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L’impianto di Duino
Il disimpegno da Pöls
Burgo Ardennes
L’internazionalizzazione del Gruppo
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Stabilimento di Tolmezzo. Veduta esterna.
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I
l rinnovamento dei vertici direzionali operato a cavallo fra il 1984 e il
1985 con la nomina di Giuseppe Lignana a direttore generale e, successivamente, ad amministratore delegato, ebbe sostanzialmente due
aspetti. Da un lato contribuì a facilitare ulteriormente il rapporto con
Mediobanca migliorandone la propensione a intervenire nelle vicende della Burgo; il che servì ad agevolare quei processi di aumento di capitale sui quali, in
un primo momento, l’Istituto bancario aveva espresso delle perplessità, tanto da subordinarne l’effettuazione alla ricerca di un nuovo partner industriale di peso. In realtà il problema di un azionariato forte, come richiedeva la
posizione di assoluta preminenza assunta dall’azienda nel mercato cartario italiano, continuava a sussistere, e avrebbe costituito la motivazione di fondo di
tutte le successive operazioni finanziarie del Gruppo. Ma le prospettive economiche generali lo rendevano meno impellente di quanto non fosse apparso
l’anno precedente.
Dall’altro lato, e forse per la prima volta, l’azienda conobbe una gestione manageriale forte, la cui figura di riferimento non proveniva più, come per
il passato, dall’azionariato, né era legata al mondo cartario e alla storia dell’azienda, una figura in grado quindi di assumere decisioni di grande rilevanza
sulla base di considerazioni puramente industriali, svincolate da ogni forma
di possibile sentimentalismo. D’altra parte, era quanto i tempi richiedevano.
Con il 1985 iniziava infatti un periodo di crescita dell’economia italiana impensabile appena due anni prima e destinato a durare ininterrottamente più a lungo di qualsiasi ciclo economico verificatosi in precedenza. A partire da quell’anno “la crescita della grande e mediogrande industria è stata netta, contestualmente al recupero dell’efficienza produttiva realizzata tramite ristrutturazioni e ridimensionamenti dell’attività conglomerata. Dopo la crescita dei
gruppi medi, dal 1985 anche quella dei grandi gruppi si staglia nettamente
nel panorama generale della foresta industriale. Aumento del tasso di utilizzo degli impianti, acquisizioni dirette ad accrescere la gamma dell’offerta nei
settori consolidati, ripresa del grado di integrazione verticale e di diversificazione nei prodotti correlati: ecco come il processo attraverso il quale questa
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ripresa su larga scala della grande industria si manifesta”. Una ripresa il cui
fondamento risiede “nella centralità degli investimenti in tecnologia, nello sviluppo dei prodotti e nella internazionalizzazione crescente”.1
La strategia della Burgo, nel periodo che giunge sino alla fine degli
anni Ottanta, quando nuovi elementi di crisi – anche questa volta, almeno in
1, Giulio Sapelli,
Dalla periferia
all’integrazione europea,
in Ruggiero Romano
(a cura di), Storia
dell’economia italiana,
Einaudi, Torino 1991,
III, p. 119.
parte, petrolifera – indotti dalla prima
Guerra del Golfo avrebbero turbato il
panorama economico internazionale, si
adatta perfettamente ai comportamenti descritti nella lunga citazione;
quest’ultima sembrerebbe anzi essere
stata scritta proprio avendo presenti le
vicende dell’azienda cartaria. Analizziamo in dettaglio i diversi punti elencati nella citazione.
Le ristrutturazioni e i ridimensionamenti avevano caratterizzato la
fase finale della precedente gestione,
con il ricorso, negli ultimi mesi del
1982, a prepensionamenti per circa
1600 dipendenti e nel 1983 con la cessione della partecipazione in Burgo
Scott.
Adesso, con la nuova gestione
si definisce una nuova strategia complessiva che tende a sviluppare prevalentemente la produzione delle carte patinate. La scelta di specializzarsi in questi prodotti nasceva dalla constatazione che tali carte comportavano un minor
contenuto di fibra, che non era materia prima nazionale, a fronte di altri tipi
di carta nei quali il contenuto di fibra era molto più elevato. Secondo il nuovo indirizzo, Burgo doveva puntare a diventare operatore a livello mondiale
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Stabilimento di
Tolmezzo.
Una fase della
raffinazione della
cellulosa.
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per quanto riguardava le carte patinate, rimanendo fornitore del mercato interno per le carte naturali, mentre per la carta da giornale, come materia prima
si sarebbe dovuto utilizzare quasi esclusivamente carta riciclata, in particolare carta disinchiostrata. Così definito il quadro strategico di riferimento, occorreva specializzare gli impianti in funzione delle caratteristiche delle diverse tipologie di carte patinate: le patinate
cosiddette “fini”, a base di pura cellulosa, destinate alla stampa di qualità,
e il “patinatino”, destinato alla stampa di altissime tirature (riviste e stampati pubblicitari).
