9. Ritorno a Verzuolo

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L’OPA “Dieci”
Verso i tre milioni di tonnellate
Le ultime vicende
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Stabilimento di Verzuolo. Veduta aerea nel 2002.
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L’
acquisizione da parte della Burgo della cartiera di Virton e di
Cellardennes, effettuata al culmine di un periodo estremamente negativo per l’industria cartaria, permise a Burgo di cogliere le opportunità del ciclo favorevole che si sarebbe affermato
sei mesi più tardi. Ai buoni risultati riguardanti il primo semestre 1995 si
sarebbero aggiunti risultati ancora più soddisfacenti nel trimestre successivo.
Anche gli altri grandi gruppi europei si trovavano in analoga condizione, tanto che, come veniva fatto osservare, “nelle grandi aziende del Nord Europa lo
scenario è in grande movimento: i brillanti risultati semestrali delle aziende
nordiche hanno favorito grandi movimenti di concentrazione (Repola e Kymmene daranno vita a un gruppo di oltre 7 milioni di tonnellate con un fatturato superiore ai 20.000 miliardi di lire; la svedese SCA si è fusa con la PWA
e la Enso-Gutzeit ha costituito, fondendosi con la Veitsiluoto, il terzo polo
1. CdA, San Mauro,
18 settembre 1995.
europeo con più di 5 milioni di tonnellate di carta)”.1
Ma il buon andamento del mercato non favoriva soltanto le concentrazioni; esso suggeriva anche di procedere a nuovi investimenti per espandere la capacità produttiva. Da questi nuovi scenari emergeva una concorrenza più agguerrita, che “suggerisce cautela nelle previsioni, anche se le innovazioni tecnologiche non hanno comportato quella contrazione della doman-
2. Ibidem.
da che si poteva temere”.2
Per mantenere il passo con gli orientamenti che si stavano delineando in Europa nel settore cartario, anche la Burgo non poteva fare altro che
puntare all’ampliamento della capacità produttiva, o stringendo accordi di collaborazione con altri gruppi, o procedendo a nuovi investimenti. Acquisita
ormai, con Burgo Ardennes, una dimensione europea nel settore delle carte
patinate di qualità, occorreva ora sviluppare la produzione di patinatino. Per
questo aspetto, Burgo – rimodernata e potenziata al massimo nel 1997 la “continua otto” di Verzuolo – tentò lungamente la strada di una crescita per linee
esterne, mediante acquisizione di impianti già esistenti. Tale possibilità era
tuttavia, in quel momento, da escludere, perché né in Italia né nel resto d’Europa vi erano sul mercato realtà significative che potessero interessare un gran9 - Ritorno a Verzuolo
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de gruppo. In Italia, con le Cartiere del Timavo e del Sole, nonché con la Cartiera di Tolmezzo, quella di Chieti della CIR, e la Cartiera di Marzabotto, Burgo aveva acquisito tutto l’acquisibile. Sull’orizzonte europeo, poi, dopo il complesso della Cellulose des Ardennes non era più comparso nulla di appetibile. E se Arbatax si era rivelata una partecipazione poco proficua, tutte le altre
acquisizioni, con le opportune modificazioni e integrazioni – come il grande
investimento di Duino – avevano dato risultati soddisfacenti.
Si poteva cercare di percorrere la strada della collaborazione con altri
grandi gruppi. Effettivamente tentativi in questo senso furono effettuati, risultando peraltro ben presto impraticabili, ragion per la quale, di fronte all’attivismo dei grandi gruppi concorrenti, alla Burgo non restava che seguire la
strada del nuovo investimento. L’intenzione di procedere in questa direzione
venne annunciata nel consiglio d’amministrazione del 13 luglio 1998 dall’amministratore delegato, il quale riferì che “la divisione carte in rotolo, conUN SECOLO DI CARTA. I primi cento anni della Burgo
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Stabilimento
di Verzuolo.
“Continua otto”.
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Stabilimento
di Verzuolo.
