La poesia U Uang - Lü dell`Unico Asintoto di VS Gaudio
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La poesia U Uang - Lü dell`Unico Asintoto di VS Gaudio
25.U Uang 56.Lü La poesia U Uang - Lü dell’Unico Asintoto di V.S. Gaudio 1. La formula della pelle della pisda e dell’Unico Asintoto Nella poesia di Luciano Troisio, che è fatta come operazione totale dell’avvento del soggetto nel luogo dell’Altro, ciò che resta è l’irriducibile a, che, lo sappiamo, è il segnale del reale, ed essendo sempre relazionato al desiderio, è naturalmente connesso all’angoscia. Se tirassimo subito dentro l’esagramma dell’I King, così come lo si realizza prestando il libro delle mutazioni alla poetica con gli indicatori globali di Abraham A. Moles, vedremmo dov’è l’Altro e capiremmo perché l’obiettivo del suo godimento sia un obiettivo fantasmatico. Che cosa maschera il fantasma di Luciano Troisio, di essere l’oggetto di un godimento dell’Altro? Che cosa maschera la posizione del suo oggetto a se non il fatto che lo stesso oggetto a voglia continuamente raggiungere la funzione di scarto? Il poeta è come Dio, non ha un’anima, per questo ogni poema comincia con un dramma, con una passione in cui qualcuno si è fatta l’anima del poeta. “Il posto dell’anima deve essere situato al livello a di residuo, di oggetto caduto”1: che, di netto, significa che qualcuno si è fatto l’oggetto a, l’oggetto caduto, del poeta? Questo qualcuno – che è il lettore virtuale – a tratti sembra che, pervaso da una bizzarra, singolare e curiosa trance, sia uscito da un passo di Juliette del Marchese de Sade e vada urlando, il tormentatore: “Ho avuto la pisda2, ho avuto la pelle della chose”. Che, come trofeo supremo, sta come $ equivalente ad a fratto S: $=a S anche quando pisda si fa avanzo o oggetto perduto in quanto pisdionca, che, a guardar bene, è ancor più caduca. La caducità dell’oggetto a non è come il pene, o il significante, che non è limitato al campo del manifesto, ma essendo la soggettività focalizzata sulla caduta del fallo ci vuol poco ad accorgersi che è dalla messa fuori gioco del significante che l’angoscia eiacula? Ma il tormentatore, che è il lettore virtuale, non se n’è ancora accorto, o finge, la tira in lungo come l’asintoto3, che, come l’oggetto a, se ne sta lì come scarto e una curva gli si avvicina indefinitamente senza mai incontrarlo, e allora lui in preda al panico finalmente urlerà: “Ho avuto l’asintoto, ho avuto la pelle dell’Unico Asintoto”4. Che, come trofeo supremo, sta come $ equivalente ad U/A fratto S: $ = U/A S anche quando l’oggetto perduto in Romania tra un’operazione Mioriza5 e l’altra lo si riconosce a Saigon nel celebre angolo Phan Ngu Lao6. 2. L’irriducibile oggetto a del poeta e la Farfalla di Trat Poiché a è irriducibile, è un resto, una pisdionca e non c’è alcun modo di operare con esso, e, guarda te, non è assimilabile alla funzione del significante, un po’ come il poeta nel celebre angolo di Saigon mi sono sentito come perduto, e allo stesso tempo ho provato a chiedere: “È qui nell’angolo di Phan Ngu Lao che si colloca l’angoscia?” E poi: “Se l’angoscia è termine intermedio tra il godimento e il desiderio, una volta superata l’angoscia, il desiderio è nell’angolo di Phan Ngu Lao che è fondato sul tempo dell’angoscia?” Nella poesia di Luciano Troisio, che non è tanto fatta con lo spostamento quanto con la condensazione, più vero e più reale è l’odor di femmina, che è per questo che c’è tutto quello spostamento, perché “la donna fugge veramente quando capita che si senta veramente l’oggetto al centro di un desiderio”7 che Lacan designa come (-φ) e che fa il suo buco nel reale, tanto che lo psicanalista francese s’incazzò per la negatività in Hegel (l’uomo fa il suo buco nel reale) e nel bel mezzo di quel seminario se ne uscì così: “(…) io dico qualcos’altro, e cioè che il buco [nella donna] comincia nel suo basso ventre, perlomeno se vogliamo risalire alla fonte di quanto costituisce in lui lo statuto del desiderio”8. Verità, per quanto fallica, che, anni dopo, trovò un’assertrice convinta in Marguerite Duras. Lo spostamento attiene al meridiano, che, se vogliamo, è lì che di giorno in giorno sorvola e fa i passaggi all’ora giusta l’oggetto a, che si dà come resto e in L’amore ai tempi del Pc può essere benissimo che passi con le gambe delle donne australiane, quando, invece, in Strawberry-stop, era la Farfalla di Trat: “Una ragazza flessuosa reca il vassoio con caffè, / succo, sausage, uova con il bacon / guarnite sul bordo di due trasparenti fettine / di cetriolo ritagliate in forma di vispa farfalla”9, che passava al meridiano del Poeta. Che, poi, Trat sia “un postaccio di confine / tra Cambogia e Thainlandia / da evitarsi accuratamente / ma accade talvolta arrivando da Est / di essere costretti a dormirci una notte per fuggire / subito l’indomani col van delle 9.30 per Bangkok”, è la conferma che il fantasma è $ in un certo rapporto di opposizione con a, $ è in linea con il desiderio, ed è circoscritto alla Umwelt dove l’oggetto a passa in quel momento al meridiano, che, per tirar giù tutta questa angoscia, ha sulla stessa linea A barrato. Insomma, il poeta è quello che non è e dove viene meno (-φ) con la vispa farfalla fatta di cetriolo10, e per la cameriera dal bel portamento (-φ) è quello che non ha, tant’è vero che “Sorridente e subito seria / ha trovato opportuno chiarirmi / che l’ideatore della farfalla era il cuoco”, che non vuol dire che anche lei non abbia visto nella farfalla l’omaggio del desiderio, il membro perduto di Osiride, che, come ci ricorda Lacan, è questo l’oggetto della ricerca e della custodia della donna11. 