La nascita delle lingue
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La nascita delle lingue
Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo L’ETNOLOGIA NEL DE RERUM NATURIS DI RABANO MAURO PAOLO ROSANO Secondo Friedrich Ohly “il significato della parola è stabilito dall’uomo per manifestare il suo volere. Il significato delle cose, invece, è fissato da Dio. Per mezzo della parola l’uomo comunica col suo simile, per mezzo della cosa Dio parla all’uomo” 1. Due sono quindi i linguaggi esistenti: uno verbale che è fondato dall’uomo e uno non verbale che è relativo al mondo della natura universalmente inteso. Non si tratta solo di cose percepibili attraverso i sensi, ma anche di realtà ultraterrene delle quali nessun linguaggio umano è in grado di esprimere il contenuto. Ci soccorre in questo caso il testo biblico il quale riporta il messaggio rivolto da Dio all’uomo. E’ tuttavia avvolto in un velo allegorico per scoprire il quale si sono affaticati i più dotti teologi ed esegeti. L’incapacità o la difficoltà da parte dell’uomo di intendere il messaggio divino è frutto della decadenza susseguita alla caduta di Babele, poiché l’uomo, nella sua innocenza adamitica aveva interpretato le cose nel giusto modo. Per questo “l’allegoria rende nuovamente accessibile, attraverso il senso rivelato, il senso originario della natura, il quale aveva lasciato soltanto tracce e segni indistinti”2. 1 F. Ohly, Vom geistigen Sinn des Wortes im Mittelalter, Darmstadt, 1966 IV-24 pp., trad.it. in Geometria e memoria, Il Mulino, Bologna, 1985, pp. 249-75 (p. 259). 2 H. Blumenberg, Die Lesbarkeit der Welt, Suhrkamp, Frankfurt, 1981, trad.it.in La leggibilità del mondo, Il Mulino, Bologna, 1984, p.50. Cfr. anche P. C. Bori, Studi Linguistici e Filologici Online ISSN 1724-5230 Volume 9 (2011) – pagg. 261-286 P. Rosano – “L’etnologia nel De rerum naturis di Rabano Mauro” Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Nell’Eden ad Adamo era stata concessa la facoltà di nominare le cose 3 che erano appena state create da Dio. Vi era stata allora perfetta coincidenza tra linguaggio divino e linguaggio umano. La stessa creazione era avvenuta per mezzo della parola e Dio stesso è il Verbo. Possiamo allora parlare di trasferimento di potere all’uomo il quale, creato dalla parola, crea attraverso la parola. L’equilibrio si spezza in seguito alla costruzione della torre di Babele come chiaro atto di superbia dell’uomo che aveva voluto farsi un “nome” artificiale in contrasto con la natura della creazione. Di qui deriva la nostra incapacità di comprendere il linguaggio dell’uomo e di raccogliere l’eredità adamitica. Dobbiamo intendere che la lingua originaria si fosse conservata intatta fino al momento di Babele? O che lo stesso episodio avesse segnato l’ultimo atto della decadenza susseguita al peccato originale? 4. Rabano, seguendo le orme di Isidoro, 5 individua nell’ebraico la lingua originaria e, credendo nella sua sopravvivenza al naufragio babelico, ne sottolinea la purezza e la conservazione in tale stato fino ai suoi tempi 6. Essendo l’episodio L’interpretazione infinita. L’ermeneutica cristiana antica e le sue trasformazioni, Il Mulino, Bologna, 1987, pp. 91-108. 3 “ omnibus animantibus Adam primo vocabula indidit appellans unicuique nomen ex praesenti institutione juxta conditionem naturae cui serviret ”, (VII, 8), PL 111 199 B. 4 P. Zumthor, Babele ou l’inachèvement, Paris, Editions du Seuil, 1997, trad.it.in Babele, Il Mulino, Bologna, 1998, pp. 79-93 (pp. 88-9). 5 Come si sa, Rabano deve a Isidoro quasi tutta la parte etimologica dell’enciclopedia, per cui rimando a E. Heyse, Hrabanus Maurus Enzyklopaedie ,De rerum naturis’. Untersuchungen zu der Quellen und Methode der Kompilation, Muenchen, 1969. 6 “illa lingua, quae ante diluvium omnibus una fuit, quae et Haebraea nuncupata est” (VII, 8), PL 111 199 B, 199 C e, ancora “Heber, in cujus domo propria loquela remansit” (II, 1), PL 111 35 B. Per tutti questi motivi cfr. anche il commentario alla 262 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo della nascita delle lingue riconducibile alla torre di Babele è da qui che occorre partire per seguire il percorso di analisi del nostro autore. 1. La torre di Babele “Turres vocatae, quod teretes sint et longae. Teres est enim aliquid rotundum cum proceritate, ut columna. Nam et quamvis quadratae aut latae construantur, procul tamen videntibus rotundae existimantur: ideo, quia omne cujusque anguli simulacrum per longum aeris spatium evanescit atque consumitur, et rotundum videtur ” 7. E’ questa la definizione che dà Rabano della torre, inserendola nel capitolo dedicato agli edifici. Il plurale esprime la volontà di mettere in luce un carattere comune a queste costruzioni: la forma tondeggiante e la linea slanciata a guisa di colonna. Subito dopo però aggiunge che si sorreggono su un’ampia base quadrata. L’incongruenza si spiega col punto di osservazione da cui le torri si guardano, che è lontano da loro e, di conseguenza, interviene a deformarne gli spigoli annullandoli. Genesi, (I, 14), PL 107 483 D-485 D. Non a caso nel De inventione linguarum, PL 112 1579-81-83 Rabano inizia con l’esposizione dell’alfabeto ebraico per poi passare a quello greco, latino, scitico e tedesco. M. Olender, nel suo libro Le langues du Paradis. Aryen et Sémite: un couple providentiel, Paris, Edition de Seuil, 1989, trad. it. in Le lingue del Paradiso. Ariani e Semiti: una coppia provvidenziale, Il Mulino, Bologna, 1991, sottolinea il conservatorismo linguistico e culturale dei Semiti di contro al progresso civile e scientifico degli Ariani. 