Inaugurazione della
“continua nove”
alla presenza del
Ministro per le
Attività Produttive
on. Antonio Marzano,
del Presidente della
Regione Piemonte
on. Enzo Ghigo e di
Giuseppe Lignana.
cluso con l’ausilio del consulente Jakko Poyry lo studio preliminare di fattibilità, ha avviato le indagini tecnico/economiche per la realizzazione, presso
lo stabilimento di Verzuolo, di una nuova linea per la produzione di carta LWC
(patinatino) per stampa rotooffset di alta qualità, della capacità produttiva di
400.000 tonnellate all’anno”. In vista di questo obiettivo, aggiungeva Lignana, “si sta contestualmente studiando la complessa tematica dell’iter autorizzativo che dovrà presiedere al progetto, anche in vista di una più precisa definizione dei tempi di esecuzione”. Il costo previsto dell’investimento era dell’ordine dei 1000 miliardi: onere ritenuto sostenibile dal momento che la proiezione dei principali dati economici e patrimoniali per il periodo 1998-2002
metteva in evidenza risultati operativi in costante crescita e il radicale abbattimento dell’indebitamento finanziario netto a partire dall’anno 2000. Ma a
consigliare l’investimento non vi era soltanto la liquidità del Gruppo attestata
a livelli molto solidi. Anche il momento era ritenuto favorevole “per proce9 - Ritorno a Verzuolo
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dere alla conclusione dei contratti con i fornitori dei principali macchinari,
oggi scoperti da ordini a seguito della crisi dei Paesi asiatici”.3
3. CdA, San Mauro,
18 settembre 1995.
La scelta di Verzuolo non tragga in inganno. In questo caso infatti non
si trattava soltanto di un investimento aggiuntivo, o sostitutivo, come ne erano stati fatti molti in precedenza. Fra tutti gli stabilimenti del gruppo, Verzuolo era forse quello che, nel tempo, aveva goduto delle maggiori attenzioni
e al quale non era mai venuto meno l’aggiornamento tecnologico. In questo
caso, però, si trattava di costruire un nuovo stabilimento. Le dimensioni dell’impianto – il più grande mai realizzato dalla Burgo e l’unico in grado di competere con quello che stava costruendo la tedesca Haindl –
escludevano la possibilità di una sua installazione nelle strutture preesistenti. Tant’è che, contemporaneamente all’annuncio del nuovo impianto, e in attesa di ottenere tutte le
autorizzazioni necessarie, si riteneva “opportuno procedere sin
d’ora all’acquisizione dei terreni siti in regione denominata
Non si trattava
di ampliamento
o di aggiornamento
tecnologico: occorreva
un nuovo stabilimento
Papò (ubicati a confine della ferrovia Cuneo-Saluzzo e della
strada vicinale di Tornalunga)”. Alla fine, la realizzazione della nuova linea e
dei suoi impianti ausiliari richiese l’acquisto di 91.000 metri quadrati.4 Essa
presupponeva infatti interventi di modernizzazione generalizzata del sito di
Verzuolo sul fronte ecologico, della produzione energetica, dell’assetto logistico delle merci in entrata e in uscita.
Assunta la decisione, i lavori per il nuovo impianto procedettero a ritmo accelerato, compatibilmente con la complessità dell’intervento. Così, ad
appena quattro mesi dalla decisione, l’11 novembre 1998, la Burgo – instaurando una innovativa e proficua forma di collaborazione fra industria ed enti
locali – sottoscriveva con “la Regione Piemonte, la Provincia di Cuneo e il
Comune di Verzuolo un protocollo di intesa, in base al quale le amministrazioni interessate – valutato positivamente il progetto – si sono impegnate ad
attivarsi al fine di accelerare quanto più possibile le necessarie pratiche autorizzative anche di carattere ambientale, indicendo, ove necessario, apposite Conferenze di Servizi”. Contemporaneamente, dopo un’attenta analisi di mercato,
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4. Ibidem.
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Stabilimento di Verzuolo. Centrale di cogenerazione e edificio di “continua otto”.
