FILIERA CORTA: GESTIONE DELLA RINTRACCIABILITÀ IN UN
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FILIERA CORTA: GESTIONE DELLA RINTRACCIABILITÀ IN UN
FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DELLA PREVENZIONE NELL'AMBIENTE E NEI LUOGHI DI LAVORO TITOLO DELLA TESI Filiera Corta: Gestione della rintracciabilità in un'azienda di allevamento di bovini da carne con annesso spaccio vendita Relatore: Candidato: Prof. Roberto Petrucci Elisa Alviani n° 1262828 A/A 2010/2011 Filiera Corta: Gestione della rintracciabilità in un'azienda di allevamento di bovini da carne con annesso spaccio vendita INDICE I Premessa La produzione agricola finalizzata alla vendita diretta dei prodotti alimentari La Filiera Corta. Pag 3 Vantaggi e criticità della filiera corta Pag 11 Pag 6 II Il Settore Zootecnico: Quadro Regionale e Locale di Settore – Il patrimonio zootecncico Pag 13 III Metodologia. Pag 20 3.1 Descrizione dell'Attività, dati della Struttura Pag 21 3.2 La Filiera corta nell'Azienda Nicoli Pag 23 3.3. Compiti dell'O.S.A. - Rintracciabilità ed Autocontrollo Pag 29 Gestione della Rintracciabilità in Azienda Pag 33 3.3.1. 3.3.1.a. Rintracciabilità dei mangimi ed alimenti per animali Pag 34 3.3.1.b. Rintracciabilità degli Animali Pag 37 3.3.1.c. Rintracciabilità della Carne Bovina, Anagrafe Bovina e Banca Dati Nazionale Rintracciabilità ed Etichettatura Pag 38 IV Prova di Simulazione V Conclusioni Bibliografia e riferimenti normativi Pag 45 Pag 51 Pag 53 Premessa Nel corso dei secoli, l'agricoltura e l'allevamento hanno sempre avuto una primaria importanza per lo sviluppo di popoli: proprio con l'introduzione delle pratiche agricole infatti in tempi remoti, i nomadi fondarono le prime aggregazioni urbane. Il progressivo sviluppo dei commerci che ne seguì, stimolò l'adozione di nuove tecniche produttive, dall'invenzione dell'aratro fino alla comparsa delle prime macchine agricole e dei concimi chimici: in modo particolare nell'ultimo secolo la continua crescita dei fabbisogni alimentari mondiali, la necessità di mantenere bassi i prezzi degli alimenti, la riduzione della superficie coltivabile, l'esigenza di coltivare anche in zone nettamente sfavorevoli hanno rivoluzionato le pratiche tradizionali determinando anche l'abbandono e l'estinzione di molte varietà locali. Il processo di globalizzazione che ha caratterizzato la seconda parte del secolo scorso e l'aumento degli spazi di azione delle imprese, hanno comportato un progressivo allungamento delle filiere agroalimentari tale da consentire la produzione e il consumo in tempi diversi e luoghi molto lontani l’uno dall’altro. Questo ha determinato un aumento delle disponibilità e della varietà dei beni offerti dal mercato, prevalentemente gestito dalla grande distribuzione organizzata (G.D.O.), e contemporaneamente ha causato la perdita di caratterizzazione territoriale e stagionale dei consumi e delle produzioni. 3 Nel moderno sistema agroalimentare si è prodotto quindi un allontanamento del consumatore dal contatto diretto con il settore agricolo e l’aumento delle distanze tra luogo di produzione e luogo di consumo. Oggi tuttavia assistiamo ad un nuovo interesse nei confronti delle abitudini alimentari tradizionali e dei prodotti del territorio, con il recupero di metodi di produzione tipici e la riduzione del numero di passaggi produttivi attraverso la cosidetta "Filiera Corta", tipica di nuove forme di commercio e ristorazione (aziende agricole, mercati del contadino, agriturismi) con vendita diretta dei prodotti alimentari. I motivi alla base dell'espansione della filiera corta sono da ricercare da un lato nella continua crescita dei prezzi al consumo che ha determinato un cambiamento di tendenza nel comportamento di alcuni consumatori, dall'altro nella ricerca di un rapporto più stretto con i produttori, con l’economia locale, ed una maggiore conoscenza e controllo delle condizioni di produzione e della qualità dei beni. Scopo del presente lavoro è quello di analizzare gli aspetti relativi alla produzione e vendita diretta dei prodotti alimentari esercitata in forma autonoma da parte dell'imprenditore agricolo, svincolato dal sistema distributivo convenzionale, ponendo in primo piano le modalità con cui fa fronte alle richieste di qualità e sicurezza del prodotto alimentare e la sua collocazione nel contesto produttivo nel territorio ove ha sede l'azienda. Per questa analisi è stata presa in considerazione l'azienda "Agricola Nicoli", 4 situata nel territorio del comune di Frosinone, tradizionalmente da più generazioni impegnata nell'allevamento dei bovini per la produzione di latte e carne. Il lavoro è stato strutturato in diversi capitoli: 1. descrizione teorica del sistema della filiera corta, organizzazione, vantaggi e criticità; 2. descrizione delle attività concernenti la sicurezza alimentare e del sistema produttivo di un’azienda che applica la vendita diretta per le proprie produzioni alimentari e sua collocazione nel contesto produttivo locale e regionale; 3. modalità di gestione della rintracciabilità della carne bovina e prova di simulazione. 5 I. La produzione agricola finalizzata alla vendita diretta dei prodotti alimentari – La Filiera Corta. La produzione agricola finalizzata alla vendita diretta è un fenomeno da sempre presente sul nostro territorio, laddove tradizionalmente aziende a gestione familiare consumavano per il proprio fabbisogno una parte dei prodotti che producevano (autoconsumo), destinando il resto alla vendita nei mercati di piazza o direttamente presso il domicilio dei consumatori negli agglomerati urbani. Gli strumenti normativi attuali sollecitano lo sviluppo rurale e la modernizzazione del settore agricolo anche grazie al cambiamento socio-culturale del concetto di agricoltore. Attraverso la legge di "Orientamento e Modernizzazione del Settore Agricolo" (Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228) si è giunti ad un nuovo inquadramento normativo in materia agricola definendo l'imprenditore agricolo (art.1) come "chi esercita attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attivita' connesse [...] esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali", e qualificando la commercializzazione dei prodotti come attività agricola a tutti gli effetti (art. 4): "gli imprenditori agricoli, singoli 6 o associati possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità". La vendita diretta è una forma di commercializzazione dei prodotti agricoli che mette in contatto produttori e consumatori, saltando tutte le fasi intermedie della filiera, e che quindi viene spesso definita “filiera corta” (Cicatiello-Franco, 2008). Nel moderno sistema produttivo e distributivo dei prodotti agroalimentari le merci viaggiano senza tregua e su lunghe distanze per garantire il massimo profitto, più che la massima qualità; spesso il prezzo favorevole è frutto di ingiustizie sociali in paesi poveri o conseguenza di sovrasfruttamento del territorio. In questo contesto socio-economico, la filiera corta si riveste di particolare interesse perchè si qualifica come valida alternativa al sistema fondato su tecniche intensive, specializzazioni produttive e orientamento al mercato, che penalizza in modo particolare le aziende agricole, primo anello della filiera compresso tra i crescenti costi produttivi e i bassi prezzi del mercato all’ingrosso. La caratteristica principale della vendita diretta è