la risposta dellonu, delle organizzazioni statali e

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la risposta dellonu, delle organizzazioni statali e
Anno III - Numero 17
Settimanale della Scuola Superiore di Giornalismo della Luiss Guido Carli
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23 Luglio 2010
nuovo
SOS DAL MONDO
LA RISPOSTA DELLʼONU, DELLE ORGANIZZAZIONI STATALI E DEL VOLONTARIATO
Grandi Agenzie
Con il Pam l’Onu combatte l’emergenza fame nel mondo
Contro la malnutrizione
Aiuti ai Paesi colpiti da guerre o catastrofi
Federica Ionta
«Sono arrivata a Cuba nei
giorni dello spring break del
2010 (ndr, la settimana di vacanza a cavallo tra due semestri universitari). Ho iniziato a leggere Grandma, il
quotidiano locale, in una
piazza a L’Avana, quando
sono rimasta colpita da una
notizia. Proprio in quei giorni, quando gli studenti americani stavano volando verso
i Caraibi, i loro colleghi cubani si preparavano a lasciare le aule universitarie, ma
per un altro progetto: dedicarsi alla coltivazione delle
patate e di altri prodotti della terra. Gli studenti cubani
fanno tutti parte di un programma per lo sviluppo agricolo dell’isola».
Iride, che dalle pagine di un
diario online racconta del
suo lavoro nel settore della sicurezza alimentare nei paesi
in via di sviluppo, è solo
una delle voci di Blogger contro la fame, l’ultima di una serie di iniziative lanciate dal
Programma alimentare mondiale. Di malnutrizione, in-
GLI AIUTI IN CIFRE
I PAESI PIÙ BISOGNOSI
Nel 2010 aiuti per 90 milioni di persone in
73 paesi del mondo. Distribuite 3,7 milioni di
tonnellate di cibo
!
Oggi sono in corso 50 Programmi di sviluppo, 21 Operazioni di emergenza, 74 Progetti di ricostruzione e 23 Operazioni speciali
!
! Haiti: gli aiuti partono a meno di due ore
dal terremoto, 2 milioni i beneficiari
! Africa: 17 milioni di persone assistite nel
Corno d’Africa nel 2009, 11 milioni in Sudan
nel 2010.
Pakistan: con il supporto del governo, in
10 milioni hanno trovato sollievo dalla fame
nel 2010.
!
Una flotta di 30 navi, 70 aerei e 5.000 camion sempre pronti a partire
!
Una rete di solidarietà con 2.800 Ong di
tutto il mondo
Afghanistan: una presenza continua dal
1963; 9 milioni di persone aiutate solo nel 2009
!
!
Dal 1963 il Programma alimentare mondiale ha aiutato 1,6 miliardi di persone e investito 42 miliardi di dollari
! Birmania: il Pam è la principale agenzia
umanitaria nel Paese, con 10 uffici e programmi di supporto per 2 milioni di birmani
!
somma, bisogna innanzitutto parlare per sensibilizzare
l’opinione pubblica e magari allargare quella rete che già
conta quasi 3 mila agenzie e
organizzazioni non governative, che dal 1963 sono vicine al Pam nella lotta contro
la fame.
Il Programma alimentare
mondiale è, tra tutte le agen-
zie delle Nazioni Unite, quella più coinvolta nelle situazioni di emergenza. Una flotta di navi, aerei e camion è
sempre pronta per portare assistenza nei Paesi colpiti da
disastri naturali o la cui sicurezza alimentare è messa a
rischio da lunghi anni di
guerra. Il finanziamento dei
programmi avviene su base
volontaria, fondamentalmente dai governi ma anche
dai cittadini privati.
Asia e Africa le aree di maggior bisogno. Nel 2010 solo
Sudan e Somalia hanno assorbito un miliardo e 300
mila dollari per la creazione
di progetti di assistenza a
oltre nove milioni di persone.
Mentre sono più di undici
BISCOTTI ad alto contenuto energetico distribuiti dal Pam
milioni gli assistiti in Pakistan
e Nord Corea, con una spesa pari a 300 milioni di dollari.
