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Gennaio-Marzo 2015 • Vol. 45 • N. 177 • Pp. 3-13 Prospettive in Pediatria Nefrologia pediatrica Attualità in nefrologia pediatrica: recenti progressi nella diagnosi e nella terapia delle nefropatie glomerulari Si individuano, nell’analisi della letteratura degli ultimi anni sulle nefropatie glomerulari, tre grandi tematiche: 1) Il nuovo inquadramento nosologico delle malattie del collagene IV e la terapia con ACE-inibitori della sindrome di Alport. È stato segnalato che la malattia delle membrane basali sottili, un tempo considerata a prognosi favorevole, condivide alcune mutazioni genetiche della sindrome di Alport (SA) e può anche avere evoluzione a IRC in età adulta. Si controindica quindi l’uso del termine fuorviante di Ematuria familiare benigna. L’evoluzione infausta della SA non sarebbe inoltre limitata ai maschi, ma si estenderebbe anche alle femmine affette da SA X-linked. Terapia di scelta dell’A lport, malattia un tempo non trattata, sono oggi gli ACE-inibitori e i sartani: essi ritardano la progressione verso l’IRT in misura dipendente dalla precocità di inizio della terapia. Nel caso compaia il fenomeno di “escape”, con ripresa della proteinuria, l’aggiunta di anti-aldosteronici è in grado di ripristinare l’efficacia terapeutica degli ACE- inibitori. 2) La nuova entità nosologica delle glomerulonefriti C3 mediate. Il vecchio concetto che le glomerulonefriti siano malattie meramente acquisite è stato ridimensionato, grazie alla scoperta che mutazioni genetiche codificanti proteine della via alternativa del complemento sono responsabili delle glomerulonefriti C3 mediate, tra cui la glomerulonefrite a depositi isolati di C3, distinguibile rispetto alla classica glomerulonefrite post-infettiva, in quanto caratterizzata da ipocomplementemia persistente oltre i due mesi dall’esordio e decorso cronico. L’attivazione persistente della cascata del complemento su base genetica (fattore H, fattore I, e altri) o autoanticorpale, a seguito di un trigger spesso infettivo, è responsabile del danno renale. Trovano quindi indicazione gli anticorpi monoclonali, come eculizumab, in grado di bloccare la cascata del complemento, con riportati iniziali successi terapeutici. 3) I nuovi anticorpi monoclonali e la terapia con cellule mesenchimali nella sindrome nefrosica corticoresistente su base immunologica. La patogenesi implica meccanismi di comunicazione tra podocita e linfociti e coinvolge molecole CD80, espresse dai podociti, e CTLA4. Queste scoperte hanno condotto all’utilizzo dapprima di rituximab, anticorpo anti CD20, efficace nelle forme corticodipendenti, ma non nelle cortico-resistenti, poi di nuovi monoclonali, come abatacept, inibitore di CTLA4, e ofatumumab, che hanno portato a remissione casi cortico-resistenti da glomerulosclerosi focale, confermando le speranze di guarigione per una malattia sinora ritenuta, in gran parte dei casi, incurabile. Anche le cellule staminali mesenchimali sono state impiegate nel trattamento della glomerulosclerosi focale: la segnalazione di un primo caso coronato da parziale successo terapeutico apre la strada a trial clinici più ampi. Alberto Edefonti Marta Lepore Roberta Villa Marisa Giani UOC Nefrologia e Dialisi Pediatrica, Fondazione Ca’ Granda, IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Milano Riassunto 3 A. Edefonti et al. We reviewed the recent literature on glomerular diseases and identified three major themes: 1) Collagen IV diseases include both Thin Basement Membrane Disease (TBDM) and Alport Syndrome (AS). TBDM, formerly known as Familial Benign Hematuria (FBH), actually shares some gene mutations with AS and may develop proteinuria and progress to End-stage renal disease (ESRD) in adulthood. Moreover, not only males with AS may progress to ESRD, but also females with X-linked gene mutations, even at a young age. AS has long been considered a non- treatable disease, but recent papers have shown that ACE-I and ARB can decrease the rate of progression to ESRD of patients with AS, provided treatment is started very early. If proteinuria reappears, as a consequence of the “escape” phenomenon, anti-aldosterone drugs may restore their efficacy. 2) The old concept that glomerulonephritis are simply acquired diseases has been deeply modified after the discovery of gene mutations codifying for proteins of the alternative way of complement, which are responsible of the so-called C3-mediated glomerulopathies.They include the recently described C3 Glomerulonephritis, which is different from the post-streptococcal glomerulonephritis in the presence of isolated C3 deposits at immune-fluorescence, persistence of low C3 levels two months over clinical presentation and chronic course of the disease. The persistent activation of the complement cascade, of genetic or immune origin, often following an infectious trigger, is responsible of the renal damage: monoclonal antibodies, like eculizumab, which block complement cascade activation, can then be utilized, with some initial success reported. 