O.
Impresa e Occupazione” e “Rete per l’adozione professionale degli immigrati”3. In ognuna di
queste esperienze è stata prevista una formazione in aula, da svolgere mediante lezioni
frontali
articolate
in
più
moduli,
seguita
da
un’ulteriore
fase
di
inserimento
formativo/lavorativo in azienda, tramite stages/tirocini, supportata da un’attività di tutoraggio
dei corsisti ad opera di personale specializzato. In particolare, il progetto “Rete per l’adozione
professionale degli immigrati” prevede l’accompagnamento di ciascun partecipante da parte
di un pensionato professionalmente congedatosi dalla stessa azienda di riferimento, se
possibile, in qualità di “mentore”.
.
3
Vedi Cap. 3.
151
Terminato il percorso formativo si passerà all’inserimento lavorativo dei soggetti ritenuti
idonei dalle imprese, con sottoscrizione di un regolare contratto di lavoro e la possibilità, per i
neoassunti, di una formazione permanente e di un’ulteriore specializzazione in costanza di
rapporto di lavoro.
Così, ad esempio, fra le azioni proposte dal Progetto “Grandi Opere” si rinviene una
formazione, da realizzarsi in Italia in 3 moduli di 32 ore ciascuno. Il primo sarà finalizzato al
trasferimento di competenze relative alla prevenzione e sicurezza, compresi i corsi previsti dalla
l.626/1994. Il secondo riguarderà la qualità, l’organizzazione del lavoro e specifiche tecniche
operative relative alle lavorazioni. Questi primi 2 moduli saranno svolti all’arrivo del lavoratore in
Italia, mentre il terzo modulo di formazione permanente ed ulteriore specializzazione si svolgerà
durante il primo anno di lavoro.
I progetti formativi saranno realizzati sulla base di accordi che vedranno Obiettivo Lavoro
Formazione e le Scuole Edili dell’Emilia Romagna occuparsi della formazione prevista in Italia.
Dall’esperienza piemontese del Progetto “Safe Integration” si è inoltre appreso che
l’inserimento lavorativo dei soggetti ritenuti idonei avverrà tramite un contratto di
apprendistato, prevedendo anche in questo caso l’opportunità di una formazione continua,
contestualmente all’attività lavorativa in azienda.
Altre indicazioni utili sono reperibili nel “Progetto per il reperimento e la formazione di
manodopera extracomunitaria per il settore delle costruzioni della provincia di Parma”,
laddove viene previsto il trasferimento in Italia di 50 persone tra coloro che hanno frequentato
il modulo linguistico nel Paese d’origine, come prima tranche sperimentale dell’iniziativa4:
L’accoglienza per la prima fase è considerata in 90 giorni, che corrispondono alla durata del
modulo formativo di primo ingresso con l’aggiunta dei primi 30 giorni di lavoro, in quanto lo
stipendio comincerà ad essere percepito al termine del primo mese effettivamente lavorato. Per
tale periodo occorre dunque prevedere il mantenimento delle persone presso il centro di
accoglienza e i vari trasferimenti al centro di formazione.
Il modulo formativo di primo ingresso è inteso come approccio al lavoro di operaio edile e
permette di far prendere coscienza ai partecipanti del livello organizzativo delle imprese del
settore, dei ruoli e dei compiti nel rispetto delle normative e della contrattazione collettiva.
4
E’ oggetto dell’iniziativa: il trasferimento via aerea delle persone dal loro paese all’Italia, il trasferimento dall’aeroporto
alla città di accoglienza e la loro sistemazione in casa albergo costituita da monolocali con servizio ed angolo cottura (trattasi
di strutture di accoglienza per studenti universitari).
152
Esso affronta tematiche generali e specifiche del settore edile con un ordine che potrebbe essere
sintetizzato come segue:
a)
modulo iniziale di recupero delle abilità di base con aggancio al modulo linguistico;
b)
modulo di acquisizione di abilità professionali di base per garantire un primo
inserimento al livello più basso;
c)
modulo di cognizioni trasversali atte a garantire un miglior inserimento in un
programma formativo di medio termine.
L’articolazione del corso (320 ore da svolgere in 5 mesi circa) si basa su una parte teorica, d’aula,
ed una parte pratica, di laboratorio e cantiere/scuola, ispirandosi ad una metodologia di
apprendimento diretto e partecipativo.