la completa autonomia decisionale dell’agricoltore, il quale si trova a poter gestire completamente le fasi di commercializzazione dei propri prodotti: alcuni di essi sono particolarmente adatti per la vendita diretta (prodotti freschi come ortofrutticoli), altri invece come carni, formaggi, vino, e olio, comportano una fase di trasformazione, che può essere esterna o svolta direttamente in azienda, e una volta offerti sul mercato 7 sono ben valorizzati dalla filiera corta. Un aspetto fondamentale alla base della filiera corta è la qualità dei prodotti, che deve essere eccellente, per stimolare un senso di fiducia nei confronti del produttore, alla base della continuità nell’acquisto direttamente a monte nella filiera. La dimensione aziendale incide sulla diversificazione e la dimensione dell’offerta: se è importante poter avere una certa varietà di prodotti in modo da offrire ai consumatori una possibilità di scelta, è però necessario calibrare le quantità prodotte sulla reale domanda, che raramente raggiunge livelli molto consistenti. Risultano per questo avvantaggiate le aziende di piccola-media dimensione, con una contenuta dimensione produttiva e con un’elevata flessibilità di produzione per adattare l’offerta alle esigenze commerciali. La filiera corta utilizza diversi metodi per realizzare il contatto dei consumatori: vendita diretta in azienda: non esiste un punto di vendita organizzato, ma la vendita avviene direttamente nelle strutture aziendali. La vendita riguarda quindi, tipicamente, i pochi prodotti in cui l’azienda è specializzata. La vendita diretta si configura come risorsa aggiuntiva per aziende che commercializzano la maggior parte dei propri prodotti attraverso altri canali di vendita; negozio aziendale: presuppone la necessità di disporre di una più ampia varietà di prodotti e di poterli presentare in modo adeguato. Per riuscire in 8 questa attività è necessaria una localizzazione favorevole e una solida clientela; punto vendita al di fuori dell’azienda: richiede un importante impegno economico, presenta maggiori vantaggi in termini di contatto dei clienti, ma richiede investimenti che poche aziende hanno la possibilità di sostenere, per cui è adatta solo ad aziende di grandi dimensioni; per i piccoli produttori l’unica possibilità è la costituzione un punto vendita comune a più aziende, in cui offrire una gamma comune di prodotti; vendita per corrispondenza o realizzata attraverso manifestazioni fieristiche: difficilmente possono essere considerati canali principali di immissione dei prodotti sul mercato, trattandosi perlopiù di eventi sporadici per l’azienda; vendita diretta nei mercati rionali: consente gli stessi vantaggi di accessibilità dei consumatori del negozio esterno all’azienda, ma consente un impegno di mezzi molto più ridotto. Negli anni, però, la presenza degli agricoltori ai mercati rionali si è molto ridotta, probabilmente per la difficoltà di competere con venditori ambulanti che, rifornendosi nei mercati all’ingrosso, riescono a disporre di un vasto assortimento di prodotti; consegna a domicilio: rappresenta più che una forma di vendita, un servizio offerto a complemento di altri tipi di vendita, soprattutto nei casi 9 in cui la localizzazione dell'Azienda è tale da rendere poco agevole il suo raggiungimento da parte dei consumatori. 10 Vantaggi e criticità della filiera corta La filiera corta e la vendita diretta determinano una serie di benefici, sia per i produttori che per i consumatori. Tra essi il vantaggio economico è senz’altro importante, ma sicuramente non è nè l’unico nè il più importante. L’abbattimento dei costi è il vantaggio immediatamente percepibile dai produttori, associato a margini di guadagno più alti e più proporzionati al lavoro svolto; si riduce la forbice tra i prezzi alla produzione e il prezzo al consumo, che si ripercuote direttamente sul reddito agricolo anche ad aziende di piccole dimensioni, e sul potere d’acquisto dei consumatori. Al di là di quest'aspetto economico ce ne sono altri di ordine pratico. Dal punto di vista logistico è più semplice per un agricoltore vendere direttamente i propri prodotti sul luogo di produzione, attraverso la consegna a domicilio, nei farmer market, o nell’ambito di mercati rionali, sagre e fiere. Nel complesso si tratta di realtà avviate e realizzate nel territorio circostante il mercato di sbocco, che annullano le distanze sia temporali che spaziali. Dal punto di vista qualitativo il consumatore compra prodotti freschi e garantiti, esenti da alterazioni e rincari (dovuti ai trasporti, agli imballaggi, alla pubblicità); il percorso dei prodotti vegetali dal campo alla tavola è molto breve, e si realizza in tempi sicuramente più brevi rispetto ai circuiti convenzionali. Sotto l’aspetto sociale e di cultura delle tradizioni, il consumatore conosce ciò 11 che mangia, la sua storia, come un alimento è stato prodotto: l’azienda infatti può essere visitata dal consumatore e tutti i passaggi produttivi sono presentabili e verificabili proprio perchè più diminuisce la distanza, anche geografica, e più la tracciabilità è concreta e comprensibile. Sono valorizzate le produzioni locali salvaguardando la biodiversità poichè nella vendita diretta è possibile acquistare solo merce di stagione, nel rispetto dei cicli naturali e non tutto tutto l'anno. Più in generale inoltre la filiera corta produce dei vantaggi anche per l'ambiente: il risparmio energetico, l'abolizione dei trasporti, la riduzione al minimo di imballaggi e confezioni combattono l'inquinamento; infatti come la ricollocazione sul mercato dei prodotti realizzati nel territorio circostante il mercato, producono infatti un abbattimento dei costi di trasporto e una diminuzione delle emissioni inquinanti che contribuiscono ad un risparmio sia in termini economici che ecologici. Il vantaggio realizzato in termini di risparmio di inquinanti produce un beneficio ambientale del quale gode tutta la collettività, anche quella parte che non persegue lo scopo del consumo critico. Tuttavia il sistema della filiera corta presenta anche degli svantaggi: si tratta di un mercato che non può essere generalizzato e applicato a tutti i generi alimentari; le aziende non sempre sono localizzate in località facilmente raggiungibili da parte dei consumatori; 12 l’attività di trasformazione non è una semplice integrazione di quella già presente ma talvolta l’inserimento di una nuova attività d’impresa rispetto a quella agricola tradizionale con rischi tecnici ed economici; la discordanza tra domanda e offerta disponibile in quel preciso momento. La produzione agricola finalizzata alla vendita diretta di prodotti alimentari perciò non è adattabile a qualsiasi allevatore per le difficoltà tecniche e organizzative sopra citate che spesso essi non sono in grado di affrontare. Per questo sebbene sono ormai quasi 100.000 le aziende agricole italiane attrezzate per questo tipo di attività, in Italia la filiera corta ha comunque ancora una rappresentatività molto ridotta, coprendo appena il 4% del mercato, rispetto invece a quote diverse e superiori presenti in altri Paesi europei (ad esempio il 20% francese). 