studi e opinioni - Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti

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studi e opinioni - Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti
Anno 11 – Numero 11
29 maggio 2013
NORMATIVA, GIURISPRUDENZA, DOTTRINA E PRASSI
IL NUOVO DIRITTO
DELLE SOCIETÀ
DIR ETTA
DA
O R ES TE C AGN ASS O
E
M AUR I ZI O IRR ER A
C OORDIN ATA D A G I LB ER TO G ELOS A
IN QUESTO NUMERO:
• Decadenza dei sindaci
• Creditori irreperibili
• Prelazione societaria
ItaliaOggi
DIREZIONE SCIENTIFICA
Oreste Cagnasso – Maurizio Irrera
COORDINAMENTO SCIENTIFICO
Gilberto Gelosa
La Rivista è pubblicata con il supporto
degli Ordini dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili
di:
Ber ga mo, Bie lla, Busto Ars izio, Casa le Mo nferra to,
Cre ma, Cre mo na, Lecco, Ma nto va, Mo nza e Br ia nza,
Verba nia
NDS co llabo ra co n la r ivista :
SEZIONE DI DIRITTO FALLIMENTARE
a cura di Luciano Panzani
SEZIONE DI DIRITTO INDUSTRIALE
a cura di M assimo Travostino e Luca Pecoraro
SEZIONE DI DIRITTO TRIBUTARIO
a cura di Gilberto Gelosa
SEZIONE DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E IMPRESA
a cura di M arco Casavecchia
SEZIONE DI TRUST E NEGOZI FIDUCIARI
a cura di Riccardo Rossotto e Anna Paola Tonelli
COMITATO S CIENTIFICO DEI REFEREE
Carlo Amatucci, Guido Bonfante, M ia Callegari, Oreste Calliano, M aura Campra,
M atthias Casper, Stefano A. Cerrato, M ario Comba, M aurizio Comoli, Paoloefisio
Corrias, Emanuele Cusa, Eva Desana, Francesco Fimmanò, Toni M . Fine, Patrizia
Grosso, Javier Juste, M anlio Lubrano di Scorpaniello, Angelo M iglietta, Alberto M usy,
Gabriele Racugno, Paolo Revigliono, Emanuele Rimini, M arcella Sarale, Giorgio
Schiano di Pepe
COMITATO DI INDIRIZZO
Carlo Luigi Brambilla, Alberto Carrara, Paola Castiglioni, Luigi Gualerzi, Stefano
Noro, Carlo Pessina, Ernesto Quinto, M ario Rovetti, M ichele Stefanoni, M ario
Tagliaferri, M aria Rachele Vigani, Ermanno Werthhammer
REDAZIONE
M aria Di Sarli (coordinatore)
Paola Balzarini, Alessandra Bonfante, M aurizio Bottoni, M ario Carena, M arco Sergio
Catalano, Alessandra Del Sole, M assimiliano Desalvi, Elena Fregonara, Sebastiano
Garufi, Stefano Graidi, Alessandro M onteverde, Enrico Rossi, Cristina Saracino,
M arina Spiotta, M aria Venturini
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO
Angelo Bertolotti, Ciro Esposito, Gianluca M arzulli
INDICE
Pag.
STUDI E OPINIONI
Le cause d’ineleggibilità e di decadenza dei sindaci (art. 2399 cod. civ.)
di Angelo Bertolotti
Brevi riflessioni in tema di gestione delle “somme” destinate ai creditori
irreperibili
di Ciro Esposito
7
21
RELAZIONI A CONVEGNI
37
La prelazione societaria
di Gianluca Marzulli
SEGNALAZIONI DI DIRITTO COMMERCIALE
53
SEGNALAZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO
56
INFORMAZIONE CONVEGNI
60
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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SOMMARIO
STUDI E OPINIONI
Le cause d’ineleggibilità e di decadenza dei sindaci (art. 2399 cod. civ.)
Lo scritto prende in esame il testo dell’art. 2399 cod. civ., analizzandone le singole
disposizioni e soffermandosi, in particolare, sull’ipotesi consistente, secondo la
definizione contenuta nel testo previgente, in un “rapporto continuativo di
prestazione d’opera retribuita” tra sindaco e società, sulle problematiche sorte in
sede applicativa e sulla più chiara enunciazione emersa a seguito della riforma del
2003.
di Angelo Bertolotti
Brevi riflessioni in tema di gestione delle “somme” destinate ai creditori
irreperibili
L’Autore svolge alcune brevi considerazioni in merito alla “gestione” normativa
delle somme destinate ai c.d. creditori irreperibili.
di Ciro Esposito
RELAZIONI A CONVEGNI
La prelazione societaria
L’Autore esamina la disciplina della prelazione con riferimento alla società a
responsabilità limitata ed alla società per azioni, r ichiamando pronunce
giurisprudenziali e soffermandosi infine sul rapporto sussistente tra la prelazione
societaria ed il divieto di assistenza finanziaria di cui all’art. 2358 c.c.
di Gianluca Marzulli
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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INDEX-ABSTRACT
Page
STUDIES AND O PINIONS
The Causes of Ineligibility and Revocation of Statutory Auditors (art. 2399
of the Civil Code)
This paper examines the text of article 2399 of the Civil Code, analyzing
every provisions and focusing, in particular, on the definition given by the
lawmaker about the relationship between the Statutory Auditor and the
company (which was defined, according to the text previously in force, as
“rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuita”), as well as on the
issues raised by its application and on his (more understandable)
formulation emerged following the 2003 Reform.
by Angelo Bertolotti
Brief Remarks about the Management of the “Sum of Money” Allocated
to the Creditors Unavailable
The Author performs some brief remarks about the rules provided for the
“management” of the sum of money allocated to the creditors unavailable.
by Ciro Esposito
REPORTS ON CONFERENCES
The Right of Pre-emption
The Author examines the discipline of the “right of pre-emption” with
respect to a Private Limited Company and the Public Limited Company,
referring to the case law and focusing on the relationship existing between a
pre-emption right and the prohibition of financial assistance pursuant to art.
2358 of the Civil Code.
by Gianluca Marzulli
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IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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STUDI E OPINIONI
LE CAUSE D’INELEGGIBILITÀ E DI
DECADENZA DEI SINDACI
(ART. 2399 COD. CIV.)
Lo scritto prende in esame il testo dell’art. 2399 cod. civ., analizzandone le singole
disposizioni e soffermandosi, in particolare, sull’ipotesi consistente, secondo la
definizione contenuta nel testo previgente, in un “rapporto continuativo di prestazione
d’opera retribuita” tra sindaco e società, sulle problematiche sorte in sede applicativa
e sulla più chiara enunciazione emersa a seguito della riforma del 2003.
di ANGELO BERTOLOTTI
1. Brevi considerazioni introduttive
La previsione di specifiche cause d’ineleggibilità e di decadenza rappresenta lo
strumento principale attraverso cui il legislatore tenta di garantire l’indipendenza dei
sindaci (altri sono i limiti alla loro revocabilità ed il divieto di modificarne il compenso
in corso di incarico). Esse sono disciplinate dall’art. 2399 del codice civile, sul quale la
riforma del 2003 è intervenuta con alcune integrazioni che, nel loro complesso, rivelano
l’intenzione di rafforzarne l’efficacia 1; lo conferma la stessa Relazione di
accompagnamento, ove si legge che “sono state meglio definite ed ampliate le cause di
ineleggibilità e decadenza al fine di garantire l’indipendenza e la neutralità di tutti i
sindaci”.
Resta comunque valida la tripartizione, da tempo delineata in dottrina, fra cause
d’ineleggibilità dirette a garantire l’idoneità fisica e morale dei sindaci (art. 2399, 1°
comma, lett. a), cause volte ad assicurare un certo grado di professionalità (2° comma) e
1
Il suo testo è stato preso a modello per la vigente formulazione dell’art. 148, 3° comma, t.u.f.,
frutto dell’art. 3, d.lgs. 37 del 6.2.2004, e dell’art. 2, l. 262 del 28.12.2005: “ Non possono essere
eletti sindaci e, se eletti, decadono dall'ufficio: a) coloro che si trovano nelle condizioni previste
dall’articolo 2382 del codice civile; b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado
degli amministratori della società, gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il
quarto grado degli amministratori delle società da questa controllate, delle società che la
controllano e di quelle sottoposte a comune controllo; c) coloro che sono legati alla società od
alle società da questa controllate od alle società che la controllano od a quelle sottoposte a
comune controllo ovvero agli amministratori della società e ai soggetti di cui alla lettera b) da
rapporti di lavoro autonomo o subordinato ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o
professionale che ne compromettano l’indipendenza”.
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DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
cause più direttamente strumentali all’obbiettivo dell’indipendenza (1° comma, lettere b
e c) 2. Fermo il principio che la ricorrenza di una di esse non esonera dalle
responsabilità in cui siano incorsi i sindaci i quali abbiano egualmente accettato
l’incarico anche quando non sia stata percepita nell’ambito societario 3.
2. L’art. 2399, 1° comma
Il 1° comma dell’art. 2399, alla lett. a), statuisce innanzitutto che non possono
essere eletti alla carica di sindaco e, se eletti, decadono dall’ufficio, “coloro che si
trovano nelle condizioni previste dall’art. 2382”. Continuano in tal modo ad avere
applicazione anche nel contesto del collegio sindacale le medesime ipotesi
d’ineleggibilità e decadenza che il Codice civile sin dal 1942 aveva individuato a
proposito degli amministratori ed esteso ai sindaci, cioè l’interdizione, l’inabilitazione,
il fallimento e la condanna ad una pena che importi l’interdizione, anche temporanea,
dai pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi 4. Nihil sub sole novi,
dunque, è il caso di dire; almeno sin qui. L’effetto della riforma si manifesta con la lett.
b): dopo il ribadito riferimento, esteso alle società del gruppo, ad amministratori e
relativi coniugi, parenti ed affini 5, ci si trova infatti di fronte ad un’ampia modifica
2
S. AMBROSINI, Collegio sindacale: nomina, composizione e funzionamento, in , in ABRIANI,
AMBROSINI, CAGNASSO , MONTALENTI, Le società per azioni, in Trattato di diritto commerciale
diretto da G. Cottino, IV, 1, Padova, 2010, 712, ove richiami a G. DOMENICHINI, Il collegio
sindacale nelle società per azioni, in Tratt. Rescigno, 16, T orino, 1985, 541; G. CAVALLI, I
sindaci, in COLOMBO , P ORTALE (diretto da), Trattato delle società per azioni, V, T orino, 1988,
18 segg.; G.U. T EDESCHI, Il collegio sindacale, Sub artt. 2397-2408, in Comm. Schlesinger,
Milano, 1992, 30; ed anche L. QUAGLIOTTI, Cause d’ineleggibilità e di decadenza (art. 2399),
in ABRIANI, M. STELLA RICHTER (a cura di), Codice commentato della società, Banca dati
ipertestuale, Torino, 2010; W. SAGLIETTO , Sub art. 2399, in FAUCEGLIA , SCHIANO DI P EP E,
Codice commentato delle s.p.a., Torino, 2007, 856.
3
T . Catania, 5.11.1999, in Giur. comm., 2001, II, 510
4
In argomento W. SAGLIETTO , Sub art. 2399, cit., 856 segg.
5
L. BENATTI, Sub art. 2399, in MAFFEI ALBERTI (a cura di), Il nuovo diritto delle società,
Padova, 2005, 908, ritiene che il riferimento agli amministratori sia applicabile anche ai
liquidatori. È interessante osservare, a proposito della norma, come l’art. 183, 3° comma, Cod.
commercio, già prevedesse l’ineleggibilità e la decadenza dei parenti e degli affini degli
amministratori “ sino al quarto grado di consanguineità od affinità”: identica l’estensione quanto
al grado (il quarto, appunto), ma assente – curiosamente, dovrebbe dirsi – l’indicazione del
coniuge. E’ stata avanzata una possibile spiegazione (BERTOLOTTI, Il collegio sindacale e la
revisione legale dei conti, cit., 873, nota 37 ), consistente nella non ipotizzabilità, all’epoca,
neppure quale astratta ipotesi di legge, di un amministratore o di un sindaco di sesso femminile;
sì che, da qualunque parte si volesse considerare la norma (e cioè sia dal punto di vista degli
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DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
della precedente formulazione, che concerneva genericamente coloro che fossero “legati
alla società o alle società da questa controllate da un rapporto continuativo di
prestazione d’opera retribuita”. Ora, invece, il controllo societario ed i rapporti di lavoro
o di prestazione d’opera sono disciplinati in modo ben più articolato [in parte alla lett.
b), in parte alla lett. c)], a dimostrazione dell’intento del legislatore della riforma di
rispondere più incisivamente all’esigenza di cui si è detto.
M a scendiamo nel dettaglio. Le cause d’ineleggibilità e di decadenza colpiscono
dunque [1° comma, lett. b)] “il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli
amministratori della società, gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il
quarto grado degli amministratori delle società da questa (cioè dalla società di cui si
tratta) controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune
6
controllo” .
La parte della disposizione che concerne “gli amministratori” delle società
comunque legate da un rapporto di controllo va letta anche in relazione all’ultimo
comma dell’art. 2400 (aggiunto dall’art. 2, l. 28.12.2005, n. 262, sulla tutela del
risparmio), ove, con una visuale però più ampia, si statuisce che “al momento della
amministratori che da quello dei sindaci), non si sarebbe mai potuto avere un “coniuge”
chiamato a ricoprire una delle cariche.
6
Non vi è invece alcun cenno a situazioni familiari di fatto, tipicamente la convivenza more
uxorio (come hanno rilevato, tra gli altri, S. AMBROSINI, sub art. 2399, in COTTINO et
al. (diretto da), Il nuovo diritto societario, 2004, cit., 872; C. CERA , sub art. 2399, in
SANDULLI e SANTORO (a cura di), La riforma delle società. Società per azioni, I, cit., 526), per
le quali un’interpretazione estensiva, pur auspicabile, non parrebbe tuttavia agevole,
considerando la natura della disciplina; come pure a proposito dei legami con i soci di comando
(P. ABBADESSA , in AA.VV., Parere dei componenti del Collegio dei docenti del Dottorato di
ricerca in Diritto commerciale interno ed internazionale, Università Cattolica di Milano, in Riv.
soc., 2002, 1477) e di quelli con il direttore generale e con gli alti dirigenti della società,
tenendo conto che è proprio “nelle mani di questi ultimi che si concentra una parte spesso
cospicua del potere all’interno dell’impresa” (S. AMBROSINI, Collegio sindacale: nomina,
composizione e funzionamento, cit., 713; CAVALLI, sub art. 148, in G.F. CAMP OBASSO (diretto
da), Testo unico della finanza, II, Emittenti, Torino, 2002, 1222). Al fine di colmare le lacune
che la norma presenta, connaturate a qualsiasi elencazione, sarebbe stato preferibile fare
generico riferimento, con una previsione di carattere residuale, ad ogni rapporto “ di natura
personale” in grado di compromettere l’indipendenza dei controllori, che avrebbe anche evitato
il ricorso, oltre tutto non sempre agevole, ad interpretazioni analogiche delle fattispecie
espressamente contemplate (in tal senso S. AMBROSINI, Collegio sindacale: nomina,
composizione e funzionamento, cit., 713). L. QUAGLIOTTI, Cause d’ineleggibilità e di
decadenza (art. 2399 c.c.), in ABRIANI, M. STELLA RICHTER (a cira di), Codice commentato
delle società, Banca dati ipertestuale, Torino, 2010, osserva che direttori generali, procuratori,
segretario del consiglio di amministrazione, ecc., rientrano pacificamente tra i soggetti afflitti da
un deficit d'indipendenza derivante da legami economici.