Stabilimento di Verzuolo. “Continua nove”.
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la scelta del fornitore della macchina continua cadeva sulla finlandese Valmet
Corporation (ora Metso), con la quale il 5 agosto 1999 veniva firmata una lettera d’intenti, seguita il 23 novembre dello stesso anno dal contratto per la fornitura dei principali macchinari della nuova linea. Il contratto, dell’importo
di 239,4 milioni di Euro, prevedeva la fornitura “degli impianti pasta-legno,
spappolatore cellulosa e fogliacci, preparazione impasti, cucina patina, testa macchina, macchina continua, riarrotolatore e supercalandre multinip”. Le bobinatrici, invece, sarebbero state fornite dalla Jagenberg. L’importanza anche economica del contratto imponeva poi, “per la miglior riuscita dell’avviamento”,
di stipulare con la Valmet un accordo separato di cooperazione comportante
l’erogazione di bonus a fronte di risultati particolarmente significativi in termini di produttività ed economicità nell’utilizzo delle materie prime. Come
pure rientrava nello stesso quadro l’impegno della Valmet ad affidare alla Comecart (l’azienda di costruzioni meccaniche per cartiera facente capo alla Burgo)
nel quadriennio 2000-2003 la costruzione di componenti meccanici e cilindri
destinati sia all’impianto di Verzuolo sia ad altri progetti della stessa Valmet.5
5. CdA, San Mauro,
30 novembre 1999.
Ma i problemi non si esaurivano con l’acquisto dei macchinari. Superato il non lieve scoglio dell’acquisizione dei terreni, frutto – come sempre avviene in questi casi – di laboriose trattative con i proprietari delle diverse particelle, si trattava di definire le condizioni per l’appalto delle complesse opere
edili, avviando contemporaneamente le opere preliminari di movimento terra. Superato poi lo scoglio della convenzione urbanistica con il Comune di Verzuolo, occorreva anche concludere “le trattative con le Ferrovie dello Stato per
l’adeguamento della linea ferroviaria alle mutate esigenze dello stabilimento
in termini logistici e di volumi di traffico”. Inoltre la SNAM doveva assicurare “la realizzazione in tempo utile di un apposito metanodotto per la fornitura di gas naturale che alimenterà la centrale di cogenerazione”.6
6. Ibidem.
Un problema di complessità non inferiore a quello concernente le installazioni produttive riguardava infatti la costruzione della centrale elettrica destinata ad alimentarle. In questo caso, si trattava di una centrale di cogenerazione, destinata ad assicurare la fornitura di elettricità e vapore al nuovo impianUN SECOLO DI CARTA. I primi cento anni della Burgo
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to. Al proposito, le soluzioni possibili per la realizzazione della centrale erano tre: in proprio, in outsourcing integrale, in joint venture con un partner
specializzato nel settore elettrico. Va ricordato che la nuova centrale non nasceva nel vuoto. Da molto tempo, praticamente dagli inizi, Verzuolo poteva contare sulla centrale idroelettrica di Venasca, cui nel tempo si era aggiunta quella di Calcinere. Ora, la strettissima interconnessione fisica e funzionale fra le
centrali esistenti e quella che si doveva costruire con le strutture produttive
facevano escludere a priori la praticabilità di una realizzazione in outsourcing.
Pertanto “nel corso degli ultimi
mesi le strutture Burgo hanno
esplorato le altre due strade, conducendo serrate trattative con primari operatori del settore elettrico,
italiani e esteri, e confrontando le
proposte pervenute anche con i
costi previsti per la eventuale
costruzione in proprio”.7 Alla fine
l’opzione più conveniente risultò
quella di realizzare e gestire la cenStabilimento
di Verzuolo.