13 II. Il Settore Zootecnico: Quadro Regionale e Locale di Settore Storicamente, accanto allo sviluppo industriale e al settore terziario e del turismo, l'agricoltura e l'allevamento rappresentano settori importanti dell'economia laziale, in particolare dopo l'opera di bonifica delle paludi e nonostante l'esodo della popolazione rurale ed il progressivo abbandono delle attività agricole che si è realizzato nell’ultimo quarto del secolo scorso. Prevalgono nel Lazio le grandi aziende, superiori a 50 ettari, ma molto diffuse sono anche le piccole e medie aziende, in maggioranza a conduzione familiare. In tale ambito l'allevamento, che trova in questa regione tradizioni molto antiche, ricopre un ruolo centrale. Al 31 agosto 2011 risultano aperte nel Lazio 15503 aziende zootecniche, di cui: 7992 nella provincia di Frosinone; 2572 nella provincia di Roma; 2056 nella provincia di Rieti; 1558 nella provincia di Latina; 1325 nella provincia di Viterbo. Dati Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lazio e Toscana Il solo patrimonio bovino ammonta a 230067 capi bovini vivi, registrati in Banca Dati Nazionale (BDN) e regolarmente detenuti in 10895 allevamenti. In relazione all'orientamento produttivo, quelli da carne (7601) prevalgono 14 rispetto agli allevamenti misti (2016) e a quelli da latte (1278). La conformazione dei terreni, la disponibilità di risorse, ma anche elementi socioculturali locali, fanno assumere ai sistemi di allevamento forme diverse sia per dimensione, sia per tipologia di tecniche utilizzate. Si distinguono in base al ciclo produttivo allevamenti di tipo estensivo (un sistema autosufficiente con terreni per il pascolo o per produrre il nutrimento per gli animali, con una bassa densità di capi di bestiame rispetto alla porzione di terreno su cui vengono allevati e in cui i reflui zootecnici vengono utilizzati come fertilizzante naturale senza bisogno che vengano smaltiti come rifiuti) e intensivo (gli animali vengono cresciuti in ambienti confinati, a densità di capi di bestiame piuttosto elevata, cresciuti a stabulazione libera, che consente all'animale di muoversi in libertà e di sviluppare le proprie masse muscolari o a stabulazione fissa, in cui l’animale viene legato alla propria postazione senza libertà di movimento). Nel Lazio, come nella maggior parte dell'Italia centro-meridionale, è più diffuso il primo tipo, mentre nella provincia di Frosinone è soprattutto l'allevamento estensivo, seppur con una bassa percentuale di capi, ad essere rappresentativo. A livello delle singole province si evidenzia una situazione eterogenea relativamente alla numerosità degli allevamenti e di capi bovini detenuti. 15 Allevamenti bovini per classe di consistenza ASL - A.S.L. FROSINONE BOVINI Numero Allevamenti Aperti con 1 - 2 CAPI - di cui con Orientamento Produttivo LATTE - di cui con Orientamento Produttivo MISTO - di cui con Orientamento Produttivo CARNE Numero Allevamenti Aperti con 3 - 5 CAPI - di cui con Orientamento Produttivo LATTE - di cui con Orientamento Produttivo MISTO - di cui con Orientamento Produttivo CARNE Numero Allevamenti Aperti con 6 - 9 CAPI - di cui con Orientamento Produttivo LATTE - di cui con Orientamento Produttivo MISTO - di cui con Orientamento Produttivo CARNE Numero Allevamenti Aperti con 10 - 19 CAPI - di cui con Orientamento Produttivo LATTE - di cui con Orientamento Produttivo MISTO - di cui con Orientamento Produttivo CARNE Numero Allevamenti Aperti con 20 - 49 CAPI - di cui con Orientamento Produttivo LATTE - di cui con Orientamento Produttivo MISTO - di cui con Orientamento Produttivo CARNE Numero Allevamenti Aperti con 50 - 99 CAPI - di cui con Orientamento Produttivo LATTE - di cui con Orientamento Produttivo MISTO - di cui con Orientamento Produttivo CARNE Numero Allevamenti Aperti con 100 - 499 CAPI - di cui con Orientamento Produttivo LATTE - di cui con Orientamento Produttivo MISTO - di cui con Orientamento Produttivo CARNE Numero Allevamenti Aperti con OLTRE - 500 CAPI - di cui con Orientamento Produttivo LATTE - di cui con Orientamento Produttivo CARNE - di cui con Orientamento Produttivo MISTO Numero Allevamenti Aperti - di cui con Orientamento Produttivo LATTE - di cui con Orientamento Produttivo MISTO - di cui con Orientamento Produttivo CARNE LAZIO FROSINONE 31/08/11 31/08/11 3944 2264 82 51 678 480 3184 1733 1982 874 82 42 392 258 1508 574 1096 394 96 47 205 128 795 219 1295 409 192 92 282 159 821 158 1419 327 322 78 257 109 840 140 683 99 263 29 127 28 293 42 454 33 229 13 73 5 152 15 22 2 12 1 8 1 2 0 10895 1278 2016 7601 4402 353 1167 2882 RIETI 31/08/11 489 7 30 452 333 10 19 304 228 11 21 196 280 33 14 233 293 50 8 235 113 33 3 77 43 23 3 17 0 0 0 0 VITERBO 31/08/11 306 4 34 268 152 4 14 134 88 7 5 76 124 9 11 104 182 32 15 135 102 43 8 51 86 23 21 42 6 2 1 3 LATINA 31/08/11 332 9 74 249 221 13 43 165 133 14 30 89 204 34 61 109 293 95 103 95 190 65 79 46 122 72 30 20 0 0 0 0 1779 167 98 1514 1046 124 111 811 1495 302 420 773 Fonte Anagrafe Nazionale Zootecnica – Statistiche http://statistiche.izs.it/portal/page?_pageid=73,12918&_dad=portal&_schema=PORTAL&op=nav_rep&p_report=ple In Ciociaria sono presenti 4402 allevamenti (di cui 2382 da carne) con 32072 capi bovini, distinti per classi d'età, sesso e tipologia produttiva, come riportato nella seguente tabella: 16 LAZIO FROSINONE 31/08/11 31/08/11 CAPI VIVI IN BDN 296612 57635 - di cui bovini 230067 39072 - di cui bufalini 66545 18563 MASCHI 49073 12245 - di cui con eta compresa tra 0 e 12 mesi 24753 4504 - di cui con eta compresa tra 12 e 24 mesi 15598 4831 - di cui con eta compresa tra 24 e 36 mesi 2964 793 - di cui con eta oltre 36 mesi 5758 2117 247539 45390 - di cui con eta' compresa tra 0 e 12 mesi 35537 5220 - di cui con eta' compresa tra 12 e 24 mesi 34649 5960 - di cui con eta' compresa tra 24 e 28 mesi 10316 1713 - di cui con eta' compresa tra 28 e 60 mesi 69357 11965 FEMMINE L'allevamento bovino nella provincia di Frosinone vede quindi la prevalenza di insediamenti di piccole dimensioni orientate non tanto alla creazione di profitto quanto invece alla produzione tradizionale di alimenti ai fini del consumo familiare. Infatti le aziende con una consistenza di 1-2 capi rappresentano oltre la metà (51,4%) del totale a differenza del dato laziale (36%) o delle altre province (25% Latina e 27,49% Rieti) mentre le aziende con numero di capi superiore a 50 rappresentano solo il 10,5%, in confronto ad un dato regionale del 23,7% e provinciale del 25,36% a Latina e del 40,46% a Rieti. Queste aziende sono per la maggioranza dei casi a conduzione diretta del coltivatore (il 98%) con ampia diffusione della manodopera familiare a testimonianza di una struttura produttiva con un basso grado di specializzazione e con evidenti carenze organizzative, sebbene la dimensione media aziendale sia 17 cresciuta dal 2000 ad oggi dai 3,8 ai 6,6 ettari di SAU (Superficie Agricola Utilizzabile) per azienda (dati ISTAT). Questo aspetto da una parte è in grado di ammorbidire i picchi di crisi del comparto, dall'altra rende più difficile organizzare l’offerta e ancora più difficile rafforzare la posizione delle aziende. A ciò va aggiunto che nell' ultimo decennio (sia in generale che nello specifico della provincia di Frosinone) le imprese agricole si sono trovate a far fronte, al pari di gran parte dei sistemi economici, alle criticità derivanti dall’evoluzione della fase recessiva. La contrazione della domanda interna ed estera, l’elevato livello di incertezza nell’economia e le restrizioni del credito operate dagli istituti bancari hanno comportato: problemi di natura finanziaria (fatturato), problemi di entità di produzione, problemi di