parte prima - Università degli Studi di Milano
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Parte II Calcolo differenziale e integrale in più variabili 53 Capitolo 5 Calcolo differenziale in più variabili Finora abbiamo dato per scontato la conoscenza delle derivate parziali e delle regole per calcolarle (che sono le stesse che si usano per le derivate in una variabile, salvo la formula di derivazione parziale di funzioni composte che abbiamo discusso in un precedente paragrafo) ed abbiamo usato questi strumenti con atteggiamento euristico, per risolvere equazioni differenziali alle derivate parziali. Non abbiamo però dato un’inquadratura generale dei concetti coinvolti, cosa che faremo in questa parte. Precisiamo intanto che per funzione reale di due variabili reali si intende una normale funzione1 f , avente come dominio R2 , o un suo sottoinsieme Ω, e come codominio R. Poichè gli elementi di R2 sono coppie ordinate di numeri (che individuano punti di un piano in cui sia stato fissato un riferimento cartesiano ortogonale) la funzione f farà corrispondere a ogni coppia di numeri (x, y) ∈ Ω uno e un solo numero reale z = f (x, y), che chiameremo, come di consueto, immagine di (x, y) tramite f . Una volta fissato un riferimento cartesiano ortogonale nello spazio, la terna di numeri (x, y, f (x, y)) rappresenta le coordinate di un punto, e l’insieme di tali punti: © ª (x, y, z) ∈ R3 tali che z = f (x, y) dicesi grafico della funzione f . Poichè la z varia in dipendenza dal variare del punto (x, y) ∈ Ω, il punto (x, y, z) ha due gradi di libertà e quindi il grafico è, nei casi più comuni (e in tutti quelli di cui ci occuperemo), una superficie nello spazio. Facciamo ora un passso indietro e riesaminimo i concetti di derivata e differenziale per funzioni di una variabile reale, per capire come si possano estendere al caso di due (o più ) variabili. 1 Una funzione f : A → B è una legge che ad ogni elemento di un insieme A, detto dominio, fa corrispondere uno e un solo elemento di un insieme B, detto codominio 55 56 CAPITOLO 5. 5.1 Richiami nel caso di una variabile 5.1.1 CALCOLO DIFFERENZIALE IN PIÙ VARIABILI La derivata Definizione 37 Sia f : U(x0 ) → R una funzione reale di variabile reale definita in un intorno U(x0 ) di un punto x0 . Se esiste finito il seguente limite lim ∆x→0 f (x0 + ∆x) − f (x0 ) ∆f = lim ∆x→0 ∆x ∆x lo chiamiamo derivata della funzione f nel punto x0 e lo denotiamo con oppure con f 0 (x0 ), e diciamo che la f è derivabile in x0 . df (x0 ) dx Conosciamo bene il significato geometrico di tale definizione: il coefficiente angolare della retta tangente al grafico di una funzione nel punto (x0 , f (x0 )) è definito come il limite, per ∆x → 0 e se esiste finito, del coefficiente angolare della retta secante il grafico nei punti (x0 , f (x0 )) e (x0 + ∆x, f (x0 + ∆x)). f (x0 + ∆x) R ∆f df f (x0 ) ∆x x0 x0 + ∆x 5.1. RICHIAMI NEL CASO DI UNA VARIABILE 5.1.2 57 Il differenziale Se f è derivabile in x0 , possiamo scrivere: f (x0 + ∆x) − f (x0 ) = f 0 (x0 ) + ε(∆x) ∆x e moltiplicando per ∆x: con lim ε(∆x) = 0 ∆x→0 ∆f = f (x0 + ∆x) − f (x0 ) = f 0 (x0 ) ∆x + ε(∆x) ∆x Poniamo: df (x0 , ∆x) = f 0 (x0 ) ∆x R(x0 , ∆x) = ε(∆x) ∆x cosı́ l’incremento ∆f (x0 , ∆x) della funzione può essere scritto come somma di due termini detti differenziale e resto (vedi figura): ∆f (x0 , ∆x) = df (x0 , ∆x) + R(x0 , ∆x) (5.1) con: R(x0 , ∆x) ε(∆x) ∆x = lim = lim ε(∆x) = 0 (5.2) ∆x→0 ∆x→0 ∆x→0 ∆x ∆x La validità di queste relazioni dicesi differenziabilità . Si vede facilmente che essa implica la continuità della f in x0 . Infatti i due termini df ed R nella (5.1) tendono a zero quando ∆x → 0 quindi anche la loro somma ∆f tende a zero. Se inoltre f 0 (x0 ) 6= 0 abbiamo: lim df (x0 , ∆x) f 0 (x0 ) ∆x = lim = f 0 (x0 ) 6= 0 (5.3) ∆x→0 ∆x→0 ∆x ∆x Il fatto che il limite (5.3) sia diverso da zero e il (5.2) uguale a zero significa che il differenziale df è infinitesimo dello stesso ordine di ∆x, mentre il resto R è infinitesimo di ordine superiore a ∆x: quindi il resto diviene trascurabile rispetto a df quando ∆x tende a zero. In altri termini il differenziale df = f 0 (x0 ) ∆x costituisce una approssimazione lineare in ∆x (proporzionalità diretta fra df e ∆x) dell’incremento della funzione a meno di un resto trascurabile quando ∆x tende a zero. Dal punto di vista geometrico il differenziale dà l’incremento della variabile dipendente (corrispondente all’incremento ∆x di quella indipendente) misurato non sul grafico della funzione, ma sulla retta tangente che ha equazione: lim y = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) Infatti il coefficiente di proporzionalità f 0 (x0 ) non è che il coefficiente angolare della retta tangente, cioè la tangente trigonometrica dell’angolo che la retta tangente forma col semiasse orizzontale positivo. Osservando la figura si nota che il resto non è affatto trascurabile rispetto al differenziale, ma questo è dovuto al fatto che il ∆x non è infinitesimo; se pensiamo a come si modificherebbe la figura diminuendo ∆x, possiamo intuire che a un certo momento il resto, schiacciato fra il grafico della funzione e la tangente, non sarà più apprezzabile mentre il df lo sarà ancora. 58 CAPITOLO 5. CALCOLO DIFFERENZIALE IN PIÙ VARIABILI 5.2 Il caso di due variabili Se si cerca di estendere i discorsi precedenti a funzioni z = f (x, y) di due (o più ) variabili, ci si accorge che la semplice esistenza delle derivate parziali in un punto (che comporta le conseguenze viste sopra per incrementi di una sola delle variabili per volta) non garantisce nessuna regolarità rispetto a variazioni simultanee delle due variabili. Per regolarità possiamo intendere la continuità (∆f piccolo a piacere pur di considerare incrementi sufficientemente piccoli delle variabili indipendenti) o la differenziabilità (approssimabilità del ∆f con una parte lineare in ∆x e ∆y a meno di infinitesimi di ordine superiore). Se però le derivate parziali sono a loro volta continue, la situazione ritorna analoga a quella ricordata nel caso di una variabile. Senza addentrarci in dettagli tecnici enunciamo il seguente: Teorema 38 Se una funzione f : Ω → R (Ω aperto2 di R2 ) ha le derivate parziali continue in ogni punto di Ω (e scriveremo allora: f ∈ C 1 (Ω)) e se (x0 , y0 ) ∈ Ω e (x0 + ∆x, y0 + ∆y) ∈ Ω, allora: ∂f ∂f (x0 , y0 ) ∆x + (x0 , y0 ) ∆y + R ∂x ∂y p dove il resto R è infinitesimo di ordine superiore rispetto a (∆x)2 + (∆y)2 quando questa tende a zero. f (x0 + ∆x, y0 + ∆y) − f (x0 , y0 ) = L’espressione df (x0 , y0 , ∆x, ∆y) = ∂f ∂f (x0 , y0 ) ∆x + (x0 , y0 ) ∆y ∂x ∂y dicesi differenziale totale di f ; essa dà la parte principale dell’incremento ∆f in forma lineare rispetto a ∆x e ∆y, e come tale