steroid-free o low

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steroid-free o low
L’impiego degli steroidi
nei pazienti HCV-positivi:
steroid-free o low-dose?
RIASSUNTO
Riportiamo i risultati di uno studio retrospettivo sui pazienti sottoposti a trapianto di fegato (LT) presso il nostro Centro per cirrosi HCV-correlata e trattati con triplice terapia con inibitori delle calcineurine (CNI), azatioprina (AZA)
e steroidi (S) vs. monoterapia con CNI. Tra il luglio 1992 e il marzo 2005 sono
stati sottoposti a LT 118 pazienti affetti da cirrosi HCV-correlata. Di essi 55
(gruppo A) hanno ricevuto CNI (53 CyA; 2 TAC), AZA ed S. Invece, 63 pazienti (gruppo B) sono stati trattati in monoterapia con CNI (39 CyA; 24 TAC). I
due gruppi erano statisticamente omogenei per età, sesso, età del donatore,
tempo d’ischemia fredda e livello basale di AST. Nel post-trapianto, i pazienti
sono stati sottoposti a biopsia epatica annuale ed ogniqualvolta clinicamente indicata. La sopravvivenza attuariale dei 118 pazienti a 10 anni è del 62%. La recidiva di HCV ha rappresentato la causa di morte per 11 (9,3%) dei pazienti deceduti nel corso dello studio. Di tali pazienti 8 appartengono al gruppo A e 3 al
gruppo B. La sopravvivenza a 10 anni dei pazienti del gruppo A (S) e del gruppo B (no S) è stata rispettivamente pari al 72% e 60% (Cox log rank p = ns). All’ultima biopsia effettuata, il grado istologico medio nel gruppo A vs. gruppo B
è rispettivamente 4,5 ± 1 vs. 4,1 ± 0,8 (p = ns), mentre lo stadio medio è nel
gruppo A 3,1 ± 0,5 e nel gruppo B 2,3 ± 0,9 (p = 0,003). L’immunosoppressione steroid-free trova il suo razionale nella volontà di risparmiare al paziente gli effetti collaterali degli S, ma anche dall’evidenza che i pazienti che abbiano ricevuto S difficilmente sviluppano uno stato di tolleranza.
Parole chiave
Trapianto di fegato, HCV, recidiva, immunsoppressione, steroidi.
Steroid-free immunosuppression or low-dose steroids
in HCV patients?
SUMMARY
We report the results of a retrospective study on liver transplant (LT) recipients grafted at
our institution for HCV-related cirrhosis and treated with calcineurin inhibitor (CNI)-based
triple therapy vs. CNI monotherapy. From July 1992 until March 2005 118 patients were
transplanted for HCV-related cirrhosis. Fifty-five (group A) received CNI-based triple
therapy (53 CyA; 2 TAC) with azathioprine (AZA) and steroids (S), while 63 (group B)
were administered CNI monotherapy (39 CyA; 24 TAC). The two groups were comparable
in terms of age, gender distribution, donor age, cold ischemia time and basal AST. In the
post-LT course all patients underwent yearly graft biopsy or whenever indicated. The overall
10-year patient survival is 62% (group A 72% vs. group B 60%; Cox log rank p = ns)
and HCV-related graft hepatitis accounted for 9.3% of deaths among the patients who died
during the follow-up (group A 8 vs. group B 3). The last carried forward analysis showed
that the average histologic grade was 4.5 ± 1 in group A vs. 4,1 ± 0,8 in group B patients
(p = ns), while mean staging score was 3.1 ± 0.5 in group A vs. 2.3 ± 0.9 in group B (p =
0,003). Steroid-free immunosuppression seems to be associated with lower/slower fibrotic
progression in HCV-positive patients. These regimens may not only spare patients steroidrelated side effects, but also allow for easier weaning of immunosuppression.
Key words
Liver transplantation, HCV, recurrence, immunosuppression, steroids.
212
4/2006
Giuseppe Tisone
Giuseppe Iaria
Alessandro Anselmo
Linda De Luca
Benedetto Ielpo
Cristiana Lucchesi
Laura Tariciotti
Clinica Chirurgica,
Ospedale S. Eugenio,
Università degli Studi di Roma
“Tor Vergata”, Roma
L’impiego degli steroidi
nei pazienti HCV-positivi:
steroid-free o low-dose?
G. Tisone et al.
Trapianti 2006; X: 212-216
Introduzione
La recidiva d’epatite C è la causa principale della ridotta sopravvivenza
nei pazienti sottoposti a trapianto di fegato (liver transplantation, LT)
per cirrosi epatica HCV-correlata. La sopravvivenza dei riceventi
HCV-positivi a 5 anni dal LT è del 60÷70% rispetto all’80% degli
HCV-negativi. Ad 1 anno dal trapianto oltre il 25% dei riceventi mostra segni istologici di recidiva di malattia e a 3 anni l’80% dei riceventi mostra segni istologici di malattia. Dopo 5 anni il 20% dei riceventi sviluppa cirrosi1-4.
