Troppi rischi e scarsa trasparenza è ora di dire basta ai derivati di

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Troppi rischi e scarsa trasparenza
è ora di dire basta ai derivati di Stato
MARKET OVERVIEW
Mercati
Il rimborso da 2,6 miliardi di euro versato dal governo italiano a Morgan Stanley dovrebbe fare riflettere e
suggerire uno stop alle scommesse con soldi pubblici. Non solo. Siccome nell'analisi dei bilanci vale il
principio dello scarafaggio (se ne vedi uno, ce ne sono molti) il Tesoro dovrebbe essere più trasparente nel
dare conto delle posizioni aperte, nel comunicare il rischio controparte e la sua concentrazione
di ALESSANDRO PENATI
Secondo Bloomberg, chiudere i contratti non è stata una decisione del Tesoro, ma di
Morgan Stanley, in virtù di una clausola (Termination clause) che tipicamente dà diritto
a chiudere una posizione se la perdita della controparte, in questo caso l'Italia, eccede
le garanzie e i margini stabiliti. Significa anche che, senza questa clausola, la perdita
dello Stato sarebbe rimasta occulta. Una perdita poi, è una perdita. Se compro un titolo
a 10 euro, e poi crolla a 6, venderlo non è "meno oneroso" di tenerlo, "rinnovandolo": ho
sempre perso 4 euro. Né importa se ho acquistato il titolo nel 2010 o "negli anni '90":
continuo ad aver perso 4 euro. Dare l'impressione che questo derivato sia un retaggio
del passato è ingannevole: il Tesoro ha consapevolmente deciso di tenerlo in
portafoglio fino a ieri.
Portafoglio
STRUMENTI
L'ANALISI
MILANO - Prima notizia: lo Stato italiano ha
dovuto pagare 2,6 miliardi di euro alla banca
d'affari americana Morgan Stanley per coprire
la perdita su un derivato di cui non si
conosceva l'esistenza.
Seconda notizia: lo abbiamo appreso
avant'ieri da un'agenzia americana,
Bloomberg, che lo ha scoperto dai bilanci
della banca.
Terza: Il Sole-24Ore non se n'è accorto (per
amor di buoni rapporti con il Governo in
questo momento?).
Quarta: Repubblica e Corriere hanno ripreso
l'articolo di Bloomberg, ma il Corriere è
riuscito a infarcire di errori e inesattezze un
titolo già criptico: "XX Settembre: meno oneroso chiudere i contratti che rinnovarli. Il
Tesoro esce dei derivati anni '90". Voglia di minimizzare?
Listino
Materie prime
Lista completa »
Titoli di stato
FTSE MIB
17.081,69
+0,52%
FTSE 100
5.965,58
+0,42%
DAX 30
7.157,82
+0,19%
CAC 40
3.594,83
+0,41%
SWISS MARKET
6.341,33
+0,14%
S&P 500
1.404,17
+0,11%
NASDAQ
3.055,26
-0,04%
21.130,87
-0,88%
HANG SENG
CALCOLATORE VALUTE
1
Euro
Dollaro USA
1 EUR = 1,32 USD
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•
•
•
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Nell'analisi dei bilanci vale il principio dello scarafaggio: se ne vedi uno, ce ne sono
molti. Il Tesoro dovrebbe essere obbligato a pubblicare tempestivamente e
regolarmente (ogni tre mesi, come le società quotate) la posizione in derivati dello Stato
ai prezzi di mercato (mark-to-market), cioè ai prezzi ai quali le banche sarebbero
disposte a chiudere le posizioni; non certo sulla base di valutazioni interne (mark-tomodel). Bisognerebbe sapere se, come stima Bloomberg, le perdite nette dello Stato in
derivati ammontino veramente a 24 miliardi di euro (presumo a prezzi di mercato):
sarebbe un punto e mezzo di Pil. Ed è debito pubblico sommerso.
L'informativa sulla posizione in derivati dovrebbe essere estesa a tutte le
amministrazione pubbliche, vista la storia dei danni che i derivati hanno fatto agli enti
locali. Perfino l'indagine di due anni fa della Banca d'Italia, peraltro occasionale, fatta a
seguito dei vari scandali scoppiati nella Penisola, si limitava a censire i derivati con
banche residenti in Italia. Ma è noto che il Tesoro, come altre entità pubbliche, operano
http://www.repubblica.it/economia/2012/03/18/news/troppi_rischi_e_scarsa_trasparenza_... 19/03/2012
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direttamente con controparti estere, senza passare per eventuali filiali italiane. Dunque,
era una foto, peraltro ingiallita, che riprendeva solo la punta dell'iceberg.
Il Tesoro dovrebbe comunicare regolarmente anche il rischio controparte e la sua
concentrazione. In questo caso lo Stato Italiano ha perso la scommessa; ma se
l'avesse vinta, come poteva essere certo che Morgan Stanley avrebbe avuto i soldi per
pagarla? Questo è il rischio controparte. Ed è enorme: oggi, non più di sette banche
controllano il mercato mondiale dei derivati over-the-counter (negoziati direttamente e
non in un mercato regolamentato). Per questa ragione, dopo Lehman, è diventata
buona prassi esigere il versamento bilaterale dei margini: chi potrebbe subire una
perdita per la variazione di valore del derivato, non importa se la banca o il cliente,
versa alla controparte un deposito a garanzia. Quale è la politica del Tesoro?
Credo che i cittadini italiani abbiano il diritto di sapere quale sia complessivamente
l'esposizione in derivati dello Stato, e con quali banche; soprattutto perché ognuno di
noi si accolla 32.500 euro di debito pubblico.
La trasparenza è il primo passo. Il secondo dovrebbe essere la liquidazione di tutte le
posizioni in derivati dello Stato. I derivati non vanno demonizzati: sono strumenti
utilissimi per la gestione del rischio. Non sono loro a causare guasti, ma il loro abuso: i
farmaci sono utili, anche se qualcuno li usa per suicidarsi e per doparsi. Si potrebbe
argomentare che se lo Stato ha perso la scommessa è perché i tassi a lunga sono
scesi; pertanto la perdita sul derivato implica che il Tesoro ha pagato meno interessi sui
Btp. Quindi era una buona copertura del rischio: se avesse pagato di più perché i tassi
erano saliti, avrebbe guadagnato sul derivato. Corretto, se lo Stato fosse un privato.
Ma lo Stato non è un privato. Chi, con quali diritti e responsabilità, sulla base di quali
considerazioni, e con quali limiti di rischio, ha il potere di "scommettere" volumi ingenti
di denaro dei cittadini? Nel settore privato, alla fine, gli azionisti guadagnano o perdono:
per questo assegnano precise responsabilità e limiti di rischio, verificano che siano
rispettati, e sanzionano chi li prevarica. Regole contabili e regolamentazione assicurano
poi che anche i terzi siano informati dei rischi. Ma per uno Stato tutto questo non vale.
Per questo dico sì ai derivati; ma no a quelli di Stato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
(18 marzo 2012)
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