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Il trapianto di fegato da vivente
per cirrosi HCV correlata:
esperienza clinica e recidiva virale
RIASSUNTO
La riconosciuta efficacia del trapianto di fegato (LT) epatico quale procedura
salvavita ha portato ad un incremento progressivo dei pazienti in lista d’attesa
senza una corrispettiva implementazione del numero di donatori disponibili. Il
LT da donatore vivente (LDLT) si è rivelata la più interessante metodica per ridurre tale divario, sia pure a fronte di significative problematiche tecniche ed
etiche. La cirrosi HCV-correlata risulta una delle più frequenti indicazioni al
trapianto a causa della sua prevalenza in aree d’endemia virale. Di conseguenza, molti trapianti da vivente vengono eseguiti per tale patologia. Non risulta a
tutt’oggi definita l’influenza della rigenerazione epatica sulla recidiva HCV e
pertanto non è ancora del tutto noto il ruolo del trapianto di parti di fegato in
tale tipologia di paziente. Riportiamo l’esperienza dell’Ospedale Niguarda riguardante 26 LDLT su pazienti adulti (ALDLT) nell’ambito di una programma
comprendente oltre 800 trapianti da cadavere e 48 procedure di split liver. I
donatori e i riceventi sono stati studiati secondo protocolli clinici e psicologici
definiti che hanno portato all’esclusione del 76,8% dei donatori candidati e all’esecuzione del trapianto nell’87% dei riceventi considerati. L’età media dei
donatori utilizzati era di 37 ± 12 anni e 22 erano consanguinei. Le perdite ematiche mediane sono state di 200 mL (estremi 100÷1500). Nessun donatore ha
avuto complicanze maggiori. Ventidue trapiantati (84,7%) sono vivi con funzionalità epatica ottimale (follow-up medio 651 gg., estremi 8÷1737). Quattro pazienti sono deceduti (15,3%). Due pazienti sono stati ritrapiantati da donatore
cadavere con una sopravvivenza complessiva del graft del 77%. Nei pazienti trapiantati per cirrosi HCV la recidiva virale è stata del tutto sovrapponibile a quella da donatore cadavere. Il trapianto da vivente per ricevente adulto ha dimostrato risultati estremamente soddisfacenti con complicanze irrilevanti per il
donatore. L’utilizzo di donatori viventi, che, comunque, non può essere considerata un’alternativa alla donazione da cadavere, consente in casi selezionati
un reale incremento degli organi da trapiantare, anche se a fronte di importanti problematiche tecniche ed etiche.
Parole chiave
Trapianto di fegato da vivente, epatite HCV-correlata, recidiva.
Adult living donor liver transplantation in HCV-positive recipients: Clinical experience and viral recurrence
SUMMARY
The efficacy of liver transplantation (LT) as a life-saving procedure has produced a
progressive increase of the patients on the waitlist with no similar rise in the number of
available cadaveric donors. Living donor liver transplantation (LDLT) is becoming a
widespread procedure and has proved efficacious in reducing the discrepancy between the
number of transplant candidates and the number of transplantations performed.
However, critical technical and ethical issues are related to living donation. HCVcirrhosis is one of the more frequent indications to LT due to its prevalence in endemic
areas and, as a consequence, numerous LDLT procedures are being performed in HCV
patients. However, the role of hepatic regeneration on HCV recurrence is not yet defined
and the long-term prognosis of partial liver transplantation in this setting is not well
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Luciano De Carlis1
Abdallah O. Slim1
Alessandro Giacomoni1
Andrea Lauterio1
Iacopo Mangoni1
Vincenzo Pirotta1
Paolo Aseni1
Luca Belli2
Gian Battista Pinzello2
1
U. O. Trapianto di Fegato
2
S.C. Epatologia, Azienda
Ospedaliera Ospedale Niguarda
Ca’ Granda, Milano
Il trapianto di fegato
da vivente per cirrosi
HCV correlata: esperienza
clinica e recidiva virale
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Trapianti 2007; XI: 38-50
Introduzione
L’evoluzione della chirurgia epatica e, soprattutto, l’evoluzione della
tecnica di split liver “ex situ” e quindi “in situ” nel cadavere a cuore
battente hanno consentito la messa a punto di una metodologia sicura e applicabile di prelievo di parti del fegato a scopo di trapianto,
ponendo serie basi tecniche e scientifiche alla possibilità di donazione da vivente1-4. La procedura di split-liver da donatore adulto a ricevente pediatrico, tecnicamente molto più semplice ed effettuabile su
un più ampio numero di donatori, ha virtualmente azzerato in Italia
la lista d’attesa per i pazienti pediatrici. Il trapianto di split liver
adulto-adulto (adult-to-adult living donor living transplantation,
ALDLT) risulta ancora limitato ad un numero ridotto di casi e presenta risultati contrastanti per difficoltà tecniche e organizzative ancora rilevanti5.