7 XIV, 1, PL 111 384 D- 385 A. 263 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Dal punto dei materiali di costruzione, sono i mattoni (lateres) di argilla 8 che verranno poi cotti al forno a costituire l’ingrediente principale. Questo però non viene dichiarato subito dall’autore che lo rimanda invece al loro significato allegorico di elementi con cui si costruì la famosa torre di Babele. L’altro materiale che fu usato per la sua edificazione è il bitume (bitumen) di cui Rabano ci fornisce in altro luogo alcune informazioni 9. Esso emerge dal mar Morto, nella parte della Giudea, in placche pericolose per la navigazione. Questo materiale ha come caratteristica quella di essere della stessa natura del fuoco, ma anche di resistere all’acqua e al ferro. Il suo impiego è nella costruzione delle navi. E’ importante notare allora come nell’analisi allegorica Rabano faccia riferimento alla costruzione dell’arca da parte di Noè per comando di Dio 10. In questo caso il termine bitumen assume una connotazione positiva, contrariamente a quanto avverrà per la costruzione della torre in cui vengono impiegati, come già detto, i mattoni, mentre nell’arca, appunto, il legno. La torre costruita con mattoni al posto delle pietre e bitume come caementum che funge da fondamento è ovviamente quella di Babele per cui Rabano in due luoghi introduce le notizie bibliche 11. Da un lato 8 XXI, 3, PL 111 561 B. XVII, 2, PL 111 459 B- 459 C. 10 Gen. VI, 14. 11 XIV, 1, PL 111 380 B- 380 C che corrisponde a Gen. X, 10 e XXI, 3, PL 111 562 A che si riferisce a Gen. XI, 1. Le etimologie ex diversarum gentium sermone sono riconducibili a Gerolamo, per cui rimando a Paul De Lagarde, Onomastica sacra, Gottingen, 1887. Per un commento a Gen. XI, 1-9 cfr. il Commentarium. in Genesim, PL 107 528 A A-531 A. 9 264 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo l’attenzione si incentra sul territorio di Sennaar, dove essa fu edificata e su Nimrod 12 che fondò Babilonia, dall’altro sulla torre vera e propria costruita dagli uomini venuti dall’oriente e stabilitisi sempre a Sennaar. Solo in quest’ultimo caso l’etimologia è accompagnata dall’allegoria che collega la torre alla superbia di questo mondo 13 e alle dottrine empie degli eretici che, spinti dalla superbia stessa, vollero penetrare illecitamente i segreti divini. Come i primi furono puniti con la confusione delle lingue 14, così questi sono esclusi dall'unità della fede e a loro volta divisi nelle loro dottrine erronee. Se ritorniamo alla narrazione biblica, ci accorgiamo che accanto alla torre si parla anche di una città che dovrebbe portare lo stesso nome. Si tratta di Babilonia, fondata anch’essa da Nimrod, ampliata dalla regina Semiramide che ne fece costruire le mura con mattoni e bitume, governata da Nabuccodonosor. In questo caso l’allegoria prevede per Nabuccodonosor il significato di diavolo poiché, come egli distrusse Gerusalemme incendiandone il tempio, così questo istilla odio in seno alla santa Chiesa e mira a traviare gli uomini, identificati nel tempio di Dio, con l’ardore dei desideri mondani. Come si può notare, appare qui definita una prospettiva storica che, ricollegandosi agli eventi originari, ne propone una successione che 12 PL 111 337 A. Nimrod ha come attributo venator, VIII, 1, PL 111 226 A , con riferimento a Gen. X, 9, come etimologia ex diversarum gentium sermone di matrice geronimiana tyrannus che edificò la torre dell’empietà, come significato mistico diabolus, II, 1, PL 111 35 A- 35 B. 13 In XIV, 1, PL 111 385 A- 385 B Rabano introduce il significato negativo attribuito alla torre di altezza della superbia. 14 XVI, 1, PL 111 435 C- 437 B. 265 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo vede l’introduzione, tra l’altro, di personaggi collocabili anche al di fuori del quadro biblico. Si noti inoltre, a testimonianza della relazione con la narrazione della torre, la presenza di materiali analoghi usati per l'edificazione delle mura. 2. La nascita delle lingue. La nascita delle lingue dei popoli viene fatta risalire da Rabano proprio alla costruzione e alla successiva caduta della torre di Babele. Prima di questo infatti sulla terra non esisteva che un’unica lingua che era l’ebraico ed era usata dai patriarchi e dai profeti sia come mezzo di comunicazione quotidiano che come espressione delle lettere sacre. In questo modo non esisteva che un unico popolo che parlava una sola lingua. La susseguente diversificazione delle lingue portò con sé una necessaria differenziazione dei popoli. Ma Rabano tiene a precisare l’asse temporale dei due eventi. Mentre all’inizio vi erano allo stesso tempo quot gentes, tot linguae, successivamente fu dalle lingue che nacquero i diversi popoli: “Ideo autem prius de linguis, ac deinde de gentibus posuimus, quia ex linguis gentes, non ex gentibus linguae exortae sunt” (XVI, 1) 15. 