Reti sociali e scelte linguistiche di emigrati
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Reti sociali e scelte linguistiche di emigrati
«...ERAVAMO ANCHE CINQUE O SEI, TUTTE FIMMINE… E ‘NDAMMO UP TO LONDON E… AND THAT WAS THE FIRST TIME I’VE BEEN IN LONDON...» RETI SOCIALI E SCELTE LINGUISTICHE DI EMIGRATI ITALIANI IN AMBIENTE ANGLOFONO LORENZO ROCCHI INTRODUZIONE Le differenze riscontrabili negli usi linguistici riflettono spesso le più importanti distinzioni esistenti all’interno della comunità in cui una serie di enunciati è prodotta. In base a questa osservazione il genere può essere definito come uno dei fattori che condizionano le scelte linguistiche dei parlanti, e quindi come oggetto di studio dell’analisi sociolinguistica. Le diverse scelte linguistiche di uomini e donne, infatti, quando non segnalano una netta divisione dei ruoli sociali, indicano almeno la presenza di differenti modalità di partecipazione alla vita della comunità, o l’esistenza di particolari relazioni che s’instaurano tra parlanti appartenenti a una data categoria (uomini e donne in questo caso) e il mezzo comunicativo -o meglio: i mezzi comunicativi da questi posseduti. Un interessante risultato dell’analisi condotta su queste basi è costituito dalle osservazioni riassunte da Labov (1972: 303) in merito all’analisi di alcune varianti fonetiche del parlato dell’area urbana di New York, per le quali Studi Linguistici e Filologici Online ISSN 1724-5230 Volume 6 (2008) – pagg. 219-273 L. Rocchi - “«...Eravamo anche cinque o sei, tutte fimmine… e ‘ndammo up to London e… and that was the first time I’ve been in London...» Reti sociali e scelte linguistiche di emigrati italiani in ambiente anglofono” Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo «the sexual differentiation of speech often plays a major role in the mechanism of linguistic evolution». Questa riflessione è motivata col fatto che le donne sembrerebbero più ricettive rispetto agli uomini riguardo alle modalità di riconoscimento e acquisizione di varianti di prestigio, in quanto soggetti più sensibili alle evoluzioni sociali della lingua. Come conseguenza di tali riflessioni Labov (2001/II: 336) arriva ad individuare, nella sua ricerca condotta sull’evoluzione dell’inglese di New York, i leader del cambiamento linguistico in soggetti identificabili come: «-Women -Members of the Upper-Working Class -With a dense network of local ties and a broad range of connections outside the local neighborhood». A queste riflessioni fanno eco le considerazioni di Susan Gal (1978) nello studio di una comunità bilingue in Austria, all’interno della quale le scelte linguistiche delle donne variano non solo in funzione del loro status o della rete sociale in cui sono inserite, ma anche in relazione al valore simbolico delle alternative a loro disposizione. Tali considerazioni si avvalgono anche del supporto fornito alla linguistica dalla teoria delle reti sociali (Milroy, 2004: 549), secondo la quale l’analisi delle relazioni strette da un singolo individuo può spiegare il meccanismo che porta alla scelta di particolari modalità espressive nel corso di dinamiche conversazionali. «Social network is better treated as a means of capturing the dynamics underlying speakers’ interactional behaviors than as a fixed social category». 220 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Prendendo in esame la questione degli usi linguistici delle comunità migratorie, esistono infatti elementi per riconoscere come le donne, in tale contesto, possano essere in grado di avvalersi di reti sociali che offrono loro la possibilità di interagire, rispetto agli uomini, in maniera più diretta con soggetti parlanti una lingua diversa dalla propria. A ciò può sommarsi, poi, una maggior consapevolezza da parte delle donne delle corrispondenze sociali degli usi linguistici, dovuta, forse, al fatto che la loro posizione (almeno al momento dell’arrivo nel paese ospitante) è in qualche modo subordinata a quella degli uomini: mentre questi ultimi, infatti, sono valutati in base alla loro occupazione e alla loro capacità di guadagno, le donne rivendicano la loro rilevanza all’interno della comunità attraverso altri segnali, quali, appunto, il saper parlare la nuova lingua (Turdgill, 1974). Ecco il motivo per cui, volendo porsi la questione della misura in cui le donne di una comunità bilingue possano, rispetto agli uomini, dimostrarsi maggiormente disponibili a partecipare al cambiamento sociale che le investe nella nuova realtà oltre frontiera, assume rilevanza l’analisi del comportamento linguistico della parte femminile della comunità migratoria; ancor più specificatamente, si mostra necessario verificare l’esistenza di eventuali relazioni tra le modalità di selezione di codice riscontrabili nelle interazioni verbali dei soggetti di sesso femminile e la rete sociale nella quale sono inseriti. 221 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Il presente studio si propone, quindi, di analizzare nel dettaglio le produzioni orali di un gruppo di emigrati italiani raccolte negli ultimi mesi del 2005, investigando su alcuni dei tipici fenomeni di parlato legati al contatto linguistico tra italiano, inglese e dialetto siciliano; il tutto al fine di giustificare le differenze di genere riscontrate nei loro usi linguistici. In particolare, si considereranno rilevanti ai fini dell’analisi i fenomeni di interferenza lessicale e transfert, quelli dei segnali discorsivi e, soprattutto, quelli di code-switching/code-mixing. Centro dell’analisi è parte della comunità italiana presente nella cittadina di Walton-on-Thames: un campione misto di individui tutti provenienti da località della Sicilia centrale. Approfondendo l’analisi si noterà la sensibile differenza riguardo ad alcune capacità linguistiche e metalinguistiche registrata tra uomini e donne: le quali hanno mostrato, in generale, una maggiore competenza attiva in inglese ed una maggiore capacità di distinzione negli usi dei due linguaggi a loro disposizione; abilità linguistiche che qui supponiamo siano state facilitate dal lavoro a contatto con parlanti inglesi svolto da molte di loro, ed, in parte, anche sviluppate grazie ad una maggiore volontà d’integrazione nel nuovo ambiente sociale. LA LINGUA E L’EMIGRAZIONE I fenomeni di contatto linguistico1 hanno come conseguenza primaria la compresenza delle condizioni di bilinguismo e diglossia. 1 Cfr. Weinreich U., Language in contact. New York, Columbia University Press, 1953, p.3. 222 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Il significato di bilinguismo, vale a dire la facoltà di un parlante di dominare contemporaneamente due (o più) sistemi linguistici è apparentemente chiaro, ma in realtà le accezioni del termine possono essere sfumate, secondo le prospettive utilizzate per osservare il fenomeno. Partendo, infatti, dal caso una di comunità bi- o plurilingue nella quale tutte le lingue in uso hanno eguale valenza sociale, si può passare a comunità bi- o plurilingui ma regionalmente monolingui (come la Svizzera), fino ad arrivare a situazioni di bilinguismo verticale quando una sola lingua è considerata quella ufficiale. E’ questo il caso delle minoranze da emigrazione, entro le quali si può, con una buona dose di approssimazione, parlare anche di bilinguismo isolato, che oppone il codice della comunità a quello dell’individuo (o del ristretto gruppo di individui) che per caratteristiche familiari o culturali possiede nel suo repertorio più modalità espressive. Parallelo e complementare alla nozione di bilinguismo, è il concetto di diglossia. Mentre il primo termine può essere visto sia dal punto di vista psicolinguistico (il caso di un soggetto che domina o che affronta contemporaneamente due o più codici linguistici) sia da quello sociolinguistico (il caso di più codici compresenti nel repertorio di una comunità linguistica), quello di diglossia è un concetto quasi esclusivamente sociolinguistico (per la precisione: «macro-sociolinguistico»). Nella sua accezione più diffusa, vale oggi soprattutto in riferimento all’uso funzionalmente differenziato di diversi codici o di diverse varietà di un codice all’interno di una stessa comunità. Una differenziazione che presenta ampi tratti di volontarietà, in particolare 223 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo se riferita alla dimensione di variazione diastratica, che distingue domini d’uso di varietà «alte» e varietà «basse». Sembra opportuno dover precisare che all’interno di una comunità che padroneggia più di una modalità espressiva (che può essere costituita tanto da un codice linguistico, quanto dalle diverse varietà di tale codice), è verificabile la sovrapposizione dei fenomeni di bilinguismo e di diglossia; soprattutto nel caso di bilinguismo verticale, che può relegare uno dei due codici padroneggiati dalla comunità ad ambiti via via più ristretti e differenziati formalmente secondo il grado di familiarità e formalità della situazione comunicativa. Se bilinguismo e diglossia vengono considerati due tratti nella definizione del contatto linguistico, di conseguenza, le configurazioni possibili sono (secondo Ferguson 1959) quattro, che ne prefigurano altrettante tipologie2: • - bilinguismo -diglossia: comunità del tutto monolingui; una situazione difficilmente riscontrabile nella realtà, forse concepibile per piccole comunità isolate e caratterizzate da una forte tendenza endogamica; • +bilinguismo -diglossia: comunità nelle quali le varietà linguistiche in contatto hanno medesimo gradi di prestigio e di funzionalità: è un caso ben esemplificato dalla situazione di un paese come gli Stati Uniti, dove la maggior parte della popolazione è costituita da immigrati da altri paesi, europei e sudamericani: soprattutto gli 2 Cfr. Ferguson, Diglossia, in Word XV (1959), pp. 325-340; trad. it. in P. P. GIGLIOLI, Linguaggio e società, Bologna 1973, p. 294. 