può essere scritta in forma di prodotto matriciale come: ¶ µ ∆x ∂f ∂f (x0 , y0 ) (x0 , y0 ) · df (x0 , y0 , ∆x, ∆y) = (5.4) ∂x ∂y ∆y La matrice riga i cui elementi sono le derivate parziali dicesi vettore gradiente di f in (x0 , y0 ), e si indica col simbolo ∇f (x0 , y0 ), mentre la matrice colonna è il vettore degli incrementi delle due variabili. Quando è applicabile il teorema enunciato, si dice che la funzione f è differenziabile. Geometricamente ciò significa che il grafico della f ammette, nel punto (x0 , y0 , f (x0 , y0 )), piano tangente di equazione z = f (x0 , y0 ) + ∂f ∂f (x0 , y0 )(x − x0 ) + (x0 , y0 )(y − y0 ) ∂x ∂y Il df dà l’incremento della z sul piano tangente. R 2 Un sottoinsieme Ω di 2 si dice aperto se per ogni (x , y ) ∈ Ω esiste un dischetto di 0 0 raggio r > 0 e centro (x0 , y0 ) che sia tutto contenuto in Ω. 5.2. IL CASO DI DUE VARIABILI 59 Esempio 39 Consideriamo la nota legge dei gas perfetti (scritta per una mole): P V = RT dalla quale ricaviamo la Pressione come funzione di Temperatura e Volume: P (T, V ) = R T V (5.5) Passando al differenziale totale otteniamo: dP = ∂P ∂P R RT ∆T + ∆V = ∆T − 2 ∆V ∂T ∂V V V (5.6) che significa: se, a partire da una temperatura T0 e un volume V0 iniziali, diamo piccoli incrementi ∆T e ∆V a temperatura e volume, allora le corrispondenti vaiazioni della pressione sono bene approssimabili da: R RT0 ∆T − 2 ∆V V0 V0 In questa espressione le derivate parziali sono calcolate sempre in T0 e V0 e poi moltiplicate per i ∆T o ∆V che interessano di volta in volta. Poiché spesso si è interessati maggiormente agli incrementi relativi di una variabile invece che a quelli assoluti, dividendo per P nella (5.6): dP 1 R 1 RT = ∆T − ∆V P P V P V2 e sostituendo a P il valore dato dalla (5.5) dP V R V RT 1 1 = ∆T − ∆V = ∆T − ∆V 2 P RT V RT V T V che significa: per piccole variazioni di temperatura e volume, la variazione relativa della pressione è (in prima approssimazione) la differenza fra le variazioni relative di temperatura e volume. Esempio 40 Calcolare l’equazione del piano tangente al grafico della funzione z = x2 − y 3 + xy nel punto del grafico tale che x = 1, y = 2. z(1, 2) = −5 ∂z = 2x + y ∂x ∂z = −3y 2 + x ∂y equazione del piano tangente: ∂z (1, 2) = 4 ∂x ∂z (1, 2) = −11 ∂y z = −5 + 4(x − 1) − 11(y − 2) 60 CAPITOLO 5. CALCOLO DIFFERENZIALE IN PIÙ VARIABILI 5.3 Le derivate direzionali Quando si calcola una derivata parziale di una funzione di due variabili si pensa a variazioni di una sola delle variabili, mentre l’altra rimane costante. Geometricamente questo significa muoversi dal punto iniziale a quello incrementato seguendo la direzione di uno degli assi coordinati. Si può pensare di muoversi più in generale seguendo una direzione qualsiasi nel piano x, y e ciò porta alla seguente definizione: → Definizione 41 Se − v = (v , v ) è un versore nel piano x, y e se f è definita x y in un intorno U di un punto (x0 , y0 ) e a valori reali, chiameremo derivata di f − nella direzione di → v calcolata in (x0 , y0 ) il limite, se esiste finito: f (x0 + t vx , y0 + t vy ) − f (x0 , y0 ) t→0 t − → − → → Ovviamente se − v è uno dei versori degli assi i = (1, 0) oppure j = (0, 1) ∂f ∂f − allora D→ o . v f coincide rispettivamente con ∂x ∂y Se f ∈ C 1 (Ω) (Ω aperto di R2 ), allora si può sfruttare la differenziabilità di f con ∆x = t vx e ∆y = t vy e ottenere: − D→ v f (x0 , y0 ) = lim ∂f ∂x (x0 , y0 ) t vx ∂f ∂y (x0 , y0 ) t vy +R − D→ v f (x0 , y0 ) = lim t→0 t p → ma |t| = (t vx )2 + (t vy )2 (ricordare che − v è un versore quindi ha modulo 1) e quindi R è infinitesimo di ordine superiore a t; ne segue: − D→ v f (x0 , y0 ) = + ∂f ∂f → (x0 , y0 ) vx + (x0 , y0 ) vy = ∇f (x0 , y0 ) · − v ∂x ∂y Scrivendo in altro modo il prodotto scalare: − → \ − D→ v f (x0 , y0 ) = |∇f (x0 , y0 )| cos(∇f v ) Questa formula dice che la derivata direzionale è massima quando la direzione → del versore − v coincide con quella del vettore ∇f (x0 , y0 ) (che dipende solo dalle due derivate parziali). Infatti in questo caso l’angolo fra i vettori è zero e quindi il coseno vale 1 e la derivata direzionale assume come valore il modulo − del gradiente. Invece quando → v è perpendicolare al gradiente, allora la derivata direzionale vale zero. Esempio 42 Calcolare la derivata della funzione z = x2 −y 3 +xy (vedi esempio 40) nella direzione in cui essa è massima, nel punto (x=1,y=2) La direzione è quella del gradiente che, come già calcolato vale (4, −11) nel punto √ in questione.√Il valore della derivata coincide col modulo del gradiente che è 42 + 112 = 137. Se fosse richiesta la derivata nella direzione della bisettrice del primo quadrante avremmo: √ √ √ 2 2 2 − 11 = −7 4 2 2 2 5.4. FUNZIONI A VALORI VETTORIALI 5.4 61 Funzioni a valori vettoriali Una funzione a valori vettoriali in R2 (o in R3 ) di una variabile reale t ∈ R, può essere assegnata tramite due ( o tre) funzioni a valori reali che diano le componenti del vettore variabile dipendente, per ogni valore della variabile indipendente. Un esempo è la posizione (spostamento dall’origine) di un punto nel piano al variare del tempo3 : Px = Px (t) − → → − − → P (t) = Px (t) i + Py (t) j ovvero Py = Py (t) Per funzioni di questo tipo i concetti di limite, derivata, ( e anche integrale) si introducono componente per componente, per esempio4 : vx = Px 0 (t) − → − → − →0 0 0 P (t) = Px (t) i + Py (t) j ovvero vy = Py 0 (t) che dà il vettore velocità come derivata rispetto al tempo del vettore spostamento dall’origine. A parole possiamo dire: la derivata di un vettore ha per componente i-esima la derivata della i-esima componente del vettore. Anche il differenziale di una funzione vettoriale si esprime per componenti: dPx = Px 0 (t) ∆t − → − → − → d P = dPx i + dPy j ovvero dPy = Py 0 (t) ∆t Come nel caso di una funzione scalare di due variabili (vedi 5.4) il differenziale si può scrivere come prodotto di una matrice (in questo caso, colonna invece che riga) che contiene le derivate (qui sono quelle delle due componenti rispetto all’unica variabile indipendente) per l’incremento della variabile indipendente: Px 0 (t) − → ∆t dP = (5.7) Py 0 (t) 3 N.B. Nei simboli Px ed Py i pedici x e y denotano le componenti, secondo l’asse x e − → y rispettivamente, del vettore P . In altri testi i pedici hanno altri significati. Per esempio alcuni denotano con fx0 e fy0 le derivate parziali di f rispetto a x e a y, che noi indichiamo invece con ∂f ∂x e ∂f ∂y seguendo la convenzione più diffusa. Talvolta queste derivate parziali sono anche indicate con ∂f e ∂f . In questo caso i pedici y e x denotano la variabile che ∂x ∂y y x si suppone costante per derivare rispetto all’altra e quindi hanno un significato esattamente opposto a quello