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Videogiochi, Simulazioni e mondi virtuali per la
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cod. progetto D-5-FSE-2010-2
Videogiochi, Simulazioni e mondi virtuali per la didattica
Autore: Andrea Benassi
Introduzione
Qual è il miglior modo per imparare?
Certamente non esiste una risposta che metta d’accordo tutti, ma molti
sarebbero d’accordo nel ritenere che il modo ideale d’apprendere dovrebbe
basarsi sulla possibilità per gli apprendenti di immergersi in esperienze che
permettano di confrontarsi con problemi concreti alla ricerca di possibili
soluzioni, acquisendo in questo modo conoscenze e competenze ad un
livello più alto.
Francesco Antinucci definisce questo modo di apprendere “percettivomotorio”, contrapponendolo a quella modalità “simbolico-ricostruttiva” che da
alcuni secoli è alla base di gran parte dei sistemi formali di trasmissione della
conoscenza. Con “simbolico-ricostruttivo” si intende il processo di
“decodificare simboli e ricostruire nella mente ciò a cui essi si riferiscono”. E’
ciò che avviene ogniqualvolta leggiamo un libro: imparare da un libro significa
sostanzialmente leggere, interpretare, capire, mandare a memoria. È un modo
di apprendere “innaturale”, faticoso perchè astratto e decontestualizzato, ed
instabile perchè le conoscenze che si producono tendono ad essere
dimenticate in breve tempo.
percezione della realtà e azione su di essa. L’apprendimento avviene per
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La modalità “percettivo-motoria” è caratterizzata invece da cicli ripetuti di
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esperienza, attraverso esperimenti, prove ed errori, spesso con la guida di un
maestro che - più che spiegare - “mostra” come fare. E’ il modo di
apprendere più antico, adattato in centinaia di migliaia di anni di storia
dell’evoluzione umana e “proprio perché più adattato, opera in modo più
naturale e spontaneo: non ha bisogno di consapevolezza, non richiede
concentrazione, non ci fa fare fatica, non ci stanca ed è molto più veloce.”
(Antinucci, 2001)
Viene da chiedersi: perchè mai, pur presentando così tanti vantaggi, il metodo
“percettivo-motorio” è stato sopravanzato da quello “simbolico-ricostruttivo”?
Per quale motivo oggi - a scuola e non solo - si impara quasi esclusivamente
per descrizione e non per esperienza?
Le ragioni vanno ricercate nel fatto che un’apprendimento per esperienza
dipende da una molteplicità di condizioni non sempre di facile accesso:
richiede che l’apprendente si trovi là dove si verifica il fenomeno da
conoscere; in alcuni casi, il fenomeno può avere tempi troppo lunghi o troppo
brevi per permetterne una percezione-azione diretta; in altri, può esporre
l’apprendente a rischi e pericoli di qualche genere; in altri ancora l’oggetto da
conoscere può essere troppo astratto per essere percepibile con i sensi; infine,
il campo di conoscenza può essere talmente esteso e complesso da
scoraggiare qualsiasi approccio di tipo esperienziale. Viceversa,
l’apprendimento “simbolico-ricostruttivo” dipende esclusivamente dalla
E, con l’avvento della tecnologia della stampa a caratteri mobili nel ‘400, la
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disponibilità di un testo nel quale sia contenuta la conoscenza da trasmettere.
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diffusione dei testi è diventata talmente capillare da rendere estremamente
conveniente e alla lunga preferibile l’apprendimento per descrizione.
Ma arriviamo al motivo di questa introduzione: sempre secondo Antinucci
(2001), oggi “stiamo subendo un mutamento tecnologico epocale, di portata
analoga, ma di segno opposto a quello da cui la scuola stessa è stata
generata”. Il responsabile di questo mutamento è il computer, che promette
di rendere conveniente l’apprendimento percettivo-motorio.
Come?
Facendo “copie” manipolabili della realtà. “Così come la stampa fa copie del
testo utili a essere lette e la televisione fa copie della realtà utili a essere
percepite da vista e udito, il computer fa copie della realtà utili ad agirci
sopra”.
