Livorno - Comune di Forlì

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Comune di Livorno
CIRCOSCRIZIONE 4
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Livorno, 14 aprile 2010
DOCUMENTO SULLA SOPPRESSIONE DELLE CIRCOSCRIZIONI DI DECENTRAMENTO COMUNALE EX LEGE 26 MARZO 2010, N. 42
Il 23 marzo 2010 è stato convertito in legge (legge 26 marzo 2010, n. 42 – pubblicato in
GU n. 72 del 27-3-2010) dalla votazione definitiva del Senato della Repubblica il decreto legge
25 gennaio 2010 n. 2 recante “Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni” col quale, dal
2011 in poi, si impedisce la rielezione dei Consigli di circoscrizione nei comuni con popolazione
inferiore ai 250.000 abitanti.
Il presente documento, approvato dalle Circoscrizioni di Livorno, vuole essere un contributo per esortare tutti i Consigli Circoscrizionali investiti da tale provvedimento e tutti gli
Amministratori Pubblici dei Comuni coinvolti ad impegnarsi in un dibattito e in un esame sugli
effetti della sopraccitata legge, affinché affrontino tale argomento e pianifichino iniziative in
modo da convincere il Governo ed il Parlamento a modificare quanto disposto.
È utile, per sviluppare un’analisi seria e puntuale della questione, un breve excursus degli
atti normativi che hanno portato alla nascita delle circoscrizioni nel nostro Paese ed alla loro
prematura scomparsa nelle città di medie dimensioni: la legge 8 aprile 1976, n. 278, recante
«Norme sul decentramento e sulla partecipazione dei cittadini nella amministrazione del comune», successivamente abrogata, stabiliva, in attuazione del principio di autonomia dell'articolo
128 della Costituzione, che i comuni potevano deliberare di ripartire il territorio in circoscrizioni comprendenti uno o più quartieri o frazioni contigui, esercitando il potere di organizzazione
secondo princìpi di ampio decentramento.
Con tale legge si stabilivano gli organi della circoscrizione (consiglio circoscrizionale e
presidente del consiglio circoscrizionale), la modalità di elezione indicata a suffragio universale e
il periodo di durata in carica corrispondente a quello del consiglio comunale. La legge, inoltre,
indicava che tale scelta (sia che fossero dati alle circoscrizioni poteri consultivi o deliberativi) si
poteva fare nei comuni con popolazione non inferiore a 40.000 abitanti e indicava il regolamento comunale quale strumento regolativo delle funzioni e delle attribuzioni degli organi circoscrizionali. In applicazione di questa legge in quasi tutto il territorio nazionale sono nate importanti
esperienze di decentramento amministrativo locale.
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Le funzioni attribuite alle circoscrizioni variavano da comune a comune, disciplinate dai
rispettivi statuti e regolamenti e spaziavano dai servizi sociali e di assistenza sociale ai servizi
educativi e scolastici, dalle attività sportive al tempo libero, dalla manutenzione urbana ai lavori
pubblici, eccetera.
Con il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, all'articolo 17, rubricato «Circoscrizioni di decentramento comunale»
si stabiliva:
1) al comma 1, che: “I comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti articolano il
loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione,
di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal
comune”;
2) al comma 3, che “I comuni con popolazione tra i 30.000 ed i 100.000 abitanti possono articolare il territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento”.
Il primo colpo al decentramento ed alla partecipazione viene inflitto dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) che, con riferimento ai costi della politica, ha apportato modifiche al citato articolo 17 stabilendo che le circoscrizioni sono istituite obbligatoriamente nei comuni la cui popolazione è pari o superiore a 250.000 abitanti e facoltativamente nei comuni la cui popolazione è compresa fra 100.000 e 250.000 abitanti, precisando
che tali circoscrizioni devono, però, avere una popolazione media non inferiore a 30.000 abitanti.