Al termine della formazione di ingresso i partecipanti verranno assunti come operai di primo
livello presso le imprese della provincia aderenti all’iniziativa. Da qui cominceranno a percepire
uno stipendio regolare e pertanto i costi di gestione alloggi e vitto saranno a loro completo carico,
ma sotto la gestione dell’Ente promotore che ne dovrà garantire funzionalità ed equità. Per questo
periodo è previsto un percorso di formazione modulare finalizzato al raggiungimento, da parte dei
corsisti, delle competenze professionali assimilabili alla specializzazione contrattuale dell’edilizia.
Il progetto prevede tre annualità: al termine della prima, oltre al modulo d’ingresso, si sarà
realizzato un modulo di approfondimento tematico equiparabile alla qualifica del contratto; la
seconda dovrà terminare con un modulo di perfezionamento corrispondente alla specializzazione
contrattuale; alla fine del terzo anno, invece, si sarà svolto un modulo di approfondimento tematico
a scelta dei partecipanti. I corsi si svolgeranno fuori dall’orario di lavoro nel rispetto della logica
della formazione continua permanente e personalizzata.
6.6 La promozione di meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro, la
disseminazione e l’attività di monitoraggio e valutazione
Per conferire ad un percorso formativo per immigrati nei Paesi d’origine una valenza ed una
funzionalità che vadano oltre il singolo progetto specifico, si potrebbe ipotizzare la
predisposizione di un sistema operativo a livello regionale per una più razionale ed efficiente
organizzazione sia della domanda che dell’offerta di lavoro straniero, affidandone la gestione
ad uno dei potenziali soggetti della partnership, in collaborazione con i Centri per l’Impiego.
A tal fine, tutte le informazioni e i dati raccolti su entrambi i versanti, quello delle imprese e
quello dei lavoratori stranieri non comunitari in cerca di occupazione, potrebbero essere
sistematizzati sotto forma di banche dati interattive, aperte ed aggiornabili, da mettere in rete
attraverso la creazione di un portale informatico, mediante cui attivare una rete virtuale di
possibili contatti e relazioni fra tutti i soggetti interessati.
153
Inoltre, l’individuazione delle buone pratiche eventualmente sperimentate e la loro
conseguente disseminazione tra un numero di soggetti quanto più ampio possibile è un
obiettivo certamente prioritario per un progetto formativo. Oltre all’organizzazione di
seminari e workshops informativi, convegni e conferenze, potrebbe risultare particolarmente
efficace la predisposizione di un apposito sito internet dedicato alla presentazione e
descrizione dell’iniziativa. Così è stato fatto, per esempio, nell’ambito del Progetto “Safe
Integration”, al quale è stato dedicato un intero sito internet: www.safeintegration.com.
Visitando invece il sito dell’Agenzia Lombardia Lavoro, www.agenzialavorolombardia.it, si
potrà trovare un’intera pagina dedicata alla descrizione del Programma per la mobilità
geografica dei lavoratori, che include il Progetto “World Job”.
Monitoraggio in itinere e valutazione ex post, infine, sono azioni imprescindibili ed integranti
di qualsiasi intervento progettuale. Di qui la necessità di prevedere un apposito comitato
incaricato di compiere tali attività.
154
Allegato 4
Indicazioni per la progettazione di attività di istruzione e formazione professionale per
gli immigrati nei Paesi d’origine: schema sintetico
1. Individuazione dei Paesi stranieri e costituzione della partnership
Sviluppare rapporti di collaborazione tra soggetti pubblici e privati, locali ed extranazionali,
per la progettazione e l’implementazione di interventi finalizzati a favorire l’inserimento
lavorativo mirato e l’inclusione sociale di immigrati non comunitari nel contesto regionale,
attraverso la promozione di azioni in rete multiple ed integrate.
Azioni:
1.1 Creare un network territoriale composto da soggetti pubblici e privati, operanti sia in
ambito locale che extranazionale
Î Individuare i soggetti locali disposti ad aderire alla partnership;
Î Individuare i Paesi stranieri da coinvolgere nel progetto;
Î Individuare le rispettive controparti locali da includere nella partnership;
Î Formulare e sottoscrivere dichiarazioni di intenti.
1.2 Formalizzare il sistema di relazioni e scambi tra i potenziali soggetti della
partnership.
Î Predisporre e sottoscrivere documenti formali e sostanziali.