nelle notazioni fx0 e fy0 . Per esempio in termodinamica ∂P è la derivata ∂T V della pressione rispetto alla temperatura e quindi a volume costante 4 P 0 ed P 0 denotano le derivate rispetto a t delle componenti, secondo l’asse x e y x y − → rispettivamente, del vettore P 62 CAPITOLO 5. CALCOLO DIFFERENZIALE IN PIÙ VARIABILI 5.5 Campi vettoriali → − Una funzione F : Rn → Rm , cioè a valori vettoriali in Rm dipendenti da n variabili reali, può essere assegnata tramite m funzioni a valori reali che diano le componenti del vettore variabile dipendente, per ogni n-upla di valori delle variabili indipendenti. Un esempio (con n = m = 2) è un campo di forze definito in una regione → − Ω del piano: in ogni punto (x, y) ∈ Ω è definito il vettore forza F (x, y) in quel punto5 : Fx = Fx (x, y) − → − → − → F (x, y) = Fx (x, y) i + Fy (x, y) j ovvero Fy = Fy (x, y) Anche in questo caso il differenziale differenziali delle componenti: dFx − → = dF = dF y è un vettore che ha per componenti i ∂Fx ∂Fx ∆x + ∆y ∂x ∂y ∂Fy ∂Fy ∆x + ∆y ∂x ∂y Come nei casi precedenti (5.4, e 5.7), il differenziale si può scrivere come prodotto di una matrice contenente le derivate parziali (la Jacobiana) per il vettore degli incrementi delle variabili indipendenti: ∂Fx ∂Fx ∆x ∂x ∂y → − dF = (5.8) ∂F ∂F ∆y y ∂x y ∂y Avevamo già anticipato la definizione di matrice Jacobiana quando abbiamo presentato la regola per ottenere le derivate parziali delle funzioni composte. Alla luce dei discorsi fatti sul differenziale possiamo aggiungere che la matrice Jacobiana realizza una applicazione lineare di Rn in Rm che approssima l’incremento della funzione a meno di infinitesimi di ordine superiore al modulo del vettore degli incrementi delle variabili indipendenti. − → Per una funzione F : Rn → Rm , la matrice Jacobiana avrà m righe ed n colonne. Nella i-esima riga ci saranno le derivate parziali della i-esima componente della funzione rispetto a tutte le variabili indipendenti; nella j-esima colonna le derivate parziali di tutte le componenti sempre rispetto alla j-esima variabile indipendente. 5 Anche qui f ed f denotano le componenti, secondo l’asse x e y rispettivamente, del x y vettore forza 5.5. CAMPI VETTORIALI 5.5.1 63 Il campo del gradiente Un importante esempio di campo vettoriale associato a una funzione scalare f (x, y) di due (o più ) variabili reali è il campo del gradiente. In ogni punto (x, y) di un insieme aperto Ω dove f sia definita e con derivate parziali continue, consideriamo il vettore gradiente di f , che ha per componenti le derivate parziali di f calcolate in quel punto: ¶ µ ∂f ∂f (x, y) (x, y) ∇f (x, y) = ∂x ∂y Abbiamo cosı́ una funzione che a ogni punto di Ω associa un vettore (che pensiamo applicato in quel punto), e quindi abbiamo un campo vettoriale Dato un campo vettoriale bidimensionale, si può avere un’idea visiva dell’andamento di tale campo considerando una griglia abbastanza fitta di punti nel suo insieme di definizione Ω, e disegnando, in ogni punto della griglia, una freccina orientata come il vettore campo in quel punto e di lunghezza proporzionale al modulo di tale vettore. Se il campo che stiamo rappresentando è il campo del gradiente di una funzione scalare f , come abbiamo visto nel paragrafo sulle derivate direzionali: − → − → \ − D→ v f (x0 , y0 ) = ∇f (x0 , y0 ) · v = |∇f (x0 , y0 )| cos(∇f v ) e quindi le freccine indicheranno, in ogni punto, la direzione e il verso nella quale la derivata direzionale è la massima possibile, cioè la direzione movendosi lungo la quale la f cresce (nel verso della freccia) o decresce (nel verso opposto), più rapidamente. Viceversa se ci si muove in direzione perpendicolare al gradiente, la derivata direzionale è zero. Questo si traduce nella perpendicolarità , in ogni punto, delle curve di livello della funzione con il vettore gradiente nel punto. Ricordiamo che le curve di livello sono le curve, nel piano x, y, lungo le quali il valore di f è uguale a una costante c, quindi hanno equazione: f (x, y) = c L’illustrazione simultanea del campo del gradiente e delle curve di livello di una funzione f (x, y) in una certa regione, fornisce un’idea dell’andamente del grafico di f su quella regione. Nelle pagine seguenti diamo alcuni esempi di questa rappresentazione, ottenuti con il software matematico Maple; sono indicati anche i comandi per ottenere i vari grafici. 64 CAPITOLO 5. CALCOLO DIFFERENZIALE IN PIÙ VARIABILI ∂f = 2x ∂x f (x, y) = x2 − y 2 ∂f = −2y ∂y 1 0.5 piano z = 1 2 0 –0.5 –1 1 0 y –0.5 –1 1 0.5 0 x 1 y –1 –0.5 0.5 0 0.5 x 1 –0.5 –1 Questi grafici sono ottenibili con i comandi: with(plots): plot3d({xˆ 2-yˆ 2,.5 },x=-1..1,y=-1..1,axes=BOXED,orientation=[-116,73]); d1:=fieldplot([2*x,-2*y],x=-1..1,y=-1..1,grid=[10,10],arrows=SLIM): d2:=contourplot(xˆ 2-yˆ 2,x=-1..1,y=-1..1,colour=black): display(d1,d2); 5.5. CAMPI VETTORIALI f (x, y) = e−x 2 65 2 2 ∂f = −2xe−x −y ∂x −y 2 2 2 ∂f = −2ye−x −y ∂y 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 2 0 y –1 –2 0 x 2 1 2 y1 –2 –1 1 x –1 –2 2 66 CAPITOLO 5. f (x, y) = xe−x 2 CALCOLO DIFFERENZIALE IN PIÙ VARIABILI 2 2 ∂f = (1 − 2x2 )e−x −y ∂x −y 2 2 2 ∂f = −2xye−x −y ∂y 0.4 0.2 0 –0.2 –0.4 2 0 y –1 –2 0 x 2 1 2 y1 –2 –1 1 x –1 –2 2 5.6. DERIVATE DI FUNZIONI COMPOSTE 5.6 67 Derivate di funzioni composte Abbiamo anticipato al paragrafo 3.3 la regola per trovare le derivate parziali di funzioni composte. Vediamone alcune applicazioni. Esempio 43 Consideriamo l’energia interna U di un sistema, in ipotesi che ne garantiscano la dipendenza da temperatura T e volume V : U = W (T, V ) Ma il volume V è a sua volta funzione di temperatura e pressione P : V = V (T, P ) e per composizione otteniamo U come funzione di T e P : U = w(T, P ) = W (T, V (T, P )) Derivando rispetto a T otteniamo: ∂w ∂W ∂W ∂V = + ∂T ∂T ∂V ∂T (5.9) In termodinamica spesso si usa lo stesso simbolo U per denotare sia l’energia interna sia le funzioni W (T, V ) e w(T, P ), scrivendo U (T, V ) e U (T, P ) in entrambi i casi. Per non creare confusioni si indicano allora, nei simboli di derivata parziale, anche le variabili che rimangono costanti, indicandole come pedici. Avremo cioé: µ ¶ ∂w ∂U = essendo w funzione di T e P ∂T ∂T P µ ¶ ∂W ∂U = essendo W funzione di T e V ∂T ∂T V µ ¶ ∂W ∂U = come sopra ∂V ∂V T µ ¶ ∂V ∂V = essendo V funzione di T e P ∂T ∂T P Con queste notazioni la (5.9) diventa: ¶ µ ¶ µ ¶ µ ¶ µ ∂U ∂U ∂V ∂U = + ∂T P ∂T V ∂V T ∂T P Un’altra applicazione della regola di derivazione delle funzioni composte è il metodo per il calcolo della derivata di funzioni definite implicitamente da una equazione. Nella prossima pagina illustreremo brevemente questi concetti. 