La specializzazione doveva poi,
a sua volta, tenere conto del diverso
flusso di programmazione delle due
“famiglie” di patinate: mentre il patinatino permette campagne di produzione programmate nel tempo, il mercato delle patinate fini, per lo più
gestito dalla distribuzione, richiede
una estrema flessibilità produttiva, in
modo da poter rispondere rapidamente alle richieste del mercato. È in questo quadro che si colloca la vendita, nel
1985, dello stabilimento di Ferrara,
che produceva solo anime di cartone
Stabilimento di
Tolmezzo. Linea
confezionamento
rismette per
fotocopiatrici.
destinate all’autoconsumo, e nel 1986,
della Burgopack, anche in questo caso sulla base di una valutazione strategica di smobilizzo di una partecipazione non collegata funzionalmente agli obiettivi che il gruppo si era dato. Dello stesso segno è un’altra importante decisione, comunicata al consiglio d’amministrazione in data 23 marzo 1986,
riguardante l’impianto austriaco di Pöls, a proposito del quale “la necessità,
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per difendere la nostra posizione, di dover ricorrere continuamente all’esercizio del diritto di minoranza qualificata ingenerando così una sempre più grave situazione di conflittualità, l’andamento del mercato delle cellulose che ormai
da tempo mostra una sistematica sovracapacità produttiva, hanno condotto a
prendere in attenta considerazione l’ipotesi di un graduale disimpegno della
Burgo”.2 L’impianto di Pöls, con tutto il suo valore simbolico per aver segna-
2. CdA, Assago,
23 marzo 1986.
to l’ingresso della Burgo sulla scena internazionale, e del quale si era cercato
per lungo tempo, nonostante le difficoltà, di difendere la quota di maggioranza, passava così progressivamente di mano. Ma le ristrutturazioni seguivano anche altre vie. Ad esempio, nel 1985, con l’incorporazione delle Cartiere del Sole nelle Cartiere del Timavo, si dava vita a una nuova società autonoma, la CTS, ancorché controllata al 100%.
Acquisizioni dirette ad accrescere la gamma dell’offerta. Il 15 gennaio 1986
l’assemblea straordinaria deliberava un aumento di capitale molto ingente, di
importo addirittura superiore al capitale esistente, che sarebbe passato da
136.993.720.000 a 295.501.680.000 di lire. Tale operazione avveniva in un
momento in cui i grandi gruppi industriali italiani, muovendosi tutti nella
stessa direzione, con provvedimenti analoghi a quelli assunti dalla Burgo, avevano potuto restituire efficacia alla gestione industriale. “Tale ritrovata efficacia ha avuto come effetto di grande importanza l’incremento e la ripresa dell’autofinanziamento, il quale, a sua volta, ha consentito di innescare un processo di raccolta dei capitali fondata sull’apprezzamento prima inusitato dei
valori mobiliari quotati in Borsa, così da promuovere l’aumento dei capitali
di rischio a costi molto contenuti”.3 L’imponente aumento di capitale viene
poco dopo seguito da operazioni di grande rilevanza, prima fra tutte l’apporto della Cartiera di Tolmezzo, di proprietà della Pirelli SpA (che ulteriormente
aumenta il capitale sociale a oltre 315 miliardi). Con questa acquisizione la
Burgo conseguiva un importante potenziamento sul piano industriale e produttivo assicurandosi una maggior presenza nel campo delle carte naturali da
stampa, e, al tempo stesso, introduceva nella compagine azionaria un socio
industriale di notevole importanza. L’operazione, come ricorda la relazione
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3. G. Sapelli, Dalla
periferia, cit., p. 120.
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straordinaria trasmessa ai soci chiamati a deliberare sulla fusione per incorporazione, “si era più volte prospettata nel corso degli ultimi anni, ma ha potuto trovare favorevole accoglimento solo quando il Gruppo Pirelli, socio unico della Cartiera di Tolmezzo Srl, ne ha cambiato sostanzialmente il quadro
tecnico economico razionalizzando la struttura produttiva. Quella che la Burgo acquista è dunque un’azienda in buona parte risanata e, per di più, ‘dota4. CdA, Assago,
26 marzo 1986.
ta di consistenti mezzi finanziari a tasso agevolato per la durata di sette anni’”.4
L’acquisto della cartiera di Tolmezzo non esauriva l’impegno della Burgo ad acquisire impianti in grado di potenziare la gamma dell’offerta e ad
aumentare il grado di specializzazione delle linee. L’opportunità di nuove
acquisizioni si prospetterà già l’anno successivo, quando verranno posti in
vendita numerosi complessi cartari facenti parte di società in amministrazione straordinaria. Il 31 luglio 1987 il Commissario liquidatore faceva pubblicare l’avviso d’asta, stabilendo che il termine per la presentazione delle
offerte scadesse il 31 ottobre dello stesso anno. A suscitare particolarmente
l’interesse della Burgo, era lo stabilimento di Chieti delle Cartiere Italiane
Riunite (CIR), in quanto il suo acquisto “si inquadra in un’efficace strategia di consolidamento delle posizioni del gruppo nel settore specifico delle
5. CdA, San Mauro,
22 settembre 1987.
carte patinate”.5
Ma non vi era soltanto la CIR; altri complessi industriali cartari, di
minore interesse per Burgo, venivano
posti contemporaneamente in vendita
dallo stesso commissario, il quale aveva tra l’altro stabilito che la presentazione di offerte per più impianti
avrebbe costituito titolo preferenziale
per l’aggiudicazione d’asta. In questo
contesto Burgo, per vedersi favorire
nell’assegnazione dello stabilimento di
Stabilimento
di Chieti.
Trattamento acque.
Chieti, si dichiarò disposta a partecipare, come socio di minoranza, all’acquisto dello stabilimento di Toscolano delle Cartiere Donzelli e Meridionali; inte8 - Espansione
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Stabilimento
di Chieti.
Veduta esterna.
se in tal senso intercorsero con il gruppo facente capo al dottor Aldo Marchi,
che sarebbe intervenuto come socio di maggioranza.
