Bovini da latte - Costi di produzione

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Bovini da latte - Costi di produzione
Sommario
Costi di produzione del latte bovino in Veneto (2013) ............................................................................... 3
1.
Le tipologie di allevamenti da latte prevalenti in Veneto ................................................................ 3
2.
Il costo di produzione del latte in Veneto: metodologia .................................................................. 5
2.1 Criteri di selezione per la definizione del campione ........................................................................ 5
2.2 Scheda di rilevazione dei dati aziendali............................................................................................. 6
2.2 Metodologia di calcolo del costo medio .......................................................................................... 7
3.
Risultati dell’indagine ................................................................................................................................ 9
3.1 Caratteristiche del campione .............................................................................................................. 9
3.2 Costi di produzione del latte ............................................................................................................... 10
Bibliografia......................................................................................................................................................... 16
2
Costi di produzione del latte bovino
in Veneto (2013)
1. Le tipologie di allevamenti da latte prevalenti
in Veneto
I dati del Censimento Istat sull’Agricoltura del 2010 disegnano un settore dei bovini da latte in Veneto
caratterizzato dalla dicotomia tra aziende di medio-grande dimensione con caratteristiche di
professionalità, competitività e modernità, e un tessuto di piccole e piccolissime stalle,
contraddistinto da un forte legame con il territorio e le produzioni tipiche locali. In termini di mandria,
secondo i dati censuari (Istat – 2010), il Veneto rappresenta il 9,5% del totale nazionale e il 10,2% del
totale delle stalle da latte italiane.
In Veneto viene prodotto circa il 10% del latte nazionale, con una forte concentrazione produttiva
nelle provincie di Vicenza e Verona che insieme rappresentano più della metà del latte veneto
(55,7%). Più dei 3/4 del latte veneto è destinato alla trasformazione casearia, con una prevalenza
nella produzione di formaggi a denominazione (circa il 50%), ma anche con una significativa
produzione di formaggi tipici non tutelati nonché di derivati lattiero-caseari di pregio. Parallelamente
circa i 2/3 del totale del latte veneto viene conferito in forma cooperativa ai caseifici sociali, mentre
la restante parte viene acquistata da aziende private. I formaggi Dop prodotti in Veneto sono:
Grana Padano, Asiago, Montasio, Monte Veronese, Provolone Valpadana, Taleggio, Casatella
Trevigiana e Piave.
Secondo quanto emerge dai dati Agea sulle consegne registrate e non rettificate dell’annata 20132014, il Veneto è la terza regione per produzione di latte dopo Lombardia (41,7%) ed Emilia Romagna
(16,2%) e prima del Piemonte (8,8%). La quantità di latte prodotta dal Veneto è lievemente, ma
costantemente, calata nell’ultimo decennio (passando da 1.196.469 tonnellate del 2003-2004 a
1.080.844 tonnellate del 2013-2014) e contemporaneamente è leggermente sceso il peso sul totale
nazionale, passando dall’11,1% al 10,0%.
Consegne di latte vaccino in Veneto e in Italia
tonnellate
campagna
Veneto
quota % Veneto
Italia
2003/04
1.196.469
10.746.981
11,1%
2004/05
1.170.405
10.635.900
11,0%
2005/06
1.165.941
10.863.957
10,7%
2006/07
1.174.761
10.857.574
10,8%
2007/08
1.146.848
10.803.172
10,6%
2008/09
1.119.336
10.561.433
10,6%
2009/10
1.102.719
10.527.848
10,5%
2010/11
1.095.425
10.642.683
10,3%
2011/12
1.110.572
10.876.217
10,2%
2012/13
1.094.515
10.806.666
10,1%
2013/14
1.080.844
10.771.439
10,0%
Fonte: elaborazione Ismea su dati Agea
3
Questa situazione è il risultato di un forte processo di selezione delle aziende da latte della regione
Veneto, che negli ultimi vent’anni ha visto calare considerevolmente il numero degli allevamenti,
con una progressiva concentrazione del settore in stalle sempre più grandi, come conseguenza
della chiusura di moltissimi allevamenti di piccole e piccolissime dimensioni. Negli ultimi anni solo i
grandi allevamenti hanno continuato ad aumentare la produzione e ciò ha permesso di
controbilanciare in termini produttivi l’effetto negativo derivante dalla diminuzione delle unità
produttive: a fronte di una flessione della produzione di circa il 10% nell’ultimo decennio, il numero
di allevamenti detentori di quote latte in Veneto (consegne più vendite dirette - Fonte Agea) si è
quasi dimezzato, passando da circa 7.254 unità nella campagna 2003-2004 a circa 3.833 unità nella
campagna 2013-2014.
Il fenomeno della concentrazione è evidenziato anche dal confronto dei dati degli ultimi due
censimenti: in particolare, tra il 2000 e il 2010 sono scomparse in Veneto ben il 59,9% delle stalle con
meno di 10 capi e il 63,8% di quelle tra i 10 i 49 capi e il numero di capi allevati in queste due tipologie
di aziende si è ridotto nel decennio rispettivamente del 65,5% e del 62,9%. A livello complessivo il
numero delle aziende con vacche da latte è diminuito del 51,4%. Anche in termini di capi allevati
nelle stalle da latte, tra il 2000 e il 2010 Istat rileva una forte diminuzione (-22,3%), che risulta però
meno consistente rispetto al calo del numero di aziende (-51,4%), a conferma dell’aumento della
dimensione media degli allevamenti da latte veneti.
Secondo i dati del censimento 2010 le aziende da latte con un numero di capi inferiore a 10
rappresentano ancora il 39,1% del totale delle aziende, ma allevano solo il 4,3% del numero totale
dei capi in produzione; dall’altro lato gli allevamenti con più di 50 capi costituiscono “solo” il 19%
delle aziende, ma rappresentano ben il 60,2% dei capi allevati. Il numero medio di capi negli
allevamenti da latte veneti è pari 29,5 bovine, che risulta inferiore sia alla dimensione media delle
stalle da latte italiane (31,8 capi nel 2010) ma è anche tra i valori più bassi di tutta l’area
settentrionale. Inoltre, molti dei piccoli allevamenti sono condotti da imprenditori vicini all’età
pensionabile o che l’hanno superata e che spesso in tali realtà non esiste la possibilità di un ricambio
generazionale: ben il 30% delle stalle da latte è condotta da persone che hanno più di 60 anni,
mentre solo il 20% delle aziende è condotta da giovani.