224 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo immigrati della prima o delle prime due generazioni sono bilingui, anche se la competenza dell’inglese varia molto da caso a caso. Gli USA sono inoltre caratterizzati da una forte mobilità sociale, diffusa, peraltro, in questa tipologia, entro la quale potrebbe rientrare anche l’uso della lingua inglese in molte aree geografiche europee, ad es. quella dei paesi scandinavi; • - bilinguismo +diglossia: quando varietà alta e varietà bassa caratterizzano fortemente la stratificazione sociale: è il caso dei territori colonizzati , caratterizzati dalla presenza di lingua autoctona e lingua dei colonizzatori; • + bilinguismo +diglossia: situazioni rappresentate, ad es., dal rapporto tra lingua standard e varietà dialettali in Italia; ma anche dal caso che più interessa il presente studio, e cioè la realtà di molte comunità migratorie dell’ultimo secolo. Questo schema delle quattro teoriche combinazioni fra bilinguismo e diglossia porta in primo piano il rapporto fra lingua e struttura sociale; ed è proprio in questo rapporto che le differenze di genere risultano avere un ruolo più rilevante. Labov (1972, 1994, 2001), infatti, oltre a mettere in rilievo la funzione svolta dalla stratificazione sociale nelle scelte linguistiche operate dai parlanti, nota, nella sua formulazione del concetto di Gender Paradox, come si possa assegnare alle donne il ruolo di gruppo trainante nei fenomeni di cambiamento linguistico, riconoscendo come queste adottino con alta frequenza forme espressive che derivano da livelli di lingua diastraticamente superiori; 225 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo ma, allo stesso tempo, utilizzino forme innovative con provenienza vernacolare o sub-diastratica in misura maggiore di quanto non lo facciano gli uomini. Le donne, infatti, sono le prime a prendere coscienza e a reagire al prestigio o allo stigma di una forma linguistica; di conseguenza, quando il cambiamento è in atto, esse sono più veloci e più efficaci nell’impiegare le nuove varianti ancora dense di rilevanza simbolica. Allo stesso modo, Gal (1978) affronta la questione nello studio di una comunità bilingue, ponendo come centro dell’analisi la scelta tra tedesco e ungherese negli scambi comunicativi messi in atto ad Oberwart, storica località di frontiera del Burgeland austriaco, e lega la variabilità di questa scelta a fattori quali l’età e la rete sociale entro la quale i parlanti si collocano, concentrando la sua attenzione sulla rappresentatività esercitata dalla scelta espressiva3. Secondo Gal (1978: 2), infatti, alla condizione di bilinguismo corrisponde una dicotomia sociale tra due status: quello di lavoratore industriale, considerato preferibile a quello di agricoltore; l’uso del tedesco da parte della maggioranza della popolazione femminile segnala così una scelta ben precisa riguardo al modo di presentarsi agli altri ed alle attitudini nelle scelte di vita: «The young women of the community are more willing to participate in social change and in the linguistic change which simbolizes it because they are less committed than 3 Questo perché ad un incremento nelle percentuali di impiego del tedesco, non corrisponde, per le donne un cambiamento sensibile nella composizione della rete sociale. 226 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo the men to the traditionally male-dominated system of subsistence agriculture and because they have more to gain than men in embracing the available statuses of worker and worker’s wife». In comunità come queste, quindi, il cambiamento linguistico risulta indotto secondo due modalità: attraverso un maggior uso del tedesco nelle interazioni quotidiane, e tramite le scelte matrimoniali operate da quelle donne (la maggioranza) che desiderano elevare il proprio status sociale sposando parlanti tedeschi, incrementando così l’uso della lingua di prestigio nelle nuove generazioni. LA LINGUA E LE RETI SOCIALI I lavori appena citati mostrano chiaramente come esista una forte correlazione tra produzione linguistica (performance) e ambiente sociale. Soprattutto a Labov va il merito di aver collocato al centro dell’indagine i parlanti nella loro dimensione sociale e interazionale, in conseguenza dell’interpretazione del linguaggio come oggetto di studio «non omogeneo», e dello sviluppo del concetto di variabile sociolinguistica come unità di analisi: un elemento che si pone in covariazione con variabili extralinguisiche, quali appunto la classe sociale, l’età, il sesso etc. Il criterio adottato da un’analisi che si ponga in quest’ottica sarà quindi quello della quantità: la frequenza di un fenomeno o di una variante intesa come mezzo per individuare l’occorrenza sistematica e categorica del processo linguistico. Una necessità del genere è soddisfatta dall’introduzione del concetto di Variable Rule, proposto per la prima volta dal Labov (1969), il 227 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo quale parte dal presupposto della grammatica generativo- trasformazionale4 che esista un patrimonio di strutture profonde (sintattiche e semantiche) che rappresentano la competenza innata del parlante e che le concrete realizzazioni linguistiche (cioè la realizzazione superficiale, visibile degli enunciati) siano il risultato di regole di trasformazione, comprensive delle componenti fonologica e fonetica, delle strutture profonde di partenza. L’analisi basata sul principio delle regole variabili è dunque concepita per fornire un modello quantitativo in grado di descrivere circostanze in cui i parlanti alternano forme differenti per un identico significato, in modo tale che la probabilità di scelta tra l’una e l’altra forma si condizionata da una varietà di fattori contestuali o, appunto, caratteristiche sociali. Una importante possibilità di completamento per questa prospettiva è fornita dall’introduzione in sociolinguistica del concetto di Rete Sociale (Milroy, 1987), intesa qui come un insieme di attori sociali e di relazioni definite tra tale insieme di individui. Le reti sociali (Social Networks, SN) sono strutture relazionali, ed in quanto tali costituiscono una forma sociale rilevante che definisce il contesto in cui si muovono quegli stessi attori; le caratteristiche di una SN, allora, possono essere usate per comprendere il comportamento dei soggetti 4 Le Variable Rules nascono come estensione della nozione di Categorical Rule (Chomsky-Halle 1968). Se infatti una CR è individuata da un’espressione del tipo: X→ Y [ AB] ___C «realizza X come Y nel contesto A___C o B___C, senza eccezioni», l’introduzione del criterio quantitativo in sostituzione di quello categoriale porta a formulare una Variable Rule come: X→‹Y› ‹αAβB›___C, dove si simboli α e β rappresentano il valore di frequenza con la quale la realizzazione si presenta nei vari contesti. 228 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo costituenti la rete stessa, e l’applicazione di questi concetti in ambito linguistico aiuta a chiarire i meccanismi che regolano particolari modalità espressive in determinati gruppi di individui. Ogni soggetto, infatti, crea una rete di contatti personali in grado di fornire aiuto nella soluzione di problemi quotidiani; queste reti di individui sono costituite tramite legami che possono variare per tipo e intensità. Tale variabilità porta a definire alcune delle principali proprietà di una rete sociale, come la forza coesiva che può caratterizzare un certo legame. Si distinguono, in questo caso, legami forti e legami deboli (weak e strong ties): approssimativamente potremmo affermare che i legami di parentela sono da considerarsi forti rispetto a legami di semplice conoscenza ritenuti comunemente deboli. Per ciò che riguarda la struttura di una SN, è da valutare il reciproco rapporto tra legami per misurare il grado di coesione tra gli attori. Richiamandoci brevemente alla teoria dei grafi, possiamo infatti rappresentare una rete sociale come un insieme di nodi messi tra loro in relazione; più alto sarà il numero di nodi caratterizzato da legami relazionali, maggiore sarà la densità della rete5, come esemplificato in figura1: 5 Nella teoria dei grafi la densità è calcolata tramite la formula D = L/[g(g-1)/2] = 2L/[g(g-1)] dove L= numero di linee e g= numero di nodi costituenti un grafo. 