Diverso il discorso per quanto riguardava la Cartiera di Arbatax, il
cui stabilimento “costituisce il maggior polo produttivo di carta da giornale in Italia”. Lo stabilimento infatti era gravato da problemi strutturali gravissimi che si potevano – e si possono –
riassumere nella sua infelice localizzazione: ad Arbatax, per
produrre, bisognava importare tutto, mentre, all’opposto,
mancava un mercato locale sviluppato, in grado di assorbi-
La partita per
l’acquisizione di Chieti,
Toscolano e Arbatax
fu lunga e complessa
re una quantità consistente di prodotto. Per il suo salvataggio – il primo di una serie che non è ancora terminata – venne creata una
società partecipata dall’Ente Nazionale Cellulosa e Carta, il Credito Industriale
Sardo, la Regione Sardegna e un consorzio di forestali. La Burgo, pur non
essendo interessata all’operazione, accettò di parteciparvi, sia pure in posizione minoritaria, a condizione di assumere il ruolo di gestore industriale dell’impianto. Tale scelta, oltre a favorire la possibilità di vedersi assegnare gli
altri impianti, che venivano messi all’asta e che interessavano maggiormenUN SECOLO DI CARTA. I primi cento anni della Burgo
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te, avrebbe comunque consentito alla Burgo di consolidare le posizioni detenute nel mercato della carta da giornale, in un contesto di efficace razionalizzazione del settore.
La partita per l’acquisizione di Chieti, Toscolano e Arbatax fu lunga e
complessa; evidentemente i tre stabilimenti facevano gola a molti, tutti interessati a partecipare
all’asta, tal che “il quadro che ne è scaturito è
stato di una iniziale
grande confusione che
si è protratta fino ai
giorni scorsi [marzo
1988, N.d.r.] in cui il
Commissario ha formalizzato un’istanza al
Ministro con il parere
favorevole del Comitato
di sorveglianza che prevede l’accettazione della nostra offerta”.6 E il
Ministro dell’Industria
avrebbe
Stabilimento
di Chieti. Tino di
mescolazione tinte
per grado di bianco.
dichiarato
chiusa la procedura di
vendita alla Burgo o
alle società costituende con suo decreto del 4 maggio 1988.7
Ma non era ancora tutto, perché mentre si perfezionavano le procedure d’asta e d’acquisto delle cartiere di Chieti, Toscolano, e Arbatax, altri
6. CdA, San Mauro,
25 marzo 1988.
negoziati venivano avviati con il gruppo Rizzoli-Corriere della Sera per l’acquisizione della Cartiera di Marzabotto. Anche in questo caso l’intento era
7. CdA, San Mauro,
30 settembre 1988.
chiaro. Partendo dalla constatazione che la cartiera in questione “opera nel
settore delle carte per periodici naturali e patinate e della carta da giorna8 - Espansione
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le bianca e colorata”, si perveniva alla
conclusione che la sua acquisizione
realizzava “una espansione delle capacità produttive del Gruppo completando la gamma delle tipologie prodotte: la cartiera ha infatti sviluppato un proprio know-how nella produzione di BC con impiego di pastalegno e disinchiostrata acquisendo, in
questo comparto non coperto dal
Gruppo Burgo, una posizione di leadership sul mercato italiano”. Inoltre l’operazione si accompagnava “alla conclusione di contratti di fornitura con il gruppo RCS che assicurano un raffor-
Stabilimento
di Toscolano
(Cartiere Marchi SpA).
Veduta aerea.
zamento dei già solidi rapporti in essere”.8 Al tempo stesso consentiva il
rafforzamento dei legami con un importante azionista come Gemina, la
società finanziaria che deteneva la partecipazione di maggioranza del Grup-
8. CdA, San Mauro,
28 settembre 1989.
po Rizzoli.
Come conseguenza delle iniziative assunte in adempimento del programma di interventi previsto per il triennio 1989-91, l’impegno finanziario
sarebbe ammontato a oltre 800 miliardi di lire. Fortunatamente, grazie al favo-
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Stabilimento
di Toscolano
(Cartiere Marchi SpA).
Particolare della
macchina continua.
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revole andamento della congiuntura “l’autofinanziamento, in crescita in tutte le società del gruppo, assicura una parziale copertura di tali fabbisogni”;
ma anche così si riteneva indispensabile ricorrere a un nuovo aumento di capitale “di dimensioni adeguate a sostenere lo sviluppo della società che farà affluire nuovi mezzi finanziari per oltre 204 miliardi di lire”. Inoltre, “avendo presente altre opportunità di acquisizioni ed investimenti in Italia e all’estero che
potrebbero giungere a maturazione […] al fine di poter adeguare tempestivamente i mezzi propri a tali eventuali investimenti”, si propone “di attribuire agli amministratori ogni facoltà affinché possano provvedere […] ad
aumentare ulteriormente il capitale sociale di un massimo di 100 miliardi anche
9. CdA, San Mauro,
28 settembre 1989.
al servizio di obbligazioni convertibili e/o con warrant emessi da terzi”.9 Come
sempre, sarà Mediobanca a guidare il consorzio di garanzia.
I fabbisogni indicati potrebbero apparire eccessivi, se non fosse per il
fatto che, nei piani d’intervento della Burgo, non vi erano soltanto le acquisizioni dirette ad aumentare la gamma dell’offerta, ma un ruolo altrettanto
importante lo avevano i provvedimenti mirati ad aumentare il grado di integrazione verticale; il che riportava in primo piano la centralità degli investimen-
In questa fase si
trattava di aumentare
la capacità produttiva
dell’azienda
orientandola verso
i prodotti più richiesti
dal mercato
ti tecnologici. Superata la fase della ristrutturazione e della
razionalizzazione con la chiusura degli impianti ormai obsoleti e l’adeguamento tecnologico di quelli in attività, in questa fase si trattava di aumentare, con opportuni investimenti, la capacità produttiva dell’azienda, orientandola verso quei
prodotti che presentavano maggiori richieste di mercato. “Gli
investimenti per il 1988 comprendono interventi sugli
impianti di Verzuolo, una linea di taglio della carta in formato ad Avezzano, interventi di ristrutturazione e di miglio-
ramento dell’allestimento a Sora e Duino, l’installazione di una nuova linea
di polietilenatura a Treviso”.