Aziende con vacche da latte e numero capi per classe di capi in Veneto e in Italia
Veneto
Classe di capi
n. aziende
1--9
%
Italia
n. capi
2.014
39,1%
6.485
10--19
805
15,6%
11.186
20--49
1.357
26,3%
42.564
50--99
682
13,2%
44.943
100--199
243
4,7%
200--499
50
4
5.155
500 e oltre
Totale
%
4,3%
n. aziende
%
n. capi
%
22.127
44,0%
82.629
5,2%
7,4%
8.462
16,8%
115.156
7,2%
28,0%
10.479
20,8%
323.172
20,2%
29,6%
5.339
10,6%
358.180
22,4%
30.443
20,0%
2.865
5,7%
378.941
23,7%
1,0%
13.589
8,9%
963
1,9%
264.426
16,5%
0,1%
2.653
1,7%
102
0,2%
76.938
4,8%
100,0%
151.863
100,0%
50.337
100,0%
1.599.442
100,0%
Fonte: ISTAT - Censimento generale dell'Agricoltura (2010)
A livello territoriale, come già sottolineato, esiste una forte concentrazione produttiva nelle provincie
di Vicenza e Verona, che insieme rappresentano più della metà del latte veneto (rispettivamente il
30,2% e il 25,5% del latte consegnato in Veneto nelle campagna 2013-14), seguite da Padova (18,8%)
e Treviso (14,7%); le altre tre provincie complessivamente si attestano intorno all’11% del totale: in
dettaglio, Venezia ,4,5%, Belluno 4,3% e Rovigo 2,1%.
Considerando, invece, la distribuzione del numero di aziende da latte assegnatarie di quote
(consegne+vendite dirette) nelle singole provincie si rilevano le seguenti percentuali: Vicenza 32%,
Verona 20%, Treviso 18%, Padova 16%, Belluno 9%, Venezia 4% e Rovigo 1%. Ne consegue che le
aziende di dimensioni maggiori sono concentrate nei territori delle province Verona e Padova,
4
mentre le aziende più piccole in termini di quote assegnate ricadono nella provincia di Belluno
anche in considerazione della forte presenza di stalle da latte di montagna.
Al di là del profilo provinciale possono essere individuate tre aree abbastanza ben delineate, che
rappresentano il fulcro della produzione di latte in Veneto:
•
Fascia della Lessinia/Verona/Sudovest di Verona
•
Nord-est e Sud-est di Vicenza compresa
•
La fascia trasversale prealpina (Altopiano di Asiago, massiccio del Grappa e Feltrino).
Si possono, quindi, individuare tre tipologie prevalenti per gli allevamenti da latte in Veneto:
A) Allevamenti di piccolissima (fino a 20 capi) e piccola (20-49 capi) dimensione, localizzati sia in
montagna che in pianura, a conduzione diretta/familiare, che producono latte normalmente
destinato alla trasformazione in formaggi tipici locali e formaggi Dop. In questi allevamenti il latte
prodotto è normalmente indirizzato alla trasformazione casearia, spesso in latteria sociale e quindi
con un coinvolgimento diretto dell’azienda agricola nei risultati e nella gestione economica del
caseificio. Nel caso degli allevamenti di montagna è molto frequente l’utilizzo del pascolo estivo.
Questa tipologia è molto numerosa in termini di aziende: dai dati del VI Censimento dell’Agricoltura
emerge che in Veneto gli allevamenti con meno di 50 capi sono ben 4.176 pari all’81%% del totale,
ma rappresentano una quota molto più esigua in termini di capi allevati: in queste stalle viene, infatti,
allevato il’39,7% dei bovini da latte censiti in Veneto.
B) Allevamenti di medie (50-99 capi) e grandi (100-199 capi) dimensioni a conduzione diretta del
proprietario con l’ausilio dei familiari, ma spesso anche con l’impiego di manodopera dipendente.
È la tipologia classica degli allevamenti che destinano il latte a Grana Padano e altri formaggi Dop.
La grande maggioranza di queste aziende è localizzata in tutta la pianura veneta e nelle fasce
collinari più basse, ma esiste anche un discreto numero di imprese che si trovano nelle zone
montane. In termini di numerosità questa tipologia rappresenta il 17,9% del totale Veneto, mentre in
termini di capi allevati pesa per il 49,6% risultando, quindi, la categoria più diffusa in termini di
mandria.
C) Allevamenti di grandissime (più di 200 capi) dimensioni, localizzati esclusivamente in pianura,
spesso con forte presenza di tecnologie per il controllo e la gestione (computer per la
somministrazione del mangime, robot di mungitura, macchine per la pulizia di stalla), con pressoché
totale presenza di manodopera salariata. Il latte prodotto viene destinato prevalentemente a latte
alimentare. Le stalle appartenenti a questa tipologia costituiscono solo l’1,1% del totale delle aziende
da latte venete, ma in termini di mandria rappresentano ben il 10,6% del totale delle bovine da latte
allevate in regione.
2. Il costo di produzione del latte in Veneto:
metodologia
2.1 Criteri di selezione per la definizione del campione
Il campione di indagine è stato individuato in primo luogo in base al criterio della rappresentatività,
tenendo conto, quindi, della distribuzione territoriale e delle caratteristiche strutturali del sistema
produttivo veneto. Per garantire una base dati significativa si è fissato a 20 il numero minimo di unità
da indagare, con il vincolo che almeno 5 realtà produttive si avvalessero del marchio di
certificazione Qualità Verificata1.
In fase di contatto è stato necessario adeguare le scelte inizialmente accordate alla effettiva
disponibilità delle aziende a partecipare all’indagine e a diffondere i propri dati contabili, pertanto
1
Legge regionale n. 12/2001 “Tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli e agro-alimentari di qualità”.
5
il campione finale è risultato composto da 26 aziende, le cui caratteristiche sono descritte nei
paragrafi successivi (cfr. 3.1)
2.2 Scheda di rilevazione dei dati aziendali
Per la raccolta dei dati tecnici ed economici necessari al calcolo dei costi medi degli allevamenti è
stata predisposta da ISMEA una specifica scheda di rilevazione aziendale relativa all’anno 2013.
La scheda è suddivisa in diverse sezioni la cui compilazione permette di acquisire le informazioni utili
a tracciare le caratteristiche tecniche e strutturali dell'allevamento e a calcolarne il costo medio di
produzione (costo per kg di latte prodotto e per capo/anno).
