servizio dell`ascolto e discernimento comunitario: potenzialita` e
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servizio dell`ascolto e discernimento comunitario: potenzialita` e
SERVIZIO DELL’ASCOLTO E DISCERNIMENTO COMUNITARIO: POTENZIALITA’ E PATOLOGIE A CONFRONTO Prof. Giuseppe Crea L'obbedienza come ascolto È quel particolare tipo d'ascolto che solo il figlio può prestare al padre, perché illuminato dalla certezza che il padre ha solo cose buone da dire e da dare al figlio L'ascolto è uno dei ministeri principali del superiore, per il quale egli dovrebbe essere sempre disponibile, soprattutto con chi si sente isolato e bisognoso d'attenzione Ascoltare significa accogliere incondizionatamente l'altro, dargli spazio nel proprio cuore. Per questo l'ascolto trasmette affetto e comprensione, dice che l'altro è apprezzato e la sua presenza e il suo parere sono tenuti in considerazione L'obbedienza come crescita L'obbedienza a Dio è cammino di crescita consente di accogliere un progetto o una volontà diversa dalla propria che fonda la dignità umana La crescita della fraternità è frutto di una carità “ordinata” Obbedienza come risposta All'ascolto segue l'obbedienza come risposta libera e liberante L'autorità si dovrà preoccupare di creare un ambiente di fiducia, promovendo il riconoscimento delle capacità e delle sensibilità dei singoli Inoltre alimenterà, con le parole e con i fatti, la convinzione che la fraternità esige partecipazione e quindi informazione (20) Discernimento comunitario La ricerca di una risposta adeguata è affidata al discernimento comunitario, nel quale si tratta di ascoltare ciò che lo Spirito dice alla comunità (cf. Ap 2,7) Se il discernimento vero e proprio è riservato alle decisioni più importanti, lo spirito del discernimento dovrebbe caratterizzare ogni processo decisionale che coinvolga la comunità Alcuni atteggiamenti del discernimento la determinazione a cercare niente altro che la volontà divina 1 riconoscere in ogni fratello o sorella la capacità di cogliere la verità l'attenzione ai segni dei tempi la libertà da pregiudizi, da attaccamenti eccessivi alle proprie idee, da schemi percettivi rigidi o distorti, da schieramenti che esasperano la diversità di vedute il coraggio di motivare le proprie idee e posizioni, ma anche di aprirsi a prospettive nuove e di modificare il proprio punto di vista mantenere l'unità crescendo insieme Imparare l'obbedienza nel quotidiano Alla persona consacrata può avvenire di “imparare l'obbedienza” anche a partire dalla sofferenza, ovvero da alcune situazioni particolari e difficili: quando, ad esempio, viene domandato di lasciare certi progetti e idee personali, di rinunciare alla pretesa di gestire da soli la vita e la missione; o tutte le volte in cui ciò che viene richiesto (o chi lo richiede) appare umanamente poco convincente La mediazione è per natura sua limitata e inferiore a ciò a cui rimanda, ma il Signore chiede di obbedire all'autorità che in quel momento lo rappresenta Obbedienze sofferte È proprio in questi casi sofferti che la persona consacrata impara ad obbedire al Signore, ad ascoltarlo e ad aderire solo a Lui, nell'attesa, paziente e piena di speranza, della sua Parola rivelatrice, nella disponibilità piena e generosa a compiere la sua volontà e non la propria Ma chi è questo superiore/a a cui obbedire? Il servizio dell’autorità… dalla parte dell’autorità Il superiore ideale Il rischio di cercare un “leader ideale” I tratti più associati alla leadership ideale erano quelli della dominanza, dell’assertività, della sensibilità sociale, dell’intelligenza, dello spirito di iniziativa, del livello di fiducia in se stessi, con cui il leader poteva influenzare in modo significativo il gruppo Leadership reale nella realtà della persona Stili di leadership e condizioni di crescita Tipo autoritario Il responsabile autoritario esercita un forte controllo sul gruppo, da’ direzione in modo chiaro alle dinamiche interne del gruppo, permette efficienza e produttività al gruppo Rischio: di limitare la partecipazione dei membri alle diverse fasi del processo di gestione e di decisione 2 Tipo collaborativo Il leader collaborativo offre direzionalità dando la possibilità ai membri di partecipare responsabilmente all’interno del gruppo, in particolare per la collaborazione in vista degli obiettivi comuni Rischio: di confondersi nel gruppo Tipo laissez-faire Lo stile del laissez-faire riguarda la modalità con la quale il leader rinuncia al controllo verso le persone che sono a lui affidate, e lascia ampio spazio perché esse si autodeterminino all’interno del gruppo Questo stile pone l’accento sulla condivisione e compartecipazione di tutti, Rischio: di non riuscire a fare sintesi Occorre fare sintesi dentro di sè! E’ difficile che un singolo stile possa differenziare il buon leader dal leader inefficace Occorre fare sintesi delle diverse dimensioni, in accordo con quanto il gruppo vive Cosa fare con le obbedienze difficili e/o patologiche? Cosa fare dinanzi alle obbedienze