In primo piano nelle situazioni di emergenza, il Pam
gestisce anche programmi di
prevenzione della fame, aiutando le popolazioni più povere verso la strada dell’indipendenza economica e ali-
Sette macro-dipartimenti, nove sedi
regionali e sub-regionali, quattro di
collegamento, oltre agli uffici
nazionali sparsi in oltre 79 paesi,
che impiegano complessivamente
3600 persone
A sostegno dell’Unhcr
nel mondo è necessario il
contributo di tutti. E i volti noti
dello spettacolo, come Fiorello
e Angelina Jolie
danno il buon esempio
I molti obiettivi
del colosso Fao
Per i rifugiati
stelle in aiuto
Eloisa Moretti Clementi
“Per un mondo senza fame”:
il motto ispiratore dell’Organizzazione per l’alimentazione
e l’agricoltura, meglio nota con
il suo acronimo Fao, esprime
chiaramente i propositi ambiziosi che hanno suggellato la
nascita di questa agenzia specializzata delle Nazioni Unite.
Fondata in Canada nel 1945, è
insediata a Roma dal 1951, in
un palazzo stretto fra le Terme
di Caracalla e il Circo Massimo,
dove tra funzionari e impiegati lavorano oltre 1800 persone.
Attualmente dirette e coordinate dal senegalese Jacques
Diouf, le attività dell’organismo
rispondono a numerosi obiettivi: mettere a disposizione dei
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CUORE La sede della Fao a Roma
Paesi in via di sviluppo o in
transizione conoscenze e competenze tecniche, aiutarli a sviluppare e modernizzare l’agricoltura, la selvicoltura e la pesca, e naturalmente garantire a
tutti i cittadini del mondo una
buona alimentazione. Inoltre
una funzione chiave dell’agenzia è quella di rappresentare un
forum neutrale di discussione
in cui i Paesi si possano incontrare in modo paritario per
negoziare accordi internazionali. La Fao è un organismo
complesso e costoso. Il budget
approvato per il 2008-2009
ammontava a 784 milioni di
dollari, in crescita rispetto al
biennio precedente, di cui circa la metà se ne va tra stipendi e spese di gestione della
struttura: sette macro-dipartimenti, nove sedi regionali e
sub-regionali, quattro di collegamento, oltre agli uffici nazionali sparsi in oltre 79 paesi,
che impiegano complessivamente 3600 persone.
Spesso accusata di inefficienze e sprechi da parte delle
organizzazioni non governative, i suoi ambiti di competenza sono ampi e diffusi, e anche
per questo forse poco trasparenti. I settori d’intervento definiti prioritari per il 2010 spaziano dalla parità uomo-donna
nell’agricoltura al credito bancario per i contadini del Niger,
dagli aiuti ad Haiti alla lotta contro il disboscamento, dall’influenza aviaria alle emissioni di
gas serra.
Ilaria Del Prete
“Il coraggio, la forza, e la dignità di queste famiglie che
tornano a ricostruire le proprie
vite contro ogni sorta di avversità sono il più bell’esempio di ciò che può fare lo spirito umano”. A parlare è Angelina Jolie, l’attrice che nel
2001 è stata nominata Ambasciatrice di Buona Volontà
dall’Unhcr. Le persone a cui si
riferisce sono i rifugiati, quelli che la Convenzione istitutiva
dell’omonimo Alto Commissariato delle Nazioni Unite
per i rifugiati definisce come
individui che, per timore di essere perseguitati a causa della loro razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un
mentare. Si chiamano “Cibo
per il lavoro” i progetti che
incentivano a lavorare in
cambio di pasti.
Un’iniziativa che ha già mostrato risultati concreti: il 74
per cento delle scorte di cibo
acquistate nel 2009, in gran
parte cereali, proveniva dagli
stessi paesi che ne avevano
bisogno.
ANGELINA Ambasciatrice Unhcr in Darfur
determinato gruppo sociale o
per le loro opinioni politiche, si trovano fuori dal proprio Stato e non possono domandarne la protezione né tornarvi.
Con 287 uffici e sede a Ginevra, l’Unhcr è una delle
principali agenzie umanitarie
al mondo, che agisce grazie a
contributi volontari provenienti principalmente dai governi, ma anche da organizzazioni intergovernative,
aziende e da singoli individui.
Proprio per consentire all’Alto Commissariato di continuare la sua opera, è stata affidata alla star italiana Fiorello un appello per incrementare
le donazioni e diventare un
“angelo”, come contribuente.
“Ho scoperto che siamo in pochi a conoscere la devastante
situazione dei rifugiati – scrive lo showman nel sito - 34
milioni di persone nel mondo
senza nome, identità, volto,
casa, diritti, futuro, possibilità. Persone in fuga, continuamente per via di guerre nel
loro paese o gravi conflitti
politici”.
