Gianpaolo Nozza Matricola: 26850 Riassunto tesi GLI EXCHANGE

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Gianpaolo Nozza Matricola: 26850 Riassunto tesi GLI EXCHANGE
Gianpaolo Nozza
Matricola: 26850
Riassunto tesi
GLI EXCHANGE TRADED FUNDS:
DIFFERENZE E ANALOGIE RISPETTO AI FONDI COMUNI DI
INVESTIMENTO TRADIZIONALI
Gli ETF (Exchange Traded Fund) sono una particolare tipologia di fondi
d’investimento dotati della peculiarità di essere trattati come azioni: in quanto fondi,
permettono di ottenere un elevato livello di diversificazione dell’investimento, con una
sola transazione, mentre in modo del tutto analogo a un’azione possono essere negoziati
in continuo su un mercato regolamentato.
Questi strumenti seguono una strategia di gestione passiva, ovvero replicano un
indice di riferimento costituito da un paniere di titoli azionari od obbligazionari, che
possono far parte di un indice borsistico, settoriale o geografico. L'unica attività che
devono effettuare è quella di acquistare e vendere le azioni che compongono l’indice
benchmark in modo tale che, in percentuale, il fondo rispecchi sempre la composizione
del relativo indice.
Gli ETF sono caratterizzati inoltre da un innovativo meccanismo di
funzionamento, definito “creation / redemption in kind” (“sottoscrizione / rimborso in
natura”) che si è rivelato la vera “rivoluzione” tecnica apportata dagli ETF rispetto ai
tradizionali fondi passivi. Il termine che identifica il processo è “in kind” poiché si basa
sullo scambio dei titoli componenti il portafoglio con quote del fondo in fase di
sottoscrizione e, viceversa, di quote per azioni in fase di riscatto.
Tale meccanismo consente una migliore replica dell'indice e un maggior
contenimento dei costi, rispetto ad un fondo tradizionale, dal momento che evita la
principale fonte di tracking error (differenza positiva o negativa, tra il rendimento del
portafoglio e quello dell’indice di riferimento), ossia la temporanea presenza di liquidità
versata dai sottoscrittori in attesa di investimento e soprattutto la necessità di detenere
costantemente attività liquide per far fronte ad eventuali rimborsi.
Questa procedura implica l’esistenza di due distinti mercati: un mercato primario
e un mercato secondario. Il primo è destinato ai soli intermediari qualificati (Authorized
Participant), che sottoscrivono, nella fase di lancio del fondo, blocchi di rilevante
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ammontare (creation shares), e che assumono, di regola, anche la qualifica di market
makers nella fase successiva di negoziazione di tali quote sui mercati di quotazione.
Il mercato secondario è destinato invece alla clientela privata, che opera sul
mercato attraverso l’attività di negoziazione continua.
Essendo il prezzo di un ETF determinato, come per le azioni, in base alla sua
domanda e offerta, gli eventuali scostamenti dal valore dell'indice sottostante, vengono
corretti attraverso meccanismi di arbitraggio facilmente realizzabili dagli investitori
istituzionali.
Nel caso in cui il prezzo dell'ETF sia inferiore o superiore al suo NAV (valore
dei titoli sottostanti a cui vanno aggiunti i dividendi maturati, al netto dei costi di
gestione), l'arbitraggista potrà, nel primo caso, acquistare sul mercato retail quote
dell'ETF, cederle presso la banca depositaria in cambio dei titoli sottostanti e rivendere
tali azioni sul mercato in modo da lucrare la differenza di prezzo, mentre nel secondo
caso potrà creare delle nuove quote, acquistando i titoli sottostanti sul mercato, cederli
alla banca depositaria in cambio di azioni dell'ETF ed infine rivendendo tali azioni sul
mercato.
La capacità dell’ETF di replicare l’andamento di un mercato è direttamente
legata alla sua liquidità: quest’ultima è assicurata da uno Specialist e dai Liquidity
Provider, il primo è tenuto ad esporre prezzi in acquisto e in vendita in maniera
continuativa, secondo specifici obblighi di quantità minima e di spread (differenza tra
prezzo di acquisto e prezzo di vendita) massimo fissati da Borsa Italiana (attualmente
per tutti gli ETF lo spread massimo consentito è pari all’1%), mentre i secondi non
hanno obblighi formali ma solo incentivi economici se assicurano livelli minimi di
liquidità.