La pratica dell’ ALDLT può essere invece considerata oggi la più importante risorsa terapeutica dopo il trapianto da donatore cadavere
per soddisfare il progressivo aumento delle liste d’attesa per trapianto epatico (liver transplantation, LT), pure a fronte di importanti problematiche cliniche, chirurgiche ed etiche. La sicurezza del donatore deve essere l’obiettivo principale di tutto il processo selettivo, ma
anche la selezione del ricevente è un elemento cruciale, in quanto il
rischio, sia pure calcolato, che affronta il donatore deve eticamente
essere bilanciato da un’alta probabilità di un esito ragionevolmente
positivo del trapianto6,7. Per tale motivo le indicazioni più controverse del LT, in quanto ad elevato rischio di recidiva, ossia le neoplasie
epatiche primitive, la cirrosi alcolica e, in parte, la cirrosi da virus
dell’epatite C (hepatits C virus, HCV) devono essere attentamente valutate nella programmazione di un ALDLT.
Come per il trapianto da donatore cadavere (deceased donor liver transplantation, DDLT), la cirrosi HCV-correlata rappresenta una delle
indicazioni principali all’ALDLT. Circa il 68% dei pazienti adulti che
vengono sottoposti a trapianto epatico per patologia virus-correlata
hanno un’infezione da HCV. Studi istopatologici nei pazienti sottoposti a LT hanno dimostrato che circa il 90% dei pazienti hanno
danni istologici correlati alla presenza dell’HCV e che oltre il 20%
dei pazienti trapiantati presenta negli anni una cirrosi ad evoluzione
sfavorevole8,9. Se la prognosi di questi pazienti risulta oggi relativamente conosciuta e sono noti fattori di rischio significativi per una
evoluzione sfavorevole della recidiva (età del donatore, tipologia virale, sesso femminile), non è ancora definito il ruolo della rigenerazione epatica, che si accompagna inevitabilmente al trapianto di parti di fegato ed è parte integrante del risultato positivo a breve termine del trapianto stesso, sulla recidiva virale e sull’evoluzione della recidiva stessa10,11.
Scopo di questo lavoro è proporre una rivisitazione di tale problematica alla luce della nostra iniziale esperienza nell’ALDLT, con particolare riferimento ai risultati ottenuti nei donatori e nei riceventi ed
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alla tipologia della recidiva HCV. La casistica globale dell’Ospedale
Niguarda comprende oltre 800 trapianti epatici effettuati dal dicembre 1985 al Dicembre 2005, ed è costituita da 738 trapianti di
fegato intero, 30 di split-liver destro (split adulto-pediatrico) e di 18
di split-liver per due riceventi adulti (split adulto-adulto). Nel marzo 2001 è stato eseguito nel nostro Centro il primo trapianto in Italia di lobo epatico destro da donatore vivente su ricevente adulto e
ad oggi tale procedura è stata da noi applicata complessivamente su
26 riceventi12,13.
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Valutazione del donatore
La valutazione dell’idoneità del donatore avviene su base interdisciplinare secondo un protocollo operativo stabilito (tabella I).