difficili e/o patologiche? L’esempio di Padre Couturier, Decano dell’Istituto teologico presso l’Università di Baltimora negli USA Da: «Human Development», vol. 28, 2007, n. 1, pp. 5-11 L’aspetto regolativo Quando nella VC si viene a creare una situazione problematica, si tende subito a privilegiare e ad analizzare quanto accaduto a partire dall’aspetto regolativo e razionale dell’organizzazione, per verificare che le procedure previste in simili casi siano state prese rispettando le regole fissate L’aspetto emozionale C’è un’altra dimensione, invece, presa meno in considerazione, ed è quella relativa agli aspetti emozionali, alle credenze e alla cultura, ai vissuti inconsci che sono sottesi alle relazioni, e che comunque sono inclusi nel modo con cui le persone del gruppo istituzionale “codificano” i loro rapporti In questa dimensione, sono nascoste le speranze e le aspettative, ma anche le paure individuali e le ansie istituzionali Dinanzi alle obbedienze difficili, emerge una sorta di angoscia istituzionale che genera disorientamento 3 La profezia addomesticata Il senso di incertezza che una obbedienza difficile genera, porta l’organizzazione a distaccarsi da quello che sta realmente accadendo, perdendo di vista il primary task, cioè il compito primario di ogni congregazione Il primary task di una congregazione viene sacrificato o “addomesticato” dinanzi alle diverse emergenze che l’organizzazione deve affrontare Le difese istituzionali Una prima difesa è quella di “non fare niente”: i membri del gruppo cospirano tra di loro, emergono i pettegolezzi e i pregiudizi espliciti oppure, ad un livello più inconscio, le persone fanno finta di niente Una seconda difesa è quella dell’”attacco” verso ogni tipo di cambiamento che possa smascherare il fallimento Una terza difesa sono i “rituali istituzionali” attraverso messaggi, dichiarazioni di ruolo o di circostanza, compiti da portare avanti, passaggi e spostamenti, tutte mosse che servono al leader a dare risposte certe e arginare così l’incertezza dell’angoscia interiore Se la VC perde di mordente Tali difese servono per tenere a bada i vissuti angoscianti presenti, che sono rimossi nell’inconscio comune Con il tempo le persone non si accorgono che i rituali organizzativi, intesi a facilitare la missione del gruppo, rischiano di proteggere il gruppo dall’adempiere quello stesso scopo, attenuando così il bisogno di azione e di cambiamento Normalization of deviancy E’ allora che si normalizzano gli “incidenti di percorso sembrano delle anomalie di routine che, apparentemente, non minacciano l’istituzione Con il tempo però si rischia di assuefarsi a questi episodi (far finta di non vedere, di non sentire, di non ascoltare…) e ciò diventa una sorta di abitudine istituzionale ai comportamenti devianti (normalization of deviancy), che si ripercuote nei vissuti del gruppo, e che potrebbe tramutarsi in uno stato di malessere esteso Monitorare i vissuti emotivi Se le patologie individuali sono da bloccare senza alcuna esitazione, allo stesso tempo anche le aspettative e i vissuti emotivi sottostanti devono essere monitorati, nel singolo, nella comunità come anche nell’istituzione allargata Diversamente si rischia di trincerarsi dietro giustificazioni che possono perpetrare una normalizzazione della devianza, «soprattutto nelle organizzazioni che hanno imparato a come “reprimere ciò che è negativo”» Rinegoziare i significati Occorre una visione totalizzante e costruttiva della persona che stabilisce una continua rinegoziazione dei significati e degli eventi nella relazione Occorre che le reciproche narrazioni possono costruire gli eventi come parte di una narrazione allo stesso tempo stabile e progressiva 4 La fedeltà come processo di crescita Nel disagio psicologico e intrapsichico, diventa importante la presenza di un ambiente relazionale propositivo che aiuti tutti a riscoprire le cose di Cristo nella vita comune, anche se a volte la presenza di confratelli in difficoltà rende ciò faticoso e poco gratificante «Quando la fedeltà si fa più difficile, bisogna offrire alla persona il sostegno di una maggior fiducia e di un più intenso amore, sia a livello personale che comunitario» (VFC, n. 70). Vita Consecrata, n 43 Se l'autorità deve essere prima di tutto fraterna e spirituale e se, di conseguenza, chi ne è rivestito deve saper coinvolgere mediante il dialogo i confratelli e le consorelle nel processo decisionale, conviene tuttavia ricordare che tocca all'autorità l'ultima parola, e ad essa compete poi di far rispettare le decisioni prese Imparare a collaborare secondo lo stile evangelico Collaborazione e servizio: l’autorità per il bene comune Apprendere a guidare 8 passi della leadership strategica 1. Fiducia reciproca Creare un ambiente di fiducia reciproca in un clima di attenzione costruttiva Occorre stabilire un clima di mutua fiducia che stimoli le persone a esplorare strategie di relazione diverse da quelle abituali 2. Chiarificazione delle percezioni Aiutare le persone a restare ancorati alla