3) The pathogenesis of steroid-resistant nephrotic syndrome (SRNS) of immunological origin (due to the presence of a circulating factor), implies the activation of CD80 molecules, expressed by podocytes, and CTLA4: anti-CD20 antibody rituximab proved to be effective in steroid-dependent NS, but not in SRNS. New monoclonal antibodies like abatacept, a CTLA4 inhibitor, and ofatumumab, led to remission a small series of patients with SRNS and Focal Segmental Glomerulosclerosis (FSGS). Moreover, mesenchimal stem cells induced partial remission and stabilized proteinuria in a patient with SRNS and FSGS with recurrence of the disease in the transplanted kidney.These promising results open the way to larger clinical trials in SRNS. Metodologia della ricerca bibliografica L’articolo fa seguito alla precedente revisione della letteratura nefrologica pediatrica 2007-2009, pubblicata su Prospettive in Pediatria (Mastrangelo et al., 2011). Per quanto riguarda il quinquennio 2010-2014, è stata seguita la stessa metodologia di ricerca bibliografica: dopo un’ampia discussione tra gli autori e i colleghi nefrologi pediatri dell’UOC di Nefrologia e Dialisi pediatrica di Milano su cosa di rilevante fosse cambiato negli ultimi anni nella pratica clinica, il tema delle nefropatie glomerulari è stato identificato come quello più significativo dal punto di vista dei cambiamenti nella diagnosi e nella terapia. La ricerca degli articoli rilevanti è stata condotta sulla banca bibliografica Medline, utilizzando come motore di ricerca PubMed. Le parole chiave impiegate sono: Alport syndrome, TBDM, C3 glomerulopathy, monoclonal antibodies, proteinuric diseases, nephrotic syndrome, focal segmental glomerulosclerosis, mesenchimal stem cells. 4 Summary Sono stati inoltre considerati altri articoli rilevanti pubblicati negli anni precedenti a conoscenza degli autori ed altri ricavati dalla bibliografia delle pubblicazioni tratte da PubMed. Introduzione Le nefropatie glomerulari rappresentano un settore della nefrologia pediatrica rimasto per molti anni cristallizzato, dopo che le grandi innovazioni nosologiche e classificative degli anni ’60 e ’70 del Novecento avevano portato all’identificazione delle diverse entità anatomo-cliniche (ossia dei diversi tipi di glomerulopatie), che rappresentano tuttora la base dell’operatività clinica. Negli ultimi anni, tuttavia, si è assistito a una sorprendente evoluzione delle conoscenze, guidata, come in molti altri campi della medicina, dall’applicazione degli studi genetici avanzati al campo delle nefropatie glomerulari. Ciò è vero non solo per le glomerulopatie su base genetica, ma anche per le glomerulonefriti e la sindrome Attualità in nefrologia pediatrica: le glomerulopatie nefrosica idiopatica,in particolare la forma corticoresistente. Obiettivo della revisione è quindi: • aggiornare le conoscenze sulle malattie del collagene IV, con particolare riferimento all’evoluzione delle diverse forme di sindrome di Alport, ai rapporti tra sindrome di Alport e malattia da membrane basali sottili e alla terapia di queste condizioni; • descrivere i caratteri distintivi, patogenetici e clinici, delle glomerulopatie C3 mediate e in particolare della nuova entità glomerulonefrite a depositi isolati di C3; • evidenziare le nuove opzioni terapeutiche della sindrome nefrosica corticoresistente, a partire dalle nuove ipotesi patogenetiche, quali i nuovi anticorpi monoclonali e le cellule staminali mesenchimali. Nuovo inquadramento nosologico e terapia delle malattie del collagene IV Le malattie del collagene IV comprendono tutte le patologie genetiche caratterizzate da alterazione delle catene α3-α4-α5 del collagene IV, che rappresentano i maggiori costituenti della membrana basale glomerulare. Rapporti tra sindrome di Alport e malattia delle membrane basali sottili È noto che l’80% delle famiglie con sindrome di Alport (SA) ha trasmissione X-linked, e la grande maggioranza delle restanti presenta una modalità di trasmissione autosomica recessiva. La malattia X-linked (SA-XL) è causata da mutazioni nel gene COL4A5 (Feingold et al., 1985), mentre la forma autosomica recessiva (SA-AR) dipende da mutazioni in omozigosi o eterozigosi composta del gene COL4A3 o COL4A4 (Mochizuki et al., 1994). Da ultimo, la SA autosomica dominante rappresenta la forma più rara, associata a mutazioni in eterozigosi del gene COL4A4 o COL4A3 (van der Loop et al., 2000). Gli eterozigoti per mutazioni in COL4A3 e COL4A4 sono portatori di SA-AR ed è stato recentemente sco- perto che possono presentare, alla biopsia renale, le alterazioni caratteristiche della malattia da membrane basali sottili (TBMD) (Rana et al., 2007). Questa osservazione pone importanti problemi nosologici. La TBMD, caratterizzata clinicamente da microematuria persistente e da diffuso assottigliamento della MBG alla microscopia elettronica, è stata per molto tempo considerata un’entità nosologica a sé stante, rappresentando, secondo alcuni, il quadro istologico della cosiddetta Ematuria Famigliare Benigna. In realtà, è stato dimostrato che il 40% dei casi di TBMD presenta mutazioni in eterozigosi di COL4A3 o COL4A4, tipiche della forma recessiva di SA, permettendo quindi di inquadrare la TBMD come un’entità appartenente allo spettro della SA (Tab. I) (Pierides et al., 2009). A conferma di ciò, sono emerse recenti evidenze cliniche di pazienti con TBDM e mutazione COL4A3A4 che sviluppavano proteinuria e poi insufficienza renale terminale (IRT) in percentuale ingravescente con l’età (Tab. II) (Deltas et al., 2014). Malone ha recentemente sottolineato che il quadro istologico delle forme evolutive di TBDM è spesso caratterizzato da lesioni sovrapposte di glomerulosclerosi focale (Malone et al., 2014). In considerazione di ciò, si consiglia di abbandonare il termine di Ematuria Famigliare Benigna, che ha ostacolato negli scorsi anni il corretto inquadramento e follow-up dei pazienti con ematuria familiare e di considerare la stessa Malattia da membrane sottili come una malattia del