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DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
nomina dei sindaci e prima dell’accettazione dell’incarico, sono resi noti all’assemblea
gli incarichi di amministrazione e di controllo (ecco la maggiore ampiezza di cui si è
appena detto) da essi ricoperti presso altre società”. Si tratta di una prescrizione dettata
da un’evidente esigenza di trasparenza che, calata nella prospettiva dell’ineleggibilità,
ne rappresenta uno strumento di verifica. Va ribadito che il testo della norma non limita
alle sole società considerate nell’art. 2399, 1° comma, lett. b), l’obbligo di dichiarazione
degli incarichi, obbligo che riguarda invece ogni società, indipendentemente cioè
dall’esistenza di un rapporto di controllo, ed è suscettibile di essere rilevante sotto il
profilo dell’ineleggibilità eventualmente anche alla luce dell’art. 2399, ultimo comma,
che consente la previsione, per statuto, di “limiti” e criteri per il “cumulo degli
7
incarichi” . Occorre sottolineare, infine, che l’ultimo comma dell’art. 2400 non
specifica chi sia a dover rendere le prescritte dichiarazioni; sembra possibile dedurne
che, oltre ai sindaci nominati (i quali potranno adempiere con una comunicazione
scritta, non essendo ancora in carica e non avendo quindi titolo per assistere alle
assemblee), possano provvedervi anche quei soci che ne siano a qualunque titolo a
conoscenza. Le ragioni di fondo che hanno imposto la fissazione di principi di
ineleggibilità e di decadenza sembrano in effetti confortare quanto si è sin qui detto.
La norma non ha tuttavia la possibilità di essere applicata in base alla sua
formulazione letterale per i “primi sindaci”, nominati nell’atto costitutivo. L’esigenza di
un rapido esame degli incarichi, di amministrazione e controllo, di cui i sindaci già
siano gravati altrove, dati alla cui acquisizione il codice subordina l’atto di accettazione
dell’incarico, parrebbe poter essere soddisfatta non da un’immediata convocazione ad
7
La norma è meno tutelante già di quella in origine adottata per le società quotate dall’art. 148,
1° comma, lett. d), t.u.f., ai sensi del quale era l’atto costitutivo della società a stabilire per il
collegio sindacale i “ limiti al cumulo degli incarichi”; disposizione ritenuta di carattere
precettivo, tale, cioè, da introdurre un elemento necessario dell’atto, lasciando alla
determinazione facoltativa dei soci non l’esistenza o meno di limiti al cumulo delle cariche di
sindaco, ma soltanto la loro estensione (S. AMBROSINI, sub art. 148, in COTTINO (diretto da), La
legge Draghi e le società quotate in borsa, Torino, 1999, 266). Più stringenti ed articolate le
regole oggi in vigore, espresse nell’art. 148 bis, inserito dalla l. 28 dicembre 2005, n. 262 [che
ha contestualmente abrogato la citata lett. d) dell’art. 148, 1° comma], sì che la distanza che le
separa da quelle codicistiche risulta maggiore. I limiti al cumulo degli incarichi per le società
quotate in borsa e per quelle emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura
rilevante ai sensi dell’art. 116 t.u.f. trovano la loro fonte – statuisce il 1° comma – in un
regolamento Consob, redatto sulla base di criteri e parametri individuati nelle caratteristiche
dell’incarico (onerosità, complessità) e delle società coinvolte (numero, dimensioni, struttura
organizzativa); si tratta del Regolamento adottato con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999,
art. 144 terdecies, oggetto di successive integrazioni. Il 2° comma impone a carico dei
componenti l’organo di controllo obblighi di informativa in merito agli incarichi ricevuti
ulteriori a quanto imposto dall’art. 2400, ult. comma; la Consob, che ne è destinataria al pari del
pubblico, interviene sancendo la decadenza di quelli che superino i limiti.
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DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
hoc dell’assemblea, trattandosi di soluzione difficilmente proponibile, quanto piuttosto
da una verifica da parte del consiglio di amministrazione, la cui pronta riunione
appartiene alla logica di una società appena costituita, e che dovrebbe farsi carico di
ottenere le necessarie dichiarazioni 8.
Occorre notare, infine, che non sono previste ragioni d’incompatibilità a
proposito dei sindaci di società controllate o controllanti: non paiono esservi ostacoli,
dunque, ad un cumulo delle cariche, argomento su cui infra. Si deve invece aggiungere
un richiamo agli artt. 2409 quinquies, in vigore sino all’emanazione dei regolamenti
attuativi del d. lgs. 27.1.2010, n. 39, e 2417, concernenti rispettivamente
l’incompatibilità con la carica di sindaco del revisore esterno e del rappresentante
comune degli obbligazionisti.
2.1. I rapporti di prestazione d’opera
E’ possibile, a questo punto, scendere alla lett. c) del 1° comma, ove si ritrova,
ma con ampie modifiche, la norma con cui l’ultima parte del 1° comma dell’art. 2399,
nella formulazione anteriore alla riforma, dichiarava ineleggibili o decaduti coloro che
fossero legati alla società od a sue controllate “da un rapporto continuativo di
prestazione d’opera retribuita”.
E’ noto come quel testo avesse dato origine a significativi contrasti
interpretativi, in quanto non chiariva se dovessero reputarsi incluse, oltre ai casi di
lavoro subordinato, le prestazioni riconducibili allo schema del lavoro autonomo. Infatti
una parte della dottrina aveva ritenuto che la continuità dovesse necessariamente
implicare la presenza di un vincolo giuridico di stabilità (assente, di regola, nei contratti
9
stipulati con i professionisti) , mentre altra parte aveva sostenuto che il requisito in
parola andasse apprezzato sul piano dei meri fatti 10.
8
Sarà consentito ancora il richiamo ad A. BERTOLOTTI, Il collegio sindacale e la revisione
legale dei conti, cit., 873 seg.
9
G. CAVALLI, I sindaci, cit., 27, secondo cui “ la norma, parlando di continuatività, sembra
riferirsi a rapporti giuridici stabili, nell’ambito dei quali le parti sono legate alla reiterata
esecuzione di una pluralità di prestazioni, con un vincolo prolungato nel tempo e con reciproche
limitazioni in ordine alla cessazione del contratto. La prestazione professionale, invece, per
quanto caratterizzata da una certa abitualità, esige pur sempre una richiesta formulata di volta in
volta, a seconda dei bisogni, ed un’accettazione che il professionista stesso è libero di dare o di
negare senza alcun obbligo precostituito”. Nello stesso senso C. COCITO , Il collegio sindacale,
Milano, 1970, 95; G. FRÈ, Della società per azioni in Commentario del Codice Civile a cura di
Scialoja, Branca, Bologna-Roma, 1982, 548; G. DOMENICHINI, Il collegio sindacale nelle
società per azioni, cit., 542.
10
G.U. TEDESCHI, Il collegio sindacale, cit., 1992, 39 seg.; V. SALAFIA , La prestazione d’opera
continuativa e retribuita dei sindaci, in Società, 1991, 881 seg.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
Il dibattito si era proposto sostanzialmente negli stessi termini nella
giurisprudenza di merito, avendo sullo sfondo una risalente (ed unica) sentenza con cui
la Cassazione 11 aveva escluso l’applicabilità del divieto ai professionisti, facendo
rientrare nella previsione normativa “solo quei rapporti di lavoro che abbiano carattere
continuativo e non anche (…) incarichi professionali non implicanti vincolo di
subordinazione”. Da un lato, in linea con l’arresto di legittimità, si era deciso che la
stabilità del rapporto dovesse necessariamente derivare da un vincolo precostituito di
carattere giuridico, come ad esempio quello che su tale base avesse ad oggetto una
generale consulenza tributaria e societaria: non vi sarebbe stata invece ragione di
ineleggibilità (o di decadenza) nei confronti del professionista al quale la società avesse
12
di volta in volta affidato incarichi ; dall’altro erano state giudicate determinanti le
concrete caratteristiche del rapporto. Particolarmente significativa nel secondo senso
una sentenza con cui la Corte d’appello di Bologna 13 aveva affermato che “ai sensi
dell’art. 2399 c.c. deve considerarsi incompatibile con la carica di sindaco di una società
di capitali l’esercizio di attività continuativa di consulenza e assistenza in favore della
società, tale dovendosi intendere anche un’attività professionale in materia contabile,
tributaria e contrattuale che, pur non avendo assunto carattere di rapporto a tempo
indeterminato, qualificato da una formalizzazione per iscritto dell’incarico e da una
predeterminazione del compenso, si sia protratta per svariati anni dell’attività della
società ed abbia riguardato in modo penetrante non già singole questioni o affari della
medesima, bensì propriamente la redazione del bilancio, degli allegati esplicativi e della
relazione degli amministratori ad esso, atti questi che costituiscono oggetto specifico
dell’attività di controllo affidata al collegio sindacale”.
Di fronte ai dubbi sollevati dalla norma, la disposizione dettata per le quotate
14
dall’art. 148 t.u.f., nella stesura del 1998 , si era rivelata non solo più chiara,
coll’individuare in modo ampio nei “rapporti di lavoro autonomo o subordinato”,
11
Cass., 15.7.1968, n. 2537, in Dir. Fall., 1969, II, 263.
T rib. Torino, 7 settembre 1988, in Dir. Fall., 1989, II, 682
13
App. Bologna, 9.3.1995, in Vita Notar., 1996, 326; conformi T . Milano, 28.5.1990, in Giur.
It., 1990, I, 2, 809, che, anche in questo caso decidendo a proposito di una consulenza generale
in materia contabile, amministrativa e fiscale, poneva ha posto il discrimen nella circostanza che
essa si concretasse in una prestazione d’opera retribuita resa o meno saltuariamente; T . Milano,
5.5.1988, in Fallimento, 1989, 414; T. Lecce, 4.2.1985, in Società, 1985, 976. Va anche
ricordata una decisione con cui T . Matera, 14.7.1994, in Giur. it., 1995, I, 2, 420, ha ritenuto
applicabile il 1° comma dell’art. 2399 nei confronti di chi era nel contempo amministratore di
una società controllata dalla nominante, in quanto ricompreso fra i soggetti legati all’ente da un
rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuita.
14
Si veda la nota 1 per il testo vigente dell’art. 148, 3° comma, t.u.f., che ha introdotto una
specificità ancora maggiore rispetto a quella riscontrabile nel codice civile.
12
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
12
DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
indipendentemente dalla loro continuità, una delle ragioni di ineleggibilità e di
decadenza, ma anche più tutelante, nell’estenderla anche alle controllanti.
Se confrontato con quest’ultima disposizione, il testo introdotto dal d.lgs. 17
gennaio 2003, n. 6, per le società per azioni di diritto comune è ancor più dettagliato, in
quanto esclude la possibilità di eleggere alla carica di sindaco “coloro che sono legati
alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a
quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto
continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di
natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza”.
Nel 2008 la Cassazione, quarant’anni dopo la sua prima pronuncia, è infine
tornata sull’argomento, per ben due volte, ma, in forza del principio tempus regit actum,
si è trovata a dover applicare il diritto precedente la riforma. Del quale ha dato però una
lettura completamente opposta, precisando, in una prima sentenza, che il rapporto
continuativo di prestazione d’opera retribuita dal quale l’art. 2399 faceva discendere
l’ineleggibilità e la decadenza non si identificava “necessariamente solo con un rapporto
contrattuale di durata, in tal senso formalmente stipulato tra il professionista e la
società”, in quanto ricorreva “anche in presenza di una pluralità di incarichi
formalmente distinti e, tuttavia, tali da configurare uno stabile legame di clientela”; ed
aggiungendo, significativamente, che una diversa interpretazione avrebbe reso sin
troppo agevole la possibilità di aggirare la norma e di tradirne la ratio, consistente
“nell’esigenza di garantire l’indipendenza di chi è incaricato di delicate funzioni di
controllo, in presenza di situazioni idonee a compromettere tale indipendenza quando il
controllore sia direttamente implicato nell’attività sulla quale dovrebbe in seguito
esercitare dette funzioni di controllo”. Con la conseguente necessità di un accertamento
in fatto, come tale non sindacabile in sede di legittimità, se non per eventuali vizi di
15
motivazione . Analoghe le considerazioni nella seconda, sostanzialmente coeva, che
ha ribadito la sussistenza dell’incompatibilità non soltanto nel caso di rapporti di lavoro
subordinato, ma anche in presenza di un legame avente ad oggetto “attività professionali
rese anche nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo, a titolo oneroso e con
carattere né saltuario né occasionale (nella specie, tenuta dei libri contabili, in mansioni
di consulenza ed assistenza fiscale, nell’espletamento di tutti gli adempimenti di natura
fiscale e previdenziale)” 16.
15
Cass., 9.5.2008, n. 11554, in Foro it., 2009, I, 2175, in Società, 2009, 1105; ed in Giur.
comm., 2009, II, 924.
16
Cass., 11.7.2008, n. 19235, in Giur. it., 2009, 883, con nota di M. AIELLO , Note in tema di
obblighi (e di responsabilità) di amministratori e sindaci nella società per azioni. La sentenza
va sottolineata anche in quanto dalla grave situazione di irregolarità gestionale conseguente al
doppio e contemporaneo esercizio delle funzioni di sindaco e professionista incaricato, ha tratto
la responsabilità degli amministratori ex art. 2392, per violazione del dovere di diligenza in
relazione all’omessa vigilanza sull’operato di chi, anziché effettuare da una posizione di
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
13
DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
Le considerazioni formulate dai giudici di legittimità conducono direttamente
alla soluzione offerta dalla riforma, che ha trovato favorevole accoglienza in dottrina 17:
sia per l’avvenuta sostituzione della vecchia formula (rapporti continuativi di
prestazione d’opera retribuita) con quella di lavoro e rapporti continuativi di consulenza
18
e di prestazione d’opera retribuita ; sia per avere allargato l’ambito dell’incompatibilità, facendo riferimento non solo alle società controllate, ma anche alle società
controllanti ed a quelle assoggettate a comune controllo; sia soprattutto per avere
menzionato, con un’ipotesi di chiusura quanto mai opportuna, ogni altro rapporto di
natura patrimoniale idoneo a compromettere l’indipendenza del sindaco. Non ogni
problema può dirsi superato, è vero 19; tuttavia oggi è indubitabile che anche un
rapporto non continuativo possa determinare l’ineleggibilità o la decadenza qualora, per
la sua oggettiva rilevanza e per i caratteri che lo connotano nel caso specifico, sia tale da
poter compromettere l’indipendenza del sindaco. In sostanza, mentre i rapporti
continuativi creano senz’altro incompatibilità, ogni altro rapporto di natura patrimoniale
è soggetto alla valutazione del giudice in relazione a tutte le caratteristiche oggettive
(ma, forse, anche soggettive) del caso concreto, avendo presente la finalità che si
ripromette di raggiungere la norma proibitiva 20.
imparzialità il dovuto controllo sull’amministrazione, si era reso autore e partecipe della stessa
gestione da controllare. La loro negligenza è stata dunque ritenuta antecedente logico del danno
derivato alla società, che – con ogni probabilità – non si sarebbe verificato in condizioni di
correttezza operativa.