Ma è la storia stessa dell’Unhcr a dimostrare quanto
ancora ci sia bisogno di aiuto:
creata dall’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite nel 1950
e attiva dal 1951, aveva un
mandato di tre anni per sostenere i rifugiati della Seconda Guerra Mondiale. Sono
passati 60 anni ed è ancora in
piedi.
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In Italia e nel Mondo
Sul ruolo del Servizio nazionale, le parole di uno dei suoi fondatori, Elvezio Galanti
Sindaci, cuore della Protezione civile
Coinvolti anche i cittadini con le loro organizzazioni volontarie
Vito Miraglia
“La protezione civile in cui
lo Stato pensa a tutto è fallimentare. L’istituzione deve
essere vicina ai cittadini. Ecco
il punto di forza del nostro sistema ed è per questo che
funziona bene”. Ne è convinto Elvezio Galanti, geologo, Dirigente generale della
Presidenza del Consiglio dei
Ministri, Dipartimento della
Protezione Civile.
Dottor Galanti, di cosa si
occupa la Protezione civile in
«periodo di pace»?
“Le nostre attività sono la
prevenzione, la previsione, la
gestione delle emergenze e il
ritorno alla normalità. La
previsione e la prevenzione
consistono nella messa a
punto di programmi di protezione civile. Si preparano i
piani di emergenza, si definisce tutta l’attività di produzione dell’informazione
alla cittadinanza e tutta la materia logistica. Così si possono dare al sindaco le conoscenze scientifiche per fare gli
scenari di protezione civile,
ovvero costruire preventivamente quello che può accadere. Inoltre, i tecnici della
Protezione civile monitorano
i rischi naturali, il rischio sismico o idrogeologico. Ad
esempio, dopo la tragedia di
ESERCITAZIONE Uomini della Protezione civile in un centro di addestramento
Sarno del ’98, si è resa necessaria la perimetrazione di
frane e aree alluvionate. Gli
uffici regionali riaggiornano
questi dati per fare opere di
salvaguardia su case e strade”.
In caso di emergenze,
come avviene il coordinamento tra le unità territoriali?
“Dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, si è rivoluzionato il metodo di lavoro nella struttura amministrativa: non si opera più per
singole amministrazioni, ma
per funzioni quindi enti di-
versi lavorano su uno stesso
evento, coordinati per funzioni. Gli eventi sono classificati in tre tipi: a) quando il
sindaco riesce a gestire l’emergenza in piena autonomia; b)
quando il sindaco ha bisogno
dell’aiuto di provincia e regione: c) quando questo supporto non è sufficiente per
l’estensione o l’entità dell’evento, c’è la dichiarazione
dello stato di emergenza e
viene in soccorso il dipartimento nazionale. Non è il numero di morti o di feriti o
l’estensione territoriale che fa
la differenza, ma è l’insieme
delle competenze da mettere
insieme. A e b non sono una
sequenza di uno scenario
sempre più grave, è semplicemente l’attuazione del principio di sussidiarietà verticale, mentre quella orizzontale
è data dai cittadini che si organizzano, cioè in Italia, il volontariato”.
Su tutto il territorio nazionale 2500 organizzazioni.
Qual è il loro ruolo e come
curate la loro formazione?
“Il volontariato ubbidisce
a questa rivoluzione della
sussidiarietà, dopo il caos
del terremoto dell’Irpinia:
non ci sono più singoli volontari ma organizzazioni.
Sono di varia estrazione: cattolica e laica, delle misericordie, di mutuo soccorso, c’è
la solidarietà ambientalista,
quella d’arma, gli alpini, gli
ex militari, gli scout. Naturalmente sono assicurati standard formativi, tratti da indirizzi nazionali, per la logistica, i beni culturali, l’assistenza alle popolazioni. È il
cittadino che si prende carico della realtà del proprio territorio. I volontari sono attivati dal sindaco, il primo
rappresentante della Protezione sul territorio”.
Lei è l’ideatore del «metodo
Augustus», il piano di coordinamento di tutti i corpi che lavorano con la Protezione civile.
In cosa consiste?
“È un metodo di base,
flessibile che dà le metodologie di partenza dove i sistemi regionali si adattano, e
lavorano, per la gestione, e la
pianificazione, dell’emergenza. Il nome deriva dall’imperatore romano che
amava ripetere che più l’evento è complesso, più la pianificazione è semplice per gestire la complessità”.