collagene IV, con le implicazioni diagnostiche e prognostiche relative (Vivante et al., 2013). Evoluzione delle femmine con SA X-linked Una seconda novità riguarda il rapporto tra sesso e progressione della SA. Da tempo è nota la differente evoluzione a IRT tra maschi e femmine con SA-XL, con un rischio di evoluzione in IRT entro i 30 anni di età in più del 50% dei maschi e intorno ai 60 anni nel 15-30% delle femmine (Jais et al., 2003). Tale prognosi è stata recentemente ridiscussa, in quanto anche le femmine con SA-XL Tabella I. Spettro delle malattie del collagene IV. TBMD SINDROME DI ALPORT Familiarità Sì Sì Trasmissione AD XL/AD/AR Alterazioni oculari o sordità neurosensoriale No Sì > 40% COL4A3-A4 80% COL4A5 5-15% COL4A3/A4 Assottigliamento MBG Assottigliamento MBG Reticolazioni Slaminamenti Mutazione COL IV Microscopia elettronica 5 A. Edefonti et al. Tabella II. Evoluzione dei pazienti con malattia da membrane basali sottili (TBMD) (Pierides, 2009). Microematuria isolata 100% (sotto 30 anni) 66% (tra 31-50 anni) 30% (tra 51-70 anni) 23% (sopra 71 anni) Proteinuria e insufficienza renale cronica 8% (31-50 anni) 25% (51-70 anni) > 50% (sopra 71 anni) Dialisi e trapianto 18 pazienti/127 (14%) [età media 60 anni] possono presentare già in epoca precoce un quadro clinico di rilievo, con proteinuria patologica persistente ed eventualmente IRT (Rheault, 2012). Tra i fattori prognostici negativi sono stati identificati l’inattivazione casuale sfavorevole del cromosoma X, il tipo di mutazione e la sordità (Rheault, 2012). Un follow-up precoce è quindi fortemente raccomandato anche nelle femmine con SA-XL. Si consiglia inoltre di scoraggiare le madri con mutazione XL dalla donazione del rene ai figli maschi con SA (Temme et al., 2012). Strumenti diagnostici Un ulteriore punto emerso dalla recente letteratura riguarda l’approccio diagnostico alla SA e, in particolare il ruolo dell’indagine molecolare nella sequenza diagnostica (Savige et al., 2013). La diagnosi di SA si è da sempre basata sulla anamnesi personale e familiare e sulla dimostrazione, all’esame ultrastrutturale, di tipiche alterazioni, quali slaminamenti, reticolazioni, ispessimenti e assottigliamenti della membrana basale glomerulare (MBG). Negli anni ’80-’90 si era anche proposto lo studio immunoistochimico delle ca- tene del collagene IV sulla biopsia renale o, più agevolmente, sulla biopsia cutanea, ma l’indagine non ha avuto significativa diffusione (Kashtan et al., 1989). Negli ultimi anni si è andata affermando l’analisi genetica, che è stata oggi elevata a esame di primo livello (Savige et al., 2013). L’analisi genetica costituisce uno step imprescindibile nel percorso diagnostico, poiché consente di chiarire (laddove non lo fosse l’albero genealogico) la modalità di trasmissione (X-linked o autosomica) della malattia, che, assieme alla natura della mutazione identificata (delezione, frameshift, …) orienta il clinico nella elaborazione di una prognosi più accurata. Tuttavia, la percentuale di casi con assenza di mutazioni patogenetiche è tuttora rilevante, sia con la metodica DHLPC, sia, seppure in grado minore, con il sequenziamento di nuova generazione (Next Generation Sequencing, NGS) (Artuso et al., 2012). Per questo motivo, l’indagine ultrastrutturale tramite biopsia renale rimane un passo necessario nel processo diagnostico dei casi sospetti per SA (Fig. 1). Trattamento L’orizzonte è radicalmente cambiato rispetto al passato, dopo che diversi studi hanno provato l’efficacia di ACE-inibitori e sartani nel rallentare la velocità di progressione della SA. Nello studio di Gross et al. (2012) il trattamento con ACE-I ritardava lo sviluppo di IRT in misura proporzionale al momento di inizio della terapia: se questo avveniva in assenza di insufficienza renale o di proteinuria elevata, il raggiungimento della IRT era più tardivo (Fig. 2). Inoltre, l’aspettativa di vita dei pazienti trattati con ACE-I rispetto ai pazienti non trattati era significativamente aumentata (Gross et al., 2012). L’aggiunta di un antialdosteronico alla terapia con ACE-I e sartani determinerebbe un’ulteriore riduzione Figura 1. Flow-chart delle microematurie glomerulari persistenti. 6 Attualità in nefrologia pediatrica: le glomerulopatie Figura 2. Sindrome di Alport: progressione della malattia in rapporto alla terapia con ACE-inibitori (da Gross et al., 2012, mod.). Rispetto ai pazienti non trattati (linea rossa), che hanno la progressione più rapida, l’inizio della terapia con ACE-i nei pazienti con una clearance della creatinina < 60 ml/min ritarda la comparsa di IRT di 3 anni in media (linea gialla). L’inizio della terapia in presenza di sola proteinuria > 0,3 g/die, ritarda la comparsa di IRT di 18 anni in media (linea verde). L’inizio della terapia ancora prima dell’insorgenza di proteinuria sembra associato ad assenza di progressione della malattia (linea blu), ma il dato merita uno studio prospettico ad hoc. della proteinuria, contrapponendosi al meccanismo di “escape” dell’aldosterone, risultato clinico confermato in un recente studio, che ha evidenziato anche una riduzione dei livelli di TGF-beta, promotore della fibrosi aldosterone-mediata (Giani et al., 2013). Per quanto riguarda l’uso di ciclosporina A (CsA) nei pazienti con proteinuria e SA, i risultati si sono rivelati piuttosto discordanti e limitati. Nel 2010, il lavoro di Massella et al. (2010) su una casistica di 15 pazienti trattati con tale farmaco ha evidenziato come la CsA sia efficace nel ridurre la proteinuria, ma abbia un effetto temporaneo, con