La scheda di rilevazione aziendale è strutturata nelle seguenti parti:
Anagrafica aziendale: in questa sezione il rilevatore ha registrato per ciascun allevamento la ragione
sociale, la forma di conduzione, la localizzazione, il codice di identificazione dato dalla P.IVA e/o
CF, e l'indicazione del regime IVA adottato (ordinario o semplificato di tipo forfettario). L'indicazione
del regime IVA è necessario per verificare che il valore di tutti i costi sia espresso al netto dell'Imposta
sul valore aggiunto. Poiché la grande maggioranza degli allevamenti da latte rientrano nel regime
ordinario si è scelto di considerare i valori dei corrispettivi della cessione e dell'acquisto di beni e
servizi al netto dell'IVA.
Superficie Agricola Utilizzata: per l'approccio metodologico adottato la ripartizione colturale
dell'azienda non è un dato necessario alla determinazione del costo medio di allevamento, ma
fornisce una caratterizzazione dell'azienda agricola dal punto di vista agronomico, oltre che
elementi utili per la verifica della congruità di altri dati forniti dall'allevatore. Tra questi rientrano la
quantità di foraggi e concentrati destinati al reimpiego in allevamento e la quantità di produzioni
vegetali vendute ad integrazione del reddito aziendale.
Manodopera impiegata: comprende il fabbisogno di ore lavoro prestate sia dagli impiegati e dagli
operai agricoli (a tempo determinato, indeterminato ed avventizio), sia dal conduttore e dai
collaboratori familiari, il cui costo non compare nella contabilità dell'azienda (se non nella parte
relativa ai versamenti degli oneri previdenziali). Per l'attribuzione del costo della manodopera alla
gestione dell'allevamento, la scheda prevede di indicare la ripartizione tra il fabbisogno di lavoro
necessario allo svolgimento delle normali attività di stalla e quello invece richiesto dalle altre attività
produttive che fanno capo alla medesima azienda (ad es. produzioni vegetali, siano esse destinate
alla vendita o al reimpiego nell'alimentazione del bestiame).
Produzione latte: questa sezione è importante per classificare l’azienda in termini dimensionali (kg di
latte prodotto in un anno), di produttività (resa espressa in kg/capo/anno) e qualità del latte
prodotto (contenuto in proteine, grasso e cellule somatiche. In questa stessa sezione sono rilevato
alcuni elementi utili a comprendere la gestione delle quote latte sia in termini volumi assegnati
all’azienda sia in termini di costi sostenuti per l’acquisto o l’affitto di titoli di produzione. La
predisposizione di una domanda ad hoc e di un campo note per il rilevatore ha consentito, inoltre,
di raccogliere informazioni di tipo qualitativo in merito alle scelte produttive che gli allevatori
intendono attuare all’indomani della cessazione del regime delle quote.
Composizione della mandria: questa sezione fornisce gli elementi necessari a completare il quadro
dimensionale dell’azienda, andando a rilevare in primo luogo le consistenze delle vacche da latte,
distinguendo tra il numero medio di capi in lattazione e in asciutta ai fini di una corretta valutazione
dei costi di alimentazione nelle diverse fasi produttive delle bovine. In questa sezione si rileva anche
la presenza e la movimentazione (acquisti/vendite) delle manze - al fine di tenere conto anche della
gestione della rimonta aziendale – e dei vitelli (nati, morti, venduti). Sempre in questa sezione, una
specifica unità di rilevazione è dedicata ad alcuni indicatori utili a caratterizzare l'azienda dal punto
di vista del grado di specializzazione ed orientamento produttivo, quali ad esempio la razza allevata,
l’età delle manze al primo parto, l’età media delle vacche in lattazione, il periodo di interparto,
l’incidenza percentuale della fecondazione artificiale e la stagionalità dei parti.
Razioni e consumi di materie prime destinate all'alimentazione del bestiame: la parte dedicata ai
consumi alimentari prevede un prospetto in cui il rilevatore nel corso della visita in azienda è
6
chiamato a imputare quantità e valore dei consumi dei diversi tipi di foraggi, mangimi, concentrati,
additivi ed integratori alimentari utilizzati nel corso dell'esercizio di riferimento, come risulta dalle
fatture di acquisto e dalla valutazione delle scorte di inizio e di fine anno. La scheda aziendale
prevede anche la rilevazione delle razioni alimentari somministrate nelle fasi di lattazione e di
asciutta, nonché l'indicazione del consumo medio per capo da rimonta. Una specifica sezione è,
poi, dedicata all’imputazione dei costi sostenuti complessivamente nel corso dell’esercizio oggetto
di indagine per l’alimentazione dei vitelli.
Altri costi di allevamento: in questa sezione sono indicate tutte le spese sostenute dall'imprenditore
nel corso dell'anno per l'acquisizione dei fattori di produzione e servizi destinati all'attività di
allevamento. Un maggior dettaglio è previsto per i consumi di carburanti e di lettimi per i quali il
rilevatore deve indicare anche le quantità, allo scopo di calcolare il fabbisogno medio per capo.
Per le altre voci si sono individuate preliminarmente quelle che possono essere imputate
direttamente al centro di costo rappresentato dall'allevamento: energia elettrica per le utenze della
stalla, medicinali, servizi veterinari, fecondazioni artificiali, assicurazioni (escludendo quelle sulle
colture per avversità atmosferiche), manutenzioni di stalle e fabbricati, manutenzioni dei macchinari
utilizzati nelle attività di stalla, smaltimento carcasse, materiali e minuterie imputabili all'allevamento,
quote di associazione alle organizzazioni di produttori di appartenenza, ecc. I costi generali
comprendono le quote di associazione alle organizzazioni professionali, i servizi di contabilità e
consulenza e tutti gli altri costi non direttamente ed interamente attribuibili alla produzione
zootecnica.
Macchinari e fabbricati: le ultime sezioni del questionario sono dedicate alla descrizione delle
macchine e dei fabbricati utilizzati per l'attività di allevamento ai fini del calcolo degli ammortamenti
e della stima degli interessi sul capitale investito. Nella sezione relativa ai macchinari è richiesta
l'indicazione del tipo, della potenza o, in alternativa, delle principali caratteristiche tecniche delle
macchine semoventi (trattori, desilatori, sollevatori, miscelatori unifeed, ecc.) e delle macchine
operatrici (carri miscelatori trainati, trinciapaglia, carri spandiletame, carri botte per liquami, ecc.) al fine di attribuire il rispettivo valore a nuovo sulla base dei costi di acquisto indicati dalle aziende
stesse oppure desunti dai listini di mercato. Per i fabbricati rappresentati da stalle si richiede
l'indicazione della superficie, la capienza massima in termini di capi e il tipo di stabulazione (feedlot
o a box) e di pavimentazione (piena a lettiera permanente o fessurato) al fine di definirne il rispettivo
valore a nuovo che è attribuito sulla base di schede tecniche elaborate dal CRPA2.