15 Ibid. 437 B 266 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Questo si può spiegare col riferimento alla storia della torre mediante la cui costruzione gli uomini si proposero di darsi un nome 16. La lingua adamitica era insufficiente a tal fine, avendo essa imposto un nome soltanto alle cose. L’uomo sentì di non appartenere a questa categoria e, di conseguenza, avvertì la necessità di distinguersi. La molteplicità degli uomini che confluirono a Sennaar era consapevole di non possedere una propria identità, ma di poterla raggiungere attraverso la costruzione di una torre che fosse anche un simbolo materiale della propria tensione verso il divino. Questo tuttavia generò in loro la superbia, volendo essi raggiungere il cielo e celebrare il proprio nome. Il tentativo di emulare Dio fu per loro causa di perdizione ed essi, alla ricerca di un’identità culturale, si trovarono dispersi su tutta la terra e in una condizione di completa incomunicabilità. Secondo Rabano è ravvisabile una contrapposizione uomo-Dio laddove quest’ultimo, quando interviene a distruggere l’opera dell’uomo, parla alla prima persona plurale. Questo sta ad indicare l’unità delle tre persone divine di contro all’avvenuta dispersione dei popoli. Al momento della creazione anche l’uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, possedeva questa unità che si realizzava nell’uso di un’unica lingua la quale, anche dopo la caduta di Babele, si sarebbe conservata nella stirpe di Heber da cui poi nascerà Gesù. Di qui deriva anche il problema di quale fosse la lingua parlata da Dio al momento della creazione. Pur essendo difficile dare una risposta, Rabano la individua in quella pre-babelica. Ma per 16 Gen. XI, 1-9. Per un commento a questo capitolo cfr. il già citato Commentario di Rabano al Genesi. 267 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo quanto riguarda quest’ultima, alcuni sostengono che Dio parli agli uomini nelle loro diverse lingue sin da quando apparve loro nelle vesti di uomo 17. Ammettendo allora che quello di Babele sia stato un problema di identità culturale che, come conseguenza negativa, ha portato l’uomo a dividersi dalla sua inconsapevole unità originaria e a disperdersi sia linguisticamente che geograficamente, occorre in qualche modo ricostruire, anche se artificialmente, un’unità originaria. Una spinta in tal senso ci viene offerta dalla croce su cui troviamo le iscrizioni in ebraico, greco e latino. La via per la restaurazione ci è indicata da Cristo che ci fornisce in tal modo la chiave per la comprensione e la decifrazione della sacra Scrittura. La conoscenza di tutte e tre le lingue è ritenuta indispensabile, poiché, qualora ci si imbatta in un passo poco comprensibile col metro di una sola, è sempre possibile in questo modo rifarsi all’altra. Ma Rabano si mostra attento anche al corpo della lingua, da lui concepita non come codice predefinito e fisso che neghi ogni variante locale, bensì come materia fluida che si differenzia non solo per registro, ma per identità culturale dei parlanti. Il greco infatti, lingua che, rispetto alle altre, gode di maggior prestigio presso gli uomini, poiché più armoniosa, si suddivide in cinque varietà: la coine, che è un po’ il fondo comune alle altre e per questo è parlata da tutti; l’Attica, parlata dagli Ateniesi e dagli autori greci; la Dorica, parlata da Egizi e Siculi; la Ionica; la Aeolica, usata dagli Eoli. Il latino invece secondo 17 Nel commento a I Cor. XIII, 1 Rabano accenna anche al problema di quale sia la lingua degli angeli, senza però addentrarsi nella questione. 268 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo alcuni si compone di quattro varietà: la prisca, usata dalle più antiche popolazioni italiche sotto i regni di Giano e Saturno, lingua rozza in cui furono scritti i carmi Salii; la Latina, usata nel Lazio sotto Giano e i re Etruschi e in cui furono scritte le dodici Tavole; la Romana, parlata dal popolo romano dopo la cacciata dei re, diffusa da poeti quali Nevio, Plauto, Virgilio e oratori come Caio Gracco, Catone, Cicerone e altri; la mista, che, dopo la massima estensione dell’Impero, penetrò a Roma insieme ai costumi del barbari e corruppe con solecismi e barbarismi la Romana. In ultimo l’ebraico sembra essere vicino al siro e al caldeo per i moltissimi suoni in comuni e la pronuncia delle lettere, tanto che alcuni lo identificano con lo stesso caldeo alla cui stirpe Abramo apparteneva. Rabano inoltre si sofferma anche sulla fonologia e, in base a questa, distingue tre aree linguistiche: l’orientale, la mediterranea e l’occidentale. Gli orientali, come nel caso di Ebrei e Siri, pronunciano parole dal suono gutturale, a differenza dei popoli mediterranei, come Greci e Asiatici, che prediligono i suoni palatali e degli occidentali, come Itali e Ispani, che emettono suoni dentali. Ogni lingua poi, sia essa la greca, la latina o le altre, si può apprendere mediante il parlato, attraverso l’ascolto dei suoni della voce o la lettura, sotto la guida del precettore. Benché l’apprendimento di una lingua sia difficile per chiunque, tuttavia nessuno può essere tanto pigro da rifiutarsi di imparare la lingua della comunità di cui fa parte. In caso contrario sarebbe considerato peggiore degli animali bruti. 269 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Questi ultimi almeno emettono i versi propri della loro specie, mentre gli altri ignorerebbero la loro lingua. 