occupazione con intensità diverse a seconda delle caratteristiche strutturali dei sistemi produttivi locali. La contrazione del volume di affari che, oltretutto, segue quelle degli anni precedenti, ha interessato tutti i macro-settori dell’economia provinciale: per il settore agricolo è stata del 14,6% con un corrispondente calo della produzione del -18,7% (il settore industriale ha presentato la maggiore contrazione con un calo 18 medio del 17,8% e punte del 30,8% nell’ambito del comparto estrattivo, del 25% del chimico-farmaceutico e del -3,8% nel settore alimentare). Solo dal punto di vista delle esportazioni invece il settore agricolo ha evidenziato un incremento del 150,9% all’interno di un quadro di generale flessione dell'11,3% per il rallentamento del commercio mondiale a causa della crisi, a testimonianza di un maggiore assorbimento del mercato estero nei confronti di produzioni di qualità, contrapposto ad una precedente scarsa rappresentanza di aziende in grado di affrontarlo. L’occupazione ha evidenziato un calo del -2,4% che si è rivelato inferiore a quello registrato per gli altri macro-settori. 19 III. Metodologia Lo scopo della trattazione è quello di esaminare come un'azienda inserita nel tessuto socio-culturale di un dato territorio, utilizzi il canale della vendita diretta applicando i principi della filiera corta e come, in tale ambito e con proprie risorse, gestisca gli aspetti di sicurezza alimentare relativi alla produzione e vendita della carne. L'azienda "Agricola Nicoli" offre un interessante esempio di applicazione della filiera corta: produce, trasforma e vende (direttamente o a terzi) latte, carne e altri prodotti tradizionali. Inoltre già da qualche anno l'azienda ha aperto la propria struttura al mondo della formazione offrendo agli studenti di ogni ordine e grado scolastico, percorsi sull'allevamento dei bovini da carne e da latte: morfologia, fecondazione, alimentazione, trasformazione delle materie prime. Le caratteristiche dell’azienda sono tali che essa si inserisce pienamente nel sistema che è stato precedentemente descritto: è un'azienda a conduzione familiare con manodopera interna dove tutte le fasi sono gestite e realizzate da membri del medesimo nucleo familiare; è una realtà a bassa specificità settoriale da cui consegue una ricerca innovativa e tecnologica poco sviluppata che non si propone di allargare oltre misura produzione e mercato, ma mira al raggiungimento e al mantenimento di standard secondo valori di genuinità e sicurezza dei prodotti. 20 3.1 Descrizione della Struttura e sua attività L'azienda è situata a due passi dal centro del capoluogo frusinate, dispone di 23 ettari di bosco e prati naturali destinati al pascolo del bestiame, un capannone per il ricovero degli animali a stabulazione libera, e una tettoia per l'alimentazione in gabbia. L'azienda dispone di laboratori di trasformazione: 1. caseificio aziendale, attivo 3 giorni a settimana d'estate e 2 giorni a settimana d'inverno; 2. laboratorio di macelleria annesso allo spaccio di vendita, dove oltre alla carne è possibile trovare quotidianamente latte e formaggi di produzione propria e altri prodotti come miele, vino, olio e verdure sott’olio e sott’aceto provenienti da altre aziende locali. Oltre all'attività di trasformazione di carne e latte, l'azienda vende direttamente sia in loco, sia in altri siti, attraverso l'utilizzo di distributori automatici, latte crudo destinato all'alimentazione umana. Sono allevati suini (circa 70 capi l'anno), volatili e polli (400 capi all'anno) ma è l'allevamento bovino a rappresentare l'attività prevalente dell'impresa, secondo un sistema estensivo a stabulazione libera. Si allevano circa 60 animali da produzione all'anno e 65 vitelli da carne dei quali un parte (circa una ventina) destinati alla produzione di carne bianca, e il resto a diverso stadio di crescita. L'alimentazione è quasi totalmente basata su produzioni aziendali ed è ben 21 diversificata per tipologia di capi: le vacche in asciutta e le manze gravide pascolano in prati di leguminose e graminacee con un'integrazione alimentare in inverno di fieno e farina di mais; per gli animali in produzione si ricorre all'Unifeed, tecnica alimentare oggi molto diffusa e caratterizzata da una razione di fieno di graminacee, erba naturale e farina di mais opportunamente triturati e miscelati tra loro con l'aggiunta di adeguati integratori vitaminico-minerali (nucleo) distribuiti una sola volta al giorno garantendo così la continua disponibilità per le 24 ore succesive; anche i vitelli all'ingrasso sono alimentati con Unifeed e farina di mais. Tutta la produzione per carne (anche suini e polli) è destinata alla vendita diretta. Il latte e i prodotti a base di latte rappresentano un'altra linea di produzione aziendale: sono prodotti 3600 quintali di latte all'anno, di cui una parte viene consegnata alle aziende di raccolta per la produzione di latte alimentare (circa 1600 quintali) mentre il resto viene utilizzato in azienda: di questi circa 1200 quintali vengono trasformati nel caseificio aziendale per la produzione di yogurt, mozzarelle e formaggi, mentre l'altra parte viene venduta come latte crudo nello spaccio aziendale e presso un distributore automatico. 22 3.2. La Filiera della carne nell'Azienda a) Allevamento L'attività preponderante è l'allevamento bovino con 170 UBA adeguata alla superficie agricola ed all'attività di vendita, integrata dall'acquisto di capi se il numero delle nascite è inferiore a quello dei capi necessari per la macelleria. Le Unità Bestiame Adulto (UBA) rappresentano l'unità di misura della consistenza di un allevamento che, rapportata alla SAU (Superficie Agricola Utilizzabile), consente di determinare la densità dell'allevamento stesso. La consistenza in UBA di un allevamento si ottiene applicando al numero dei capi presenti in azienda degli appositi coefficienti legati all'età ed alla specie degli animali. Hanno lo scopo di esprimere sinteticamente il carico zootecnico e considerano la quantità e qualità (contenuto in azoto, fosforo...) dei reflui in modo da poter facilmente confrontare l'impatto ambientale di differenti allevamenti. Il carico viene valutato come risultato del rapporto UBA/superficie(ha). Categorie di animali Indice di conversione in UBA Tori, vacche e altri bovini di oltre due anni di età 1 Bovini da sei mesi a due anni di età 0,6 Bovini di meno di sei mesi 0,4 Equini di oltre sei mesi 1 Ovini di età superiore a dieci mesi 0,15 Caprini di età superiore a 10 mesi 0,15 Scrofe riproduttrici di oltre 50 kg 0,5 Altri suini di età superiore a sei mesi 0,3 Per far fronte alla domanda, l'azienda ha diversificato la produzione di carne: in 23 particolare per rispondere alla domanda sia di carni fresche che stagionate è stato implementato l'allevamento suino che ha aggiunto una consistenza di 70 capi l'anno. L'organizzazione degli allevamenti è specifica per ogni specie allevata e dipende dal ritmo delle nascite e dell'accrescimento degli animali e dalla domanda di carni nei diversi mesi dell'anno. Le carni prodotte distinte per specie e per classe di età sono: Vitello: bovino macellato in età giovane (4 mesi) prima dello svezzamento, la carne è rosea e tendenzialmente magra in quanto l'animale viene allevato esclusivamente con latte o sostituti, nel muscolo del vitello però si trovano maggiori quantità di farmaci somministrati dagli allevatori per