la risposta dellonu, delle organizzazioni statali e
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la risposta dellonu, delle organizzazioni statali e
Anno III - Numero 17 Settimanale della Scuola Superiore di Giornalismo della Luiss Guido Carli Reporter 23 Luglio 2010 nuovo SOS DAL MONDO LA RISPOSTA DELLʼONU, DELLE ORGANIZZAZIONI STATALI E DEL VOLONTARIATO Grandi Agenzie Con il Pam l’Onu combatte l’emergenza fame nel mondo Contro la malnutrizione Aiuti ai Paesi colpiti da guerre o catastrofi Federica Ionta «Sono arrivata a Cuba nei giorni dello spring break del 2010 (ndr, la settimana di vacanza a cavallo tra due semestri universitari). Ho iniziato a leggere Grandma, il quotidiano locale, in una piazza a L’Avana, quando sono rimasta colpita da una notizia. Proprio in quei giorni, quando gli studenti americani stavano volando verso i Caraibi, i loro colleghi cubani si preparavano a lasciare le aule universitarie, ma per un altro progetto: dedicarsi alla coltivazione delle patate e di altri prodotti della terra. Gli studenti cubani fanno tutti parte di un programma per lo sviluppo agricolo dell’isola». Iride, che dalle pagine di un diario online racconta del suo lavoro nel settore della sicurezza alimentare nei paesi in via di sviluppo, è solo una delle voci di Blogger contro la fame, l’ultima di una serie di iniziative lanciate dal Programma alimentare mondiale. Di malnutrizione, in- GLI AIUTI IN CIFRE I PAESI PIÙ BISOGNOSI Nel 2010 aiuti per 90 milioni di persone in 73 paesi del mondo. Distribuite 3,7 milioni di tonnellate di cibo ! Oggi sono in corso 50 Programmi di sviluppo, 21 Operazioni di emergenza, 74 Progetti di ricostruzione e 23 Operazioni speciali ! ! Haiti: gli aiuti partono a meno di due ore dal terremoto, 2 milioni i beneficiari ! Africa: 17 milioni di persone assistite nel Corno d’Africa nel 2009, 11 milioni in Sudan nel 2010. Pakistan: con il supporto del governo, in 10 milioni hanno trovato sollievo dalla fame nel 2010. ! Una flotta di 30 navi, 70 aerei e 5.000 camion sempre pronti a partire ! Una rete di solidarietà con 2.800 Ong di tutto il mondo Afghanistan: una presenza continua dal 1963; 9 milioni di persone aiutate solo nel 2009 ! ! Dal 1963 il Programma alimentare mondiale ha aiutato 1,6 miliardi di persone e investito 42 miliardi di dollari ! Birmania: il Pam è la principale agenzia umanitaria nel Paese, con 10 uffici e programmi di supporto per 2 milioni di birmani ! somma, bisogna innanzitutto parlare per sensibilizzare l’opinione pubblica e magari allargare quella rete che già conta quasi 3 mila agenzie e organizzazioni non governative, che dal 1963 sono vicine al Pam nella lotta contro la fame. Il Programma alimentare mondiale è, tra tutte le agen- zie delle Nazioni Unite, quella più coinvolta nelle situazioni di emergenza. Una flotta di navi, aerei e camion è sempre pronta per portare assistenza nei Paesi colpiti da disastri naturali o la cui sicurezza alimentare è messa a rischio da lunghi anni di guerra. Il finanziamento dei programmi avviene su base volontaria, fondamentalmente dai governi ma anche dai cittadini privati. Asia e Africa le aree di maggior bisogno. Nel 2010 solo Sudan e Somalia hanno assorbito un miliardo e 300 mila dollari per la creazione di progetti di assistenza a oltre nove milioni di persone. Mentre sono più di undici BISCOTTI ad alto contenuto energetico distribuiti dal Pam milioni gli assistiti in Pakistan e Nord Corea, con una spesa pari a 300 milioni di dollari. In primo piano nelle situazioni di emergenza, il Pam gestisce anche programmi di prevenzione della fame, aiutando le popolazioni più povere verso la strada dell’indipendenza economica e ali- Sette macro-dipartimenti, nove sedi regionali e sub-regionali, quattro di collegamento, oltre agli uffici nazionali sparsi in oltre 79 paesi, che impiegano complessivamente 3600 persone A sostegno dell’Unhcr nel mondo è necessario il contributo di tutti. E i volti noti dello spettacolo, come Fiorello e Angelina Jolie danno il buon esempio I molti obiettivi del colosso Fao Per i rifugiati stelle in aiuto Eloisa