229 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Densità = 0 Densità = 1 Figura 1: Densità di un grafo Tale proprietà si esprime infatti con un valore dato dal rapporto tra tra il numero effettivo dei legami e il numero dei legami possibili, espresso solitamente in percentuale. Una rete da alta densità sarà, quindi, alla base di una comunità altamente coesa, che tende ad esercitare un maggiore controllo normativo sul linguaggio come sugli altri comportamenti sociali; al contrario, una rete a bassa densità caratterizzerà un gruppo scarsamente compatto, anche sul piano linguistico. A supporto di questa nozione è utile distinguere tra “reti di scambio” (exange networks) e “reti interattive” (interactive networks). Una rete di scambio è costituita da individui che, oltre ad interagire regolarmente, si scambiano reciprocamente aiuto, consigli critiche e sostegno, come succede nei rapporti di parentela e di stretta amicizia; una rete interattiva comprende, invece, soggetti tra i quali, nonostante possano esserci prolungate interazioni, non esiste la possibilità di un supporto materiale o simbolico. Il legame in una rete interattiva potrebbe essere ben rappresentato dalla relazione commerciale di clientela. L’analisi delle reti sociali (SNA) costituisce quindi un indirizzo di studio che, oltre ad occuparsi delle variazioni tra parlanti individuali 230 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo piuttosto che tra classi sociali, si rivela molto utile alla sociolinguistica per due fondamentali caratteristiche: - fornisce una serie di procedure per lo studio di gruppi (relativamente) ristretti di parlanti, all’interno dei quali gli stessi non sono discriminabili in base ad alcun tipo di classe sociale; - è in grado di chiarire le dinamiche sociali che guidano i processi di variazione e cambiamento linguistico (poiché quello di rete sociale è un concetto partecipativo). Queste due caratteristiche fanno sì che la SNA sia molto utile nello studio delle comunità bilingui. Nell’investigazione del meccanismo di shift l’analisi delle reti sociali porta a stabilire che SN costituite principalmente da legami forti funzionano come meccanismo di supporto per le lingue minoritarie, poiché contribuiscono alla resistenza al cambiamento. Quando però i legami diventano deboli aumenta la possibilità che lo shift abbia luogo, come avveniva negli anni settanta all’interno della comunità oggetto dell’indagine di S. Gal. Oltre a delineare la traiettoria sociale del cambiamento linguistico, l’analisi dei rapporti sociali all’interno di una comunità bilingue può essere di grande aiuto nell’indagine dei modelli di uso dei repertori a disposizione; è questo ciò che illustra il lavoro di Labrie (1988) nel suo studio sugli usi degli italiani emigrati di Montreal, nel quale si pone come ipotesi il fatto che individui bilingui formano reti sociali 231 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo all’interno delle quali si possono individuare delle sotto-reti linguistiche: la composizione linguistica della rete sociale e le caratteristiche di ogni sotto-rete possono, di conseguenza, influenzare il comportamento linguistico dei singoli individui. In quest’ottica, il presente lavoro si propone, analizzando alcuni aspetti del parlato di emigrati italiani in Inghilterra, di tracciare ipotesi riguardo alla correlazione tra performance e fattori sociali, con particolare riferimento alle differenze tra gli usi di parlanti di sesso diverso, per poter così individuare gli elementi che alla base della differenziazione linguistica6. LA COMUNITÀ La scelta degli informatori è stata effettuata all’interno della comunità italiana di Walton-on-Thames, cittadina del Surrey distante pochi chilometri dal complesso urbano di Londra, ed ha permesso di selezionare, tra settembre e novembre 2005 un gruppo di dodici individui (sette uomini e cinque donne) di età compresa tra i 51 e i 72 anni, provenienti dalla Sicilia ed emigrati non durante l’infanzia, ma alle soglie dell’età adulta. Successivamente si è proceduto a sottoporre ad ognuno dei soggetti un questionario il cui scopo era quello di fornire una sorta di presentazione (età, stato civile, anni di permanenza all’estero, Comune di provenienza) unita ad un quadro di massima delle competenze linguistiche individuali relative all’inglese, 6 Ed in questo si sottolineerà, implicitamente, l’assunto a cui arriva anche Labov, per cui il linguaggio di uomini e donne non si differenzia in base agli aspetti biologici, ma solo in funzione di aspetti sociali. 232 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo all’italiano e al dialetto siciliano7. A questo proposito il questionario è stato preparato mediante la scelta di domande di carattere anagrafico e linguistico, unitamente all’inserimento di «domande civetta», che avevano lo scopo di generalizzare quanto più possibile la situazione, per evitare di concentrare l’attenzione dell’intervistato sugli aspetti riguardanti la lingua, riuscendo così ad ottenere da ogni risposta il grado maggiore di spontaneità. La situazione che si è presentata in partenza indicava, quindi, che gli informatori erano emigrati in un arco di tempo compreso tra il 1959 e il 1975, dopo aver vissuto infanzia e giovinezza (con relative esperienze scolastiche e lavorative) in Sicilia. In particolare, dieci di essi sono nati in tre località della Sicilia centrale: Sutera, Mussomeli e Villalba, Comuni confinanti tra loro e appartenenti alla provincia di Caltanissetta. Solo due provenivano da altre province: rispettivamente quella di Agrigento e quella di Palermo. Prendendo in esame i luoghi di provenienza, è interessante rilevare come questi Comuni, sostenuti fino a poco meno di quindici anni fa da un’economia basata quasi esclusivamente sull’attività agricola, siano stati investiti, proprio a partire dalla fine degli anni cinquanta, da una decisa ondata migratoria verso l’estero che, unitamente al calo delle nascite, ha contribuito a ridurre in maniera progressiva e permanente il 7 A questo proposito il questionario è stato preparato mediante la scelta di domande di carattere anagrafico e linguistico, unitamente all’inserimento di “domande civetta”, che avevano lo scopo di generalizzare quanto più possibile la situazione, per evitare di concentrare l’attenzione dell’intervistato sugli aspetti riguardanti il linguaggio, riuscendo così ad ottenere da ogni risposta il grado maggiore di spontaneità. 233 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo numero dei loro abitanti. Questo dimostrano, infatti, i numeri relativi al movimento anagrafico di Sutera (comune di nascita per metà degli intervistati), elaborati dall’ISTAT8 e riportati nella tabella 1: Comune Movimento migratorio Emigr. Isc. altri Iscritti Totale altri Emig. Anno Comuni da'estero Iscritti Comuni estero Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera Sutera 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1996 1997 1998 1999 36 29 58 60 61 41 41 54 53 51 38 50 34 27 31 24 39 37 36 14 16 21 14 Sutera Sutera Sutera Sutera 2000 2001 2002 2003 16 12 22 19 Pop. al 31/12 Totale Emig Saldo migr. Totale Maschi Femmine M+F 77 107 69 92 114 161 123 65 51 107 129 152 111 120 81 96 52 76 50 7 14 20 17 1 123 45 117 31 548 194 20 3 9 1 5 77 107 69 92 114 161 124 65 174 152 246 183 659 314 81 116 55 76 50 16 15 20 22 -41 -77 -11 -32 -53 -118 -83 -11 -121 -92 -196 -132 -625 -282 -46 -36 -7 -7 4 1 7 5 -7 2450 2436 2465 5 4 56 9 32 18 3 6 4 1 36 30 58 60 61 43 41 54 53 60 50 51 34 32 35 80 48 69 54 17 22 25 15 4 1 1 5 20 13 23 24 25 21 18 14 7 10 3 25 28 28 17 -5 -15 -5 7 793 734 729 723 1 2 9 12 1 2192 2145 2112 2121 2041 1993 1881 1810 1454 1157 1131 1113 1112 822 822 825 814 2507 4957 2488 4924 2493 4958 4452 2239 4431 2197 4342 2179 4291 2186 4307 2140 4181 2094 4087 1998 3879 1933 3743 1651 3105 2673 2605 1382 2539 1367 2498 1356 2469 1347 2459 1057 1879 1034 1856 1022 1847 1001 1815 982 902 883 875 1775 1636 1612 1598 Tabella 1. Movimento migratorio del Comune di Sutera. N.B. I dati dell'anno 1961 sono la media aritmetica dei dati degli anni 1960 e 1962 perché mai diffusi dall'ISTAT. 8 La tabella presenta i dati ISTAT sul movimento anagrafico forniti dalla provincia di Caltanissetta. I dati degli anni dal 1996 al 2003 sono stati qui proposti in modo da permettere un confronto delle cifre relative a periodi diversi. 234 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Il primo dato a presentarsi distintamente è l’enorme decremento della popolazione che in diciassette anni si è ridotta, anche a causa del saldo migratorio negativo registrato dal 1958 al 1975, di quasi 2500 unità: una cifra non di poco conto per un Comune che non ha mai registrato più di cinquemila abitanti. Ma soprattutto, ciò che colpisce è il fatto che il numero di espatri verificatisi in questi anni rappresenta la quasi totalità degli espatri avvenuti nella seconda metà del secolo: esattamente 1082 su 1184, una percentuale superiore al novanta per cento. Cifre analoghe sono disponibili per Villalba, Comune con meno di duemila abitanti, che tra la fine degli anni cinquanta e la metà dei settanta vede concretizzarsi ben 620 casi di emigrazione verso l’estero, sugli 815 totali registrati fino all’anno 2003; gli stessi dati ISTAT confermano la medesima tendenza per il Comune di Mussomeli, con 2209 espatri su 2647 e una popolazione attuale di undicimila abitanti. E’ parso opportuno far riferimento a questi dati per sottolineare come, nella scelta degli informatori, si siano privilegiati coloro i quali, a pieno titolo, possono essere riconosciuti come appartenenti a quella che è stata definita la terza fase storica dell’emigrazione italiana. A conferma di ciò si aggiunga il verificarsi di altre caratteristiche chiare in questo senso, come ad esempio il fatto che gli uomini interpellati erano partiti per l’Inghilterra con contratti di lavoro già stipulati in patria tramite gli uffici del lavoro e dell’emigrazione; contratti che, almeno inizialmente, avevano una durata limitata da due a quattro anni. La causa primaria del trasferimento delle donne intervistate, poi, 235 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo è stato il ricongiungimento familiare, secondo il tipico processo di immigrazione a catena. E’ bene tuttavia notare che molti degli informatori maschi hanno precisato che il trasferimento è stato agevolato da amici o parenti emigrati in precedenza, che si sono preoccupati di procurare loro possibilità di impiego e di