realtà Riconoscere i vari tipi di percezione distorta, come gli stereotipi di gruppo (soprattutto se si tratta di conflitti tra persone appartenenti a gruppi oggettivamente diversi, come nel caso di giovani e anziani, di culture diverse…), i pregiudizi, i giochi di svalutazione 3.Dai bisogni individuali agli obiettivi comuni Focalizzare sui bisogni individuali e comuni 5 Occorre riconoscere i propri bisogni e quelli degli altri, per farne emergere gli aspetti che sono connessi agli obbiettivi comuni Identificare gli obiettivi comuni diventa cruciale perché le persone abbandonino le proprie barricate individualistiche 4. Condividere le opportunità Le opportunità di “agire o di attivarsi effettivamente” Le opportunità positive permettono di promuovere le risorse costruttive di tutte le parti coinvolte nelle difficoltà relazionali Ciascuno asserisce se stesso, o lascia all’altro la libertà di esprimersi, da un massimo di controllo ad un massimo di libertà 5. Verso un’ottica costruttiva Cominciare a guardare a qualcosa di diverso per le situazioni che si affrontano Entrare in un’ottica di crescita costruttiva reciproca 6. Conoscere nuove opzioni Conoscere e far conoscere nuove opportunità relazionali Avere opportunità di comunicazione per passare: dall’iniziale diffidenza alla confidenza, dove ciascuno può rischiare di dare e di ricevere 7. Sperimentare E’ la fase della “fattibilità” del processo di risoluzione, a partire dai singoli passi che vengono raggiunti 8. Accordo di duratura collaborazione Una volta sperimentati i passi di gestione delle situazioni comunitarie, occorre che le persone sappiamo rendere durature tali conquiste anche dinanzi ad ulteriori sviluppi che possono sorgere ancora all’interno del gruppo Fare memoria delle motivazioni di fondo della convivenza La riscoperta delle proprie “respons-abilità” a fornire risposte competenti per i propri bisogni e per i bisogni comuni si trasforma in “responsabilità” per il compito che interpella ciascuno nella vita fraterna Strategie ricostruttive Comunicazione autentica Gli ostacoli alla comunicazione empatica della propria storia vanno riconosciuti e neutralizzati con un feedback che consente di chiarire le incomprensioni e di segnalare interesse all’altro L’ascolto attivo permette di decifrare i contenuti e le emozioni presenti dietro ogni messaggio, consentendo ad entrambe le parti di focalizzare l’immagine di sé e la relazione reciproca 6 Chiarire le distorsioni percettive Le persone stanche del conflitto possono mettere in discussione la loro percezione reciproca negativa, ed individuare i loro bisogni reali sarà importante che le parti mettano sul tappeto gli argomenti delle loro difficoltà Riconoscere i bisogni condivisi In comunità ci sono bisogni psicologici di base che le persone tendono rigorosamente a preservare: sopravvivenza e sicurezza, identità e dignità, autonomia e riconoscimento Tenerne conto vuol dire tenere conto delle persone che li vivono Vuole dire passare da conflitti centrati sull’ostacolamento e l’aggressività verso la persona a conflitti centrati sulla divergenza tra obiettivi diversi, a partire dalla volontà di cooperare, necessaria tra chi vive in comunità Confronto Le persone sentono l’esigenza di chiarezza per identificarsi come agenti delle difficoltà conflittuali e per identificare le componenti della situazione problematica nel rispetto e nella comprensione delle reciproche differenze La chiarezza delle componenti conflittuali apre la strada a nuove opportunità di dialogo e di valorizzazione delle differenze reciproche per poi orientarsi su strategie di collaborazione che sono ad un livello di comprensione reciproca completamente diversa rispetto alle precedenti condizioni di disagio Integrazione delle diversità Dare priorità degli interessi che uniscono le persone Ciò costituisce un livello di convergenza dei molteplici aspetti coesivi della vita comunitaria e rappresenta un terreno di maggiore flessibilità Lo spirito di creatività Uno spirito creativo inteso ad ampliare le opzioni e le risposte alternative che permettano la riformulazione delle circostanze interpersonali problematiche e l’apporto creativo di nuove idee, in un contesto di libertà di espressione e di accettazione delle diversità e delle differenze di cui ognuno è portatore per sviluppare una nuova comprensione delle reciproche differenze e delle problematiche che la dedizione alla vita comunitaria può attivare Ma esiste una leadership perfetta? Siamo chiamati alla perfezione della santità e a questo contribuisce il servizio dell’autorità «È indispensabile, dunque, che ciascuno si renda disponibile allo Spirito, a cominciare dai superiori che proprio dallo Spirito ricevono 7 l'autorità e, “docili alla volontà di Dio”, sotto la sua guida la devono esercitare» (Il servizio dell'autorità e l'obbedienza, n. 11) Prof. Giuseppe Crea, MCCJ Psicologo, Psicoterapeuta E’ possibile trovare la presentazione in Power Point nel sito: Pagina Web: http://crea.unisal.it Indirizzo Mail: [email protected] 8