17
G. CAVALLI, Il collegio sindacale, in AMBROSINI (a cura di), Il nuovo diritto societario:
profili civilistici, processuali, concorsuali, fiscali e penali, I, Torino, 2005, 272. La norma è
stata salutata come opportuna anche da AMBROSINI, sub art. 2399, in COTTINO et al. (diretto
da), Il nuovo diritto societario, 2004, cit., 873. Qualche perplessità è stata invece manifestata da
CASELLI, Elogio, con riserve, del collegio sindacale, in Giur. comm., 2003, I, 251.
18
La maggiore analiticità della formulazione conferma che il riferimento alla continuità non
possa essere interpretato soltanto in senso formale (e cioè sulla base di un contratto d’opera
professionale a tempo, con una retribuzione di base forfetaria), bensì vada inteso anche in senso
sostanziale, cioè di abitualità di prestazioni. In tal senso M. LIBERTINI, Sui requisiti di
indipendenza del sindaco di società per azioni, in Giur. comm., 2005, I, 237; G. DOMENICHINI,
Sub art. 2399, in NICCOLINI, STAGNO D ’ALCONTRES (a cura di), Società di capitali, Napoli,
2004, 731; C. CERA , Sub art. 2399, in SANDULLI, SANTORO (a cura di), La riforma delle
società, Torino, 2003, 528.
19
G. CAVALLI, Il collegio sindacale, in AMBROSINI (a cura di), Il nuovo diritto societario, I,
cit., 272, con riferimento a rapporti idonei a ledere l’indipendenza del sindaco, ma di natura non
patrimoniale.
20
S. AMBROSINI, Collegio sindacale: nomina, composizione e funzionamento, cit., 714 seg.; L.
QUAGLIOTTI, Cause d’ineleggibilità e di decadenza (art. 2399 c.c.), cit.; si è così inteso
superare la prassi, tutt’altro che infrequente, che faceva un tutt’uno della consulenza e del
controllo quante volte i sindaci controllavano atti predisposti o scelte effettuate dagli
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
14
DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
2.2. Gli “altri rapporti patrimoniali”
La norma di chiusura, citata per ultima, si ricollega alla discussione su che cosa
si debba intendere per “altri rapporti patrimoniali”. Una prima tesi ne restringe il
significato ai rapporti diversi da quello di lavoro o da quello continuativo di consulenza
21
o di prestazione d’opera retribuita ; una seconda si riallaccia all’affermazione, già
proposta prima della riforma, dell’ineleggibilità anche in presenza di rapporti di
collaborazione non continuativa, ma comunque significativi, ad esempio per frequenza
od entità, sì da poter incidere sull’indipendenza 22; una terza, infine, tende a definire il
campo applicativo sulla base della ratio della disposizione, di tutela dell’indipendenza
quale bene giuridico protetto 23.
Sembra a chi scrive che le tre posizioni non siano poi così distanti l’una
dall’altra: tutte, infatti, paiono mosse dall’intento di “coprire” al meglio il campo dei
possibili attentati all’indipendenza: la prima, forse, in modo più implicito, con
un’interpretazione maggiormente aderente alla costruzione della norma, ma
individuando comunque due settori, tra loro complementari, al cui insieme ricondurre la
reazione al rischio di cui si diceva; mentre la seconda e la terza sembrano meglio
esplicitare le ragioni di fondo della norma, con differenze forse più apparenti che reali.
amministratori in base ai loro consigli o suggerimenti, e perciò finivano col controllare se stessi
(F. GALGANO , Il nuovo diritto societario, in ID . (diretto da), Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. ec.,
XXIX, Padova, 2003, 292). In argomento anche M. AIELLO , Il collegio sindacale: struttura e
funzioni, in Il nuovo diritto societario nella dottrina e nella giurisprudenza: 2003-2009,
Commentario diretto da Cottino e Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2009, 578 segg.
21
È questa la tesi interpretativa ritenuta più corretta, ma nel contempo criticata quale soluzione
delineata dal legislatore, da CASELLI, Elogio, con riserve, del collegio sindacale, cit., 255.
22
G. DOMENICHINI, sub art. 2399, in NICCOLINI, STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di
capitali, Napoli, 2004, 731; C. CERA, sub art. 2399, in SANDULLI e SANTORO (a cura di), La
riforma delle società. Società per azioni, cit., 528.
23
S. P ROVIDENTI, sub art. 2399, in NAZZICONE e P ROVIDENTI, Società per azioni.
Amministrazione e controlli (art. 2380-2409 noviesdecies c.c.), Milano, 2003, 235; in questo
senso pare anche L. QUAGLIOTTI, Cause d’ineleggibilità e di decadenza (art. 2399 c.c.), cit, ove
si ha riguardo, quali possibili ipotesi, al rapporto di convivenza con l’amministratore, cui si è già
fatto cenno in una nota precedente, all’interscambio di funzioni (quando i ruoli di sindaco e
amministratore sono invertiti in due o più società); ai rapporti di familiarità con dirigenti o
dipendenti della società (o con altri soggetti subordinati all’organo amministrativo); ai rapporti
di lavoro futuri, ma anche a quelli pregressi suscettibili di generare fenomeni di autorevisione a
posteriori di operazioni decise o attuate con il contributo professionale del soggetto
successivamente eletto alla carica di sindaco, alla stessa entità della retribuzione per l’ufficio di
sindaco, ove si tratti d'importi che, rispetto alla condizione economica del singolo soggetto,
possano determinare una sostanziale dipendenza economica dalla società incaricante (o dalle
società del gruppo cui appartiene).
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
15
DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
La legge non contempla rapporti pregressi (si riferisce infatti a coloro che “sono
legati” alla società), in relazione ai quali, tuttavia, non possono escludersi a priori rischi
anche gravi sul piano dell’indipendenza 24, del resto già riconosciuti, prima della
riforma, a proposito di chi aveva precedentemente svolto le funzioni di esperto
nominato dal presidente del tribunale per la stima del patrimonio della società in vista di
25
una sua trasformazione ; ed in proposito pare corretto affermare che proprio la
locuzione “altri rapporti patrimoniali” sia sufficientemente elastica per poter essere
utilizzata in tal senso quando la concreta fattispecie lo richieda. Altrettanto può dirsi in
relazione alla questione concernente l’ammissibilità dell’assunzione dell’incarico di
sindaco in capo a chi sia membro di un’associazione professionale di cui faccia parte un
altro professionista legato alla società da rapporto continuativo o rilevante (a meno che
tale ipotesi sia espressamente contemplata nello statuto: art. 2399, ult. comma) 26;
questione sulla quale dottrina 27 e giurisprudenza hanno avuto occasione di interrogarsi,
talora in relazione all’applicabilità di norme sanzionatorie nei confronti degli iscritti nel
registro dei revisori contabili 28, ai sensi del regolamento contenente la disciplina delle
modalità di esercizio della funzione di revisione 29. Sotto tale specifico profilo è stato
giudicato legittimo un provvedimento di sospensione dal registro (con la conseguente
decadenza ex art. 2399, 2° comma, nel testo sia previgente che attuale) nei confronti dei
sindaci di una società a responsabilità limitata, tutti facenti parte di un medesimo studio
associato, comprendente anche, “in rapporto di parasubordinazione”, un collaboratore
che contemporaneamente prestava, in favore della stessa società, un’attività retribuita di
consulenza generale in materia fiscale, contabile, societaria e di bilancio 30. Per contro –
24
W. SAGLIETTO , Sub art. 2399, cit., 859;.
T . Treviso, 18.5.1998, in Società, 1998, 1069.
26
G. CAVALLI, Il collegio sindacale, in AMBROSINI (a cura di), Il nuovo diritto societario, I,
cit., 272; M. SP IOTTA , in nota a commento di T . T rento, 4.8.2003, in Giur. it., 2004, 108
27
Da ultimo MONTALENTI, Conflitto di interessi e funzioni di controllo: collegio sindacale,
consiglio di sorveglianza, revisori, in Giur. comm., 2007, I, 558.
28
Istituito con d. lgs. 27.1.1992, n. 88, tuttavia destinato ad essere sostituito dal registro dei
revisori legali di cui all’art. 6 ss. del d.lgs. 27.1.2010, n. 39
29
D.p.r. 6.1.1998, n. 99 (il testo anche in Società., 1998, 707, Attuazione del d.lgs. 88/92: le
cause di incompatibilità di sindaci e revisori, con commento di BIANCHI) applicabile anche al
controllo contabile esercitato dai sindaci (T . Trento, 4.8.2003, in Giur. comm., 2004, II, 158,
con nota di M. SP IOTTA , Sindaco e consulente della stessa società possono essere colleghi di
studio?, ed in Giur. it., 2004, 108, ancora con nota di M. SP IOTTA ); abrogato dal d.lgs.
27.1.2010, n. 39, art. 43, 1° comma, che ne ha tuttavia disposto il perdurare dell’applicazione
sino alla data di entrata in vigore del regolamento ministeriale da esso previsto.
30
T . Trento, 30.5.2003, in Giur. comm., 2004, II, 158, con nota di M. SP IOTTA , Sindaco e
consulente della stessa società possono essere colleghi di studio? Analoga la posizione assunta
da T . Treviso, 18.5.1998, in Società, 1998, 1069: non può essere nominato sindaco di una
società non solo chi abbia svolto le funzioni di esperto nominato dal presidente del tribunale per
25
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
16
DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
questa volta nella diretta prospettiva dell’art. 2399 – in presenza di una semplice
organizzazione di mezzi comuni tra singoli professionisti indipendenti, si è ritenuto non
incidere sui requisiti di eleggibilità a sindaco di uno di essi la circostanza che un suo
collega di studio svolgesse prestazioni a favore della società, a condizione che i relativi
compensi fossero da quest’ultimo fatturati direttamente alla stessa e purché il loro
31
ammontare non superasse soglie di incompatibilità rispetto ai ricavi totali
A questo punto non è forse inopportuna una precisazione a proposito della
definizione delle ipotesi previste alla lett. c), che rientrano, secondo la dizione del
codice, tra le cause d’ineleggibilità e di decadenza: in realtà si tratta piuttosto di cause
d’incompatibilità, in quanto non sembra dubitabile che, ad esempio, chi abbia in corso
un rapporto continuativo di consulenza con una società e sia richiesto di diventarne
sindaco, possa acconsentirvi, rinunciando nel contempo a quel rapporto 32 (a meno che
lo si ritenga rilevante sotto il profilo del “pregresso”).
Resta da chiedersi se, in assenza di una specifica previsione normativa, la norma
di chiusura contenuta sub c) determini un’ipotesi d’incompatibilità per chi, sindaco
designato di una società, rivesta già tale carica nella controllante od in una controllata o,
ancora, in altra società sottoposta a comune controllo. La dottrina risponde
negativamente, osservando come l’essere sindaco in una o più società del medesimo
gruppo non costituisca una condizione di per sé idonea a comprometterne
l’indipendenza 33. Potrà essere l’autonomia statutaria, semmai, a disporre al riguardo,
la stima del patrimonio sociale in vista della trasformazione, ma anche chi svolga la sua
professione in associazione con chi abbia esercitato le funzioni di esperto o che abbia (o abbia
avuto) rapporti di lavoro con la società trasformata.
31
T . Milano, 22.11.2006, in Società, 2007, 729; e già T . T rento, 4.8.2003, cit.
32
In questo senso già G. FRÈ, G. SBIS À, sub art. 2397-2399, in Società per azioni, in Comm. c.c.
Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1997, 886; ed inoltre G.CAVALLI, I sindaci, cit., 28; S.
AMBROSINI, sub art. 2399, in COTTINO et al. (diretto da), Il nuovo diritto societario, cit., 876. In
una prospettiva speculare, la prestazione professionale da parte di chi sia sindaco di una società
non subisce conseguenze sotto il profilo del rapporto di lavoro autonomo e della sua validità, in
quanto comporta esclusivamente la sanzione dell’automatica decadenza dall’ufficio e la perdita
del diritto a percepire il compenso per le carica: così T. Milano, 19.1.2000, in Società, 2000,
1133.
33
S. AMBROSINI, in COTTINO et al. (diretto da), Il nuovo diritto societario, cit., 874; ed ancora
S. AMBROSINI, Collegio sindacale: nomina, composizione e funzionamento, cit., 715 seg.:
l’Autore sottolinea, a proposito delle quotate, come la Consob, in una sua raccomandazione del
20.2.1997 [anteriore all’iniziale disposizione sul cumulo degli incarichi, contenuta nell’art. 148,
1° comma, lett. d), t.u.f., che ne affidava la regolamentazione all’atto costitutivo; in seguito
sostituita, per effetto della l. 28.12.2005, n. 262, dall’art. 148 bis] avesse anzi auspicato che
quanti ricoprano cariche sindacali nella controllante siano ad un tempo sindaci di una o più
controllate. Per la stessa soluzione F. GALGANO, Il nuovo diritto societario, cit., 292. E si veda
anche L. DE ANGELIS, Sindaci della holding e delle controllate: non c’è incompatibilità, in
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
17
DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
sulla base della facoltà concessa dall’ult. comma dell’art. 2399; anzi, proprio la
circostanza che il legislatore abbia previsto che sia lo statuto ad indicare “limiti e criteri
per il cumulo degli incarichi” induce a ritenere che, in difetto di specifiche disposizioni
limitative, l’incarico in questione possa essere liberamente assunto in altre società,
34
anche legate da eventuali rapporti di controllo .
3. L’art. 2399, 2° e 3° comma
Il 2° comma dell’art. 2399 statuisce che “la cancellazione o la sospensione dal
registro dei revisori legali e delle società di revisione legale o la perdita dei requisiti
previsti dall’ultimo comma dell’art. 2397 sono causa di decadenza dall’ufficio di
sindaco”. Il tenore della seconda parte della norma è diretta conseguenza delle
modifiche apportate dalla riforma del 2003 alla disposizione richiamata: l’aver previsto
che possano essere sindaci anche appartenenti ad albi professionali e professori
universitari ha ovviamente imposto di estendere loro la decadenza inizialmente
comminata soltanto a chi, revisore legale, fosse stato cancellato o sospeso dal relativo
registro. Non è inutile precisare che quando si parla di sospensione ci si può trovare di
fronte ad un provvedimento di natura sanzionatoria o più semplicemente cautelare: l’art.
2399 non fa alcuna distinzione al riguardo e la Corte Costituzionale, chiamata a
pronunciarsi sul punto già prima della riforma, ha negato ogni motivo di contrasto con
l’art. 3 Cost., non avendo ritenuto irragionevole l’equiparazione degli effetti della
sospensione sanzionatoria e della sospensione cautelare 35.
Ci si è chiesti se, nell’ipotesi prevista dal 2° comma dell’art. 2397, la decadenza
operi anche qualora il soggetto cancellato o sospeso sia però iscritto in uno degli albi
individuati dal d.m. 29 dicembre 2004, n. 320, oppure abbia la qualifica di professore
universitario e, nel contempo, vi sia almeno un altro revisore a comporre il collegio: la
risposta negativa troverebbe conforto nel constatare da un lato che la composizione
legale del collegio non ne sarebbe comunque pregiudicata e dall’altro che il non potersi
Soc., 2004, 420. Il cenno alla norma del t.u.f. oggi vigente (il cui 1° comma statuisce che, tra
l’altro, che con regolamento della Consob “ sono stabiliti limiti al cumulo degli incarichi di
amministrazione e controllo” che i componenti degli organi di controllo delle quotate e delle
società emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ex art. 116 t.u.f.