2.2 Metodologia di calcolo del costo medio
I costi di produzione sono calcolati considerando l'allevamento come unità operativa distinta da
quella relativa alla coltivazione dei fondi, anche quando quest'ultima è finalizzate alla produzione di
foraggi e concentrati reimpiegati per l'alimentazione del bestiame. Pertanto, il costo dei foraggi e
dei concentrati reimpiegati sono imputati al loro valore di mercato e non ai costi di produzione, i
quali – secondo l'approccio metodologico adottato - risultano a carico del centro di costo relativo
alla coltivazione della SAU aziendale.
La scheda aziendale, infatti, è stata strutturata in modo da poter identificare il maggior numero di
voci di costo oggettivamente attribuibili al centro zootecnico e ottenere gli elementi necessari a
ripartire i costi comuni. Le prime comprendono i costi specifici, sia variabili sia fissi, sostenuti per
l'acquisizione di fattori di produzione e servizi direttamente connessi alla gestione dell'allevamento
(acquisto delle lettiere, smaltimento delle carcasse, acquisito di medicinali, pagamento delle quote
di associazione alle OP, ecc.). La quota di fatturato dalla vendita del latte prodotto sul totale dei
ricavi aziendali è invece utilizzata quale parametro per la ripartizione dei costi comuni o congiunti,
ovvero quei costi che non sono direttamente riconducibili ad un particolare prodotto, ma che fanno
2 I costi di produzione dei ricoveri zootecnici – P. Rossi e A. Gastaldo, Centro Ricerche Produzioni Animali Reggio Emilia,
settembre 2007
http://www.crpa.it/media/documents/crpa_www/Pubblicazi/Collana-Su/Costi-Costruzione/Supp32-completo.pdf
7
capo all'attività di amministrazione generale dell'azienda agricola (consulenze, oneri bancari, quote
per organizzazione professionali, spese amministrative).
Nella scheda aziendale non vengono richiesti informazioni sui mutui o sui prestiti di conduzione,
perché l’analisi è prettamente economica e non finanziaria; pertanto, gli oneri bancari sono esclusi
dal calcolo del costo medio di produzione.
Non si considerano imposte e tasse.
I consumi alimentari (kg/capo/giorno) sono stati rilevati considerando le diverse fasi di allevamento
e delle rispettive durate (convenzionalmente attribuite):
a) vacche in lattazione, 305 giorni
b) vacche in asciutta, 60 giorni
c) manze da rimonta 365 giorni
Per i consumi alimentari dei vitelli è stato, invece, rilevato un dato annuale medio.
Per l'imputazione dei costi relativi agli altri fattori fissi di produzione, rappresentati principalmente dal
lavoro e dai macchinari, si è considerato il fabbisogno necessario alla sola gestione dell'allevamento,
e quindi le ore lavoro e la disponibilità di macchine e attrezzature dedicate alla conduzione delle
attività di allevamento (preparazione e distribuzione delle razioni, rinnovo lettiere, gestione effluenti,
ecc.). I costi non dedotti direttamente dalla contabilità aziendale, ma che derivano da una stima,
includono quelli relativi al lavoro familiare, agli interessi sul capitale investito in azienda e agli
ammortamenti. In particolare:
-
-
-
il lavoro famigliare è stato valutato secondo la tariffa salariale oraria prevista per gli operai
qualificati assunti a tempo determinato, comprensiva dei contributi previdenziali dovuti dai
coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali; è stata attribuita una giornata
lavorativa standard di 7,5 ore e nel caso di aziende molto piccole (meno di 20 capi) è stato
considerato solo il lavoro prestato dal conduttore.
le quote di ammortamento sono state stimate considerando un saggio del 3% per gli immobili
e del 12% per i macchinari, applicato al 50% del loro valore a nuovo, nell'ipotesi che immobili
e beni strumentali siano già stati ammortizzati per metà del loro valore. Non sono stati
considerati i macchinari con un grado di obsolescenza superiore ai 10 anni. Per le stalle sono
stati presi in considerazione i valori medi di costruzione espressi in euro/mq di superficie
coperta per una struttura “tipo” (comprendente il corpo stalla, il corpo mungitura e le
strutture di stoccaggio effluenti) con capienza di 100 vacche da latte; per le stalle da rimonta
i costi di costruzione (espressi in euro/mq di superficie coperta) sono riferiti, invece, a una
struttura con capienza media di circa 70 capi. Per i capannoni il valore a nuovo è stato
calcolato considerando il costo medio di costruzione3 (espresso in euro/mq), applicato alla
superficie dichiarata nei questionari aziendali.
il capitale fondiario è stato valutato in base al valore di affitto della terra nella zona in cui
l’azienda opera (come da scheda di rilevazione);
per il calcolo degli interessi sul capitale agrario o capitale di esercizio, in base al principio del
costo di opportunità si è applicato un tasso pari al rendimento medio dei BOT a 12 mesi, pari
nel 2013 allo 0,99%4; il capitale agrario è stato scomposto nelle sue due componenti:
o il capitale di scorta (rappresentato dai beni che non esauriscono il proprio ciclo
produttivo nell’arco dell’esercizio) è dato dalla somma del valore a nuovo dei
macchinari e attrezzature e il valore del bestiame presente in azienda a inizio anno;
in particolare, nelle aziende da latte, sono stati considerati i prezzi degli animali da
allevamento di fonte ISMEA per le vacche e le manze in relazione alla razza di
appartenenza. Non si considerano le scorte di prodotti (sementi, foraggi, lettimi, ecc.)
3 I costi di costruzione delle strutture accessorie per l’allevamento P. Rossi e A. Gastaldo, Centro Ricerche Produzioni Animali
Reggio Emilia, 2008
http://www.crpa.it/media/documents/crpa_www/Pubblicazi/Collana-Su/costi-strutture-accessorie/supp37completo.pdf
4 Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro
(http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/debito_pubblico/dati_statistici/Riepilogo_principali_tassi_2
013.pdf)
8
o
in quanto l’ipotesi di base della metodologia di calcolo è che tali input siano
acquistasti sul mercato.
il capitale di anticipazione: il saggio dello 0,99% è stato applicato alla somma delle
uscite di cassa necessarie all’acquisto dei mezzi tecnici e dei servizi nell’arco
dell’esercizio (costi diretti + costo del lavoro dipendente).