2. Identificazione dei fabbisogni occupazionali locali e delle imprese disponibili ad un loro
coinvolgimento nel progetto
Identificare i fabbisogni occupazionali e formativi espressi dalle imprese locali, orientati e/o
orientabili alla componente dei lavoratori non comunitari, al fine di individuare un gruppo di
professionalità particolarmente richieste ma non coperte dal mercato del lavoro regionale.
155
Azioni:
2.1 Effettuare una corretta analisi di contesto sul mercato del lavoro a livello nazionale e
regionale, con particolare riguardo alle variabili concernenti la componente dei
lavoratori non comunitari.
Î Analizzare i dati statistici di riferimento a disposizione (Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, Excelsior, Caritas, CPI, Direzioni regionali e provinciali del lavoro, ecc).
2.2 Realizzare un’indagine focalizzata sui fabbisogni occupazionali e formativi espressi
dalle imprese locali, con particolare riguardo alla componente dei lavoratori non
comunitari.
Î Identificare un gruppo di imprese locali da coinvolgere nell’indagine;
Î Costruire un modello di rilevazione (questionario) da sottoporre alle imprese identificate,
finalizzato ad evidenziare la domanda di lavoro rivolta alla componente dei lavoratori non
comunitari e ad individuare le imprese disponibili ad un loro coinvolgimento diretto nel
progetto.
3. Identificazione dei beneficiari diretti e realizzazione dei percorsi formativi all’estero
Attivare corsi finalizzati a creare i presupposti per un adeguato inserimento lavorativo ed una
crescente integrazione sociale a favore di immigrati non comunitari interessati a trasferirsi in
regione con prospettive di stabilizzazione.
Azioni:
3.1 Preselezione nei Paesi d’origine.
Î Individuare l’ente deputato alla preselezione dei candidati e alla realizzazione dei
percorsi formativi nei paesi d’origine;
Î Individuare un gruppo di candidati potenzialmente idonei a ricoprire i profili
professionali richiesti.
156
3.2 Preformazione, orientamento e selezione nei Paesi d’origine.
Î Predisporre e realizzare corsi ad hoc;
Î Selezionare i candidati ritenuti idonei in base agli esiti dei corsi di preformazione e
orientamento.
3.3 Predisporre e sbrigare le pratiche burocratiche per l’arrivo.
Î Attivare, in via transitoria, la procedura ordinaria per la regolazione dei flussi d’ingresso
tramite l’attuale sistema delle quote;
4. Inclusione socio-lavorativa di immigrati non comunitari
Offrire stabilità occupazionale in funzione della crescita professionale dei lavoratori non
comunitari, coniugando interventi di natura socio-assistenziale con quelli specificamente
rivolti alla formazione e al lavoro, al fine di promuovere una maggior integrazione sia in
ambito lavorativo che sociale.
Azioni:
4.1 Prima accoglienza/assistenza e inserimento abitativo.
Î Sottoscrivere apposite convenzioni per l’attivazione di una rete di servizi a supporto dei
nuovi entrati.
4.2 Formazione e accompagnamento al lavoro.
Î Predisporre specifici percorsi formativi professionalizzanti e personalizzati.
4.3 Selezione finale a carico delle imprese.
Î Realizzare colloqui individuali mirati a verificare la possibilità di stages/tirocini con
prospettive d’inserimento lavorativo in azienda.
157
4.4 Assunzione dei soggetti ritenuti idonei.
Î Sottoscrivere un regolare contratto di lavoro.
4.5 Formazione permanente ed ulteriore specializzazione.
Î Programmare corsi di riqualificazione da svolgere in costanza di rapporto di lavoro.
5. Promozione di meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro straniero
Promuovere meccanismi a livello regionale atti a facilitare l’incontro e il raccordo fra la
domanda e l’offerta di lavoro straniero.
Azioni:
5.1 Avviare la predisposizione di un sistema operativo a livello locale per una più
razionale ed efficiente raccolta e gestione sia della domanda che dell’offerta di lavoro
straniero.
Î Attivare una banca dati/osservatorio dei profili professionali richiesti dalle imprese
locali;
Î Attivare una banca dati dei profili/competenze degli immigrati non comunitari in cerca di
occupazione nel contesto regionale;
Î Creare un portale informatico con le banche dati suddette.
6. Identificazione delle buone pratiche e disseminazione
Identificare le azioni integrate e le buone pratiche, tanto sul versante della formazione che su
quello dell’integrazione sociale, e renderle conoscibili ad un numero quanto più esteso
possibile di soggetti.