“possono assumere presso tutte le società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, del codice
civile”) consente di precisare che limitazioni possono aversi nel contesto della società per azioni
non quotata né ricadente nella previsione dell’art. 116 t.u.f., quale effetto riflesso di incarichi
rivestiti da componenti del proprio organo di controllo in altra società quotata od emittente
strumenti finanziari diffusi in misura rilevante.
34
Considerazione che non potrebbe però esonerare i sindaci nominati dal dichiarare comunque
l’esistenza di ogni incarico, ai sensi dell’art. 2400, ult. comma
35
C. cost., 13.7.1989, n. 401, in Giust. civ., 1989, I, 2252.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
18
DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
più dire revisore legale sarebbe comunque “compensato”, ai fini del mantenimento della
carica di sindaco, sul versante dell’albo professionale o dell’attività accademica.
M a la lettera della norma sembra semmai condurre ad una diversa risposta: il
revisore decade per il solo fatto (parrebbe di poter aggiungere) di essere cancellato o
sospeso dal registro. Di fronte al dubbio che l’adozione del criterio interpretativo
letterale non sia probante per sciogliere il dilemma nel secondo senso (la norma, in
effetti, non “impone” espressamente la sostituzione in una simile fattispecie), sta
tuttavia la riflessione che sia la cancellazione che la sospensione gettano ombre (almeno
ombre, sarebbe forse più opportuno dire) sulla professionalità e sulla rettitudine stessa
di chi ne sia colpito, il che in ogni caso mal si concilia con la delicatezza delle mansioni
36
sindacali .
Si giunge così al 3° comma, introdotto ex novo dalla riforma: “lo statuto può
prevedere altre cause di ineleggibilità o decadenza, nonché cause di incompatibilità e
limiti e criteri per il cumulo degli incarichi”; comma al quale si è già fatto richiamo in
precedenza, in particolare per quanto attiene alla seconda parte, nel suo rapporto con
l’art. 2400, 4° comma.
La norma si pone, indubbiamente, nella prospettiva di una più stringente tutela
dell’indipendenza dei sindaci e come tale va salutata con favore; anche se a ridurne la
portata innovativa vi è la constatazione che si tratta di una mera facoltà, sostanzialmente
ammessa dalla dottrina già prima della riforma, a condizione, naturalmente, che la
disciplina così introdotta risultasse più rigorosa di quella del codice 37. In ogni caso, il
suo tenore oggi conferma che l’art. 2399 pone un principio d’interesse generale in
materia d’indipendenza dei sindaci, come tale indisponibile, alla luce del quale lo
statuto può aggiungere altre cause d’ineleggibilità, decadenza od incompatibilità, non
stabilire deroghe o riduzioni rispetto a quelle di legge.
Essa si riferisce anche alla possibile introduzione di cause di “incompatibilità”:
pertanto lo statuto potrà stabilire che, al cospetto di una certa situazione impeditiva
dell’assunzione della carica, il soggetto designato possa rimuovere l’ostacolo, optando
per l’incarico sindacale. Si tratta di una categoria solo apparentemente assente nella
restante disciplina dettata in argomento; si è constatato, poco sopra, come la previsione
di cui all’art. 2399, lett. c) integri ipotesi non di ineleggibilità in senso stretto, quanto,
38
piuttosto, di incompatibilità .
36
S. AMBROSINI, sub art. 2399, in COTTINO et al. (diretto da), Il nuovo diritto societario, 2004,
cit., 875; e, più recentemente, ID ., Collegio sindacale: nomina, composizione e funzionamento,
cit., 717, ove ancora si conclude che il sindaco che incorra nella cancellazione o nella
sospensione dal registro dovrebbe essere sostituito, dunque senza possibilità di “ recupero”.
Nello stesso senso – sarà consentito il richiamo – anche A. BERTOLOTTI, Il collegio sindacale e
la revisione legale dei conti, cit., 879.
37
T ra gli altri, G.U. T EDESCHI, Il collegio sindacale, cit., 46; CAVALLI, I sindaci, cit., 31.
38
S. AMBROSINI, Collegio sindacale: nomina, composizione e funzionamento, cit., 718.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
19
DIRITTO COMMERCIALE
CAUSE D ’ INELEGGIBILITÀ E DI DECADENZA DEI SINDACI
E’ legittimo chiedersi, infine, se la facoltà consentita dal 3° comma dell’art.
2399 si riferisca solo all’ambito delle cause d’ineleggibilità e decadenza delineato dai
due commi che lo precedono (cause c.d. “ordinarie”), oppure si estenda anche a quelle
definite “sanzionatorie”, cioè del tipo disciplinato dagli artt. 2404, 2° comma e 2405, 2°
39
– sembra preferibile, dal momento che
co. La soluzione restrittiva – si è scritto
l’introduzione di ulteriori cause del secondo tipo, in aggiunta a quelle individuate dal
legislatore, darebbe vita ad una serie di “giuste cause” di cessazione del rapporto
difficilmente compatibili con la disciplina della revoca dei sindaci, che postula la
necessaria approvazione giudiziale della relativa delibera.
39
Ancora S. AMBROSINI, Collegio sindacale: nomina, composizione e funzionamento, cit., 717
seg.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
20
STUDI E OPINIONI
BREVI RIFLESSIONI IN TEMA DI
GESTIONE DELLE “SOMME”
DESTINATE AI CREDITORI
IRREPERIBILI
L’Autore svolge alcune brevi considerazioni in merito alla “gestione” normativa delle
somme destinate ai c.d. creditori irreperibili.
di CIRO ESPOSITO
Si svolgono brevi considerazioni in merito alla “gestione” normativa delle
somme destinate ai c.d. creditori irreperibili.
Una possibile soluzione del problema – dianzi alla lacunosità del dato normativo
– potrebbe essere la seguente:
1) chiusura del conto corrente ex art. 34 l.fall. in esito al riparto finale ex art.
117 l.fall ;
2) constatazione della esistenza di “creditori irreperibili o che non si presentano”
da parte del curatore fallimentare, in virtù di apposta relazione al GD prima della
chiusura e dopo l’esecuzione del riparto. Relazione nella quale il curatore informa
dell’esubero di somme e riferisce della apertura di un nuovo conto corrente ex art.
117,IV comma, l.fall;
3) “apertura” – nell’intervallo di tempo che va, dalla accertata irreperibilità o
dalla mancata presentazione dei creditori, alla chiusura del fallimento - di un conto
corrente sul modello e secondo le condizioni di quello ex art. 34 l.fall.. Conto corrente
intestato alla procedura concorsuale. Per ragioni di praticità e maggiore sicurezza il
rapporto potrebbe assumere anche la forma di un libretto nominativo intestato alla
procedura – e lasciato nella disponibilità della cancelleria da parte del curatore - visto
che la norma dispone unicamente che le “somme sono nuovamente depositate ….presso
l’Ufficio Postale o la banca già indicati ai sensi dell’art. 34 “Sicché il deposito può
avere anche le forme del libretto visto che non è richiamata la parte dell’art. 34 che
dispone la forma del conto corrente.
4) chiusura del fallimento che non può essere ritardata – secondo il principio
della celerità – dalla persistenza di somme da destinare come dimostra sistematicamente
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
21
STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
anche la vicenda dei creditori ammessi con riserva ( cfr artt.117, III comma, 113 e 113
bis l.fall)
A seconda delle evenienze potrebbero – nei cinque anni dal deposito delle
somme - verificarsi le seguenti ipotesi:
a) distribuzione delle somme, mediante mandato, emesso dal “giudice”
designato dal Presidente del Tribunale, su ricorso degli interessati, agli aventi diritto
(creditori irreperibili o che non si sono presentati) che ne facciano richiesta, nei cinque
anni dal deposito. A tali soggetti le somme sarebbero distribuite, man mano che si
presentano, versando la somma prevista nel piano di riparto cui aggiungere la quota
proporzionale di interessi, maturata sul conto ex art. 34 l.fall., sino a quel momento.
Tanto in ragione di apposito ricorso, da parte del creditore, al Presidente del Tribunale,
il quale nomina il giudice che provvede –secondo le modalità procedimentali ritenute
dal giudice stesso più consone alla fattispecie concreta– alla emissione del mandato di
pagamento;
b) ove l’ipotesi sub a) non si realizzi, distribuzione delle somme a favore dei
“creditori insoddisfatti”, che ne abbiano fatto richiesta, a mezzo ricorso “indirizzato” –
prima dello spirare del termine quinquennale – al Presidente del Tribunale, il quale
designa un giudice che “omessa ogni formalità non essenziale al
contraddittorio…..dispone la distribuzione delle somme non riscosse in base all’art.
111 l.fall. tra i soli richiedenti”. Giudice che quindi disegna il procedimento di
distribuzione del residuo, nel rispetto del contraddittorio, ma tenuto conto della singola
fattispecie concreta e quindi del grado di complessità e del livello di informazione che
la medesima può, o meno, imporre tenuto conto del principio di celerità;
c) trascorsi i cinque anni dal deposito – laddove non si siano verificate le iporesi
sub a e b – la Banca comunica, alla Cancelleria della sezione fallimentare del
Tribunale, la persistenza delle somme sul conto corrente. La cancelleria sottopone la
vicenda, al Presidente, il quale nomina un giudice che verificato - in virtù del
procedimento che ritiene preferibile nella fattispecie concreta - il presupposto della
1
distribuzione allo Stato (i.e. mancato ricorso di creditori sub a e b) dispone il
1
La questione della verifica di assenza di riscorsi, da parte dei creditori insoddisfatti, potrebbe
rivelarsi insidiosa ove – come afferma la dottrina unanime – il ricorso possa essere presentato in
seno alla domanda di ammissione al passivo. Ed infatti, verosimilmente, la cancelleria non
avrebbe contezza del ricorso in quanto incorporato in altra istanza. Sicché – oltre a sembrare
opportuno che la cancelleria sia attrezzata in tal senso – sarebbe opportuno che il curatore, in
sede di istanza di chiusura, indichi la presenza di creditori insoddisfatti che abbiano formulato la
richiesta di cui all’art. 117, IV comma, l.fall. T anto in guisa da evitare la distribuzione a favore
dello Stato, o comunque consentire – a tali creditori - di partecipare alla distribuzione del
residuo, essendo altrimenti pregiudicati e costretti alla probabile applicazione dell’art. 114, II
comma, l.fall.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
22
STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
versamento a favore dell’entrata del bilancio dello Stato. Versamento che avviene a
cura della Banca.
Orbene, si ritiene che la soluzione proposta possa fondare sulla esegesi dell’art.
117 l.fall.
La norma, infatti, al quarto e quinto comma, prevede : “Per i creditori che non
si presentano o sono irreperibili le somme dovute sono nuovamente depositate presso
l’ufficio postale o la banca già indicati ai sensi dell’articolo 34. Decorsi cinque anni
dal deposito, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, se non
richieste da altri creditori, rimasti insoddisfatti, sono versate a cura del depositario
all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro
dell’economia e delle finanze, ad apposita unità previsionale di base dello stato di
previsione del Ministero della giustizia.
Il giudice, anche se è intervenuta l’esdebitazione del fallito, omessa ogni
formalità non essenziale al contraddittorio, su ricorso dei creditori rimasti
insoddisfatti che abbiano presentato la richiesta di cui al quarto comma, dispone la
distribuzione delle somme non riscosse in base all’articolo 111 fra i soli richiedenti”.
Il dato letterale della disposizione – secondo lo sforzo progressivo imposto
dall’art. 12 dip prel al c.c. – offre utili riferimenti per la ricostruzione della vicenda, nei
termini sopra prospettati.
La norma, in prima analisi offre un utile elemento ermeneutico, laddove
individua i possibili destinatari del residuo attivo, secondo un progressione decrescente.
2
Al primo posto vi sono “ i creditori irreperibili o che non si sono presentati” i
quali – essendo i destinatari naturali delle somme - possono, entro il termine di cinque
anni dal deposito, presentarsi e richiedere quanto ad essi assegnato in sede di riparto,
oltre agli interessi che le somme hanno maturato.3
2
Il dato numerico dei“ creditori irreperibili” rispetto ai “ creditori che non si presentano”
potrebbe essere destinato a ridimensionarsi in relazione al disposto di cui al d.l 179/12 e visto
che l’art. 31 bis l.fall prevede un meccanismo di informazione sostitutivo previsto dall’art. 31
bis secondo comma l.fall. stando al quale “ Le comunicazioni ai creditori e ai titolari di diritti
sui beni che la legge o il giudice delegato pone a carico del curatore sono effettuate
all'indirizzo di posta elettronica certificata da loro indicato nei casi previsti dalla legge.
Quando e' omessa l'indicazione di cui al comma precedente, nonche' nei casi di mancata
consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario,
tutte le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria”. Ne
viene che tendenzialmente il creditore è sempre “reperibile”, attraverso il deposito in
cancelleria..
3
Deve ritenersi che il diritto sia correttamente esercitato laddove il creditore irreperibile
depositi il ricorso nei cinque anni, visto che la materiale distribuzione non è vicenda che
dipende dal medesimo, potendo essere collegata ai tempi di assegnazione, frutto del
procedimento adottato nel caso concreto. Sicché, operando diversamente e pretendendo che il
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
A seguire, vi sono i c.d. creditori richiedenti rimasti inosddisfatti.
Tra questi, vi rientrano, innanzitutto, coloro che sono stati ammessi al passivo e
che dimostrino, di non essere stati integralmente soddisfatti.
Nel novero di tali soggetti, si ritiene debbano essere inclusi, verosimilmente,
anche coloro che sono stati ammessi con riserva e la cui riserva si è sciolta, dopo il
fallimento, ma prima dei cinque anni dal deposito. Questi – essendo divenuti creditori –
potrebbero avanzare richiesta di riparto supplementare eventuale, ove non integralmente
soddisfatti dagli accantonamenti ad essi destinati.
Anche gli stessi creditori irreperibili o che non si sono presentati potrebbero
assumere tale veste, laddove – ricevuto quanto assegnato in sede di riparto in esito alla
successiva richiesta e rimasti insoddisfatti – manifestino, nei modi di legge, la volontà
di ricevere le somme depositate e non riscosse dagli altri creditori irreperibili o che non
si siano presentati.
Ed invero, la norma parla di “altri creditori rimasti insoddisfatti” e tale creditore
( redivivo) sarebbe sia “altro”, rispetto ”agli altri” “creditori irreperibili”, sia
“insoddisfatto”, ove il riparto originario – del quale ha tardivamente profittato - non
determini la sua completa soddisfazione.
Il terzo destinatario delle somme, potrebbe essere “ l’entrata del bilancio dello
Stato”, “ alla quale” gli importi sono destinati nella ipotesi in cui nessuna delle due
categorie di soggetti di cui sopra, si presenti ( formuli ricorso) entro cinque anni dalla
apertura del nuovo deposito.
La norma, allora, offre un primo dato di rilievo costituito dalla “variabilità” dei
destinatari, che non sono precisamente individuabili – ab origine ossia all’atto del
nuovo deposito stabilito dall’art. 117 l.fall – ma solo determinabili, in relazione alle
circostanze che dovessero realizzarsi nel corso dei successivi cinque anni.