il ritorno ai valori di inizio trattamento in meno di 3 anni. Pertanto il suo utilizzo nei pazienti con SA è sconsigliato (Massella et al., 2010). Rimane quindi il fatto che la SA sia comunque da considerare oggi malattia necessitante terapia farmacologica con ACE-I. frite post-streptococcica (GNPS), la glomerulonefrite membranoproliferativa tipo I e la glomerulonefrite a depositi densi (DDD) (Vernon e Cook, 2012). Anche per la sindrome emolitico-uremica atipica, nonostante un quadro clinico molto differente, è stata documentata un’alterata regolazione della via alternativa del complemento. Nel 2010 è stata introdotta la definizione di ‘glomerulopatie C3-mediate’ (C3G) che comprende tutte le glomerulonefriti dipendenti da tale meccanismo patogenetico, alcune già note (DDD), altre solo recentemente descritte (C3GN e CFHR5, nefropatia ereditaria endemica in Cipro), le cui caratteristiche essenziali sono riassunte nella Tabella III (Fakhouri et al., 2010; Servais et al., 2013). Le glomerulopatie C3 mediate e la nuova entità anatomo-clinica della glomerulonefrite a depositi isolati di C3 Tabella III. Glomerulopatie C3 mediate. Le glomerulopatie C3 mediate Un’errata regolazione del sistema del complemento è riconosciuta, da anni, come l’evento centrale nella patogenesi di molte nefropatie, tra cui la glomerulone- Criteri diagnostici Presenza di depositi di C3 alla immunofluorescenza Assenza di Immunoglobuline alla immunofluorescenza Forme cliniche Malattia a depositi densi (DDD) Glomerulonefrite a depositi isolati di C3 (C3GN) Nefropatia da CFHR5 7 A. Edefonti et al. Eziopatogenesi delle glomerulopatie C3 mediate L’analisi dei dati clinici ed istologici consente di inserire la C3GN in uno spettro di malattie ai cui estremi si trovano la glomerulonefrite post-streptococcica e la malattia a depositi densi. In particolare, il reperto istologico alla microscopia ottica della C3GN è, in più della metà dei casi riportati in letteratura, di tipo membranoproliferativo (GNMP-like) (Servais et al., 2012). Rimane esclusa da questo spettro la glomerulonefrite membranoproliferativa di tipo I, che viene considerata una malattia da immunocomplessi, comportante anche l’attivazione della via classica del complemento (Fig. 3). La C3GN è un esempio chiave di patologia associata a una errata regolazione della via alternativa del complemento, su base genetica o acquisita (Servais et al., 2007). I principali difetti comprendono le mutazioni di alcuni fattori di regolazione (CFH, CFI, MCP, CFHR) o dei componenti della via alternativa stessa (C3, CFB), ovvero la presenza di autoanticorpi diretti contro le componenti della via alterna o i fattori di regolazione, come ad esempio il C3NeF (autoanticorpo diretto contro la C3 convertasi della via alternativa) e gli autoanticorpi anti-CFH (diretti contro il fattore H) (Cook, 2013) (Fig. 4). Molte di queste mutazioni sono state nel passato associate alla patogenesi della SEU atipica e della DDD. Tali realtà cliniche condividono quindi i medesimi fattori di suscettibilità e a un’attivazione incontrollata della via alternativa del complemento possono corrispondere malattie fenotipicamente differenti. Nella C3GN, ad esempio, l’infezione sembra funzionare da trigger, determinando un’attivazione della via alternativa che, in presenza di un controllo o funzionamento difettoso della cascata del complemento, rimane persistentemente attiva nonostante la risoluzione dell’infezione, e continua a depositare prodotti di degradazione, cronicizzando il danno renale (Sethi et al., 2013). La glomerulonefrite a depositi di C3 La C3GN è una glomerulonefrite solo da pochi anni riconosciuta ed ancora oggi non completamente chiarita dal punto di vista clinico ed istologico. È definita da 3 criteri: (1) depositi isolati di C3 nella biopsia renale con tecnica di immunofluorescenza, (2) assenza di altre immunoglobuline (3) quadro ultrastrutturale non tipico per DDD (Servais, 2007; D’Agati e Bomback, 2012). Dal punto di vista clinico, la malattia insorge con sindrome nefritico-nefrosica o con microematuria associata a proteinuria di modesta entità; nel 40% dei casi si associa una riduzione persistente dei livelli di C3, spesso molto bassi (Sethi et al., 2012; Servais et al., 2012). Un’anamnesi positiva per infezione streptococcica è stata descritta, in una piccola popolazione, con una frequenza del 55%. La C3GN non è pertanto facilmente distinguibile dagli altri tipi di glomerulonefrite ipocomplementemica, inclusa la GNPS. La persistenza di sindrome nefrosica, le recidive di macroematuria, la persistenza di ipocomplementemia oltre le 12 settimane o di anomalie urinarie, soprattutto proteinuria, oltre 6 mesi dall’esordio, devono far ipotizzare una diagnosi diversa rispetto alla GNPS (nella fattispecie MPGN I, DDD, C3GN) e rendono necessaria l’esecuzione di biopsia renale. L’evoluzione della C3GN è tuttora controversa. Nella serie di Sethi, con periodo medio di follow-up di 25-30 mesi, nessun paziente presentava insufficienza renale cronica (Sethi et al., 2012), ma nella casistica di Servais, a 10 anni in media dall’esordio, il 30% dei pazienti aveva sviluppato un’insufficienza renale cronica ed un ulteriore 16% aveva presentato valori di proteinuria elevati (Servais et al., 2012). Il decorso sembra dunque cronico-recidivante, meno aggressivo rispetto alla DDD e con possibili remissioni spontanee nel lungo periodo. Un attento follow-up, con valutazione pe- GNPS: glomerulonefrite post-streptococcica; DDD: glomerulonefrite a depositi densi; C3GN: glomerulonefrite a depositi isolati di C3 Figura 3. Spettro delle alterazioni anatomopatologiche delle glomerulopatie C3 mediate. La C3GN si pone in uno spettro di continuità tra la glomerulonefrite post-streptococcica e la malattia a depositi densi, quanto a presenza di alterazioni istologiche e depositi ultrastrutturali. 