Azioni:
6.1 Diffusione delle attività realizzate e dei risultati conseguiti.
Î Messa in rete di un sito internet, organizzazione di seminari e workshops informativi,
conferenze, ecc.
158
7. Implementazione del sistema di monitoraggio e valutazione
Implementare il sistema di monitoraggio e valutazione in itinere ed ex post al fine di
verificare la rispondenza dei risultati ottenuti con quelli attesi.
Azioni:
7.1 Monitoraggio continuo e valutazione finale dell’intervento.
Î Costituzione di un comitato incaricato di compiere periodiche attività di verifica e la
valutazione finale dell’intervento.
Le fasi del percorso progettuale proposto
159
7. Considerazioni di sintesi
Riportiamo, in questo capitolo conclusivo, alcune considerazioni che sintetizzano quanto
esposto nelle pagine precedenti.
Gli aspetti normativi
Le disposizioni contenute nella legge Bossi-Fini (Cap. 1) si propongono di riorganizzare
profondamente l’impianto complessivo dei precedenti testi legislativi sulla materia
dell’immigrazione dei cittadini extraeuropei. Tra le innovazioni principali introdotte dalla
legge si segnalano sicuramente l’inasprimento del contrasto dell’immigrazione clandestina
(intensificazione delle misure repressive, previsione di una nuova disciplina per l’espulsione,
obbligatorietà della rilevazione delle impronte digitali, ecc.) e il fatto che la regolarizzazione
degli ingressi venga subordinata all’esistenza di un contratto di lavoro e dunque di un
effettivo svolgimento di un’attività lavorativa “sicura e lecita”.
Tuttavia, nella Bossi-Fini, accanto a misure di carattere più spiccatamente “sanzionatorio”, è
contenuta anche un’interessante e innovativa disposizione. L’art. 19, infatti, che sostituisce il
vecchio art. 23 del testo unico sull’immigrazione (d.lgs. 286/1998), prevede la possibilità di
organizzare corsi di formazione e istruzione nei Paesi di origine, finalizzati all’inserimento
lavorativo mirato nel territorio italiano. Alla realizzazione di tali programmi, che devono
essere approvati dal Ministero del lavoro e dell’Istruzione, possono partecipare le Regioni, gli
Enti locali, le organizzazioni sindacali dei lavoratori e datori di lavoro, gli enti ed associazioni
operanti da almeno tre anni nel settore dell’immigrazione e gli organismi internazionali
specializzati nel trasferimento in Italia di lavoratori extracomunitari e nel loro inserimento nei
Paesi di origine. La partecipazione a tali programmi costituisce titolo preferenziale ai fini
dell’accesso in Italia per motivi di lavoro.
E’ stato segnalato, tuttavia, il ritardo nell’adozione del regolamento che dovrà dare attuazione
alle disposizioni contenute nella legge Bossi-Fini. Infatti, allo stato attuale, la bozza di
regolamento attuativo della legge è stata predisposta dal Governo, ma bocciata in sede di
Conferenza Stato-Regioni dalle Regioni stesse e all’esame, al momento in cui si scrive, del
Consiglio di Stato. La maggiore perplessità in ordine alla interpretazione e alla applicazione
161
della normativa in esame riguarda soprattutto la mancanza di previsione di una copertura
finanziaria delle attività di formazione nei paesi d’origine.
L’inserimento lavorativo degli immigrati
Per quanto riguarda l’inserimento lavorativo degli immigrati (Cap. 2), sono emerse delle linee
comuni riconducibili ad alcuni aspetti principali. Sia in Umbria che in tutto il territorio
nazionale (di più al Nord), l’incidenza della manodopera immigrata nel mercato del lavoro è
crescente, a dimostrazione dell’importanza dell’apporto degli stranieri per la nostra economia.
Gli immigrati risultano occupati in settori ben specifici: agricoltura (braccianti); servizi
alberghieri, ristorativi e turistici; edilizia (muratori); servizi di pulizia; assistenza ad anziani e
malati; collaborazione ad attività domestiche. La qualifica professionale richiesta è bassa o
medio-bassa.
In Umbria, gli stranieri che cercano lavoro (in maniera regolare, tramite l’iscrizione ai Centri
per l’Impiego) sono in prevalenza persone con età superiore a 30 anni e senza titolo di studio,
iscritti da oltre un anno.