3. Ex linguis gentes 18. Se nel capitolo precedente l’esposizione prendeva inizio dalla vicenda di Babele, qui si fa un passo indietro a quando la lingua era ancora unica e le genti molteplici 19. Occorre allora definire il concetto di gens che, secondo Rabano, è un gruppo di persone con una sola origine o distinto da un altro, secondo l’appartenenza ad una determinata stirpe come, ad esempio, la greca o l’asiatica, donde deriva il nome di gentilitas. Dal punto di vista etimologico gens deriva dalla generazione (a gignendo) poiché da essa nascono nuove famiglie, come la nazione dal nascere (a nascendo). Le gentes che si diffusero sulla terra sono in numero di 73, di cui 15 appartengono alla discendenza di Iafet, 31 a quella di Cam e 26 a quella di Sem. Il totale è in realtà 72 che corrisponde al numero delle lingue che sparsero per continenti e isole 20. A questo punto sembrerebbe quasi naturale, in contrasto con quanto detto prima, far risalire la varietà delle lingue alla molteplicità dei popoli. Non dobbiamo però dimenticare l’ordine narrativo del 18 XVI, 2, PL 111 437 C-445 B Gen. X, 1-32 20 Per il numero 72 delle lingue cfr. l’In honorem s.crucis.nell’edizione critica a cura di M.Perrin in CCCM, Brepols, Turnhout, 1997, pp. 165 e segg. Vedi anche A.Borst, Der Turmbau von Babel, Hiersermann, Stuttgart, 1958, vol. II, parte III, cap, 4, pp. 514-18. Riesce difficile comprendere il numero 73, poi corretto in 72, introdotto anche da Isidoro. 19 270 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo testo Sacro e sottovalutare, di conseguenza, l’episodio di Babele che costituisce l’atto di nascita delle lingue, E’ lì infatti che i popoli acquistano una precisa identità linguistica e culturale, diventando così consapevoli di se stessi. Prima erano dei semplici discendenti dai capostipiti e il loro numero era del tutto privo di significato. Quando però si accorsero del pericolo di una generazione anonima, vollero fissare dei principi comuni da realizzare con la costruzione di mattone e cemento. L’altezza di questa tuttavia li sopraffece, impedendo loro di finire l’opera che invece crollò e ponendoli di fronte all’impossibilità di costituire un’unica nazione. Ciascuno di loro assunse una propria lingua come carta d’identità culturale che lo contraddistingueva. Mattone e cemento non erano più la stessa cosa per tutti. Vediamo ora l’effetto di questa dispersione espresso con particolare chiarezza nell’esposizione dei popoli dell’Asia per un buon numero dei numero dei quali, come avviene anche per i toponimi asiatici, è prevista anche un’etimologia ex diversarum gentium sermone accompagnata però sempre da uno o più significati allegorici 21. 21 Occorre osservare che qui, a differenza di quanto avviene per il capitolo precedente, non tutte le etimologie sono riconducibili al Liber de interpr. nom. hebr. di Gerolamo. In particolare non trovano corrispondenza quelle di Ismael e Agar, non coincidono perfettamente Edom, Chanaan e Aegyptii, rilevabile anche in Isidoro, PL 82 333 C. Per i nomi geronimiani cfr. Paul De Lagarde, op.cit., pp.27 e segg. Più avanti Aethiopes, unico caso extra-asiatico con etimologia ex diversarum gentium sermone, trova corrispondenza in Gerolamo. 271 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo 4. L’Asia 22 Innanzi tutto occorre precisare che Rabano si occupa soltanto della discendenza di Sem, a differenza di quanto fa Isidoro che, coerentemente, descrive anche quelle di Cam e Iafet 23. Questo non significa che le ignori, in quanto nell’etimologia dei popoli extraasiatici ne riferisce i nomi. Per quanto riguarda l’Asia, occorre osservare come Rabano si limiti ad analizzare i popoli coinvolti nella storia biblica, mentre per i restanti non riservi che un accenno 24. Di questi ultimi si ricava il nome dai rispettivi patriarchi, a loro volta discendenti da Sem, figlio di Noè. Così dal nome dei suoi figli diretti Elam, Assur, Arpacsad, Lud e Aram discendono nell’ordine gli Elamitae, principi di Persia, gli Assiri 25, fondatori dell’omonimo impero, la gens Caldeorum, i Lydii e i Syri la cui capitale fu Damasco. Dal nome dei quattro figli di Aram e nipoti di Sem, Uz, Cul, Gheter e Mas derivano il nome gli abitanti della Traconitide, fondata da Uz tra Palestina e Celesiria e patria di Giobbe, gli Armenii, gli Acarnanii, i Meones. Dai discendenti di Arpacsad, Eber, suo nipote, Joktan figlio di Heber e Selef, figlio di Joktan, derivano nell’ordine gli Haebrei, la Indorum gens e i 22 PL 111 437 C-439 A. Si veda la corrispondenza col capitolo delle regioni, XII, 4, PL 111 335 A-347 D. 23 Per la corrispondenza esatta tra Rabano e Isidoro cfr. Elisabeth Heyse, Hrabanus Maurus Enzyklopaedie, De rerum naturis’. Untersuchungen zu der Quellen und Methode der Kompilation, München, 1969, p. 128. 24 Il che si spiega con la mancata trattazione delle stirpi di Cam e Iafet che, oltre ad Africa ed Europa, occuparono anche parte dell’Asia. In Isidoro invece abbiamo il quadro completo. 25 Assyriorum imperium in Rabano. 