Simone Cantarini - Polo Museale Fiorentino

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Simone Cantarini - Polo Museale Fiorentino
scheda XXXIV
4 │ SIMONE CANTARINI TRA DISEGNO E INCISIONE
Simone Cantarini. Opere su carta agli Uffizi │ Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, 16 giugno – 21 settembre 2015
Simone Cantarini
(Pesaro 1612 – Verona 1648)
Stemma della città di Pesaro
inv. 100873
Acquaforte. Stato unico
mm. 135 x 86 mm
L’incisione (B. XIX, 144-145, 35) con lo stemma della città di Pesaro, luogo natale di Simone Cantarini, ha un valore non
solo simbolico, ma anche politico-celebrativo e, soprattutto, artistico. Il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi
possiede, oltre a due belle copie della rara stampa, anche l’originale disegno preparatorio a penna (n. XXXII), giunto in
collezione attraverso il lascito (1866) dello scultore Emilio Santarelli. Secondo le attuali posizioni della critica, tale
disegno è l’unico direttamente connesso all’incisione, della quale rappresenta lo studio preparatorio (anche se esiste
un cospicuo nucleo di disegni affini, rappresentati nell’esposizione dai nn. XXXI e XXXIII). La possibilità di vedere
affiancati i due fogli è pertanto una delle occasioni più interessanti della mostra, permettendo di intuire facilmente e
direttamente il rapporto tra disegno a penna e acquaforte nella grafica del Pesarese. A ciò si aggiunge il fatto che, per
sua libertà disegnativa e quasi bozzettistica, lo Stemma della città di Pesaro può considerarsi come una delle creazioni
più personali e avanzate di Cantarini.
Si sa poco o nulla della datazione, della committenza e della destinazione d’uso della stampa. Fino ad oggi la critica è
concorde solo sul fatto che si tratti di un foglio politico celebrativo, forse destinato al frontespizio di un libro e
comunque inteso per esaltare la dignità e la fama della città di Pesaro.
Circa il contenuto dell’immagine, per contro, è possibile raccontare qualcosa in più.
Nel 1574 Guidobaldo II della Rovere, Duca di Urbino, sentì di essere prossimo alla morte. Lasciava al governo dello
stato un erede piuttosto giovane e inesperto (Francesco Maria II, 1549-1631) che avrebbe dovuto gestire un territorio
politicamente debole, soggetto com’era alle mire del confinante Stato della Chiesa. Per questo motivo, poco prima di
andarsene, convocò il Gonfaloniere di Pesaro, la città più importante del territorio roveresco assieme ad Urbino, e gli
chiese di rinnovare al figlio quella fedeltà che i pesaresi avevano sempre dimostrato verso la sua famiglia. Per
ringraziare il popolo di tale devozione e ricordare a tutti la natura privilegiata del suo legame con il signore, Guidobaldo
ideò e donò alla città un nuovo stemma: una quercia (simbolo della casata dei Della Rovere) in campo rosso e bianco,
con quattro mani che si abbracciano e stringono l’albero e con il motto <Perpetua et firma fidelitas>, fedeltà salda e
perenne.
É proprio questo lo stemma (ancora oggi in uso) raffigurato da Cantarini, con una felicità inventiva ed esecutiva che
dimostrano nell’artista una sincera devozione e orgoglio per la propria patria. Nel piccolo spazio dell’incisione, in alto a
sinistra, irrompono due figure alate (la Fama con la tromba in mano ed un’altra virtù non meglio identificata) e due
putti che sostengono il grande stemma araldico. In basso, spettatore della fulminea apparizione, un uomo dall’aspetto
fantastico siede sulle rive di un corso d’acqua: è l’allegoria del Foglia, il fiume di Pesaro, come si desume dalla lunga
barba e dai capelli d’alga. Sullo sfondo, un ponte e un campanile: due costruzioni un tempo realmente esistenti a
Pesaro, purtroppo abbattuti nel corso del XIX secolo ma testimoniati attraverso stampe e disegni.
In basso a destra, l’orgogliosa firma di Cantarini, riassunta nelle iniziali <SC>: un chiaro segno di come il pittore avesse
particolarmente a cuore l’opera, tanto da rivendicarne in modo inconfutabile la paternità. L’incisione, in effetti, non
solo rappresenta il legame tra l’artista e la patria natia, ma è anche una delle meglio riuscite di Simone: i segni marcati
e la composizione studiatissima (esaltata da un segno volutamente rude ed esuberante) ne fanno un piccolo, originale
e personalissimo capolavoro.
bibliografia
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Anna Grelle Iusco - Elisabetta Giffi, La Raccolta di Matrici della Calcografia Romana, Roma 2009, pp. 142-143, n. 314