Ma se questi interventi erano ancora in qualche modo legati alla necessità di migliorare l’esistente, è agli scenari futuri che occorreva guardare, in
modo da essere pronti a cogliere tutte le opportunità che essi avrebbero potu8 - Espansione
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to offrire. Retrospettivamente si constatava che, negli ultimi dieci anni, il tasso medio di crescita del mercato cartario era stato superiore al 7% per il patinatino, e al 5% per le patinate. Alla metà del 1988 le proiezioni a livello europeo dei dati di capacità produttiva e di consumo, disaggregati per comparti,
indicavano che nel comparto del patinatino, il deficit, rispetto alla capacità
presente in quel momento nel Gruppo Burgo, sarebbe stato destinato a salire, in tre anni, da 29.000 a 160.000 tonnellate, mentre per il comparto delle carte patinate i dati di prospettiva risultavano in linea con le potenzialità
dell’azienda.
La strada da percorrere era insita negli scenari delineati; essi, infatti, “hanno portato al definitivo convincimento sulla necessità di realizzare
una nuova linea di produzione di patinatino. Si tratta di una macchina continua e relativa patinatrice di altezza intorno a 8 metri e con una capacità
di circa 180.000 tonnellate/anno. L’investimento ammonta a 350-400 miliardi di lire; sono in corso le trattative con i principali fornitori mondiali. La
nuova linea potrà entrare in funzione nei primi mesi del 1991”. L’unico dubbio riguardava dove installare la nuova macchina, la più grande mai realiz-
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Stabilimento
di Avezzano.
Le due macchine
continue.
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zata alla Burgo sino a quel momento, più grande ancora di quella installata a Mantova e per la quale si era dovuto addirittura costruire un nuovo e
avveniristico stabilimento.
Al proposito “sono state fatte quattro ipotesi di localizzazione: Verzuolo, Avezzano, Mantova e Duino. Verzuolo è stato scartato per difficoltà di
spazio, Avezzano per quelle connesse alle risorse di acqua e alle incognite relative alla finanziabilità, a tassi agevolati, di nuove capacità nel Mezzogiorno”.
Dunque, “la scelta dovrà essere operata tra Mantova, che ha il migliore layout,
e Duino sulla base dei benefici finanziari che sarà possibile ottenere nel contesto della legislazione regionale e di quella agevolativa di risparmi energeti10. CdA, San Mauro,
30 settembre 1988.
ci ed innovazioni tecnologiche”.10
Alla fine la scelta sarebbe caduta sullo stabilimento di Duino, facente capo alla società controllata Cartiere del Timavo e del Sole. Seguendo gli
orientamenti indicati nella fase iniziale del progetto, “la localizzazione è stata definita tenendo conto delle sinergie con gli impianti ed infrastrutture esistenti, della qualificazione della mano d’opera, della favorevole posizione geografica e delle incentivazioni finanziarie”. Nel frattempo, si era ritenuto di
aumentare del 50% la potenzialità dell’impianto, portandola dalle 160.000
tonnellate inizialmente previste a 240.000 tonnellate annue. Il che faceva lievitare la spesa preventivata, che saliva così a oltre 450 miliardi di lire. Altri
80 miliardi di spesa derivavano, poi, dal programma di investimenti per
aumentare la capacità produttiva della controllata Cartiera di Chieti, portandola a 130.000 tonnellate annue di carte patinate senza legno. Con questi due
interventi, la capacità totale del Gruppo Burgo nella produzione di carte grafiche patinate sarebbe arrivata nel 1988 a 790.000 tonnellate annue.
Anche con questi ultimi interventi di grande rilievo Burgo dimostrava di avere operato in perfetta coerenza con le indicazioni che potevano scaturire da un ciclo espansivo di lunga durata. E altrettanta coerenza la si può
ritrovare nella fase successiva. Avviatane la costruzione nel settembre del 1989,
l’impianto di Duino entrava in funzione nel corso del 1991. Si trattava di una
delle più avanzate installazioni del mondo, con caratteristiche assolutamente
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di avanguardia per livello tecnologico, dimensioni, velocità e capacità produttiva. Mentre i sistemi di controllo erano stati integrati con i calcolatori
più sofisticati, particolare attenzione veniva posta nel circoscrivere l’impatto
ambientale. Gli impianti di depurazione biologica consentivano di scaricare
acqua perfettamente pulita, la centrale era alimentata a metano, la pasta legno
autoprodotta era sbiancata senza cloro.
Tuttavia, la messa in funzione dell’impianto interveniva in un
momento in cui la fase espansiva delle economie occidentali incominciava a
dare segnali di rallentamento. A partire dal 1990, la naturale inversione del
ciclo economico, che era lecito attendersi dopo una congiuntura favorevole di
eccezionale durata, risultava accentuata dall’incertezza derivante dalla prima
Guerra del Golfo e dai suoi possibili effetti sull’andamento dei pezzi petroliferi. Nel settore cartario, a questi aspetti di carattere generale, venivano a sommarsi difficoltà specifiche. In particolare, l’avviamento di
nuovi impianti a livello europeo determinava situazioni di
sovrapproduzione, con conseguenti pressioni sui prezzi di
vendita ed erosione dei margini operativi. La crisi, che avrebbe raggiunto il culmine nel 1992, era dovuta principalmente
alla “politica dei produttori scandinavi e finlandesi che, in
mancanza di un loro mercato interno, hanno avviato una corsa al gigantismo, acquisendo quote di mercato, sia diretta-
A partire dal 1990
la fase espansiva delle
economie occidentali
incominciava
a dare segnali
di rallentamento
mente, sia attraverso l’acquisizione di unità produttive site
nei Paesi CEE; con ciò innescando una vera e propria corsa all’investimento
anche da parte degli altri produttori europei”.11 Determinante, nel provocare
11. CdA, Milano,
29 novembre 1992.
questa situazione, era stata “la perdita del ruolo di leadership da parte dell’industria cartaria tedesca”.12
12. CdA, Milano,
11 maggio 1992.