evitare che un animale così giovane sviluppi malattie; Bovino adulto: animale generalmente maschio di età uguale/maggiore di 24 mesi e del peso morto medio di 350/400 kg, corrisponde al vitellone, le carni sono igienicamente più pulite grazie al rumine (a quest'età completamente sviluppato) che filtra le sostanze inquinanti impedendone il deposito dei muscoli; Manza: animale di circa 18/20 mesi di età, sia maschio che femmina, del peso morto medio di 250/300 kg, dal punto di vista nutrizionale non presenta grandi differenze rispetto al bovino adulto, il grasso è giallognolo e la carne rossa; 24 Suino fresco: animale di circa un anno di età del peso morto medio di 100/130 kg; Suino stagionato: ricavato dalla stagionatura del fresco opportunamente macellato; Avicoli: animali di bassa corte (polli, anatre, oche e faraone) disponibili solo per pochi periodi all'anno, con un peso che oscilla fra 1,5/3 kg. b) Macellazione Per la macellazione ci si avvale di strutture esterne l'azienda. Le macellazioni avvengono a cadenza settimanale: da ogni animale si ottengono tagli sia di prima che di seconda scelta che devono essere necessariemente venduti tutti. La macellazione rappresenta uno dei momenti più critici dal punto di vista igienico-sanitario, tanto che la normativa europea prevede la presenza obbligatoria di un Veterinario Ufficiale che verifica se le procedure previste sono eseguite e gestite correttamente e visita ogni animale per stabilirne l’idoneità al consumo. Il mattatoio provvede a recapitare al laboratorio aziendale la carcassa tal quale (suini o vitelli) o divisa in quarti o mezzene, garantendo al termine del processo di macellazione, l'origine chiara di ogni singola parte ottenuta per conoscere da quale animale le carni hanno avuto origine in ogni successiva fase di lavorazione. Subito dopo la macellazione la carne ha caratteristiche di scarsa commestibilità a causa del rigor mortis (un irrigidimmento e accorciamento delle fibre muscolari 25 dovuto all'esaurimento delle riserve energetiche) e dello stato strutturale delle proteine muscolari che migliorano con la frollatura, periodo di tempo in cui i quarti di carne vengono mantenuti ad una temperatura compresa tra 1 e 2 ºC e ad una umidità relativa del 75% per un periodo di 10-14 giorni dopo la macellazione. La frollatura in sintesi è un processo di autodigestione, una proteolisi attuata da enzimi di origine microbica e tissutale che permette alla carne di acquisire un maggior grado di tenerezza, succosità e una perdita di colore. Lo sviluppo moderato di sostanze aromatiche (chetoni, aldeidi, ammoniaca, ammine, idrogeno, solforato...) conferisce alla carne una maggiore serbevolezza. Un'elevata carica microbica iniziale, il prolungamento della frollatura e l'alterazione delle condizioni ambientali determinano però processi degenerativi e causano il deperimento della carne per putrefazione. Per evitare questo fenomeno è indispensabile non interrompere la catena del freddo anche dopo l'avvenuta consegna ma garantire alla carne temperature costanti (se si vuole conservare ancora per qualche giorno in frigorifero). Per catena del freddo si intende il mantenimento in ogni fase post-macellazione (dalla mattazione dell'animale alla consegna dei tagli) delle temperature prossime allo 0ºC lungo tutte le fasi di filiera fino al consumatore finale, che diventa responsabile dell'integrità del prodotto dopo la consegna da parte dell'operatore, in particolare minimizzando i tempi di trasporto dopo l'acquisto e garantendo opportuni e adeguati metodi di conservazione e cottura. 26 Le carni vengono successivamente sezionate (taglio) facendo trascorrere tra macellazione degli animali e l'offerta delle carni, almeno 8-10 giorni. c) Sezionamento e Lavorazione Avviene all'interno del complesso aziendale nell’annesso laboratorio, organizzato nel rispetto delle norme igienico-sanitarie. Le carni che pervengono dal mattatoio entrano dall'ingresso esterno della cella frigorifera e vengono man mano introdotte nel laboratorio per mezzo di binari di scorrimento per essere lavorate da due addetti. Il laboratorio di macelleria in base al proprio autocontrollo lavora soltanto una specie per volta: dopo il sezionamento delle mezzene bovine in pezzi da cui saranno ottenuti i diversi tagli si esegue la sanificazione del laboratorio e si procede alla lavorazione dei suini (il cui sezionamento e confezionamento richiede al massimo un paio di giorni) e in ultimo degli avicoli. Il processo di lavorazione termina con l'applicazione dell'etichetta che riporta tutte le informazioni dell'animale macellato: paese di provenienza, nome dell'azienda di provenienza, mattatoio in cui è avvenuta la macellazione, tipo di taglio, lotto (numero auricolare attribuito alla nascita dall'anagrafe nazionale bovina). Queste informazioni devono essere ben evidenti e disponibili al consumatore. d) Vendita L'ubicazione dell'azienda, in piena campagna ma all'interno del tessuto urbano fa sì che la vendita avvenga all'interno dello spaccio presente in azienda e solo in 27 qualche caso conferite a domicilio con furgone-frigorifero. L'attività produttiva della macelleria è costante nel tempo anche se l'oscillazione della domanda nell'arco di un anno è marcata, con maggiori consumi di carne nelle stagioni fresche ed un calo nei mesi estivi compensato dall'aumento della richiesta di prodotti lattiero-caseari freschi. Questo obbliga a massimizzare la produzione di carne nel periodo invernale a maggior copertura delle spese che si affrontano nel processo produttivo durante tutto l'arco dell'anno. 28 3.3. Compiti dell'Operatore del Settore Alimentari – Rintracciabilità ed Autontrollo Il concetto di "sicurezza alimentare" alla luce della vigente normativa comunitaria sottintende l'attuazione di accorgimenti tecnico-legislativi finalizzati a garantire la salute e il benessere del consumatore interessando l'intera catena alimentare fin dai suoi primi anelli. In tale contesto gli obiettivi del Regolamento (CE) n.178/2002 attengono alla protezione sia della salute umana che degli interessi dei consumatori; attengono altresì alla tutela dell'ambiente, all'eliminazione degli ostacoli al commercio e infine alla presa di coscienza dell'importanza della salute degli animali e della rilevanza dei mangimi come elementi essenziali della catena alimentare. Per conseguire gli obiettivi sopraindicati il Regolamento (CE) n.178/2002 pone a carico degli operatori specifiche obbligazioni relativamente alla sicurezza degli alimenti per il consumo umano e quella dei mangimi per animali; all'etichettatura, pubblicità, confezionamento, degli alimenti e dei mangimi; alla rintracciabilità relativamente agli alimenti, ai mangimi e agli animali della catena alimentare; al ritiro dal mercato degli alimenti e dei mangimi ritenuti dall'operatore stesso non conformi ai requisiti di sicurezza, in considerazione del coinvolgimento dei consumatori e delle autorità responsabili. Il Regolamento 178/2002 definisce come operatore del settore alimentare, la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni 29 della legislazione alimentare nell'impresa posta sotto il suo controllo, attribuendogli quindi una legale, primaria, condivisa (ma non indistinta) responsabilità. Dalla responsabilizzazione dell'OSA discende il concetto di autocontrollo, inteso come l'obbligo di controllare le proprie produzioni al fine di prevenire l'insorgenza