Tra i fattori che influiscono sulla recidiva di malattia, la terapia immunosoppressiva gioca un ruolo importante e, in particolare, i boli di
metil-prednisone (MP) come le alte dosi di steroidi (S) sembrano
contribuire nel meccanismo del danno all’origine dell’epatite colestatica fibrosante (fibrosing cholestatic hepatits, FCH) e dell’epatite cronica5. Inoltre, la terapia con S nel trattamento del rigetto acuto (acute rejection, AR) è associata ad un aumento dell’HCV-RNA, del danno
tessutale e della mortalità5. Rispetto ai riceventi di rene o di cuore, i
trapianti di fegato sono meno inclini a sviluppare AR, per una più
ampia presenza di cellule modulatrici contenuta nell’organo. Nonostante questi dati, ancora oggi la terapia immunosoppressiva basata
su S è utilizzata correntemente.
Con questi presupposti il presente studio vuole valutare gli effetti della
terapia immunosoppressiva senza steroidi nei pazienti sottoposti a
trapianto di fegato per cirrosi epatica HCV-correlata, rispetto alla
progressione istologica della fibrosi, alla sopravvivenza e all’andamento degli indici di funzionalità epatica a lungo termine.
Materiali e metodi
Tra il luglio 1992 e il marzo 2005 sono stati sottoposti a LT presso il nostro Centro 204 pazienti per cirrosi epatica virus-correlata. Tra questi sono stati selezionati 118 pazienti trapiantati per cirrosi epatica
HCV-correlata in assenza d’altro tipo d’eziologia. Tali pazienti sono
stati divisi in due gruppi: 55 pazienti (gruppo A) hanno ricevuto nel
post-trapianto come terapia immunosoppressiva un inibitore delle
calcineurine (calcineurin inhibitors, CNI); 53 ciclosporina (CyA) e 2
tacrolimus (TAC) associato ad azatioprina (AZA) ed S. Invece, 63
pazienti (gruppo B) sono stati trattati in monoterapia con uno dei
due CNI: 39 CyA e 24 TAC.
I due gruppi di pazienti sono statisticamente omogenei, non esistendo
tra loro, differenze significative rispetto all’età (gruppo A: 55±3,6
anni; gruppo B: 53±4,1 anni); sesso (gruppo A: M/F=47/8; gruppo
B: M/F=51/12); età del donatore (gruppo A: 47±11 anni; gruppo B:
49±13 anni); tempo d’ischemia fredda (gruppo A: 495±36 min;
gruppo B: 486±47 min)e livello basale di AST (gruppo A: 69±12
UI/L; gruppo B: 75±15 UI/L).
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Analisi istologica
I 118 pazienti sono stati sottoposti a biopsia epatica annualmente. Sono
state effettuate, inoltre, ulteriori biopsie in seguito ad elevati valori di
ALT od altri segni disfunzione epatica. Tutti i preparati istologici sono
stati esaminati dallo stesso patologo. L’infiammazione (grado) e la fibrosi (stadio) epatiche sono state valutate mediante lo score di Ishak6.
Terapia immunosoppressiva
Il protocollo prevedeva la somministrazione di una triplice terapia immunosoppressiva (CyA + AZA + S in 53 pazienti; TAC + AZA + S in 2
pazienti) nei 55 pazienti del gruppo A, ed una monoterapia nei 63
pazienti del gruppo B. Gli episodi di rigetto acuto sono stati confermati da una biopsia epatica e successivamente trattati con 500 mg di
MP per 3 giorni.
Diagnosi di epatite C
La diagnosi d’infezione HCV prima del trapianto di fegato è stata effettuata mediante la metodica PCR HCV-RNA (HCV Amplicor kit; Roche Diagnostic Systems Inc., Branchburg, NJ, USA).
Analisi statistica
È stato creato un data base contenente i dati relativi ai 118 pazienti trapiantati. L’analisi statistica è stata realizzata mediante il software
SPSS per Windows versione 13.0 (SPSS Inc., Chicago, Illinois, USA).
Le differenze tra i parametri continui sono state analizzate mediante
il t test per campioni indipendenti, mentre le differenze tra i parametri categorici mediante il test del chi-quadro. Le curve di sopravvivenza sono state realizzate secondo Kaplan–Meier. Il livello di significatività statistica è stato fissato al 5%.
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Risultati
I due gruppi erano omogenei riguardo alle caratteristiche dei donatori,
dei riceventi e del tempo d’ischemia fredda. La sopravvivenza totale
dei 118 pazienti a 10 anni è del 62%. La recidiva di HCV ha rappresentato la causa di morte per 11 (9,3%) dei pazienti deceduti nel
corso dello studio. Di tali pazienti 8 appartengono al gruppo A e 3 al
gruppo B. La sopravvivenza a 10 anni dei pazienti del gruppo A (S)
e del gruppo B (no S) è stata rispettivamente pari al 72% e 60%
(Cox log rank p = ns). Non è risultata alcuna differenza statistica nei
valori degli indici di funzionalità epatica nei due gruppi. All’ultima
biopsia effettuata, il grado istologico medio nel gruppo A vs. gruppo
B è rispettivamente 4,5 ± 1 vs. 4,1 ± 0,8 (p = ns), mentre lo stadio
medio è nel gruppo A 3,1 ± 0,5 e nel gruppo B 2,3 ± 0,9 (p = 0,003).