alloggio. Anche il livello generale d’istruzione al momento della partenza non si discostava da quello caratteristico di chi lasciava l’Italia tra i decenni ’50 e ‘70, e variava dalla frequenza a pochi anni di scuola elementare fino al conseguimento di un diploma di scuola media. Il titolo di studio della maggior parte degli esaminati è comunque il diploma ottenuto alla fine del ciclo elementare. Walton-on-Thames, la località di insediamento, è una cittadina nella regione del Surrey, situata a circa venticinque chilometri a sud ovest di Londra. Negli ultimi venti anni la città è diventata, in pratica, parte integrante dell’area metropolitana londinese (il centro della capitale è distante, in treno, poco più di trenta minuti), ospitando un numero sempre maggiore di residenze di impiegati e professionisti che si recano quotidianamente a lavoro nella metropoli inglese. Fino a qualche decennio fa, tuttavia, gli assi portanti dell’economia in questa area sono stati l’agricoltura e l’industria leggera, due settori che, sin dal secondo dopoguerra, hanno richiesto e favorito l’afflusso di una consistente percentuale di manodopera non specializzata, di origine soprattutto italiana. La popolazione di Walton-on-Thames non arriva ancora oggi a contare le trentamila unità, e questo ha permesso a chi vi si è trasferito 236 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo dall’Italia di insediarsi in città secondo modelli di «vicinato», senza che ciò comportasse necessariamente la costituzione di un tipico quartiere italiano. Molte delle famiglie intervistate abitavano a poche centinaia di metri l’una dall’altra ed erano frequentemente in contatto tra loro, anche se la distribuzione delle abitazioni non sembrava seguire una logica «etnica». Al raggiungimento di questa situazione di equilibrio hanno contribuito alcuni fattori; innanzitutto la veloce emancipazione della comunità italiana: in pochi anni, infatti, molti emigrati hanno diversificato il loro inserimento in tutte le attività produttive della zona, riuscendo addirittura a costituire varie attività in proprio, e a disporre di una o più case di proprietà in diverse zone di Walton e delle cittadine vicine. Di non secondaria importanza il fatto che tutte le persone prese in esame compivano viaggi in Italia con una frequanza almeno annuale. Da sottolineare, infine, che nel Surrey sono presenti ancora oggi almeno due pubblicazioni periodiche in italiano dedicate a coloro che risiedono all’estero: La voce degli italiani e La voce di Campofranco. Mentre la prima si rivolge con frequenza quindicinale agli italiani presenti in Gran Bretagna, occupandosi di cronaca, cultura e istituzioni, la seconda, stampata in Sicilia a cura dell’associazione religiosa “Don Pio Sorce” di Campofranco, presenta tutte le caratteristiche di un giornale locale, interessandosi mensilmente della vita sociale e religiosa della provincia di Caltanissetta, indirizzandosi solo indirettamente alle comunità siciliane presenti all’estero. 237 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo La carta stampata non rappresenta certamente l’unico tra i media a disposizione di chi risiede in Inghilterra: nel corso degli anni, infatti, quasi tutte le famiglie di Walton-on-Thames si sono dotate del sistema televisivo satellitare, potendo così usufruire per diverse ore al giorno, non solo dei molti network internazionali dedicati agli emigrati, ma anche di tutti i canali televisivi italiani, così come vengono trasmessi nel nostro paese. Dopo aver tracciato questo quadro introduttivo, nel dicembre del2005, è stata effettuata la raccolta del materiale audio (circa otto ore di dialoghi, una media di poco più di un’ora di durata per ogni rilevazione), anch’essa eseguita alla ricerca del massimo grado di spontaneità. Si è infatti cercato di condurre le rilevazioni secondo una scaletta molto libera, che trasformasse la situazione intervistatoreintervistato in un semplice dialogo, dove chi veniva registrato non si limitasse a rispondere sinteticamente a domande, ma fosse portato ad esprimersi liberamente, senza vincoli ai quali doversi attenere. Si è cercato poi di creare particolari situazioni entro le quali far svolgere queste “interviste-dialogo”: in questo senso è stato di aiuto il fatto che il gruppo fosse formato da cinque coppie di coniugi, il che ha permesso lo svolgimento di cinque dialoghi in presenza di due soggetti informatori (marito e moglie, appunto), e due dialoghi in cui il soggetto interagiva esclusivamente con chi raccoglieva i dati. Nei cinque casi della contemporanea presenza dei coniugi, poi, si è cercato di differenziare ulteriormente la situazione, avvalendosi in due occasioni dell’aiuto di un parlante inglese, e in un’altra dell’aiuto di 238 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo un parlante il dialetto siciliano. In entrambe le circostanze essi avevano il compito di inserirsi nella conversazione interferendo con i codici usati sino a quel momento. Per ciò che concerne le capacità linguistiche, tutti i soggetti hanno dichiarato di non avere avuto, al momento dell’arrivo, alcuna padronanza della lingua del paese ospitante. I codici espressivi a disposizione dei parlanti in questione erano l’italiano, del quale essi padroneggiano oggi una varietà popolare marcata regionalmente, e il dialetto, che ognuno era abituato ad usare «al paese» nei quotidiani scambi linguistici anche al di fuori dell’ambiente familiare. Ovviamente tutti gli intervistati hanno dichiarato che, nonostante non avessero mai frequentato nessun tipo di istituzione scolastica britannica, sono stati in grado, con il passare degli anni, di aggiungere al loro repertorio anche l’inglese. Ciò che variava, secondo le risposte, è tuttavia il grado di competenza raggiunto: solo due informatori, infatti, dichiarano di avere piena padronanza della nuova lingua. In conclusione, tutti questi dati possono portare a disegnare abbastanza chiaramente un quadro generale di partenza della situazione linguistica dei soggetti in questione. Si tratta di individui che possiedono un repertorio trilingue, formato principalmente dal dialetto siciliano e da un inglese che con inequivocabili inflessioni straniere; a questi si aggiunge una varietà di italiano presumibilmente bassa, appresa negli anni precedenti la partenza, con forti interferenze dialettali e inglesi, relegata, per quanto riguarda l’uso e l’esercizio attivo e passivo, ad ambiti sempre più ristretti. 239 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo GLI USI LINGUISTICI Nelle pagine seguenti si tenterà di fornire un quadro sommario di alcuni fenomeni di contatto linguistico. Si presenteranno , quindi, quelli che sono stati, al contempo, elementi dell’indagine e strumenti attraverso i quali l’indagine stessa è stata condotta. Interferenze Il lessico delle varietà d’emigrazione è stato probabilmente l’aspetto che per primo, e con maggiore intensità, ha attratto l’attenzione degli studiosi. L’introduzione di singoli elementi della L2 nella L1 attraverso l’utilizzo di prestiti e calchi, si pone, in effetti, come una delle conseguenze più evidenti del contatto tra lingue. Proprio l‘abbondanza di studi al riguardo, e delle diverse classificazioni che da questi sono scaturite, rischia però di disorientare chi si addentra nell’analisi di tale fenomeno. Di conseguenza, una classificazione, seppur sommaria, di questo fenomeno aiuta a definire alcuni parametri dei quali potersi avvalere nell’analisi che segue. Le prospettive più complete in questo senso sono quelle che sottolineano il grado di integrazione degli elementi trasferiti. Secondo questa via Haugen (1950) suddivide i prestiti attraverso i principi di importazione e sostituzione, distinguendo tra lessemi nei quali c’è stata importazione dalla lingua ospite di tutta o parte della sequenza fonemica della parola straniera (loanwords); lessemi che presentano una forma adottata dalla lingua originaria, ma con significato differente (loan blends); lessemi nei quali il significato è adottato 240 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo dalla lingua acquisita tramite risistemazione di forme morfologiche della lingua primaria (loanshifts). Questi ultimi sono suddivisi a loro volta in semantinc loans, loan traanslation e calques/blend, e classificati in base alla maggiore o minore affinità tra modello e replica. Clyne (1967), da parte sua, utilizzando il termine Transfer, ricalca la teorizzazione di Haugen, individuando rispettivamente morphosemantic transfer; semantic transfer; morphological transfer. Per Gusmani (1981), infine, la distinzione di base è articolata in prestiti e calchi: nel prestito l’imitazione dei modelli stranieri coinvolge sia significante che significato; i calchi sono invece classificati a seconda che venga assunto solo il significato del modello (calchi semantici), o che venga riprodotta anche la sua struttura (calchi strutturali). Tenendo conto di tali teorizzazioni, dunque, i dati rilevati nell’indagine sono stati classificati in tre tipologie: (A)Termini che presentano importazione di tutta o parte della sequenza fonemica della parola straniera. Si tratta per lo più di due categorie di parole: sostantivi ai quali viene aggiunta terminazione demarcativa italiana: «farma» (da farm) «penno» (da penny); e verbi inglesi coniugati con declinazioni italiane: «drillare» (da to drill); parcare (da to park). (B) Termini la cui forma è adottata dalla lingua originaria, ma con significato differente. In questa categoria rientrano i termini 241 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo derivanti dall’errata traduzione dei cosiddetti false friends, ad esempio «attualmente» per actually. Altri casi sono invece il risultato di una sostanziale estensione di significato di termini della L1, soprattutto verso molti sostantivi inglesi: è il caso di form (modulo), river (fiume), towel (tovagliolo/asciugamano), che divengono rispettivamente «forma»,«riva»,«tovaglia». (C) Elementi derivati dalla risistemazione di forme della lingua originaria per adottare elementi e concetti provenienti dalla lingua acquisita. Ricadono in questa tipologia forme inglesi i cui corrispettivi italiani erano probabilmente, se non sconosciuti, poco familiari ai soggetti prima del trasferimento. Gli esempi più chiari sono forniti dal largo uso di espressioni quali «qualità controllo» (quality control), «fare sicuro» (make sure), «posta officio» (post office); in ultima analisi, quei fenomeni che sono altresì definiti “calchi strutturali”. La distribuzione delle interferenze che abbiamo appena descritto è rappresentata quantitativamente dalla seguente tabella, che individua le occorrenze di ciascuna tipologia di interferenza messe a confronto con il numero di interazioni (o turni conversazionali) per ognuno degli informatori: 242 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo SOGGETTO InfFe1 InfMa1 InfFe2 InfMa2 InfFe3 InfMa3 InfFe4 InfMa4 InfFe5 InfMa5 InfMa6 InfMa7 Media Somma N° Turni. INT. A INT. B INT. C TOT 171 164 111 123 100 157 50 157 173 238 249 155 154,0 1848 22 7 9 14 24 18 1 27 9 12 12 12 13,9 167 5 1 1 0 0 1 0 4 1 0 0 2 1,3 13 0 1 0 2 4 1 0 0 0 2 4 5 1,6 19 27 9 10 16 28 20 1 31 10 14 16 19 16,8 2047 Tabella 2. Interferenze Lessicali. Dall’indagine non sembrano emergere particolari distribuzioni grammaticali delle interferenze lessicali: il numero di istanze di questo tipo operate su sostantivi non varia rispetto a quello delle interferenze operate su verbi. (69 contro 73). L’aspetto sociologico più rilevante è, poi, rappresentato dal fatto che i termini qui rilevati appartengono soprattutto ad aree di interesse quali quella lavorativa («qualità controllo», «drillare»), quella burocratica («forma», «posta ufficio») e quella relativa alle incombenze ed alle preoccupazioni quotidiane («parcare»,«penno»). 243 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Segnali discorsivi inglesi La categoria dei segnali discorsivi (discourse marker) presenta alcune ambiguità, essendo essi l'oggetto di una serie di ricerche che si muovono tra linguistica testuale, pragmatica e semantica. Al fine di eliminare, o almeno di ridurre al minimo tale ambiguità possiamo, in questa sede definire le due funzioni principali svolte dai segnali discorsivi: quella sintattica (di articolazione interna tra le varie porzioni del testo orale o scritto) e quella comunicativa e pragmatica9 (dovuta allo status di elementi atti a segnalare la dinamica della comunicazione). Riferendoci al nostro ambito di analisi, possiamo, in base a tale precisazione, definire i segnali discorsivi, secondo Scaglione (2003), come elementi dipendenti in sequenza che delimitano unità del parlato. Essi si caratterizzano come categoria linguistica a sé stante grazie alla loro ambivalenza sintattico-interazionale; inoltre, per Matras (1998), essi vengono assunti precocemente nel repertorio linguistico dei parlanti poiché si configurano come “operazioni automatizzate”, tanto che non è più avvertita la differenza di scelta linguistica operata per tali atti produttivi. Scaglione, analizzando l’uso di alcuni segnali discorsivi da parte di emigrati italiani nell’area di San Francisco, fornisce le prove di una sostanziale tenuta di tale ipotesi. A questo scopo sono di aiuto anche 9 Nella prospettiva di Grice andrebbero invece interpretati come strategie di cooperazione conversazionale. Quello che qui preme è, però, mettere l’accento sulla loro polifunzionalità. 244 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo le riflessioni di Salmons (1990) e Oesh-Serra (1998): il primo affronta questa categoria ponendo l’accento sul fatto che il loro status di prestiti favorirebbe la creazione di un unico sistema di discourse markers nel repertorio dei bilingui, che sarebbe il risultato di un processo di convergenza di due sistemi distinti verso la lingua donatrice (nel nostro caso l’inglese L2); il secondo, da parte sua, osserva che la classificazione dei segnali discorsivi come commutazioni di codice a sé stanti potrebbe ricondurre, in prospettiva diacronica, alla fase di formazione di un codice misto, e cioè ad una fase di apprendimento caratterizzata da un’interlingua con base L1 che utilizza segnali discorsivi di esclusiva appartenenza alla L2, sebbene, esista per ognuno di essi l’equivalente nella lingua madre. In questa sede non intendiamo dimostrare o confutare questi punti di vista, ma piuttosto ci preme sottolineare il valore funzionale dell’uso di segnali discorsivi inglesi, e cioè la facoltà di oltrepassare il valore semantico del termine, pur mantenendo un legame con significato nucleare. In questo senso sarà possibile, ed utile ai nostri scopi, rilevare l’occorrenza di tre specifici discourse markers quali you know; so; well nelle produzioni dei soggetti al centro dell’indagine. N° Turni YOU KNOW WELL SO TOT InfFe1 171 4 2 1 7 InfMa1 164 3 5 1 9 InfFe2 111 3 1 3 7 InfMa2 123 1 3 1 5 InfFe3 100 0 0 0 0 InfMa3 157 1 2 0 3 InfFe4 50 0 0 0 0 InfMa4 157 2 0 0 2 SOGGETTO 245 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo InfFe5 173 0 1 1 2 InfMa5 238 1 3 2 6 InfMa6 249 0 2 0 2 InfMa7 155 0 2 0 2 Media 154,0 1,3 1,8 0,4 3,8 Somma 1848 15 21 9 45 Tabella 3. Segnali Discorsivi. Il primo dato che salta agli occhi è la maggiore frequenza dei primi due discourse markers, che si sono presentati in misura maggiore nelle nostre rilevazioni. Questo fatto potrebbe essere spiegato dalla funzione svolta dai tre termini all’interno del discorso. La funzione di you know sottolinea la condivisione di comuni conoscenze implicite tra parlante ed ascoltatore, e può occorrere in posizione iniziale, al centro o al termine dell’unità espressiva in cui è contenuto. Può apparire spesso in corrispondenza di marcate commutazioni di codice, in modo da sottolinearne la pregnanza pragmatica, come possiamo osservare nel seguente esempio10: Esempio (1): InfMa1: →mi vien da ridere… →quando giocava l’Inghilterra… l’Italia con 10 Per la trascrizione delle registrazioni, abbiamo adottato la seguente convenzione: simbolo → per indicare l’inizio di ogni frase trascritta su una sola riga Per indicare i soggetti si è usata la sigla :InfMa (informatore maschio) e InfFe (informatore femmina) seguiti dal numero dell’intervista. Con ING, si sono indicati invece i coadiuvatori che hanno partecipato alle «interviste» col compito di interferire con interventi in inglese. 246 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo →c’era un signore davanti… →e ha detto, you know: →”oh”, he said, “se england loose I’ll kill myself”… →and…he said: →“because england is gonna win” →and I said : →“oh, no, because I’m Italian, →I just think italy’s gonna win”… →and he laugh… In (1), infatti, «you know» ha la doppia funzione di rafforzare e di scandire i tempi nel racconto dell’episodio narrato dall’informatore, diventando così parte integrante del processo di sostituzione di codice, in quanto segnale di limite delle capacità esplicative in italiano possedute dal soggetto. Well, invece, svolge un duplice ruolo: principalmente occorre qui come segnale di risposta, in apertura di turno, anticipando un’indecisione o una divergenza rispetto alle opzioni contenute nella domanda. Più raramente può avere funzione metatestuale di riformulazione e di correzione nel caso in cui il parlante voglia modificare il contenuto del proprio enunciato. Esempio (2) -InfMa5: → eh, eravamo stretti. → avevamo due stanzette e… -Domanda: quanto siete stati in affitto? -InfFe5: →well… più di tre anni, quasi… 247 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Nonostante l’alta frequenza, in termini assouluti, con cui questo segnale si presenta in inglese, le occorrenze del suo equivalente italiano «beh» (circa 35 in tutto il campione analizzato) dimostrano come well non abbia avuto una forza di penetrazione così intensa pari a quella di you know. Infine, il segnale discorsivo So, che si è presentato in modo leggermente più raro rispetto ai due precedenti, anche se ciò potrebbe essere spiegato dal fatto che esso veicola funzioni grammaticali e discorsive più articolate, poiché unisce alla funzionalità interazionale proprietà grammaticali che hanno il compito di mettere in relazione complesse unità di significato, compito che nelle nostre rilevazioni, viene spesso svolto dai corrispondenti italiani così, e allora. Dall’esame del materiale emergono comunque diversi esempi come: Esempio (3) -InfMa5: →eh, il lavoro era più bello, →poi c’era un’altra soddisfazione perché… ci pagavano, →le persone ci rispettavano, →facevamo più… più figura di… →sul lavoro a lavorare e… →te davano un po’ de soldi di chiù…so… →e la vita andava avanti Dalle prove fin qui riportate non è possibile ravvisare le condizioni per una completa fusione dei due sistemi, poiché i segnali discorsivi italiani continuano a presentarsi a fianco agli omologhi inglesi. In 248 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo generale, però, possiamo segnalare frequenza di tali fenomeni come un dato da non sottovalutare. Code-Switching Una definizione di code-switching abbastanza semplice è stata fornita da Berruto (1995), che sintetizza il significato del termine come il passaggio, nel medesimo discorso (o frammento di discorso), da una lingua all’altra da parte di un parlante bilingue. Tale definizione racchiude in sé un implicito riconoscimento del fatto che strutture e pratiche linguistiche sono tra loro correlate; la commutazione di codice, di conseguenza, racchiude, ed esprime al tempo stesso, la connessione tra forma linguistica e uso del linguaggio. Malgrado il dibattito non abbia ancora chiarito del tutto ciò che concerne le distribuzioni interne al fenomeno11, è comunque possibile tracciare almeno una sorta di griglia interpretativa: la prima distinzione separa il code-Switching conversazionale (o interazionale) dal code-switching linguistico; mentre quest’ultima tipologia è definita secondo riflessioni da ascrivere all’ambito della linguistica teorica, il code-switching interazionale si presta ad interpretazioni di carattere pragmatico come quelle operate da Gumperz (1982) e Auer (1984), che individuavano, tra l’altro, nella scelta del parlante di passare da un codice ad un altro, la risposta a determinate esigenze discorsive (commento, specificazione del destinatario, citazione, ecc.). 