Per quanto riguarda le città di medie dimensioni, il secondo e definitivo colpo al decentramento amministrativo e politico, precedentemente già mutilato dalla legge cui sopra, viene
inferto dalla citata legge finanziaria 2010 e dalle sue successive modifiche ed integrazioni: il
comma 186 punto b) come modificato dal decreto legge 2/2010 prevede l’obbligo per i comuni
con popolazione inferiore a 250.000 abitanti di sopprimere le circoscrizioni a decorrere dal
2011, o meglio, dopo tale data i comuni non potranno rinnovare i consigli di circoscrizione alla
scadenza del mandato amministrativo.
Si evince dunque che gli ultimi due governi che si sono succeduti (il primo di centrosinistra e il secondo, attualmente in carica, di centrodestra) hanno una comune responsabilità in
merito alla scelta, affrettata e superficiale, di liquidare l’esperienza del decentramento e della
partecipazione popolare nelle linee di governo degli enti locali.
L’abolizione delle circoscrizioni così prevista dalla legge 26 marzo 2010 n. 42, cui fanno
compagnia i tagli dei difensori civici comunali, dei direttori generali per i comuni inferiori a
100.000 abitanti, dei consorzi fra enti locali, delle Autorità d'ambito territoriale, del 20 per cento
dei consiglieri comunali e provinciali è desunta dalla riduzione del contributo ordinario di base
agli enti locali. In particolare il comma 183 della legge finanziaria 2010 stabilisce una riduzione
per gli anni 2010, 2011 e 2012 in misura pari, rispettivamente, a 1, 5 e 7 milioni di Euro per le
province e a 12, 86 e 118 milioni per i comuni. La norma prevede che il taglio dei trasferimenti,
per il 2010, si applichi a tutti gli enti locali in proporzione alla popolazione residente, a prescindere dallo svolgimento d’elezioni amministrative. Per il 2011 la riduzione viene operata esclusivamente per gli enti per i quali avrà luogo il rinnovo dei consigli.
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Quindi per un risparmio complessivo di 229 milioni in 3 anni viene stravolta, senza dibattito, l’organizzazione di tutti gli enti locali del Paese. E’ utile ricordare lo stesso Governo che
ha partorito tali riduzioni, ha concesso invece al Comune di Catania un contributo a fondo perduto, per il rientro del disavanzo, di un importo pari a 140 milioni, cioè più della metà
dell’ammontare complessivo di tutti i tagli imposti della Legge 42 (senza contare altri 80 milioni
di Euro al Comune di Palermo).
Per inciso, a fronte di questo risparmio di 229 milioni, facendo un calcolo analitico del
costo complessivo della parte politica di tutte le circoscrizioni italiane dei comuni al di
sotto dei 250.000 abitanti che sono sopravvissute alla mannaia sul decentramento operata dalla Finanziaria 2008, e considerate le limitazioni dimensionali già imposte da tale legge, questo si
aggira intorno ai 4/5 milioni di Euro l’anno su scala nazionale, cioè incide di tale cifra sul
bilancio aggregato della nazione.
Ponderando la consistenza dei costi reali delle circoscrizioni e considerando che proprio da errate valutazioni di carattere economico si è sviluppata l’idea della loro cancellazione, è
opportuno un profondo ripensamento riguardo alla soppressione automatica delle circoscrizioni nelle città di media grandezza e la loro possibile nuova istituzione per le città capoluogo di provincia con una popolazione al di sotto dei 100.000 abitanti.
Raccogliendo gli intenti della proposta di legge presentata dai deputati Mattesini, Fontanelli (ex sindaco di Pisa) e Giovannelli (ex sindaco di Pesaro) il 28 luglio 2009 in cui si propone
il ripristino delle circoscrizioni in tutti i capoluoghi di provincia (stante al momento della presentazione la cancellazione delle circoscrizioni solo per i comuni inferiori a 100.000 abitanti), è
necessario ribadire il concetto dell’importanza delle circoscrizioni quale elemento fondamentale
per rafforzare la partecipazione e la responsabilizzazione dei cittadini. La partecipazione è infatti uno dei cardini della vita democratica e le esperienze fin qui maturate hanno dimostrato come
le circoscrizioni sono stati banchi di prova di una democrazia diffusa e alimentata dal contributo di tutti.