Con il network Agire raccolti 13,6 milioni di euro per Haiti. Oltre l’emergenza, l’ “advocacy”
Risposta coordinata: la ricetta delle Ong
Jacopo Matano
Che si tratti di uno Tsunami, un terremoto o una carestia, il rischio più grave in
cui si incorre nella gestione di
un’emergenza non sono gli
incidenti né l’impreparazione
degli operatori. Il nemico
numero uno di chi ha a che
fare tutti i giorni con gli interventi di first aid è infatti lo
spreco di generosità: la dispersione di fondi e mezzi
messi a disposizione da privati cittadini, governi, aziende, associazioni, che può causare un enorme danno umanitario. Le Organizzazioni
Non Governative conoscono
bene questo pericolo, e in occasione delle ultime emergenze hanno messo in campo nei paesi europei comitati nazionali per la raccolta degli aiuti, alimentari, econo-
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mici e materiali come la
“Chaine du Bonheur” svizzera e del gruppo “Aktion” tedesco.
Le Ong italiane fanno la
loro parte con il progetto
Agire, il network nato nel
maggio del 2007 e pensato
per essere una
risposta corale
alle emergenze
grazie al coordinamento delle
undici associazioni che lo
compongono:
ActionAid, Amref, Cesvi,
Cisp, Coopi, Cosv, Gvc, Intersos, Save the Children,
Terre des Hommes, Vis. Prima di essere un acronimo, infatti, Agire è uno strumento
atto a evitare la dispersione
degli sforzi: un’ “AGenzia
Italiana di Risposta alle Emergenze” che serve - nella defi-
nizione ufficiale delle associazioni che la compongono
-”per trasformare tanti gesti
individuali in una risposta coordinata ed efficace”. “La forza di Agire risiede nella sua
capacità di proporre una nuova modalità di intervento” -
tarsi in aiuto delle popolazioni colpite dal terremoto”.
Con ottimi risultati, se si
considera che l’agenzia ha
raccolto fino ad oggi 13,6 milioni di euro, gestito la distribuzione di oltre 1.3 milioni di razioni alimentari,
preparato
l’allestimento di
7.600 rifugi temporanei nei
campi
profughi
per dare riparo ad oltre
40mila persone. Oltre ai progetti per il dopo-emergenza
(“recovering”), come il reinserimento nei processi educativi di 21.000 bambine e
bambini e la ricostruzione di
15 tra scuole, orfanotrofi e
centri sanitari. Dati che per
Gianni Rufini, docente di
Marco de Ponte: “La forza di Agire risiede
nella sua capacità di proporre
una nuova modalità di intervento”
spiega Marco de Ponte, presidente del network. Al battesimo del fuoco del dramma
di Haiti, continua de Ponte,
“per la prima volta abbiamo
cercato di superare la frammentazione e presentarci agli
interlocutori come presenza
compatta, offrendo agli italiani l’opportunità di mobili-
Ricostruzione e Sviluppo
Post-Bellico all’Università di
York ed esperto di interventi umanitari, “confermano
la grande sensibilità con cui
gli italiani si confrontano
con le emergenze internazionali e l’efficacia del modello proposto, che garantisce un intervento efficace e
capillare”.
L’azione di Agire, però,
non è solo umanitaria: il rapporto preferenziale delle Ong
con i mezzi di informazione
- molti dei quali, come La7,
Rai e Sky sono “partner” dell’Agenzia - servono a richiamare l’attenzione dei media
sulle crisi nei mesi successivi alle emergenze: un’azione
di advocacy (il lobbying sociale) che ha lo scopo di tenere accese le telecamere anche quando i riflettori sono
ormai spenti.
IN BREVE
Francia
La gestione delle grandi emergenze in caso di
calamità nazionali è affidata alla Sécurité Civile, facente capo al ministero
dell’Interno. Compito, di
assicurare la protezione
delle persone e la difesa
dell’ambiente e dei beni
materiali. Per far fronte ai
rischi di calamità naturali,
la Sécurité sviluppa numerose attività di previsione, prevenzione e pianificazione dei soccorsi su
tutto il territorio nazionale.
Anche le Regioni e i Dipartimenti dispongono di
servizi delocalizzati, coordinati dal Prefetto.
Stati Uniti
Il presidente e i governatori degli Stati sono i
primi responsabili del sistema di protezione civile
nazionale. A livello federale, gran parte delle competenze presidenziali sono
affidate alla Federal Emergency Management Agency, la Fema.
