Entra nel secondo secolo di vita il parigino salone dell`avicoltura
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Entra nel secondo secolo di vita il parigino salone dell`avicoltura
ENTRA NEL SECONDO SECOLO DI VITA IL PARIGINO SALONE DELL’AVICOLTURA Mentre in Italia si son lasciati disperdere gli antichi tipi di pollame, la Francia conserva ancora le sue razze tradizionali - Un invito agli allevatori Dal quotidiano «Il Gazzettino», 11 giugno 1964 Il Veneto è l’unica regione d’Italia che abbia conservato un notevole interesse per l’avicoltura ornamentale, come dimostrano le annuali esposizioni di Verona e di Padova; ed è nel Veneto che sul finire della prima guerra mondiale fu istituita, per interessamento di personalità del Polesine, la Stazione sperimentale di pollicoltura di Rovigo. Ritengo pertanto che possa essere interessante per molti dei nostri lettori sapere come è oggi considerata in Francia l’avicoltura ornamentale che, in tutte le altre regioni d’Italia, è in uno stato di deplorevole abbandono. Le gabbie Circostanze di vario genere m’avevano costretto ad interrompere l’annuale visita alla Grande esposizione internazionale di Parigi che prima si teneva al Grand Palais presso i Campi Elisi e che successivamente fu trasferita alla Porta di Versaglia in un’area ormai destinata a ogni sorta di esposizioni. Non saprei dire quanti metri quadrati copra questo locale, ma è certo che per visitare tutto il materiale esposto occorrono almeno due giornate. Tutt’intorno stanno gli stands in cui sono esposti dalle varie ditte commerciali i materiali destinati all’esercizio dell’avicoltura: incubatrici, gabbie di vario genere, accessori per l’allevamento, mangimi, pubblicazioni, ecc. Nella corsia centrale sono disposte elegantemente grandi voliere che ospitano uccelli ornamentali di vario genere: palmipedi, fagiani, gru, fenicotteri e altri uccelli da parco e da grande voliera. In un angolo, a sinistra, un bellissimo panorama polare popolato da pinguini di varie specie, gabbiani e altri uccelli marini. Piante e fiori variamente disposti rallegrano l’ambiente. A destra e a sinistra della corsia centrale, disposte regolarmente in tante file, le serie di gabbie che accolgono gli animali da cortile, cioè polli, tacchini, galline di faraone, oche, anatre, piccioni e conigli. Gli animali esposti, esclusi tutti gli uccelli di carattere ornamentale che ho sopra citato, erano 4.332. A colpo d’occhio mi ha favorevolmente impressionato il fatto che la mostra non comprendeva quei gruppi di pollame che hanno un valore fisiologico non apprezzabile dall’osservatore, come la produttività di uova di alcune razze di polli o la velocità manifestata dai colombi viaggiatori nelle gare di volo. L’Esposizione internazionale di Parigi, che è entrata quest’anno nel suo secondo secolo di vita, è ancora un’esposizione tradizionale. Mentre in Italia si sono lasciate disperdere le antiche razze di pollame, come la Siciliana, la Valdarno, la Padovana, la Polverara e la Megiarola, e forse anche quelle ottime galline romagnole che alla fine del secolo scorso e al principio dell’attuale venivano esportate in Belgio come le migliori razze da prodotto, la Francia presenta ancora tutte le sue tradizionali razze. Esistono numerose associazioni e sindacati regionali di avicoltura, oltre a clubs specializzati per l’allevamento di una sola e determinata razza, come il club francese per l’allevamento della gallina Langshan, quello per la Sussex, un altro per la Plymouth, per la 1 Wyandotte, razze non francesi. Comunque ognuna delle numerosissime razze francesi ha il proprio club di allevatori. I colombi Ciò che mi ha maggiormente colpito, a questo proposito, è stato il fatto che in Francia esiste un club per l’allevamento dei colombi Triganini di Modena e che si chiama per l’appunto Modena Club. È veramente spiacevole vedere come certe razze italiane di colombi vengano completamente trascurate in Italia, mentre sono tenute all’estero in alto onore: non soltanto in Francia, ma in Inghilterra, nel Belgio, in Germania, negli Stati Uniti e persino in Australia. Direi che il colombo Triganino è ormai fra le razze maggiormente pregiate e coltivate all’estero, dove lo hanno anche perfezionato nella forma e nel disegno. Il nostro Ministero dell’Agricoltura apprezza oggi soltanto quelle razze di polli che danno un largo rendimento sia per la produzione delle uova che per la produzione della carne, insomma ci si preoccupa soltanto di favorire l’avicoltura industriale praticata in grande stile. Anche l’avicoltura ornamentale merita di essere considerata come piccola industria artigiana che interessa quelle classi operaie che non disponendo di grandi capitali, di fabbricati o di terreni, possono dedicarsi all’allevamento di una piccola razza che trova i suoi clienti negli amatori. La nuova scuola elementare e la nuova scuola media impongono di tenere piccoli allevamenti per l’istruzione dei fanciulli e degli adolescenti e per incitarli ad ammirare la natura. Un esame approfondito del materiale che può essere tenuto con facilità, senza preoccupazione di spesa e di igiene e senza perdite, è proprio dato dai colombi delle nostre tradizionali razze e dai polli delle razze nane. Questi animali rappresentano altresì un ornamento nelle ville, nei casolari, negli alberghi di campagna e sono una delle tante attrazioni per i turisti: non si interessano a queste forme coloro che non hanno mai avuto occasione di vederle, ma quando si è avuto agio di ammirarle in un’esposizione sorge il desiderio di esserne in possesso e di partecipare con esse a eventuali successive esposizioni. Vorrei che queste poche notizie date sulla grandiosa mostra di Parigi incuorassero gli allevatori veneti a persistere nella loro passione e a fare propaganda perché si arresti la dispersione di un materiale che ha valore scientifico e storico come quello offerto dai resti archeologici. ALESSANDRO GHIGI 2