Sala controllo di
“continua nove”.
trale in joint venture con un operatore del settore, tramite la costituzione di una società di progetto partecipata anche dalla Burgo. Individuato il percorso, la scelta del partner cadde sulla Edison, “mentre un gruppo di lavoro composto da tecnici Burgo, Comecart ed Edison sta definendo le trattative per la fornitura della centrale”.8
Particolare attenzione (e rilevanti risorse) vennero dedicate agli aspetti ambientali ed ecologici del sito, adottando le soluzioni più avanzate per il
controllo delle emissioni, l’ottimizzazione delle risorse idriche ed energetiche,
il recupero dell’energia e la riduzione del fabbisogno idrico, il trattamento del-
7. CdA, Torino,
22 settembre 1999.
8. CdA, Torino,
30 novembre 1999.
le acque reflue, il controllo dell’inquinamento acustico, il potenziamento del
trasporto su rotaia. Si riteneva infatti importantissimo che l’investimento tenesse già conto delle esigenze e dei vincoli normativi futuri e consentisse l’in9 - Ritorno a Verzuolo
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troduzione sul mercato di prodotti in linea con la sempre crescente domanda
di eco-compatibilità degli stessi.
Poiché il nuovo impianto presentava caratteristiche tecnologiche di rilevante novità, fu giocoforza dedicare particolare attenzione alla formazione del
personale. Per tale ragione venne creato, all’interno di un Istituto di formazione professionale situato nelle vicinanze dello stabilimento, un Centro di Formazione Burgo, presso il
quale, nel corso del solo anno 2000, vennero erogate più di
7000 giornate/uomo di formazione. E sempre nella stessa direzione, per la prima volta, venne progettato e organizzato un
Il ricorso a tecnologie
sofisticate comportava
un programma
di aggiornamento
del personale
corso post-diploma per operatori di cartiera, della durata di sei mesi, destinato a concludersi con uno stage di un mese in stabilimento e, successivamente,
con l’assunzione in azienda della quasi totalità (48 su 50) dei partecipanti.
Ma tutto ciò non era ancora sufficiente; il ricorso a tecnologie sofisticate come quelle che si stavano adottando sulla “continua nove” comportava un
programma di aggiornamento per tutto il personale impiegato, rivolto a rafforzarne le conoscenze tecnico-gestionali, al fine di assicurare il raggiungimento
dei massimi livelli di competenza. Si ritenne inoltre opportuno prevedere, in
questo settore, delle forme di collaborazione internazionale, in particolare con
il Centre Technique du Papier di Grenoble, presso il quale si svolsero corsi-base
di Tecnologia Cartaria e Grafica, che videro la partecipazione di 19 giovani, e
un corso di alta specializzazione riservato a 34 tecnici, sempre dello stabilimento
di Verzuolo. I risultati di questo lungo e oneroso investimento nella tecnologia
e nella formazione di eccellenze professionali furono immediati: l’impianto venne avviato in tempi inusitatamente rapidi e conseguì nel 2004 il record mondiale producendo carte alla velocità di 1904 metri al minuto.
Il nuovo impianto sarebbe entrato in funzione nei tempi previsti, ma
nel frattempo la Burgo avrebbe cambiato fisionomia. Mentre, infatti, procedevano i lavori per la realizzazione di “continua nove”, e altri investimenti rilevanti riguardavano il potenziamento dell’impianto di cellulosa di Burgo Ardennes, su Burgo veniva lanciata un’offerta pubblica di acquisto volontaria (OPA),
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avente per oggetto “la totalità delle azioni ordinarie, di risparmio non convertibili e privilegiate di Cartiere Burgo SpA”. A prendere l’iniziativa era la
Società Dieci, a responsabilità limitata, nella quale confluivano molti importanti nomi dell’ambiente economico e finanziario italiano, in maggioranza già
9. I soci di Dieci Srl
erano:
Compart (35%),
Mediobanca (15%),
Banca di Roma (15%),
Compagnie
Monégasque de
Banque (10%),
Assicurazioni
Generali (10%),
Société de
Participation
Financière
Italmobiliare,
Lussemburgo (10%),
FIAT (5%).
presenti nel capitale Burgo.9 Orchestrata anche questa volta da Mediobanca,
l’operazione aveva una valenza non soltanto economica, in quanto mirava a
mantenere saldamente in mani italiane il controllo dell’Azienda. L’estremo frazionamento del capitale sociale rendeva infatti non improbabile un tentativo
di scalata da parte di investitori stranieri.
