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COMMISSIONE PRECEDURE CONCORSUALI
Gruppo di studio formato da:
Malagoli Rag. Claudio (responsabile)
Altomonte Dott. Luca
Giovanardi Dott.ssa Enrica
Luppi Dott.ssa Stefania
Menetti Dott. Pietro Marco
Pignatti Morano Dott. G. Battista
Quartieri Dott.ssa Cristina
Riva Dott. Andrea
Spinelli Dott. Alberto
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IL PRIVILEGIO DEL PROFESSIONISTA ASSOCIATO
1. Il concetto di Professione protetta
2. La “ratio” della causa legittima di prelazione ex art.2751/bis n.2 Codice Civile
3. Lo svolgimento della professione in forma congiunta ad altri professionisti
4. Le Sentenze della Corte di Cassazione e del Tribunale di Milano e i loro limiti
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1. Il concetto di Professione protetta
Il capo II del Libro V del Codice Civile tratta, assai sinteticamente, delle professioni intellettuali, per il cui svolgimento occorre l’iscrizione in appositi Albi o Elenchi, la quale iscrizione ha
quale presupposto l’accertamento dei requisiti di iscrizione, determinati e vigilati in primo luogo
dalle Associazioni professionali ma sotto la vigilanza dello Stato (art.2229).
Il seguente art.2232 sancisce come caratteristica essenziale della prestazione d’opera intellettuale come detto determinata, vige nella essenzialità dello svolgimento personale della attività professionale ove le dette prestazioni, e i contratti a esse relativi, non possono essere delegate ad altri se non al Professionista incaricato il quale –limite massimo- può valersi di sostituti o ausiliari
sotto la propria responsabilità e ove specificamente autorizzato….
Si tratta dell’antico concetto dell’”intuitu personae” ove l’attività professionale, a differenza di
una prestazione di servizi svolta da una impresa dedita – appunto - a servizi, è per sua intrinseca
natura basata e delegata dal Cliente al Professionista, per fiducia specifica nelle doti professionali dello stesso, e non ad una impresa per fiducia specifica nelle capacità imprenditoriali
dell’impresa stessa, indipendentemente da chi, tra i suoi addetti, svolgerà di fatto la prestazione.
Tale “cardine” nel concetto di Professione, negli anni ha impedito la creazione di Società tra
professionisti e anche attualmente le stesse Società, pur ammesse, appaiono eccezioni alla regola di base e, come tali, ammesse soltanto quali funzionali ad esigenze contingenti (si pensi alle
Società di ingegneria, alle recenti ammesse Società tra Avvocati ex Dlgs 96/2001 e comunque a
tutto il corpo giuridico derivante dalla cd Legge Bersani del 1977).
In specifica di svolgimento associato delle professioni intellettuali (si badi non societario ma associato) intervengono le norme della Legge 1815/1939, le quali stabiliscono determinate norme
cogenti dirette a regolare tale fattispecie, ma soprattutto il divieto (art.2) di “costituire, esercitare o dirigere, sotto qualsiasi forma diversa
da quella di cui al precedente articolo –
l’Associazione professionale – Società, Istituti, Uffici, Agenzie ed Enti, i quali abbiano lo scopo
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di dare, anche gratuitamente, ai propri Consociati o a terzi prestazioni di Assistenza e Consulenza in materia tecnica legale commerciale, amministrativa, contabile o tributaria”.
Nella Relazione alla Legge predetta, si precisa che le ragioni di tale divieto vigono essenzialmente nell’impedire che persone non affidate dal committente e fors’anche prive dei necessari
titoli d’abilitazione, in forma anonima, possano ugualmente svolgere la Professione in frode al
mandato fiduciario loro non conferito e fors’anche in illecita concorrenza con i singoli Professionisti: naturalmente tali divieti valgono soltanto per lo svolgimento in forma Associata di attività di lavoro autonomo cd protette.
2. La “ratio” della causa legittima di prelazione ex art.2751/bis n.2 Codice Civile
Ancor prima della riforma di cui alla Legge 153/69, l’allora vigente art.2751 n.4 attribuiva una
causa legittima di prelazione generale -gradata però al 14° grado- ai corrispettivi per l’opera intellettuale.