272 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Bactriani, sebbene alcuni ritengano che questi ultimi siano degli Sciti esiliati. Di Abramo non viene l’ascendenza, ma solo la posteriorità. Ed è da questo punto che si può trovare l’analisi sopraddetta. Da Abramo discende infatti il figlio di Ismaele 26 a cui devono il nome gli Ismaelitae, detti impropriamente Saraceni dal nome di Sara, dal figlio di Ismaele Nebaiot discendono i Nabatei 27, dai figli di Lot Moab e Ammon i Moabiti e gli Ammoniti 28, dalla moglie di Abramo Agar gli Amareni, chiamati anche qui impropriamente Saraceni poiché si gloriano di essere stati generati da Sara, da Edom 29, figlio di Esaù, gli Idumaei e da Amalek 30 gli Amalecitae; i Philistaei, 31 che devono il nome alla regione in cui si erano stabiliti e vengono chiamati anche Allophyli o stranieri, in quanto eterni nemici di Israele e a lungo separati dalla loro comunità; i Chananaei 32, così detti da Canaan figlio di Cam, dalla cui stirpe derivò Camor 33 padre di Sichem, da cui trassero il nome gli Amorrei; gli Aegyptii, così chiamati solo dal nome del re Egitto. 26 Gen. XVI, 16 Gen. XXV, 13 28 Gen. XIX, 36-38. In questi ultimi due casi manca sia l’interpretazione ex diversarum gentium sermone che il significato allegorico. 29 In realtà Edom e Esaù sono la stessa persona, come si conferma in Gen. XXXVI, 1, 9, 19, 43. Seir invece è il luogo montuoso in cui egli si stabilì e dove ebbe la sua discendenza. Ma cfr. II, 2, PL 111 38 A, dove Rabano sostiene, analogamente a Isidoro, PL 82 329 B, che Esaù trinomius est. 30 Gen. XXXV, 12. Cfr. anche PL 111 380 D. Non c’è traccia di questo nome e del popolo derivato in Isidoro. 31 Gen. X, 14. 32 Gen. IX, 18 e 22; X, 6. 33 Gen. XXX, 19; XXXIV, 6, 20 e 26. Deut. XXXIV, 32. Nel De rerum naturis troviamo scritto erroneamente frater. 27 273 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo 5. L’Europa 34. Da qui in avanti non vi è quasi più dissonanza tra De rerum naturis e le Etymologiae isidoriane, parallelamente a quanto avviene per i nomi geografici 35. Anche qui possiamo notare come l’esposizione cominci dai popoli che risiedono ad oriente, nei territori non ben definiti ai confini tra Asia ed Europa. Non deve inoltre sfuggire che molte delle etimologie ex nominum derivatione sono analoghe a quelle esposte per i nomi geografici. In oriente troviamo: gli Armeni, che prendono nome da Armeno, capitano di Giasone; i Massagetae dalla massa o forza dei Geti che derivano il nome dall’argento; le Amazones che vivono senza uomini o amazosai e hanno una sola mammella aneu mazou; gli Albani che nascono dalle nevi perenni coi capelli bianchi (albo crine); gli Hunni detti poi Avari dal nome del loro re; la Trojanorum gens, detta prima Dardana dal nome del re Dardano, mentre l’altro nome è dovuto al suo nipote Tros; i Galati o Galli detti poi Gallograeci in quanto si mescolarono alle popolazione greche della Bitinia. Il secondo gruppo comprende le popolazioni della penisola greca: i Graeci, così detti dal re Greco, mentre prima Thessali da Tessalo e originari della Tessaglia; i Lapithae da Lapita figlia di Apollo; i Sicyonii dal re Siconio, detti prima Aegialei dal nome del loro primo re Agialeo da cui anche Agialea, antico nome del Peloponneso da 34 PL 111 439 B-443 C. Per il riferimento esatto ai luoghi geografici cfr. XII, 4, PL 111 347 D-351 B. 35 Cfr. PL 111 439 B- 445 B con PL 82 333 C-341 C. 274 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Pelope, o Arcades da Arcade, figlio di Giove e Callisto; i Danai da Danao o Argivi dal capostipite Argo; gli Achaei da Acheo figlio di Giove detti anche Pelasgi da Pelasgo figlio di Giove e Larissa; i Myrmidones dai compagni di Achille astuti come formiche (myrmeces) 36 oppure dal re Mirmidone figlio di Giove ed Eurimedusa; gli Attici da Attis figlia di Cranao che diede nome sia al popolo che alla regione degli Athenienses, detti anche Ioni da Ione; i Macedones detti prima Emathii dal re Emazio; gli Epirothae detti prima Pyrrhidae da Pirro figlio di Apollo; i Dori da Doro figlio di Nettuno e Elope; i Lacedaemones da Lacedemone figlio di Semele; gli Spartani detti anche Parthenii perché figli di donne non sposate; i Thraces da Tiras figlio di Iafet 37, detti anche truces dai pagani in seguito ai loro costumi; la Istrorum gens dal fiume Istro o Danubio. Per quanto riguarda i popoli della penisola italica troviamo: i Romani così detti da Romolo che diede nome anche alla città di Roma, chiamati prima Saturnii da Saturno e Latini da Latino re d’Italia e Quirites dal nome di Quirino attribuito a Romolo che usava la lancia, detta in sabino quiris; Itali, Sabini, Sicani o Sicilienses dai tre fratelli Italo, Sabino e Sicano che diedero il nome anche alle regioni Italia, Sabina e Sicania; i Tusci dalle cerimonie sacre coll’incenso (apo tou thuein); gli Umbri, popolazione dell’Italia centrale che si dice essere sopravvissuta al diluvio o ombrious; i Marsi 36 Occorre qui tenere presente che Giove, per ingannare Eurimedusa di cui si era innamorato, si trasformò in formica. 