In un tale contesto era illusorio pensare di continuare a produrre nella maniera diversificata in cui si era proceduto fino a quel momento. “Alla
Burgo non resta che seguire il mercato nei comparti che rappresentano il core
business, vale a dire le carte patinate e il patinatino”; ancora una volta si impone perciò la necessità di razionalizzare la produzione, fermare gli impianti antiUN SECOLO DI CARTA. I primi cento anni della Burgo
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Veduta aerea.
economici, riconvertire quelli suscettibili di trasformazione, stipulare accordi di commercializzazione con altri produttori europei per quei tipi di carta
che non sono prodotti dal gruppo, o la cui produzione viene fermata perché
antieconomica. Applicando questi indirizzi, “lo stabilimento di Corsico è già
stato più volte fermato e […] dovranno essere prese decisioni di lungo periodo. Decisioni radicali si impongono anche relativamente agli stabilimenti che
producono carte naturali, risultando incolmabile in questo comparto il divario fra costi e ricavi. Un problema particolare è rappresentato dallo stabilimento di Marzabotto, ove è stata fermata la linea di carta da giornale, attesa
la assoluta antieconomicità in relazione al prezzo di mercato, ed ove grandi
preoccupazioni nascono anche per la linea del BC in relazione alle nuove capa13. CdA, Milano,
11 maggio 1992.
cità che stanno per essere avviate in Europa per oltre 400.000 t/anno”.13
Tracciato a grandi linee nella primavera del 1992, il piano d’intervento assunse forma definita nell’autunno dello stesso anno. I punti critici
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riguardavano sostanzialmente tre stabilimenti. In primo luogo Corsico, che
“è già praticamente fermo; la sua produzione è stata assorbita in gran parte
da Sora e il rimanente dagli altri stabilimenti di carte patinate”. Un altro
intervento avrebbe dovuto interessare Germagnano, che è “uno stabilimento monomacchina con problematiche legate al settore delle carte naturali. Si
ipotizza la sua chiusura (avviando la commercializzazione di carta ad uso meccanografico) e la concentrazione dei rimanenti tipi su Tolmezzo”, o, in alternativa, “la produzione di un solo tipo di carta in rotolo con utilizzo cartacce ed un organico estremamente ridotto”. Ma la situazione più delicata, e la
decisione più difficile, riguardava Marzabotto, che aveva un valore di carico
elevato e la cui chiusura avrebbe comportato una notevole perdita finanziaria. “È quindi doveroso esplorare ogni possibile alternativa ivi comprese alleanze, joint venture, combinazioni con partners qualificati, eventualmente coinvolgendo anche lo stabilimento di Mantova”. Le misure previste avrebbero
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Burgo Ardennes.
Vista esterna.
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interessato oltre 1200 persone: “Siamo quindi in presenza di un impatto socia14. CdA, Milano,
29 novembre 1992.
le considerevole che determinerà ripercussioni a tutti i livelli”.14
I provvedimenti furono immediati. Oltre alla fermata degli stabilimenti
di Corsico, Germagnano e di Marzabotto, la tempestività nell’affrontare la situazione consentì anche in questa circostanza una rapida inversione della tendenza negativa. Mentre Corsico cessava definitivamente, Marzabotto, dopo una fermata di circa un anno, riprendeva l’attività specializzandosi nella produzione
di carta per elenchi telefonici; contemporaneamente Mantova si specializzava
nella produzione di carta per giornali utilizzando un’alta percentuale di carta
da macero disinchiostrata. Per effetto di questi provvedimenti, e di altre misure su altri stabilimenti (nuova patinatrice a Chieti), già nel 1993 i conti del
Gruppo ritornavano in terreno positivo. Vi erano dunque le premesse per riprendere il processo di espansione che la crisi degli anni 1990-92 aveva in qualche
modo rallentato. In questo quadro, consapevole della crescente importanza stra8 - Espansione
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tegica della carta da macero – unica materia prima fibrosa di produzione nazionale – nel 1993 la Burgo costituì con il gruppo svedese SCA una società, la
Italmaceri, destinata a operare nella raccolta e selezione della carta di recupero. Con gli idonei impianti di disinchiostrazione, lo stabilimento di Mantova
si sarebbe progressivamente trovato in grado di fabbricare carta da giornale utilizzando unicamente tale materia prima.
Circa la Cartiera di Arbatax, i nodi strutturali che impedivano un efficace rilancio dello stabilimento non avevano trovato soluzione, essenzialmente per il mancato assolvimento degli impegni (relativi non solo alla provvista
finanziaria, ma soprattutto alla soluzione dei problemi
ambientali e di trasporto) a suo tempo assunti dalla parte
pubblica: circostanza, questa, ripetutamente segnalata dalla
Burgo sin dal 1990. Già dalla fine di quell’anno Burgo, preso atto dell’impossibilità di gestire la società con criteri di
mercato, aveva preso la decisione di rimettere alla parte pubblica la gestione della cartiera. Nel mese di marzo del 1992,
Nel 1993 vi erano
tutte le premesse per
riprendere il processo
di espansione che
la crisi aveva rallentato
l’assemblea degli azionisti, verificati l’andamento economico, le perdite cumulate e gli effetti della decisione della Commissione CEE, che imponeva la restituzione agli azionisti pubblici dei finanziamenti effettuati alla cartiera, perché ritenuti “aiuti di Stato” e come tali distorsivi della concorrenza, deliberò
di avviare tale procedura.