Attraverso queste copie, diventa possibile interagire con realtà che: 1) sono
lontane da noi nello spazio o nel tempo; 2) sono troppo grandi o troppo
piccole; 3) hanno tempi troppo lunghi o brevi rispetto ai nostri ritmi biologici;
4) sono astratte, e quindi non percepibili con i sensi; 5) espongono a pericoli:
6) sono troppo costose, ecc.
E’ quantomeno curioso che, ad oggi, il principale campo di applicazione di
queste facoltà del computer sia quanto di più apparentemente lontano
dall’idea di istruzione: il gioco. Di fatto, i videogiochi:
“sono i più avanzati simulatori disponibili oggi (al di fuori dei grossi sistemi
si pensa comunemente, mettono in campo un ampio spettro di capacità: non
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utilizzati per scopi scientifici o di programmazione) e, contrariamente a quanto
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si tratta solo di abilità, come quella di guidare un veicolo o sparare a un
bersaglio, ma anche di capacità logiche, inferenziali, previsionali, come, ad
esempio, quelle implicate nella costruzione e nel governo di una città,
nell'amministrare un'impresa, ecc.” (Antinucci, 2001).
Videogiochi ma non solo, ovviamente Esistono simulazioni che non rientrano
in questa tipologia, così come ambienti immersivi nati per gioco, ma evolutisi
in direzioni completamente diverse. Vedremo in seguito come queste
differenti tipologie finiscano spesso per compenetrarsi tra di loro, in virtù del
medium che li accomuna. E soprattutto vedremo come possano essere
impiegate come effettivi ed efficaci ambienti di apprendimento.
Videogiochi
Il videogiocare è ad oggi un’attività enormemente diffusa nella nostra cultura:
più di 43% di famiglie italiane hanno in casa una console per videogiochi
(AESVI, 2010). In USA, un ragazzo di scuola media videogioca per circa 23 ore
a settimana, mentre una ragazza per circa 12: un tempo superiore a quello
speso alla TV (Dawley, 2006).
Questa enorme diffusione ha portato ad una vasta diversificazione sia in
termini di tipologie (giochi di strategia, di azione, di ruolo... ) che di tecnologie
(computer, console, dispositivi mobili). Nondimeno, tutti i videogame
incorporano elementi quali regole, obiettivi e missioni, esiti e responsi,
conflitti/competizioni/sfide/opposizioni, interazioni e rappresentazioni di storie
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(Prenksy, 2001). O, più semplicemente, “attività significative, orientate ad
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obiettivi e basate su ruoli che i giocatori percepiscono come divertimento”
(Klopfer, 2008). Gli elementi base sono:
 un ambiente di gioco virtuale interattivo;
 l’impegno del giocatore verso una qualche forma di opposizione.
Il primo elemento è caratterizzato, nella maggior parte dei videogiochi, dalla
sensazione, psicologica e/o sensoriale, di poter interagire in modo naturale
con l’ambiente di gioco. Il medium tende a scomparire, l’utente si sente
immerso nell’ambiente virtuale attraverso informazioni multisensoriali che che
gli fanno percepire l’ambiente e gli oggetti virtuali come reali.
Il neologismo edutainment, nato dall’unione di “education” ed
“entertainment”, ben evidenzia la rinnovata attenzione alle relazioni tra
processo educativo e fenomeno ludico suscitata dai videogiochi, nella
prospettiva di superare la concezione che considera “apprendimento” e
“gioco” come due opposti che si escludono a vicenda. A questo si aggiunga
che i videogiochi “dicono contemporaneamente gioco e computer” (Cangià,
2001), promettono cioè di unire l’apprendere divertendosi a quegli elementi di
multimedialità e interattività che la scuola cerca da tempo di inserire tra i
propri linguaggi.
Ma non tutti la pensano allo stesso modo su come si possa legare il
videogiocare a reali obiettivi di apprendimento. Esistono al riguardo due
principali scuole di pensiero: chi ritiene che i videogiochi, per essere educativi,
educativo dichiarato, e chi ritiene invece che molti dei più comuni videogiochi
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debbano essere opportunamente progettati e finalizzati ad un obiettivo
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commerciali contengano delle potenzialità educative non esplicitate ma
ugualmente utili per un impiego didattico.
