Bitcoin, controlli impossibili

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Bitcoin, controlli impossibili
G I U ST I Z I A E S O C I E TÀ
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Dall’intelligence italiana una nota sui rischi della moneta virtuale. Come il terrorismo
Bitcoin, controlli impossibili
L’assenza di intermediari frena le indagini di polizia
DI
GLORIA GRIGOLON
B
itcoin come strumento
di finanziamento dello Stato islamico. Ma
non è il solo problema
legato alla cripto valuta, che,
per com’è concepita, favorisce
il reato di riciclaggio. La non
tracciabilità della moneta
elettronica e la non possibilità di ricostruire
il track record
dei pagamenti, ha
infatti contribuito
ad aggravare il
problema dell’economia sommersa.
Caso scuola quello dell’India, ove,
a fronte della riduzione dell’80%
della liquidità
circolante, si è
assistito a un
incremento del 30% della domanda di bitcoin, via di fuga
dalla tracciabilità. A far chiarezza sull’utilizzo del bitcoin,
entrato nel sistema a partire
dal 2009, è il Sistema di informazione per la sicurezza
della repubblica (istituito dal-
la legge 124/2007 di riforma
dell’intelligence nazionale e
che ha preso il posto di Sismi
e Sisde): il 15 novembre scorso la struttura operante presso
la presidenza del consiglio dei
ministri ha pubblicato la nota
«bitcoin e riciclaggio» in cui si
rilevano come fattori di rischio
connessi alla cripto valuta il ricircolo di denaro non tracciato,
i cyber attacchi annessi alla
violazione di profili e account,
l’assenza di un paniere di beni
prezzati di riferimento, nonché
l’inquadramento normativo e
la difficile disciplina fiscale. Il
bitcoin non può esser considerato né al pari di una valuta
(non avendo corso legale e
non tutelando le operazioni di
acquisto e scambio), né come
strumento finanziario, non
dando luogo ad alcuna obbligazione in capo all’emittente
e non comporta diritti per il
titolare. A lasciare carta bianca alla cripto valuta (rivoluzionaria nel suo genere, grazie a
un metodo di trasferimento di
informazioni «a blocchi», scambiati l’uno
indipendentemente
dall’altro) è inoltre
l’assenza di intermediari finanziari.
Il grosso degli interventi a contrasto di
transazioni illecite
si sviluppa infatti
tramite indagini di
polizia giudiziaria
e ispezioni nei confronti dei destinatari
della normativa antiriciclaggio, controlli dai quali la cripto valuta è esente. Conferma
lo sfruttamento del bitcoin ai
fini del riciclaggio la recente
esperienza dell’India, ove la
domanda di moneta elettronica è cresciuta tra il 20 e il
30% a seguito della decisione del governo di Narendra
Modi di ritirare le banconote
con taglio 500 e 1.000 ruphie
(corrispondenti a circa 7 e 13
euro), nel tentativo di porre
un limite alla circolazione di
denaro in nero. La misura,
che va a ridurre il circolante dell’80%, si inquadra nel
piano di governo annunciato nella primavera del 2014,
quando Modi venne eletto
grazie anche al programma
politico anticorruzione. Da
stime preliminari il fenomeno dell’economia sommersa
in India ammonterebbe per
l’anno in corso a 10 miliardi
di dollari di reddito. Da ultimo, lo Stato islamico avrebbe
sfruttato bitcoin nell’attività di reclutamento dei suoi
adepti, come parte delle azioni di fundraising.
© Riproduzione riservata
Il testo della nota
sul sito www.
italiaoggi.it/documenti
L’Irs chiede
trasparenza
L’irs (Internal revenue
service), l’Agenzia delle entrate Usa, vuole i nomi dei
detentori americani di bitcoin per cercare di contrastare l’evasione fiscale, tracciando i flussi di denaro. Per
fare questo, nei giorni scorsi
il Dipartimento di giustizia
americano (Doj) per conto
dell’Irs ha presentato, infatti, alla Corte federale della
California una serie di documenti, chiedendo che gli
sia data una lista completa
dei soggetti che hanno convertito i dollari in bitcoin ed
effettuato transazioni tra il
31 dicembre 2013 e il 31
dicembre 2015.
La richiesta, coinvolge
direttamente la Coinbase
(azienda californiana che
ha ricevuto per prima la
licenza per effettuare gli
scambi monete-bitcoin e
per gestire il servizio) che
sarebbe in grado di stilare
una lista dettagliata dei
possessori di bitcoin.