Oggi, facendo seguito anche alla Legge 426/1975, tale forma di prelazione è descritta dall’art.
2751/bis n.2 Codice Civile, con maggior protezione sia per il tempo di svolgimento della prestazione professionale, sia per l’amplissimo “recupero” nella gradazione del privilegio stesso.
Volendosi brevemente ingerire dei motivi stessi del concetto di prelazione, dobbiamo riflettere
come la stessa sia da riferirsi, nella fattispecie dell’art.2751/bis, alla natura eccezionale dei crediti derivanti da diritti perequati dalla Costituzione, per attività lavorativa, riconosciuta essenziale anche nella componente professionale del credito, a dispetto della componente “speculativa”
che invece non merita alcuna perequazione normativa.
Il testo del vigente n.2 dell’art.2751/bis Codice Civile è lapidario: gode della predetta prelazione
il credito dei Professionisti e quello di ogni altro prestatore d’opera intellettuale, probabilmente
intendendo ampliare la sfera della prelazione ai professionisti anche se non iscritti ad Albi e Elenchi di cui alla citata Legge 1815/1939. Nessun riferimento alla struttura giuridica nella quale
la professionalità viene esercitata. Il “limite” della concessa causa di prelazione vige allora sulla
intrinseca componente intellettuale del credito, estesa la stessa prelazione appunto a tutti coloro
vantano crediti per opere intellettuali insoddisfatte nella componente retributiva.
Anche a seguito dell’intervento della Cassazione con Sentenza 01/98, possiamo allora riflettere
sul fatto che gli elementi che caratterizzano il tipo d’attività privilegiata sono, pertanto,
l’assenza del vincolo di subordinazione nei confronti del creditore della prestazione, il carattere
discrezionale e personale di questa, indipendentemente allora dalla prevalenza della componente
del lavoro intellettuale e la non riconducibilità ad altre fattispecie tipiche.
3. Lo svolgimento della professione in forma congiunta ad altri professionisti
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Ancora volendo ingerirci di brevissimi cenni storici circa le cd Associazioni professionali, abbiamo che il prodromo di tale Istituto risale addirittura nell’articolo 82 della Legge 16/02/1913
sull’ordinamento del notariato.
In tale norma, ormai secolare, era previsto che i Notai del medesimo distretto potessero associarsi per porre in comune tra loro i proventi delle loro funzioni e ripartirli poi, in tutto o in parte, per quote eguali e diseguali.
La giurisprudenza della Suprema Corte degli anni 1980 aveva precisato come tali Associazioni
non erano configurabili quali ente collettivo o centro di imputazione di interessi, non fornito
pertanto di personalità giuridica, non potendo quindi sostituire i singoli Associati nei rapporti
con i terzi, esaurendosi in un patto interno valido soltanto nei rapporti interni tra gli Associati.
Per tali motivi di rilevanza soltanto interna della Associazione, il credito poteva essere attribuito
soltanto al singolo Associato.
Ancor oggi, vedasi recentissima Sentenza Cassazione sez.II, 08 agosto 2008 n.21498, si sostiene
che l’Associazione tra Professionisti non appare configurarsi come centro autonomo di interessi
dotata di propria autonomia strutturale e funzionale, né come ente collettivo, e pertanto non assume alcuna titolarità nei rapporti coi Clienti in sostituzione ovvero in aggiunta al Professionista
associato, tenuto conto che i Professionisti possono associarsi per dividere le spese dello Studio
e gestire i proventi dell’attività, ma il rapporto delle prestazioni d’opera intercorre col Professionista il quale non perde la legittimazione ad agire nei confronti del Cliente (vedasi anche
Cass.5515/2006 e 15721/2005).
4. Le Sentenze della Corte di Cassazione e del Tribunale di Milano e i loro limiti
Negli ultimi anni sono state emesse talune Sentenze della Suprema Corte ove si è negato che il
credito professionale vantato da uno Studio associato possa essere assistito dalla predetta causa
legittima di prelazione, ciò non tanto per cause sostanziali ma tanto per la qualità del Creditore,
in fattispecie proprio uno Studio professionale associato.