La compatibilità gruppo-ematica con il ricevente, accanto ad una perfetta normalità degli esami ematici e dei markers virali, sono il requisito indispensabile per procedere alla valutazione del donatore. Le
indagini strumentali prevedono essenzialmente i seguenti esami:
l
TC multidetettore con fasi di ricostruzione vascolare: questo esame ha
sostituito, nei nostri protocolli, l’arteriografia celiaco-mesenterica che
viene attualmente riservata solo a casi particolarmente complessi,
come ad esempio in caso di non chiara visualizzazione dell’anatomia
vascolare del IV segmento epatico. La TC fornisce, inoltre, esatte infor-
Esclusione (%)
32%
Step 1
• Anamnesi/esame clinico
• 1a valutazione psicologica
• Esami ematici (routine + virali)
• Ecografia epatica
• Profilo coagulativo (genetica + fattori)
26%
Step 2
• TC (anatomia vascolare + volumetria)
• RMN (anatomia biliare + steatosi)
• Biopsia epatica (solo se indicata)
12%
Step 3
• Funzionalità respiratoria
• ECG (dinamico)
• Ecocardiogramma (dipiridamolo)
• Coronarografia (solo se indicata)
• Valutazione psichiatrica + 2a psicologica
5%
Step 4
• Predepositi ematici e colla di fibrina autologa
• Valutazione immunologica (NITp)
• Valutazione Parte Terza
• Consensi informati chirurgici e anestesiologici.
2%
Totale idonei
• Donazione emifegato destro
23.2%
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Tabella I. Valutazione del donatore di ALDLT.
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mazioni sulla volumetria epatica globale e segmentarla, operando su
piani di sezione virtuali opportunamente concordati con il chirurgo.
Risonanza Magnetica che, accanto ad un ottima definizione del grado di steatosi parenchimale, consente un’ulteriore verifica dell’anatomia venosa sovraepatica e portale (angio-RM) e, soprattutto, dell'albero biliare extra epatico (colangio-RM).
Agli accertamenti radiologici si aggiunge un’approfondita analisi immunologica, comprendente il cross-match donatore/ricevente, la
definizione HLA-DR, ed un completo screening emocoagulativo con
accertamenti genetici specifici. La biopsia epatica è da noi eseguita
solo in casi selezionati ove gli accertamenti preoperatori abbiano evidenziato dubbi sull'ultrastruttura parenchimale (steatosi, epatiti,
malattie metaboliche, pazienti obesi con BMI >27 Kg/mÇ, ecc.).
Nella nostra serie, seguendo tale protocollo, solo 9 pazienti sui 112
valutati (8%) sono stati sottoposti a biopsia epatica.
l
Valutazione del ricevente
Il ricevente per convenzione risulta essere un paziente già inserito in
una lista d’attesa per trapianto da cadavere e pertanto non necessita
di valutazione specifica. Il paziente, di regola, ha le stesse indicazioni
di un trapianto da cadavere ma, per motivazioni etiche nei confronti
del donatore, non deve essere in condizioni di gravità (UNOS 1 o
2a) e non deve presentare patologie ad elevato rischio di recidiva
(neoplasie oltre i criteri di Milano), tali da condizionare sfavorevolmente il successo della procedura.
l
Valutazione psicologica
È stato previsto un intervento psicologico mirato che prevede che la
coppia donatore-ricevente sia seguita da psicologi dedicati, ma diversificati fra i due membri della coppia. In particolare, per il donatore
sono previsti almeno tre colloqui distanziati nel tempo per valutare:
1) la motivazione del potenziale donatore; 2) la presenza di eventuali pressioni psicologiche, economiche o d’altro genere; 3) la consapevolezza del rischio chirurgico; 4) la comprensione delle spiegazioni fornite dai medici nel momento del consenso informato. Segue
un quarto colloquio condotto da una Parte Terza, esterna al Centro
trapianti, che fornisce un’ulteriore garanzia dell’attitudine psicologica alla donazione14.
l
Tecnica chirurgica
Per quanto riguarda la tecnica da noi adottata sul donatore, questa risulta essere un’epatectomia destra ‘regolata’ attuata attraverso un’incisione mediana estesa in sottocostale destra. Mediante ecografia intra-operatoria si esegue mappaggio del decorso della vena sovraepa-
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tica media e delle vene ad essa affluenti dal segmento 5° ed 8°. Un
nuovo mappaggio viene effettuato dopo clampaggio temporaneo
dell'ilo vascolare destro per evidenziare la linea di sezione parenchimale. Tale sezione viene di regola effettuata con dissettore ad ultrasuoni (CUSA), elettrocoagulazione bipolare e suture vasculo-biliari.