Grazie ai risultati dell’indagine campionaria dell’Irres/Aur, del 2001, si sono evidenziate, in
un quadro di precarietà e marginalità quanto mai significativo, migliori condizioni di lavoro
per gli uomini rispetto alle donne (più occupati e più “stabili”), unite, comunque, ad una quota
molto consistente di immigrati che denunciano di percepire una retribuzione insufficiente.
C’è da considerare che l’occupazione assume per l’immigrato un’importanza estrema, in
quanto è una delle cause principali dell’emigrazione ed uno dei fattori di legittimazione
sociale, di accesso ai diritti civili e di integrazione nel Paese d’accoglienza. L’inserimento
degli immigrati nel mondo del lavoro, attualmente, si limita ad impieghi a bassa
qualificazione; tuttavia i lavoratori stranieri occupano ormai un ruolo fondamentale ed
insostituibile per la nostra economica, che con il tempo potrà anche espandersi a professioni
più qualificate.
La formazione per gli immigrati già residenti in Umbria
Dall’attività di rilevazione condotta per esplorare la formazione per gli immigrati già presenti
in Umbria (Cap. 3) è emerso che in Umbria, sono in atto da tempo interventi formativi il cui
obiettivo principale è l’integrazione degli immigrati. Le attività prevalenti dei corsi rivolti agli
162
stranieri hanno riguardato principalmente la mediazione culturale, l’alfabetizzazione
linguistica, l’orientamento giuridico e la formazione finalizzata all’inserimento lavorativo e
all’ottenimento di una qualifica professionale.
Le parti coinvolte nella progettazione e realizzazione dei corsi sono stati soggetti pubblici e
del Terzo Settore (associazioni di categoria, sindacati, Comuni, Province, cooperative,
associazioni, enti di formazione, ecc.). I risultati attesi, stando a quanto espresso dai soggetti
contattati, si sono, in linea generale, realizzati: da quelli più semplici (l’apprendimento della
lingua italiana, il recupero scolastico, la qualifica professionale) a quelli di più ampio raggio
(la progettazione di azioni di auto-impiego, lo scambio di conoscenze professionali tra
autoctoni ed immigrati, la formazione di operatori dediti al lavoro di orientamento per gli
extracomunitari). Le difficoltà che si sono verificate nell’attuazione dei corsi rivolti ad
immigrati sono state soprattutto di ordine pratico-organizzativo, ma è stato di ostacolo, molto
spesso, anche la mancata conoscenza della lingua italiana e, in alcuni casi, la dispersione degli
allievi.
L’elevata adesione degli extracomunitari a percorsi di formazione rivolti alla generalità della
popolazione (quindi anche a cittadini italiani) ha portato gli enti erogatori ad ideare misure
particolari di attenzione nei loro confronti. In molti casi sono state pensate e realizzate attività
di sostegno linguistico, assistenza per la presentazione e il rinnovo dei documenti necessari
alla permanenza in Italia e collaborazioni con centri ed associazioni locali che si occupano di
immigrati.
Potenzialità e nodi critici della formazione nei paesi d’origine
Dalle interviste svolte ai testimoni privilegiati, è stato possibile ricavare una serie di
interessanti considerazioni circa la “fattibilità” dell’attivazione di percorsi formativi per
immigrati nei paesi d’origine (Cap. 4). Innanzitutto, gli enti coinvolti nella ricognizione hanno
espresso in maniera generalizzata un giudizio negativo della Bossi-Fini nel suo complesso,
non solo da un punto di vista strettamente tecnico-giuridico, ma anche e soprattutto sotto un
profilo più squisitamente politico-ideale. Tuttavia, nell’ambito di un quadro normativo
ritenuto poco funzionale e soprattutto “punitivo” nei confronti dei migranti, la possibilità di
organizzare percorsi formativi nei paesi d’origine sembra riscuotere, nella nostra regione, un
apprezzamento di massima.