di non conformità e prevedere le opportune azioni correttive per minimizzare i rischi se questi si verifichino nonostante l’applicazione delle misure preventive. Per applicare l’autocontrollo in maniera razionale e organizzata, lo strumento che la legislazione mette a disposizione è sistema HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points). Rintracciabilità I principi e i requisiti fondamentali in materia di sicurezza alimentare sono stabiliti dal Regolamento 178/02 della Comunità Europea, che all'art 18 afferma: "è disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime". Rintracciare un prodotto significa saper ricostruire la storia e seguire l'utilizzo di un prodotto mediante identificazioni documentate relativamente ai flussi materiali e agli operatori di filiera (Norma UNI 10939/2001), ossia attraverso il processo 30 informativo che segue il prodotto in ogni fase del processo produttivo e di distribuzione (tracciabilità), al fine di ritrovare la sua origine (rintracciabilità ascendente) o destinazione finale (rintracciabilità discendente). Si può inoltre distinguere una "rintracciabilità cogente" e una "rintracciabilità volontaria": la prima, obbligatoria dal 2005 prevista dal Regolamento 178/2002, prescrive che tutti gli OSA siano in grado di individuare la provenienza e la destinazione di tutti i prodotti lavorati, adottando dei sistemi per fornire all'Autorità Competente informazioni quali: 1. identificativo del fornitore/cliente diretto (es. sede sociale, stabilimento di provenienza dell'alimento del mangime o dell'animale...); 2. natura e quantità dei beni ricevuti/venduti (es. denominazione, presentazione...); 3. data di ricevimento/vendita; 4. indicazioni ai fini dell'individuazione del prodotto (es. partita, lotto, consegna, ecc.). la seconda, detta anche rintracciabilià interna o di filiera, risponde alla normativa tecnica UNI EN ISO 22005- sui principi e requisiti per la progettazione e realizzazione del sistema di rintracciabilità nel settore agroalimentare- che ha sostituito le norme nazionali di rintracciabilità di filiera (UNI 10939:2001) e di rintracciabilità aziendale (UNI 11020:2002) per 31 documentare e ricostruire con più precisione la storia del prodotto, individuando eventuali responsabilità ma soprattutto riducendo disagi e oneri di gestione interna in caso di ritiro/richiamo di prodotti difettosi. L'istituzione di un sistema di rintracciabilità è finalizzato al ritiro dei prodotti, se essi rappresentano un rischio per la salute umana e ambientale ed a contribuire al controllo delle informazioni sull’etichetta, in segno di trasparenza. 32 3.3.1. Gestione della rintracciabilità nell’azienda Quindi gli obblighi di sicurezza alimentare del produttore sono essenzialmente riconducibili a: 1. gestione della rintracciabilità, 2. autocontrollo. Nel caso di specie, derivando i prodotti alimentari direttamente dalle attività proprie, l'azienda è chiamata a gestire la sicurezza in parte come produttore primario con i metodi e gli obblighi che esso comporta, in parte come O.S.A. vero e proprio, applicando nel proprio sistema di Autocontrollo non solo le metodiche delle Buone Prassi Agricole, Igieniche,... ma anche i principi del Sistema HACCP. La rintracciabilità deve essere applicata invece sia nel caso delle attività primarie che della trasformazione interessando la gestione di: 1. alimenti per animali 2. animali 3. uso del farmaco 4. produzioni: latte carne 33 Flow Chart attività dell’azienda. 3.3.1.a. Rintracciabilità dei mangimi ed alimenti per animali L'azienda utilizza per l'alimentazione dei suoi animali il foraggio derivante dal prato-pascolo ed il fieno proveniente da tali fondi. Per questo identifica i terreni e il fieno prodotto attraverso il "quaderno di campagna" nel quale sono indicati i tipi di fieno prodotti ed il metodo di taglio. 34 35 L'azienda ed i relativi terreni destinati alla produzione di foraggio o per il pascolo sono georeferenziati, cioè identificati con l'indicazione di latitudine e longitudine. Questo significa che in caso di criticità sanitarie o ambientali essi possono essere agevolmente localizzati. Un esempio appropriato è rappresentato dalla contaminazione di pascoli e mangimi da parte di BHCH (insetticida) nell'area del fiume Sacco a seguito della quale sono state emanate ordinanze di inibizione all'uso dei raccolti ed al pascolo dei terreni situati nel raggio di 100 mt dal corso del fiume. Attraverso la georeferenziazione è possibile stabilire con certezza millimetrica quali sono i terreni inibiti ai fini della produzione alimentare e dei mangimi. Per quanto riguarda invece gli alimenti acquistati, in questo caso la gestione della rintracciabilità è quella descritta dal Reg. 178/2002 che indica come l'O.S.A. debba essere in grado di identificare chi ha fornito il mangime da destinare agli animali. Per questo viene utilizzato il metodo della conservazione dei documenti commerciali che contengono tutte le informazioni pertinenti quali: fornitore, indirizzo, prodotto, quantità. 36 3.3.1.b. Rintracciabilità degli animali I bovini destinati alla produzione di carne nascono per la maggior parte in azienda e pertanto tutti gli obblighi di identificazione, marchiatura e iscrizione in BDN vengono gestiti direttamente dall'allevatore (rimonta interna). Nel caso invece di acquisto di animali provenienti da altri allevamenti, questi vengono introdotti accompagnati dalle informazioni sanitarie previste. In particolare: identificazione con doppia marca e passaporto; modello 4 indicante la stalla di provenienza; stato sanitario del capo e dell'azienda di provenienza. Queste informazioni sono tutte riportate nel Registro di Stalla e corrispondono a quelle registrate in BDN, direttamente visualizzabili nel sito www.anages.it. Queste informazioni seguono l'animale fino alla macellazione e sono quelle che compariranno nell'Etichetta della carne; infatti l’invio dell’animale al macello è possibile solo in presenza delle condizioni di identificazione prescritte ed in particolare: Doppia marca auricolare e Passaporto, Cerificazione di provenienza degli animali (mod.4) e informazioni sulla catena alimentare e sullo stato sanitario del bestiame. 37 3.3.1.c. Rintracciabilità della Carne Bovina Il concetto di Rintracciabilità della Carne Bovina nasce dal punto di vista normativo con il Reg.820/97, poi abrogato dal Reg.1760/00, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e regola l'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine. Il sistema si basa su tre elementi fondamentali: 1. Registazione delle Aziende – Registro Aziendale 2. Identificazione individuale dell'animale – Marca e Passaporto 3. Etichettatura della Carne Bovina E' prevista un'anagrafe delle aziende e degli allevamenti, ognuno dei quali è identificato con un codice, composto da: le ultime tre cifre del codice Istat del Comune ove ha sede l'azienda; la sigla della Provincia ove ha sede l'azienda; il numero progressivo assegnato all'azienda su base comunale. Ogni azienda inoltre possiede un registro sul quale sono riportati gli estremi identificativi di tutti gli animali detenuti, con la data di nascita del capo, l'annotazione dei marchi auricolari, i vari movimenti di entrata e di uscita e la data di morte e macellazione (DPR 317/96 art 3). Quindi per l'identificazione di un animale si fa riferimento a: 38 marchi auricolari apposti su ciascuno orecchio recanti