Moretti Clementi “Per un mondo senza fame”: il motto ispiratore dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, meglio nota con il suo acronimo Fao, esprime chiaramente i propositi ambiziosi che hanno suggellato la nascita di questa agenzia specializzata delle Nazioni Unite. Fondata in Canada nel 1945, è insediata a Roma dal 1951, in un palazzo stretto fra le Terme di Caracalla e il Circo Massimo, dove tra funzionari e impiegati lavorano oltre 1800 persone. Attualmente dirette e coordinate dal senegalese Jacques Diouf, le attività dell’organismo rispondono a numerosi obiettivi: mettere a disposizione dei 2 23 Luglio 2010 CUORE La sede della Fao a Roma Paesi in via di sviluppo o in transizione conoscenze e competenze tecniche, aiutarli a sviluppare e modernizzare l’agricoltura, la selvicoltura e la pesca, e naturalmente garantire a tutti i cittadini del mondo una buona alimentazione. Inoltre una funzione chiave dell’agenzia è quella di rappresentare un forum neutrale di discussione in cui i Paesi si possano incontrare in modo paritario per negoziare accordi internazionali. La Fao è un organismo complesso e costoso. Il budget approvato per il 2008-2009 ammontava a 784 milioni di dollari, in crescita rispetto al biennio precedente, di cui circa la metà se ne va tra stipendi e spese di gestione della struttura: sette macro-dipartimenti, nove sedi regionali e sub-regionali, quattro di collegamento, oltre agli uffici nazionali sparsi in oltre 79 paesi, che impiegano complessivamente 3600 persone. Spesso accusata di inefficienze e sprechi da parte delle organizzazioni non governative, i suoi ambiti di competenza sono ampi e diffusi, e anche per questo forse poco trasparenti. I settori d’intervento definiti prioritari per il 2010 spaziano dalla parità uomo-donna nell’agricoltura al credito bancario per i contadini del Niger, dagli aiuti ad Haiti alla lotta contro il disboscamento, dall’influenza aviaria alle emissioni di gas serra. Ilaria Del Prete “Il coraggio, la forza, e la dignità di queste famiglie che tornano a ricostruire le proprie vite contro ogni sorta di avversità sono il più bell’esempio di ciò che può fare lo spirito umano”. A parlare è Angelina Jolie, l’attrice che nel 2001 è stata nominata Ambasciatrice di Buona Volontà dall’Unhcr. Le persone a cui si riferisce sono i rifugiati, quelli che la Convenzione istitutiva dell’omonimo Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati definisce come individui che, per timore di essere perseguitati a causa della loro razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un mentare. Si chiamano “Cibo per il lavoro” i progetti che incentivano a lavorare in cambio di pasti. Un’iniziativa che ha già mostrato risultati concreti: il 74 per cento delle scorte di cibo acquistate nel 2009, in gran parte cereali, proveniva dagli stessi paesi che ne avevano bisogno. ANGELINA Ambasciatrice Unhcr in Darfur determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, si trovano fuori dal proprio Stato e non possono domandarne la protezione né tornarvi. Con 287 uffici e sede a Ginevra, l’Unhcr è una delle principali agenzie umanitarie al mondo, che agisce grazie a contributi volontari provenienti principalmente dai governi, ma anche da organizzazioni intergovernative, aziende e da singoli individui. Proprio per consentire all’Alto Commissariato di continuare la sua opera, è stata affidata alla star italiana Fiorello un appello per incrementare le donazioni e diventare un “angelo”, come contribuente. “Ho scoperto che siamo in pochi a conoscere la devastante situazione dei rifugiati – scrive lo showman nel sito - 34 milioni di persone nel mondo senza nome, identità, volto, casa, diritti, futuro, possibilità. Persone in fuga, continuamente per via di guerre nel loro paese o gravi conflitti politici”. Ma è la storia stessa dell’Unhcr a dimostrare quanto ancora ci sia bisogno di aiuto: creata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1950 e attiva dal 1951, aveva un mandato di tre anni per sostenere i rifugiati della Seconda Guerra Mondiale. Sono passati 60 anni ed è