11 A tal proposito, Cfr Heller &Pfaff, (1996 : 594): «While it may be difficult to make […] clear categorization, it is nonetheless important to recognize that codeswitching reflect gradations of syntactic convergence as well as relationship among linguistic, pragmatic and interactional dimensions.» 249 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo La caratterizzazione linguistica pone, invece la commutazione di codice non in relazione al discorso (cioè in rapporto diretto con la sequenza conversazionale in atto), ma in riferimento al parlante stesso, cioè alle sue capacità linguistiche e alle sue abitudini comunicative. Riguardo agli altri aspetti teorici dei fenomeni di commutazione, un’ulteriore distinzione è possibile se si presta attenzione ai reciproci rapporti tra i codici messi in gioco. Poplack (1980) propone, ad esempio, la nozione di un Code-Switching lineare, dove si considerano i due sistemi linguistici attivati come simmetrici, individuando due restrizioni; rispettivamente: «the free morpheme constraint […] which prohibits mixing morphologies within the confines of the word and […] the equivalence constraint […] which requires that the surface word order of the two languages be homologous in the vicinity of the switch point» . Inoltre, molte recenti ricerche hanno notato come le proporzioni tra i due sistemi, e la frequenza di commutazione in un senso piuttosto che un altro siano asimmetrici e non-bilanciati: in questo senso si sono distinti i lavori di Myers-Scotton (1993, 1995), che con l’elaborazione del Matrix Language Frame Model tenta di tracciare una mappa della processazione e delle possibili predizioni riguardo a ogni singolo discorso bilingue. In base al MLF Model, l’ordine dei costituenti della frase è fornito dalla lingua in essa dominante (Lingua Matrice o Matrix Language), alla quale spetta anche il compito di fornire tutti i morfemi grammaticali sintatticamente rilevanti (morfemi di sistema); all’interno di questa struttura si inseriranno morfemi della Lingua 250 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Inserita (Embedded Language) secondo precise regole (Principio dell’ordine dei morfemi, Principio del morfema di sistema); tali inserimenti daranno vita, nel discorso dei bilingui, a produzioni quali Isole nella LM, Isole nella LI, Costituenti misti. La classificazione fin qui proposta può essere completata considerando che il fenomeno può realizzarsi a diversi livelli comunicativi; in particolar modo si distingue la commutazione (o alternanza, o giustapposizione) di codice all’interno della frase (infrasentential CS), dalla commutazione che avviene in posizione extrafrasale (extra-sentential CS). Quest’ultima distinzione, aiuta anche a determinare con maggiore precisione quale sia il confine tra CS ed altre manifestazioni di contatto come i prestiti. Infatti, anche se, soprattutto a livello teorico, restano talvolta problemi di classificazione, ciò che distingue il CodeSwitching operato all’interno di una singola frase rispetto ad altri fenomeni di contatto, come i prestiti non adattati, è la necessità che questo presupponga particolari condizioni realizzative, spesso determinate da constraints, grammaticali. Afferma, infatti, Poplack (2004: 589): «First dismissed as random and deviant […]; intrasentential CS is now known to be grammatically constrained. The basis for this is the empirical observation that bilinguals tend to switch intra-sententially at certain (morpho)syntactic boundaries and not at others». Malgrado l'identità etimologica con la lingua erogatrice, inoltre, le semplici inteferenze lessicali assumono, 251 a differenza della Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo commutazione di codice, le caratteristiche morfologiche, sintattiche e (nel caso delle interferenze di tipo “A”) anche fonologiche della lingua ricevente; sono ricorrenti (quasi stereotipate) nel parlato del singolo individuo e mostrano una spiccata tendenza alla diffusione in tutta la comunità. La commutazione di codice di tipo conversazionale, invece, non necessita l’individuazione di constraints grammaticali, poiché è indotta da fattori identificabili in determinate condizioni, che potremmo qui definire di tipo pragmatico (strutture discorsive e rapporti partecipativi, sequenze conversazionali, contesto dell’interazione) e macro-sociolinguistico (classe sociale, età, sesso, reti sociali). Nei frammenti che seguono vedremo esempi di uso alternato dei codici in relazione al discorso (Code-Switching interazionale) e in relazione al parlante (Code-Switching linguistico), per l’analisi delle distribuzioni delle occorrenze di CS è utile riportare i dati come in tabella 4: N° Turni C. SW. INT. C. SW LING. C. SW. TOT InfFe1 171 14 7 21 InfMa1 164 2 4 6 InfFe2 111 6 7 13 InfMa2 123 0 1 1 InfFe3 100 5 3 8 InfMa3 157 0 0 0 InfFe4 50 2 3 5 InfMa4 157 2 12 14 InfFe5 173 4 3 7 InfMa5 238 0 1 1 SOGGETTO 252 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo InfMa6 249 0 0 0 InfMa7 155 0 0 0 Media 154,0 1,1 2,7 3,9 Somma 1848 35 41 76 Tabella 4. Code-Switching In un computo complessivo la maggioranza delle commutazioni rilevate possono, dunque, essere considerate come riferite al parlante e alle sue competenze; illustrate nel frammento di conversazione riportato di seguito: Esempio (4): InfFe1: →eeee in agosto... io mi ricordo l’anno scorso, → hanno detto alla televisione… →che a Riccione, c’erano ventimila persone on holyday place!!! →Ventimila just on holyday, tutt’i ggiorni!! Nell’esempio (4) possiamo facilmente notare come il soggetto in questione passi autonomamente dal dialetto all’inglese durante il racconto di un’esperienza estiva. È qui esemplificato, in maniera netta, un tipico caso di CS interno alla frase; sono infatti rispettati entrambi i principi del morfema libero e dell’equivalenza, in quanto la commutazione avviene al di fuori dei confini di parola, e non si presentano discrepanze per ciò che riguarda l’ordine dei termini componenti le ultime due frasi (in pratica, se la frase venisse trasposta 253 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo in una qualsiasi delle due lingue in cui essa è formulata, l’ordine delle parole, in particolare in prossimità del punto di commutazione, rimarrebbe il medesimo). Nei dialoghi sono comunque riscontrabili anche numerosi casi di commutazione di codice che realizzano diversi compiti conversazionali. Ne riportiamo di seguito due esempi di diverse tipologie: Esempio (5): Domanda: È buono il caffè? -InfFe5: →Ah io lo faccio sempre buono il caffè, →[…] no tutta la tazza, poco ne bevo... →(a ING5) Un biscotto? -ING5: →Eh? -InfFe5: →Biscuits? -ING5: →no.. thanks -InfFe5: →un po’ di frutta? -ING5: →no, Thank you -InfFe5: →are you sure? -ING5: →yes… In questo caso l’informatrice cambia interlocutore offrendo dei biscotti e della frutta ad un partecipante che, pur essendo anglofono, 254 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo aveva dimostrato fino a quel momento discrete competenze in italiano. Ad una richiesta (neutra) di ripetere la domanda, la donna riformula l’offerta in inglese, per passare poi a sottoporne un’altra nuovamente in italiano; dopo che anche il secondo invito a servirsi è stato declinato, la donna chiede definitiva conferma in inglese, in modo da chiudere, senza rischio di incomprensioni, la sequenza conversazionale. Il secondo esempio dimostra come una commutazione volontaria può essere utilizzata per assegnare al discorso coloriture e valenze emotive: Esempio (6) -InfFe3: →troppo troppo… una volta, solo per pulirle, me facevano pagare… →un po’ d’anni fa… →dieci anni fa, de ppiù… 25 sterline… solo per pulire… →ce sono andata un giorno, →me l’ha guardato →e me l’ha puliziato… →thirty pound… →ch’ha dett’?...... thirty pound… →twentyfive pound, venticinque sterline per puliziarlo eee… cinque sterline per guardarlo… →check up… -Domanda: uhm uhm -InfFe3: →c’era uno c’aveva da tirare un dente, 255 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo →c’ha tirato… →how much? Forty pound… →how much?? Forty pound?!? L’esempio (6), infatti, ci presenta il caso di una commutazione che unitamente allo scopo di enfatizzare il prezzo, ritenuto troppo alto, di alcune prestazioni dentistiche, intende raccontare in qualche modo lo scambio di battute avvenuto al momento in cui il conto è stato presentato; al primo, incerto, cambiamento di lingua («…thirty pound…ch’ha dett’?...