Si trattava di una eventualità da non sottovalutare, in quanto l’OPA
cadeva in un momento di espansione della domanda e teneva evidentemente
conto dei buoni risultati conseguiti dall’azienda nell’anno precedente. L’offerta,
pervenuta alla Burgo il 19 aprile 2000, sarebbe stata accolta favorevolmente
dal mercato, allettato dal livello di remunerazione, stabilito in 10,2 Euro per
azione. Così, in breve volgere di tempo, la Dieci si trovò a essere titolare del
99,97% del capitale sociale. Di conseguenza veniva prospettata l’opportunità
di una fusione per incorporazione della Cartiere Burgo SpA nella controllante Dieci. L’operazione veniva perfezionata nel corso del 2001, assumendo contestualmente la Dieci la forma di società per azioni e la denominazione sociale dell’incorporata (Cartiere Burgo SpA). La società derivante dalla fusione aveva perciò la stessa consistenza operativa della società incorporata, gli stessi assetti gestionali e gli stessi programmi strategici.
Conseguenza immediata e diretta del nuovo assetto societario fu il rinnovo delle cariche sociali. Nella riunione dell’8 settembre 2000 alla carica di
presidente del consiglio d’amministrazione, in sostituzione di Lionello Adler,
veniva designato Giuseppe Lignana, che conservava allo stesso tempo l’incarico di amministratore delegato.
La fusione delle Cartiere Burgo con Dieci diventava operante alla data
del 1° dicembre 2001 e nella stessa riunione del 19 dicembre in cui dava notizia dell’avvenuta incorporazione, il presidente informava anche dell’avvio di
“continua nove”, precisando che le operazioni di avviamento stavano proce9 - Ritorno a Verzuolo
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dendo “in termini ritenuti al momento altamente soddisfacenti, sia in termini di performance dell’impianto che sotto il profilo della qualità prodotta, che
ha potuto essere commercializzata addirittura in anticipo rispetto ai tempi previsti”. A quella data, infatti, il nuovo impianto aveva già prodotto
5400 tonnellate di carta vendibile.
Contemporaneamente stava andando a regime anche l’impianto per la
produzione di cellulosa di Cellardennes, completamente rinnovato,
che vedeva aumentare la capacità
produttiva da 270.000 a 360.000
tonnellate anno, prolungandone la
vita utile per almeno i successivi 25 anni e risolvendo con lungimiranza i non
lievi problemi di compatibilità ambientale insiti in quel tipo di produzione.
Il nuovo assetto di Burgo era però destinato ad avere vita breve. L’offerta pubblica di acquisto aveva concentrato in un numero ristretto di
Soci la proprietà dell’azienda, rendendo quindi possibile la ricerca e
la definizione di nuovi assetti societari. In particolare diventava possibile realizzare quanto negli anni precedenti Mediobanca aveva insistentemente suggerito, senza peraltro
ottenere risultati apprezzabili a causa della frantumazione azionaria:
l’inserimento, cioè, a un alto grado
di partecipazione, di un partner
industriale che fosse in grado di supportare l’attività dell’azienda. In un
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Stabilimento di Sarego
(Cartiere Marchi SpA).
In alto: Veduta aerea.
In baso: Magazzino
prodotti finiti.
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primo momento, considerate le strette connessioni fra la produzione cartaria e
quella energetica, tale partner venne individuato nella Compart-Montedison,
che infatti – nella originaria compagine sociale della Dieci – affiancava in posizione di maggioranza relativa i tradizionali soci di estrazione finanziaria. Tuttavia, nel corso del 2001, la
Montedison – oggetto a sua volta
dell’OPA lanciata dall’Italenergia
del Gruppo FIAT – usciva dalla
compagine azionaria della Burgo,
avendo ripartito la propria partecipazione fra gli altri soci.