Il costo totale di produzione di ciascuna azienda è, infine, diviso per la produzione annuale di latte
al fine di ottenere il costo espresso in euro/100 kg di latte prodotto. Il costo di produzione del
campione è, poi, calcolato come la media aritmetica dei costi delle singole aziende.
3. Risultati dell’indagine
3.1 Caratteristiche del campione
Il campione di aziende utilizzato per la valutazione dei costi medi di produzione del latte vaccino in
Veneto è costituito da 26 aziende, con una prevalenza di realtà di grandi dimensioni (oltre 100
vacche da latte). Tale scelta è stata dettata da motivi di opportunità, in ragione della complessità
del questionario di rilevazione e della effettiva disponibilità delle aziende a diffondere i propri dati
contabili. La dimensione media delle aziende del campione si attesta su 96 capi.
Distribuzione delle aziende del campione per provincia e classe dimensionale
classe dimensionale (n. capi)
0-49
50-99
100-199
oltre 200
Totale
Belluno
-
1
-
1
Padova
1
1
1
-
Pordenone
-
2
-
2
Treviso
2
3
2
-
7
Venezia
-
2
-
2
Verona
2
-
1
1
4
Vicenza
2
1
3
1
7
Totale complessivo
7
6
11
2
26
3
Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del latte bovino
Rispetto alla distribuzione territoriale le aziende del campione sono tutte localizzate in Veneto (tranne
due che si trovano in provincia di Pordenone ma che sono state indagate perché soci conferenti di
una importante realtà cooperativa veneta), con una prevalenza di allevamenti situati nelle province
di Treviso e Vicenza in coerenza con la rilevanza dell’attività produttiva in questi areali.
Complessivamente il campione rappresenta una produzione di 19.211.833 kg di latte nel 2013, pari
a poco meno del 2% della produzione di latte della regione Veneto nello stesso anno di riferimento
(Fonte: Agea). La razza prevalente per la produzione di latte in Veneto è la Frisona Italiana, che
garantisce elevate prestazioni produttive, ma sono presenti anche allevamenti di Bruna, soprattutto
nelle zone montane in considerazione della buona resistenza di questa razza, e di Pezzata Rossa,
che essendo a duplice attitudine garantisce anche una fonte di reddito derivante dalla vendita di
animali da carne. Le aziende del campione sono caratterizzate da una produttività abbastanza
elevata (oltre 77 quintali per vacca), ma inferiore a quella mediamente registrata negli allevamenti
in Veneto i cui capi iscritti ai libri genealogici – e quindi caratterizzate da elevati parametri di resa e
di qualità – producono oltre 85 quintali/anno (Fonte: AIA – controlli funzionali).
In media ad ogni ettaro di foraggere dell’azienda (in proprietà o in affitto) sono associate 2 vacche.
La scarsa disponibilità di terra delle aziende da latte del Veneto potrebbe compromettere le
potenzialità di sviluppo del comparto: il carico di bestiame per ettaro in Veneto è tra i più elevati
d’Italia e questo comporta gravi problemi di sostenibilità ambientale, soprattutto per quanto
riguarda il carico di bestiame per ettaro stabilita dalla direttiva nitrati dell’UE (Direttiva 91/676/CEE).
9
Nel Veneto in ogni stalla da latte vengono allevati in media 29,5 bovine, una media inferiore a quella
nazionale (31,8) e tra le più basse di tutta l’area settentrionale (Fonte: VI Censimento ISTAT, 2010).
Caratteristiche tecniche delle aziende del campione
Indicatori
udm
Aziende (n.)
n.
26
Razza prevalentemente allevata
Vacche in lattazione e asciutta (n.)
Frisona
n.
96
Produzione per vacca (Kg/anno)
Kg/anno
7.709
Produzione totale di latte (Kg/anno)
Kg/anno
738.917
Contenuto in grasso (%)
%
3,83
Contenuto in proteine (%)
%
3,37
SAU foraggera (in proprietà e in affitto)
ha
Vacche per ettaro di foraggere
n.
39
2,4
Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del latte bovino
3.2 Costi di produzione del latte
3.2.1 Costi medi di produzione del campione
Il costo di produzione delle aziende che hanno partecipato all’indagine – calcolato con riferimento
all’esercizio 2013 - è risultato in media pari a 63,31 €/100 kg di latte, con un’incidenza del 66% dei
costi diretti e del restante 34% per i costi dei fattori produttivi (terra, capitale, lavoro).
Costi medi di produzione degli allevamenti da latte in Veneto nel 2013
Voci di costo
€/100 kg latte
% su tot.
27,95
44,1%
Alimentazione vitelli
0,51
0,8%
Acquisto capi
1,04
1,6%
Carburante
1,97
3,1%
Energia elettrica
1,49
2,3%
Acqua
0,24
0,4%
Veterinario+medicinali+fecondazione
1,76
2,8%
Manutenzione fabbricati
0,89
1,4%
Manutenzione macchine e impianti
1,49
2,3%
Assicurazioni
0,97
1,5%
Materiale vario (incluso lettimi)
1,34
2,1%
Spese generali
1,92
3,0%
Altri costi
0,38
0,6%
41,93
66,2%
Ammortamento macchine
2,54
4,0%
Ammortamento fabbricati
2,46
3,9%
Alimentazione (inclusa rimonta)
COSTI DIRETTI
Costo terra (in affitto + in proprietà)
3,51
5,5%
Manodopera familiare
10,34
16,3%
Manodopera salariata
1,38
2,2%
Interessi su cap. agrario
1,16
1,8%
COSTI DEI FATTORI PRODUTTIVI
21,39
33,8%
COSTO TOTALE DI PRODUZIONE
63,31
100,0%
Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del latte bovino
10
L’alimentazione delle bovine rappresenta la quota preponderante del costo totale di produzione
con un’incidenza media del 44% nel campione oggetto di indagine. L’incidenza delle spese di
alimentazione dipende da diversi fattori, in primis dalla dimensione aziendale in termini di capi in
lattazione: si passa da 35% nelle aziende piccole (fino a 50 capi) al 51% nelle aziende di medie e
grandi dimensioni (tra 50 e 200 capi), per arrivare al 55% nelle aziende di grandissime dimensioni. La
differenza dei costi di alimentazione dipende anche dalla capacità di autoproduzione dell’azienda
(e quindi dalla SAU disponibile); un’ulteriore differenza sta nella disponibilità di silos o strutture per la
conservazione delle materie prime prodotte direttamente in azienda, cosa che permette di ricorrere
al mercato solo per l'acquisto di nuclei integrati specialistici. Tra i due estremi, acquisto e/o
produzione di materie prime e acquisto di solo mangime finito, esistono poi tutte le situazioni
intermedie che dipendono dalla capacità dell'allevatore, dal suo consulente alimentare e dal
rapporto con il mangimificio, oltre che dalle dimensioni dell’allevamento.