37 Gen. X, 2 275 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo da Marsia compagno di Bacco, detti dai Greci Usci in quanto possessori di serpenti (ophiuchos). Giungiamo così alle genti che popolano i territori pressappoco dell’Europa centro-orientale, a partire da quelle più ad est; i Gothi, così chiamati da Magog figlio di Iafet 38 in base alla somiglianza dell’ultima sillaba del nome, detti dagli antichi anche Geti, uomini robustissimi e dalla grande mole corporea; i Daci o Dagi perché discendono dai Geti; i Bessi dalla moltitudine dei buoi; i Gipedes dal loro combattimento a piedi (pedestri proelio); i Sarmatae dall’esercizio delle armi (studium armorum); gli Alani dal fiume Lano che si trova oltre il Danubio; gli Alemani dal lago Lemano; i Longobardi dalla barba intonsa; i Vandali dal fiume Vindalico che nasce nella parte estrema della Gallia; le Germaniae gentes che hanno corpi immani (immania), sono in numero grandissimo (immanes nationes), dall’animo feroce, lo spirito indomito, la vita di rapina e caccia e nelle quali sono comprese tribù diverse per costumi, lingue e nomi come i Tolleraces, Amsivari, Quadi, Tungri, Marcomanni, Bruteri, Camasi, Blangioni e Ubantes dalle etimologie incerte, ma da cui si evince la loro barbarie; i Suevi dal monte Suevo ai confini orientali della Germania; i Burgundiores dal nome dei villaggi (burgos) che costruirono; la Saxonum gens che deve il suo nome all’essere di tempra dura e robustissima (durum et validissimum genus) 39. 38 Cfr. nota precedente. Per tutti questi nomi cfr. Isidoro PL 82 337 D-338 A dove si trovano significative varianti. 39 276 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Per quanto riguarda l’Europa centro-occidentale, comprendendo anche le isole britanniche, abbiamo: i Franci, così detti dal nome del proprio condottiero 40 o, secondo altri, dalla barbarie (a feritate) dei loro costumi; i Britones 41 dal loro essere incivili (bruti); gli Scoti dal nome che assume nella lingua il corpo che viene da loro tatuato di immagini e figure varie con punte di ferro e inchiostro; i Galli dal candore latteo del corpo in quanto gala, tradotto dal greco, significa “latte” 42; i Galli Senones, detti anticamente Xenones poiché ospitarono Bacco 43. Concludendo Rabano elenca i popoli dell’Europa più occidentale, ovvero della penisola iberica, partendo da oriente: i Vaccaei dalla città fortificata di Vacca presso i Pirenei, detti anche Vaccones o, mutata la c in s, Vascones che prima della città popolavano le montagne, gli Hispani detti prima Iberi dal fiume Ibero (Ebro) poi Hispani da Ispalo; i Galleci che hanno la stessa etimologia ex causa dei Galli e sono i più bianchi di pelle tra le popolazioni ispaniche; gli Astures dal fiume Astura; i Cantabri dal nome della città 44 e del fiume Ebro presso il quale abitano; i Celtiberi dai Galli detti Celtici, da cui discendono e dal e dal fiume Ebro. 40 Non è specificato il suo nome. XII, 5, PL 111 354 A-354 B. 42 Rabano, seguendo il modello isidoriano, inserisce a questo punto un inciso dove spiega che a seconda della diversità del carattere del clima variano l’aspetto dell’uomo, il colore della pelle, le dimensioni del corpo e i costumi del popolo, per cui troviamo nei Romani la gravità, nei Greci la dolcezza, negli Africani la pelle scura, nei Galli la natura feroce e l’ingegno più acuto. 43 Hospitium corrisponde al greco xenon. 44 Dovrebbe trattarsi della regione della regione della Cantabria. 41 277 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo 6. L’Africa 45. Anche per questo continente il procedimento di analisi non cambia, in quanto Rabano inizia l’esposizione partendo dai popoli più orientali, con l’ovvia esclusione degli abitanti dell’Egitto che viene collocato in Asia. Tuttavia la scarsa conoscenza dell’Africa, caratteristica comune alla geografia antica e a quella medioevale, fa sì che non si possa seguire una traccia precisa in questa direzione. Per quanto riguarda l’Africa settentrionale lo schema è facilmente costruibile, a differenza delle regioni, mentre per i popoli meridionali che si collocano variamente nell’Aethiopia non vi è più una chiara collocazione geografica, come accade invece nell’esposizione delle regioni africane. In base a questa premessa mi sembra quindi utile dividere in due parti l’enumerazione, pur continuando a seguire l’ordine espositivo di Rabano. Nell’Africa settentrionale troviamo: gli Afri, così detti da Afer 46 discendente di Abramo da cui anche il nome Africa; i Poeni o Carthaginienses dai Fenici (a Phoenicibus) detti anche Tyrii dalla città di Tiro da dove partirono per giungere sulla costa africana; i Getuli dal nome dei Geti da cui discendevano; i Numidi discendenti dai Persiani che devono il nome nella loro lingua al fatto di essere senza fissa dimora ed erranti (sine oppido vagi et et errantes); i Mauri nati dalla fusione di Medi e Libi, così chiamati dai Greci in seguito al 45 Per la corrispondenza con i luoghi geografici, cfr. XII, 4, PL 111 351 B-353 B. L’Africa fu posseduta prima dai Libyes, poi dagli Afri (che le diedero il nome), dai Getuli dai Mauri e dai Numidi. 46 Gen. XXV, 4. 278 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo colore scuro (mauron) della loro pelle; i Massylii dalla città di Massilia, non lontano dal monte Atlante e dal giardino delle Esperidi. A questo punto ci spostiamo in un territorio vagamente definibile come Africa interiore o Africa meridionale, dove troviamo un’Etiopia che si estende dal Nilo all’Oceano meridionale e popoli che vagano in questi territori: i Gaulalii dall’isola di Gauloe presso l’Etiopia; i Garamantes dal nome del re Garamante figlio di Apollo che fondò la città di Garama (Gherma); gli Hesperii che abitano la Hesperia o Hispania; gli Aethiopes che discendono dal figlio di Cam Cus detto in ebraico Aethiops 47. Di questi ultimi Rabano spiega che, provenendo dal Nilo, si insediarono nel territorio confinante con l’Egitto e compreso tra il Nilo e l’Oceano meridionale oltre l’equatore. Sono inoltre composti dagli Hesperii che vivono in occidente, i Garamantes in Tripolitania e gli Indi ad oriente. Quella di Aethiops diventa allora una denominazione che indica il ceppo comune a più popoli la cui terra originaria, l’India, si trova in Asia. Subito dopo troviamo altre genti d’Etiopia di cui però non è specificata né la collocazione geografica né la parentela con le sopracitate: i Troglodytae 48, chiamati così per la loro grande velocità che consente loro di raggiungere a piedi gli animali selvatici; i Panfagii il cui cibo è tutto ciò che è commestibile e tutto ciò che nasce spontaneamente. 