163
L’articolo 19 della Bossi-Fini sembrerebbe porsi come un’opportunità potenzialmente
interessante da sviluppare e sfruttare a favore sia degli immigrati che del contesto
d’accoglienza:
- rappresenta un importante strumento di flessibilità rispetto al rigido sistema delle quote e un
buon tentativo per sperimentare meccanismi atti a facilitare l’incontro fra domanda ed offerta
di lavoro straniero e promuovere politiche congiunte fra l’Italia ed i Paesi di provenienza
degli immigrati;
- costituisce una chance importante per quanti siano intenzionati a trasferirsi nel nostro Paese
con prospettive di stabilizzazione. Le attività di istruzione e formazione professionale
rappresentano infatti una valida modalità per l’ingresso degli immigrati in Italia ed una vera e
propria necessità ai fini del successivo inserimento nel mondo del lavoro, visti i molteplici
ostacoli che si frappongono al riconoscimento dei rispettivi titoli di studio;
- l’attivazione di percorsi mirati e rispondenti alle reali esigenze del mercato del lavoro locale
riduce il margine di rischio connesso al fallimento del progetto migratorio e costituisce un
efficace strumento di inserimento e di integrazione;
- una specifica formazione professionale fornisce alle imprese una carta in più da giocare per
vedere
soddisfatte
le
loro
esigenze
di
personale
estero
qualificato,
riducendo
significativamente le difficoltà di reperimento dello stesso e mettendo a disposizione un certo
quantitativo di lavoratori stranieri con un titolo preferenziale ed una preparazione
immediatamente fruibile, poiché calibrata sui fabbisogni formativi espressi dalle imprese
stesse.
Ad un più attento esame, però, l’art. 19 delle Bossi-Fini finisce col rivelarsi un’opportunità
certamente non facile da realizzare. Le difficoltà riguardano soprattutto aspetti di carattere
pratico connessi ad una sua effettiva applicazione:
- la mancanza, come detto, di un regolamento attuativo che fornisca indicazioni precise sulle
modalità da seguire sotto il profilo tecnico-operativo e sui margini di discrezionalità entro cui
ci si potrebbe muovere, soprattutto da un punto di vista economico-finanziario;
- la complessità delle procedure da seguire per l’attivazione di questo tipo di iniziative: dalla
stipula degli accordi e delle intese fra Stati, all’attivazione dei contatti per la creazione di una
rete di soggetti operanti a livello locale, nazionale ed internazionale;
- i molteplici problemi che si pongono in ordine all’attivazione di corsi di istruzione e
formazione professionale in Paesi lontani e stranieri, nonché l’ammontare dei costi
complessivi;
164
- la funzionalità degli interventi in questione e i loro effettivi risvolti all’interno del mondo del
lavoro: trattandosi di iniziative piuttosto articolate e complesse da realizzare, sono ipotizzabili
solo in relazione a fabbisogni occupazionali di tipo strutturale. Molto spesso, le imprese si
trovano a dover colmare le loro esigenze di manodopera in tempi brevi ed in questi casi risulta
ovviamente impensabile il ricorso al tipo di attività di cui all’articolo 19.
In sostanza, appare senza dubbio condivisibile la finalità generale di questa specifica parte
della legge, vale a dire la ricerca di canali ulteriori che consentano l’inserimento lavorativo
degli immigrati extracomunitari nel territorio nazionale; dubbi sorgono, invece, in merito alla
concreta attuazione della normativa. Da questo punto di vista, non resta che attendere
l’emanazione delle disposizioni integrative, auspicando un coinvolgimento forte e diretto
delle Regioni.
Le esperienze in corso in altre regioni
Attraverso una ricognizione sull’esistenza di progetti di formazione per immigrati nei paesi
d’origine, condotta a livello regionale e nazionale (Cap. 5), è stato possibile evidenziare che in
Umbria, non esistono progetti-pilota che prefigurino la realizzazione di attività di questo tipo.
La situazione è differente a livello nazionale, dove, sebbene in misura ancora circoscritta solo
a poche Regioni, è stato possibile individuare alcune interessanti sperimentazioni. I progettipilota individuati sono:
- il Progetto “Mobilità Formazione e Lavoro dei Migranti” (Veneto);
- il Progetto “World Job” (Lombardia);
- il “Progetto per il reperimento e la formazione di manodopera extracomunitaria per il settore
delle costruzioni della provincia di Parma” (Emilia-Romagna);
- il Progetto “Grandi Opere” (Emilia Romagna);
- il Progetto “Safe Integration” (Piemonte);
- il Progetto “Edil Futuro” (Piemonte).
Si tratta di progetti che, in un certo senso, anticipano le disposizioni della Bossi-Fini,
prevedendo l’ingresso, entro il sistema delle quote autorizzate, di lavoratori stranieri
preformati nei rispettivi Paesi d’origine e da impiegare nelle aziende italiane in base ai
fabbisogni occupazionali espressi dalle stesse.