Fermo restando che nel presente report le materie prime destinate all’alimentazione sono state
valutate ai prezzi di mercato (ipotizzando quindi che tutti gli alimenti – foraggi, mangimi concentrati
semplici e composti – siano acquistati dall’allevatore) è possibile individuare alcune “razioni tipo”
diffuse nei differenti allevamenti regionali.
Nelle aziende di piccolissime (fino a 10 capi) e piccole (10-50 capi) dimensioni le razioni alimentari
prevalenti sono molto elementari e, in genere, si limitano all’utilizzo di due sole componenti: fieno (in
prevalenza fieno polifita, vista la notevole diffusione dei prati permanenti) e mangime concentrato
composto. Considerando rese mediamente più basse, per le vacche in lattazione non sono
indispensabili le integrazioni proteiche ed è possibile l’impiego di una razione più leggera (sia in
termini di apporti nutritivi che di Kg).
Spesso il fieno di medica viene sostituito da 5-7 Kg di insilato di erba o di fieno fasciato soprattutto
nelle realtà montane dove la coltivazione dell’erba medica è più difficoltosa e le condizioni
climatiche e meteorologiche allungano i tempi di fienagione o comportano problemi di essicazione.
Un’ulteriore differenziazione può dipendere dalla disponibilità o meno di un carro miscelatore per la
distribuzione degli alimenti con il metodo “unifeed”, poiché in questo caso il mangime composto
della razione può essere sostituito da cereali (mais e orzo, circa 6-7 kg) e nucleo proteico integrato
(circa 4-5 kg). Bisogna poi considerare che negli allevamenti da latte veneti localizzati in montagna
è molto diffusa la pratica del pascolo in alpeggio, che viene realizzata per circa 3 mesi all’anno
(giugno, luglio, agosto). Per 90 giorni all’anno, in genere, il fieno viene sostituito dal foraggio assunto
al pascolo e contemporaneamente si riduce la somministrazione del mangime composto
(normalmente a circa 4-5 Kg) che è risulta però sempre necessario per compensare il deficit
energetico e proteico della vacca in lattazione al pascolo. La razione alimentare per le bovine in
fase di asciutta è limitata al fieno di medica e al mangime specifico per asciutta, mentre per le
manze da rimonta è frequente anche l’aggiunta di farina di mais oltre all’impiego di un mangime
specifico da allevamento.
Consumi alimenti nelle aziende di piccole dimensioni (fino a 50 capi)
Alimenti (kg/capo/gg)
Vacche in lattazione
Vacche in asciutta
Rimonta
10,0
11,0
5,0
Fieno di erba medica
Farina di mais
3,5
-
-
3,75
-
1,25
Mangime composto
9,0
2,5
2,5
22,5
13,5
12,5
Fieno polifita o di prato stabile
Totale
Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del latte bovino
Nelle aziende di medie (50-99 capi) e grandi (100-199 capi) dimensioni è molto diffusa una razione
alimentare incentrata essenzialmente sul silomais. È diffuso anche l’impiego di un mangime
concentrato composto con l’aggiunta di 2-5 kg di fieno per capo al giorno. Nella zona
pedemontana delle provincie di Vicenza e Treviso, dove la produzione di mais non è ottimale per
qualità e rese basse produttive, il silomais viene sostituito con il sorgo, anche fino a 35-45 Kg capo al
giorno. Per quanto riguarda il pascolo estivo, a differenza di quanto avviene per le piccole aziende
11
montane, normalmente le aziende medio-grandi conducono al pascolo solo le manze e le vacche
in asciutta, per ridurre le perdite di produzione e gli infortuni delle bovine, entrambi particolarmente
dannosi per le razze più produttive e delicate come la Frisona.
La razione alimentare per le bovine in fase di asciutta è a base di insilato di mais ed è normalmente
somministrata con la tecnica “unifeed”; spesso al posto del mangime per asciutta possono essere
utilizzati dei nuclei proteici (circa 1,5 kg) e paglia (circa 2 kg). Per l’alimentazione delle manze da
rimonta, al fine di evitare l’eccessivo ingrassamento delle giovani bovine con conseguenti problemi
al primo parto, l’uso del silomais è più limitato e integrato nuclei proteici e da un maggiore apporto
di foraggi.
Consumi alimenti nelle aziende di medie (50-99 capi) e grandi (100-199 capi) dimensioni
Alimenti (kg/capo/gg)
Fieno polifita o di prato stabile
Fieno di erba medica
Silomais
Farina di mais
Mangime composto
Nucleo proteico
Totale
Vacche in lattazione
Vacche in asciutta
Rimonta
4,0
6,0
5,0
2,0
27,5
7,5
3,0
5,0
-
0,6
-
2,5
-
1,5
-
1,5
40,0
16,0
15,6
5,5
Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del latte bovino
Nelle aziende di grandissime dimensioni (oltre 200 capi) le tecniche alimentari sono molto sofisticate
e si utilizzano razioni molto complesse generalmente basate su foraggi insilati, fieni essiccati e
mangimi concentrati e/o farine. La forte concorrenza esercitata dagli impianti di biogas, che
funzionano prevalentemente con trinciato di mais e ne hanno fatto notevolmente crescere il prezzo
di mercato, sta incentivando l’impiego di altri insilati come quello di frumento. Inoltre, considerando
l’incremento dei costi delle fonti proteiche, le razioni sono sempre più indirizzate verso un contenuto
proteico più ridotto. In genere in questa tipologia aziendale i costi della razione sono, quindi, più
elevati rispetto all’alimentazione delle bovine negli allevamenti di dimensione media o mediogrande. In relazione alla dimensione aziendale, infatti, l’incidenza dell’alimentazione sui costi totali
di produzione va da un minimo del 35% nelle realtà più piccole ad un massimo del 53% nelle aziende
di grandi dimensioni, proprio in considerazione dell’impiego di razioni più composite e di
conseguenza più onerose, a fronte di rese produttive mediamente più elevate.