8 Attualità in nefrologia pediatrica: le glomerulopatie Figura 4. Sistema del complemento: vie di attivazione e ‘cascata’ complementare (mod. da Cook, 2013). Tappe della via del complemento nel soggetto normale. Nel cerchio blu le tappe della via alternativa del complemento; nei cerchi rossi i fattori di regolazione, quali CFH e CFI, e il loro punto di azione lungo le fasi della cascata (ad esempio la C3 convertasi per i fattori CFH e CFI). riodica di proteinuria e funzionalità renale, è pertanto fortemente raccomandato. Terapia della C3GN Le opzioni di trattamento per i pazienti con C3GN sono scarse. I corticosteroidi e gli altri immunosoppressori, suggeriti dalla natura infiammatoria del quadro istologico, hanno dato risultati inconsistenti. Le terapie sintomatiche con ACE-inibitori o antagonisti dell’angiotensina II sono prescritte per il controllo della proteinuria e/o dell’ipertensione. Pazienti con una mutazione in uno o più geni codificanti per le proteine regolatrici del complemento, che determinano una difettosa funzione della ‘cascata’ complementare (via alternativa), potrebbero essere trattati con infusioni di plasma per sostituire la proteina alterata, sulla falsariga di quanto è stato effettuato da Licht in due fratelli con DDD e deficit di CFH con risposta soddisfacente (Licht et al., 2006). Recentemente, eculizumab, anticorpo monoclonale contro la frazione C5 del complemento, è stato utilizzato con parziale successo, sul piano clinico e istologico nel trattamento delle C3GN (Tab. IV) (Herlitz et al., 2012). Gli studi a disposizione non consentono di giungere a conclusioni definitive riguardo a un possibile vantaggio derivante dal trattamento con eculizumab. Nuovi anticorpi monoclonali per il trattamento delle sindromi nefrosiche corticodipendenti e corticoresistenti Meccanismi patogenetici della proteinuria La proteinuria è una manifestazione clinica comune a un gruppo eterogeneo di glomerulopatie caratterizzate da sindrome nefrosica, tra cui le più frequenti in età pediatrica sono la malattia a lesioni minime e la glomerulosclerosi focale segmentale. È stato riconosciuto, negli ultimi 15 anni, che una struttura podocitaria alterata, per varie cause, compromette il meccanismo di filtrazione, con perdita di 9 A. Edefonti et al. Tabella IV. Risultati nei pazienti sottoposti a trattamento con Eculizumab (Herlitz et al., 2012). ID sCreat Basale uProt/uCreat Basale Durata Follow-up sCr post-trattamento uProt/uCreat post-trattamento DDD1 2 0,7 52 w 1,4 0,5 DDD2 1,2 4,5 52 w 1,7 1,7 C3GN1 1,6 2,6 52 w 2,3 1,4 C3GN2 1,8 4,4 52 w 2,3 3,7 C3GN3 1,7 0,1 52 w 1,4 0,09 proteine nelle urine e sviluppo di sindrome nefrosica. L’articolo di Maria Pia Rastaldi (2015), in questo stesso numero (Genetica e patologia della filtrazione renale, pag. 53), consente di stabilire le basi per la comprensione dei meccanismi patogenetici responsabili del danno podocitario e della recente applicazione di nuovi anticorpi monoclonali per il trattamento dei pazienti corticoresistenti. Positività B7-1 e abatacept Rituximab è stato il primo anticorpo monoclonale impiegato nella sindrome nefrosica del bambino, con successo nelle forme corticodipendenti (Ijima et al., 2014), ma senza risultati significativi nelle forme corticoresistenti, che rimangono quindi difficilmente curabili e progrediscono in pochi anni, almeno nel 50% dei casi, verso l’IRT. Per questo motivo assumono particolare valore due articoli relativi all’uso di nuovi anticorpi monoclonali nella SNCR. E stato recentemente scoperto che i pazienti affetti da GSFS possono essere B7-1 positivi o negativi, in base alla presenza o assenza nei campioni bioptici della proteina B7-1 (Yu et al., 2013). B7-1, nota anche come CD80, è una molecola co-stimolatoria delle cellule T, espressa sulla superficie di cellule dendritiche, cellule NK e linfociti B attivati. Anche i podociti possono esprimere B7-1: infatti l’iniezione di lipopolisaccaride (LPS) nei ratti può indurre l’espressione di tale molecola sul podocita e causare proteinuria e scomparsa dei pedicelli (Reiser et al., 2004). Il meccanismo molecolare responsabile del danno consiste nella inattivazione della beta1 integrina, che conduce al distacco dei processi pedicellari dalla membrana basale glomerulare e quindi allo sviluppo di proteinuria. Questo processo può andare incontro a risoluzione con l’impiego di abatacept (CTLA4-Ig), anticorpo monoclonale anti-CD80, inibitore di B7-1. Abatacept, già approvato per il trattamento dell’artrite reumatoide, è stato somministrato a quattro pazienti affetti da GSFS rituximab-resistente, recidivata dopo trapianto di rene, e a un paziente con GSFS primitiva resistente agli steroidi. I pazienti avevano podociti B7-1 positivi alla biopsia: in tutti i casi si è avuta risoluzione della proteinuria nefrosica, con ottenimento di una remissione completa o parziale (Yu et al., 2013). 