165
Le indicazioni progettuali
A partire dalle esperienze già in atto nelle altre regioni, da alcuni interessanti progetti di
formazione messi in campo in Umbria per gli immigrati, dai suggerimenti tratti dalle
interviste ai testimoni privilegiati e da un’attenta lettura della nuova normativa, si è ritenuto
utile fornire, a chiusura della ricerca, alcune indicazioni per la concreta progettazione di
interventi formativi per gli immigrati nei paesi d’origine (Cap. 6). In particolare, a nostro
avviso, le azioni costitutive di un progetto del genere dovrebbero riguardare:
- l’individuazione dei paesi stranieri e costituzione della partnership;
- l’identificazione dei fabbisogni occupazionali locali e delle imprese disponibili ad un
coinvolgimento nel progetto;
- l’identificazione dei beneficiari diretti e realizzazione dei percorsi formativi all’estero;
- l’inclusione socio-lavorativa degli immigrati;
- la promozione di meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro straniero;
- l’identificazione delle buone pratiche e la disseminazione;
- l’implementazione del sistema di monitoraggio e valutazione.
166
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Principali riferimenti legislativi a livello nazionale e regionale
Normativa nazionale
Legge 30 dicembre 1986, n. 943
“Norme in materia di collocamento e trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e
contro le immigrazioni clandestine”
Legge 28 febbraio 1990, n. 39
“Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e di soggiorno dei cittadini
extracomunitari già presenti nel territorio dello Stato”
Legge 6 marzo 1998, n. 40
“Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione del cittadino straniero”
d.lgs 25 luglio 1998, n. 286
“Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’ immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero”
Legge 30 luglio 2002, n. 189
“Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo”
Normativa regionale
Legge regionale 15 maggio 1987, n. 26
“Disciplina degli interventi a favore dei lavoratori emigrati e loro familiari”
Legge regionale 10 aprile 1990, n. 18
“Interventi a favore degli immigrati extracomunitari”
170
Legge regionale 23 gennaio 1997, n. 3
“Riorganizzazione della rete di protezione sociale regionale e riordino delle funzioni socio
assistenziali”
Delibera del Consiglio Regionale 18 novembre 2003, n. 343
“Programma regionale triennale 2003 – 2005 e quinto programma regionale annuale di
iniziative concernenti l’immigrazione ai sensi dell’articolo 45 del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286”
Delibera del Consiglio Regionale 26 febbraio 2002, n. 192
“Quarto programma regionale di iniziative concernenti l’immigrazione ai sensi dell’articolo
45 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286: definizione dei criteri di assegnazione delle
risorse e degli obiettivi, delle priorità e delle linee d’indirizzo per la predisposizione e
l’attivazione degli interventi”
171
Numeri precedenti
1. Dimensioni politiche e sociali del federalismo
2. Elementi sulla situazione socio-economica dell’Umbria (1997-2002)
3. I giovani e lo sport. Un’indagine tra gli studenti delle scuole medie superiori dell’Umbria
4. Indagine sulle elezioni politiche e amministrative in Italia e in Umbria
5. Prime riflessioni sullo sviluppo locale
6. Note sulla situazione socio-economica dell’Umbria (1995-2003)
7. Progetto Ateliers Méditerranéens de l’Aménagement du Territoire (AMAT) – Cagliari 18-19
settembre 2003
8. Aree di sviluppo omogenee e/o integrate. Approcci e metodologie
9. Progetto Ateliers Méditerranéens de l’Aménagement du Territoire (AMAT) – Montpellier 17-18
novembre 2003
10. Un’analisi di sfondo per Bastia Umbra
11. Progetto Ateliers Méditerranéens de l’Aménagement du Territoire (AMAT) – Siviglia 15-16
gennaio 2004
12. Progetto Ateliers Méditerranéens de l’Aménagement du Territoire (AMAT) – Firenze 26-27
febbraio 2004
13. Progetto Ateliers Méditerranéens de l’Aménagement du Territoire (AMAT) – Murcia 22-23
aprile 2004
14. Ufficio relazioni con il pubblico del Comune di Foligno. Indagine sulla customer satisfaction
15. L’Umbria nord-est. Indicatori socio economici e progettualità
16. Elementi per una normativa del sistema integrato delle aree naturali protette in Umbria
17. Le aree naturali protette in Umbria. Verso una riorganizzazione sistemica
18. Todi e i suoi circuiti del paesaggio