La prima posizione fa riferimento ai cosiddetti serious games, giochi nati con
l’obiettivo di educare, formare, informare. I serious games hanno “un esplicito
e ben calibrato scopo educativo e non sono destinati ad essere giocati
principalmente per divertimento” (Abt, ).
Figura 1: 3DReseaux, un ‘serious game’ per studenti di ingegneria civile
La seconda corrente di pensiero sostiene invece che i videogiochi
esplicitamente educativi finiscano spesso per fallire in quello che comunque
rimane - e deve rimanere - l’elemento portante del videogiocare: il
divertimento. Molto meglio, secondo i sostenitori di questa posizione,
individuare e sfruttare i principi educativi contenuti nei principali titoli in
commercio (Gee, 2009).
I ricercatori del progetto Education Arcade del Massachussetts Institute of
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Technology propongono di superare questa dicotomia e di ragionare
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piuttosto in termini di scenari educativi attraverso i quali integrare i
videogiochi nella didattica in classe. Di seguito alcuni di questi scenari:
Videogiochi come piattaforme di produzione
In questo scenario gli studenti usano i giochi per produrre un artefatto, sia
esso un gioco (Little Big Planet, Spore), un mod (Starcraft), un video
(machinima in The Sims) o un avatar (Mii). Rubriche di valutazione per questi
artefatti non provengono dal gioco stesso, ma dal contesto didattico al quale
l’artefatto è associato.
Figura 2: Little Big Planet
Videogiochi come Contenuti
Gli I videogiochi sono qui usati per apprendere una particolare materia o
contenuto. Per esempio, gli studenti possono giocare a SimCity per acquisire
una maggiore comprensione della pianificazione urbanistica di una città, o a
Civilization per imparare la storia. E’ importante che il docente crei
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opportunità di riflessione e discussione in momenti e spazi esterni al gioco, in
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modo che quest’ultimo sia visto dagli studenti come parte di un più vasto
corpo di conoscenze nell’ambito didattico di riferimento.
Figura 3: Civilization III
Videogiochi come simulazioni
In questo scenario i videogiochi sono valorizzati come sistemi dinamici nei
quali gli studenti possono sperimentare teorie su come questi sistemi
funzionano. Per esempio, gli studenti possono giocare a Bridge Builder per
comprendere la costruzione di un ponte dal punto di vista ingegneristico, o a
Animal Crossing per acquisire conoscenze di economia capitalista. Le
simulazioni includono spesso un proprio sistema di misurazione dei risultati
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che può essere impiegato per la valutazione degli studenti.
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Figura 4: Bridge Buidler Game
Videogiochi come contesti di riflessione
In questo scenario i giochi sono usati come spunti per la riflessione degli
studenti. Per esempio, l’insegnante potrebbe chiedere agli studenti di giocare
ad un certo videogioco e quindi discutere le scelte da loro compiute: perchè
hanno scelto un avatar piuttosto che un altro? Perchè hanno deciso di
attaccare una certa nazione e non un’altra? Quali scelte sono state difficili e
perchè?
Videogiochi come modelli di punti di vista
I videogiochi permettono agli studenti di assumere determinate identità e
punti di vista correlati. Gli studenti potrebbero giocare un gioco di ruolo (RPG)
dove gli viene richiesto di calarsi nei panni sia di personaggi “buoni” che
“cattivi” e di confrontare le differenze in termini di strategie, scelte e valori
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associati a questi personaggi.
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Videogiochi come ‘mondi di codice’
In questo scenario gli studenti usano la scrittura come meccanica primaria di
gioco, sia che stiano giocando a dei text adventures o progettando/giocando
dei mobile games testuali. L’enfasi qui è nell’uso della scrittura sia come
modalità di azione che come mezzo di espressione. Dato che la scrittura
viene prodotta come artefatto del gioco stesso, questa può essere usata come
oggetto di valutazione. E’ possibile anche connettere questo approccio ai
giochi anche a materie informatiche, che potrebbero usare piattaforme di
produzione come Scratch o Alice, o anche mondi virtuali (come vedremo più
avanti) che supportano la creazione di oggetti.