Il partner industriale venne
Stabilimento di
Villorba
(Cartiere Marchi SpA).
In alto: Veduta aerea.
In basso: Calandra.
successivamente individuato nel Gruppo Marchi, proprietario delle cartiere di
Valchiampo e di Sarego, con il quale Burgo già da tempo intratteneva rapporti, attraverso partecipazioni di minoranza nelle cartiere di Toscolano e Villorba. La famiglia Marchi, originaria di Arzignano, rappresenta una
dinastia imprenditoriale consolidata da tempo. Risale infatti al
1886, a opera dei fratelli Giobatta
e Antonio, l’inizio dell’attività
industriale in campo serico, attraverso la creazione di una filanda
destinata a crescere col tempo; e,
successivamente, attraverso l’acquisizione di altre filande. Sotto la
direzione del secondogenito di
Antonio, Girolamo, la filanda di
Arzignano, con una cinquantina di
dipendenti, nel 1919 si presentava
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ormai come un’impresa di medie dimensioni. Il vero salto di qualità sarebbe
avvenuto, però, una decina di anni più tardi, attraverso l’acquisizione, nel 1929,
di una filanda a Valeggio sul Mincio, che occupava 150 dipendenti; e l’anno
successivo di un’altra filanda in Arzignano con 200 dipendenti.
L’attività delle tre filande risentì delle fluttuazioni cicliche che caratterizzarono gli anni Trenta, stretti fra la grande crisi americana e la successiva
politica autarchica del governo italiano, tanto che Girolamo Marchi si trovò
nella necessità di cedere due stabilimenti, concentrando l’attività nella sola filanda di Arzignano ultima acquisita. L’aumento della domanda di seta per la confezione dei paracadute durante la seconda guerra mondiale permise all’azienda
di superare in buone condizioni il periodo bellico, ma si trattava di una vicenda ormai all’epilogo. Il crollo della domanda serica susseguente alla conclusione
del conflitto, suggerì infatti a Girolamo la necessità di guardarsi attorno, alla
ricerca di nuovi campi di attività. Nel 1946 venne acquisita la quota di maggioranza della Tipolitografia Palladio di Vicenza, la quale sarebbe stata successivamente, nel 1952, trasferita in uno stabilimento moderno alle porte della città, specializzandosi nella stampa a colori di astucci per medicinali.
Questo primo “incontro” con il mondo della carta troverà la sua naturale evoluzione con l’entrata in funzione, sempre nel 1952, della Cartiera di Arzignano, collocata nei locali della vecchia filanda. Si tratterà tuttavia di una soluUN SECOLO DI CARTA. I primi cento anni della Burgo
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Stabilimento di
Verzuolo.
Edificio di “continua
nove” e scalo
ferroviario.
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zione temporanea, in quanto l’aumento progressivo della domanda di carta consiglia di dar vita a un’altra cartiera, di maggiori dimensioni. Nel 1960 nasce
così la Cartiera Valchiampo, dotata di una “continua” in grado di produrre 40
tonnellate di carta al giorno. Lo sviluppo dell’attività proseguirà con la costruzione, nel 1971, della Cartiera di Sarego, al confine fra le province di Verona e
Vicenza; successivamente potenziata e, nel 1994, totalmente rinnovata.
Il quadro si completa nel 1989 con l’acquisizione, in joint venture con
la Burgo, della quota di maggioranza della Cartiera di Toscolano; nel 1998 di
quella della Cartiera di Villorba (il totale controllo di entrambe le società ven-
L’obiettivo strategico
era raggiunto:
una dimensione media
a livello europeo
ne acquisito nel 2002); e con l’acquisizione, nel 1996, da parte della Palladio Industria Tipolitografica, delle Grafiche Contro, con stabilimento a Thiene. Con queste ultime acquisizioni
il Gruppo Marchi aveva sostanzialmente raggiunto l’obiettivo strategico che si era proposto e cioè di raggiungere nel set-
tore cartario una dimensione media a livello europeo, allargando e diversificando la produzione e creando sinergie fra i diversi stabilimenti.