10 Ofatumumab per i pazienti rituximab-resistenti L’efficacia di un altro anticorpo monoclonale anti CD20, ofatumumab, è stata riportata in una paziente di 19 anni, affetta da sei anni da SNCR da GSFS, resistente a tutti gli immunosoppressori, incluso rituximab. Ofatumumab era stato somministrato per una concomitante leucemia linfatica cronica, in quanto efficace nei tumori a cellule B rituximab-resistenti: nella paziente la remissione completa della proteinuria è stata raggiunta dopo la sesta dose. Visto l’effetto sorprendente, gli autori hanno deciso di somministrare ofatumumab a quattro bambini affetti da SNCR non responsiva a rituximab, due con un quadro istologico di GSFS e due di malattia a lesioni minime (Tab. V). L’anticorpo monoclonale è stato somministrato settimanalmente per un totale di sei infusioni, senza il verificarsi di severi effetti collaterali: la remissione è stata raggiunta in tutti i pazienti. Un bambino ha presentato una recidiva a distanza di due mesi, trattata con successo con corticosteroidi, e ha mantenuto la remissione per 6 mesi; negli altri tre casi la remissione è stata mantenuta per tutta la durata dell’osservazione senza necessità di assumere alcun altro farmaco (Basu, 2014). Abatacept e ofatumumab sembrerebbero quindi indurre la remissione clinica in quei casi per i quali le attuali opzioni terapeutiche sono limitate: ci riferiamo al sottogruppo di pazienti (B7-1 positivi) affetti da SNCR da GSFS, la cui evoluzione verso l’IRT è particolarmente frequente (Yu et al., 2013; Basu, 2014). Cellule staminali mesenchimali nelle patologie renali proteinuriche Di grande attualità è l’interesse per le proprietà rigenerative tissutali e immunomodulanti delle cellule staminali mesenchimali (CSM), che hanno mostrato un effetto benefico in modelli sperimentali di infarto miocardico, malattie neurologiche, danno renale acuto (Morigi et al., 2008) e cronico (Zoja et al., 2012). Proprietà delle cellule staminali Si tratta di cellule morfologicamente simili ai fibrobla- Attualità in nefrologia pediatrica: le glomerulopatie Tabella V. Caratteristiche dei 5 pazienti trattati con Ofatumumab (Basu, 2014). Paziente Età al trattamento Pregresse terapie 1 19,1 2 Rapporto proteinuria/creatininuria (mg/mg) Basale A 6 settimane A 6 mesi Ciclofosfamide ev, tacrolimus, Rituximab 13,76 0,12 0,14 8,6 Ciclofosfamide ev, ciclosporina, tacrolimus, rituximab 21,17 0,08 0,07 3 7,4 Ciclofosfamide ev, tacrolimus, rituximab, galattosio 9,32 0,15 0,53 4 5,3 Ciclofosfamide ev, ciclosporina, tacrolimus, rituximab, galattosio 11,21 0,10 0,08 5 6,5 Tacrolimus, micofenolato mofetile, rituximab 9,5 0,09 0,09 sti, dotate di un alto potenziale rigenerativo e di proprietà immunomodulanti. Per quanto riguarda le proprietà rigenerative, grazie alla capacità di stimolare la secrezione di agenti antiapoptotici, pro-angiogenici e anti-fibrotici, esse contribuiscono alla rigenerazione di tessuti danneggiati, tra cui il parenchima renale (Imberti et al., 2007). La loro azione è mediata da un effetto paracrino e dalla liberazione di vescicole extracellulari, che, contenendo lipidi e diversi trascritti funzionali di mRNA, microRNA, RNA non codificante e occasionalmente DNA genomico, possono trasferire informazioni genetiche responsabili di modifiche transitorie o persistenti nelle cellule bersaglio (Gatti et al., 2011). Quanto all’azione immunomodulante, sono state dimostrate l’induzione delle cellule T regolatorie, l’inibizione della divisione dei linfociti T attraverso l’arresto del ciclo cellulare, il blocco della differenziazione dei linfociti B e delle cellule dendritiche e la riduzione dell’attività delle cellule NK e CTL (Reinders et al., 2010). Cellule staminali e GSFS Le CSM si sono dimostrate sicure ed efficaci in malattie immunomediate, come la GVHD e il LES: si è pensato quindi di utilizzarle anche per modulare i meccanismi coinvolti nella patogenesi della SNCR da GSFS su base non genetica. Una prima segnalazione di impiego di CSM derivate da midollo osseo si riferisce a un ragazzo di 13 anni, affetto da GSFS, in cui la malattia aveva recidivato dopo trapianto di rene. A causa della mancata risposta a rituximab e di una risposta solo parziale a frequenti sedute di plasmaferesi, che comportavano un impatto negativo sulla qualità di vita, è stato iniziato un ciclo di infusione di CSM midollari. Dopo la terapia cellulare, la proteinuria si è stabilizzata e il paziente non ha necessitato plasmaferesi per 50 giorni: questa risposta iniziale ha condotto ad altri due cicli di CSM, che hanno consentito la stabilizzazione della proteinuria e l’interruzione della plasmaferesi. Il beneficio legato all’impiego delle CSM è probabilmente dovuto a una modulazione del microambiente infiammatorio: dopo le infusioni si è infatti osservata una riduzione di fattori infiammatori circolanti, quali CD40L, IL-16 o TGF-alfa, e una migliorata funzionalità podocitaria (Belingheri et al., 2013). Cellule staminali e sindrome di Alport Negli ultimi anni sono comparsi studi sulla terapia della SA in modelli animali: l’infusione di cellule del midollo osseo derivate da topi wild type ha comportato una riduzione della proteinuria ed un miglioramento della funzione renale e dell’ultrastruttura glomerulare. Le cellule del midollo osseo sono state evidenziate nei glomeruli e sembrano differenziarsi in podociti capaci di esprimere e produrre normali catene α3 e α5 di collagene IV (LeBleu et al., 2009). Ulteriori studi nell’animale da esperimento dovranno confermare queste osservazioni, che aprono prospettive terapeutiche per una patologia frequentemente evolutiva verso l’IRT. 11 A. Edefonti et al. Box di orientamento Dopo anni di stasi, anche il mondo delle nefropatie glomerulari sembra essersi risvegliato, grazie a interessanti contributi sul piano diagnostico e terapeutico. I primi riguardano le malattie del collagene IV, ormai considerate uno