[…]… check up…»), segue una più precisa citazione, che riporta anche la disapprovazione espressa dal cliente nei confronti del dottore («…how much? Forty pound… how much?? Forty pound?!?»). È bene, infine, ricordare che lo switch è un meccanismo bidirezionale, poiché può agire indifferentemente dalla L1 alla L2 e viceversa. L’ultimo esempio ci mostra infatti una catena di commutazioni, dove si passa da italiano a inglese, per poi tornare all’italiano e, sul finale di scambio, utilizzare ancora l’inglese: Esempio (7): -D: e Londra? -InfMa2: →Londra si… qualche volta a londra -InfFe2: →da trent’anni ce ho ito tre volte…(ride) →una volta pe’… ogni dec’anne… -ING2: 256 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo really? You’ve only beeen threee times... -InfFe2: →threee times I’ve beeen to London… -D: oh! -InfFe2: →once it was… unwitting to me →because… it was big →and I couldn’t… →so… someone drugged me… →(a D) ...ca ce venne pure sua zia… →zia XXXXXX ‘stavota… up to london… →eramo anche cinque o sei… tutte fimmine →e ‘ndammo up to London… →and that was the first time I’ve beeen in London… DISTRIBUZIONE DEI FENOMENI DI INTERFERENZA Di seguito si tenterà di condurre un’analisi dei dati raccolti che riconduca alle premesse di questo lavoro.A tale scopo, si presenteranno, quindi, le differenze tra il numero dei casi riscontrati per parlanti di sesso femminile e quello dei casi riscontrati per soggetti di sesso maschile. Nella fase di trascrizione delle rilevazioni audio sono state individuate in totale 1848 interazioni (identificate qui e in precedenza come turni conversazionali); più precisamente 605 interazioni totali operate da parte delle donne, e 1243 da parte degli uomini, con una media di turni per parlante pari rispettivamente a 121 e 177,6. 257 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Utilizzando un grafico possiamo mettere in risalto, per il gruppo femminile (colonne rosse) e quello maschile (colonne blu), il numero totale di occorrenze di ciascun fenomeno preso in esame, in rapporto con il numero totale delle interazioni attribuite a ciascuna categoria; un secondo grafico, invece, riporterà i valori assoluti. Questo basta, qui, ad avere un quadro generale delle distribuzioni di interferenze lessicali, segnali discorsivi e code-switching all’interno del campione; più avanti si cercherà di rendere chiari tali fenomeni distributivi correlando i risultati dell’analisi quantitativa con alcuni parametri sociali relativi ai parlanti. Interferenze Per le interferenze lessicali, parrebbe, a prima vista, che non esistano differenziazioni altamente rilevanti nella distribuzione delle forme definite alle pagine 13-15, che sembrano ricorrere con frequenza pressoché costante nelle produzioni di uomini e donne, come riportato dai grafici 1 e 2. La situazione cambia leggermente quando si considerano le occorrenze delle interferenze di tipo B e C in rapporto al complesso delle interazioni. Le donne, che in generale si mostrano più aperte verso l’utilizzo di forme che si rifanno alla L2 sono anche più soggette ad incorrere in «errori» (e cioè in traduzioni inesatte, si ricordi il riferimento ai false friends) o in slittamenti di significato di termini della L1, lo si può supporre dal fato che le interferenze di tipo B ricorrano con frequenza maggiore. D’altra parte, il fatto che sia stato 258 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo rilevato un maggior uso termini rientranti nella categoria C da parte degli uomini, mostra come questi sembrino più restii all’utilizzo della lingua ospite e, di conseguenza, più inclini all’utilizzo di calchi semantici piuttosto che all’impiego di forme della L2. Grafici 1-2. Interferenze lessicali Per completare l’analisi del fenomeno in un quadro generale, è da notare che, tra tutti e tre i tipi di interferenza lessicale, quello che trova maggior impiego, sia tra gli uomini che tra le donne, è il tipo A (espressioni che presentano importazione di tutta o parte della sequenza fonemica della parola straniera, seppure in qualche modo adattate alla lingua madre): una spiegazione a ciò potrebbe essere data supponendo che questa categoria di espressioni abbia abbandonato lo status di interferenza vero e proprio, e sia ormai entrata a far parte, in modo naturale, del lessico di tutti e tre i codici a disposizione dei soggetti esaminati. 259 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Segnali discorsivi inglesi Anche questa tipologia di fenomeni di contatto linguistico non propone particolari problemi per l’interpretazione delle sue distribuzioni interne, che pure non sono del tutto lineari. Ad una sostanziale prevalenza da parte delle donne nell’uso di you kow e so, corrispondono differenze di un certo rilievo per le istanze di well, che ricorre per la maggior parte nelle produzioni di soggetti maschi. Questa differenza potrebbe esserespiegata con l’analisi delle funzioni svolte da ciascuno dei discourse marker. Grafici 3-4. Segnali discorsivi Well, infatti, quasi mai veicola informazioni direttamente rilevanti per la comunicazione (visto che è usato come segnale di apertura di turno o come segnale di riformulazione di espressioni); al contrario, you know e so possono assumere anche una funzione «grammaticale», possono, cioè, essere utilizzati al fine di legare significativamente unità informative del discorso. In base a questa analisi potremmo quindi supporre che il più largo uso di questi due DM da parte dei 260 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo soggetti femminili sia un segnale di una loro maggiore competenza linguistica in inglese. Naturalmente, tali supposizioni non possono qui essere dimostrate, data la netta differenza che si nota, osservando la somma delle rilevazioni, tra il largo uso di you know e well, (rispettivamente 15 e 21 occorrenze) e l’esiguo numero di istanze totali di so (appena 9). Code-Switching Per quest’ultimo fenomeno di interferenza linguistica è possibile individuare un comportamento diverso rispetto ai precedenti, poiché più netta è la differenza tra le diverse modalità in cui esso si è presentato. Nel computo totale, i casi riscontrati nelle produzioni delle donne sono più del doppio rispetto a quelli degli uomini (54 contro 22). Una differenza che si amplifica se considerata in rapporto al numero di interazioni, che evidenzia una netta prevalenza dei casi registrati nelle produzioni di donne, i quali sono circa cinque volte in più di quelli rilevati nel parlato di uomini. Grafici 5-6. Code-switching 261 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Se tale rapporto, poi, individua distinzioni significative per i dati riguardanti il Code-Switching linguistico (in un rapporto di quasi «tre a uno»), la dissomiglianza più marcata riguarda la commutazione con funzione interazionale (0,51 casi per interazione per le donne contro 0,003 casi per gli uomini). In questo caso possiamo dunque asserire con più chiarezza che la pratica della commutazione di codice, in tale contesto, è di per sè più congeniale alle donne piuttosto che agli uomini. Questo fatto, riconducibile alla sfera del comportamento linguistico, risalta più nettamente se si considera il fatto che il cluster costituito dai soggetti esaminati ha densità molto alta, (ogni intervistato era legato agli altri almeno da un tipo di legame, spesso di parentela), cosa che indurrebbe a ipotizzare le medesime scelte comunicative per ogni individuo, soprattutto per ciò che riguarda i comportamenti plurilingui. Di conseguenza, trovare una spiegazione plausibile a questa differenza potrebbe significare il raggiungimento di un’interessante prospettiva per l’analisi dei fenomeni di contatto linguistico in contesti migratori. INTERPRETAZIONE DELLE DISTRIBUZIONI 262 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Le distinzioni che sono state finora evidenziate, sono da mettersi in in relazione solo ai dati complessivi; per tentare di dare spiegazione ai fatti osservati, è necessario confrontare diversi parametri, primi fra tutti quelli anagrafici. La semplice età (la media delle donne al momento della rilevazione è di circa cinquantasette anni, mentre quella degli uomini è di sessantacinque) non costituisce però un dato in grado di fornire sufficienti chiarimenti, poichè innanzitutto, in un contesto migratorio, i dati temporali più rilevanti sono quelli riferiti agli anni trascorsi nel paese di destinazione e quelli indicanti l’età alla quale è avvenuta la migrazione, mostrati dalle tabelle di seguito. SOGG. ANNI IN ANNI IN ETA' ETA' G.B. EMIGR InfFe1 65 45 20 InfFe2 52 33 19 InfFe3 57 32 25 InfFe4 51 34 17 InfFe5 59 21 38 Media F 56,8 33 23,8 SOGG. ETA' InfMa1 73 InfMa2 65 InfMa3 59 InfMa4 64 InfMa5 57 InfMa6 70 InfMa7 66 Media M 64,9 Tabella 5. Età donne G.B. 46 46 40 43 21 43 38 39,6 ETA' EMIGR. 