L’agenzia ha il compito
di coordinare gli interventi di soccorso, svolge attività di prevenzione, programma gli aiuti federali e
ripristina le attività socioeconomiche. Nella gestione delle emergenze,
l’agenzia federale non si
affida ai militari ma utilizza
solo il personale civile in
forze all’organizzazione.
Giappone
Nell’arcipelago nipponico, la protezione civile è
affidata a un Ministro dello Stato preposto alla National Land Agency, che ha
il compito di coordinare
tutte le fasi dell’emergenza nazionale e di programmare le attività di prevenzione.
A livello locale, opera
presso ogni Prefettura il
Consiglio centrale per la
prevenzione dei disastri.
Nelle municipalità è invece
istituito il Quartiere generale per il controllo dei disastri. La NLA si avvale
dell’azione dei Vigili del
Fuoco per la gestione dell’emergenza.
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Volontariato
Le micro-realizzazioni sono tra gli strumenti più importanti per i volontari nel mondo
Quei missionari come formichine
Dal sociale all’economico, l’emergenza infinita affrontata a piccoli passi
Enrico Messina
Le chiamano “micro-realizzazioni”, cioè progetti piccoli ma tangibili, pensati per aiutare nel concreto le attività economiche e la vita degli stessi nuclei familiari: l’apertura
di un pozzo, la realizzazione di un
sistema d’irrigazione dei campi, la
costruzione di impianti che possono agevolare le attività economiche,
la costruzione di piccole strutture
scolastiche per combattere l’analfabetismo e togliere i bambini dalla
strada, la realizzazione di un dispensario in un villaggio lontano dalla città… Sono fra gli strumenti principali con cui i missionari nel mondo affrontano le difficili realtà nelle
quali si trovano a operare. Si affiancano ai progetti di più ampio respiro, spesso studiati e realizzati dalle
grandi organizzazioni umanitarie,
governative e non.Salesiani, Cappuccini, Saveriani, Missionarie della Consolata, Comboniani, Padri
Bianchi, sono molto gli ordini religiosi che hanno avviato progetti di
TUTTI A SCUOLA Spesso le micro-realizzazioni riguardano progetti formativi
sostegno in giro per la parte di pianeta conosciuta con il nome di
“sud del mondo”. L’Africa, il Sud-est
asiatico, ampie parti del Sud America, ma anche paesi europei, e non
solo dell’est, gli scenari nei quali operano questi volontari.
I progetti, nella suddivisione che
ne ha fatto il Pime (Pontificio istituto
missioni estere), sono dedicati allo
sviluppo economico, alla formazione e all’educazione, alla sanità, alla
comunicazione sociale (cioè allo
sviluppo di mezzi che permettano di
uscire dall’isolamento e di rompere
il frazionamento interno a cui sono
condannati), alla realizzazione delle strutture e al reperimento dei mezzi che “aiutino ad aiutare”.
Così in Amapà (Brasile) per sostenere e tutelare le comunità agricole,
padre Sisto ha messo a punto una serie di interventi volti a rafforzare i vincoli di comunità, organizzando corsi di formazione, organi di informazione per il corretto utilizzo dei fondi governativi, momenti di incontro
per condividere le difficoltà e raffor-
zare la solidarietà. O ancora, in Cambogia, paese dagli elevatissimi tassi di
mortalità infantile, un progetto prevede l’assistenza sanitaria, il supporto alimentare e idrico e la ricostruzione di standard abitativi che consentano il mantenimento di condizioni igieniche adeguate. Mentre nei
quartieri Tokarara e June Valley di Moresby, la capitale di Papa Nuova Guinea, la missione di padre Giorgio dispone di aule adatte per tenere corsi
di lettura, scrittura e calcolo per 150
adulti e corsi di taglio, cucito e capacità basilari di cucina per 120
donne.
Oltre a questi interventi che hanno alle spalle una progettualità maggiore (“micro-realizzazione” non significa improvvisazione), ve ne sono
altri che rispondono a una situazione di vera e propria emergenza.
Come quella di Haiti, dove il Pime sostiene l’opera del missionario laico
Maurizio Barcaro, promotore della
Fondazione Lakay Mwen, che si occupa di anziani e più piccoli che il terremoto ha lasciato senza una famiglia.