spettro di malattie che comprendono sia le forme di sindrome di Alport (SA) a diversa trasmissione genetica, sia la Malattia delle membrane basali sottili. Quest’ultima condivide con la SA alcune mutazioni genetiche e può presentare anch’essa, in età adulta, proteinuria ed evoluzione a IRC/IRT. Le forme familiari di ematuria glomerulare, un tempo classificate come ematuria familiare benigna, richiedono quindi un follow-up prolungato. La terapia di elezione della SA è oggi rappresentata dagli ace-inibitori, eventualmente associati ai sartani e agli anti-aldosteronici: essi ritardano la progressione verso la IRT in misura dipendente dalla precocità di inizio della terapia. Alcune glomerulonefriti (GN), un tempo considerate acquisite, hanno invece la loro origine in mutazioni genetiche dei fattori che regolano la via alternativa del complemento, causandone l’attivazione persistente e il successivo danno renale cronico. Le cosiddette GN C3-mediate comprendono la già nota malattia a depositi densi e la forma recentemente descritta di GN a depositi isolati di C3, che si differenzia dalla classica GN acuta post-streptococcica in quanto caratterizzata da ipocomplementemia persistente, depositi isolati di C3 alla immunofluorescenza e decorso cronico. Nelle sindromi nefrosiche corticoresistenti su base immunologica, da presenza di fattori circolanti responsabili del danno podocitario, sono stati utilizzati con successo, per ora in piccole casistiche, nuovi anticorpi monoclonali, come abatacept e ofatumumab. La segnalazione di utilizzo delle cellule staminali mesenchimali in un primo caso di glomerulosclerosi focale segmentaria recidivata su trapianto renale, coronato da parziale risposta terapeutica, conferma le speranze di guarigione per una malattia sinora ritenuta, in gran parte dei casi, incurabile. Bibliografia Artuso R, Fallerini C, Dosa L, et al. Advances in Alport syndrome diagnosis using next-generation sequencing. Eur J Hum Genet 2012;20:50-7. ** Studio italiano che illustra la potenzialità della metodica next-generation sequencing nella sindrome di Alport. Basu B. Ofatumumab for Rituximab-Resistant Nephrotic Syndrome. N Engl J Med 2014;370:1268-70. Recente articolo che descrive l’utilizzo dell’ofatumumab per i pazienti pediatrici resistenti al rituximab. ** Belingheri M, Lazzari L, Parazzi V, et al. Allogeneic mesenchymal stem cell infusion for the stabilization of focal segmental glomerulosclerosis. Biologicals 2013;41:439-45. Primo caso di infusione di CSM in un paziente affetto da GSFS, che ha raggiunto un equilibrio clinico tale da non dover richiedere trattamenti plasmaferetici. ** Cook HT. Complement and kidney disease. Curr Opin Nephrol Hypertens 2013;22:295-301. Review sulle recenti scoperte del ruolo del sistema del complemento nella patologia renale glomerulare. ** D’Agati VD, Bomback AS. C3 glome- 12 rulopathy: what’s in a name? Kidney Int 2012;82:379-81. Deltas C, Pierides A, Voskarides K. Molecular genetics of familial hematuric diseases. Nephrol Dial Transplant 2013;28:2946-60. Fakhouri F, Frémeaux-Bacchi V, Noël LH et al. C3 glomerulopathy: a new classification. Nat Rev Nephrol 2010;6:494-9. Articolo che si sofferma sulla importanza di introdurre una nuova classificazione clinico-diagnostica che raggruppa tutte le glomerulonefriti associate a un’alterata regolazione del complemento. ** Feingold J, Bois E, Chompret A, et al. Genetic heterogeneity of Alport syndrome. Kidney Int 1985;27:672–77. Gatti S, Bruno M, Deregibus C, et al. Microvesicles derived from human adult mesenchymal stem cells protect against ischaemia-reperfusion-induced acute and chronic kidney injury. NDT 2011;26:1474-83. Giani M, Mastrangelo A, Villa R, et al. Alport syndrome: the effects of spironolactone on proteinuria and urinary TGF-β1. Pediatr Nephrol 2013;28:1837-42. Studio italiano che dimostra l’efficacia del triplo blocco del SRAA nel trattamento della sindrome di Alport in termini di riduzione dei valori di proteinuria. ** Gross O, Licht C, Anders HJ. Early angiotensin-converting enzyme inhibition in Alport syndrome deleys renal failure and improves life expectancy. Kidney Int 2012;81:494-501. ** Primo studio che dimostra come l’introduzione precoce di una terapia farmacologica con ACE-inibitori nella sindrome di Alport sia utile ed efficace nel rallentare l’evoluzione della malattia. Herlitz LC, Bomback AS, Markowitz GS, et al. Pathology after eculizumab in dense deposit disease and C3 GN. J Am Soc Nephrol 2012;23:1229-37. Iijima K, Sako M, Nozu K, et al. Rituximab for childhood-onset, complicated, frequently relapsing nephrotic syndrome or steroid-dependent nephrotic syndrome: a multicentre, double-blind, randomised, placebo-controlled trial. Lancet 2014;384:1273-81. Primo studio controllato randomizzato sull’uso del Rituximab nei bambini affetti da SNI corticodipendente o a frequenti recidive. ** Imberti B, Morigi M, Tomasoni S, et al. Insuline growth factor-1 susteins stem cell mediated renal repair. JASN 2007;18:2921-8. Jais JP, Knebelmann B, Giatras I, et al. X-linked Alport syndrome: natural history and genotype-phenotype correlations in girls and women belonging to 195 families: a “European Community Alport Syndrome Concerted Action” study. J Am Soc Nephrol 2003;14:2603-10. Attualità in nefrologia pediatrica: le glomerulopatie Kashtan CE, Ding J, Gregory M, et al. Clinical practice recommendations for the treatment of Alport syndrome: a statement of the Alport Syndrome Research Collaborative. Pediatr Nephrol 2013;28:5-11. * Nell’articolo vengono proposte