ancora in piedi. Reporter nuovo In Italia e nel Mondo Sul ruolo del Servizio nazionale, le parole di uno dei suoi fondatori, Elvezio Galanti Sindaci, cuore della Protezione civile Coinvolti anche i cittadini con le loro organizzazioni volontarie Vito Miraglia “La protezione civile in cui lo Stato pensa a tutto è fallimentare. L’istituzione deve essere vicina ai cittadini. Ecco il punto di forza del nostro sistema ed è per questo che funziona bene”. Ne è convinto Elvezio Galanti, geologo, Dirigente generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile. Dottor Galanti, di cosa si occupa la Protezione civile in «periodo di pace»? “Le nostre attività sono la prevenzione, la previsione, la gestione delle emergenze e il ritorno alla normalità. La previsione e la prevenzione consistono nella messa a punto di programmi di protezione civile. Si preparano i piani di emergenza, si definisce tutta l’attività di produzione dell’informazione alla cittadinanza e tutta la materia logistica. Così si possono dare al sindaco le conoscenze scientifiche per fare gli scenari di protezione civile, ovvero costruire preventivamente quello che può accadere. Inoltre, i tecnici della Protezione civile monitorano i rischi naturali, il rischio sismico o idrogeologico. Ad esempio, dopo la tragedia di ESERCITAZIONE Uomini della Protezione civile in un centro di addestramento Sarno del ’98, si è resa necessaria la perimetrazione di frane e aree alluvionate. Gli uffici regionali riaggiornano questi dati per fare opere di salvaguardia su case e strade”. In caso di emergenze, come avviene il coordinamento tra le unità territoriali? “Dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, si è rivoluzionato il metodo di lavoro nella struttura amministrativa: non si opera più per singole amministrazioni, ma per funzioni quindi enti di- versi lavorano su uno stesso evento, coordinati per funzioni. Gli eventi sono classificati in tre tipi: a) quando il sindaco riesce a gestire l’emergenza in piena autonomia; b) quando il sindaco ha bisogno dell’aiuto di provincia e regione: c) quando questo supporto non è sufficiente per l’estensione o l’entità dell’evento, c’è la dichiarazione dello stato di emergenza e viene in soccorso il dipartimento nazionale. Non è il numero di morti o di feriti o l’estensione territoriale che fa la differenza, ma è l’insieme delle competenze da mettere insieme. A e b non sono una sequenza di uno scenario sempre più grave, è semplicemente l’attuazione del principio di sussidiarietà verticale, mentre quella orizzontale è data dai cittadini che si organizzano, cioè in Italia, il volontariato”. Su tutto il territorio nazionale 2500 organizzazioni. Qual è il loro ruolo e come curate la loro formazione? “Il volontariato ubbidisce a questa rivoluzione della sussidiarietà, dopo il caos del terremoto dell’Irpinia: non ci sono più singoli volontari ma organizzazioni. Sono di varia estrazione: cattolica e laica, delle misericordie, di mutuo soccorso, c’è la solidarietà ambientalista, quella d’arma, gli alpini, gli ex militari, gli scout. Naturalmente sono assicurati standard formativi, tratti da indirizzi nazionali, per la logistica, i beni culturali, l’assistenza alle popolazioni. È il cittadino che si prende carico della realtà del proprio territorio. I volontari sono attivati dal sindaco, il primo rappresentante della Protezione sul territorio”. Lei è l’ideatore del «metodo Augustus», il piano di coordinamento di tutti i corpi che lavorano con la Protezione civile. In cosa consiste? “È un metodo di base, flessibile che dà le metodologie di partenza dove i sistemi regionali si adattano, e lavorano, per la gestione, e la pianificazione, dell’emergenza. Il nome deriva dall’imperatore romano che amava ripetere che più l’evento è complesso, più la pianificazione è semplice per gestire la complessità”. Con il network Agire raccolti 13,6 milioni di euro per Haiti. Oltre l’emergenza, l’ “advocacy” Risposta coordinata: la ricetta delle Ong Jacopo Matano Che si tratti di uno Tsunami, un terremoto o una carestia, il rischio più grave in cui si