Dopo eparinizzazione sistemica si procede al prelievo del graft con
sezione, in sequenza, del dotto epatico destro e dei rami arterioso,
portale e sovraepatico destro. Su banco il graft viene perfuso sia per
via portale che arteriosa con soluzione Celsior.
La tecnica chirurgica nel ricevente prevede un’epatectomia totale con
conservazione della vena cava senza utilizzo del by-pass veno-venoso;
un’anastomosi della vena sovraepatica destra del graft con la sovraepatica destra del ricevente con plastica d’allargamento (slit) cavale;
un’anastomosi portale e arteriosa termino-terminale, con eventuale
plastica dei monconi vascolari, di regola senza impiego di graft vascolari; e, quindi, una ricostruzione biliare diretta singola o multipla
fra le vie biliari del donatore e del ricevente o con interposizione di
ansa esclusa alla Roux.
l
Protocolli di follow-up
Il donatore, mantenuto in profilassi antitrombotica per 30 giorni con
eparina a basso peso molecolare, è sottoposto a controlli clinici e
biochimici settimanali nel primo mese, quindi a 3, 6, 12 mesi e, successivamente, ogni anno. Rispettivamente a 1 e 12 mesi viene eseguita RM per valutare la rigenerazione epatica o la presenza di eventuali anormalità.
Il ricevente riceve una quadruplice terapia immunosoppressiva comprendente siero antilinfocitario (ALG), inibitori della calcineurina
(CNI), azatioprina (AZA) e steroidi (S). AZA e S vengono sospesi tra
il primo ed il terzo mese con progressione scalare. Tale protocollo
d’induzione dell’immunosoppressione è identico a quello utilizzato
nei trapianti da donatore cadavere. Il ricevente consanguineo riceve
dopo il 6° mese una dose di CNI mediamente inferiore del 25% rispetto al paziente standard. Vengono quindi effettuati controlli clinici e biochimici quindicinali e mensili nei primi tre mesi e quindi trimestrali nel successivo follow-up. Un’eco-Doppler viene eseguita alla
dimissione ed ogni 6 e 12 mesi. Nei pazienti neoplastici viene effettuata una TC a scadenza annuale.
I pazienti HCV-positivi, dopo il trapianto, eseguono una biopsia epatica
a 6 mesi e quindi a scadenza annuale, od ogniqualvolta richiesto dalla situazione clinica. Le biopsie sono valutate secondo la classificazione istologica per l’epatite cronica di Ishak, che considera e quantifica la quota di necro-infiammazione e di fibrosi del campione esaminato. Nei nostri protocolli i pazienti che manifestavano una componente necro-infiammatoria (grading) ≥6 o una componente di fibrosi (staging) ≥3 entrano in un trial di trattamento con interferone
(INF) e ribavirina (RIBA).
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Risultati
Donatore
Nel Centro di Niguarda 112 candidati sono stati considerati per una
possibile donazione di fegato da vivente. Dalla tabella I si evince
come solo il 23.2% di questi siano stati giudicati idonei alla donazione. Le esclusioni sono state effettuate per controindicazioni di vario
tipo emerse durante i successivi step valutativi e con una percentuale
decrescente dallo screening iniziale alla fase finale.
Ventisei candidati (26/112: 23.2%) sono stati sottoposti ad intervento
d’epatectomia destra a scopo di trapianto in quanto giudicati idonei
alla donazione (tabella II). L’età media dei donatori è stata di 37 ±
12 anni (mediana 32) e 22 erano consanguinei (15 figli, 4 sorelle, 1
fratello, 1 padre, 1 madre). Le perdite ematiche intra-operatorie
hanno avuto una mediana di 200 cc (estremi 100÷1500; media
261,2). Il rapporto tra il peso del graft destro ed il peso del ricevente
(graft-to-recipient weight ratio, GRWR) e il rapporto fra il peso del
fegato residuo del donatore ed il peso del donatore (graft-to-donot
#
Età
(anni)
Sesso
Parentela
Perdite
Degenza
ematiche (mL) (gg.)