Gli interventi operati sino a quel momento erano stati certamente
importanti ed efficaci; ma adesso la Burgo stava per mettere a segno il “colpo” più importante, sino a quel momento, della sua ormai lunga storia, tale
da far impallidire, fra le precedenti acquisizioni, anche quelle che avevano
segnato i momenti più significativi nelle vicende del Gruppo: l’acquisto del
complesso cartario facente parte degli attivi della fallita società Cellulose des
Ardennes, con sede a Virton, nella regione Vallone del Belgio. Per la verità,
in questo caso, più che di acquisto, si dovrebbe parlare di nuovo investimento.
La cartiera della quale la Burgo acquista il possesso nel gennaio 1994, sbaragliando altri pretendenti di peso come la International Paper, in realtà non
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era mai entrata totalmente in funzione. La cartiera, infatti, era stata progettata nel 1989 e costruita fra il 1990 e il 1992 secondo i criteri più avanzati, integrata con una preesistente fabbrica di cellulosa. “Dotata di impianti
nuovissimi, realizzati da primari costruttori (quali Voith, Jagenberg, Cellier,
15. CdA, Milano,
2 dicembre 1993.
Kleinewefers ecc.)”15 era stata utilizzata solo in parte e per soli pochi mesi,
mentre delle “nuove capacità produttive che stanno per essere avviate in Europa, per oltre 400.000 tonnellate annue” denunciate nel consiglio d’amministrazione dell’11 maggio 1992, nelle intenzioni dei proprietari della Cellulose des Ardennes almeno 200.000 tonnellate sarebbero dovute provenire dall’impianto di Virton. La scelta non felice del momento in cui il nuovo impianto sarebbe dovuto entrare in funzione, già caratterizzato da sovrapproduzione, unita alla “generale inesperienza del personale”, determinarono il tracollo dell’impresa, che si trovò nella necessità di richiedere il fallimento e offrì
alla Burgo l’opportunità di acquisire una unità produttiva nuova di zecca a
prezzo quasi di saldo.
Ma i vantaggi, per la Burgo non erano soltanto, e forse banalmente, economici. Infatti, l’acquisizione “di assoluta rilevanza in termini prospettici” si
inseriva in un disegno strategico di medio-lungo periodo: dopo i forti investimenti realizzati nel campo delle patinate con legno (patinatino) con il nuovo,
grande impianto di Duino, che avevano già consolidato la posizione di primo
piano del Gruppo nel contesto europeo, la nuova unità produttiva consentiva
un importante sviluppo nel campo delle patinate senza legno di alta gamma
qualitativa.
Ciò significava, per Burgo, realizzare in chiave internazionale un ancor
più razionale assetto delle capacità produttive globali e ottenere una più equilibrata gestione nella distribuzione delle proprie quote di mercato. Si osservava, infatti, che “il segmento delle carte patinate senza legno rappresenta 1/3
del core-business della Burgo (costituito da carte patinate e LWC) nonché i 2/3
delle carte patinate; le quote di mercato della Burgo, in tale segmento, sono
rispettivamente del 6,3% del mercato europeo e del 36,3% del mercato italiano. Sussiste pertanto un notevole squilibrio tra il mercato italiano, cui è diret8 - Espansione
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to l’81% di detta produzione, e quello europeo, cui è destinato il restante 19%;
Burgo Ardennes.
“Continua uno”.
è evidente quindi come i Paesi della Comunità Europea costituiscano il mercato in cui la Burgo, già leader in Italia, può ulteriormente espandersi”.16
16. CdA, Milano,
2 dicembre 1993.
In effetti, non si mancava di far rilevare che “i punti di forza dell’operazione stanno nella modernità dell’apparato produttivo, che lo qualifica
come produttore a basso costo, e nella sua collocazione geografica perfettamente
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corrispondente alle esigenze logistiche del Gruppo: la sua posizione è infatti
strategica per servire i principali mercati del centro Europa in cui la Burgo è
17. CdA, Milano,
18 aprile 1994.
già presente con una propria rete commerciale”.17 Di fatto, mentre gli impianti italiani della Burgo erano situati in posizione decentrata, l’impianto di Virton consentiva, con un raggio non superiore ai 400 chilometri, di far arrivare la carta patinata in tutta Europa.
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Altro punto di forza dell’operazione, il suo costo contenuto: circa 130
miliardi di lire “pagabili sulla base di una rateazione pluriennale senza interessi e con facoltà di pre-pagamento, applicandosi in tali ipotesi formule di
sconto finanziario”. Certo, l’impianto, per quanto nuovo e
tecnologicamente avanzato, non era perfetto, richiedeva ancora miglioramenti, in quanto presentava alcuni colli di bottiglia, “eliminabili solo attraverso l’integrazione con nuovi
macchinari” che avrebbero richiesto investimenti aggiuntivi per una cifra equivalente a quella dell’acquisto; ma anche
Con l’impianto di
Virton, Burgo metteva
a segno il “colpo”
più importante
della sua storia
così si trattava di un ottimo affare. Prova ne sia che, “dopo
un’intensa, per non dire frenetica, attività preparatoria e grazie alla capacità
ed alla dedizione di tutti gli uomini che vi hanno partecipato, in brevissimo
tempo sono state riprese le procedure di avviamento di questi nuovi impianti (interrotte nove mesi prima) ed il 14 marzo è stata prodotta la prima carta vendibile”.18 Dall’acquisto dello stabilimento erano passati meno di due mesi.