I molti ruoli della Croce Rossa Italiana attiva dal 1864 su tutto il territorio
Emergenza non soltanto cataclismi
Il motto: “Primi ad arrivare, ultimi a ripartire”
Alessio Liverziani
Emergenza per la Croce
Rossa Italiana vuol dire soccorso. Prima ai feriti e malati
in guerra, come prevedeva la
denominazione originale del
1864, poi su tutto il territorio
nazionale per intervenire nelle emergenze quotidiane o
prestare aiuto in caso di calamità naturali, come vuole il
motto “Primi ad arrivare, ultimi a ripartire”. Nel dna della C.r.i. anche attività di assistenza sociale verso le fasce più
deboli della società e programmi di solidarietà umanitaria in campo internazionale,
al fianco delle Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.
Dal 1994 la Croce Rossa si
è dotata di specifiche unità finalizzate al tempestivo intervento in caso di gravi emergenze, le Emergency Response Unit (Unità di Risposta alle
Emergenze), così da ridurre
l’impatto della crisi negli istanti immediatamente successivi
a un disastro naturale. Esistono differenti tipologie di Eru,
impiegate a seconda delle esigenze e composte da personale
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altamente specializzato: logistica, soccorso, informatica e
telecomunicazioni, trattamento acque e igiene, ospedale
da campo, assistenza sanitaria
di base e campo base. Tutti servizi che in caso di calamità
possono funzionare parzialmente o venire completa-
mento dell’ordine di mobilitazione, la Società Nazionale
che sostiene la Eru deve essere pronta a spedire sul posto il
materiale e l’attrezzatura necessaria. L’unità è operativa entro una settimana. Durante il
primo mese la struttura è gradualmente integrata nel si-
Le Unità di Risposta alle Emergenze
dispongono di strutture che garantiscono
autonomia ed efficienza per quattro mesi
mente a mancare. Ogni unità
conta da tre a venticinque
membri, secondo i moduli, e
dispone della propria attrezzatura di sopravvivenza – cibo,
letti, tende, generatori di corrente, strumenti di comunicazione satellitare e attrezzatura da ufficio – che possono
garantire un’autonomia e
un’efficienza operativa di quattro mesi.
Il coordinamento internazionale delle varie unità dipende dalla sede centrale della Croce Rossa a Ginevra.
Tempestività è la parola d’ordine. Entro 48 ore dal ricevi-
stema e nelle strutture locali
per poi passare definitivamente sotto il controllo della
Società Nazionale ospitante.
I terremoti sono il cataclisma che ha maggiormente
colpito il genere umano negli
ultimi due anni. Il disastro
dell’Aquila nel 2009, quello di
Haiti e del Cile nei primi
mesi del 2010, teatri che hanno impegnato la Croce Rossa
con un dispiegamento eccezionale di uomini e mezzi: a
quattro ore dalla prima scossa, in Abruzzo erano già arrivati 150 volontari e una cucina da campo in grado di di-
stribuire fino a settemila pasti giornalieri; nella gestione
dei soccorsi dopo il terremoto che ha colpito l’isola di Haiti, la C.r.i. ha contribuito con
l’invio di personale logistico e
sanitario all’apertura del primo campo base in soli dieci
giorni dal sisma; per le operazioni di soccorso in Cile,
nelle prime due settimane
alla Croce Rossa Italiana sono
pervenuti 14.659,50 di euro in
donazioni da destinare specificamente per gli interventi
previsti per il progetto ‘Emergenza Cile’.
Ma emergenza non significa solo calamità naturali.
La C.R.I. è impegnata costantemente in attività di assistenza umanitaria per contrastare quelle ‘emergenze silenziose’ che colpiscono le
zone più disagiata del mondo.
Dal Centro e Sud America, all’Europa centrale, fino ai paesi del Medio Oriente e dell’Africa. Gli interventi sono finalizzati allo sviluppo dell’istruzione, alla lotta a rischi
sociali e sanitari come la criminalità minorile e l’Hiv, fino
al sostegno psicologico per le
vittime dei conflitti.
SUL CAMPO Operatori della Cri a sostegno di anziani
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Settimanale della Scuola Superiore di giornalismo “Massimo Baldini”
della LUISS Guido Carli
Direttore responsabile
Roberto Cotroneo
Comitato di direzione
Sandro Acciari, Alberto Giuliani,
Sandro Marucci
Direzione e redazione
Viale Pola, 12 - 00198 Roma
tel. 0685225558 - 0685225544
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