3. La suora svizzera buddista e la statua Kwan Yin Nel capitolo 7: Deleghe di L’amore ai tempi del Pc, quando mi sono imbattuto nella suora svizzera buddista, pur sapendo che nel testo intransitivo asimmetrico-simmetrico del Poeta una delle preposizioni più in uso fosse senza e che, perciò, fosse in linea con l’uso della ragione corrente nello Zen, non nego di avervi cercato l’oggetto a, che sopravvive alla prova della divisione del campo dell’Altro attuata dalla presenza del soggetto, e che nell’esperienza buddista presuppone un riferimento o un collegamento con la funzione dello specchio. Insomma, avrei voluto vedere una suora svizzera buddista come Kwan Yin o Kwan Ze Yin che è una divinità femminile, colei che considera, che va, che si accorda: narra Jacques Lacan che “In Giappone quelle stesse parole si leggono Kwan non o Kwan ze non, a seconda che vi si inserisca o no il carattere del mondo”12. Avrei voluto – come lettore virtuale o tormentatore – una suora svizzera buddista che, come una statua buddista, avesse gli occhi né chiusi né mezzi chiusi, anzi di più l’avrei voluta senza questa fessura orizzontale, come la statua Kwan Yin senza la fessura degli occhi, “scomparsa nel corso dei secoli a causa del massaggio che le monache del convento, di cui la statua è il tesoro più prezioso, vi praticano più o meno quotidianamente, quando pensano di asciugare le lacrime di questa figura del ricorso divino per eccellenza”13: del resto l’avrei voluta come l’intera statua, che “è trattata dalle mani delle religiose allo stesso modo del bordo degli occhi. La sua levigatezza è qualcosa di incredibile e la fotografia può darvene solo un pallido riflesso, un riflesso di quello che è, su di essa, l’irraggiamento inverso di qualcosa che dobbiamo riconoscere come un lungo desiderio diretto nel corso dei secoli da quelle recluse su questa divinità dal sesso psicologicamente indefinibile”14, che se non fosse arrivata prima al meridiano del poeta, avremmo potuto pensare alla S (tra Soggettività e Santità) incarnata in una forma femminile della divinità se non la riapparizione stessa della Shakti indiana, principio femminile del mondo, anima del mondo e anche del poeta: Fino all’anno scorso stava spesso in bikini aveva la testa rasata cosce possenti düreriane erotica preda probabile in ambito teutonico da flagellazione sado-maso. 4. L’esagramma U Uang dello stile di Luciano Troisio L’esagramma dello stile base di Luciano Troisio, ricavato con il metodo in cui l’I King viene prestato alla poesia, con l’ausilio degli indicatori globali di Moles15, viene a formarsi così: al 6° posto, l’intelligibilità alta dà una linea intera: al 5° posto, la complessità piuttosto contenuta dà un’altra linea intera: al 4° posto, l’ambiguità abbastanza alta dà ancora un’altra linea intera: Tanto che il trigramma superiore è Ch’en, il Cielo. Al 3° posto, la pregnanza dai contorni non elevati produce una linea spezzata: al 2° posto, la carica connotativa buona è per un’altra linea spezzata: al 1° posto, il codice un po’ elaborato dà una linea intera: [ 25. U Uang. L’innocenza; l’inaspettato]. Tanto che il trigramma inferiore è Chên. Il Tuono. Il Cielo sopra, il Tuono sotto: l’esagramma è il numero 25.U Uang, l’innocenza, l’inaspettato16. L’immagine è: sotto il cielo passa il tuono; il cammino incerto. Tra cielo e rosso carico, tuono e drago, l’espansione, e una grande strada, c’è la volatilizzazione del nome, del significante, una sterminazione del termine, in questa dispersione senza ritorno, U Uang, lo stile U Uang è sulla via dell’asintoto, che, per quanto infinitamente curvi il significato sulla retta del significante, alla fine non resta né risulta nulla infinitamente. Il resto, che è sempre l’oggetto a, quantunque di esso non si abbiano che proiezioni continue di quel che rimane, scarto dello scarto, resto del resto, è pur sempre il valore. Resta da vedere se, nella mutazione che dapprima si fa stagnazione nell’esagramma n. 12, dove il grande se ne va e il piccolo se ne viene, e il cielo è sopra la terra, sol perché è mutata la linea all’inizio del codice che si è fatto più ristretto, ed è allora che sollevando fàlarica viene via la zolla erbosa, che potrebbe essere la parola-tema, quell’anatema17 che corre sotto il testo di cui alla seconda legge di Saussure e di cui dice Baudrillard: il nometema si diffrange attraverso il testo che è piuttosto un’esplosione, uno smembramento in cui questo nome è annientato. Che, essendo il poeta senza anima come Dio, e sapendo che Dio gode del numero pari, non si può non vedere come la pulsione cumulativa del poeta stermini mediante il ciclo del