1
2
3
4
5
6
7
8
9
32
55
32
26
28
33
26
31
29
M
F
F
M
M
M
M
M
M
Figlio
Madre
Sorella adottiva
Figlio
Figlio
Figlio
Figlio
Figlio
Cugino/cognato
400
1500
300
100
100
200
200
100
250
14
16
11
7
11
12
15
9
13
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
32
54
52
28
55
51
65
30
28
30
36
49
32
29
31
24
45
M
F
F
M
M
F
M
M
M
F
F
F
F
F
M
M
M
Figlio
Sorella
Sorella
Figlio
Padre
Sorella
Marito
Figlio
Figlio
Figlia
Sorella
Marito
Figlia
Figlia
Figlio
Figlio
Fratello
200
100
150
200
250
100
350
120
100
100
100
350
200
100
700
300
250
16
10
9
8
8
7
8
7
8
7
9
9
11
10
9
8
8
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Complicanze
Versamento pleurico
Versamento pleurico
Nessuna
Gemizio biliare
Nessuna
Gemizio biliare
Appendicite acuta
Nessuna
Versamento pleurico;
embolia polmonare
Versamento pleurico
Nessuna
Nessuna
Nessuna
Nessuna
Nessuna
Nessuna
Nessuna
Nessuna
Nessuna
Versamento pleurico
Nessuna
Nessuna
Nessuna
Raccolta sierosa
Nessuna
Nessuna
Tabella II. Caratteristiche dei
donatori di ALDLT.
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clinica e recidiva virale
weight ratio, GDWR) è stato solo in un caso inferiore a 1 (GRWR
medio 1,2 ± 0,4; estremi 0,8÷1,4; GDWR medio 1,1 ± 0,1, estremi 11,2).
Nessun donatore ha avuto complicanze peri-operatorie maggiori e tutti
sono stati dimessi da 7 a 16 giorni dall’intervento (mediana 9 giorni;
estremi 7÷16, media 10,1). Un donatore è stato sottoposto ad intervento d’appendicectomia in urgenza in 5° giornata postoperatoria
per appendicite acuta. Un donatore in 32° giornata, a domicilio, ha
sviluppato un’embolia polmonare sinistra conseguente ad una trombosi venosa iliaco-femorale misconosciuta che ha necessitato di ricovero ospedaliero e trattamento anticoagulante protratto fino a risoluzione completa del quadro clinico e radiologico.
Ricevente
Dei 26 pazienti trapiantati, 22 (84,7%) sono vivi con normale funzionalità epatica (follow-up medio 651 gg.; estremi 8÷1737). Quattro pazienti (15,3%) sono deceduti: uno (# 2) per un’emorragia polmonare massiva in paziente con sindrome di Rendu-Osler15, due (# 5, 10)
per infezione aspergillare ed uno per arresto cardio-circolatorio secondario ad aritmia maligna (# 23) (Tabella 3). Due pazienti (# 3;
hanno subito un ritrapianto rispettivamente in 31a e in 21a giornata
con una sopravvivenza complessiva del graft del 77% (20/26). La
prima paziente (# 3) è stata ritrapiantata per una trombosi arteriosa.
La seconda (# 16), portatrice di shunt porto-cava transgiugulare
(TIPS), per una small-for-size syndrome con ematemesi ripetute e
danno epatico da iperafflusso, nonostante un GRWR di 1. La paziente è stata sottoposta in 14° giornata ad intervento d’anastomosi porto-cavale ad H a scopo decompressivo con ottimo risultato sull’ipertensione portale e sul sanguinamento gastro-enterico, ma senza significativa efficacia sui danni epatici da iperafflusso già instauratisi
(tabella III).
Le indagini pre-operatorie ed il riscontro diretto intra-operatorio sul
donatore hanno evidenziato una serie di anomalie vascolo-biliari
che hanno richiesto differenti strategie chirurgiche3,4,16. In 6 casi
erano presenti vene sovraepatiche accessorie che hanno richiesto
un’anastomosi separata sulla vena cava inferiore del ricevente. In 3
casi era presente una triforcazione portale con due rami diretti al
lobo destro e che hanno richiesto una plastica dei due osti venosi
con una successiva anastomosi termino-terminale con il tronco portale del ricevente. In un caso un ramo arterioso per il lobo destro,
proveniente dall’arteria dorsale pancreatica è stato anastomizzato su
banco all’arteria cistica. In 5 donatori era presente un ramo arterioso per il 4° segmento epatico proveniente dall’arteria epatica destra:
in 4 casi è stato conservato e si è utilizzato per l’anastomosi il ramo
arterioso di destra sezionato a valle dell’emergenza di tale ramo accessorio; in un caso è stato sacrificato in quanto un’arteriografia
preoperatoria aveva dimostrato la presenza di un secondo ramo ar-
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#
Età
(anni)
Sesso
1
2
59
27
M
M
3
44
4
54
HBV-HCV
Criptogenetica
+ Rendu-Osler
F
HCC .