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Discussione
Sebbene gli S aumentino la replicazione virale e in particolare dell’HCV, essi sono routinariamente utilizzati nella pratica clinica, sia
nella profilassi che nel trattamento di episodi di AR nel LT. Il potenziale rischio di AR deve essere considerato contro i benefici di una
terapia senza S. Dopo il LT, l’infezione da HCV è stata identificata
come un fattore di rischio per l’AR precoce; la presenza, il numero e
il tipo di trattamento di episodi di AR sono stati associati con la recidiva istologica di HCV dopo LT7-9. In un gruppo di 96 pazienti sottoposti a LT, la recidiva istologica è stata documentata nel 18% dei pazienti senza episodi di AR, nel 42% per i pazienti con un episodio di
AR e nel 70% per i pazienti con più episodi di AR9. È stato ormai dimostrato che la terapia immunosoppressiva senza S è utilizzabile con
sicurezza nel LT: i differenti protocolli prevedevano monoterapia
con CyA o TAC, oppure duplice terapia con TAC e micofenolato mofetil (MMF)10-12. La percentuale di rigetto acuto era del 65% per CyA
e 66% per TAC monoterapia, o del 26% con TAC e MMF10, 11. In letteratura è riportato come i riceventi pediatrici di LT siano a più alto
rischio di fibrosi epatica, dopo interruzione di steroidi, a 5 anni dal
trapianto13. Nel presente studio non riportiamo differenze statisticamente significative per il grado istologico del gruppo A vs. il gruppo
B. Al contrario, lo stadio risultava migliore per i pazienti senza terapia steroidea (gruppo A 3,1±0,5 vs. gruppo B 2,3 ± 0,9). In un precedente studio randomizzato sull’efficacia dell’immunosoppressione
senza S nei pazienti sottoposti a LT abbiamo mostrato che: 1) la sopravvivenza dell’organo e del paziente a 2 anni era sovrapponibile
per i due gruppi; 2) la funzionalità dell’organo non era differente
nei due gruppi, anzi era presente un trend migliore non utilizzando
gli S; 3) l’uso del prednisone non era correlato all’incidenza ed alla
gravità dell’AR, che veniva riscontrato, di grado lieve, nella maggioranza delle biopsie protocollari precoci; 4) le complicanze infettive
erano simili nei due gruppi, e non correlate a terapia steroidea; 5)
una minore replicazione virale e una minore recidiva di malattia, nei
pazienti HCV-positivi senza prednisone12. Un nostro studio sulla graduale interruzione della terapia immunosoppressiva nei pazienti sottoposti a LT per cirrosi HCV-correlata ha mostrato che il completo
svezzamento è possibile nel 23% dei pazienti. Dopo un follow-up di
45,5 mesi, i pazienti tolleranti, comparati con gli immunocompetenti, mostravano stabilizzazione/miglioramento istologico di fibrosi (p
<0,01), minore necro-infiammazione (p <0,02), e miglioramento della funzionalità epatica (p <0,05). L’analisi statistica ha mostrato che i
fattori predittivi di una prolungata e mantenuta tolleranza dei pazienti erano bassi livelli di CyA nella prima settimana post-operatoria
(p = 0,004) ed un’immunosoppressione senza steroidi (p <0,008).
Quindi, la pregressa terapia steroidea rappresenta un fattore prognostico negativo, quando si vuole tentare lo svezzamento dall’immunosoppressione nei pazienti HCV-positivi14.
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Tali dati dimostrano che l’immunosoppressione influisce in maniera
determinante sulla storia naturale della recidiva d’infezione e malattia da HCV nel post-trapianto. Vale la pena notare che, in trapiantologia epatica, il rifiuto della terapia steroidea non trova il suo razionale solo nella volontà di risparmiare al paziente i ben noti effetti
collaterali, derivanti dalla somministrazione cronica degli S, poiché
questi sono somministrati a dosi minime e per brevissimo tempo (≤3
mesi). Piuttosto, gli S sembrano esercitare un’azione immunomodulatrice del tipo “tutto o nulla”, qualitativamente determinata, come
dimostrato da modelli sperimentali in cui gli S hanno alterato l’ambiente immunologico tramite un’azione diretta a livello timico; dal
nostro studio sullo svezzamento dei pazienti HCV-RNA positivi, in
cui abbiamo osservato che i pazienti che abbiano ricevuto S difficilmente sviluppano lo stato di tolleranza, nonostante li abbiano ricevuti per soli 3 mesi e a basse dosi. Le prime settimane post-trapianto
sono, quindi, fondamentali per la determinazione della mutua risposta fra self e non-self.
G. Tisone et al.
Trapianti 2006; X: 212-216
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