incorre nella gestione di un’emergenza non sono gli incidenti né l’impreparazione degli operatori. Il nemico numero uno di chi ha a che fare tutti i giorni con gli interventi di first aid è infatti lo spreco di generosità: la dispersione di fondi e mezzi messi a disposizione da privati cittadini, governi, aziende, associazioni, che può causare un enorme danno umanitario. Le Organizzazioni Non Governative conoscono bene questo pericolo, e in occasione delle ultime emergenze hanno messo in campo nei paesi europei comitati nazionali per la raccolta degli aiuti, alimentari, econo- Reporter nuovo mici e materiali come la “Chaine du Bonheur” svizzera e del gruppo “Aktion” tedesco. Le Ong italiane fanno la loro parte con il progetto Agire, il network nato nel maggio del 2007 e pensato per essere una risposta corale alle emergenze grazie al coordinamento delle undici associazioni che lo compongono: ActionAid, Amref, Cesvi, Cisp, Coopi, Cosv, Gvc, Intersos, Save the Children, Terre des Hommes, Vis. Prima di essere un acronimo, infatti, Agire è uno strumento atto a evitare la dispersione degli sforzi: un’ “AGenzia Italiana di Risposta alle Emergenze” che serve - nella defi- nizione ufficiale delle associazioni che la compongono -”per trasformare tanti gesti individuali in una risposta coordinata ed efficace”. “La forza di Agire risiede nella sua capacità di proporre una nuova modalità di intervento” - tarsi in aiuto delle popolazioni colpite dal terremoto”. Con ottimi risultati, se si considera che l’agenzia ha raccolto fino ad oggi 13,6 milioni di euro, gestito la distribuzione di oltre 1.3 milioni di razioni alimentari, preparato l’allestimento di 7.600 rifugi temporanei nei campi profughi per dare riparo ad oltre 40mila persone. Oltre ai progetti per il dopo-emergenza (“recovering”), come il reinserimento nei processi educativi di 21.000 bambine e bambini e la ricostruzione di 15 tra scuole, orfanotrofi e centri sanitari. Dati che per Gianni Rufini, docente di Marco de Ponte: “La forza di Agire risiede nella sua capacità di proporre una nuova modalità di intervento” spiega Marco de Ponte, presidente del network. Al battesimo del fuoco del dramma di Haiti, continua de Ponte, “per la prima volta abbiamo cercato di superare la frammentazione e presentarci agli interlocutori come presenza compatta, offrendo agli italiani l’opportunità di mobili- Ricostruzione e Sviluppo Post-Bellico all’Università di York ed esperto di interventi umanitari, “confermano la grande sensibilità con cui gli italiani si confrontano con le emergenze internazionali e l’efficacia del modello proposto, che garantisce un intervento efficace e capillare”. L’azione di Agire, però, non è solo umanitaria: il rapporto preferenziale delle Ong con i mezzi di informazione - molti dei quali, come La7, Rai e Sky sono “partner” dell’Agenzia - servono a richiamare l’attenzione dei media sulle crisi nei mesi successivi alle emergenze: un’azione di advocacy (il lobbying sociale) che ha lo scopo di tenere accese le telecamere anche quando i riflettori sono ormai spenti. IN BREVE Francia La gestione delle grandi emergenze in caso di calamità nazionali è affidata alla Sécurité Civile, facente capo al ministero dell’Interno. Compito, di assicurare la protezione delle persone e la difesa dell’ambiente e dei beni materiali. Per far fronte ai rischi di calamità naturali, la Sécurité sviluppa numerose attività di previsione, prevenzione e pianificazione dei soccorsi su tutto il territorio nazionale. Anche le Regioni e i Dipartimenti dispongono di servizi delocalizzati, coordinati dal Prefetto. Stati Uniti Il presidente e i governatori degli Stati sono i primi responsabili del sistema di protezione civile nazionale. A livello federale, gran parte delle competenze presidenziali sono affidate alla Federal Emergency Management Agency, la Fema. L’agenzia ha il compito di coordinare gli interventi di soccorso, svolge attività di prevenzione, programma gli aiuti federali e ripristina le attività socioeconomiche. Nella gestione delle emergenze, l’agenzia federale non si affida ai militari ma utilizza solo il personale civile in forze all’organizzazione. Giappone Nell’arcipelago nipponico, la protezione civile è affidata a un Ministro dello Stato preposto alla National Land Agency, che ha il compito di coordinare tutte le fasi dell’emergenza nazionale e di programmare le attività di prevenzione. A livello locale, opera presso ogni Prefettura il Consiglio centrale per la prevenzione dei disastri. Nelle municipalità è invece istituito il Quartiere generale per il controllo dei disastri. La NLA si avvale dell’azione dei Vigili del Fuoco per la gestione dell’emergenza. 