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Burgo. Storia
Pier Luigi Bassignana
Giugno 2008
Testo per Storiaindustria.it
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Ad esclusivo uso didattico. Gli altri diritti riservati.
Burgo. Storia
Le origini delle Cartiere Burgo sono strettamente legate all’introduzione e allo sviluppo dell’energia
elettrica nel cuneese. Infatti, il fondatore, Luigi Burgo, specializzato in ingegneria elettrotecnica
all’Università di Genova, e laureato a Londra presso la Institution of Electrical Engineers, era
diventato socio della Società Imprese Elettriche Alimonda – Burgo & C. che rappresentava in
Liguria, Piemonte ed Emilia la Compagnia Svizzera Thury, produttrice di macchinari e attrezzature
per la produzione di energia elettrica. Fu un capotecnico dell’Alimonda, Tommaso Toesca a
chiedere a Burgo di “far sorgere un impianto della luce a Verzuolo”, suo paese d’origine, allora
illuminato da 19 fanali a petrolio.
Per soddisfare questa richiesta, ritenuta fattibile, Burgo provvide all’acquisto di un mulino
dismesso a quattro palmenti in grado di alimentare le turbine. Così, nel 1902 Verzuolo aveva
l’illuminazione elettrica, ma la piccola centrale necessaria a produrla risultava largamente
sottoutilizzata, soprattutto nelle ore diurne, quando i fanali stradali erano spenti.
Per evitare che l’energia prodotta in tali ore andasse, per così dire, “sprecata”, e visto che le
industrie locali non erano disposte ad utilizzarla, in quanto, data l’abbondanza di acque, ciascuna
era dotata di un impianto autonomo con turbina idraulica, Burgo fu quasi obbligato a individuare
una qualche attività in grado di saturare la produzione della centrale.
La scelta cadde sull’industria cartaria, considerata congeniale alle caratteristiche del territorio. A
far pendere l’ago della bilancia verso questo prodotto fu anche la conoscenza di una ditta svizzera,
la De Morsier, che produceva macchine per l’industria cartaria e che era in relazione d’affari con la
Thury.
La “Cartiera di Verzuolo Ing. L. Burgo & C.” nasceva ufficialmente il 27 giugno 1905 come società
in accomandita semplice, grazie all’apporto, oltre che di Burgo, di altri 18 sottoscrittori. La
previsione, di poter utilizzare l’energia prodotta in eccesso, si rivelava ben presto inadeguata,
anche perché si era capito che le piccole macchine compatibili con la potenza dell’impianto non
garantivano all’impresa nessun futuro. Per avere speranza di successo occorreva dotarsi di
macchinari più complessi e pesanti, per far funzionare i quali occorrevano, però, potenze ben più
elevate.
Nell’estate del 1906 entrava così in funzione la prima macchina continua (continua uno) che, lunga
35 metri con tela di metri 1,85 era in grado di produrre giornalmente 50-60 quintali di carta
monolucida da impacco. Iniziava da quel momento la progressiva espansione della Burgo,
caratterizzata dalla costruzione di centrali elettriche adeguate (Venasca e, successivamente
Calcinere); dall’acquisto di altre cartiere minori e di aziende sussidiarie, sino all’acquisizione di due
importanti complessi produttivi come la fabbrica di cellulosa di Pöls (Austria) e la Cartiera Pirola di
Corsico (Milano). Il tutto supportato da continui aumenti di capitale.
Con queste, ed altre minori acquisizioni, agli inizi degli anni ’20 la Burgo era ormai diventata un
colosso, leader italiano del mercato della carta per giornali, della quale esportava anche 250
vagoni al mese nella vicina Francia. Oltre alle maggiori testate italiane, come Il Corriere della sera
e La Stampa, Burgo forniva anche il Petit Parisien e la Tribune de Saint Etienne. Verzuolo
continuava ad essere il centro produttivo più importante, ma non era più esclusivo. Dei 400.000
quintali annui di carta prodotta, solo 100.000 provenivano infatti da tale località.
Le dimensioni raggiunte e la ramificazione delle attività, molte anche al di fuori del Piemonte,
rendevano obsoleta la formula della società in accomandita, suggerendone la trasformazione in
società per azioni. Vinta la resistenza dell’ingegner Burgo, accordando un voto plurimo alle azioni
da lui possedute (cinque voti per azione), in modo che il controllo della società rimanesse sempre
saldamente nelle sue mani, nel settembre 1924 nasceva la “Società Anonima Cartiere Burgo”, che
nel 1929 veniva quotata alla Borsa di Milano.