68 CAPITOLO 5. CALCOLO DIFFERENZIALE IN PIÙ VARIABILI 5.6.1 Derivate di funzioni implicite Data una equazione in due variabili (vedi per es. § 5.5.1: curve di livello ): f (x, y) = 0 (5.10) se, ∀x in un intervallo (a, b), esiste una e una sola y = y(x) ∈ (c, d) tale che f (x, y(x)) = 0 ∀x ∈ (a, b) (5.11) diremo y(x) funzione definita implicitamente da (5.10) su (a, b) a valori in (c, d). Per esempio, l’equazione: 4x + 2y = 6 definisce implicitamente (e anche esplicitamente) su R la funzione a valori in R y = −2x + 3. Talvolta la funzione implicita è definita ma non esprimibile esplicitamente. Esempio 44 f (x, y) = yx2 + log y = 0 Per ogni x fissato limy→0+ f (x, y) = −∞ mentre limy→+∞ f (x, y) = +∞. Inoltre, sempre per ogni x fissato, la f (x, y) è strettamente crescente se y varia ∂f 1 2 da 0 a +∞ essendo ∂y = x + y > 0 Quindi ∀x c’è un solo y(x) > 0 tale che f (x, y(x)) = 0 e l’equazione definisce implicitamente su (−∞, +∞) una funzione y = y(x) a valori in (0, +∞). Però y(x) non può essere espressa esplicitamente; solo per x = 0 si ha y(0) = 1. Derivando la (5.11) (supponendo f di classe C 1 ) otteniamo: ∂f ∂f (x, y(x)) + (x, y(x)) y 0 (x) = 0 ∂x ∂y (5.12) ∂f dalla quale ricaviamo y 0 (x) se ∂y (x, y(x)) 6= 0. Questa ipotesi garantisce anche, almeno localmente, l’esistenza della funzione implicita. Vale infatti il: Teorema 45 Se: f ∈ C 1 (Ω), Ω aperto di R2 , f (x0 , y0 ) = 0 e (x0 , y0 ) ∈ Ω e ∂f (x0 , y0 ) 6= 0 ∂y allora esistono un intorno U(x0 ) e uno V(y0 ) fra i quali è definita una e una sola funzione implicita y = y(x) tale che y(x0 ) = y0 . Il Teorema e la (5.12) combinati permettono di ricavare esplicitamente y 0 (x0 ). Nell’esempio: ³ ´ −1 2xy(x) + x2 + y(x) y 0 (x) = 0 e ponendo x0 = 0 e y0 = 1 ricaviamo: y 0 (0) = 0 Osserviamo che derivando successivamente la (5.12) otteniamo relazioni che permettono di calcolare le derivate successive della funzione implicita in x0 , e quindi di costruirne una approssimazione tramite la formula di Taylor. Capitolo 6 Calcolo integrale in più variabili Abbiamo visto nel precedente capitolo che, passando da funzioni di una variabile a funzioni di due o più variabili, le derivate parziali singolarmente prese non sono una vera generalizzazione del concetto di derivata. Ciò che è fondamentale è il loro complesso, cioè il vettore gradiente che ammette le derivate parziali come componenti. Nel caso di funzioni di più variabili e a valori vettoriali, abbiamo la matrice Jacobiana. Parallelamente si estende da una a più variabili il concetto di differenziale. In questo capitolo esamineremo come si possono generalizzare al caso di più variabili1 i concetti e i teoremi fondamentali del calcolo integrale che, nel caso di una variabile, vengono richiamati nel prossimo paragrafo. 1 In pratica discuteremo tutto nel caso di due variabili, lasciando al lettore il compito di adattare i nostri discorsi al caso di tre variabili. 69 70 6.1 CAPITOLO 6. CALCOLO INTEGRALE IN PIÙ VARIABILI Richiami al caso di una variabile Definizione 46 Siano f e G due funzioni definite su un intervallo reale (a, b). Se G è derivabile e risulta: G 0 (x) = f (x) ∀x ∈ (a, b) allora G dicesi primitiva di f su (a, b). È ovvio che aggiungendo una costante a una primitiva di f si ottiene ancora una primitiva di f sullo stesso intervallo. Si dimostra inoltre che se due funzioni F e G sono primitive della stessa f su (a, b), allora F e G differiscono per una costante su tutto (a, b). Z x Teorema 47 Se f continua su (a, b), ponendo F (x) = f (u) du con x0 fisx0 sato e x variabile in (a, b), allora F è derivabile e F 0 (x) = f (x) cioè F è una primitiva di f su (a, b). Esempio 48 Sia ∀x ∈ (a, b), f (u) = u, x0 = 0 e x > 0. Consideriamo Z x Z x x2 F (x) = f (u) du = u du = 2 0 0 in quanto l’integrale rappresenta l’area della metà di un quadrato di lato x. In 2 effetti F (x) = x2 ha come derivata f (x) = x. In questo esempio otteniamo il valore dell’integrale definito, in base al suo significato geometrico come area, ma per funzioni f più generali questa non è nota e la definizione di integrale definito come limite di somme non è di utilità pratica. Se però conosciamo un’ altra primitiva G di f (trovata invertendo in qualche modo le regole di derivazione) allora possiamo scrivere: Z x F (x) − G(x) = f (u) du − G(x) = k x0 Ponendo x = x0 l’integrale si annulla e si ricava k = −G(x0 ). Risostituendo nella relazione precedente otteniamo Z x f (u) du = G(x) − G(x0 ) x0 Corollario 49 Essendo f la derivata di G otteniamo che se G ∈ C 1 ((a, b)): Z x dG G(x) = G(x0 ) + (u) du x0 ∈ (a, b) ∀x ∈ (a, b) (6.1) x0 du Questa formula e la tesi del teorema che si può riscrivere come: µZ x ¶ d f (u) du = f (x) dx x0 (6.2) chiariscono in che senso integrazione e derivazione siano una l’inversa dell’altra. 6.2. IL POTENZIALE 6.2 71 Il potenziale Torniamo alle funzioni di più variabili. Nel capitolo precedente abbiamo visto che, passando da una funzione di una variabile a una di più variabili reali, la derivata viene sostituita dal gradiente, che è un campo vettoriale. Quindi per estendere al nuovo contesto il concetto di primitiva, dovremo partire da un campo vettoriale e chiederci se esso è il gradiente di qualche funzione di più variabili; per esempio, nel caso bidimensionale: → − − → − → Definizione 50 Sia dato un campo vettoriale f (x, y) = fx (x, y) i +fy (x, y) j definito e di classe C 1 su un aperto Ω ⊆ R2 . Se esiste un campo scalare − → z = φ(x, y) di classe C 2 (Ω) di cui f sia il gradiente, cioè tale che: ∂φ (x, y) = fx (x, y) ∂x ∂φ (x, y) = fy (x, y) ∂y → − allora φ dicesi potenziale del campo f sull’aperto Ω. e ∀(x, y) ∈ Ω A differenza del caso di una variabile, nel quale ogni funzione continua ammette una primitiva, non tutti i campi vettoriali ammettono potenziale. Dal teorema di uguaglianza delle derivate seconde miste, si ricava subito una condizione necessaria per l’esistenza del potenziale. Infatti se esso esiste possiamo scrivere: ³ ´ ³ ´ ∂φ ∂φ ∂ 2 2 ∂ ∂x ∂y ∂fx ∂ φ ∂ φ ∂fy = = = = = ∂y ∂y ∂y∂x ∂x∂y ∂x ∂x cioè le cosidette “derivate in croce” sono uguali. Si può dimostrare che la condizione è anche sufficiente se Ω è per esempio un rettangolo. In tal caso un2 potenziale può essere calcolato come nel seguente: 1 Esempio 51 Siano: fx = 2x + y 3 fy = 3xy 2 + y>0 y Sul semipiano y > 0 (rettangolo infinito) il campo è di classe C 1 e: ∂fx ∂fy = 3y 2 = ∂y ∂x Se φ è un potenziale, deve avere fx come derivata rispetto a x, quindi: Z φ(x, y) = fx (x, y) dx = x2 + xy 3 + K(y) Ma φ dovrà anche avere derivata rispetto a y uguale a fy , per cui: 1 ∂φ = 3xy 2 + K 0 (y) = 3xy 2 + ∂y y quindi K 0 (y) = 1 y cioè K(y) = log y + c e infine: φ(x, y) = x2 + xy 3 + log y + c 2 Ovviamente, come la primitiva, il potenziale è definito a meno di una costante additiva. 