delle raccomandazioni per il trattamento dei bambini con sindrome di Alport LeBleu V, Sugimoto H, Mundel TM, et al. Stem Cell Therapies Benefit Alport Syndrome. J Am Soc Nephrol 2009;20:2359-70. Panoramica dei risultati ottenuti da esperimenti finalizzati a esplorare il potenziale di una terapia con cellule staminali nei topi knockout COL4A3. * Licht C, Heinen S, Jozsi M, et al. Deletion of Lys224 in regulatory domain 4 of Factor H reveals a novel pathomechanism for dense deposit disease (MPGN II). Kidney Int 2006;70:42-50. Malone AF, Phelan PJ, Hall G, et al. Rare hereditary COL4A3/COL4A4 variants may be mistaken for familial focal segmental glomerulosclerosis. Kidney Int 2014;86:1253-9. Massella L, Muda AO, Legato A, et al. Cyclosporine A treatment in patients with Alport syndrome: a single-center experience. Pediatr Nephrol 2010;25:1269-75. Mastrangelo A, Belingheri M, Edefonti A. “Cosa resterà di questi anni…?”: un’analisi selettiva della letteratura nefrologica pediatrica dal 2007 al 2009. Prospettive in pediatria 2011;41:57-65. Mochizuki T, Lemmink HH, Mariyama M, et al. Identification of mutations in the alpha 3(IV) and alpha 4(IV) collagen genes in autosomal recessive Alport syndrome. Nat Genet 1994;8:77-81. Morigi M, Introna M, Imberti B, et al. Human bone marrow mesenchymal stem cells accelerate recovery of acute renal injury and prolong survival in mice. Stem Cells 2008;26:2075-82. * Modello animale di danno renale acuto in cui le cellule staminali midollari aiutano la rigenerazione tubulare e prolungano la sopravvivenza. Pierides A, Voskarides K, Athanasiou Y, et al. Clinico-pathological correlations in 127 patients in 11 large pedigrees, segregating one of three heterozygous mutations in the COL4A3/ COL4A4 genes associated with familial haematuria and significant late progression to proteinuria and chronic kidney disease from focal segmental glomerulosclerosis. Nephrol Dial Transplant 2009;24:2721-9. ** Interessante studio clinico-genetico su una coorte di pazienti portatori di unica mutazione in COL4A3-A4. Rana K, Tonna S, Wang YY, et al. Nine novel COL4A3 and COL4A4 mutations and polymorphisms identified in inherited membrane diseases. Pediatr Nephrol 2007;22:652-57. Reinders ME, Fibbe WE, Rabelink TJ. Multipotent mesenchymal stromal cell therapy in renal disease and kidney transplantation. NDT 2010;25:17-24. * Review che indaga le proprietà renoprotettive delle cellule staminali mesenchimali e il loro potenziale impiego terapeutico. Rastaldi MP. Genetica e patologia della filtrazione renale. Prospettive in Pediatria 2015;45:53-64. Reiser J, von Gersdorrf G, Loos M, et al. Induction of B7-1 is associated with nephrotic syndrome. J Clin Invest 2004;113:1390-7. Rheault MN. Women and Alport syndrome. Pediatr Nephrol 2012;27:41-6. Recente review che esplora la storia naturale delle femmine con sindrome di Alport X-linked e che discute criticamente sui probabili fattori in gioco nel determinare una prognosi peggiore. ** Savige J, Gregory M, Gross O, et al. Expert guidelines for the management of Alport syndrome and thin basement membrane nephropathy. J Am Soc Nephrol 2013;24:364-75. ** L’articolo offre alcune raccomandazioni per un corretto inquadramento diagnostico della sindrome di Alport e una successiva impostazione del follow-up clinico-terapeutico. Savige J, Sethi S, Nester CM, et al. Membranoproliferative glomerulonephritis and C3 glomerulopathy: resolving the confusion. Kidney Int 2012;81:434-41. Servais A, Frémeaux-Bacchi V, Lequintrec M, et al. Primary glomerulonephritis with isolated C3 deposits: a new entity which shares common genetic risk factors with haemolytic uraemic syndrome. J Med Genet 2007;44:193-9. ** Prima casistica di pazienti con C3GN descritta in letteratura Servais A, Noël LH, Roumenina LT, et al. Acquired and genetic complement abnormalities play a critical role in dense deposit disease and other C3 glomerulopathies. Kidney Int 2012;82:454-64. Analisi retrospettiva di dati clinici, anatomopatologici e genetici, di un gruppo di pazienti con C3GN. ** Servais A, Noël LH, Frémeaux-Bacchi V, et al. C3 glomerulopathy. Contrib Nephrol 2013;181:185-93. Sethi S, Fervenza FC, Zhang Y, et al. Atypical postinfectious glomerulonephritis is associated with abnormalities in the alternative pathway of complement. Kidney Int 2013;83:293-9. Sethi S, Fervenza FC, Zhang Y, et al. C3 glomerulonephritis: clinicopathological findings, complement abnormalities, glomerular proteomic profile, treatment, and follow-up. Kidney Int 2012;82:465-73. ** Studio clinico e genetico di una coorte di pazienti con C3GN. Temme J, Peters F, Lange K, et al. Incidence of renal failure and nephroprotection by RAAS inhibition in heterozygous carriers of X-chromosomal and autosomal recessive Alport mutations. Kidney Int 2012;81:779-83. * Lo studio analizza il decorso clinico di eterozigoti di SA-XL e un sottogruppo di pazienti con TBMD. Vernon KA, Cook HT. Complement in glomerular disease. Adv Chronic Kidney Dis 2012;19:84-92. Interessante panoramica sul ruolo del sistema del complemento nella patogenesi di alcune malattie glomerulari. * van der Loop FT, Heidet L, Timmer ED, et al. Autosomal dominant Alport syndrome caused by a COL4A3 splice site mutation. Kidney Int 2000;58:1870-75. Vivante A, Calderon-Margalit R, Skorecki K. Hematuria and risk for end-stage kidney disease. Curr Opin Nephrol Hypertens 2013;22:325-30. Yu C-C, Fornoni A, Weins A, et al. Abatacept in B7-1–positive proteinuric kidney disease. 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