Videogiochi come sistema di valutazione
In questo scenario i giochi possono essere usati come ambienti di valutazione
per l’apprendimento curriculare degli studenti. Per esempio, gli studenti
possono giocare ai giochi didattici dell’IPRASE per dimostrare la loro
comprensione di alcuni concetti di matematica, fisica, grammatica ed altro
ancora.
Simulazioni al Computer
Le simulazioni al computer nascono come strumento sperimentale di analisi in
ambito scientifico e tecnologico. Tecnicamente, una simulazione è la
trasposizione in termini logico-matematico-procedurali di un "modello
- può essere definito come l'insieme di processi che hanno luogo nel sistema
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concettuale" della realtà; questo modello concettuale - o modello matematico
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valutato e il cui insieme permette di comprendere le logiche di funzionamento
del sistema stesso.
In altre parole, la simulazione al computer riproduce artificialmente le
condizioni in cui si verifica un fenomeno. Si tratta quasi sempre di un modello
semplificato della realtà, ma sufficientemente preciso da permettere previsioni
corrette di fenomeni reali.
Per queste sue caratteristiche, le simulazioni sono usate anche per scopi
didattici. Ed è emblematico il fatto che queste siano oramai diventate uno
strumento di formazione imprescindibile proprio in quegli ambiti in cui una
non sufficiente competenza comporti costi molto elevati in termini economici
o di vite umane: basti pensare al campo aereonautico-militare, dove gli
aspiranti piloti fanno pratica di volo simulato attraverso apposite
apparecchiature (Figura 5), con il vantaggio di poter regolare l’esperienza su
livelli progressivi di complessità e - ancora più importante, - di abbassare
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drasticamente le conseguenze dell’errore.
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Figura
5: Simulatore di volo militare (fonte Wikipedia)
Le simulazioni al computer sono massicciamente usate anche nella formazione
del personale medico: prima di arrivare ad operare su pazienti veri, i medici
Figura 6: ll CESMO, un simulatore per imparare a gestire casi neurologici
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effettuano diagnosi e trattamenti su pazienti simulati (Figura 6).
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urgenti, dalla diagnosi al trattamento più avanzato, anche invasivo.
Immagine:IRCCS
Già da questi esempi, è facile constatare una forte somiglianza tra simulazioni
e videogiochi. In effetti, il confine può spesso apparire piuttosto sfumato.
Sul piano teorico, le simulazioni si distinguono dai videogiochi per l’assenza di
quegli elementi strutturali che caratterizzano l’attività ludica: niente regole del
gioco, niente obiettivi predefiniti, niente ruoli da interpretare, niente vincitori o
sconfitti. Ma, nella realtà, le due tipologie spesso si compenetrano:
videogiochi che si basano sulla simulazione del comportamento di persone
(The Sims), veicoli (Flight Simulator), civiltà (Civilization) e, per contro,
simulatori per impieghi professionali che incorporano elementi strutturali tipici
dei videogames (missioni, ruoli, punteggi).
Di seguito alcuni esempi di simulazioni utilizzate in campo didattico:
1) MOLECULAR WORKBENCH
Sviluppato dal Concord Consortium nel Massachusetts, Molecular
Workbench consiste di simulazioni interattive a supporto
dell’apprendimento di concetti scientifici complessi, come le strutture
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molecolari dinamiche.
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Figura 7: Molecular Workbench
2) STARLOGO: THE NEXT GENERATION (TNG)
Le simulazioni sono un grande supporto per la visualizzazione e
concettualizzazione di fenomeni complessi. Ma possono essere ancora
più efficaci quando sono gli apprendenti stessi a crearle e modificarle.
StarLogo TNG è uno strumento che consente agli utenti di fare
esattamente questo. Software di simulazione e modellazione 3D,
StarLogo TNG è anche un linguaggio di programmazione user-friendly
rappresentato da blocchi colorati che si compongono tra loro come
pezzi di un puzzle. Le possibilità di programmazione sono virtualmente
infinite, e molti insegnanti di matematica e scienze vi hanno già creato
un’assortimento di applicazioni - tra le quali vari modelli di forme
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epidemiche e simulazioni di dinamiche tra pesci e plankton.
