Bitcoin, controlli impossibili
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Bitcoin, controlli impossibili
G I U ST I Z I A E S O C I E TÀ 3 33 Dall’intelligence italiana una nota sui rischi della moneta virtuale. Come il terrorismo Bitcoin, controlli impossibili L’assenza di intermediari frena le indagini di polizia DI GLORIA GRIGOLON B itcoin come strumento di finanziamento dello Stato islamico. Ma non è il solo problema legato alla cripto valuta, che, per com’è concepita, favorisce il reato di riciclaggio. La non tracciabilità della moneta elettronica e la non possibilità di ricostruire il track record dei pagamenti, ha infatti contribuito ad aggravare il problema dell’economia sommersa. Caso scuola quello dell’India, ove, a fronte della riduzione dell’80% della liquidità circolante, si è assistito a un incremento del 30% della domanda di bitcoin, via di fuga dalla tracciabilità. A far chiarezza sull’utilizzo del bitcoin, entrato nel sistema a partire dal 2009, è il Sistema di informazione per la sicurezza della repubblica (istituito dal- la legge 124/2007 di riforma dell’intelligence nazionale e che ha preso il posto di Sismi e Sisde): il 15 novembre scorso la struttura operante presso la presidenza del consiglio dei ministri ha pubblicato la nota «bitcoin e riciclaggio» in cui si rilevano come fattori di rischio connessi alla cripto valuta il ricircolo di denaro non tracciato, i cyber attacchi annessi alla violazione di profili e account, l’assenza di un paniere di beni prezzati di riferimento, nonché l’inquadramento normativo e la difficile disciplina fiscale. Il bitcoin non può esser considerato né al pari di una valuta (non avendo corso legale e non tutelando le operazioni di acquisto e scambio), né come strumento finanziario, non dando luogo ad alcuna obbligazione in capo all’emittente e non comporta diritti per il titolare. A lasciare carta bianca alla cripto valuta (rivoluzionaria nel suo genere, grazie a un metodo di trasferimento di informazioni «a blocchi», scambiati l’uno indipendentemente dall’altro) è inoltre l’assenza di intermediari finanziari. Il grosso degli interventi a contrasto di transazioni illecite si sviluppa infatti tramite indagini di polizia giudiziaria e ispezioni nei confronti dei destinatari della normativa antiriciclaggio, controlli dai quali la cripto valuta è esente. Conferma lo sfruttamento del bitcoin ai fini del riciclaggio la recente esperienza dell’India, ove la domanda di moneta elettronica è cresciuta tra il 20 e il 30% a seguito della decisione del governo di Narendra Modi di ritirare le banconote con taglio 500 e 1.000 ruphie (corrispondenti a circa 7 e 13 euro), nel tentativo di porre un limite alla circolazione di denaro in nero. La misura, che va a ridurre il circolante dell’80%, si inquadra nel piano di governo annunciato nella primavera del 2014, quando Modi venne eletto grazie anche al programma politico anticorruzione. Da stime preliminari il fenomeno dell’economia sommersa in India ammonterebbe per l’anno in corso a 10 miliardi di dollari di reddito. Da ultimo, lo Stato islamico avrebbe sfruttato bitcoin nell’attività di reclutamento dei suoi adepti, come parte delle azioni di fundraising. © Riproduzione riservata Il testo della nota sul sito www. italiaoggi.it/documenti L’Irs chiede trasparenza L’irs (Internal revenue service), l’Agenzia delle entrate Usa, vuole i nomi dei detentori americani di bitcoin per cercare di contrastare l’evasione fiscale, tracciando i flussi di denaro. Per fare questo, nei giorni scorsi il Dipartimento di giustizia americano (Doj) per conto dell’Irs ha presentato, infatti, alla Corte federale della California una serie di documenti, chiedendo che gli sia data una lista completa dei soggetti che hanno convertito i dollari in bitcoin ed effettuato transazioni tra il 31 dicembre 2013 e il 31 dicembre 2015. La richiesta, coinvolge direttamente la Coinbase (azienda californiana che ha ricevuto per prima la licenza per effettuare gli scambi monete-bitcoin e per gestire il servizio) che sarebbe in grado di stilare una lista dettagliata dei possessori di bitcoin.