27 19 19 21 36 27 28 25,3 Tabella 6. Età uomini Tuttavia, è possibile notare come anche il numero di anni trascorso in Gran Bretagna e l’età nell’anno dell’espatrio non variano di molto tra i due gruppi al centro dell’analisi. Gli uomini, in media, hanno passato nel nuovo paese sei anni in più delle donne, le quali, al momento della 263 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo partenza, erano più giovani dei primi di poco meno di due anni. Una differenza troppo sottile, che, lo si sottolinei sin da subito, è possibile indicare come spiegazione per le difformità poste in evidenza nella distribuzione dei casi di commutazione di codice. Risalta molto, invece, il dato relativo all'occupazione dei soggetti al centro dell’indagine. Gli uomini interpellati, infatti, sono emigrati per svolgere mestieri individuabili, nella totalità dei casi, nei settori della manodopera industriale e agricola non specializzata. Le donne, invece, una volta raggiunti i familiari in Inghilterra, hanno trovato collocazione, in un breve arco di tempo, principalmente come impiegate di supermercato: prima in qualità di semplici addette agli scaffali, poi, quando la dimestichezza con la nuova lingua lo ha permesso, come cassiere e commesse12. LAVORO LAVORO ATTUALE PREC. InfMa1 Pensionato Operaio InfMa2 Pensionato Operaio InfMa3 InfMa4 Operaio Giardiniere LAVORO LAVORO ATTUALE PREC. InfFe1 Pensionata Parrucchiera InfFe2 Cassiera Cassiera InfFe3 Casalinga Commessa InfFe4 Negoziante Negoziante InfMa6 Operaio Operaio Giardi niere/Con Giardiniere tadino Pensionato Operaio InfFe5 Casalinga Casalinga InfMa7 Pensionato SOGG. SOGG. InfMa5 Tabella 7 Attività - donne Operaio Tabella 8. Attività - uomini 12Sembra poi un’esperienza trasversale, riscontrabile sia per gli uomini sia per le donne, quella di un impiego temporaneo nel settore dell’assistenza domestica. 264 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo È questo fattore a fare riflettere di più. Nelle ultime due tabelle è infatti riscontrabile una netta distinzione nella tipologia di attività lavorativa svolta dagli intervistati: quattro delle cinque donne hanno ricoperto, per almeno cinque anni, un ruolo che le metteva nella condizione di essere quotidianamente in contatto con parlanti inglesi: una situazione nella quale la comunicazione, e le conseguenti necessarie competenze linguistiche in quella che per loro era L2, rivestivano un ruolo fondamentale. Gli uomini, al contrario, erano impiegati in posti nei quali gli scambi comunicativi in L2 non erano frequenti, visto che non prevedevano contatto con il pubblico; infatti, il lavoro in fabbrica o nei campi era soprattutto svolto in coppie, squadre, gruppi formati per lo più da emigrati italiani. Grazie a una tale distinzione è possibile dunque assegnare a questi dati un valore quasi binario. Se si decide, infatti di definire l’attività lavorativa a partire dal contesto linguistico entro la quale essa è immersa, potremmo definire come «in contesto L2» quella svolta da quattro delle cinque donne e, conseguentemente, «in contesto L1» l’attività svolta da tutti e sette gli uomini. Una scelta di questo tipo ci permette, prima di tutto, di ottenere una variabile di una certa pregnanza, in grado di giustificare, entro un certo grado di approssimazione, le differenze messe in luce nella precedente sezione. In questo modo, inoltre, diviene possibile legare le riflessioni sugli usi linguistici alla questione delle reti sociali a disposizione dei soggetti al centro dell’indagine. 265 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Infatti, assumendo come ipotesi di base il fatto che al variare della tipologia lavorativa vari la composizione della rete entro la quali ogni categoria di informatori agisce, possiamo, grazie ai dati in nostro possesso, ricostruire almeno la struttura di massima del complesso di social networks. Come prima considerazione in merito, è logico supporre che, poichè nella comunità indagata non si è verificato nessun fenomeno di shift (il codice usato nella maggior parte degli scambi quotidiani, sia dalle donne che dagli uomini, è l’italiano, che ogni intervistato considera prima lingua), di conseguenza, il grado di forza dei legami instaurati tra parlanti italiani sarà più alto rispetto a quello dei legami intrattenuti con parlanti inglesi. Questa considerazione parrebbe ovvia se ci si limitasse ad esaminare la questione in superficie. Approfondendo l’analisi possiamo considerare, oltre alla forza dei legami, anche le dinamiche secondo le quali si formano reti sociali in una comunità. È appurato, infatti (Labrie, 1988) che chi vive in una situazione di contatto linguistico si avvale di networks che sono a loro volta formati da sub-networks; tra le varie sotto-reti è poi individuabile una sorta di gerarchia, per cui è possibile distinguere, secondo le definizioni fornite in apertura, tra exchange sub-networks e interactive subnetworks. Mentre le prime, costituite principalmente da legami di parentela, si caratterizzano linguisticamente, per uomini e donne, secondo i medesimi ambiti (cioè quasi esclusivo uso dell’italiano), le seconde presentano una notevole differenza in termini linguistici. Poichè, dunque la densità, e l’eventuale molteplicità dei domini ai 266 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo quali appartengono i componenti di ogni sub-networks (indicata col termine multiplexity) influenza il comportamento linguistico dei soggetti, nel nostro caso è naturale constatare che le donne si avvalgano (o si siano avvalse) di reti sociali più eterogenee dal punto di vista linguistico prorpio grazie all’attività lavorativa svolta13. Una situazione che può essere ben illustrata dalla tabella 9: DONNE UOMINI Alta densità Alta densità Exchange SubNetwork Italiano Italiano Interactive SubNetwork Inglese Italiano Densità della SN Tabella 9. Reti Sociali Secondo questa osservazione è possibile, dunque riconoscere alle donne, se non proprio il ruolo (implicito o esplicito) di mediatori linguistici, almeno una maggiore padronanza dei codici in gioco (soprattutto, nel nostro caso, della L2), e, conseguentemente, una maggiore possibilità di far uso delle strategie di code-switching. 13 È ragionevole supporre che il tipo di rete sociale entro la quale le donne della comunità sono inserite sia, sempre secondo Labrie (1988) caratterizzato da una dinamica etnocentrica, e cioè formato da differenti sotto-reti a matrice “etnica” (sotto-reti italofone e sotto-reti anglofone). 267 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo CONSIDERAZIONI A MARGINE La sociolinguistica moderna si occupa di esplorare le correlazioni sociali tra modelli di comportamento linguistico ad ogni livello di comunicazione, dalla morfologia alla sintassi fino alla semantica del discorso. L’esplorazione e l’interpretazione di dati derivanti dalle produzioni di parlanti in diverse situazioni sociali hanno richiesto, negli ultimi anni, modelli di analisi dotati di robustezza teorica e in grado di estrarre conclusioni riguardo la competenza dei parlanti. E’ forse opportuno, ricordare, infatti, come il paradigma sociolinguistico debba occuparsi non solo di schemi di cambiamento (linguistic change, shift), ma anche di variazione/variabilità tra parlanti di diverse comunità, tra parlanti appartenenti ad una sola comunità, e nel parlato di singoli individui. Ad oggi la sfida dell’analisi sociolinguistica consiste nel riuscire a determinare la pertinenza (o la non-pertinenza) di particolari fattori sociali in relazione a specifici fenomeni linguistici. E’ chiara, conseguentemente, la forte necessità di individuare un approccio statistico/probabilistico per l’analisi delle possibili istanze di variazione e del contesto in cui queste occorrono, per mettere a fuoco il modo in cui significati sociali e identità vengono costruiti tramite l’uso del linguaggio. E’ necessario allora considerare le possibilità di sviluppo di un’analisi che porta a respingere ogni descrizione “intuitiva” di dati linguistici, pure restando molto vicina a ciò che è una delle peculiarità della sociolinguistica, e cioè, la possibilità di rilevazione dei dati sul campo 268 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo e non solo in contesti controllati come quelli sperimentali. Poiché, infatti, la maggior parte delle indagini sociolinguistiche è di tipo esplorativo, l’acquisizione diretta di dati è, per necessità, non del tutto controllabile da parte del ricercatore. Se, dunque, il comportamento linguistico di un individuo (o di un gruppo di individui) può esser letto alla luce della sua struttura sociale dinamica entro la quale è inserito, e tale struttura può essere intesa in termini di reti di relazioni e di interdipendenze, le riflessioni fin qui presentate sono in grado di tracciare ipotesi che possano costituire, in tale ottica, precise opportunità di analisi dei fenomeni di contatto. L’analisi delle reti sociali, infatti, offre una possibilità concreta di ridurre il grado di indefinitezza dell’indagine sociolinguistica, poichè può avvalersi di livelli di misurazione binari e analogici: la densità di una rete, ad esempio, può essere semplicemente intesa come la presenza/assenza di date relazioni; d’altra parte, il grado di forza (o «strettezza») che caratterizza particolari legami all’interno di una rete può essere associato ad una misura numerica in una scala predefinita. Un approccio del genere, in definitiva, raffina la possibilità di individuare i fattori in grado di influenzare le decisioni di un parlante riguardo all’uso di una variante rispetto ad un’altra permettendo di sfruttare a pieno il carattere probabilistico dell’occorrenza di una variabile linguistica in contesti sociali. 269 Studi Linguistici e Filologici Online 6 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Ammon U., Dittmar N., Mattheier K.J., Sociolinguistics: An International Handbook of the Science of Language and Society, de Gruyter, 2004. Auer P., On the meaning of conversational Code-Switching, in Auer P, Di Luzio A,1984. Auer P. (a cura di), Code-Switching in bilingual conversation, London/New York, 1998. Auer P., Di Luzio A, Interpretative sociolinguistics. Migrants Children - Migrant Children, 1984. Berruto G., Fondamenti di sociolinguistica, Laterza, Roma-Bari, 1995. 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