Per quanto riguarda gli altri costi variabili, si rileva un’incidenza significativa per i rifornimenti di gasolio
ed energia (in media pari al 5,5% dei costi totali), che risultano mediamente più onerosi nelle aziende
molto piccole (6,58 €/100 kg) - soprattutto se localizzate in aree svantaggiate - e si riducono man
mano che si realizzano gli effetti di scala negli allevamenti più grandi (2,55 €/100 kg). Situazione
decisamente opposta per i costi sostenuti per le prestazioni veterinarie, l’acquisto di medicinali e
fiale per la fecondazione artificiale, che rappresentano in media il 2,8% dei costi totali: si va da un
minimo di 1,63 €/100 kg nelle aziende piccole a un massimo di 2,21 €/100 kg nelle realtà di medie
dimensioni e tale divario è giustificato proprio dalla differente dimensione che vede un minore ricorso
di medicinali e vaccinazioni nelle realtà con meno capi in stalla.
Altra voce di costo da considerare è rappresentata dai materiali utilizzati in stalla, sia per la lettiera
(in prevalenza paglia, ma anche stocchi e segatura) sia per la detersione e disinfezione di animali e
ambienti: tale spesa incide in media per il 2,1% dei costi totali e non è caratterizzata da grandi
oscillazioni in relazione alla dimensione aziendale (sebbene più onerosa nelle realtà piccole).
Le manutenzioni sono voci di spesa molto variabili da un anno all’altro, anche perché legate
all’effettivo grado di impiego di impianti e macchinari, oltre che dal grado di obsolescenza degli
stessi (incluso i fabbricati). Nel 2013 tale voce ha rappresentato in media il 3,8% dei costi totali,
risultando pari a 2,38 €/100 kg.
12
Altri costi specifici (smaltimento carcasse, affitto quote latte, trasporto bestiame, ecc.) e spese
generali (quote associative, certificazioni, servizi di contabilità, ecc.) hanno mediamente
un’incidenza del 3,6% sui costi totali, attestandosi a 2,29 €/100 kg.
Costi medi di produzione per classe di dimensione aziendale (2013)
Dimensione aziendale
Caratteristiche
vacche in lattazione (n. medio/anno)
latte prodotto (kg/anno)
fino a 49 capi
50-99 capi
oltre 100 capi
30
60
148
142.705
525.295
1.158.548
Voci di costo
Alimentazione (inclusa rimonta e svezz. vitelli)
32,55
25,71
27,51
Acquisto capi
2,24
0,00
0,87
Carburante
3,98
0,88
1,40
Energia elettrica
2,60
0,91
1,15
Acqua
0,60
0,04
0,13
Veterinario+medicinali+fecondazione
1,63
2,21
1,62
Manutenzione fabbricati e macchine
4,07
1,57
1,84
Assicurazioni
2,40
0,51
0,41
Materiale vario (incluso lettimi)
1,66
1,03
1,30
Spese generali
0,41
0,56
0,27
Altri costi
3,66
1,68
1,09
55,82
35,09
37,60
7,34
5,21
3,64
COSTI DIRETTI
Ammortamento fabbricati e macchine
Costo terra (in affitto+in proprietà)
6,94
2,60
2,08
Manodopera familiare
21,45
9,36
4,80
Manodopera salariata
0,00
1,02
2,30
Interessi su cap. agrario
1,41
1,17
1,02
COSTI DEI FATTORI PRODUTTIVI
37,14
19,36
13,84
COSTO TOTALE DI PRODUZIONE
92,96
54,45
51,44
Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del latte bovino
La dimensione dell’allevamento può determinare significative economie di scala sugli oneri relativi
all’impiego dei fattori produttivi fissi, in particolare sul costo del lavoro che rappresenta la
componente più rilevante dei costi di produzione del latte (incidenza media pari al 18,5%) dopo
quella relativa all’alimentazione. Coerentemente con la metodologia adottata, nel computo delle
ore di lavoro attribuite all’allevamento si sono considerati esclusivamente i fabbisogni relativi alle
attività strettamente connesse - come la distribuzione degli alimenti, la mungitura, il rinnovo delle
lettiere, la gestione degli effluenti -, escludendo il tempo dedicato alla coltivazione dei fondi o ad
attività di tipo amministrativo. La dimensione elevata di alcune aziende (oltre i 100 capi in lattazione)
giustifica la presenza di lavoratori salariati, ma nel campione oggetto di indagine è decisamente
prevalente il lavoro famigliare, che è stato valutato secondo la tariffa salariale prevista per gli operai
qualificati. In particolare, quando i livelli di produttività sono molto bassi, si è assunto che il fabbisogno
di lavoro sia soddisfatto esclusivamente dal conduttore (e in questo il lavoro familiare più che un
costo rappresenta a tutti gli effetti la remunerazione stessa dell’impresa). Il costo medio del lavoro
famigliare nel totale delle aziende del campione si attesta a 10,34 €/100 kg a fronte di 1,38 €/100 kg
per il lavoro salariato.
Le medesime considerazioni sull’incidenza del lavoro in funzione della dimensione valgono in linea
teorica anche per i costi del capitale investito in azienda. L’indivisibilità dei mezzi di produzione, quali
gli immobili e i macchinari, e la diversa intensità nel loro impiego producono economie sul costo del
capitale e sugli ammortamenti tanto più elevate quanto più è alto il grado di utilizzo della capacità
13
produttiva dell’allevamento. In media la rilevanza di tali voci sul costo totale è pari al 15%, passando
da un massimo del 17% per gli allevamenti più piccoli a un minimo del 13% per le realtà molto grandi.
Incidenza delle principali voci di costo per dimensione aziendale (%)
100%
90%
80%
9%
23%
19%
14%
16%
17%
13%
11%
50%
40%
7%
13%
70%
60%
6%
16%
30%
20%
47%
53%
50-99 capi
oltre 100 capi
35%
10%
0%
fino a 49 capi
alimentazione
servizi e utenze
ammortamenti e interessi
lavoro
altri costi
Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del latte bovino
3.2.2 Costi medi di produzione per le aziende del campione aziende che aderiscono alla LR
n.12/2001 “Tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli e agro-alimentari di qualità”
Uno degli obiettivi della presente indagine è quello di valutare eventuali differenze tra i costi di
produzione delle aziende aderenti al Disciplinare Qualità Certificata promosso dalla Regione
Veneto. La Regione Veneto nell'ambito della Legge Regionale n. 12 del 31 maggio 2001, per la
"Tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli e agro-alimentari di qualità" ha istituito un sistema di
qualità riconoscibile dal consumatore mediante il marchio Qualità Verificata (di seguito indicato
con l’acronimo QV). I principali obiettivi dell’adesione al marchio sono:
• il miglioramento della qualità delle produzioni;
• la tutela dell'ambiente;
• il benessere e la salute degli animali;
• il miglioramento delle informazioni ai consumatori.