72 6.3 CAPITOLO 6. CALCOLO INTEGRALE IN PIÙ VARIABILI Integrali di linea di un campo vettoriale Nel paragrafo precedente abbiamo introdotto il potenziale di un campo vettoriale, come generalizzazione del concetto di primitiva di una funzione reale di variabile reale, e abbiamo visto ipotesi che ne garantiscono l’esistenza e un metodo per calcolarlo. Vogliamo ora vedere se possiamo generalizzare anche le formule (6.1) e (6.2), che riassumono le relazioni fra calcolo differenziale e calcolo integrale in una variabile, e che qui riportiamo: µZ x ¶ Z x d dG G(x) = G(x0 ) + (u) du f (u) du = f (x) dx x0 du x0 Se sostituiamo, in maniera del tutto formale, la funzione f con un campo vet→ − toriale f , la funzione G con un campo scalare φ, l’operatore di derivazione con quello di gradiente, otteniamo due formule, ancora tutte da precisare e dimostrare, ma che ci mostrano in che direzione indirizzare i nostri ragionamenti: ÃZ ! Z (x,y) (x,y) − → − → φ(x, y) = φ(x0 , y0 ) + ∇φ d? ∇ f d? = f (x, y) (x0 ,y0 ) (x0 ,y0 ) In entrambe le formule compare un segno di integrale ancora privo di significato (non a caso abbiamo scritto l’integrale in d?), che dovrebbe sostituire l’integrale fra un punto fisso x0 e un punto variabile x del caso unidimensionale. In tale caso l’intervallo di integrazione è univocamente determinato, mentre nel caso bidimensionale si può andare da un punto (x0 , y0 ) a un punto (x, y) lungo infiniti cammini possibili. Bisognerà quindi prima di tutto definire i concetti di: 1) traiettoria o linea nel piano, 2) integrale di un campo vettoriale lungo una linea. Nel caso fisico di un campo di forze questo integrale esprimerà il lavoro. Per questo motivo l’integrale deve avere un valore scalare (e anche per poter essere sommato allo scalare φ(x0 , y0 ) nella prima formula, e sottoposto a gradiente nella seconda). Ciò è vero se l’integrando è il prodotto scalare del campo per lo spostamento infinitesimo lungo la linea di integrazione. Fatte queste precisazioni la prima formula esprimerà il fatto che l’integrale di linea di un campo vettoriale che sia il gradiente di un certo potenziale φ è uguale alla differenza di potenziale fra i punti estremi della linea (e quindi non dipende dal cammino che li congiunge). Per dare senso alla seconda formula dobbiamo osservare che l’espressione dentro alle grandi parentesi tonde, deve essere funzione solo di (x, y) (una volta fissato (x0 , y0 )), per poterle applicare il gradiente e riottenere il campo, e quindi questa formula può essere verificata solo da campi il cui integrale di linea non dipenda dalla linea stessa, ma solo dai punti che essa congiunge. Le due formule nel loro insieme costituiscono quindi una caratterizzazione, data in termini di indipendenza dell’integrale dalla linea, dei campi che sono gradienti di un potenziale, e che vengono chiamati campi conservativi. 6.3. INTEGRALI DI LINEA DI UN CAMPO VETTORIALE 6.3.1 73 Curve parametriche Una curva, o linea, in un insieme aperto Ω del piano (o dello spazio), è l’insieme delle immagini dei punti t di un intervallo reale [a, b] tramite una funzione → continua − γ : [a, b] −→ Ω. Diverse funzioni, definite su intervalli diversi, possono però avere lo stesso insieme di immagini, e quindi descrivere la stessa linea. → La funzione − γ (t) sarà detta curva parametrica o parametrizzazione della curva, o traiettoria. La variabile indipendente t che percorre [a, b] sarà detta parametro. Se t è il tempo, la parametrizzzazione della curva non è altro che la legge oraria con la quale un punto materiale la percorre. → → Una traiettoria − γ (t) si dice regolare se ha derivata − γ 0 (t) continua su (a, b). − → − → (Se γ (t) è una legge oraria, γ 0 (t) è la velocità ). Esempio 52 Il segmento che congiunge due punti P0 = (x0 , y0 ) e P1 = (x1 , y1 ) del piano può essere parametrizzato da x = γ x (t) = x0 + (x1 − x0 )t y = γ y (t) = y0 + (y1 − y0 )t t ∈ [0, 1] → (− γ è una funzione a valori nel piano, e quindi ha due componenti; nello spazio ne avrebbe tre.) Esempio 53 Circonferenza di centro nell’origine e raggio r: x = γ x (θ) = r cos θ y = γ y (θ) = r sin θ θ ∈ [0, 2π] con evidente significato geometrico del parametro θ. In questo caso si tratta di − → una curva chiusa; infatti → γ (0) = − γ (2π) Si noti che per controllare la correttezza di una parametrizzazione di una curva, si devono sostituire le due componenti della parametrizzazione nell’equazione cartesiana della curva e verificare se questa è soddisfatta identicamente per ogni valore del parametro. Provare nel caso della curva dell’esempio precedente, di equazione cartesiana x2 + y 2 = r2 . Esempio 54 Il grafico di una funzione parametrizzato da: x = γ x (t) = t y = f (x), y = γ y (t) = f (t) x ∈ [a, b] può essere t ∈ [a, b] Non è vero il viceversa: non ogni curva parametrica può essere pensata come il grafico di una funzione y = f (x) (si pensi per es. a una spirale). Una stessa linea può essere descritta da diverse parametrizzazioni: Esempio 55 La metà superiore della circonferenza dell’esempio precedente, oltre che nel modo già indicato (con θ ∈ [0, π]), può essere descritta da: p t ∈ [−r, +r] x = γ x (t) = t y = γ y (t) = r2 − t2 Questa seconda parametrizzazione fa però percorrere la semicirconferenza in senso orario, mentre la precedente andava in senso antiorario. 74 CAPITOLO 6. CALCOLO INTEGRALE IN PIÙ VARIABILI 6.3.2 Integrali di linea − Definizione 56 Sia → γ una curva in un aperto Ω ⊆ R2 , con parametrizzazione − → − regolare (anche solo a tratti3 ) → γ (t) con t ∈ [a, b]. Sia inoltre f (x, y) un campo vettoriale continuo su Ω. Allora l’integrale del campo vettoriale lungo la linea è definito da: Z → − γ Z b = a © − → → f · d− γ = Z b → − − → f (→ γ (t)) · − γ 0 (t) dt = a ª fx (γ x (t), γ y (t)) γ x 0 (t) + fy (γ x (t), γ y (t)) γ y 0 (t) dt Con notazioni un po’ meno pesanti, indicando la parametrizzazione con x = x(t), y = y(t), t ∈ [a, b], si ha: Z → − γ → − − f · d→ γ = Z b {fx (x(t), y(t)) x0 (t) + fy (x(t), y(t)) y 0 (t)} dt a Si noti che se il campo vettoriale è uniforme, cioè se le sue componenti sono → costanti su tutto Ω, e se la linea − γ è un segmento che congiunge due punti (esempio 52 del paragrafo precedente), allora l’integrale si riduce a: Z → − γ → − − f · d→ γ = Z 1 → − −−−→ {fx · (x1 − x0 ) + fy · (y1 − y0 )} dt = f · P0 P1 0 Infatti l’integrando è costante, e quindi può essere portato fuori del segno di integrale (che rimane uguale a 1), ed è uguale al prodotto scalare del vettore → − campo per il vettore spostamento da P0 a P1 (cioè al lavoro, se f è una forza). In realtà la definizione che abbiamo dato è una scorciatoia rispetto al solito percorso mentale che conduce al concetto di integrale nelle sue varie forme. Volendo generalizzare la situazione appena descritta al caso in cui il campo non sia costante e/o la linea non sia un segmento, si divide la linea in tanti pezzettini che siano approssimativamente dei segmenti e sui quali il campo sia approssimativamente costante. Su ogni pezzettino si fa il prodotto scalare “vettore campo per spostamento” e si sommano tutti i contributi. Si fa poi tendere a zero la lunghezza massima di ogni pezzettino (e il numero di pezzettini va all’infinito) e si chiama integrale il limite a cui tendono le somme in questione. Ci sono altri dettagli tecnici sui quali sorvoliamo. Per esempio bisognerebbe definire con precisione cosa si intende per parametrizzazioni equivalenti4 di una stessa linea, e poi dimostrare che l’integrale di un campo lungo una linea non cambia passando da una parametrizzazione a una equivalente, salvo cambiare di segno se le due parametrizzazioni fanno percorrere la linea in versi opposti. 