47 Gen. X, 6. L’etimologia non corrisponde a quella consueta di “abitatori di caverne”, ma cfr. Isidoro, PL 82 341 A. Le seguenti etimologie di matrice greca non lasciano dubbi: “mangiatori di ogni cosa”, mangiatori di pesci” e “mangiatori di uomini”. 48 279 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo I rimanenti popoli sembrano avvolti da un’aura ancor più favolosa, per cui non si specifica l’appartenenza ad alcun gruppo, ma vengono collocati in remote regioni della terra: gli Ichthyophagi che si cibano solo di pesci e abitano le regioni montane oltre l’India; gli Antropophagi che si cibano di carne umana e abitano a sud del territorio del Seri; gli Antipodes la cui etimologia originaria è andata perduta col passare del tempo, che si ritiene camminino all’opposto dei nostri piedi, come se fossero sotto terra e da lì calcassero le nostre orme; i Titanes, robusti e di eccezionale forza, cosi detti apo tes tiseos, cioè dalla vendetta (ab ultione) che fecero verso gli dei per conto della madre terra irata verso di loro. 7. Alcune conclusioni Come abbiamo visto è netta la separazione tra le genti dell’Asia e quelle dei restanti continenti. Parallelamente a quanto avviene per le regioni, solo le genti di questo continente possiedono sia un’etimologia ex diversarum gentium sermone che un significato allegorico. Tuttavia è interessante notare come Rabano non completi l’analisi, ma si limiti ad elencare quelle che più da vicino sono coinvolte nella storia Sacra. A differenza della geografia, è tralasciata l’analisi di interi popoli. Di molti nomi è individuata l’origine a partire dai patriarchi o dai loro discendenti, anche se, a differenza di Isidoro, il prospetto non è completo. In questo modo alcune etimologie ex 280 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo nominum derivatione vengono a coincidere con quelle delle regioni, come nel caso di Assur che dà il nome sia all’Assiria che agli Assyrii. Per quanto riguarda la collocazione dei popoli non vi è assoluta coerenza. Se nella geografia l’Armenia, il territorio delle Amazones e la Scizia sono collocati decisamente in Asia e precedono l’esposizione delle regioni bibliche, le corrispondenti popolazioni sembrano trovarsi in una non meglio specificata zona ai confini tra Asia ed Europa. Non si trova inoltre in geografia una terra per gli Albani, di cui si dice che abitino vicino alle Amazones e per gli Hunni, detti poi Avares, collocati nelle estreme regioni della Meotide. Il dato più interessante è comunque la separazione tra le popolazioni di origine scitica e quelle di origine germanica. In geografia i loro territori sono accostati l’uno all’altro, prima dell’esposizione delle regioni greche, mentre qui le genti sopraddette sono analizzate separatamente e intervallate dai popoli greci e italici, anche se non in modo sistematico. Alcune delle popolazioni scitiche menzionate seguono infatti questi ultimi per essere poi accostate alle germaniche. Nulla da segnalare invece per Greci e Italici che trovano corrispondenza pressoché perfetta in geografia. Dove invece troviamo difformità è in Francia (o Gallia) le cui popolazioni vanno sotto il nome di Franci, con un’etimologia ex nominum derivatione non specificata e di Galli 49, con la più volte vista etimologia ex causa, mentre in geografia sono esposti i nomi delle sue regioni. Ovviamente 49 La menzione dei Galli Senoni dopo le popolazioni britanniche non mi sembra aggiunga molto a questo quadro. 281 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo in tale circostanza l’esposizione segue quella delle regioni italiche, mentre qui quella delle popolazioni germaniche. Le province della Spagna trovano solo in due occasioni trovano corrispondenza con i popoli che le abitano: la Gallecia abitata dai Galleci e la Celtiberia, abitata dai Celtiberi. Non figurano popolazioni che abitino nell’Africa Tingitana, anche se fra le genti d’Africa vengono citati gli Hesperii. Per trovare i territori dei britannici occorre risalire al capitolo dedicato alle isole, tenendo presente che di tutte le rimanenti, eccezion fatta per la Scozia, non viene qui indicata nessuna popolazione 50. Dell’Africa occorre precisare che l’Etiopia è geograficamente ben definita, mentre la moltitudine di popoli che essa ospiterebbe è più al di là dei suoi confini che al loro interno. Gli ultimi popoli descritti poi si potrebbero collocare in una sorta di quarto continente, come Rabano ipotizza per gli Antipodes 51. Dal punto di vista dell’etimologia possiamo osservare come sia prevalente quella ex nominum derivatione rispetto a quella ex