23 Luglio 2010 3 Volontariato Le micro-realizzazioni sono tra gli strumenti più importanti per i volontari nel mondo Quei missionari come formichine Dal sociale all’economico, l’emergenza infinita affrontata a piccoli passi Enrico Messina Le chiamano “micro-realizzazioni”, cioè progetti piccoli ma tangibili, pensati per aiutare nel concreto le attività economiche e la vita degli stessi nuclei familiari: l’apertura di un pozzo, la realizzazione di un sistema d’irrigazione dei campi, la costruzione di impianti che possono agevolare le attività economiche, la costruzione di piccole strutture scolastiche per combattere l’analfabetismo e togliere i bambini dalla strada, la realizzazione di un dispensario in un villaggio lontano dalla città… Sono fra gli strumenti principali con cui i missionari nel mondo affrontano le difficili realtà nelle quali si trovano a operare. Si affiancano ai progetti di più ampio respiro, spesso studiati e realizzati dalle grandi organizzazioni umanitarie, governative e non.Salesiani, Cappuccini, Saveriani, Missionarie della Consolata, Comboniani, Padri Bianchi, sono molto gli ordini religiosi che hanno avviato progetti di TUTTI A SCUOLA Spesso le micro-realizzazioni riguardano progetti formativi sostegno in giro per la parte di pianeta conosciuta con il nome di “sud del mondo”. L’Africa, il Sud-est asiatico, ampie parti del Sud America, ma anche paesi europei, e non solo dell’est, gli scenari nei quali operano questi volontari. I progetti, nella suddivisione che ne ha fatto il Pime (Pontificio istituto missioni estere), sono dedicati allo sviluppo economico, alla formazione e all’educazione, alla sanità, alla comunicazione sociale (cioè allo sviluppo di mezzi che permettano di uscire dall’isolamento e di rompere il frazionamento interno a cui sono condannati), alla realizzazione delle strutture e al reperimento dei mezzi che “aiutino ad aiutare”. Così in Amapà (Brasile) per sostenere e tutelare le comunità agricole, padre Sisto ha messo a punto una serie di interventi volti a rafforzare i vincoli di comunità, organizzando corsi di formazione, organi di informazione per il corretto utilizzo dei fondi governativi, momenti di incontro per condividere le difficoltà e raffor- zare la solidarietà. O ancora, in Cambogia, paese dagli elevatissimi tassi di mortalità infantile, un progetto prevede l’assistenza sanitaria, il supporto alimentare e idrico e la ricostruzione di standard abitativi che consentano il mantenimento di condizioni igieniche adeguate. Mentre nei quartieri Tokarara e June Valley di Moresby, la capitale di Papa Nuova Guinea, la missione di padre Giorgio dispone di aule adatte per tenere corsi di lettura, scrittura e calcolo per 150 adulti e corsi di taglio, cucito e capacità basilari di cucina per 120 donne. Oltre a questi interventi che hanno alle spalle una progettualità maggiore (“micro-realizzazione” non significa improvvisazione), ve ne sono altri che rispondono a una situazione di vera e propria emergenza. Come quella di Haiti, dove il Pime sostiene l’opera del missionario laico Maurizio Barcaro, promotore della Fondazione Lakay Mwen, che si occupa di anziani e più piccoli che il terremoto ha lasciato senza una famiglia. I molti ruoli della Croce Rossa Italiana attiva dal 1864 su tutto il territorio Emergenza non soltanto cataclismi Il motto: “Primi ad arrivare, ultimi a ripartire” Alessio Liverziani Emergenza per la Croce Rossa Italiana vuol dire soccorso. Prima ai feriti e malati in guerra, come prevedeva