Da qui la impossibilità di prevedere, da subito, la intestazione del conto corrente
in capo ai singoli creditori irreperibili , in quanto la scelta darebbe come “scontato” il
verificarsi dell’evento “futuro e incerto” che questi si presentino, escludendo, del tutto,
la verificabilità di eventi ( es la assegnazione delle somme ai creditori insoddisfatti, che
ne abbiano fatto richiesta) che pure sono contemplati dalla norma e che non potrebbero
realizzarsi, visto che, la previa intestazione del conto alla prima categoria, ne implica la
4
scelta di destinazione o quantomeno la determinazione di evidenti complicazioni, per la
medesimo debba riuscire ad essere anche soddisfatto nei cinque anni per assolvere il proprio
onere, si farebbe ricadere sul ceditore la conseguenza di una azione che non è propriamente
nella sua sfera di possibilità.
4
Nel senso della intestazione alla procedura LO CASCIO, Il fallimento e le altre procedure
concorsuali, Padova 2007, 746; Forgillo, Il riparto dell’attivo, Fallimento e concordati, T orino
2010, 984. Contra Casilli, sub art. 117, in Commentario Nigro-Sandulli, Torino 2011 il quale –
richiamando la dottrina nate riforma – ritiene che il depositi debba essere intestato ai singoli
creditori.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
ipotesi in cui si verifichi la perdurante irreperibilità del soggetto e la necessità di
assegnare le somme a creditori insoddisfatti che ne abbiano fatto richiesta nei cinque
anni.
Il discorso sarà approfondito dopo, ma giova, sin da ora, osservare che la
“variabilità” dei destinatari, escludendo la intestazione predeterminata in capo ai
“singoli creditori”,
rappresenta un indice di rilievo che depone a favore della
“intestazione” del conto alla “procedura concorsuale”, se non altro per privazione del
contrario.
Tra l’altro, il secondo dato, che si ritrae dalla norma, attiene all’ espressione “le
somme dovute sono nuovamente depositate presso l’ufficio postale o la banca già
indicati ai sensi dell’articolo 34”.
Il “nuovamente” sta a significare come sia necessario aprire un nuovo “conto
corrente”, non potendosi utilizzare quello già “ acceso ex art. 34 l.fall”.
E del resto, in esito al “piano di riparto” finale, il conto è stato chiuso in ragione
della realizzazione, su indicazione del giudice ex art. 115 l.fall., dei “bonifici” sui conti
indicati dai creditori, ovvero della compilazione degli assegni circolari destinati ai
creditori che non abbiano indicato l’iban.
Assegni custoditi dal curatore il quale – su indicazione del giudice delegato a
norma dell’art. 115 l.fall.- trattiene i medesimi e comunica, ex art. 31 bis l.fall., ai
creditori, il termine per il ritiro.
Termine trascorso il quale gli stessi si devono ritenere “irreperibili” o “non
presentati”.
Il quinto comma della disposizione offre invece riferimenti in merito alla
procedura di distribuzione a favore dei creditori “insoddisfatti” e pone utili rilievi per la
soluzione di diverse problematiche sottese alla applicazione della norma.
In prima analisi, il soggetto a cui è demandato il compito di disporre delle
somme non riscosse, è individuato nel “ giudice” e quindi – deve ritenersi – nel giudice
designato all’uopo dal presidente del tribunale, e non già “il giudice delegato”
Depone, in tal senso, il dato letterale impresso nella espressione “giudice” , a
cui non si associa l’espressione “delegato”.
In termini sistematici, l’assunto è confermato dal fatto che il legislatore,
nell’ambito della legge fallimentare, non utilizza i termini “giudice” e “giudice
delegato”, come sinonimi visto che, nelle disposizioni in cui si occupa del medesimo,
ha sempre cura di utilizzare l’espressione “giudice delegato”.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
25
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CREDITORI IRREP ERIBILI
La circostanza trova riferimento ulteriore nella disposizione di cui all’art. 120
l.fall. che determina – senza eccezioni – la decadenza degli organi, quale conseguenza
della chiusura della procedura. 5
Sicché, pare doversi accogliere l’idea della dottrina che si esprime nel senso che
il giudice, che provvederà alla distribuzione, “ non sarà il giudice delegato di quel
fallimento, considerato che la chiusura della procedura ha fatto venire meno anche gli
organi. Si tratterà quindi di un giudice del tribunale designato dal presidente che
6
preferibilmente appartenga alla sezione fallimentare”
La ricostruzione si ritiene confermata anche alla luce della relazione illustrativa
all’art. 117 l.fall..
Relazione che – sebbene non si soffermi sulla questione dei creditori
irreperibili, limitandosi a dedicare indicazioni al tema dei creditori ammessi con riserva,
i cui esiti non si siano “definiti” all’atto della chiusura del fallimento – offre utili
indicazioni anche per la fattispecie in esame, data la similitudine dei temi costituita dalla
necessità di creare “modello di gestione” delle somme, che sopravvivano alla chiusura
del fallimento.
Stando alla relazione “ poiché la chiusura fa venir meno anche gli organi della
procedura stessa, si è previsto un semplice meccanismo processuale – un ricorso al
giudice designato al presidente del tribunale – al fine di consentire comunque entro i
5
In dottrina si osserva che le richieste di assegnazione delle somme depositate, nonché di riparti
supplementari di somme non riscosse dovranno essere formulate con ricorso al T ribunale e non
già agli organi della procedura ormai cessati con la chiusura della stessa ( Trinchi, sub art.- 117
l.fall. in Commentario Cavallini, Milano 2010, 1331). Sul tema anche Guerrini, sub art. 117, in
Commentario Maffei – Alberti, Padova 2009. In realtà non bisogna sottacere che parte della
dottrina ritiene che - malgrado il disposto dell’art. 120 l.fall – vi possa essere una ultrattività
degli organi della procedura vista la esistenza, in tal senso, di diverse tracce normative costituite
per esempio dalla prosecuzione del giudizio di reclamo ( cfr art. 18 l.fall.) e vigilanza in tema di
concordato fallimentare ( cfr Maffei laberti ( a cura di) sub art. 120 l fall, Padoiva 2010)
.Probabilmente il problema può essere superato, da un punto di vista pratico, visto che il
Presidente potrebbe decidere di nominare, quale giudice – ai fini della distribuzione – l’ex
giudice delegato e questi, nella gestione del contraddittorio, potrebbe chiedere l’interlocuzione
con l’ex curatore, sì da trarre informazioni utili al fine. E del resto il primo comma dell’art. 117
l.fall. pare riattribuire – a differenza del riparto parziale - la paternità del riparto finale al
giudice delegato il quale “ sentite le proposte del curatore ordina il riparto finale”. L’autonomia
del giudice si evince poi dallo stesso testo dell’art. 117, V comma, l.fall. ove il legislatore
rimette, al giudice appnto, la determinazione – sebbene nel rispetto del contraddittorio e della
graduazione di cui all’art. 111 l.fall – la possibilità di stabilire il procedimento ritenuto più
consono alla fattispecie concreta.
6 Guerrini, sub art. 117, in Commentario Maffei – Alberti, Padova 2009.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
cinque anni dalla chiusura stessa, la distribuzione delle somme accantonate e
depositate”.
Continuando nell’ esegesi della norma, il legislatore individua il “giudice” in
colui che “dispone la distribuzione delle somme non riscosse in base all’art. 111 fra i
soli richiedenti”.
Aggiunge che la “distribuzione”, da parte del giudice, avviene anche se è
intervenuta la esdebitazione del fallito e con un procedimento nel quale si ometta “ogni
7
formalità non essenziale al contraddittorio” .
La disposizione, come cennato, offre utili spunti per una serie di
considerazioni.
La prima attiene alla circostanza che le somme depositate, sul conto corrente,
non possano essere gestite – a fini distributivi – direttamente dall’istituto di credito
depositario, visto che il legislatore individua espressamente, nel “giudice”, il soggetto
deputato a siffatta gestione.8
E del resto, la scelta pare coerente con la circostanza che la distribuzione debba
avvenire secondo le regole del “concorso” e quindi, nel rispetto della graduazione
sancita dall’art. 111 l.fall. ed in ragione del rispetto del contraddittorio sebbene in un
contesto tendente alla deformalizzazione.
Sicché è parso necessario, al legislatore, individuare la competenza in capo al
soggetto istituzionalmente deputato a risolvere “conflitti” ed in grado di gestire un
riparto nel rispetto della par condicio , della graduazione e del contraddittorio, essendo
in grado di stabilire quali sono le formalità da omettere, in quanto non essenziali al
contraddittorio, e quali quelle da adottare essendo funzionali al medesimo.
La seconda attiene alla circostanza che il legislatore – nell’utilizzare
l’espressione “ omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio”, associata al
fatto che la distribuzione è riservata solo ai creditori richiedenti – lascia, al giudice, la
individuazione, nel rispetto del principio del contraddittorio, la scelta del modello
procedimentale ritenuto “più efficiente” e capace, al tempo stesso e nel caso concreto, di
dare vita ad una celere definizione della vicenda consentendo, al tempo stesso, a
7
In giurisprudenza è stato talvolta seguito un altro percorso in ragione del quale “ Il curatore
del fallimento può essere autorizzato a trasferire al trust istituito per provvedere alla
riscossione dei crediti fiscali emergenti dalla procedura anche le somme destinate ai creditori
irreperibili, affinché i trustee le versino loro o, decorsi cinque anni, le distribuiscano ai
creditori concorsuali rimasti insoddisfatti nella misura percentuale di cui al piano di riparto”.
Trib. Roma, 11.3.2009, T rust, 2009, 5, 541
8
Da un punto di vista operativo poi il materiale prelievo delle somme si ritiene debba essere
eseguito su “ copia conforme del mandato di pagamento del giudice delegato”. T anto come
espresso dalla regola, a valenza generale, di cui all’art. 34 l.fall..
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
ciascun interessato ( i.e creditore richiedente insoddisfatto) di potere interloquire, in
merito al progetto di distribuzione, prima che assuma carattere di definitività.
Sicché, il modello procedimentale e la documentazione idonea ad appurare che
il “creditore sia effettivamente insoddisfatto”, nonché la “via” di distribuzione delle
somme in suo favore, non sono – secondo una precisa scelta normativa –
predeterminati secondo canoni rigidi, essendo rimessi alla discrezionalità tecnica –
ritagliata sulle esigenze del caso concreto – di un soggetto qualificato che stabilisce la
soluzione “dei conflitti” nel rispetto del contraddittorio richiesto dal caso omettendo le
9
formalità ritenute superflue.
La norma, sebbene riferita unicamente al caso di creditori insoddisfatti che ne
abbiano fatto richiesta, pare potere essere efficacemente utilizzata anche per risolvere il
tema della gestione della distribuzione in capo ai creditori “irreperibili”, che
rivendichino le somme prima del trascorrere del quinquennio.
E più in generale per affermare come il nuovo conto debba essere intestato alla
procedura concorsuale e la sua gestione spetti al “giudice” des ignato dal presidente, e
non già, in via autonoma, alla banca.
Ed invero, sotto il primo aspetto, il “riparto supplementare” a favore dei
creditori che ne facciano richiesta, è qualcosa di eventuale in quanto subordinato alla
mancata reviviscenza, in tutto o in parte, dei creditori irreperibili.
Sicché, all’atto della apertura del conto corrente, non è dato sapere quale sarà la
sorte delle somme depositate e quindi se vi sarà o meno un riparto supplementare ex art.
9
Al riguardo, parte della dottrina ritiene che il ricorso debba essere notificato all’istituto
bancario, che così ha contezza della esistenza di creditori rimasti insoddisfatti e può fornire al
giudice il saldo aggiornato del conto per l’udienza ed al fallito che - nelle more - potrebbe avere
pagato il creditore istante (Guerrini, sub art. 117, in Commentario Maffei – Alberti, Padova
2009). Potrebbe anche ipotizzarsi che il ricorso debba essere depositato prima del trascorrere
dei cinque anni dal deposito con indicazione della data del deposito delle somme, sicché il
giudice designato possa fissare l’udienza dopo i cinque anni e quindi una volta spirato il termine
concesso ai creditori irreperibili. Ed invero, la norma non dispone che i creditori debbano
presentare il ricorso trascorsi i cinque anni, ma solo che la distribuzione a favore dello Stato
possa avvenire dopo cinque anni dal deposito. E del resto è logico – e coerente temporalmente –
che il ricorso sia notificato prima visto che – ove si dovesse notificare trascorsi i cinque anni –
vi sarebbe una tardività endemica in quanto la manifestazione di volontà avverrebbe quando il
diritto alla distribuzione è maturato in capo allo Stato. Vi è di più, la elasticità del procedimento
divisato dalla norma fa sì che il giudice – nella ampia discrezionalità tecnica di cui gode –
modelli il procedimento di riparto supplementare richiedendo, al ricorrente, apposite
integrazioni, anche documentali ( es produzione stato passivo, certificazione della cancelleria
della assenza di altri istanti, ecc) ovvero fissi opportune incombenze quali la fissazione di una
udienza e successiva notifica a soggetti interessati ad interloquire ( es altri creditori istanti) o
che possano fornire informazioni ( es notifica all’ex curatore, alla banca, ecc).
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
117, V comma, l.fall. ovvero se le stesse saranno attribuite – rispettando il piano di
riparto originario – ai creditori “irreperibili”, redivivi, o ancora allo Stato.
Ne viene allora che il modello di deposito, come cennato sopra, deve essere un
modello per così dire a “geometria variabile” ossia “aperto a tutte le evenienze”
immaginate dall’art. 117 l.fall..
Deve essere un modello di deposito gestibile sia per l’ipotesi in cui si presentino
creditori irreperibili, sia per quella in cui vi siano creditori, in assenza dei primi, che
chiedano una ulteriore distribuzione, sia per l’ipotesi residuale in cui le somme debbano
essere, in tutto o in parte, destinate allo Stato.
E difatti, al momento del deposito, giova ripetere, sono incerti i beneficiari visto
che questi potrebbero essere “tutti i creditori” prima non reperiti, a cui distribuire le
somme in ragione del piano di riparto finale, con l’aggiunta degli interessi maturati dal
deposito della somma sul “nuovo conto”; i creditori insoddisfatti che ne abbiano fatto
richiesta ex art. 117, IV comma l.fall.; taluni creditori prima non reperiti ed i creditori
che ne hanno fatto richiesta ex art. 117, IV comma, l.fall.; lo Stato.
Ora, una tale esigenza non potrebbe essere soddisfatta ove si sposassero ulteriori
ipotesi di deposito come prospettate in dottrina quale quella del deposito intestato ai
10
singoli creditori irreperibili .
Ecco, non è detto che questi si presentino nei cinque anni – come, del resto,
preventivato dalla norma di cui all’art. 117 l.fall – sicché tale indicazione del
beneficiario darebbe, per assodata, una definitività di distribuzione che non sussiste, in
quanto la evoluzione degli eventi, normata dal legislatore, potrebbe portare a dovere
distribuire, le dette somme ai “creditori insoddisfatti” che ne abbiano fatto richiesta ex
art. 117, IV comma”, ovvero allo Stato.
E questo sarebbe incompatibile con la preventiva intestazione ad un creditore
predeterminato.