Nello specifico le aziende che aderiscono al disciplinare QV devono attenersi a particolari
indicazioni riguardanti l’alimentazione. La specificità del latte crudo e alimentare vaccino ottenuto
secondo il disciplinare QV è data dai seguenti fattori:
• controllo del processo produttivo;
• particolari proprietà nutrizionali del latte, ottenute attraverso l'uso di alimenti zootecnici ricchi di
grassi polinsaturi del tipo "omega-3" come il seme di lino;
• attenzione al benessere animale, mediante l'applicazione di idonee condizioni di stabulazione e
l'impiego di razioni alimentari conformi ai fabbisogni nutrizionali.
Il disciplinare si applica a tutte le fasi di allevamento - mungitura compresa - di bovine per la
produzione di latte crudo. Include, inoltre, alcuni requisiti e specifiche riguardanti fasi della
14
produzione ed attività svolte da altri operatori della filiera (trattamenti termici, trasformazione ed
etichettatura)5.
In fase di campionamento sono state identificate 12 aziende che aderiscono al disciplinare QV. Dal
punto di vista strutturale si tratta soprattutto di realtà di grandi dimensioni (con oltre 100 capi): la
dimensione media rilevata è, infatti di 111 vacche in lattazione caratterizzate da una resa molto
elevata, pari a circa 90 quintali di latte per capo all’anno.
Sub campioni di aziende aderenti e non aderenti disciplinare QV
Caratteristiche dei sub campioni
Certificazione QV
NO Qualità Verificata
Aziende (n.)
12
14
Vacche in lattazione (n.)
111
83
Latte prodotto (kg/anno)
896.870
603.528
Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del latte bovino
Le aziende del sub campione QV nel 2013 hanno sostenuto un costo di produzione pari a 60,31 €/100
kg di latte, che risulta inferiore sia rispetto alla media del campione complessivamente considerato
sia rispetto alle aziende non certificate, proprio in ragione della presenza di aziende molto grandi
che sfruttano economie di scala e hanno rese nettamente più elevate.
Costi medi di produzione del latte nei sub campioni
Voci di costo
Certificazione QV
€/100 kg latte
Alimentazione (inclusa rimonta)
NO Qualità Verificata
incidenza su tot.
€/100 kg latte
incidenza su tot.
28,47
47,2%
27,50
41,7%
Alimentazione vitelli
0,33
0,6%
0,65
1,0%
Acquisto capi
0,49
0,8%
1,51
2,3%
Carburante
2,41
4,0%
1,59
2,4%
Energia elettrica
1,20
2,0%
1,73
2,6%
Acqua
0,23
0,4%
0,25
0,4%
Veterinario+medicinali+fecondazione
1,77
2,9%
1,75
2,7%
Manutenzione macchine e fabbricati
2,39
4,0%
2,37
3,6%
Assicurazioni
1,39
2,3%
0,61
0,9%
Materiale vario (incluso lettimi)
1,02
1,7%
1,61
2,4%
Spese generali
2,38
3,9%
1,51
2,3%
Altri costi
0,37
0,6%
0,38
0,6%
42,46
70,4%
41,46
62,9%
Ammortamento macchine e fabbricati
4,65
7,7%
5,30
8,0%
Costo terra (in affitto + in proprietà)
3,12
5,2%
3,84
5,8%
Lavoro
8,98
14,9%
14,07
21,4%
COSTI DIRETTI
Interessi su cap. agrario
1,08
1,8%
1,22
1,8%
COSTI DEI FATTORI PRODUTTIVI
17,84
29,6%
24,43
37,1%
COSTO TOTALE DI PRODUZIONE
60,30
100,0%
65,89
100,0%
Fonte: ISMEA – indagine campionaria costi di produzione del latte bovino
Mettendo a confronto le voci di costo per la produzione di 100 kg di latte, risulta che le aziende che
aderiscono al disciplinare di produzione QV devono sostenere dei costi diretti più elevati rispetto alle
5
Per approfondimenti si rimanda all’allegato F della Deliberazione della Giunta Regionale n. 1330 del 23 luglio 2013
“Disciplinari di produzione prodotti zootecnici”, Legge Regionale 31 maggio 2001, n. 12 “Tutela e valorizzazione dei prodotti
agricoli e agro-alimentari di qualità” e successive modifiche ed integrazioni.
15
aziende non certificate QV (in totale 1 € in più per 100 Kg di latte prodotto seguendo il disciplinare
QV), con un‘incidenza superiore sul costo totale (il 70% a fronte del 63%). In particolare, tale
differenza è imputabile al costo dell’alimentazione, che per le aziende certificate risulta essere più
alto (28,47 €/100 kg di latte prodotto contro i 27,50 €/100 kg di latte prodotto nelle aziende non
certificate).
Anche la voce relativa alle spese generali si attesta su valori leggermente più alti per le aziende che
producono latte a marchio QV (2,38 €/100 kg di latte prodotto contro 1,51 €/100 kg delle aziende
senza certificazione); in questa voce di spesa, infatti, rientra il costo sostenuto per la certificazione,
oltre agli altri oneri legati a quote associative e organizzazioni sindacali.
Per quanto riguarda i costi dei fattori produttivi, le aziende QV evidenziano un minore impatto dei
costi della manodopera, ma tale vantaggio non è legato all’adesione alla certificazione ma è da
imputare esclusivamente alla dimensione più elevata e allo sfruttamento di scala. Anche la voce
relativa alle spese generali si attesta su valori leggermente più alti per le aziende che producono
latte a marchio QV (2,38 €/100 kg di latte prodotto contro 1,51 €/100 kg delle aziende senza
certificazione); in questa voce di spesa, infatti, rientra il costo sostenuto per la certificazione, oltre
agli altri oneri legati a quote associative e organizzazioni sindacali.
Bibliografia
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C.R.P.A. (2007), “I costi di costruzione dei ricoveri zootecnici”, a cura di: P. Rossi e A. Gastaldo, I
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C.R.P.A. (2008), “I costi di costruzione delle strutture accessorie per l’allevamento”, a cura di: P. Rossi
e A. Gastaldo, I supplementi di Agricoltura 32, redazione Agricoltura, Bologna
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Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro, Principali tassi di interesse, dati
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Serpieri A. (1956), Istituzioni di economia agraria, Edagricole, Bologna
Direzione Servizi per il Mercato
Redazione ed elaborazione dati a cura di: Mariella Ronga e Linda Fioriti
e-mail: [email protected]
www.ismeaservizi.it
www.ismea.it
16