Va anche osservato che le cartiere realizzate e quelle acquisite dal Gruppo Marchi sono collocate in località di antica tradizione cartaria, dove operavano, e in molti casi operano tuttora, impianti – come le Cartiere Reali, la
Cartiera di Lugo Vicentino, e le Cartiere Donzelli (poi Fabbri-Bonelli) – che
in momenti successivi erano già entrate a far parte dell’orbita Burgo. Emblematico, a questo riguardo, è il caso della Cartiera di Toscolano, nata nel 1906
come Cartiera Maffizzoli, erede della tradizione cartaria sviluppatasi nella “Valle delle Cartiere” sulla costa occidentale del lago di Garda, per la cui tutela e
recupero archeologico il Gruppo Marchi è da tempo attivamente impegnato.
Vi erano, in altre parole, tutte le premesse perché l’incontro fra il Gruppo Marchi e la Burgo avvenisse sotto i migliori auspici.
E infatti, per l’avvio dell’operazione, come primo provvedimento, nel
corso del 2002, il Gruppo Marchi provvedeva a rilevare alcuni pacchetti azionari detenuti da soci della originaria Dieci: dalla Compagnie Monégasque de
Banque acquisiva il 15,36%, e un’ulteriore quota del 7,68% veniva acquisi9 - Ritorno a Verzuolo
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ta da FIAT alla fine dell’anno. L’operazione proseguiva nel 2003, con l’acquisizione, nel mese di aprile, di un’ulteriore quota dell’8%, cui doveva aggiungersi un altro 1% acquisito da Palladio. Su questa base, il 22 dicembre 2003
i consigli d’amministrazione di Holding Gruppo Marchi (HGM) e di Burgo
approvavano l’operazione di integrazione dei due gruppi fissando i rispettivi
concambi azionari. L’operazione si completava poi con l’aumento di capitale,
deliberato dall’assemblea Burgo in data 23 aprile 2004, per l’importo di
49.164.014 Euro, da realizzarsi mediante emissione di 94.546.181 azioni ordinarie, del valore di 1,50 Euro ciascuna. L’aumento di capitale in questione veniva interamente deliberato da Holding Gruppo Marchi mediante il conferimento
delle cartiere Valchiampo, Sarego, Toscolano e Villorba.
Al termine di queste operazioni, l’azionariato della Burgo risultava così
composto: Holding Gruppo Marchi 48,3%, Mediobanca 22,1%, Assicurazioni
Generali 11,7%, Italmobiliare 11,7%, Capitalia 3,8%, Aletti Merchant Gruppo Banca Popolare di Verona e Novara 2,3%, altri 0,1%. Nel corso della stessa assemblea veniva anche nominato il nuovo consiglio d’amministrazione che
aveva come presidente Giorgio Cefis e come amministratore delegato Girolamo Marchi, mentre Giuseppe Lignana veniva acclamato presidente onorario.
Con il nuovo assetto azionario si veniva così a creare un forte polo cartario di proprietà interamente italiana in grado di competere ad armi pari sui
mercati internazionali con la più agguerrita concorrenza estera. Analogamente alla strategia adottata da altre importanti aggregazioni industriali, venivano messe in comune importanti risorse interne, conservando però ciascuno dei
due gruppi una distinta fisionomia nei rapporti con il mercato, mantenendo
separate e specialistiche le reti commerciali e i prodotti. Dall’unione nasceva
così un complesso dotato di 15 stabilimenti, per una capacità produttiva di
circa 3 milioni di tonnellate di carta, l’80% delle quali rappresentato dalle
carte patinate con legno in bobina e dalle carte patinate senza legno, che rappresentano una quota del mercato europeo corrispondente all’incirca al 13%.
Un gruppo, dunque, in grado di reggere con autorevolezza e determinazione le sfide che si affacceranno all’orizzonte del prossimo futuro.
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