raddoppiamento il nome-tema o l’equivalente del nome che si fa carne dell’oggetto a di cui, pur avendo restituito il linguaggio al godimento, finalmente non resta né risulta nulla. Lo stile dell’esagramma U Uang, vai a vedere, alla fin fine, non è che lo stile dell’Unico Asintoto; fin tanto che, come vedremo, il poeta, anziché darlo come resto zero, lo muterà nello stile del viandante, che all’ambivalenza del significante sostituisce la pregnanza e la complessità del significato. I sintémi eroici o diairetici che sono un po’ gli archetipi sostantivi del nome-tema e vanno dal sole alle corazze, all’occhio del padre, all’aria, la luce, nell’ambito di una struttura geometrica, non si può dire che abbiano a che fare con l’oggetto chiamato voce, sono nello spazio, che non è un’idea, e ha un certo rapporto con l’occhio, piuttosto che con l’orecchio, lo spazio è aperto a questo corpo. Lo spazio18, la mia presenza nell’Altro, è come la mia immagine, è senza resto. “Non posso vedere quello che io lì perdo”. Zero di a. È per questa via che il desiderio visivo maschera, talvolta, l’angoscia di ciò che manca essenzialmente al desiderio. L’oggetto a è ciò che manca, lo si perde e non è speculare, è inafferrabile nell’immagine. 5. La falsa preposizione situativa di Viggo Brøndal e il ritmo intransitivo del poeta viandante: lo stile Lu Senza è una falsa preposizione19, ma, pur essendo intransitiva nell’alternanza asimmetrico-simmetrica, è in realtà un situativo, ancorché derivi dal latino absentia. Tra senza e verso, la complessità della frase è, nella poesia di Luciano Troisio, in qualche modo mutata: le variazioni sintattiche e gli usi avverbiali finiscono con l’alleggerire il peso, questa sorta di grado estremo di leggerezza che, specialmente con L’amore ai tempi del Pc, sembra che dia alla frase un grado più elevato di complessità. L’oggetto non descritto o soggettivo (D) che si pone in rapporto (r) descrittivo (d) con un oggetto reale o oggettivo (R) pare che in questa raccolta abbia mutato l’operazione sintattica cosicché la densità, e di conseguenza la coerenza, abbiano un rapporto più o meno stretto contribuendo così a mutare quello che, nell’esagramma stilistico, abbiamo designato come codice più ristretto che elaborato. L’uso maggiore e più intensivo di elementi situativi20 ha fatto sì che anche la pregnanza crescesse e da minima fosse alquanto media se non massima, tanto che l’esagramma di base dello stile di Luciano Troisio, che è il 25.U Uang e che ha una mutazione iniziale di codice per farsi esagramma numero 12.Pi, la stagnazione, con questa ultima opera, avendo attuato anche una mutazione al 3° posto, la linea della pregnanza, si fa esagramma n. 56.Lu, che, non ci crederete, è lo straniero in viaggio, il viandante: sopra è Li, l’avvolgente, il Fuoco; sotto è Kên, il Monte: il monte sta quieto, il fuoco divampa e non dimora. Per questo non rimangono insieme, separarsi è la sorta del viandante: Li Kên [56.Lü. Il viandante]. Ora, se voi confrontate questo esagramma dello stile inerente a L’amore ai tempi del Pc con l’esagramma base dello stile di Luciano Troisio, che è il n. 25, noterete che la complessità, che è la linea al 5° posto, è sensibilmente mutata, ora abbatte un fagiano che il poeta colpisce alla prima frecciata; ed è mutata la pregnanza, che, nell’esagramma base, è la mucca che il viandante prende quando capita e che ora è la locanda dov’è il viandante che prende fuoco; e ancora il cammino innocente del nove all’inizio con il codice più elaborato che ristretto si è trasformato nel viandante che bada di più al sintagma o alla funzione periferica e circostanziale di una situazione. Si può aggiungere che prima il poeta pare che rendesse conto di resti o oggetti perduti in viaggi da Nord-Est a Sud e qui, invece, da Est, che è Li, sembra che viaggi verso Nord-Ovest, che è Kên. Dalla “casa del Mite”: l’innocenza coglieva spesso l’irreversibilità dell’inaspettato; perché il mite è il legno, il vento, il bianco, il lungo, avanza e si ritira, è indeciso; alla “casa del Risaltante”: il viandante con armature ed elmi, di qua ha il fuoco, di là il sole, è il fulmine ma anche la conchiglia, la testuggine, e va per vie secondarie, ha nuove porte e aperture, desidera frutti e osserva il volo degli uccelli dal becco nero. Il ritmo intransitivo asimmetrico-simmetrico è quello imposto dalla falsa preposizione, senza, verso, sotto, nel, come gli eunuchi che sorvegliano le porte e l’oggetto a sembra che non si avvolga con l’elasticità dovuta al meridiano dell’asintoto; i guardiani che sorvegliano le strade21, tutti e due fronteggiano il paradigma e fanno la guardia al sintagma, anche il cane fa la guardia e gli uccelli dal becco nero tengono fermo non solo l’oggetto a ma anche il membro perduto di Osiride, ecco che a un certo punto ci si avvede che il poeta è come Dio: ha bucato il reale, l’anima con tutto questo fuoco sembra inizialmente che sia solida ma dentro è cava, e come gli alberi cavi che incominciano a seccarsi dall’alto ha ancora tempo per sentirsi teneramente secca. 