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Figura 8: Starlogo TNG
3) SIMCITY
Uno dei primi e più famosi giochi di simulazione è stato SimCity Scopo del gioco è progettare e far prosperare una città in modo
sostenibile. Il giocatore stabilisce le aree residenziali, industriali e
commerciali e - in qualità di sindaco della città - ha l’obbligo di
confrontarsi con questioni come l’inquinamento, il crimine, la gestione
dei rifiuti, la rete dei trasporti, e così via. Nel gestire la propria città, il
giocatore ha la possibilità di controllare i vari aspetti che costituiscono
il sistema-città, facilitandolo nell’identificazione di concetti chiave delle
con aspetti quali economia, matematica e scienze. SIMCITY viene anche
proposto con scenari pre-impostati - città reali nell’eventualità di un
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dinamiche di sistema. Si viene quindi a creare una forte connessione
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accadimento eccezionale, reale o di fantasia - come “Boston 2010”,
nella quale si verifica una catastrofe nucleare e il sindaco deve fare
tutto il possibile per isolare le aree contaminate e gestire la
ricostruzione, e “Amburgo 1944” con i bombardamenti della Seconda
Guerra Mondiale che hanno distrutto gran parte della città. Questi
particolari scenari costituiscono spesso un ulteriori punto di aggancio
rispetto ai curricola scolastici.
FIgura 9: Simcity
Molti dei benefici precedentemente trattati riguardo ai videogames, valgono
anche per le simulazioni. In entrambi i casi, il valore sta nella possibilità di
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creare opportunità di apprendimento altrimenti irrealizzabili, esperienze su
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modelli di situazioni del mondo reale, che permettono un transfer rispetto al
mondo reale.
Mondi Virtuali
I Mondi Virtuali devono la loro nascita alla congiunzione di due medium: i
videogiochi e internet.
Con l’avvento di internet alcuni videogiochi si trasferiscono online. La loro
caratteristica è che il mondo del gioco non risiede più nel computer del
singolo giocatore, ma su dei server remoti: il giocatore vi si può collegare da
una qualsiasi postazione del pianeta ed interagire con gli oggetti e i
personaggi che lo popolano. Alcuni di questi personaggi possono essere
software-controlled - cioè guidati dall’intelligenza artificiale del software, come
nei videogames tradizionali - ma altri sono a loro volta controllati da persone
vere, collegate attraverso altri computer. Queste persone possono anche
essere fisicamente molto distanti tra di loro, ma in quel preciso momento
“stanno occupando uno stesso segmento di cyberspazio” (Castronova, 2005).
E, cosa ancora più importante, queste persone possono comunicare e
relazionarsi tra loro. Si viene quindi a creare un vero e proprio spazio sociale,
un social network che ha come caratteristica peculiare la natura immersiva
dell’interazione: un Mondo Virtuale.
Come nel caso delle simulazioni, esistono Mondi Virtuali che sono anche - e
prevalentemente - dei giochi ed altri che non lo sono affatto. I primi sono
indicati con l’acronimo MUVE. Andiamo ad analizzarne le caratteristiche.
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riconducibili principalmente alla categoria dei MMORPG, i secondi sono
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Massively Multiplayer Online Role Playing Games
I Mondi Virtuali nascono per gioco. I primi rappresentanti della categoria sono
stati i cosiddetti MMORPG (Massively Multiplayer Online Role Playing Games):
centinaia, migliaia di giocatori connessi contemporaneamente da ogni parte
del globo e riuniti in un’unica realtà simulata per interpretare personaggi che
si evolvono insieme al mondo persistente che li circonda.
Per i MMORPG, vale quanto già detto in precedenza sui videogiochi, ma con
un’aggiunta importante: in questi giochi il giocatore si muove a tutti gli effetti
all’interno di un contesto sociale. E, per poter prendere le decisioni giuste,
occorre che acquisisca familiarità con le conoscenze, i valori, le regole, i riti, i
codici, i concetti, il linguaggio, le leggi, le istituzioni e gli oggetti specifici
dell’ambito sociale in questione.