lo stesso e unico codice di identificazione e il codice dell'azienda in cui è nato; passaporto individuale che accompagna l'animale in ogni suo spostamento; basi di dati informatizzate all'interno della Banca Dati Nazionale gestita dai Servizi Veterinari. Anagrafe Bovina e Banca Dati Nazionale L’anagrafe bovina degli allevamenti, avviata a livello nazionale con D.P.R. 317/96, rappresenta uno strumento di fondamentale importanza per: la salvaguardia del patrimonio zootecnico, in quanto efficace supporto alle attività di profilassi sanitaria e per il controllo delle malattie infettive del bestiame (TBC, BRC, Leucosi, IBR) gestendone il risanamento con la precisa individuazione degli allevamenti e dei capi infetti o a rischio; la tutela della salute pubblica, perchè elemento essenziale nella rintracciabilità degli alimenti di O.A. che certifica la qualità e il più alto livello di sicurezza e garantisce al consumatore il controllo dell'intera filiera; la semplificazione della gestione e del controllo dei regimi di aiuto comunitari. La Banca Dati Nazionale (BDN) consiste in un registro informatizzato in cui vengono riportati tutti i dati identificativi e i movimenti sul territorio nazionale dei 39 capi bovini, accessibile via internet da: gli allevatori che notificano alla BDN ogni evento della vita dell'animale (nascita, movimentazioni, uscite e ingressi, morte); il Servizio veterinario delle ASL che certifica l'iscrizione nella BDN provvedendo al rilascio e vidimazione del passaporto e dei marchi auricolari e effettua i controlli sulla corretta implementazione dell’anagrafe riportando eventuali irregolarità; i cittadini per ottenere informazioni trasparenti sulla tracciabilità dei prodotti o attingere a dati statistici. I diversi soggetti con competenze differenti (allevatori, soggetti delegati, AUSL, fornitori di marche, titolari di stabilimenti di macellazione...) comunicano direttamente le informazioni sugli eventi riguardanti i singoli capi: dichiarazione di nascita e di ingresso nell'allevamento, assegnazione delle marche auricolari, rilascio del passaporto, trasferimenti/passaggi di proprietà, macellazione e morte (e rispondono in prima persona delle eventuali inesatte informazioni inserite). Chiunque immetta o modifichi dati nella BDN deve essere autenticato nel sistema attraverso la firma digitale che comporta il possesso di una smart-card (una sorta di carta magnetica) con certificato digitale valido (rilasciato da una Autorità di Certificazione). Accanto alla Banca Dati Nazionale centralizzata sono istituiti più nodi applicativi 40 regionali (BDR) distinti e reciprocamente indipendenti, ma che in modo diretto interagiscono e collaborano insieme per l’alimentazione e l’aggiornamento dell’Anagrafe Nazionale Bovini. Rintracciabilità ed Etichettatura La rintracciabilità delle Carni Bovine quindi passa per tre elementi fondamentali: 1. l'identificazione dei capi, attraverso la doppia marca auricolare, la registrazione in BDN, il passaporto e il registro di stalla; 2. il controllo degli impianti, inseriti in una specifica anagrafe nei Servizi Veterinari e classificati in base ai rischi presenti e i possibili effetti sulla salute pubblica (classificazione che determina la frequenza e le procedure di controllo nelle varie imprese); 3. l'etichettatura delle carni. Per etichettatura si intende l'apposizione sul singolo pezzo o su più pezzi di carne, di informazioni chiare, leggibili, indelebili al fine di agevolare il consumatore nell'acquisto, garantire la libera circolazione delle merci, promuovere il prodotto commercialmente, ma soprattutto illustrarne le caratteristiche e permetterne un primo controllo da parte dell'Autorità Competente. Gli operatori che commercializzano carni bovine comunitarie o importate devono provvedere ad etichettarle in ogni fase della commercializzazione (in modo da non 41 consentirne la riutilizzazione) e devono assicurarsi che l'etichetta riporti le seguenti informazioni obbligatorie: 1. il numero di identificazione dell'animale o del gruppo di animali da cui provengono le carni; 2. il numero di approvazione del macello presso il quale sono stati macellati gli animali e lo Stato in cui è situato tale macello: Macellato in (nome dello Stato membro/Paese terzo) (numero di approvazione o codice a barre/alfanumerico); 3. il numero di approvazione del laboratorio di sezionamento presso il quale sono state sezionate le carcasse e lo Stato in cui è situato tale laboratorio: Sezionato in (nome dello Stato membro/Paese terzo) (numero di approvazione o codice a barre/alfanumerico ); 4. Stato membro o Paese terzo di nascita; 5. gli Stati membri o Paesi terzi in cui ha avuto luogo l'ingrasso (solo se diverso da quello di macellazione e superiore ai 30 giorni). Per le carni che provengono da animali nati, ingrassati e macellati in uno stesso Stato membro o Paese terzo, è possibile indicare soltanto la dicitura "origine (nome dello Stato membro/Paese terzo)". Per le carni ottenute da animali nati nella Comunità Europea anteriormente al 1 gennaio 1998, qualora non siano disponibili informazioni sul luogo di nascita e/o ingrasso, tali indicazioni sono sostituite dalla dicitura "nato prima del 1 gennaio 42 1998". Per la carne venduta a taglio nell'esercizio di vendita, l'etichetta può essere sostituita da un'informazione fornita in modo visibile e per iscritto al consumatore. In sintesi, le informazioni obbligatorie da riportare in etichetta mirano a garantire il nesso tra l'identificazione delle carni e l'animale o più animali interessati: a tal proposito ogni operatore deve adottare un sistema di registrazione con aggiornamento giornaliero, contenente le indicazioni degli arrivi e delle partenze degli animali, delle carcasse, dei tagli e, nel caso di esercizi di vendita, della carne venduta al dettaglio. Oltre alle informazioni obbligatorie è possibile nel caso di particolari certificazioni, inserire in etichetta (o in un'etichetta separata purchè contenente anch'essa il numero di identificazione dell'animale e in formato, colore e grafica identici a quella obbligatoria) delle informazioni facoltative che riguardano: Allevamento: denominazione dell' azienda di nascita e/o di allevamento, tecniche di ingrasso, alimentazione degli animali; Animale: razza o tipo genetico, sesso, categoria; Macellazione: data macellazione, periodo frollatura, denominazione del macello; Altre informazioni: denominazione dell'organismo indipendente incaricato dei controlli (in conformità alla norma europea EN 45011), modalità di conservazione, data scadenza. 43 Questo è possibile nel caso di produzioni certificate (DOP, IGT) e quindi nel caso di organizzazioni aventi un disciplinare approvato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali in cui specifica le informazioni indicate in etichetta, le misure per garantirne la veridicità, il sistema di controlli delle attività svolte. Infine è recentemente scattato, a livello comunitario, un obbligo in materia di etichettatura supplementare per le carni bovine ottenute da animali di età inferiore ai 12 mesi, sia prodotte nella Comunità Europea che in Paesi terzi, che prevede una classificazione delle carni (sia fresche che congelate e surgelate, sia commercializzate sfuse, preconfezionate o imballate) secondo le seguenti diciture: Categoria V, se le carni provengo da bovini di età non superiore a 8 mesi, commercializzate con la denominazione di “VITELLO” o “CARNE DI VITELLO”, anche accompagnata anche dal nome del taglio anatomico o frattaglia interessata; Categoria Z, se le carni provengono da bovini di età compresa tra gli 8 mesi e i 12 mesi, commercializzate con la denominazione di “VITELLONE” o “CARNE DI VITELLONE”, anche accompagnata anche dal nome del taglio anatomico o frattaglia interessata. 