Negli anni intercorrenti tra la trasformazione societaria e la seconda guerra mondiale l’azienda
rafforzava ulteriormente la sua posizione sul mercato italiano riuscendo a superare senza troppi
inconvenienti gli effetti della Grande Crisi. Nel 1934 veniva raggiunto, e oltrepassato, il traguardo di
un milione di tonnellate prodotte. La Burgo era ormai un vero e proprio “impero”, che, come tale,
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non poteva più essere controllato da una posizione periferica. Di qui la decisione di trasferire la
Direzione Centrale di Verzuolo, assieme all’Ufficio Vendite, sino ad allora dislocato a Milano, a
Torino.
Inizialmente gli uffici torinesi si collocavano al primo piano dell’edificio situato all’angolo di via
Santa Teresa con via Roma, sopra la Galleria San Federico, dove rimanevano sino al 1940, anno
in cui avveniva il trasferimento nel Palazzo Ceriana di Piazza Solferino. A quel momento la Burgo
contava oltre diecimila dipendenti, ed aveva avviato numerose iniziative collaterali, come le
Società Cellulosa d’Italia (CELDIT) e Cellulosa nazionale (CELNA), l’Istituto Sperimentale per la
Pioppicoltura di Casale Monferrato e il Laboratorio Sperimentale Centrale di Torino.
La guerra aveva per la Burgo le stesse conseguenze della maggior parte delle Aziende italiane.
Per effetto dei bombardamenti, che provocavano continue fermate della produzione, questa, che
nel 1941 era stata ancora di 1.250.000 quintali, scendeva precipitosamente, tanto che nel 1946,
primo anno intero di pace, non superava i 530.000 quintali. Solo nei primi anni Cinquanta si
sarebbero ricuperati i maggiori livelli produttivi dell’anteguerra.
La guerra aveva avuto, però, anche un’altra conseguenza, comportando la definitiva fuoruscita di
Luigi Burgo dagli organi decisionali dell’azienda. Alla Liberazione, infatti, la Giunta Regionale di
Governo per il Piemonte aveva nominato una Commissione Straordinaria di Gestione, della quale
non faceva parte il Fondatore, che, fra l’altro, era stato deferito all’Alta Corte di Giustizia, nel
quadro dei processi di epurazione del periodo. Condannato in prima istanza, Luigi Burgo era stato
successivamente assolto in appello; ma nonostante l’assoluzione non era più riuscito a rientrare
negli organi direttivi dell’Azienda. Si veniva così a determinare una situazione di contenzioso fra
l’azienda e il suo fondatore, destinata a durare sino al 1953, e conclusasi con la rinuncia di Burgo
all’uso di voto plurimo che gli era consentito dalle azioni in suo possesso, e, contemporaneamente
con la sua nomina a Presidente Onorario a vita della Società.
Gli anni che intercorrono tra la fine della guerra ed oggi hanno visto la Burgo destreggiarsi con
abilità attraverso i ricorrenti cicli economici, i periodi di crisi e quelli di espansione, aiutata in questo
da una notevole stabilità dell’azionariato e del management. In oltre un secolo di vita, i primi
quarant’anni sono stati caratterizzati dalla guida di Luigi Burgo, i successivi quaranta hanno visto
al timone dell’impresa la famiglia Adler, e per altri venti, che sono seguiti, l’impronta è stata quella
data da Giuseppe Lignana.
Come tutte le grandi imprese in questi anni l’azienda è stata interessata da ricorrenti operazioni di
acquisto, vendita, fusione, incorporazione, scorporo, dismissione, aumento di capitale,
investimento o, al contrario disinvestimento, condotte quasi sempre con notevole abilità e
tempestività. In questo quadro, la direzione generale è stata ripetutamente oggetto di vantaggiosi
trasferimenti: a Torino, da Palazzo Ceriana, in piazza Solferino, nell’edificio di nuova costruzione in
corso Matteotti, e infine nella sede progettata da Oscar Niemeyer a San Mauro Torinese.
L’azienda presentava un unico punto debole, ripetutamente sottolineato da Mediobanca, azionista
e consigliera della Burgo: la mancanza, nella compagine azionaria, di un partner industriale. Le
azioni Burgo, infatti, erano detenute, per la maggior parte, dai più prestigiosi fra aziende ed enti
bancari italiani, che però non avevano, fra di loro, nessun esponente del mondo cartario. Questa
situazione è stata superata definitivamente nel 2004, con l’acquisizione da parte del Gruppo
Marchi, già proprietario di numerose cartiere, del pacchetto di maggioranza relativa (48,3%).
Attualmente, altri partner dell’azienda sono Mediobanca, Assicurazioni Generali, Italmobiliare,
Capitalia Merchant, Efibanca, Palladio.
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