3 La parametrizzazione si dice regolare a tratti se [a, b] può essere diviso in un numero finito di sottointervalli su ciascuno dei quali essa è regolare. 4 Intuitivamente: due modi di percorrere la stessa linea ma con legge oraria e velocità diverse. 6.4. CAMPI CONSERVATIVI 6.4 75 Campi conservativi Con le definizioni date di curva parametrica e di integrale di linea, valgono i teoremi annunciati nell’introduzione del paragrafo 6.3: Teorema 57 Sia φ(x, y) un campo scalare di classe C 1 su un aperto Ω ⊆ R2 , con gradiente ∇φ. Per ogni coppia di punti (x0 , y0 ) e (x, y) collegati da una → traiettoria − γ regolare (a tratti) contenuta in Ω: Z → − γ → ∇φ d− γ = Z (x,y) → ∇φ d− γ = φ(x, y) − φ(x0 , y0 ) (x0 ,y0 ) Infatti, se indichiamo con γ 1 (t) e γ 2 (t), t ∈ [a, b], le componenti di una traiettoria regolare (per semplicità con derivata continua su [a, b]) che unisce i punti (x0 , y0 ) e (x, y), per definizione di integrale di linea si ha: Z (x,y) → ∇φ d− γ = (x0 ,y0 ) Z b a ½ ¾ ∂φ ∂φ (γ 1 (t), γ 2 (t)) γ 1 0 (t) + (γ 1 (t), γ 2 (t)) γ 2 0 (t) dt = ∂x ∂y (per la regola di derivazione di funzioni composte) Z b = a ½ dφ(γ 1 (t), γ 2 (t)) dt ¾ dt = (per la (6.1), cioè per questo stesso teorema nel caso di una variabile) = φ(γ 1 (b), γ 2 (b)) − φ(γ 1 (a), γ 2 (a)) = φ(x, y) − φ(x0 , y0 ) Come già notato questo teorema dice che l’integrale di linea di un gradiente non dipende dalla linea ma solo dai due punti che essa collega, più precisamente che è uguale alla differenza di potenziale fra i due punti. Enunciamo senza dimostrazione5 il teorema inverso: − → → − − → Teorema 58 Sia f (x, y) = fx (x, y) i +fy (x, y) j un campo vettoriale definito → − e continuo su un aperto Ω ⊆ R2 e supponiamo che l’integrale curvilineo di f sia indipendente dalla curva lungo la quale è calcolato, ma dipenda solo dai due punti estremi di questa. Fissato (x0 , y0 ) ∈ Ω definiamo un campo scalare (sul sottoinsieme di Ω dei punti raggiungibili da (x0 , y0 ) con una curva regolare contenuta in Ω ) tramite la formula: Z (x,y) φ(x, y) = − → → f d− γ (x0 ,y0 ) → (dove − γ è qualsiasi, pur di unire i due punti estremi dell’integrale). Allora φ → − − → ammette gradiente e ∇φ = f , in altre parole f ammette φ come potenziale. 5 Per approfondimenti: Apostol, Calcolo, vol.3o , ed. Boringhieri; cap. 7o . 76 CAPITOLO 6. CALCOLO INTEGRALE IN PIÙ VARIABILI Si vede facilmente che se l’integrale di un campo vettoriale è indipendente dalla linea sulla quale viene calcolato (ma dipende solo dai due punti da essa collegati) allora è nullo su qualunque linea chiusa; infatti una linea chiusa si può pensare come congiungente un suo punto qualsiasi con sé stesso e quindi l’integrale sulla linea chiusa è uguale a quello su un cammino nullo e quindi è zero. Viceversa è facile mostrare che se l’integrale di un campo è nullo su qualunque linea chiusa, allora è anche indipendente dal cammino. Possiamo cosı̀ riassumere i risultati visti finora: − → Teorema 59 Sia f un campo vettoriale continuo su un aperto connesso6 Ω ⊆ R2 . Allora le tre condizioni seguenti sono equivalenti: − → − → a) f è il gradiente di qualche campo scalare φ, che dicesi potenziale di f . − → b) L’integale del campo f è indipendente dalla linea. − → c) L’ntegrale di f è nullo lungo qualunque linea chiusa contenuta in Ω. Se Ω è un rettangolo, o, più in generale, un aperto semplicemente connesso, allora c’è una quarta condizione equivalente: d) Le derivate in croce delle componenti del campo sono uguali. I campi che soddisfano le condizioni a), b), c) si dicono conservativi Definizione 60 Dicesi semplicemente connesso un insieme nel quale ogni linea chiusa si può ridurre a un punto con deformazioni continue senza uscire dall’insieme. Una corona circolare è il tipico insieme (nel piano) NON semplicemente connesso. Il piano privato anche di un solo punto NON è semplicemente connesso. Un rettangolo è semplicemente connesso. Ricordiamo dal paragrafo 6.2 che la condizione d) è sempre necessaria7 affinché valgano le altre tre; diventa anche sufficiente se Ω è semplicemente connesso. Osservazione 61 La semplice connessione di Ω non è necessaria per l’esistenza del potenziale. Infatti φ(x, y) = − 12 log(x2 + y 2 ) ha come gradiente il campo: − → f (x, y) = − → −x → −y − i + 2 j 2 2 +y x +y x2 Ciò è vero su tutto il piano privato dell’origine, che non è sempl. connesso. Un insieme non semplicemente connesso può avere sottoisiemi che lo sono e sui quali, se le derivate in croce sono uguali, esiste un potenziale. Questo può però variare da un sottoinsieme all’altro e non essere unificabile in un’unica definizione su tutto l’insieme, come vedremo nel successivo esempio. Quindi, in presenza di derivate in croce uguali, il sussistere o meno della conservatività dipende dall’aperto sul quale consideriamo definito il campo vettoriale. 