6. L’oggetto a e il mondo noioso e ripetitivo, se ne fotte di te; l’Asintoto verso l’imbuto, il vero segreto L’oggetto a di Troisio, alla luce stessa di tutto ciò che è stato intrapreso per sterminarlo, si illumina nell’indistruttibilità dell’Altro, quindi la fatalità indistruttibile dell’Alterità: l’avvistamento, che raddoppia ancora le australiane di lunga coscia e l’irredentismo dell’oggetto, dell’Altro, che è sempre più inintelligibile, perché la metafora è spossata, altro che parola innamorata e connaturali prossenetismi dello sfregamento della polvere22. Una volta circoscritta la Terra come sfera, come spazio finito, il resto è la fatalità del turismo circolare che si esaurisce nell’assorbimento di tutte le differenze, nell’esotismo più triviale. L’incomprensibilità eterna del poeta, che, per questo, è senza anima, come Dio, è speculare all’irriducibile estraneità delle culture, dei costumi, dei volti, dei linguaggi, specialmente quando è del tutto ovvio che la fatalità entropica del livellamento di tutte le culture è stata definitivamente rintracciata, l’impossibilità del viaggio è dentro lo stile intransitivo asimmetrico-simmetrico con movimento accentato tra i due situativi senza e verso, in mezzo c’è sempre, che è l’alterità radicale, al contempo introvabile e irriducibile, del poeta stesso. La cosa peggiore è la comprensione, il mondo se ne fotte di te, nel viaggio il viandante, che, prima, era innocente, è ora in una deterritorializzazione lenta, e ce ne accorgiamo per come si prende cura da parte del viaggio stesso, dunque da parte dell’assenza. Il mondo è noioso, al proprio desiderio e alla scoperta si sostituisce la tentazione dell’esilio nel desiderio dell’altro23. Il mondo è ripetitivo, è un errore, non è inglese; drone, pallone, suggestione? Il mondo è l’avvistamento: nel vicolo passano coppiette con lei detersa, ragazze, australiane commesse di lunga coscia che hanno un segreto, non sanno come vivono, ed è questa selvatichezza che il poeta capta se è un buon poeta. L’avvistamento24 è questo bagliore di impotenza e di stupefazione che il poeta viola, sorprende, svela, e che funziona come l’asintoto verso l’imbuto25, e di là c’è il terrore, di qua qualcosa che non si riflette, che è selvaggiamente estraneo a se stesso, come la Farfalla di Trat e le gambe delle donne australiane così sciatte e così dentro il drone, il “pallone di maggio”. Il mondo sta lì da sempre, con la complessità variabile del peso o dell’enfasi della densità o la coerenza della pregnanza o posizione che sia, nel rapporto D-r-d-R di Viggo Brøndal26: se una cosa (fosse pur’anche la “chose”) vuole essere fotografata si parte da un oggetto non descritto o soggettivo (D), che è il poeta, che si pone in rapporto (r) descrittivo (d) con un oggetto reale o oggettivo (R), la ragazza di Trat o le australiane commesse di lunga coscia che passano nel vicolo a Kuta. La distanza fra questi elementi, come dice Brøndal, può essere di tre gradi: a) massima tra D e R b) media tra gli elementi centrali e periferici soggettivi e oggettivi, Dd e rR c) massima tra Dr e rd e tra rd e rR: R quando è così patagonica nell’occhio del poeta ha questa qualità, quella di un universo da cui il soggetto si è ritirato. È così che ogni poesia del viandante è come l’immagine fotografica che è quella di un mondo frattale di cui non si dà equazione né sommatoria in nessun luogo. Il mondo è noioso, è ripetitivo, se ne fotte di te, è inconoscibile, è non trasferibile, visto da una prospettiva d’insieme, dal lato del senso; visto nel dettaglio, e colto di sorpresa dal viandante dell’asintoto, è sempre di un’evidenza perfetta, ammesso che esista, seguendone la linea spezzata, le sue linee di frattura, la forma segreta dell’Altro, specialmente quando è il mondo che viene al Poeta: Il vero segreto non solo “non è scritto” ma non viene mai rivelato sparisce con noi dopo averci macerato. Così si perdettero tesori, scoperte auree tecniche ascose, rotte diritte (che invece procedevano a spirali di Fibonacci). Quanto ponzare stesi oziare scrutando il mare ombreggiati al vento privo di senso! Non c’è mezzo di andare via.27 7. La simulazione delle fluttuazioni statistiche e la poesiazero dell’Amore ai tempi del Pc; un minitest per il lettore virtuale Il poeta stesso ha chiesto al critico interpellato una selezione delle 10 poesie migliori e delle 10 poesie peggiori. Ora, a fronte di quanto scritto e in virtù di quanto Walter Benjamin dice, nel campo del flâneur, per la traccia e l’aura, abbiamo voluto considerare le prime dieci poesie come dotate di aura e le altre di traccia: “l’aura è l’apparizione di una lontananza, per quanto possa essere vicino ciò che essa suscita”; “la traccia è l’apparizione di una vicinanza, per quanto possa essere lontano ciò che essa ha lasciato dietro di sé”28. L’effetto delle fluttuazioni statistiche delle frequenze geniche, come ce lo spiega Cavalli Sforza in genetica29, ci ha indotti a semplificare al massimo la situazione che ci interessa imitare, quella di una raccolta di poesie in cui esiste un gene, poniamo il CAP (che sono tre indicatori globali di Moles: complessità, ambiguità, pregnanza) a una frequenza iniziale, ad esempio del 50%, e vogliamo