È utile richiamare la presentazione della citata proposta di legge: “Il territorio rimane,
nelle sue varie articolazioni e caratteristiche, un terreno fondamentale di incontro con i cittadini
e di relazione più capillare. Le città del futuro dovranno fondarsi su linee di sviluppo e su scelte
condivise al fine di salvaguardare al massimo quel bene supremo che è la coesione sociale. In tal
senso, le circoscrizioni sono il pezzo del comune più vicino ai cittadini; sono luoghi in cui
avanzare proposte riguardo al territorio e ai suoi servizi, sono luoghi vicini ai cittadini sia per gli
uffici e per i servizi, sia per le figure a cui è possibile fare riferimento quotidianamente per le
singole necessità, per problemi, per segnalazioni o per informazioni.
Il decentramento è oggi un tema d’intensa attualità; esso non è solo una forma necessaria della configurazione istituzionale e amministrativa di una municipalità, ma, in una società
sempre più difficile e irriducibilmente plurale, il suo potenziale è enorme. Occorre, invero, ritrovare una relazione di reciprocità tra la funzione di governo e la rappresentazione degli interessi molteplici e mutevoli che i territori esprimono.
Attraverso l'attività delle circoscrizioni, istituzioni più vicine alla vita quotidiana dei cittadini, si effettua anche una politica di risparmio per le amministrazioni: proprio la conoscenza
precoce dei problemi aiuta a non cronicizzarli (dagli interventi di sostegno sociale, ai lavori di
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manutenzione eccetera) e, pertanto, determina interventi i cui costi sono contenuti rispetto all'aumento dei costi legati alla levitazione dei tempi. Inoltre la tempestività degli interventi o della
presa in carico di un problema fa sentire il cittadino più vicino all'amministrazione e ciò determina un senso di appartenenza alla collettività e alle sue regole.”
A dispetto di tutte queste considerazioni, così, ex abrupto senza dibattito, mentre nel
Paese s’intensificano le esperienze di federalismo e devoluzione, viene interrotta un’esperienza
quarantennale di partecipazione e controllo democratico del territorio, alla quale si dovrebbero,
invece, conferire maggiori funzioni e compiti.
Citando Carlo Mochi Sismondi, Presidente del FORUM PA, “ in questo Paese in cui la
partecipazione democratica alla cosa pubblica trova sempre maggiore disaffezione, mi pare assolutamente pernicioso abolire organi elettivi e spazi di discussione e di decisione vicini ai cittadini come gli organi di decentramento comunale: essi sono frutto di una storia lunga e molto
spesso gloriosa per conquistare voce e rappresentanza. Il loro costo, che è certamente poco rilevante per il bilancio aggregato della Repubblica, è comunque frutto di una negoziazione continua con le amministrazioni comunali ed è ampiamente ripagato dai servizi offerti e dalla “pratica” della politica attiva che inducono. Questo taglio, molto meglio di altri più complessi e controversi provvedimenti quali la Carta delle Autonomie, mette in luce con estrema chiarezza
(come succede con i lapsus rivelatori) cosa veramente il Governo centrale pensa della democrazia rappresentativa decentrata: un lusso che non ci possiamo permettere.”
Con la legge, dunque, si nega con i fatti un federalismo tanto decantato quanto mai praticato. Essa è la prova provata di una prassi che allontana i cittadini dalla politica, allontana gli
enti locali dall’autonoma responsabilità che pure la Costituzione garantisce loro e privilegia
nuovi centralismi.
Nessuno nega la difficoltà della condizione economica, nessuno nega la necessità dei risparmi ma tagli lineari, imposizioni prescrittive e incapacità di distinguere i buoni dai cattivi
fanno di questi provvedimenti il rovescio di quello di cui ha bisogno il nostro Paese. Il rovescio
di quella politica condivisa, di quella azione di squadra che non può che basarsi sul rispetto del
ruolo di ogni attore.