Il Tribunale di Milano (in particolare Sentenza 02.01.08 in il Fallimento 2008/4/471), e non ultimo quello di Modena (Est.Dott.Bruschetta 08/02/07 n.216) si sono adeguate a tale orientamento.
Tale processo di mutamento nel tenore delle ultime Sentenze rispetto ad altre emesse in precedenza, numerose, in senso opposto, pare trarre origine dal profondo processo di mutamento logico in materia di Professioni intellettuali innescato dall’art.24 L.07/08/1997 n.266 (cd “Legge
Bersani”) ove il Legislatore ha di fatto abolito il divieto introdotto dalla citata L. 1815/1939. Tale mutamento logico, aperto alla creazione di strutturate, complesse e particolari forme di associazionismo presso gli operatori intellettuali latu sensu, avrebbe creato i presupposti per affron4
tare un certo tipo di “degenerazione” nella attività degli Studi Professionali Associati, ove, nel
mutamento generale dell’attività economica, vengono a riscontrarsi Studi Associati che, di fatto,
risultano assumere proprie fisionomie di centri autonomi di interessi e quindi assumono, di fatto, evidente rilevanza esterna, perdendo così quei connotati ormai antichi di interna organizzazione di autonomi professionisti la cui organizzazione associata poteva (e spesso accadde) neppure essere eclatata al Cliente il quale si affidava, intuitũ personae, al Professionista fidato. (così anche Zorzi in Il Fallimento 01/2008 pag.68)
Nessuna tutela di prelazione ex art.2751/bis n.2 spetta a tali Associazioni, le quali, pur non costituite in forma di Società commerciali, di fatto ne integrano molte caratteristiche e, soprattutto,
inducono a perdere quell’evidenza “antica” del preciso e univoco rapporto Delegante e Professionista incaricato.
Ma che dire circa la prelazione delle competenze maturate dal Professionista associato? Si tratta
allora di una logica giuridica da “caccia alle streghe” ove, per definizione, ogni Professionista
Associato ad altri perde legittimità alla pretesa dei propri crediti (e delle proprie prelazioni)
mentre il titolare degli stessi sarà l’Associazione che, come tale, non ha diritto alla prelazione.
Tale tesi suggestiva comporterebbe senza dubbio l’ammissione di rilevanza esterna della Associazione mentre la stessa, per la maggioranza degli Atti costitutivi vigenti, ne rifugge ogni manifestazione esterna regolando soltanto i rapporti tra Associati in funzione della semplice organizzazione di Studio.
Occorre allora una norma di coordinamento tra il dettato del punto 2 dell’art.2751/bis Codice
Civile e tale nuova realtà dei fatti, anche perché lo stesso Estensore di Sentenze presso la Suprema Corte che ha negato la prelazione ai crediti in specie (vedasi Tribunale di Milano Sez.II
11/06/07 Pres.Dott.Quatraro), in seguito apre la strada a dovute verifiche specifiche e a riconoscimenti di prelazione (vedasi Tribunale di Milano Sez.II 25/02/08 Pres.Dott.Quatraro).
Si ritorna alla vexata quaestio della qualificazione dell’operatore economico che richiede la qualifica (e il relativo privilegio) di artigiano, si deve ridiscutere l’attuale situazione ove gli Agenti
di commercio possono ottenere la prelazione nei loro crediti anche se Soci di Società di persone
?
Appare evidente che i Giudizi relativi alle prelazioni richieste dalle Associazioni professionali
debbano affrontare una indagine conoscitiva per ogni fattispecie, come peraltro introdotto
dall’ultima citata Sentenza del Tribunale di Milano Sez.II 25/02/08 Pres.Dott.Quatraro, senza
tentazioni di definizioni e giudizi semplicistici.
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Tale indagine potrebbe essere rivolta a qualificare la preponderanza della rilevanza esterna della
Associazione professionale o, al contrario, il fatto dell’intervento fiduciario di un solo professionista pur facente parte di Associazione con evidente sola rilevanza interna alla stessa.
(a cura di Alberto Spinelli)
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