causa. Nel primo caso si può notare come i popoli asiatici derivino il nome quasi tutti (fuorché gli Aegyptii) dai patriarchi biblici, mentre per gli altri continenti si fa ampio ricorso alla mitologia classica, non senza l’impiego di qualche etimologia biblica, come nel caso dei Thraces che discendono da Tiras figlio di Iafet, i Gothi da Magog figlio di Iafet, gli Afri da Afer discendente di Abramo e gli Aethiopes da da Cus figlio di Cam. Le etimologie ex causa invece riguarda più 50 51 XII, 5, PL 111 353 C-358 C. Cfr. PL 111 445 A con PL 82 341 A. 282 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo strettamente le popolazioni cosiddette “barbare” di cui nell’Antichità come nel Medioevo non si aveva una conoscenza precisa, come nel caso delle popolazione scitiche, germaniche e anche africane. Per quanto riguarda le corrispondenze tra geografia e popolazione il numero più alto è raggiunto dai popoli greci e italici con le regioni dove abitano. Naturalmente ritroviamo questo schema anche in altri casi, come quello degli Aegyptii in Egitto, gli Armeni in Armenia, i Thraces in Tracia, i Galli in Gallia, gli Hispani in Spagna, gli Afri in Africa, i Mauri in Mauritania, i Numidae in Numidia. In geografia solo una citazione veloce meritano le parti della Germania dette Alania, Dacia e Gotha, mentre dei popoli rispettivi si parla più diffusamente. Nessuna menzione si fa dei territori di Avares, Longobardi, Alemanni, Burgundiones, Vaccaei, Astures, Marsi, Cantabri e, ovviamente Panfagii, Ichthyophagi, Anthropophagi e Titanes. Infine possiamo trovare terre senza popoli come Tuscia, Aquitania, Belgica, Cisalpina (comprese però nella Gallia), Rezia, Lusitania, Baltica, Tingitana, Bizacena e, come già visto, tutte le isole, tranne Britannia e Scozia. Come appare da questo schema parecchie sono le incongruenze tra geografia e popolazioni, come molte le omissioni reciproche. D’altro canto non possiamo dimenticare che lo stesso discorso può essere fatto per Isidoro, ma in questo caso lo schema denota maggiore completezza. Inoltre non possiamo pretendere dal De rerum naturis una coerenza che non solo non mostra nelle altre parti, ma nel suo stesso impianto. A chi voglia approfondire gli argomenti non resta che 283 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo rivolgersi altrove, come lo stesso Rabano consiglia, poiché qui la brevità dell’opusculum e il principale se non esclusivo fine edificatorio non consentono di dilungarsi su tali argomenti. In alcuni casi il nome dei popoli è mutato a locis, a moribus, ex quibuslibet aliis causis per cui è preclusa la possibilità di scoprire la loro prima origo, come avviene per gli Antipodes. Certo questo sembra in contraddizione con quanto detto dell’origine delle genti dai patriarchi. Tuttavia, a ben guardare, se per i popoli asiatici questi ultimi sono chiamati in causa, per quelli degli altri continenti non se ne trovano quasi mai e, anzi, essi vengono sostituiti da capostipiti mitologici, secondo quanto accade anche per le regioni. Quando poi non è possibile individuare neppure questi, Rabano ricorre alle etimologie ex causa, ma qui, per quanto riguarda gli Antipodes, non è proprio possibile rifarsi alla tradizione che li dipinge come popoli che camminano a testa in giù. Certo sembra una giustificazione per trattare solo dei popoli di cui si può fornire un’etimologia, ma il caso degli Antipodes è quanto mai significativo, come anche la citazione di popoli semisconosciuti e leggendari senza rapporti con le regioni (una concessione ai mirabilia?). Resta comunque il fatto che i frammenti di Babele non si possono ancora ricomporre del tutto e l’etimologia è un risarcimento solo parziale, mentre il sostegno allegorico non può sempre essere chiamato in causa. PAOLO ROSANO [email protected] 284 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Bibliografia Opere di Mauro Rabano Commentarius in Genesim, PL 107 In honorem sanctae crucis nell’edizione critica a cura di M. Perrin in CCCM, Brepols, Turnhout, 1997. De rerum naturis, PL 111 De inventione linguarum, PL 112 Opere critiche F. Ohly, Vom geistigen Sinn des Wortes im Mittelalter, Darmstadt, 1966 IV-24 pp., trad.it. in Geometria e memoria, Il Mulino, Bologna, 1985. H. Blumenberg, Die Lesbarkeit der Welt, Suhrkamp, Frankfurt, 1981, trad.it.in La leggibilità del mondo, Il Mulino, Bologna, 1984. P. Zumthor, Babele ou l’inachèvement, Paris, Editions du Seuil, 1997, trad.it.in Babele, Il Mulino, Bologna, 1998. M. Olender, Le langues du Paradis. Aryen et Sémite: un couple providentiel, Paris, Edition de Seuil, 1989, trad. it. in Le lingue del Paradiso. Ariani e Semiti: una coppia provvidenziale, Il Mulino, Bologna, 1991. G. Steiner, After Babel. Aspects of language and translation, 1975, trad.it. in Dopo Babele. Aspetti del linguaggio e della traduzione, Garzanti, 1994. 285 Studi Linguistici e Filologici Online 9 Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo A.Borst, Der Turmbau von Babel, Hiersermann, Stuttgart, 1958. P. C. Bori, L’interpretazione infinita. L’ermeneutica cristiana antica e le sue trasformazioni, Il Mulino, Bologna, 1987. Paul De Lagarde, Onomastica sacra, Gottingen, 1887. E. Heyse, Hrabanus Maurus Enzyklopaedie ,De rerum naturis’. Untersuchungen zu der Quellen und Methode der Kompilation, Muenchen, 1969. 286