vedere come questa frequenza può cambiare nel corso delle letture, estrazioni, temporali. Abbiamo preso la raccolta e abbiamo connesso ogni poesia a una carta da gioco anglofrancese; abbiamo dovuto usare due mazzi: al mazzo blu sono state connesse le prime 52 poesie; al rosso le altre 52. Con la progressione dei semi: Fiori, Quadri, Cuori, Picche. Blu: Fiori Quadri Cuori Picche Da 1 a 13 Da 14 a 26 Da 27 a 39 Da 40 a 52 J11; Q12; K13 J24; Q25; K26 J37; Q38; K39 J50; Q51; K52 Rosso: Fiori Quadri Cuori Picche Da 53 a 65 Da 66 a 78 Da 79 a 91 Da 92 a 104 J63; Q64; K65 J76; Q77; K78 J89; Q90; K91 J02; Q03; K04 Abbiamo estratto da questi due mazzi le prime dieci carte che sono state considerate le poesie “migliori”; poi, abbiamo rimesso le stesse nei mazzi e fatto altre dieci estrazioni, le cui carte sono state considerate le poesie “peggiori”. Poi, abbiamo preso queste 20 poesie e costituito un mazzo di 20 carte: le “migliori” costituivano il 50% con il gene CAP + [Complessità; Ambiguità; Pregnanza] e le “peggiori” l’altro 50% con il gene CIP - [Complessità; Intelligibilità; Pregnanza]; in questo modo la nostra raccolta di poesie del viandante ha esattamente il 50% col gene CAP positivo e il 50% col genere CIP negativo. CAP +: le “migliori”? 5 cuori blu 7 fiori rosso K fiori rosso 31 59 65 Q cuori blu 9 fiori blu 2 cuori rosso 9 cuori blu 1 picche rosso 9 quadri rosso 2 cuori blu 38 9 80 35 92 74 28 CIP -: le “peggiori”? 1 quadri blu K cuori blu 2 picche blu 3 cuori rosso 6 quadri blu Q picche blu 6 fiori blu 8 picche rosso 6 picche blu 6 cuori rosso 14 39 41 81 19 51 6 99 45 84 Volendo imitare un processo di riproduzione, abbiamo mescolato le 20 carte e ne abbiamo estratte 10 con la sequenza qui data, cosicché si possa considerare, volendo, la prima carta-poesia il progenitore di generazioni che, fin quando approderanno all’omogeneità dello 0% o del 100%, allorché il processo si ferma e la deriva genetica ci ha dato la poesia dell’omogeneità raggiunta, potranno essere interpretate e vissute nella scala temporale di progressione. Ogni volta che si estrae una carta, la stessa va rimessa nel mazzo, che viene rimescolato prima di procedere all’estrazione successiva. La nostra operazione (avvenuta il 12-11-11) ha prodotto 6 CAP + e 4 CIP -. 38: la 3 di “Si pretendono Short Times” 35: “La luce entra all’alba” 9: “La partenza del crucciato” 81: “Emigranti rumorosi” 92: “L’Europa non è l’Asia” 39: “Comunicare” 28: “Nulla è mai avvenuto” 14: la 1 di ”Il bordello della parola” 84: “Amnesia” 80: “Anelate alla terra” Cap + Cap + Cap + Cip Cap + Cip Cap + Cip Cip Cap + A questo punto, usiamo il mazzo di 10 carte ed estraiamo 5 carte [: 3 carte Cap +: 38, 92, 28; 2 carte Cip -: 81, 14] ; da questo mazzo, ne estraiamo 3 [: 2 carte-poesia Cap +: 92 e 28; 1 carta-poesia Cip -: 14] e, infine, per raggiungere l’omogeneità, tiriamo fuori una carta [è una carta CAP +: la 28, “Nulla è mai avvenuto”]: è la poesia-zero, dove è in atto un processo di sterminazione del valore: in opposizione al discorso linguistico, che è un processo di accumulazione, di produzione e distribuzione del linguaggio come razione, il poetico è irriducibile al mondo di significazione, è l’insurrezione del linguaggio contro le sue stesse leggi30. È la poesia del poema in cui non resta nulla, tutto il materiale fonico messo in gioco è consumato e l’evidenza è che il godimento quando avviene non lascia residui né resti, non vi è traccia, c’è l’aura. La poesia-zero può essere una CAP + o una CIP -. Chi raggiunge l’omogeneità con una poesia CAP + di L’amore ai tempi del Pc è un lettore virtuale complesso, ambiguo e pregnante e ottiene il trigramma Tui: ; ; che è quello del gaudio, la serenità seducente, che, quando è il sei sopra, è come se la complessità fosse resa intelligibile, ed è così che seduce alla letizia perché proviene dal fatto che non è luminosa: così l’aura fa apparire la lontananza suscitandola vicino affinché la cosa – la chose? – si impadronisca su di noi; e se è poeta anche lui ha uno stile con un certo peso ritmico tra preposizioni intransitive o asimmetriche e la frase, un’articolata densità semantica in cui il rapporto (r) descrittivo (d) con un oggetto reale (R) è quantomeno patagonico se non patafisico (preposizioni periferiche, circostanziali con funzioni suppletive) e una posizione preposizionale a massima pregnanza (di solito il predicato o l’attributo preposizione sono membri finali del verso). Nel poetico, il linguaggio ritorna su se stesso per abolirsi. Non è “centrato” su se stesso, si decentra da se stesso. “Il poetico – chiosa Baudrillard – è la perdita di questa chiusura speculare del linguaggio e del messaggio”31: la poeticità non consiste nell’aggiungere al sintagma ornamenti retorici: essa rivaluta, audace e ambigua, tutto il discorso e tutte le sue componenti. Chi raggiunge l’omogeneità con una poesia CIP - di L’amore ai tempi del Pc è un lettore virtuale poco complesso e pregnante e anche poco intelligibile e ottiene il trigramma K’an: ; ; che è quello dell’abissale, e se è un poeta anche lui ha uno stile in cui l’abisso non è ancora colmo, il peso è leggero