+ Fibrosi Congenita
M
HCC + HCV
5
6
7
8
9
10
56
63
62
55
45
54
F
F
F
F
M
F
HCC + HCV
Etilica
HCC + HCV
HBV
HCC + HCV
HCC + HCV
21
1286
1276
1145
1108
39
11
58
M
HCC + HCV
829
12
45
M
HCC + HBV
800
13
49
F
C
741
14
15
16
17
18
19
20
21
33
44
57
54
56
62
49
51
F
M
F
M
F
M
M
F
733
781
651
591
529
447
385
377
22
60
M
HCC + HCV
PBC
PBC (TIPS)
HCC + HCV
HCC + HCV
HCC + HCV
HCC + HBV
Adenomatosi
multipla
HCC + HCV
23
24
25
26
57
60
52
54
F
F
M
M
HCC + HCV
HCC + HCV
HCC + HDV
HCC + HCV
12
29
15
8
Patologia
Follow-up
(gg.)
1737
8
1559
1538
283
Stato
Complicanze
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Vivo
Morto
Nessuna
Emorragia
polmonare
Viva
Trombosi arteriosa;
ritrapianto
Vivo Stenosi biliare tardiva
(PTC-stent)
Morta Aspergillosi sistemica
Viva
Nessuna
Viva
Nessuna
Viva
Nessuna
Vivo
Nessuna
Morta
Sepsi (Aspergillo);
leak biliare (sutura)
Vivo
Stenosi biliare
(PTC-stent)
Vivo Leak biliare + biloma
(drenaggio PTC)
Viva
Kinking biliare
(PTC-stent)
Viva
Nessuna
Nessuna
Vivo
Viva
SFSS; ritrapianto
Vivo
Nessuna
Viva
Nessuna
Vivo
Leak biliare (Roux)
Vivo
Nessuna
Vivo
Leak biliare
+ stenosi (PTC-stent)
Vivo
Leak biliare
+ stenosi (PTC-stent)
Morta
Aritmia maligna
Viva
Nessuna
Vivo
Nessuna
Vivo
Nessuna
HCV: virus epatite C; HBV: virus epatite B; HCC: carcinoma epatocellulare; PBC: cirrosi biliare primitiva;
PTC: colangiografia transepatica percutanea; TIPS: shunt intraepatico porto-cava transgiugulare; SFSS:
small for size syndrome.
terioso per il 4° segmento proveniente dall’epatica sinistra. In 12
casi erano presenti anomalie biliari che hanno richiesto anastomosi
multiple utilizzando la via biliare principale, i due dotti epatici separatamente, il dotto epatico destro e il dotto cistico o un’ansa digiunale defunzionalizzata secondo Roux.
Complicanze biliari si sono verificate in 8 pazienti (32%) e sono state
risolte, in 7 di essi con bilio-plastica percutanea dell’anastomosi biliare ed eventuale posizionamento di stent endoluminale, ed in uno,
data la presenza di una vasta deiscenza anastomotica, mediante riconfezionamento dell’anastomosi biliare su un’ansa defunzionalizzata secondo Roux.