È importante osservare che la liquidità garantita dallo Specialist e dai Liquidity
Provider è indipendente dal volume di scambi ed è assicurata anche in totale assenza di
negoziazioni e di proposte di terzi.
I dividendi che l'ETF incassa a fronte delle azioni detenute nel proprio
patrimonio (nonché i proventi del loro reinvestimento) possono essere distribuiti
periodicamente agli investitori o integrati stabilmente nel patrimonio dell'ETF stesso. In
entrambi i casi il beneficiario è solo l'investitore. Il lotto minimo di negoziazione è pari
a una azione/quota di ETF.
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Gli ETF sono comunque dei prodotti con un alto profilo di rischio, in quanto
legati all'andamento del mercato azionario. La diversificazione permette di ridurre il
rischio specifico di un singolo titolo, ma non elimina il rischio di mercato.
Il primo ETF è stato lanciato nel 1993, sull’American Stock Exchange, una delle
principali borse degli Stati Uniti, e aveva come scopo quello di replicare l’indice
S&P500. In Europa i primi mercati per la negoziazione degli ETF sono stati costituiti
nell’aprile 2000 da Deutsche Borse (XTF) e da London Stock Exchange (ExtraMark) e
solo nel 2002 sono stati introdotti su un apposito segmento di mercato istituito dalla
Borsa Italiana, il Mercato Telematico dei Fondi (MTF).
Al momento sull’MTF sono quotati e negoziati solo ETF della tipologia “OICR
di diritto estero conformi alle direttive comunitarie”.
Data la particolare strategia di investimento, che si limita a replicare un indice
già esistente, e che non richiede la presenza di una qualsiasi forma di gestione del
fondo, gli ETF si caratterizzano per costi di gestione molto bassi: non esistono
commissioni di entrata, di uscita e di performance e le commissioni di gestione sono
estremamente ridotte, in media dello 0,40% annuo. Inoltre, rispetto ai fondi tradizionali,
non devono affrontare spese per inviare periodicamente l’aggiornamento relativo alla
posizione di ogni cliente, viene inviata una comunicazione solo se il cliente procede
all'acquisto o alla vendita di quote. Tra i costi che deve affrontare un ETF ci sono le
commissioni d’intermediazione, che equivalgono a quelli per le azioni e un differenziale
(spread) tra il prezzo di acquisto e quello di vendita (denaro/lettara).
Altre caratteristiche che possiedono gli ETF e che hanno contribuito al loro
successo, rendendolo un prodotto ricercato sia da investitori privati che investitori
istituzionali sono l’elevata trasparenza e l’efficienza fiscale. La trattazione in continua
degli ETF rende infatti possibile conoscere il valore di mercato in ogni istante, a
differenza dei fondi comuni di investimento tradizionali, il cui valore viene fissato una
sola volta al giorno, generalmente a fine giornata. L’efficienza fiscale è resa possibile in
quanto generano minori capital gains in relazione al basso turnover delle azioni in
portafoglio, inoltre, il particolare meccanismo per sottoscrivere o riscattare le quote,
risulta un evento non tassabile e permette di cedere i titoli low-cost basis, quelli che se
dovessero essere venduti produrrebbero i più alti capital gain.
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Date le sue caratteristiche gli ETF si prestano per investimenti di medio/lungo
termine, al fine di beneficiare di un eventuale trend favorevole, per trading (anche di
tipo intraday) al fine di cogliere i momenti di rialzo dell'indice benchmark e di vendita
allo scoperto al fine di prendere una posizione “ribassista” sull’indice benchmark (se il
servizio è offerto dal proprio intermediario).
Le tipologie di reddito derivanti dagli ETF sono: reddito di capitale,
rappresentato sia dal “delta NAV”, sia dai dividendi e reddito diverso, alias “capital
gain”.
Concludendo possiamo dire che gli ETF sono un'innovazione profonda nel
mondo del risparmio gestito, perché in media fanno meglio dei fondi di investimento
classici e ci troviamo, quindi, di fronte a prodotti in grado di sostituire la maggior parte
degli strumenti finanziari detenuti in portafoglio dagli investitori.
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