6 Ogni 7 Sotto coppia di punti di Ω è congiunta da una traiettoria regolare a tratti contenuta in Ω l’ipotesi che il campo sia di classe C 1 6.4. CAMPI CONSERVATIVI Esempio 62 → − f (x, y) = 77 → − → −y − x i + 2 j 2 2 +y x +y ha le derivate in croce uguali su tutto il piano privato dell’origine: x2 ∂fx −x2 − y 2 + 2y 2 y 2 − x2 x2 + y 2 − 2x2 ∂fy = = = = ∂y (x2 + y 2 )2 (x2 + y 2 )2 (x2 + y 2 )2 ∂x Sul semipiano y > 0 (sopra all’asse orizzontale), che è semplicemente connesso, ha potenziale µ ¶ Z Z x −y 1 1 dx = − arctan φ(x, y) = dx = − +k ³ ´2 x2 + y 2 y y x 1+ y (Nel passaggio intermedio abbiamo raccolto y 2 al denominatore, poi si è operata la sostituzione t = xy dt = y1 dx). Questa espressione di φ non necessita di un termine additivo del tipo k(y) in quanto soddisfa già la condizione ∂φ ∂y = fy . Con gli stessi calcoli otterremmo lo stesso risultato sul semipiano y < 0. Scegliendo per la costante k i valori: π π k= per y > 0 k=− per y < 0 2 2 otteniamo che: ∀x > 0 : lim φ(x, y) = 0 = lim− φ(x, y) y→0+ y→0 Quindi la definizione di φ può essere prolungata per continuità col valore 0 sul semiasse positivo delle x. Ma a questo punto sul semiasse negativo delle x non è possibile fare altrettanto non potendo più scegliere i valori di k, infatti: ∀x < 0 : lim φ(x, y) = π y→0+ lim φ(x, y) = −π y→0− Quindi il potenziale è stato trovato sulla regione costituita dal piano tagliato lungo il semiasse negativo delle x (che è semplicemente connessa), ma non su tutto il semipiano privato della sola origine (che non lo è ). Del resto se integriamo lungo una circonferenza centrata nell’origine → − γ = {x = r cos t, y = r sin t t ∈ [0, 2π]} otteniamo un risultato diverso da zero, il che conferma la non conservatività del campo sul secondo insieme: ¾ Z Z 2π ½ − → − −r sin t r cos t f ·d→ γ = (−r sin t) + (r cos t) dt = → − r2 cos2 t + r2 sin2 t r2 cos2 t + r2 sin2 t γ 0 ¾ Z 2π ½ Z 2π r2 sin2 t r2 cos2 t = + dt = 1 dt = 2π 6= 0 r2 (cos2 t + sin2 t) r2 (cos2 t + sin2 t) 0 0 Viceversa se integrassimo lungo una linea chiusa che si estenda nei quattro quadranti, ma senza abbracciare l’origine, il risultato sarebbe zero. 78 CAPITOLO 6. CALCOLO INTEGRALE IN PIÙ VARIABILI Nelle figure sono rappresentati il campo vettoriale dell’esempio precedente (i raggi uscenti dall’origine sono le curve di livello) e il potenziale trovato, che non può essere definito anche sul semiasse negativo delle x, mentre il campo lo è . − → f (x, y) = − − → −y → x i + 2 j x2 + y 2 x + y2 1 y0.5 –1 –0.5 0 0.5 x 1 –0.5 –1 3 2 1 0 –1 –2 –3 1 φ(x, y) = π 2 0 − arctan xy se se y = 0, − π2 − arctan xy se y>0 x>0 y<0 0.5 y0 –0.5 –1 –1 –0.5 0 0.5 1 x (La parete verticale che si vede in figura non fa parte del grafico, ma è dovuta alla difficoltà, anche per il computer, di rappresentare la discontinuità sul semiasse x negativo). Il comando Maple per ottenere il grafico è : plot3d(-arctan(x/y)-Pi*(1-signum(y))/2+Pi/2,x=-1..1,y=-1..1,axes=BOXED, orientation=[-108,45]); 6.5. EQUAZIONI AI DIFFERENZIALI ESATTI 6.5 79 Equazioni ai differenziali esatti I concetti che abbiamo sviluppato nei paragrafi precedenti vengono spesso esposti nel contesto, equivalente, delle forme differenziali. Una forma differenziale su un aperto Ω è una espressione del tipo: ω = u(x, y) dx + v(x, y) dy con u e v continue, che può essere il differenziale di una funzione di due variabili. Ovviamente ciò capita se esiste una φ(x, y) tale che u(x, y) = ∂φ (x, y) ∂x v(x, y) = ∂φ (x, y) ∂y ∀(x, y) ∈ Ω In tal caso la forma differenziale dicesi differenziale esatto. Evidentemente ciò equivale al fatto che il campo vettoriale associato − → − → → − f (x, y) = u(x, y) i + v(x, y) j sia conservativo con potenziale φ. L’integrale di una forma differenziale lungo una linea è definito dall’integrale del campo vettoriale associato. Una equazione differenzale del tipo: dy u(x, y) = − dx v(x, y) è formalmente equivalente (per v(x, y) 6= 0) a: u(x, y) dx + v(x, y) dy = 0 Se questa forma differenziale è esatta con potenziale φ(x, y), si può dimostrare che l’integrale generale dell’equazione differenziale è definito implicitamente dall’equazione delle curve di livello del potenziale stesso: φ(x, y) = costante In tal caso si parla di equazioni ai differenziale esatti. Esempio 63 dy 2x + y = − dx x + 2y La forma differenziale associata (2x + y) dx + (x + 2y) dy è esatta con potenziale x2 + xy + y 2 , quindi l’integrale generale è definito implicitamente dall’equazione: x2 + xy + y 2 = c 80 CAPITOLO 6. CALCOLO INTEGRALE IN PIÙ VARIABILI 6.6 Integrali doppi e tripli Il concetto di integrale definito si può estendere al caso di due (o tre) variabili anche in un’altra direzione, per funzioni scalari invece che per campi vettoriali. Rb Sappiamo che, per funzioni positive di una variabile, a f (x)dx è interpretabile come area della regione sottesa al grafico, sull’intervallo [a, b]. Con un procedimento tipo “limite di somme” possiamo associare a una funzione f (x, y), continua su un insieme chiuso e limitato D ⊆ R2 , un numero, che chiameremo integrale doppio di f su D; se la f è positiva, esso è interpretabile come volume sotteso al grafico di f su D. Se D è un rettangolo con i lati paralleli agli assi, D = [a, b] × [c, d] = {(x, y) ∈ R2 : si dimostra che : Z Z Z f (x, y) dx dy = D b ÃZ x ∈ [a, b], ! d f (x, y) dy a Z d y ∈ [c, d]} ÃZ dx = c ! b f (x, y) dx c dy a quindi, come nel calcolo di un potenziale, si procede per “primitive parziali ” . Se il dominio di integrazione non è chiuso e/o limitato, e/o la funzione non è continua, si può estendere il concetto di integrale doppio nel caso in cui le integrazioni parziali indicate sopra, effettuate sul modulo della funzione f , diano risultato finito. Allora, anche effettuate sulla funzione f , daranno risultato finito interpretabile ancora come intergale doppio (e volume, se la f è positiva). Se la funzione integranda è prodotto di una funzione della sola x per una della sola y, allora si può portare fuori un fattore dagli integrali più interni e quindi portare loro stessi fuori da quelli più esterni; il risultato è il prodotto di due integrali in variabili diverse: ! Z Z Z b ÃZ d f (x)g(y) dx dy = f (x)g(y) dy dx = D Z b a " ÃZ d f (x) = Esempio 64 Z dx = g(y) dy a c !# c b g(y) dy · c Z Z f (x) dx a Z Z 2 e−x −y 2 e −∞ 2 µZ +∞ R2 Z +∞ = 2 e−x e−y dx dy = dx dy = R2 Z Z d −x2 +∞ e dx · −∞ −y 2 e dy = −x2 ¶2 dx −∞ Quest’ultimo integrale è sicuramente finito, perché l’integranda va a zero più rapidamente di ogni potenza quando x → ±∞, ma la primitiva non può essere calcolata in termini finiti. Come vedremo, con un opportuno cambio di variabili riusciremo a calcolare √ direttamente che l’integrale doppio iniziale vale π e quindi quest’ultimo vale π. (Risultato che avevamo usato alla fine del paragrafo 4.2). 