Si violerebbe invero il disposto normativo in quanto si predeterminerebbe ciò
che il legislatore ha, volutamente, lasciato ad una successiva determinazione attribuita
agli eventi futuri ed alla gestione del giudice.
E lo stesso vale per la ipotesi – pure prospettata – di intestazione congiunta al
singolo creditore ed al curatore fallimentare. Ipotesi che sconta analoghe eccezioni a
cui aggiungere la complicazione di intestare il conto ad un soggetto “decaduto” ex art.
120 l.fall.
Tanto senza contare le problematiche generate dalla evoluzione della normativa
antiriciclaggio con riferimento alla in stazione di somme a favore di soggetti
determinati.
10
Casilli, sub art. 117, in Commentario Nigro-Sandulli, T orino 2011 il quale – richiamando la
dottrina nate riforma – ritiene che il deposito debba essere intestato ai singoli creditori. Sul tema
anche Perrotti, sub art. 117, in Commentario Jorio – Fabiani, Bologna- Roma 2010, 1909.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
Per questo l’opzione preferibile pare quella di indicare quale “depositante” la
procedura concorsuale in quanto è l’unica ipotesi che consente di gestire, al meglio, la
variabilità dei beneficiari e di permettere, al tempo stesso, la gestione da parte del
giudice, che sarà designato dal Presidente del Tribunale. Tanto senza contare che la
scelta risolverebbe verosimilmente anche i temi burocratici dell’antiriciclaggio.
A favore di tale opzione vi è anche il dato temporale o meglio procedimentale.
Il legislatore, infatti, utilizza, al IV comma dell’art. 117 l.fall., l’espressione
“Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili le somme dovute sono
nuovamente depositate presso l’ufficio postale o la banca già indicati ai sensi dell’art.
11
34”
E tale nuovo deposito non può che essere realizzato, dal curatore, con
intestazione del rapporto alla procedura concorsuale in essere 12.
Esso avviene prima della chiusura della procedura, ossia nell’intervallo di tempo
che va dalla definizione del piano di riparto alla istanza ex art. 118 l.fall., trattandosi di
una evoluzione degli esiti del piano di riparto stesso.
Evoluzione in ragione della quale vi sono risorse che non sono state utilizzate
per la loro finalità ( i.e la soddisfazione dei creditori) e che quindi vanno nuovamente
depositate al fine di potere essere– senza che la chiusura del fallimento sia rallentata – a
ciò finalizzate.
E del resto non è pensabile che il deposito avvenga successivamente alla
chiusura, da parte di un soggetto che non è più curatore per essere decaduto ex art. 120
l.fall. 13
Il deposito, nella immediatezza dell’accertamento della irreperibilità di creditori
e quindi dalla esistenza di somme residue, è di un preciso dovere del curatore, che,
altrimenti, tratterebbe delle “somme” dopo la cessazione della carica. Somme da
destinare alla realizzazione del fine istituzionale della soddisfazione dei creditori
irreperibili, ovvero insoddisfatti che ne facciano richiesta.
Vi è di più.
11
Ritiene debba trattarsi di nuovo deposito Miele, sub art. 117 in Commentario Ferro, Padova,
2011
12
Si esprime in tal senso anche autorevole dottrina la quale sostiene “ è necessario che il
curatore fallimentare effettui il deposito delle somme spettanti ai creditori irreperibili sul conto
corrente, bancario o postale, acceso nei confronti della procedura, così come previsto dall'art.
34 l. fall. Cfr LO CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Padova 2007, 746.
Ciò dandosi per scontato il deposito da parte del curatore prima della chiusura del fallimento.
Contra Casilli, sub art. 117, in Commentario Nigro-Sandulli, T orino 2011 il quale –
richiamando la dottrina nate riforma – ritiene che il deposito debba essere intestato ai singoli
creditori
13
Sul tema De Matteis, sub art. 117, in Commentario Lo Cascio, Milano 2013.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
30
STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
Una volta chiuso il fallimento, non pare vi siano preclusioni affinché le somme,
con vincolo di destinazione variabile ex art. 117 l.fall., continuino ad essere depositate
in banca, con la formale intestazione contabile al fallimento stesso, sebbene la
procedura si sia chiusa.
Il contratto stipulato, in precedenza dal fallimento, infatti, è un contratto di
deposito ove depositante è una entità ( il fallimento) che, successivamente al deposito,
cessa di esistere ( i.e chiusura del fallimento) e per il quale è individuato,
legislativamente, un soggetto ( il giudice) deputato a disporre delle somme, secondo un
14
percorso normativamente stabilito, per il tempo in cui tale cessazione si sia verificata,
in esito alla chiusura della procedura.
Chiusura che non può essere impedita dalla giacenza di somme da destinarsi
come imposto dal principio di celerità e come desumibile sistematicamente dall’art. 117
l.fall.
D’altra parte, anche quando muore una persona fisica, sebbene si dica
impropriamente che il “conto è chiuso”, la banca assume l'obbligo della custodia delle
somme depositate e della loro restituzione alla persona designata dal depositario, o
autorizzata dalla legge o dal giudice, a riceverle, secondo gli ordinari principi
sull'adempimento delle obbligazioni di dare”. 15
Qui accadrebbe, più o meno, la stessa cosa in quanto il fallimento – prima di
“cessare”- ha aperto un conto corrente, in ottemperanza ad una norma, depositando le
somme presso una banca che assume proprio l’obbligo di custodirle, ai fini della
“erogazione” della somma, alla persona designata dal giudice.
Ecco qui – mutatis mutandis - sarebbe la stessa cosa in quanto il soggetto ( il
giudice), individuato dalla norma come legittimato a disporre, gestisce, per ogni ipotesi
stabilita dalla norma, la movimentazione del conto.
Ed infatti, laddove si presenti un “creditore irreperibile” il giudice ordinerà – con
mandato di pagamento – alla banca, di pagare a questi le somme a lui spettanti. Somme
che vengono a lui destinate ( aumentate degli interessi che le stesse hanno maturato sul
conto) in ragione di quanto attribuito in virtù del piano di riparto finale. Sicché il
14
In dottrina si è rilevato “ La norma però nulla dice in merito alle modalità con cui possa
essere determinato il passaggio del denaro dal conto deposito ai soggetti che dimostrino di
averne diritto. Sembra che in tal caso si possa ricorrere agli stessi strumenti stabiliti per la
destinazione degli accantonamenti, che prevedono la presentazione di un ricorso al giudice da
parte del creditore interessato o, in alternativa, del curatore. Va comunque considerato che tali
somme sono depositate su di un conto corrente formalmente intestato alla procedura
fallimentare, anche se chiusa, e non pare possibile di conseguenza pensare ad un'accensione di
una o più posizioni nominative vincolate a favore di tutti i singoli creditori irreperibili ( cfr
Lupia, sub art. 117 l.fall., in Commentario Lo Cascio, Milano 2010.
15
Cass., 4.12. 1992, n. 12921. Mass.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
compito del giudice è quello di determinare la somma con raffronto al piano di riparto
ed individuando la procedura che gli consenta, nel caso concreto, di assolvere, al
meglio, il compito assegnatogli dalla legge. Essendo in ciò il giudice dotato di ampia
discrezionalità tecnica come depone l’assenza di un preciso procedimento dettato dal
legislatore.
Laddove invece le somme siano rivendicate da un “creditore insoddisfatto” la
gestione – che avviene sempre da parte del giudice come dispone testualmente la norma
– sarà effettuata sulla base di un nuovo piano di riparto ove i creditori insoddisfatti
richiedenti partecipino secondo il concorso ed in ragione di un procedimento dotato di
maggiore grado di complessità sebbene vada “omessa ogni formalità non essenziale al
contraddittorio”.
Vi è di più.
Deve ritenersi che giudice disponga del conto anche ove le somme debbano
essere destinate allo Stato.
Il che può accadere ove nessun creditore irreperibile si presenti ma anche ove le
somme depositate siano tali che i creditori insoddisfatti, che ne facciano richiesta e/o gli
irreperibili redivivi, ricevano il pagamento dell’intero importo del credito e
ciononostante residuino somme sul conto corrente.
Ecco, anche in questo caso, è il giudice – trascorsi i cinque anni ed appurata su
sollecitazione della banca la assenza di “creditori” legittimati - a disporre il versamento
a favore dello Stato.
La norma infatti, utilizza – non a caso - la espressione “ le somme sono versate
a cura del depositario”.
Ecco il depositario cura che le somme siano versate, allo Stato, ma non decide,
in quanto a decidere è sempre il giudice ( ossia il soggetto deputato dalla legge a gestire
il conto) che accerta il diritto dello Stato, dopo avere verificato la assenza di soggetti
16
che si siano palesati a mezzo di ricorsi: siano essi gli irreperibili o gli insoddisfatti.
E del resto la previsione di un meccanismo di informazione, da parte del
depositario a favore del depositante – oltre a rientrare nelle prestazioni gravanti sul
depositante anche secondo una integrazione ex art. 1375 c.c. – viene espressamente
16
In questo senso pare esprimersi parte della giurisprudenza secondo la quale “ la devoluzione
allo Stato avviene , mediante mandato in favore della Cassa Depositi e Prestiti”. ( T rib. Bari,
13.10.2008). Come si vedrà dopo il dato pare confermato dal rapporto sistematico col
regolamento in tema di c.c. “conti dormienti”. Ritiene invece che il depositario possa versare le
somme direttamente allo stato Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre
procedure concorsuali, Torino 2008, 334. Usa l’espressione ipso iure Trinchi, op. cit. 1332.
Secondo altra dottrina , non è da escludere che nella prassi siano effettuati pagamenti
direttamente, ad opera del depositario in favore degli aventi diritto Perrotti, sub art. 117, in
Commentario Jorio – Fabiani, Bologna- Roma 2010, 1909.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
previsto, quale “dato di allerta” per le ipotesi, di “conti dormienti” 17 ai quali può
assimilarsi, in certo qual modo, il “conto” in esame.
Da un punto di vista meramente speculativo, l’interpretazione consente poi di
evitare disguidi collegati ad una repentina ed ingiustificata destinazione, da parte del
depositario, a favore dell’”entrata del bilancio dello Stato”, senza che ve ne siano i
18
presupposti e quindi in violazione di legge.
Un esempio varrà a chiarire il concetto.
Come visto il creditore insoddisfatto – ma deve ritenersi anche quello
irreperibile redivivo come visto sopra – può porre in essere la propria istanza entro
cinque anni dal deposito laddove poi la materiale soddisfazione può essere anche
successiva in relazione ai tempi del procedimento di assegnazione.
Questo significa che, in via astratta, il ricorso per “l’assegnazione”potrebbe
essere depositato in cancelleria – ed essere tempestivo – anche trascorsi 4 anni e 364
giorni.
Ecco, in tal caso, il creditore avrebbe esercitato tempestivamente il proprio
diritto ed avrebbe così diritto alle somme che gli dovranno essere destinate secondo il
procedimento “disegnato” dal giudice, designato dal Presidente del Tribunale. Sicché le
somme gli saranno materialmente versate verosimilmente “decorsi i cinque anni”.
Ora, ove si permettesse alla banca – scoccato il termine dei cinque anni – di
versare ipso iure ed autonomamente, sena alcuna interlocuzione con il Tribunale, le
somme allo Stato, il diritto del creditore, sebbene correttamente esercitato e prevalente
17
Si veda il Regolamento di attuazione dell'articolo 1, comma 345, della legge 23 dicembre
2005, n. 266, in materia di depositi definiti dormienti.L’art. 3 (Obblighi dell’intermediario)
prevede “ Al verificarsi delle condizioni di cui all’articolo 1, lettera b), l’intermediario invia al
titolare del rapporto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata
all’ultimo indirizzo comunicato o comunque conosciuto, o a terzi da lui eventualmente delegati,
l’invito ad impartire disposizioni entro il termine di 180 giorni dalla data della ricezione,
avvisandolo che, decorso tale termine, il rapporto verrà estinto e le somme ed i valori relativi a
ciascun rapporto verranno devoluti al Fondo secondo le modalità indicate nell’articolo 4.
Restano impregiudicate la cause di estinzione dei diritti. Il rapporto non si estingue se, entro il
predetto termine di 180 giorni, viene effettuata un’operazione o movimentazione ad iniziativa
del titolare del rapporto o di terzi da questo delegati, escluso l’intermediario non
specificatamente delegato in forma scritta”
18
Uno dei nervi scoperti della norma infatti, è che “ si è intravisto il rischio che,
immediatamente dopo la scadenza dei cinque anni previsti dalla legge, il depositario proceda
immediatamente e senza alcun indugio allo smobilizzo dei fondi in favore del bilancio statale,
rendendo pertanto inutili le eventuali richieste di assegnazione dei creditori insoddisfatti” (
Miele, sub art. 117, Ferro ( a cura di), Commentario alla legge fallimentare, Padova, 2007,
937).
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
rispetto agli interessi dello Stato, sarebbe illegittimamente pregiudicato, con possibili
rischi di profili di responsabilità anche della banca.
Ne viene allora che la gestione del conto in capo al giudice, anche in ipotesi di
destinazione a favore dello Stato, è una vera e propria esigenza tesa alla corretta
applicazione della norma.
Tanto essendo il giudice l’unico soggetto capace di appurare la esistenza di
conflitti e risolverli sì da evitare legittime pretermissioni.
Ne viene allora la necessità di stabilire un meccanismo di comunicazione tra
l’istituto depositario e la cancelleria del Tribunale utile a stimolare la emissione del
mandato – da parte del giudice – a favore dell’entrata del bilancio dello Stato, in
analogia a quanto accade per i “conti dormienti”.
Tanto dopo la verifica della esistenza dei presupposti secondo un procedimento
immaginato dal giudice stesso nel caso concreto.
M eccanismo che potrebbe consistere nella comunicazione, alla cancelleria, con
la quale si informa dello spirare del termine quinquennale dal deposito e della
conseguente necessità di destinare le somme secondo il disposto del’art. 117, IV
comma, l.fall. Tanto in maniera che il Presidente possa nominare il giudice che –
accertata l’assenza di ricorsi da parte dei creditori irreperibili o di creditori insoddisfatti
– disponga, con mandato, il versamento a favore della entrata dello Stato.
Versamento poi “curato” – nel senso di eseguito – dalla banca.
M eccanismo che sarebbe tanto più assicurato – con salvaguardia di tutti gli
interessi in gioco – ove la forma del nuovo deposito fosse quella del libretto di deposito
intestato alla procedura fallimentare e conservato in cancelleria come visto sopra.
L’analisi della norma offre utili riferimenti per affrontare una ulteriore
questione, posta all’inizio di queste brevi riflessioni, ossia quella delle modalità con le
quali i “creditori irreperibili” ovvero “quelli insoddisfatti” debbano palesarsi, onde
manifestare la volontà di acquisire la disponibilità delle somme dovute –
rispettivamente – in base al riparto finale, ovvero in ragione di riparto supplementare,
da realizzarsi omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, nel rispetto
dell’art. 111 l.fall.
Orbene, la forma di tale manifestazione deve ritenersi essere quella del “ricorso”
19
in entrambe le ipotesi .
Tanto come riferito nella relazione illustrativa ove – sebbene con riferimento al
tema analogo degli accantonamenti – si riferisce “poiché la chiusura fa venir meno
anche gli organi della procedura stessa, si è previsto un semplice meccanismo
processuale – un ricorso al giudice designato al presidente del tribunale – al fine di
consentire comunque entro i cinque anni dalla chiusura stessa, la distribuzione delle
somme accantonate e depositate”.
