In Via Croce Bianca, una piccolissima traversa di Via Garibaldi a
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In Via Croce Bianca, una piccolissima traversa di Via Garibaldi a
I n Via Croce Bianca, una piccolissima traversa di Via Garibaldi a pochi passi dal centro storico, si affaccia la vetrina di una delle ditte più antiche e suggestive della città. L'insegna verde, che sormonta il piccolo ingresso, non lascia scampo ad equivoci: siamo davanti alla "Casa del Pampepato". Leggo, sulla porta socchiusa, una targhetta blu che recita "aperto" mentre un delicato odore di cacao si sparge nell’aria. Non resisto. Entro. Mi accoglie Oddone di Caro, erede dell’azienda di famiglia giunta alla terza generazione. Appena si mette piede nel laboratorio si ha la percezione che tutto ciò che ci circonda provenga da un’altra epoca. L’enorme stanza bianca è circondata da apparecchiature di ogni genere ancora in uso. Mentre due paioli di rame sul fuoco sbuffano bollendo l’arancia candita, mi avvicino al più antico macchinario: un impianto per la preparazione del torrone che risale alla fine dell’ottocento “è la più vecchia macchina che c’è qui dentro” mi dice “si è rotta quest’anno e ho dovuto aspettare sette mesi perchè venisse riparata, ma ora funziona perfettamente”. A parte una radio che trasmette la musica di una nota stazione, nulla sembra appartenere al XXI secolo. Ci sono bilance meccaniche dai piatti d’orati e antiche insegne imballate su di uno scaffale. “sembra che il tempo si sia fermato”, mi viene spontaneo dirgli. Mi porta vicino al bancone, dietro il quale sono esposti tutti i prodotti in vendita. "Mio nonno fu il primo a Ferrara a mettersi in proprio, dedicandosi alla produzione del pampepato", mi confida con orgoglio mostrandomi il libro sulla storia di questo dolce. "Era un pasticcere della FIS, la vecchia Fabbrica Italo Svizzera, ed è stato lui a scegliere di colare sul pampepato lo strato di cioccolato che siamo abituati a vedere". C’è un dubbio che affligge molti ferraresi (me compreso): “Si dice pampepato o pampapato?”. “Si può dire in tutti e due i modi. Originariamente si chiamava panspeziato per via del forte sapore e dell’utilizzio di spezie. Il mio è pampepato quello di un altra azienda pampapato, ma non cambia nulla.”. Continuo con grande curiosità il giro e mi ritrovo in una stanza stretta ed altra, con scaffali pieni di dolci e una capiente cisterna che scioglie e mantiene a temperatura la cioccolata. La colatura del cioccolato, mi spiega Oddone, avviene principalmente di mattina. Alla sera si versa nella macchina il cioccolato finissimo al 75% e al mattino presto, attorno alle 5, si iniziano i preparativi per colarlo sui pampepati, che passeranno successivamente sotto un lungo tunnel refrigerante. L’ultimo passo è quello dell’imballaggio. Se pensate che a vestire con la carta argentata questi prodotti dell’artigianato ferrarese siano braccia meccaniche vi sbagliate, qui anche l’ultima fase è fatta rigorosamente a mano, come vuole la tradizione. Poco dopo il mio arrivo entrano alcuni dipendenti, che si dispongono attorno ad un immenso tavolo di marmo. Il clima che si crea è allegro e conviviale, c’è chi fa battute e chi si inventa soprannomi. Ha inizio così la vera e propria preparazione. Si toglie dal fuoco l’arancia candita e la si versa nel catino di una macchina mescolatrice, “molte aziende utilizzano vari tipi di frutta candita, ma la vera ricetta prevede solo l’arancia” precisa Oddone. Si aggiungono successivamente buste di cacao, zucchero e se occorre anche altra acqua. Seguono nocciole e mandorle, che vengono importate e tostate direttamente nel laboratorio, infine viene versato un mix di spezie la cui composizione resta rigorosamente segreta. “Assisterai alla preparazione dei papepatini, non cambia nulla se non la dimensione e il tempo di cottura” mi dice mentre pesa e divide l’impasto appena uscito dalla macchina. Da questo momento inizia un incredibile lavoro, svolto tutto con le abilità manuali degli addetti. Si ricavano dall’impasto piccole porzioni che passano nelle mani degli operai. C’è chi le schiaccia, chi le arrotonda e chi le dispone sulle teglie. Si riempiono in pochissimo tempo quasi quattro carrelli, che vengono infornati uno ad uno. Una volta raffreddati saranno ricoperti di finissimo cioccolato e pronti per essere venduti. Saluto Oddone e il suo staff felice di aver scoperto una realtà ancora legata alle tradizioni, dove le macchine non sostituiscono l’uomo, ma si uniscono in un legame sinergico per dar vita a quello che è il dolce ferrarese per eccellenza. Il rispetto per il lavoro unito alla grande qualità delle materie prime e alla cura nella preparazione fanno del “Pampepato Estense” un modello imprenditoriale a cui ispirarsi in un momento di crisi come questo.