e c’è questo avanti e indietro, abisso sopra abisso, come se fosse sorvolato da un acrobata inconsistente e gracile, la densità è legata con corde e gomene, il rapporto tra oggetto reale (R) e oggetto soggettivo (D) sembra che sia racchiuso tra mura recinte da spine; la pregnanza minima afferisce sempre al privilegiato step-style Dd, l’oggetto soggettivo descrittivo, che è come il 6 all’inizio di Kkan, nell’abisso si finisce in una buca, la ripetizione dell’abissale come il turismo circolare di massa, si è lontani dal patagonico di Baudrillard. Per quanto possa esserci la traccia come apparizione di una vicinanza, una brocca di vino e una ciotola di riso come frontiera tra solido e tenero, il viandante, o lo step-style del viandante, allontana il significante che la traccia ha lasciato dietro di sé. 8. La poesiazero: Nulla è mai avvenuto NULLA È MAI AVVENUTO Mai avvenute le cose più importanti non sono mai avvenute i documenti si sfarinano le prove sono scarse contraddittorie perché gli interessi sono in conflitto una riflessione silenziosa disinteressata (e soprattutto equilibrata a detta del soggetto riflettente, a memoria d’uomo…) porta inevitabilmente sempre alle stesse conclusioni. Si calcola che un asteroide centrerà la Terra. È costosissimo esaminare aminoacidi fossili. Il sole si è avvicinato, è ruotato tanto che i fiumi si sono seccati. Migliaia di persone erano presenti? Mai avvenuto.32 Che è davvero la poesia-tema in luogo del nome-tema che si diffrange attraverso il testo. Restituito il nulla al linguaggio e il linguaggio al godimento, anche alla serenità con cui l’aura avvolge il lettore virtuale, non resta nulla che per la sua reversibilità e disseminazione con il peso, la complessità e la posizione del poeta nel mondo abbia sterminato il termine, e tutto è nell’assolutezza anonima del gaudio, il trigramma del Lago, Tui, alla cui seduzione soccombe anche la doppia vita dell’altro, che, per quanto il poeta non l’abbia incontrato, esiste perché lui l’ha segretamente seguito, proprio perché non lo conosce, perché non vuole conoscerlo né farsi riconoscere. Esiste l’altro, o quell’altro, quest’altro, perché il poetico esercita su di lui un diritto fatale di inseguimento, che è la sola maniera di non incontrare qualcuno, fosse pure quel qualcuno che ha avuto la pelle della chose, tanto che $ = a S è appunto per il poeta: $ = U/A S che è l’Unico Asintoto reso al qualcuno che è l’altro, il pedinamento stesso, la doppia vita dell’altro. Che, se vai a vedere, ha qualcosa dello schema della traccia cancellata: il poetico rivela senza dubbio il soggetto, ma cancellandone la traccia, nell’intervallo in cui il soggetto appare con la nascita del significante, ma è barrato, non-saputo33, in verità è mai avvenuto, una ragnatela frattale funziona come se fosse successo sempre. 9. L’oggetto flottante magico, l’anamorfosi di Dürer (…) Fino all’anno scorso stava spesso in bikini aveva la tesa rapata cosce possenti düreriane erotica preda probabile in ambito teutonico da flagellazione sado-maso (…) La Suora svizzera buddista34, per quanto possa essere lamaista del Grande Veicolo, a vederla con le cosce possenti düreriane è come se fosse guardata dalla sportello di Dürer nell’istante in cui la prospettiva geometrale non è stabile o ferma, e perciò è l’istante che diviene immobile facendosi essenza del fantasma fallico: “presa” così la suora svizzera che, d’improvviso da quell’angolo di passaggio in un attimo, è lì che ti guarda come se fosse in stato di riposo, o intrinseco, diciamo che è lì nella sua intrinsecità, non ha ancora la forma che potrebbe avere per così dire sviluppata, ed è allora che girandoci o con la visione periferica nell’andarcene con il poeta, cogliamo sotto questa forma, che cosa? L’ oggetto flottante magico. Che, tra l’essere e l’apparire, è essenzialmente altrove. Ma si rifrange, si diffonde, inonda, riempie, trabocca anche. Apparire inatteso quasi flottante nel suo stato mesomorfico e che perciò non ha la delicatezza dell’ectomorfo, e allora è pesante come l’essenzialità del desiderio, che più che farsi momento della metafora, dono, regalo al posto del fallo, ed essendo dell’anno scorso dovrebbe ratificare il riflesso del desiderio, si fa invece attimo della sineddoche tanto che domanda lo sguardo: Tu non mi guardi mai là da dove ti vedo35. Nella geometria del contesto nella prossemica morale che lo definisce, la suora svizzera buddista invita colui a cui il quadro è presentato a deporre là il suo sguardo: Vuoi vedermi da dove ti guardo? Ebbene, guarda, questo! L’oggetto flottante magico, è questo, da dove ti guardo, ed è questo il luogo del desiderio che è colto al laccio, ed è là da dove ti vede, l’oggetto flottante magico irradia il fantasma fallico ed è là da dove vede il desiderio che guarda e che per essere così sfavillante, essendo pieno del fantasma fallico, trabocca, sta traboccando, stava traboccando l’anno scorso. La “prossemica anamorfica”, o prossemica della macchia, che c’è spesso nelle divagazioni di Luciano Troisio, contiene due campi di forza, quello dell’identità di percezione dell’oggetto descritto e quello