19
Cfr nota 9
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
Ed invero, per quanto attiene ai creditori insoddisfatti, la disposizione dell’art.
117, V comma l.fall., espressamente prescrive che il giudice dispone la distribuzione “
su ricorso”20, sicché la “richiesta” si manifesta secondo tale forma se non altro per il
brocardo in claris non fit interpretatio..
E, come visto sopra, a ciò consegue una attività – da parte del giudice designato
dal Presidente del Tribunale – ove, omessa ogni formalità non essenziale al
contraddittorio, si dispone la distribuzione delle somme, secondo il modello del
21
concorso ex art. 111 l.fall.
Si tratta allora di un procedimento che, come visto, il legislatore preferisce non
predeterminare ma che vuole sia disegnato – sulla fattispecie concreta – dal giudice
designato che – in relazione al grado di complessità della vicenda - determinerà il
modello di dialettica e di formalizzazione più consono alla singola fattispecie sì da
coniugare : celerità, deformalizzazione e rispetto del contraddittorio. 22
20
T rattandosi di ricorso potrebbe anche accadere che la istanza sia contenuta nella domanda di
insinuazione al passivo (Perrotti, sub art. 117, in Commentario Jorio – Fabiani, Bologna- Roma
2010, 1909; Bozza, La tutela dei diritti nella ripartizione dell’attivo, Scritti in onore di Lo
cascio, Milano 2006, 205). Sicché – onde evitare disguidi – è opportuno che il curatore
fallimentare indichi, nella istanza di chiusura del fallimento, la presenza di somme depositate ex
art. 117, IV comma, l.fall. e di creditori che hanno già formulato la richiesta sì da coinvolgerli
nel contraddittorio. Da qui anche la opportunità di coinvolgere l’ex curatore nel contraddittorio,
ovvero prima di assumere la decisione della devoluzione delle somme allo Stato, onde avere la
conferma che non vi siano domande di ammissione o ricorsi volti alla assegnazione.
21
Nel silenzio della legge si pone il problema della impugnazione del provvedimento di
assegnazione. Secondo una prima dottrina sarebbe applicabile l’art. 26 l.fall, posto che il
reclamo costituisce un mezzo di impugnazione generale dei provvedimenti del giudice in
materia fallimentare. T uttavia contrasta con tale soluzione il rilievo che il reclamo ex art. 26
l.fall. è previsto avverso i provvedimenti del giudice delegato laddove, in questo caso, invece il
provvedimento da impugnare non sarebbe emesso dal giudice delegato essendo chiuso il
fallimento . Ne viene secondo altra dottrina la verosimile applicazione degli artt. 737 e ss cpc
con la precisazione che quindi – sia nell’una che nell’altra soluzione – non sarebbe possibile
l’immediato ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost, che resterebbe ammissibile avverso il
provvedimento che decide sul reclamo, essendo provvedimento di carattere decisorio che incide
sui diritti soggettivi ( Miele, cit. 938). Allo stesso modo potrebbe tuttavia prospettarsi la diretta
applicazione dell’art. 111 Cost avverso il provvedimento del giudice ove si ritenga che il
medesimo abbia valenza decisoria.
22
Secondo la dottrina il provvedimento è emanato nel rispetto del contraddittorio e omessa ogni
formalità ad esso non essenziale. Il contraddittorio – stando alla detta dottrina - deve essere
costituito tra il fallito, che nel frattempo potrebbe aver saldato il debito, ed il creditore a cui
favore fu disposto l’accantonamento; non parrebbe,invece, necessario che sia presente il
soggetto che, all’epoca del fallimento, aveva ricoperto la carica del curatore. L’istanza dovrà
essere notificata al depositario delle somme, al fine di evitare che questo, nel rispetto di quanto
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STUDI E OPINIONI
CREDITORI IRREP ERIBILI
Analogamente deve valere per i creditori irreperibili – stante il dato generale
espresso nella relazione – i quali – ove si presentino dopo la chiusura del fallimento23 e
nei cinque anni dal deposito – sono tenuti comunque a porre in essere ricorso al
Presidente del tribunale, vista la decadenza degli organi ex art. 120 l.fall..
Questi, designerà un giudice che – appurata la qualità del soggetto di creditore
“irreperibile insoddisfatto” secondo il modello procedimentale più consono alla
fattispecie concreta – disporrà il pagamento con mandato; questa volta facendo
applicazione delle risultanze del piano di riparto, visto che, il creditore irreperibile, deve
avere ciò che gli spetta da riparto cui aggiungere gli interessi che la somma ha maturato
in relazione al deposito sul conto.
Anche in questo caso è necessaria, difatti, una procedimentalizzazione – sebbene
larvata ed elementare – e la gestione della vicenda va rimessa a colui che è designato
dalla legge alla soluzione dei conflitti ed alla gestione delle somme depositate : il
giudice designato dal Presidente del tribunale
Giudice il quale interviene pure nella ipotesi di “assegnazione allo Stato” anche
in questo caso disegnando un procedimento di accertamento “del diritto” cucito sulla
fattispecie concreta.
previsto dal 4° co., versi le somme ancora depositate allo Stato ( Così, Miele, op. cit, 936;
Lupia, op.cit). Si ritiene in dottrina che il contraddittorio non vada esteso anche ai creditori che
non abbiano proposto istanza, in quanto la norma prevede che la distribuzione sia effettuata solo
a favore degli istanti; coloro che non hanno presentato domanda di distribuzione non hanno un
interesse alla partecipazione al procedimento, non potendo essere destinatari delle somme. La
ratio della norma va inoltre ricercata nella necessità di rendere più agevole e più celere la nuova
distribuzione. Il giudice, secondo gli assunti dell’autore, concede termine per le notifiche e
quindi potrà o fissare la data per l’udienza, oppure assegnare un termine per il deposito di note
scritte con un ulteriore termine per repliche e solo all’esito provvedere. (Miele, op. cit. . 936) .
Come detto sopra il procedimento non deve necessariamente essere predeterminato essendo
rimesso – in esito alla autonomia concessa dal legislatore – alla valutazione che il giudice faccia
del caso concreto, sicché ricorso e procedimento potrebbero essere opportunamente integrati e
stabiliti in ragione della sua decisione.
23
Ed invero, nulla osta che il creditore si presenti prima della chiusura de fallimento e dopo
l’apertura del conto. Sicché è, a maggior ragione, avvalorata la necessità di intestazione del
conto al fallimento
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA*
L’Autore esamina la disciplina della prelazione con riferimento alla società a
responsabilità limitata ed alla società per azioni, richiamando pronunce
giurisprudenziali e soffermandosi infine sul rapporto sussistente tra la prelazione
societaria ed il divieto di assistenza finanziaria di cui all’art. 2358 c.c.
di GIANLUCA MARZULLI
1. La prelazione nella società a responsabilità limitata
1.1.Introduzione
Recenti interventi normativi, a cominciare dalla riforma organica delle società di
capitali introdotta con il d.lgs. 6/2003, hanno sensibilmente modificato la disciplina
relativa al trasferimento di partecipazioni in società a responsabilità limitata, sia per
quanto concerne il regime delle eccezioni al principio di libera circolazione delle
partecipazioni dettato dall’art. 2469 c.c., sia per quanto attiene alle condizioni di
efficacia e di pubblicità del trasferimento ora contenute nell’art. 2470 c.c..
Il nuovo testo dell’art. 2469 c.c. costituisce, a sua volta, attuazione dei principi
contenuti nella legge delega 336/2001, la quale prescriveva, fra l’altro, di: a) “ampliare
l’autonomia statutaria con riferimento alla disciplina del contenuto e del trasferimento
della partecipazione sociale”; b) “prevedere, comunque, la nullità delle clausole di
intrasferibilità non collegate alla possibilità di esercizio del recesso”.
Per un verso, la nuova disciplina amplia la portata del principio contenuto nella
legge delega, attribuendo al socio un diritto di recesso ex lege non solo in presenza di
clausole che prevedano una intrasferibilità assoluta della partecipazione, ma anche di
clausole di mero gradimento.
Per altro verso, in presenza di una delle suddette clausole, l’esercizio del diritto
di recesso del socio dalla società a responsabilità limitata non può essere pattiziamente
procrastinato oltre i due anni dalla costituzione della società o dalla sottoscrizione della
partecipazione. Si tratta di una regola che, oltre a non essere prevista dalla legge delega,
risulta addirittura più restrittiva di quella posta dall’art. 2355 bis c.c. per la circolazione
* Consiglio Notarile di Novara, Vercelli e Casale Monferrato, Convegno sul tema «Le
prelazioni – Gli altri vincoli in materia immobiliare», Cereseto (AL), 22 febbraio 2013.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
37
RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
delle azioni, che può essere vietata per un periodo non superiore a cinque anni. La
conseguenza pratica - alquanto paradossale - di tale scelta è che nelle società per azioni
il divieto (assoluto) di trasferire la partecipazione può spiegare effetti per un termine
sensibilmente più lungo di quello consentito per la liquidazione della partecipazione di
un socio di una società a responsabilità limitata che, in presenza di analoga clausola
statutaria, intenda esercitare il diritto di recedere dalla società ai sensi dell’art. 2469 c.c..
L’intervento complessivo del legislatore ha dunque ristretto, piuttosto che
ampliato, i margini concessi all’autonomia privata in punto di disciplina del
trasferimento delle partecipazioni inter vivos nella società a responsabilità limitata. Un
risultato che appare scarsamente coerente sia con i principi contenuti nella legge delega,
sia con l’intento di consentire ai privati di “personalizzare” questo modello societario
differenziandolo dalle società a base azionaria.
Pare possibile affermare che, per effetto dei richiamati interventi normativi, al
socio di una società a responsabilità limitata, pur in presenza di clausole che vietano
tout court il trasferimento della partecipazione, deve essere comunque riconosciuto il
diritto di liberarsi dal vincolo pattizio esercitando (e negoziando con gli altri soci) il
recesso dalla società. Insomma, per utilizzare le parole di un autorevole studioso
(Spada), “la porta della s.r.l. potrebbe essere (più o meno) chiusa, ma mai
definitivamente sbarrata”.
1.2 La libera trasferibilità della partecipazione
La nuova formulazione dell’art. 2469, primo comma, c.c. prevede che: “Le
partecipazioni sono liberamente trasferibili per atto tra vivi e per successione a causa
di morte, salvo contraria disposizione dell’atto costitutivo”.
La parola “trasferibili” è stata sostituita alla precedente “trasmissibili” dal d.lgs.
n. 37/2004.
L’aggiunta dell’avverbio “liberamente” accanto all’aggettivo “trasferibili” non è
priva di significato. Sul piano sistematico essa ha la funzione, secondo alcuni, di
enfatizzare il principio della naturale destinazione della partecipazione di una società a
responsabilità limitata alla circolazione e di rimarcare il carattere eccezionale delle
limitazioni statutarie consentite dal secondo comma dell’articolo in esame; secondo
altri, di fornire un giuridico riconoscimento agli opposti interessi che nella specie si
fronteggiano: da un lato la libertà del socio di decidere tempi e modalità del proprio
investimento, dall’altro la volontà dei soci di riservarsi un controllo sulla composizione
della compagine sociale.
La libera trasferibilità della partecipazione per atto tra vivi può essere limitata
attraverso una contraria disposizione dell’atto costitutivo. Tale possibilità deve essere,
come già sottolineato, letta e valutata in combinato disposto con la disciplina introdotta
dalla novella nel secondo comma dell’art. 2469 c.c..
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
38
RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
Ne risulta un sistema che, pur confermando la possibilità di limitare la
circolazione delle partecipazioni di una società a responsabilità limitata fino al punto di
escluderla integralmente, esprime un chiaro sfavore nei confronti di clausole
eccessivamente penalizzanti che rendano di fatto il socio “prigioniero della società”. La
contrarietà del legislatore nei confronti di tali clausole non si manifesta comminando nei
loro confronti la sanzione della nullità, bensì riconoscendo al socio un diritto ex lege di
recedere dalla società.
Il principale compito che la norma in esame affida all’interprete consiste
nell’isolare, all’interno del variegato insieme di clausole statutarie che possono limitare
la circolazione delle partecipazioni per atto tra vivi, quelle che determinano in capo al
socio l’attribuzione ex lege del diritto di recesso. A questo fine, il legislatore delegato ha
individuato due tipologie di clausole:
a) quelle che prevedono l’intrasferibilità delle partecipazioni, nella prassi note
anche come clausole di lock-up;
b) quelle che subordinano il trasferimento delle partecipazioni al gradimento di
organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti e che vengono
denominate clausole di mero gradimento.
Non dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 2469, secondo
comma, c.c., e dunque attribuire al socio il diritto di recedere dalla società: le clausole di
non mero gradimento; le clausole statutarie che, pur avendo come oggetto o come
effetto quello di limitare la libera trasferibilità della partecipazione, non espongono il
socio al rischio di rimanere sine die prigioniero del vincolo sociale contro la sua
volontà; le clausole di prelazione, che impongono al socio che intenda vendere la
partecipazione a terzi di offrire e di preferire, a parità di condizioni, gli altri soci.
1.3 Le clausole di prelazione
1.3.1 Le clausole di prelazione svolgono la funzione di mantenere omogenea la
compagine dei soci. Tale funzione è stata messa in luce dalla giurisprudenza di
legittimità, nonché di merito:
“La clausola di prelazione prevista dallo statuto di una s.r.l. è dettata
nell’interesse dei soci che intendono garantirsi contro il rischio di mutamento della
compagine sociale” (Cass. civ., 2 maggio 2007, n. 10121, in Mass. Giur. it., 2007);
(…) Da tempo non è più in discussione la legittimità e opportunità delle
clausole societarie sulla prelazione, le quali costituiscono un giusto ed equilibrato
contemperamento tra le esigenze di chi voglia uscire dalla società, conseguendo il
proporzionato valore di mercato delle proprie quote, e chi voglia evitare
l’indiscriminato ed incontrollato ingresso in società di persone ostili o anche solo non
gradite” (Trib. Salerno, 13 ottobre 2008, inedita);
“(…) La clausola di prelazione risponde non solo all’interesse dei soci che
hanno stabilito l’inserimento della stessa nell’atto costitutivo, ma anche quello (del
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
39
RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
tutto analogo) della società a mantenere tendenzialmente omogenea la compagine
societaria, evitando l’ingresso di terzi estranei che potrebbero alterare un equilibrio
formatosi ed evidentemente ritenuto ottimale per il miglior conseguimento dell’oggetto
sociale” (Trib. M ilano, 22 giugno 2001, in Giur. it., 2002, 1898).
In caso di trasferimento della quota a titolo gratuito la clausola di prelazione
opera solamente quando ciò sia espressamente stabilito nello statuto. Sul punto, la Corte
di Cassazione ha stabilito quanto segue:
“(…) La clausola dell'atto costitutivo di una società a responsabilità limitata, la
quale contempli il diritto di prelazione degli altri soci in caso di trasferimenti di quote
sociali per atti tra vivi, è concettualmente riferibile ai soli trasferimenti onerosi, mentre
una sua estensione a quelli a titolo gratuito sarebbe ammissibile solo in presenza di
un'espressa previsione in tal senso; ciò in quanto la libera trasferibilità delle quote di
srl è da vedersi come regola, mentre un divieto di disposizione a titolo gratuito, in cui si
risolverebbe sostanzialmente l'estensione della prelazione ai trasferimenti di quel tipo,
è da ritenersi eccezione, certamente consentita, ma a condizione di una pattuizione
esplicita” (Cass. civ., 12 gennaio 1989, n. 93, in Giur. it., 1989, I, 1, 1340).