18. CdA, Milano,
18 aprile 1994.
Per finanziare l’acquisto della cartiera di Virton, per il quale venne appositamente costituita la società Burgo Ardennes, di diritto belga, il cui capitale sociale era totalmente detenuto dal Gruppo Burgo, si dovette ancora una
volta ricorrere a un aumento di capitale, destinato a far affluire nelle casse della società 177 miliardi di denaro fresco. E anche in questa occasione fu Mediobanca a promuovere il buon esito dell’operazione. Nell’annunciare alla stampa l’entità e le modalità dell’aumento di capitale, la Burgo sottolineava come
l’acquisto degli impianti cartari della Cellulose des Ardennes, al quale l’aumento era destinato, rappresentasse “la prima acquisizione effettuata in ambito internazionale”, e fosse “destinata ad esercitare un ruolo strategico per il
suo sviluppo sui mercati internazionali”.19
In realtà, l’internazionalizzazione della Burgo, almeno sul piano commerciale, era già iniziata qualche tempo prima, con la creazione di società operanti in qualità di agenti sul mercato inglese, tedesco e francese (Burgo U.K.,
Burgo Deutschland e Burgo France), ed era proseguita con l’acquisizione contemporanea a quella di Burgo Ardennes, a condizioni particolarmente vanUN SECOLO DI CARTA. I primi cento anni della Burgo
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19. Informazione
per la stampa del
1° febbraio 1994,
allegata al verbale
CdA del 31 gennaio
1994.
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Burgo Ardennes. Particolare della fase di patinatura della carta.
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taggiose, del pacchetto di maggioranza della Ebix, società con sede a Barcellona, che sin dagli anni Ottanta svolgeva attività commerciale prevalentemente
come distributrice di carte della stessa Burgo, e che godeva “di una buona introduzione sul mercato della distribuzione con una quota pari a circa il 7% del
mercato spagnolo delle carte grafiche in generale ed a circa il 10% di quello
delle carte patinate”.20
20. CdA, Milano,
18 aprile 1994.
Con questa acquisizione e con la costituzione, di poco successiva, di Burgo Ardennes, veniva assicurata la presenza diretta del Gruppo nella maggior
parte dei Paesi dell’Europa occidentale. Una presenza indispensabile non solo
per assecondare e favorire le esportazioni del gruppo, ma anche, come si vedrà,
per contrastare efficacemente l’espansionismo dell’industria cartaria scandinava e finnica. Che, d’altronde, le esportazioni diventassero se non proprio la colonna portante, certamente uno dei pilastri della politica del Gruppo, era esplicitamente riconosciuto dallo stesso consiglio d’amministrazione, come affermato nel già citato comunicato stampa del 1° febbraio: “In merito all’andamento del 1993 il Consiglio di amministrazione ha rilevato che, pur in una situazione di settore ancora caratterizzata da sovracapacità produttiva, il cui riassorbimento è in atto con ritmi e tempistiche diversi a seconda dei comparti, il
Gruppo Burgo ha realizzato un fatturato di oltre 1700 miliardi, in crescita del
4,4% per volumi, e dell’8,6 a valore. Lo sviluppo delle vendite è essenzialmente
riconducibile alla componente estera che ha rappresentato il 35% del totale
(45% del totale se riferito al portante comparto delle carte patinate)”.21
21. Informazione per
la stampa, cit.
Tuttavia, a chiudere completamente il cerchio, mancava ancora un tassello. L’acquisto dell’impianto cartario di Virton lasciava infatti ancora aperto il problema della preesistente fabbrica di cellulosa, che aveva originato l’impianto stesso, e che costituiva un elemento di importante interesse occupazionale per la zona, sia per il numero di dipendenti che per l’elevata occupazione indiretta indotta in campo forestale. Al momento della procedura fallimentare, la fabbrica di cellulosa era stata acquistata, con la denominazione
di “Cellardennes”, da una società a prevalente capitale pubblico alla quale la
stessa Burgo aveva partecipato con una quota largamente minoritaria
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Burgo Ardennes. Deposito chip.
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(17,5%), nella prospettiva della rivendita a un operatore specializzato del settore. Nell’ambito delle trattative per l’acquisto della cartiera, Burgo aveva tuttavia ottenuto, oltre a un diritto di prelazione, anche un diritto di opzione
sulla restante parte del capitale sociale, esercitabile entro il 30 settembre dello stesso 1994. Pochi mesi più tardi, il quadro appariva completamente mutato. Non solo l’impianto di produzione della carta aveva dato sin dall’inizio
buoni risultati, ma anche il mercato della cellulosa manifestava una sensibile tendenza al rialzo. L’acquisizione della totalità del pacchetto azionario di
Cellardennes, attraverso l’esercizio del diritto di opzione, diventava perciò un
obiettivo appetibile. Tanto più che, fattane seguire da vicino l’attività da una
importante società canadese del settore, si era visto che l’impianto presentava un andamento soddisfacente.
Costruito nel 1964 e radicalmente potenziato nel decennio successivo, l’impianto aveva una capacità di 240.000 tonnellate annue di cellulosa e la materia prima per produrla era ottenibile abbastanza agevolmente in un raggio di 150 chilometri che comprendeva Belgio, Francia e Lussemburgo. Siccome, poi, nell’ultimo quinquennio erano stati fatti investimenti per circa 100 miliardi di lire, si poteva ritenere che le condizioni
operative fossero sostanzialmente buone, anche se erano necessari interventi
di potenziamento dell’impianto di lavaggio e sbianca per circa 48 miliardi, e di manutenzione straordinaria per altri 24, cui si dovevano ancora
aggiungere ulteriori 24 miliardi circa per adeguamento alle disposizioni ecologico-ambientali. Complessivamente, tutto portava a concludere che “nelle attuali condizioni produttive e avuto riguardo agli attuali costi delle materie prime legnose e chimiche, l’impianto è discretamente competitivo rispetto a quelli analoghi installati in altri Paesi dell’Europa occidentale e scandinava”.