dell’identità di pensiero del soggetto descrittivo che sente l’identità di percezione in rapporto all’Altro. È matematicamente certo che l’anamorfismo dell’oggetto flottante magico è corrispondente a uno stato amorfo del proprio bioritmo, cioè le cosce possenti düreriane così colte sono colte nel giorno critico della suora svizzera buddista, il giorno critico del ciclo fisico, emotivo o primario: è allora che l’oggetto a del poeta passa al meridiano del poeta per prendergli al laccio la libido. Anche se è impossibile darne l’esattezza contestuale, in quanto nell’istante H, nel Mu buddista, nel satori Zen, l’avventura accade più al linguaggio (e alla “mano lingua audace che dice quando tace che risale con malizie imperterrita in blandizie”36) che al soggetto. La scrittura alla prima delle cosce düreriane o di un altro oggetto flottante magico, in cui il gaudio in qualche modo ti ha toccato, è che la fermezza della traccia, quando si allontana per farsi aura, sta facendo in modo che l’oggetto a disseminato si farà ancora fare specialmente se la risoluzione dell’immagine non è mai stata fatta. 1 Jacques Lacan, L’angoscia, segnale del reale, in: Idem, Il seminario, Libro X, L’angoscia 1962-1963, trad. it. Einaudi, Torino 2007: pag. 178. 2 Cfr. “La Grande Orientatrice”, in: Luciano Troisio, Strawberry-stop, LietoColle, Faloppio 2010: pag. 38: [In alcune lingue slave, e in rumeno, / uno dei mille illustri lemmi significanti/ Delta Centrale, è: Pisda (alias “la Chose”), / delizioso vezzeggiativo: Pisdionca. / Fornita questa fondamentale informazione / accenneremo anche (scusandoci di citare / un aneddoto personale ma più sotto / si capirà la necessità della sottile allusione) / al nostro esperimento poetico By Logos / un gioco fatto negli anni settanta con altri perdigiorno: // che opportunamente si rivelava “di parole”, / un’allusione che diveniva “depistaggio”. (…) un poeta aveva intitolato il proprio testo/sul tema del “metter fuori pista”: Depisdamento (…). In verità fu il poeta stesso che ebbe a urlare nel Depisdamento della 14/10 di By Logos [il 14 è Luciano Troisio e il 10 è Alberto Mario Moriconi, titolare del testo intitolato”Spossessamento”]: “depistato da Berenice che parlava con Alice // in caso dunque di / frenata di/dissestato fondo (depistage) se / sbanda pisda ritroverò / laddove mi metteva fuori pisda?”: By Logos, a cura di Silvio Ramat, Cesare Ruffato, Luciano Troisio, Lacaita editore 1979: pagg. 108-109. 3 Cfr. l’Elogio dell’Asintoto in: Luciano Troisio, Strawberry-stop, ed. cit.: pag. 47. 4 Cfr. Sono gli atei che fanno le scoperte, in: 4: Avventure, in: Luciano Troisio, L’amore ai tempi del Pc. 5 Cfr. il patagonico racconto “Operazione Mioriza” contenuto in: Luciano Troisio, Quindici alibi, Cleup Padova 2011; vedi anche: http://www.lankelot.eu/letteratura/troisio-luciano-quindici-alibi.html#comment-67962 Cfr. il “depisdamento” in Strawberry-stop: “Subito s’illuminò il suo zigomato / viso dolce poco truccato / di angelica odalisca dalle pliche degli occhi affascinanti / (qui hanno una pelle stupenda / e bianca quasi più della nostra) / sonò alto un nome: / Pham Ngu Lao, la mia opportuna strada. // (Eccomi quindi ritrovato in pisda / proprio arrischiando di andare “fuori pista”). “[La Grande Orientatrice]. Vedi anche, in 7: Deleghe, “Le seghe di Malraux”, in L’amore ai tempi del Pc”(…) che certo in questa via avrà sostato all’"Allez Boo", / nel celebre angolo Phan Ngu Lao tuttora evocante”. 6 Jacques Lacan, La donna, più vera e più reale, in: Idem, Il seminario, Libro X, ed. cit.: pag. 209. 7 Ibidem. 8 Ivi: pag. 199. 9 Luciano Troisio, Strawberry-stop, cit.: pag. 78. 10 Che fa un tutt’uno con la particolare irresolutezza del flâneur di cui riferisce Walter Benjamin: “Come l’attesa sembra lo stato proprio del contemplatore impassibile, così il dubbio sembra quello del flâneur. In un’elegia di Schiller si dice: «L’ala incerta della farfalla». Ciò indica quella stessa interdipendenza di slancio e sentimento di dubbio che è così caratteristica nell’ebbrezza dell’hashish” (W.B., Il Flâneur, in: Idem, Parigi, Capitale del XIX secolo, trad. it. Einaudi, Torino 1983: pag. 555). In un’elegia di Troisio si dice: “La farfalla di Trat”. Ciò indica quella interdipendenza di pregnanza e ambiguità che nella situazione di un frettoloso mediocre american BF intessono il dubbio sulla farfalla così caratteristica dell’ebbrezza di “due trasparenti fettine di cetriolo ritagliate a forma di vispa farfalla” (L.T., La farfalla di Trat, in: Idem, Strawberry-stop, ed. cit.: pag. 78). 11 Cfr. Jacques Lacan, Una faccenda da maschi, in: Idem, Sem. cit.: pag. 217. 12 Jacques Lacan, Le palpebre di Buddha, in: ivi: pag. 245. 13 Ivi: pag. 247. 14 Ibidem. 15 Il metodo è stato descritto in altri studi: vedi, ad esempio: V.S. Gaudio, Cesare Ruffato: la semantica gergale e razionale dell’idioletto corporeo, I quaderni di Hebenon, Torino 1999; Idem, La poesia Wu Wang. La poesia della semplice integrità e il ludus della vertigine, in “Zeta” n. 66, Campanotto Editore, Udine gennaio 2003; Idem, Amelia’s Spring. La Stimmung con Amelia Rosselli, in “Zeta” n. 82, Campanotto Editore, Udine dicembre 2007. 