la denominazione originale del 1864, poi su tutto il territorio nazionale per intervenire nelle emergenze quotidiane o prestare aiuto in caso di calamità naturali, come vuole il motto “Primi ad arrivare, ultimi a ripartire”. Nel dna della C.r.i. anche attività di assistenza sociale verso le fasce più deboli della società e programmi di solidarietà umanitaria in campo internazionale, al fianco delle Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Dal 1994 la Croce Rossa si è dotata di specifiche unità finalizzate al tempestivo intervento in caso di gravi emergenze, le Emergency Response Unit (Unità di Risposta alle Emergenze), così da ridurre l’impatto della crisi negli istanti immediatamente successivi a un disastro naturale. Esistono differenti tipologie di Eru, impiegate a seconda delle esigenze e composte da personale 4 23 Luglio 2010 altamente specializzato: logistica, soccorso, informatica e telecomunicazioni, trattamento acque e igiene, ospedale da campo, assistenza sanitaria di base e campo base. Tutti servizi che in caso di calamità possono funzionare parzialmente o venire completa- mento dell’ordine di mobilitazione, la Società Nazionale che sostiene la Eru deve essere pronta a spedire sul posto il materiale e l’attrezzatura necessaria. L’unità è operativa entro una settimana. Durante il primo mese la struttura è gradualmente integrata nel si- Le Unità di Risposta alle Emergenze dispongono di strutture che garantiscono autonomia ed efficienza per quattro mesi mente a mancare. Ogni unità conta da tre a venticinque membri, secondo i moduli, e dispone della propria attrezzatura di sopravvivenza – cibo, letti, tende, generatori di corrente, strumenti di comunicazione satellitare e attrezzatura da ufficio – che possono garantire un’autonomia e un’efficienza operativa di quattro mesi. Il coordinamento internazionale delle varie unità dipende dalla sede centrale della Croce Rossa a Ginevra. Tempestività è la parola d’ordine. Entro 48 ore dal ricevi- stema e nelle strutture locali per poi passare definitivamente sotto il controllo della Società Nazionale ospitante. I terremoti sono il cataclisma che ha maggiormente colpito il genere umano negli ultimi due anni. Il disastro dell’Aquila nel 2009, quello di Haiti e del Cile nei primi mesi del 2010, teatri che hanno impegnato la Croce Rossa con un dispiegamento eccezionale di uomini e mezzi: a quattro ore dalla prima scossa, in Abruzzo erano già arrivati 150 volontari e una cucina da campo in grado di di- stribuire fino a settemila pasti giornalieri; nella gestione dei soccorsi dopo il terremoto che ha colpito l’isola di Haiti, la C.r.i. ha contribuito con l’invio di personale logistico e sanitario all’apertura del primo campo base in soli dieci giorni dal sisma; per le operazioni di soccorso in Cile, nelle prime due settimane alla Croce Rossa Italiana sono pervenuti 14.659,50 di euro in donazioni da destinare specificamente per gli interventi previsti per il progetto ‘Emergenza Cile’. Ma emergenza non significa solo calamità naturali. La C.R.I. è impegnata costantemente in attività di assistenza umanitaria per contrastare quelle ‘emergenze silenziose’ che colpiscono le zone più disagiata del mondo. Dal Centro e Sud America, all’Europa centrale, fino ai paesi del Medio Oriente e dell’Africa. Gli interventi sono finalizzati allo sviluppo dell’istruzione, alla lotta a rischi sociali e sanitari come la criminalità minorile e l’Hiv, fino al sostegno psicologico per le vittime dei conflitti. SUL CAMPO Operatori della Cri a sostegno di anziani Reporter nuovo Settimanale della Scuola Superiore di giornalismo “Massimo Baldini” della LUISS Guido Carli Direttore responsabile Roberto Cotroneo Comitato di direzione Sandro Acciari, Alberto Giuliani, Sandro Marucci Direzione e redazione Viale Pola, 12 - 00198 Roma tel. 0685225558 - 0685225544 fax 0685225515 Stampa Centro riproduzione dell’Università Amministrazione Università LUISS Guido Carli viale Pola, 12 - 00198 Roma Reg. Tribunale di Roma n. 15/08 del 21 gennaio 2008 [email protected] ! www.luiss.it/giornalismo Reporter nuovo