44 PROVA DI SIMULAZIONE Per verificare l'effettiva applicazione delle procedure di rintracciabilità sia ascendente che discentente adottate dall'azienda, è stata condotta una prova di simulazione. In particolare partendo da un dato certo, rappresentato da un bovino destinato alla produzione di carne, è stata condotta una verifica relativa alla provenienza ed alla storia dell'animale ed al destino delle relative carni, in accordo con il dettato della specifica normativa di settore. E' stato considerato un bovino le cui carni erano esposte nel banco frigo nel corso di un sopralluogo effettuato in macelleria. L'etichettatura delle carni ci indicava le seguenti informazioni: Specie Animale: BOVINO Razza Animale: MTT (meticcio) Marca Auricolare: IT58990189424 Data di Macellazione: 13/10/2011 Nato in: ITALIA Ingrassato in: ITALIA Allevatore: NICOLI GIOVANNI Codice di Stalla: 038FR153 Cliente: NICOLI GIOVANNI 45 Di quel capo si è verificato: 1. la documentazione presente in azienda: provenienza ed eventuale ingresso in azienda; trattamenti di profilassi; trattamenti farmaceutici. 2. la storia del capo presente in BDN; 3. la documentazione presente nel macello in cui l'animale è stato macellato; 4. controllo della rintracciabilità a valle. Controllo della Rintracciabilità a monte: l'animale identificato con matricola IT58990189424, di sesso maschile, non proviene dalla rimonta interna ma è stato acquistato da un altro allevamento. La data di nascita è 01/11/2010 ed è stato introdotto in stalla il giorno 02/08/2011 con certificazione n. 164 del 02/08/2011. L'azienda di origine è italiana e situata nella regione Lazio. Il giorno 13/10/2011 l'animale è stato trasportato presso un locale macello per essere macellato Certificato n. 28 del 13/10/2011. L'invio dell'animale al macello è avvenuto in presenza della prescritta documentazione, in assenza della quale l'animale non può essere introdotto nel macello per la successiva trasformazione in carne: Dichiarazione di Provenienza o Modello IV nella quale sono contenute tutte le informazioni riguardo l'Azienda di provenienza, i trattamenti farmacologici ricevuti e le informazioni sulla Catena Alimentare (I.C.A.). Certificazione n. 46 28 del 13/10/2011 Figura – Dichiarazione di provenienza corretta Identificazione del capo con marche auricolari apposte su entrambe le orecchie e passaporto. 47 Nel passaporto sono contenute le informazioni riguardante l'identificazione dell'animale, gli estremi identificativi della madre, gli eventualii passaggi di proprietà che corrispondono a quelli riportati nel registro di stalla dell'allevatore. Queste informazioni verificate presso l'azienda devono in realtà essere presenti e 48 consultabili anche presso la banca dati nazionale (BDN). La sua interrogazione ha evidenziato la presenza e corrispondenza delle informazioni viste sul campo come riportato nella seguente visualizzazione: Ai fini della verifica della rintracciabilità a valle si sono verificate le forniture verso altri dettaglianti o attività e la corrispondenza delle informazioni presenti. Dall'esame dei documenti aziendali si è evidenziato che l’azienda, confermando la 49 sua vocazione di attività agricola orientata alla vendita diretta e non alla fornitura conto terzi, ha venduto la carne dell’animale preso in considerazione quasi totalmente al consumatore finale e solo in piccola parte ad altre aziende. Nell' ispezione condotta presso l’azienda destinataria si è constatata la presenza delle informazioni relative alla fornitura corrispondenti alla documentazione d’uscita dal fornitore; in particolare l’etichetta di rintracciabilità presente nell’esercizio ispezionato riportava le informazioni presenti nel registro di Rintracciabilità dell'Azienda fornitrice (in questo caso Azienda Agricola Nicoli) e dell’etichetta fornita dal macello dove l’animale è stato macellato. Trattandosi di attività di trasformazione e non di vendita al dettaglio della carne, queste informazioni non erano esposte in visione del consumatore, in quanto la carne bovina non era destinata alla vendita tal quale ma era un ingrediente per altri prodotti. 50 CONCLUSIONI Questa trattazione si è posta come obiettivo quello di analizzare gli aspetti relativi alla produzione e vendita diretta dei prodotti alimentari e di esaminare come un'azienda che utilizzi tale canale di distribuzione gestisca gli aspetti di sicurezza alimentare relativi alla produzione e vendita della carne, con particolare riguardo ai sistemi adottati per rispondere agli standar di igiene e sicurezza previsti dal quadro normativo. Dopo la descrizione teorica del sistema della filiera corta, illustrandone le caratteristiche, i vantaggi e le criticità, il lavoro si è sviluppato nell'analisi di un'azienda che applica la vendita diretta di carne bovina e latte e della sua collocazione nel contesto produttivo locale; nell'esame delle modalità di gestione della rintracciabilità per far fronte alle responsabilità e degli obblighi cui l'Operatore del Settore Alimentare deve rispondere. Per questo è stata eseguita una prova di simulazione seguendo una fornitura in uscita e risalendo alle informazioni primitive ad essa collegate. Nello svolgersi della ricerca è emerso come l'attività di vendita diretta, sebbene non ancora ben radicata nel contesto socio-economico del nostro Paese, rappresenti un'alternativa al sistema della Grande Distribuzione Organizzata fondato sul sovrasfruttamento del territorio, su tecniche intensive e specializzazioni produttive che spesso gravano in termini di sicurezza e qualità delle produzioni alimentari tipiche del nostro territorio ma soprattutto sulle 51 piccole realtà imprenditoriali, nonostante tutto ancora molto diffuse soprattutto nella provincia di Frosinone. Proprio queste piccole e medie aziende, in maggioranza a conduzione familiare, possono rappresentare una soluzione importante nel settore agroalimentare perchè mirano a livelli di qualità sempre più alti piuttosto che all'esasperato perseguimento di profitti crescenti. In esse, anche i sistemi di gestione della sicurezza alimentare sono efficaci e validamente applicati, in funzione della minore specializzazione delle produzioni, che sono orientate verso criteri di qualità organolettica e rispetto delle tradizioni locali, e che rappresentano, in definitiva, il mezzo attraverso il quale è possibile disporre degli spazi di mercato necessari. 52 BIBLIOGRAFIA G. Colavita - Igiene e tecnologie degli alimenti di origine animale - Le Point Vétérinaire Italie Istituto Guglielmo Tagliacarne Camera di Commercio di Frosinone – Nota congiunturale sull'economia della provincia di Frosinone Consuntivo 2009 – Previsioni 2010 - Febbraio 2010 Bigi M. - Dal produttore al consumatore. La filiera corta. Opportunità per sviluppo delle razze italiane da carne. - 4th World Italian Beef Cattle Congress, Italy, April 29 th - May 1 st, 2005 Roberto Cagliero e Stefano Trione (INEA) - La filiera corta nell'allevamento bovino biologico da carne -Aprile 2005 F. 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