6.6. INTEGRALI DOPPI E TRIPLI 6.6.1 81 Cambio di variabili negli integrali doppi Ricordiamo la formula di sostituzione per integrali definiti. Se x = ϕ(t) è una funzione definita in [α, β] a valori su [a, b], derivabile con derivata continua sempre diversa da zero (e quindi invertibile), allora: Z β Z b f (ϕ(t)) · ϕ 0 (t) dt f (x) dx = a α −1 Si noti che α = ϕ (a) e β = ϕ−1 (b). Il fattore ϕ 0 (t) rappresenta il modulo di trasformazione delle lunghezze (degli intervallini infinitesimi dt) tramite la funzione ϕ. Enunciamo la regola di cambiamento di variabili nel caso particolare delle coordinate polari e di un’integrazione su tutto il piano: x = ρ cos θ y = ρ sin θ Al variare di θ ∈ [0, 2π) e ρ ∈ (0, +∞) il corrispondente punto (x, y) varia su tutto il piano (meno l’origine). Il ruolo di modulo di trasformazione dell’ elemento d’area dθ dρ è svolto dallo Jacobiano, che è il valore assoluto del determinante della matrice Jacobiana delle derivate di x e y rispetto a ρ e θ: ¯ ¯ ¯ cos θ −ρ sin θ ¯¯ ¯ ¯ = ρ J = ¯¯det ¯ ¯ ¯ sin θ ρ cos θ Quindi, nel caso delle coordinate polari e di un’integrazione su tutto il piano, la formula è : Z Z Z Z f (x, y) dx dy = f (ρ cos θ, ρ sin θ) · ρ dθ dρ R2 [0,2π)×(0,+∞) Completiamo ora il calcolo iniziato nell’esempio della pagina precedente: Esempio 65 Z Z Z Z e−x 2 −y 2 R2 Z [0,2π)×(0,+∞) Z 2π = 1 dθ · 0 2 ρ e−ρ dθ dρ = dx dy = 0 +∞ · ¸+∞ 2 2 1 1 ρ e−ρ dρ = 2π · − e−ρ = 2π · = π 2 2 0 L’integrale doppio si è ridotto al prodotto di due integrali semplici perché la funzione integranda dipende dalla sola variabile ρ, e il dominio di integrazione è un rettangolo (infinito) con i lati paralleli agli assi. 2 2 Questa volta la primitiva di ρ e−ρ è facile da calcolare, mentre quella di e−ρ non si può calcolare in termini finiti. Un procedimento simile, ma più complicato per la presenza di tre variabili, si usa quando si integra su tutto lo spazio il quadrato del modulo della soluzione dell’equazione di Schrödinger per l’atomo di idrogeno. 82 CAPITOLO 6. CALCOLO INTEGRALE IN PIÙ VARIABILI ESERCIZI Esercizio 1) Studiando l’andamento delle curve di livello, trovare i massimi e minimi assoluti del campo scalare f (x, y) = (x − y)2 sull’insieme: © ª S = (x, y) ∈ R2 : 1 ≤ x2 + y 2 ≤ 4 . Esercizio 2) Studiando l’andamento delle curve di livello, determinare i punti di massimo e minimo assoluto della funzione: f (x, y) = xy + 1 sull’ insieme: C = {(x, y) ∈ R2 : 1 ≤ x2 + y 2 ≤ 2}. Esercizio 3) Studiare la famiglia delle curve di livello della funzione f (x, y) = 2x2 + y 2 Verificare che la curva di livello passante per il punto (1, 1) è perpendicolare al gradiente ∇f nello stesso punto. Questo è un caso o un fatto generale ? Esercizio 4) Verificare l’esistenza, e calcolare il valore della derivata direzionale del campo scalare p f (x, y) = 1 − x2 − y 2 nel punto P = ( 12 , 12 ) Esercizio 5) Calcolare, nel punto ( 12 , 12 ), il gradiente, e la derivata nella direzione del versore formante un angolo di π3 col semiasse positivo delle ascisse, del campo scalare: y = x ln(x + y) Esercizio 6) Calcolare la derivata seconda mista della funzione composta: z = f (x, y) x = u2 + v 2 y= u v 6.6. INTEGRALI DOPPI E TRIPLI Esercizio 7) Il cambio di variabili x = u + v 83 y = uv 2 trasforma f (x, y) in g(u, v). Calcolare ∂2g (1, 1) ∂u∂v sapendo che, per x = 2 y = 1: ∂2f ∂2f ∂f ∂2f ∂2f = = =1 = = 2 2 ∂y ∂x ∂y ∂x∂y ∂y∂x Esercizio 8) Sia z = f (u, v) definita e differenziabile in un intorno di (1, 0) e sia ∂f (1, 0) = 2 ∂u Posto: u = ex 2 +y 2 ∂f 1 (1, 0) = ∂v 2 v = xey calcolare il vettore gradiente di F (x, y) = f (u(x, y), v(x, y)) nel punto (0, 0). Esercizio 9) Data f ∈ C 2 (R2 ), posto: g(r, θ) = f (r cos θ, r sin θ) esprimere ∂2g ∂θ 2 in funzione delle derivate parziali di f . Esercizio 10) Supponiamo che ∈ C 2 (R2 ) soddisfi l’equazione alle derivate parziali: ∂2f ∂2f ∂2f −2 −3 2 =0 2 ∂x ∂x∂y ∂y Introduciamo il cambiamento di variabili lineare: x = Au + Bv y = Cu + Dv (A, B, C, D costanti), e sia g(u, v) = f (x(u, v), y(u, v)). Determinare valori interi non nulli di A, B, C, D in modo che g soddisfi l’equazione ∂2g = 0. ∂u∂v Risolvere quest’ultima e quindi determinare f . 84 CAPITOLO 6. CALCOLO INTEGRALE IN PIÙ VARIABILI Esercizio 11) Sia φ(x, y) il potenziale, nullo nell’origine, definito dal campo vettoriale f (x, y) = (x − 1)i + (y + 1)j. Verificare che l’equazione φ(x, y) = 0 definisce implicitamente, a partire da (0,0), una funzione implicita y = y(x) e calcolare y 0 (0) (facoltativamente anche y 00 (0)). Esercizio 12) Determinare se il seguente campo vettoriale è conservativo: · ¸ x x f (x, y) = arctan(x + y) + ·i+ · j. 2 1 + (x + y) 1 + (x + y)2 Calcolarne poi l’integrale lungo una linea dal punto (1, −1) al punto ( 21 , 12 ). Esercizio 13) Dopo aver verificato la conservatività del campo vettoriale f (x, y) = 2xy · i + (x2 + 1) · j, calcolarne l’integrale lungo una semicirconferenza dal punto (1, 1) al punto (−1, −1). Esercizio 14) Se γ è il quarto di circonferenza di centro nell’origine e raggio 1, che va dal punto A = (1, 0) al punto B = (0, −1), calcolare: Z −y x dx + dy 2 (x − y) (x − y)2 γ Esercizio 15) Verificare che g(x) = exp(xy) è un fattore integrante per l’equazione differenziale: (1 + xy)dx + x2 dy = 0. Calcolare quindi la soluzione soddisfacente la condizione y(1) = 0. Esercizio 16) Risolvere il problema di Cauchy: 1 y − x2 · dx − · dy = 0 x2 x y(1) = 1 6.6. INTEGRALI DOPPI E TRIPLI 85 Esercizio 17) Trovare la soluzione del problema di Cauchy: µ ¶ µ ¶ 1 1 y− dx + x − dy = 0 x y y(1) = 2 Esercizio 18) Esprimere in forma implicita la soluzione del problema di Cauchy: y0 = e−x − yex+y (y + 1)ex+y y(0) = 0 Esercizio 19) Risolvere il problema di Cauchy: 1 x − y3 dx − dy = 0 y y2 y(2) = 1 Con la condizione y(1) = 1 il problema sarebbe ben posto? Esercizio 20) Trovare l’integrale generale della seguente equazione differenziale: y0 = − 2x + y x + 2y Calcolare poi la formula di Taylor arrestata al secondo ordine per la soluzione soddisfacente la condizione iniziale y(1) = 1. Esercizio 21) Stabilire se la seguente forma differenziale è esatta nella regione (x + 1) > 0 x2 y + 2xy + y 2 2 (x + 1) dx + x2 + 2xy dy x+1 e, in caso affermativo, calcolarne il potenziale. Esercizio 22) Stabilire se il seguente campo di forze è conservativo: F = (fx , fy ) fx = 2x cos (1 + x2 ) cos y fy = − sin y sin (1 + x2 ) R Calcolare poi Γ F dΓ essendo Γ la linea di equazioni parametriche √ α1 (t) = sin t2 α2 (t) = t cos t2 0≤t≤ π 86 CAPITOLO 6. CALCOLO INTEGRALE IN PIÙ VARIABILI Esercizio 23) Stabilire se la seguente forma differenziale è esatta {2xy cos x2 − y(x2 + y)}dx + {sin x2 }dy. Calcolarne √ poi l’integrale di linea lungo la circonferenza di centro nell’ origine e raggio 2. Esercizio 24) Dimostrare che l’equazione (x + y)exy + xy − 1 = 0 definisce una e una sola funzione implicita y = y(x), in un intorno di x0 = 1, tale che y(1) = 0. Disegnare poi il grafico approssimato di tale funzione in un intorno di x0 = 1 servendosi della formula di Taylor del secondo ordine. Esercizio 25) Dimostrare che l’equazione x2 y + ex+y − 1 = 0 definisce una e una sola funzione implicita y = y(x) il cui grafico passa per il punto (0, 0). Disegnare poi una approssimazione del grafico di tale funzione mediante la formula di Taylor del secondo ordine. Esercizio 26) Data l’equazione: ey + 3x2 y 3 − 1 = 0 1 + x2 determinare un punto (x0 , y0 ) per il quale passi, con tangente orizzontale, il grafico di una e una sola funzione implicita y = y(x). Stabilire poi se si tratti di un punto estremante o di un flesso. (Attenzione a economizzare i calcoli necessari per la derivata seconda)