Figura 10 - Un gruppo di giocatori in “World of Warcraft”
in un mondo fantasy (come Il signore degli anelli, per intendersi) che, ad oggi,
ha raggiunto una popolazione di 12.000.000 abitanti. Il gameplay si basa sullo
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Prendiamo il caso di World of Warcraft. Si tratta di un MMORPG ambientato
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svolgimento di una serie di missioni - le quest - a difficoltà progressiva. Le
prime quest sono facili da portare a termine, e il giocatore alle prime armi
può benissimo farcela da solo, senza l’aiuto di altri giocatori. Ma, man mano
che il gioco si evolve, le quest si fanno sempre più difficili, fino al punto che
non è più pensabile portarle a termine da soli. Occorre quindi cercare nel
gioco altre persone e creare con loro una società - le cosiddette “gilde”:
insiemi di giocatori che si uniscono per condividere conoscenze, risorse, forza
lavoro in ragione di un obiettivo comune. Per riuscire ad arrivare ai massimi
livelli del gioco, i membri della gilda devono imparare ad organizzarsi, darsi
dei ruoli e rispettarli, prendersi ognuno le proprie reponsabilità. Il successo nel
gioco dipende in massima parte dalla forza del gruppo.
Scrivono Thomas & Brown (2006):
“Quando i giocatori sono tanti, al guild master sono richieste diverse abilità:
potere di convincimento, capacità decisionale, capacità di attirare nuovi
giocatori e addestrare gli ultimi arrivati, saper elaborare strategie di gruppo e
dirimere questioni. Non di rado le gilde si sciolgono a causa di battibecchi o
problemi organizzativi. Il guild master deve saper gestire queste situazioni, per
non perder validi compagni di gioco che potrebbero passare a gilde rivali. Il
fatto che tutto questo abbia luogo in un ambiente virtuale conta poco: le
competenze acquisite sono perfettamente esportabili in altri contesti”.
Negli ultimi anni, ricerche scientifiche internazionali in campo sociologico e
modificazioni significative nei giocatori, come la capacità di essere gruppo, di
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psicologico hanno dimostrato come questo tipo di esperienze ludiche inneschi
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farsi carico della leadership, di gestire i ruoli e di interagire in vista di un
obiettivo congiunto. Se guardiamo alle raccomandazioni di organizzazioni
internazionali come l’UNESCO, l’OCSE e l’Unione Europea, appare evidente
l’assonanza con alcune di quelle competenze chiave per il cittadino del XXI
secolo che il CERI (Centre for Educational Resource and Innovation dell’OCSE)
indica alla categoria “Interagire in gruppi organizzati” come: 1) Sapersi
relazionare con gli altri; 2) Saper cooperare; 3) Saper gestire e risolvere
conflitti.
Multi User Virtual Environments
Per comprendere cosa sono i MUVE, la cosa migliore è tentare un esercizio di
immaginazione...
Prendiamo un MMORPG e... togliamogli il gioco: via le ambientazioni e le
strutture narrative predefinite, via le regole e i ruoli da interpretare, via le
missioni e gli obiettivi. Quello che rimarrà sarà un ‘luogo’ indefinito; uno
spazio che, come un foglio bianco, si apre a tutte le possibilità.
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Figura 11 - Una porzione di mondo virtuale
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A questo punto dotiamo i giocatori della possibilità di creare i propri
contenuti e le proprie ambientazioni, di stabilire le proprie regole e le proprie
comunità. Il risultato sarà un luogo pensato, progettato e realizzato non più
dai designer del software, ma dai suoi stessi utilizzatori.
Figura 12 - Sperimentazione libera nel mondo virtuale di Second Life
I Multi User Virtual Environments sono appunto questo: il punto d’arrivo di
una ‘mutazione genetica’ che, partendo dai videogiochi online, approda ad
uno spazio progettuale molto più ampio, modellabile, trasformabile dagli
utenti stessi.
Pur mantenendo la caratteristica di massively multiplayer, i MUVE non
possiedono nè una struttura narrativa predefinita, nè un architettura per livelli,
nè le dinamiche e meccaniche di gioco tipiche dei videogame. Gli utenti (non
le proprie ambientazioni, i propri oggetti, le proprie comunità. Nei MUVE si
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più “giocatori”) acquisiscono la libertà di creare le proprie strutture narrative,
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possono allestire riproduzioni di luoghi reali, simulazioni di fenomeni naturali,
così come anche ambientazioni di fantasia ispirate alla letteratura (pensate ad
esempio all’Inferno di Dante) o magari frutto dell’inventiva degli stessi
creatori.