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Tabella III. Caratteristiche dei riceventi di ALDLT. Aggiornato al
16.12.2005
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Recidiva HCV
Quindici pazienti sono stati sottoposti ad ALDLT per cirrosi HCV correlata; 14 presentavano in associazione un HCC che allo studio preoperatorio risultava entro i criteri di Milano, ma con caratteristiche
di multifocalità o di progressione dimensionale tali da essere considerati pazienti con urgenza clinica relativa. Il genotipo virale era 1b
in 12 casi e 2a in 2. Il follow-up mediano dei pazienti con HCV è stato di 488 giorni (media 615; estremi 8÷1737). Dodici pazienti hanno
un follow-up superiore a 6 mesi. In questi pazienti al termine del follow-up i valori medi di ALT sono di 68 ± 31 U/dL e la bilirubina 1.9
± 0.9 mg/dL. Sei pazienti (50%) dei 12 con follow-up > 6 mesi hanno manifestato una recidiva istologica. All’ultima biopsia eseguita, il
grading medio era 4,8 mentre lo staging medio era 1,2. Due di questi pazienti, presentando uno score di Ishak pari a 9, sono stati trattati con INF e RIBA ottenendo una risposta completa con clearance virale nel primo paziente ed una normalizzazione degli esami ematici
nel secondo con netta riduzione della carica virale. Nessun paziente
ha manifestato una forma di epatite colestatica.
Paragonando retrospettivamente una coorte di 103 pazienti con cirrosi
HCV con follow-up > 6 mesi, da noi trapiantati nello stesso periodo
(2001-2005) con fegato intero da donatore cadavere, 61 hanno manifestato una recidiva HCV (59,2%, p = ns) con grading medio 6,7 e
staging medio 2,6, e di questi 29 hanno evidenziato uno score ≥9.
Cinque pazienti hanno manifestato una forma colestatica severa e
due sono stati retrapiantati. I valori medi di ALT risultavano 71 ± 12
UI/dL (p = ns) e la bilirubina 1,2 ± 1.4 mg/dL (p = ns). L’età media
del donatore era significativamente superiore in questo gruppo rispetto a quelli con ALDLT (58,9 vs. 33,5: p < 0,01). Analoghi risultati
si sono ottenuti analizzando tutta la serie di pazienti operati con trapianto di parte di fegato (split adulto-pediatrico: segmenti 1,4-8; split
adulto-adulto: segmenti 5-8 o 1-4: ALDLT: segmenti 5-8) (figura 1).
239 LT in pts HCV-positivi
(follow-up 180÷2192 gg.; mediana 916)
48 graft ridotto
191 graft intero
23 (47,9%) recidive
115 (60,2%) recidive
Grading > 6: 7 pts (14,5%)
Staging > 3: 3 pts (6,2%)
Grading > 6: 39 pts (19,8%)
Staging > 3: 18 pts (9,4%)
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Figura 1. Comparazione dei
tassi di recidiva di epatite HCV
nei pazienti sottoposti ad
ALDLT e DDLT. Esperienza personale.
Il trapianto di fegato
da vivente per cirrosi
HCV correlata: esperienza
clinica e recidiva virale
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L. De Carlis et al.
Trapianti 2007; XI: 38-50
Conclusioni
Dai dati UNOS 2003 risultavano in lista d’attesa per trapianto epatico
più di 13.000 pazienti con un’attività di trapianto nell’anno precedente di soli 4.578 casi eseguiti, evidenziandosi così un drammatico
squilibrio tra domanda ed offerta ed un inaccettabile aumento della
mortalità in lista.
Questa realtà condivisa da tutti i Paesi occidentali sembra giustificare il
ricorso inevitabile al donatore vivente quale fonte di organi pur nell’ambito di un rigido protocollo e di linee guida condivise6,17,18. Le riserve a tale procedura muovono da dati di fatto altrettanto inoppugnabili sulla mortalità del donatore che, attualmente, sembra doversi porre attorno ad una percentuale dello 0,1%. Bisogna peraltro
considerare che tali risultati sono senza dubbio secondari ancora ad
un’inevitabile curva d’apprendimento tecnico, date le difficoltà della procedura, ma soprattutto metodologico, sulla scelta del donatore
e del ricevente.