La caccia allo sperpero, al presunto “carrozzone” generatore di tutti i mali finanziari e le
colpe morali della nostra Nazione, è stata alimentata negli ultimi anni anche da un’informazione
volutamente distorta atta a garantire e tutelare, dalla ferocia del ciclone riformatore (o presunto
tale), coloro che realmente godono di privilegi anacronistici.
Alcuni ex senatori, che hanno occupato gli scranni parlamentari per svariati lustri, hanno
scritto pure un libro: “Il Costo della Democrazia - Eliminare sprechi, clientele e privilegi per riformare la politica” dove, ovviamente, i privilegiati erano i consiglieri di circoscrizione. Un altro
illustre parlamentare, scrisse su un noto quotidiano politico che un giovane gli aveva confidato
il suo sogno post laurea: diventare consigliere circoscrizionale. La ragione era che secondo
l’onorevole “si guadagna più di 1000 Euro (al mese) e resta il tempo per fare ciò che si vuole”.
E’ palese l’ilarità e il doloroso risentimento che tali affermazioni suscitano in chi spende
il proprio tempo e le proprie energie con la finalità di essere utile alla collettività e di tentare di
costruire dal basso una società più giusta e più funzionale ai bisogni del cittadino, “arricchendo-
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si” mediamente di 400/500 Euro lordi l’anno, che è quello che percepisce un consigliere circoscrizionale di Livorno e di tante altre città italiane.
Sorge dunque un dubbio, con la soppressione delle Circoscrizioni si vuole dare in pasto
qualcosa ai cittadini, e si comincia dall’ultimo anello, nonostante il suo costo sia irrisorio, senza
nessuna riflessione sulla sua efficacia ed utilità. E si raggiunge un altro obiettivo, togliere dal
campo un organismo istituzionale della democrazia partecipata, scelto dagli elettori con suffragio diretto di I grado, per ridurre sempre ed ancora di più i luoghi e le occasioni in cui i cittadini
possono partecipare alla definizione dell’orientamento amministrativo e di governo.
È assolutamente da apprezzare l’impegno di quegli amministratori pubblici, quei dirigenti e tecnici che si stanno sforzando di cercare soluzioni alternative che possano supplire alla
soppressione delle circoscrizioni, ma non è affatto la stessa cosa se queste sono livelli istituzionali di rango legislativo, o concessioni di municipalità illuminate.
Piuttosto è doveroso promuovere e sostenere, per quelle che sono le facoltà di questo
Consiglio, l’iniziativa degli Assessori al Decentramento delle città di Ancona, Bergamo, Brescia,
Modena, Ravenna, Trento e Verona che il 9 aprile u.s. hanno sottoscritto un documento, inviato al Ministro Calderoli e al Presidente dell’ANCI, in cui si chiede che “nel rispetto di quanto
contemplato dalla nostra Costituzione si proceda a riformulare il disposto normativo che
prevede la soppressione automatica delle circoscrizioni nelle città di media grandezza,
così da salvaguardare l'autonomia degli enti locali e la loro facoltà di organizzare le forme di governo cittadino in base alle esigenze del proprio territorio”.
In controtendenza all’abolizione delle circoscrizioni, è importante sapere che ci sono degli organismi istituzionali che stanno già elaborando la loro nuova istituzione: il progetto di legge regionale n. 29, presentato alla Regione Friuli Venezia Giulia dai consiglieri appartenenti ad
una forza politica componente maggioritaria del governo nazionale, propone di consentire ai
Comuni capoluogo di Provincia ed a quelli con popolazione superiore a 50.000 abitanti di articolare il loro territorio per costituire le circoscrizioni di decentramento, considerata la potestà
legislativa primaria di cui gode la Regione Friuli Venezia Giulia in tale materia, per riaffermare
che in quella Regione le circoscrizioni di decentramento comunale hanno sempre ben operato.
Tale proposta ha ottenuto il parere favorevole da parte delle Commissioni Regionali competenti
proprio nel giorno in cui il Senato della Repubblica cancellava le circoscrizioni per il resto delle
città medie italiane.
Per il Consiglio della Circoscrizione 4
del Comune di Livorno
IL PRESIDENTE
(Federico Pini)
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