Molte università e scuole sono già presenti in MUVE quali ActiveWorlds e
Second Life: vi si tengono lezioni, seminari, meeting.
Figura 13 - Un seminario nel mondo virtuale di Second life
Dei videogame, i mondi virtuali mantengono la natura immersiva
dell’interazione. In entrambi si ha la sensazione di essere presenti, di
condividere uno stesso luogo con gli altri partecipanti, di essere al centro di
una esperienza. Per comprenderne le ricadute sugli apprendimenti, pensiamo
ad esempio alle lingue straniere: sappiamo bene come il modo migliore per
LanguageLab, una scuola di inglese, si è ispirata proprio a questo nel creare
English City, una città virtuale situata nel mondo di Second Life, nella quale gli
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imparare una lingua sia quello di fare esperienza in una città straniera.
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studenti si immergono per interagire tra di loro e con un team di insegnanti
qualificati. I corsi sono strutturati attorno ad una serie di esperienze quali il
check-in in aereoporto, la visita guidata ad un museo o un colloquio di lavoro
presso un’azienda.
Figura 14: LanguageLab - English City
Ma gli impieghi didattici dei mondi virtuali non si fermano alle lingue. La
Heritage Key Virtual Experience consente di esplorare ricostruzioni virtuali di
siti storici come la Valle dei Re, Stonehenge, l’Antica Roma e molti altri
ancora. Tutti gli artefatti e i siti sono stati accuratamente ricostruiti in 3D da
un team di artisti digitali londinesi basandosi su misurazioni e fotografie dei
corrispondenti reali. Esiste anche la possibilità di partecipare a dei tour guidati
condotti da esperti. Virtual Heritage VX è basato su Opensim, una tecnologia
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server open source che consente di allestire gratuitamente una piattaforma
virtuale.
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Figura 15. un ambientazione virtuale in Heritage Key VX
Grazie alla relativa facilità con la quale è possibile creare contenuti nei MUVE,
molti docenti non si limitano alla fruizione di scenari messi a disposizione da
altri, ma ne producono di propri. E il caso di alcuni docenti che hanno allestito
la regione di Mathland su piattaforma edMondo di INDIRE, dedicata
all’apprendimento esperienziale di alcuni tra i principali concetti matematici.
Gli studenti stessi possono rendersi partecipi della costruzione di
ambientazioni e artefatti virtuali, passando a loro volta dal ruolo di fruitori a
quello di produttori. La costruzione avviene direttamente inworld, senza la
necessità di ricorrere a programmi esterni. La conseguenza è che le modalità
di creazione sono sincrone e collaborative, piuttosto che individuali e
chieda aiuto o anche solo un parere a qualcuno - o complessa - come decine
di utenti che collaborano alla costruzione di una città. Il feedback è istantaneo
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asincrone. La collaborazione può essere semplice - come nel caso in cui si
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e la comunicazione reticolare invece che sequenziale come avviene in
strumenti web asincroni quali blog e email. In questo modo, ad esempio, un
gruppo di studenti di alcune scuole secondarie di Trento ha progettato e
realizzato un’avveniristica esposizione museale in Second Life, ed una classe
della scuola primaria di Castel Del Piano ha prodotto una suggestiva
ricostruzione del paesaggio del Monte Amiata in edMondo.
Negli ultimi anni stanno vedendo la luce alcuni mondi virtuali italiani
interamente dedicati alla didattica, come Scuola 3D dell’Istituto pedagogico di
Bolzano e il già citato edMondo. Sono ambienti sicuri - l’accesso è riservato
esclusivamente ai docenti che lo richiedono ed ai loro studenti - e in grado di
fornire supporto ai docenti che vogliono approfondire le opportunità
didattiche offerte da questa nuova modalità eLearning.
Bibliografia
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COD. PROGETTO D-5-FSE-2010-2
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