Rischio delocalizzazione

Transcript

Rischio delocalizzazione
Il settore industriale confrontato con il franco forte punta a ridurre i costi
Rischio delocalizzazione
Sonova ha deciso di spostare
parte della produzione
di apparecchi acustici in Cina
e Gran Bretagna. Un centinaio
i posti di lavoro cancellati.
di Generoso Chiaradonna
Orari di lavoro prolungati, riduzione salariali e delocalizzazioni. Sono i temi con
cui si confronta il comparto manifatturiero svizzero da circa un mese e mezzo.
Da quando cioè la Banca nazionale ha
deciso l’abbandono della soglia minima
di cambio con l’euro. Da allora, dopo le
prime forti oscillazioni che avevano di
fatto portato il franco alla parità con l’euro, il tasso di cambio si è assestato a 1,061,07 franchi per euro. Un livello che non
soddisfa comunque gli industriali.
Proprio ieri il gruppo zurighese Sonova,
numero uno mondiale di protesi e apparecchi uditivi, ha annunciato l’intenzione di delocalizzare una parte della produzione in Cina, a Suzhou, e in Gran Bretagna, a Manchester. Sono interessati da
questa misura circa un centinaio di posti
di lavoro in Svizzera, alla sede principale
di Stäfa (Zurigo). Vi sarà un numero imprecisato di licenziamenti.
L’operazione, che si iscrive nella strategia volta ad accrescere la competitività
dell’impresa ma anche a lottare contro la
forza del franco, verrà fatta a tappe e interessa il settore della rifinitura, precisa
il gruppo zurighese. Il direttore generale
Lukas Braunschweiler, contattato dall’agenzia stampa finanziaria Awp, ha indicato che la delocalizzazione dovrebbe
consentire risparmi di 15 milioni di franchi. L’operazione comprende un piano
sociale e licenziamenti, ha detto Braunschweiler. La fabbricazione propriamente detta di protesi si effettua già oggi essenzialmente in Cina e in Vietnam, aggiunge l’azienda, che ha un organico di
10mila persone nel mondo, di cui 1’200
nella Confederazione. Nel 2003, la quota
di dipendenti in Svizzera superava il
quarto del totale.
Intanto continua a pesare sull’industria
lo shock del franco dopo l’abbandono, il
15 gennaio, della soglia minima di cambio con l’euro da parte della Bns. L’indice
Pmi (Purchasing manager’s index) dei
responsabili degli acquisti dell’industria
elaborato da Procure.ch e Credit Suisse
ha chiuso a 47,3 punti, al di sotto della soglia di crescita fissata a 50.
Rallentamento iniziato a fine anno
In Ticino, stando all’indagine congiunturale attività manifatturiere a cura dell’Ustat, già nel quarto trimestre del 2014
vi erano segnali di raffreddamento. “La
produzione si colloca ancora a livelli superiori rispetto allo scorso anno, ma ha
iniziato a subire forti contrazioni su base
mensile”, si legge nella nota.
“La situazione è molto complessa – afferma Stefano Modenini, direttore Aiti citato nell’indagine –. L’improvvisa decisione della Bns ha incupito ancora di più
il panorama presente e futuro”. “I vantaggi derivanti dagli acquisti di materie prime e semilavorati nella zona euro sono
erosi dagli sconti imposti alle aziende
dai loro clienti”. Modenini è preoccupato
per i livelli occupazionali: “Nei prossimi
mesi si prospettano ristrutturazioni anche dolorose in termini di licenziamenti
e delocalizzazioni”.
In Svizzera occupa circa 1’200 dipendenti
KEYSTONE