Ma il vero punto di forza, che rendeva consigliabile l’acquisizione dell’impianto, era ancora un altro e consisteva “nel fatto che esso è integrato con
una cartiera alla quale può direttamente versare cellulosa allo stato liquido:
ciò consente, da un lato, di fornire un prodotto più economico perché non essicUN SECOLO DI CARTA. I primi cento anni della Burgo
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cato (con ulteriore risparmio di energia per il mancato spappolamento in cartiera); d’altro lato, dal punto di vista qualitativo, ciò conferisce alla carta particolari e apprezzabili caratteristiche di grado di bianco”.
Si trattava, dunque, di un classico caso di integrazione verticale. Infatti, “quando la cartiera di Burgo Ardennes raggiungerà la piena produzione,
essa assorbirà circa 1/3 della produzione di cellulosa: un eventuale implementazione dell’impianto cartario potrebbe portare al pieno autoconsumo della cellulosa prodotta”. Ma l’operazione presentava anche numerosi vantaggi
sotto il profilo economico, per il quale “occorre tenere presente la forte connotazione ciclica del mercato della cellulosa, i cui prezzi sono sensibili all’andamento del dollaro ed ai costi delle materie prime. Da questo punto di vista
il momento attuale si presenta favorevole, in quanto sembra coincidere con
l’avvio di un ciclo positivo: la integrazione con la cartiera consente di mini22. CdA, San Mauro,
1° luglio 1994.
mizzare i rischi connessi alle oscillazioni della domanda”.22
Va da sé che per finanziare la nuova acquisizione si rendeva necessario
procedere, ad appena sei mesi di distanza dal precedente, a un nuovo aumento di capitale, il cui ammontare massimo di 129,9 miliardi di lire era destinato a far affluire nelle casse della società nuovi mezzi finanziari sino a un
ammontare massimo valutato nell’ordine di 230 miliardi, destinati, più che
all’acquisto della società – il cui prezzo (circa 20 miliardi) era decisamente
modesto – agli interventi di potenziamento dell’impianto. Il 1994 si rivela-
Il grande sforzo
compiuto per
rafforzare e
razionalizzare
la struttura produttiva
venne premiato
va perciò, per i destini della Burgo, come un anno cruciale,
i cui esiti favorevoli – due importanti acquisizioni, due
aumenti di capitale – erano stati certamente propiziati dal
buon andamento economico del settore a livello europeo. Nell’annunciare il secondo aumento di capitale, la Burgo non
mancava di sottolineare che “in generale la domanda di carte grafiche in Europa si è sviluppata con buoni ritmi di crescita sospinti, per taluni prodotti, anche dal processo di rico-
stituzione di scorte”. In ogni caso, il fatturato consolidato della Burgo per il
primo semestre 1994 avrebbe raggiunto i 1000 miliardi di lire, segnando una
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crescita, rispetto all’anno precedente, pari al 17%. E se l’acquisizione di Cellardennes veniva in qualche modo a compensare il progressivo disimpegno da
Pöls, dove la quota di partecipazione della Burgo, ormai ridotta al 6,56%,
sarebbe stata di lì a poco annullata, all’aumento del giro d’affari aveva già concorso “anche Burgo Ardennes, la nuova fabbrica di carta patinata acquisita nei
primi mesi dell’anno ed avviata a metà marzo con risultati positivi soddisfacenti sia per i livelli qualitativi particolarmente interessanti sia per il livello
di efficienza tenuto conto della complessità della fase di avviamento: a soli tre
mesi dall’avvio infatti lo stabilimento ha raggiunto un regime produttivo superiore al 65% della capacità massima”.23
Le scelte operate dalla Burgo con l’acquisto dell’impianto cartario di
23. Comunicato
del CdA, allegato al
verbale del 1° luglio
1994.
Virton e di Cellardennes (immediatamente dopo, fuse in un’unica società) sarebbero risultate premianti, testimoniando della capacità dell’azienda di saper
cogliere le opportunità favorevoli al momento giusto. Come avrebbe osservato il presidente Adler, illustrando i risultati del primo semestre 1995, “il settore cartario sta vivendo un momento di eccezionale vivacità e ha intensificato [nell’ultimo periodo, N.d.r.] la forte espansione della produzione e del consumo apparente in un contesto di ripetuti aumenti della materia prima e dei
prezzi di vendita. La crescita della domanda ha consentito elevati sbocchi delle capacità produttive disponibili: ad esempio, nel settore delle patinate, che
rappresentano i 3/4 del fatturato della società, il consumo europeo di circa 5,5
milioni di tonnellate è aumentato dell’11% e la produzione (7 milioni di tonnellate) di circa il 12%. Per quanto riguarda la Cartiere Burgo, il grande sforzo compiuto negli ultimi 5 anni per rafforzare e razionalizzare la struttura produttiva sia attraverso investimenti diretti sia attraverso acquisizioni con un
impegno finanziario di quasi 1500 miliardi, è stato premiato e la Burgo ha
potuto cogliere appieno le opportunità offerte dalla favorevole fase congiunturale subentrata al precedente lungo ciclo recessivo: ha così conseguito un
forte sviluppo delle attività e dei risultati reddituali”.24
Dall’entrata in funzione dell’impianto di Duino alla messa in esercizio della cartiera di Virton erano passati a malapena tre anni.
UN SECOLO DI CARTA. I primi cento anni della Burgo
172
24. CdA, San Mauro,
18 settembre 1995.