È indiscutibile che l’emifegato destro, e comunque il fegato “diviso”,
rappresenti una sorta di graft “marginale”, sia per le manipolazioni
chirurgiche effettuate durante il prelievo, sia per le dimensioni ridotte nei confronti delle necessità metaboliche del ricevente. Si è
appurato che un GRWR e un GDWR > 0.8 sia sufficiente a garantire
le necessità funzionali del ricevente e del donatore, ma quest’assunto è valido solo se la porzione di fegato considerata risulti perfettamente vascolarizzata e con ottimale deflusso venoso (concetto di
rapporto funzionale piuttosto che dimensionale). Questo deve fare
porre estrema attenzione nella scelta del paziente ricevente, in
quanto pazienti in condizioni generali scadute o con un grave stato
d’ipertensione portale possono non essere in grado di affrontare un
iniziale periodo post-operatorio inevitabilmente critico19. Una recente revisione dei dati del Registro Europeo del Trapianto di Fegato
(European Liver Transplant Registry, ELTR: www.eltr.org) aggiornata al giugno 2003, che ha confrontato 2.160 split-liver con 4.4675 trapianti di fegato intero, ha riscontrato nei primi una sopravvivenza ad
1 anno del graft significativamente inferiore (65% vs. 74%, p <
0,0001). L’utilizzo di fegati alcuni anni fa ritenuti “a rischio” è diventata peraltro prassi comune per far fronte ad un continuo aumento
della mortalità dei pazienti in lista d’attesa di trapianto.
Nella nostra esperienza i risultati dell’ALDLT sono del tutto paragonabili a quelli riportati dall’ELTR per il fegato intero (a 1 anno 80% e
74%, rispettivamente, la sopravvivenza del paziente e del graft). Utilizzando le linee guida raccomandate e concordate dal NITp nella
selezione dei riceventi, che includono solo pazienti in lista d’attesa
per donatore cadavere, il trapianto da vivente ha consentito, considerando i due pazienti sottoposti a retrapianto, un risparmio netto
di 22 donatori su 24 (+91,6%) sul pool dei donatori cadaveri. Utilizzando per l’ALDLT le stesse indicazioni per il trapianto da cadavere
è inevitabile che molti di questi pazienti presentino una cirrosi HCV
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Il trapianto di fegato
da vivente per cirrosi
HCV correlata: esperienza
clinica e recidiva virale
correlata, vista la prevalenza di tale infezione nella coorte di pazienti
per la quale esiste un’indicazione a trapianto di fegato.
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ALDLT e recidiva HCV
Alcuni autori hanno segnalato un aumento della recidiva epatitica nei
pazienti con ALDLT, come conseguenza della rapida rigenerazione
epatica che si verifica nelle prime fasi del trapianto. In particolare, è
riportata una maggior frequenza di forme colestatiche in ALDLT
mentre non sembrano esservi differenze nell’epoca d’insorgenza e
nell’incidenza della reinfezione HCV20,21. Altri autori, peraltro, non
hanno riscontrato differenze nella tipologia della recidiva epatitica,
ma solo un incremento dei valori di bilirubinemia nell’ALDLT11, 22,23.
I nostri dati non confermano tale assunto: anzi, le recidive epatitiche finora dimostrate nei trapianti di parti di fegato non hanno avuto caratteristiche colestatiche ed hanno avuto una buona risposta
alla terapia medica24,25.
L’età del donatore sembra avere un’influenza rilevante nel determinare un aumento della componente fibrosa nella recidiva epatitica
post trapianto. I donatori di emifegato hanno un’età significativamente minore rispetto ai donatori cadavere utilizzati e questo può
controbilanciare l’effetto sfavorente, anche se tuttora non dimostrato, della rigenerazione epatica nei confronti della ricorrenza di malattia26-28. I valori più elevati di bilirubina riportati in ALDLT possono essere riferiti ad un maggior numero di complicanze biliari in
questa serie di malati rispetto al trapianto da cadavere.
In conclusione, il trapianto da donatore vivente deve essere considerato
una procedura aggiuntiva al trapianto da cadavere in pazienti selezionati e tutti gli sforzi devono essere rivolti all'ottimizzazione di
quest'ultima risorsa per la riduzione del gap tra richiesta e disponibilità di organi. Bisogna comunque riconoscere che la sicurezza del
donatore in termini di mortalità e morbilità costituisce un problema
senza soluzione, come emerge dai conflitti e dai dilemmi bioetici su
tale procedura. L’HCV risulta essere un’indicazione frequente nell’ALDLT, ma la recidiva epatitica sembra simile al gruppo dei trapianti da donatore cadavere.
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