16 Del resto, l’esagramma base di Luciano Troisio è già stato annunciato e diffuso in: Zanzeredica Zanzeretica, in memoria di Andrea Zanzotto, in rete ne “Il Cobold”: http://www.ilcobold.it/events/zanzeredicazanzeretica: vedi il paragrafo: 4. L’esagramma dello stile dei poeti che in By Logos hanno riscritto Dolcezza. Carezza di Andrea Zanzotto. 17 Un po’ come i Falsi etimi di cui a Papera Omnia:il resto di Pullus in fabula, che è Pul, è assimilabile alla Pisdionka, alla Pisdula, ma anche alla Pulticula, alla Puls di polentina, quant’anche il (-φ) fa il suo buco nel reale e stermina il nome con Lib (che balza e liba nel sempre, non può essere altrimenti e che è quello che s’attacca di più al meridiano con l’oggetto a in questa raccolta), con M[]RD, che forse s’incolla più della Farfalla di Trat, fino a MAC della Machina-macina, che è, forse, l’archetipo sostantivo più funzionale al movimento condensato e che con la Shammakanà siracusana di Nat Scammacca addirittura doppia lo Shummulo di chi scrive, oh ellenica gente meccanica che macina e mangia l’oggetto a!... Lo Shummulo ha nel suo farsi lo Shummuluaka, che è l’ammirativo presente alla 3a persona singolare del neoverbo “shummuloj” coniato da V.S. Gaudio con la doppia valenza del fare in modo assoluto la mula o la mola: “ecco che fa la grande mula (= mulazza) vs la grande mola (= molazza)”: cfr. note 26 e 45 in V.S. Gaudio, Shummulon vs Shumullar. La Stimmung-shqip con Samuel Beckett, “Rockaby”, in “Il Cobold”: http://www.ilcobold.it/piazza3/casa-dello-scriba/shummulon-vsshumullar. 18 “La ‘dozzinalizzazione dello spazio’ è l’esperienza basilare del flâneur. (…) Grazie a tale fenomeno tutto ciò che è potenzialmente accaduto solo in questo spazio viene simultaneamente percepito. Lo spazio ammicca al flâneur: cosa sarà mai accaduto in me? Bisognerà ancora spiegare come questo fenomeno sia connesso ad una dozzinalizzazione”: Walter Benjamin, Il Flâneur, in: Idem, ed. cit.: pag. 546. 19 Cfr. Viggo Brøndal, Teoria delle preposizioni, trad. it. Silva editore, Milano 1967. 20 Nella tagcloud di Wordle [ http://www.wordle.net/show/wrdl/4428924/l%27amore_ai_tempi_del_pc ] di L’amore ai tempi del Pc, il significante più visibile, oltre ai situativi senza, verso, quasi, quando, è sempre, che, in sanscrito, ha sempre una radice che può essere 1) “sarva”,che ha a che fare con l’ “intero” e il “tutto” e perciò serve anche come suffisso per dare un nome a Shiva; 2) “sada”, che si connette al “sedersi” ma anche all’“assediare” di “sad”, e per certi versi contiene l’archetipo sostantivo del “ristagno”, l’esagramma n. 12, facendosi per questo, come “sad”, verbo di “affondare”; 3) “nityam”, che, connesso alla radice di “nitya”, è “innato”, “eterno”, ma anche “ordinario” e “necessario”. 21 “La strada conduce il flâneur in un tempo scomparso. Per lui ogni strada è scoscesa. E scende se non fino alle Madri, tuttavia in un passato, che può tanto più ammaliare in quanto non è il passato suo proprio, privato. Eppure esso resta sempre il tempo di un’infanzia. Perché, però, quella della sua vita vissuta?”: Walter Benjamin, Il Flâneur, in: Idem, ed. cit.: pag. 543. 22 Cfr. “Il bordello della parola” in 3: Calembours. 23 “La massa in Baudelaire. Si distende come un velo dinanzi al flâneur: è l’ultima droga del solitario.Cancella, poi, ogni traccia del singolo: è l’ultimo asilo di chi è messo al bando”: Walter Benjamin, Il Flâneur, in: Idem, ed. cit.: pag. 579. 24 Non a caso “L’avvistamento”, che è nel capitolo 9: Generico, appare due volte a pagina 96 e a pagina 97 nel dattiloscritto provvisorio di L’amore ai tempi del Pc e, per fare quadrare la conta nella simulazione con le carte da gioco, è stata considerata due volte, per due carte distinte. 25 Cfr. 02: Sogno dell’ispezione a Petalo di Fiore, in: L’amore ai tempi del Pc. 26 Vedi, in particolare, il paragrafo 51. Complessità variabile delle funzioni della frase, pagg. 122-125. 27 «Il segreto» è l’ultima del capitolo 4: Avventure. 28 Walter Benjamin, Il Flâneur, in: Idem, ed. cit.: pag. 559. 29 Cfr. Luigi Luca Cavalli-Sforza, Geni, Popoli e Lingue, trad. it. Adelphi edizioni, Milano 1996: in particolare, vedi nota 5 capitolo 2. 30 Cfr. Jean Baudrillard, Il poetico come terminazione del valore, in: Idem, Lo scambio simbolico e la morte, trad. it. Feltrinelli 1990: pagg. 208 e segg. 31 Jean Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, trad. it. cit.: pag. 231. 32 Anche «Nulla è mai avvenuto» è compresa in 4: Avventure. 33 In questo intervallo il flâneur può essere tranquillamente scambiato per badaud: “Le simple flâneur…est toujours en pleine possession de son individualité (…): Le badaud, sous l’influence du spectacle, devient un être impersonnel; ce n’est plus un homme: il est public, il est foule”: Walter Benjamin, Il Flâneur, in: Idem, ed. cit.: pag. 559. 34 È compresa nel capitolo 7: Deleghe, dopo “Le seghe di Malraux”. 35 Jacques Lacan, La linea e la luce, in: Idem, Il seminario. Libro XI, trad. it. Einaudi Torino 1979: pag. 104. 36 Cfr. Luciano Troisio, La mano audace, in: Idem, Papera Omnia, Panda edizioni, Padova 2010: pag. 11.