La prelazione non ha luogo in caso di conferimento della partecipazione in altra
società, né opera in caso di retrocessione di partecipazioni oggetto di intestazione
fiduciaria. Tale principio è stato evidenziato dalla giurisprudenza:
“(…) Il diritto di prelazione, ancorché previsto dallo statuto a favore dei soci in
occasione delle alienazioni delle partecipazioni sociali, non può essere esercitato nelle
ipotesi in cui il trasferimento avvenga a favore del fiduciario dell'alienante” (Cass. civ.,
25 febbraio 2007, n. 10121, in Società, 2008, 7, 855);
“(…) La prelazione spettante ai soci di una società a responsabilità limitata per
l'acquisto delle partecipazioni sociali non può operare in caso di trasferimento della
quota a titolo di conferimento in una diversa società” (App. Cagliari, 26 marzo 1993, in
Riv. Giur. Sarda, 1994, 570).
Essendo dirette, come già sottolineato, ad assicurare l’omogeneità della
compagine societaria, tali clausole soddisfano un interesse sociale e, allo stesso modo di
altre pattuizioni che ne limitano la circolazione, sono idonee a incidere sulla
trasferibilità della partecipazione anche in sede di espropriazione forzata, trovando
applicazione il meccanismo previsto dall’art. 2471, terzo e quarto comma, c.c..
1.3.2 Una particolare categoria di clausole di prelazione è quella costituita dalle
clausole dette “impure” o “improprie”; sono definite tali quelle clausole che prevedono
che il corrispettivo spettante al socio che effettua la denuntiatio non sia pari a quello
offerto dal terzo, ma venga sottoposto a forme di revisione e/o determinazione statutaria
o esterna.
La giurisprudenza di merito ha ribadito recentemente la legittimità della clausola
di prelazione impropria:
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
“È valida quella clausola statutaria che, facendo dipendere il prezzo di cessione
delle quote anche da parametri oggettivi quali il valore di mercato delle partecipazioni,
configuri una c.d. prelazione impropria a favore dei soci poiché sorretta da una causa
meritevole di tutela, da rinvenirsi nella protezione dei soci prelazionari da possibili
manovre fraudolente” (Trib. Busto Arsizio, 9 marzo 2012, in Società, 2012, 5, 580);
“A seguito della riforma del diritto societario di cui al d. lgs. 17 gennaio 2003,
n. 6, deve essere ribadita la generale liceità della clausola statutaria di c.d. prelazione
impropria, soprattutto laddove la rimessione della determinazione del prezzo della
cessione ad un collegio di arbitratori sia funzionale al superamento del conflitto di
interessi in capo ai soci cedenti nella loro contemporanea qualità di componenti
dell’organo amministrativo della cessionaria” (Trib. Verona, 4 ottobre 2010, in Società,
2011, 4, 386).
1.4 La violazione della clausola di prelazione
Trattandosi di clausole inserite nell’atto costitutivo della società, non par dubbio
che esse, a differenza di quelle contenute in accordi o patti parasociali, siano dotate di
efficacia reale. Ne consegue che:
a) il contenuto di tali clausole è senz’altro opponibile al terzo acquirente, anche
se in buona fede;
b) il trasferimento della quota convenuto in violazione di dette clausole è
inefficace nei confronti della società, la quale potrà e dovrà rifiutarsi di trattare
l’acquirente come socio.
Questione almeno in parte diversa è se la loro violazione si rifletta anche sul
contratto di trasferimento della partecipazione, determinandone la invalidità o
l’inefficacia assoluta.
La soluzione affermativa, sostenuta dalla giurisprudenza prevalente, è stata
confermata da alcune pronunce di legittimità, le quali affermano la nullità del contratto
di trasferimento stipulato in violazione di una clausola statutaria che limiti la
circolazione della partecipazione.
Tale impostazione è stata tuttavia sottoposta a critiche da quella parte della
dottrina che sottolinea come la sanzione della nullità, oltre a non trovare fondamento
nelle regole generali sulla invalidità dei contratti, non risponda ad alcun apprezzabile
interesse pubblico. Sembra dunque da preferire la tesi che sostiene l’inefficacia relativa
del trasferimento realizzato in violazione della clausola statutaria che limiti o escluda la
circolazione della partecipazione. L’effetto della dichiarazione di inefficacia è quello di
ricostituire la situazione precedente alla cessione inefficace e di consentire, pertanto, al
socio pretermesso, di esercitare il diritto di prelazione che gli è riservato.
Si riportano alcune pronunce giurisprudenziali in ordine alla violazione della
clausola statutaria che prevede il diritto di prelazione del socio:
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
“La cessione di quote avvenuta in violazione della clausola statutaria che
preveda il diritto di prelazione del socio di una società a responsabilità limitata non è
affetta da nullità, bensì da inefficacia relativa, di talché l’atto di cessione non è
opponibile alla società” (Trib. Busto Arsizio, 9 marzo 2012, in Corriere del Merito,
2012, 6, 561);
“(…) pur riconoscendosi l’efficacia reale della clausola statutaria di prelazione
in favore dei soci per il caso di cessione di quote sociali, dall’accertata violazione del
diritto di prelazione di quote societarie consegue l’inefficacia dell’atto di trasferimento
della quota” (Trib. Nocera Inferiore, 5 ottobre 2011, inedita);
“La cessione di quote di s.r.l. in violazione della clausola di prelazione
contenuta nello statuto sociale ne comporta l’inefficacia nei confronti della società con
conseguente carenza di legittimazione dell’acquirente a consultare i libri sociali (…)”;
“La società in quanto tale è comunque legittimata, indipendentemente dal
promovimento di iniziative giudiziarie volte ad accertare l’inefficacia della cessione nei
propri confronti, ad opporre tale inefficacia all’acquirente che abbia acquistato in
violazione di clausola di prelazione statutaria” (Trib. M ilano, 28 giugno 2011, in Giur.
it., 2012, 7, 1611);
“(…) Nella prelazione societaria inserita nello statuto della società convivono
due anime: una ha efficacia meramente obbligatoria, relativamente al diritto dei soci di
essere preferiti agli estranei alla compagine, in caso di dismissione della
partecipazione sociale; l’altra, avente efficacia reale, ha natura tipicamente sociale,
essendo destinata a regolamentare le modalità d’ingresso e di funzionamento dell’ente
ed è opponibile anche ai terzi estranei al contratto sociale. Ne consegue che la
violazione del vincolo a non cedere la partecipazione, senza il rispetto del vincolo
prelatizio, non determina nullità del relativo atto di trasferimento, ma la sua
inopponibilità all’ente, la quale però è soggetta a rinunzia, se l’ente stesso dimostra in
modo non equivoco, di non volere far valere l’inopponibilità nei suoi confronti
dell’avvenuta cessione” (Trib. Catania, 20 novembre 2002, in Le società, 2003, 4, 597).
Un’indiretta conferma della persistente autonomia tra il profilo negoziale ed il
profilo organizzativo della circolazione delle partecipazioni può cogliersi nella
disciplina concernente l’efficacia e pubblicità del trasferimento recentemente introdotta
nell’art. 2470 c.c. dalla legge n. 2/2009, che ha soppresso il libro soci sostituendolo con
l’obbligo d’iscrizione nel registro delle imprese. Dispone al riguardo il primo comma
della citata norma che il trasferimento delle partecipazioni “ha effetto di fronte alla
società” dal momento del deposito dell’atto presso il registro delle imprese.
Escluso, per un verso, che il controllo circa il rispetto di eventuali clausole
limitative della circolazione possa competere all’Ufficio, per altro verso, che la società,
una volta effettuato il deposito dell’atto, non possa più eccepire il difetto della qualità di
socio nei confronti del terzo che abbia acquistato la partecipazione in violazione di una
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
clausola di intrasferibilità o in mancanza del necessario gradimento, si deve concludere
nel senso che l’acquirente, sebbene regolarmente iscritto nel registro delle imprese, non
possa considerarsi ancora pienamente legittimato ad esercitare i diritti di socio nei
confronti della società fino a che quest’ultima non abbia verificato il rispetto delle
clausole concernenti il trasferimento della partecipazione.
1.5 La denuntiatio
La denuntiatio deve contenere, ai fini della sua validità ed efficacia, tutte le
condizioni alle quali si intende concludere il contratto, non essendo sufficiente che
l’alienante manifesti la mera intenzione di vendere la propria partecipazione.
Deve pertanto essere indicata l’esatta determinazione del prezzo e tutti gli
elementi dell’offerta pervenuta, compresa l’indicazione del nome del terzo offerente,
trattandosi di tutelare, in relazione al riscontro di una volontà delle parti che assegni
rilevanza all’intuitus personae, non solo uno specifico interesse a conservare una
particolare omogeneità della compagine sociale, ma anche l’esigenza di permettere una
valutazione circa l’opportunità di esercitare o meno la prelazione alla luce della serietà e
congruità dell’offerta, che possono dipendere dalla persona dell’offerente. La
giurisprudenza di merito, anche recentemente, si è espressa in ordine alla natura ed al
contenuto della denuntiatio:
“(…) l’accettazione fatta dal socio prelazionario, a seguito della proposta –
denuntiatio non scindibile proveniente dagli altri soci, non è sufficiente a realizzare
l’incontro tra proposta e accettazione qualora il primo avesse voluto acquistare la
partecipazione sociale in modo non conforme a quella indicata. Il patto di prelazione
non può essere assimilato ad un contratto preliminare, ma costituisce solo un invito ad
offrire così che, a fronte dell’adesione del prelazionario, il contratto non si conclude
automaticamente, ma solo in un secondo momento, quando promittente e prelazionario
lo perfezioneranno. Ne consegue che, a fronte della manifestazione di volontà del
prelazionario che dichiari di voler stipulare solo in parte alle condizioni indicate nella
denuntiatio, e a seguito del rifiuto del promittente, non è azionabile il rimedio di cui
all’art. 2932 c.c.” (Trib. Gallarate, 9 marzo 2012, in Corriere Giur., 2012, 6, 787);
“(…) Per consentire al prelazionario l'esercizio del proprio diritto il venditore
deve comunicargli una offerta completa di tutti gli elementi, determinati o
determinabili. Ne consegue che non costituisce una valida offerta in prelazione la
proposta di vendere una quota sociale in base «al suo valore, maggiorato delle
operazioni in corso», in quanto non consente al prelazionario l'esatta individuazione
del prezzo” (Trib. Avellino, 13 ottobre 2005, in Contratti, 2006, 1, 84);
“(…) La denuntiatio effettuata dall'offerente al socio, titolare di un diritto di
prelazione, deve contenere per la sua validità ed efficacia tutte le condizioni alle quali
il contratto potrebbe essere concluso dagli altri soci, non essendo sufficiente che
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
l'alienante manifesti la pura e semplice intenzione di vendere la propria
partecipazione” (App. M ilano, 8 aprile 2003, in Società, 2004, 868).
2. La prelazione nella società per azioni
2.1 Introduzione
La disciplina dei limiti alla circolazione delle azioni è contenuta nell’art. 2355
bis c.c., disposizione che prevede rilevanti novità rispetto alla disciplina previgente, e
sancisce il principio della libera trasferibilità delle partecipazioni azionarie, nonostante
tale principio abbia subito un ridimensionamento del quale è opportuno dar conto.
Tale ridimensionamento è apprezzabile, non tanto alla luce della possibilità di
introdurre un divieto temporaneo alla circolazione delle azioni (v. art. 2355 bis, primo
comma, c.c., che prevede la possibilità di stabilire statutariamente un divieto assoluto di
trasferimento delle azioni per un periodo non superiore a cinque anni dalla costituzione
della società o dall’introduzione della clausola statutaria che lo prevede), ma anche e
soprattutto alla luce della disciplina dell’unico divieto senza limiti di tempo alla
circolazione delle azioni: la disciplina delle condizioni di efficacia delle clausole di
mero gradimento.
Infatti, se è vero che il nuovo art. 2355 bis c.c. consente l’adozione delle
clausole di mero gradimento senza limiti di tempo, è altrettanto vero che impone, a pena
di efficacia, il contestuale obbligo di prevedere meccanismi che garantiscano il diritto di
exit del socio che intenda alienare le proprie azioni; deve essere infatti previsto un
obbligo di acquisto a carico della società o degli altri soci ovvero il diritto di recesso
dell’alienante, al quale, in entrambi i casi, deve essere corrisposto un valore calcolato a
norma dell’art. 2437 ter c.c.. Il ricorso a tale criterio di valutazione nel caso di limiti alla
circolazione delle azioni si spiega proprio con l’esigenza di garantire ad ogni socio la
libertà di uscire dalla società in ogni momento e contestualmente corrispondergli il
valore che avrebbe ottenuto attraverso la vendita sul mercato.
L’innovativa disposizione di cui all’art. 2355 bis c.c. stabilisce schematicamente
quanto segue:
a) ribadisce la possibilità per lo statuto di sottoporre a particolari condizioni il
trasferimento delle azioni;
b) riconosce la liceità di un divieto assoluto di alienazione delle azioni, purché di
durata non superiore a cinque anni dal momento della costituzione o dal momento in cui
viene introdotto il divieto;
c) impone che le clausole che subordinano il trasferimento delle azioni al mero
gradimento di organi sociali o di altri soci prevedano, a carico della società o degli alti
soci, un obbligo di acquisto oppure il diritto di recesso dell’alienante, a pena
dell’inefficacia della clausola stessa;
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
d) richiede i medesimi correttivi sopra indicati (obbligo di acquisto o diritto di
recesso) ai fini dell’efficacia di tutte le clausole che sottopongono a particolari
condizioni il trasferimento a causa di morte, salvo che sia previsto il gradimento e
questo sia concesso agli eredi o ai legatari.
Il quadro è infine completato dall’ultimo comma della norma in esame, che
impone agli amministratori l’obbligo di indicare sui titoli le limitazioni al trasferimento
delle azioni e dal riconoscimento del diritto di recesso a favore dei soci che non abbiano
concorso all’approvazione di deliberazioni aventi per oggetto l’introduzione o la
rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
Riconosciuto nella libera trasferibilità delle azioni il principio generale che
governa la circolazione delle partecipazioni azionarie, i limiti ad essa possono avere
diversa natura.
Accanto ai limiti alla circolazione delle azioni di natura legale - quale, ad
esempio, il divieto di circolazione delle azioni a fronte di conferimenti in natura prima
che sia stato compiuto il controllo delle valutazioni ex art. 2343 c.c. - i soci possono
prevedere limiti alla circolazione delle azioni, con efficacia erga omnes ovvero
obbligatoria, a seconda che siano stati inseriti o meno nello statuto.
2.2 Limiti alla circolazione delle azioni di natura statutaria
La novella del 2003 attribuisce la competenza per l’introduzione (e la rimozione)
di limiti alla circolazione delle azioni alla maggioranza assembleare, superando così
l’orientamento che ne imponeva l’adozione all’unanimità. O ggi la competenza della
maggioranza si desume dall’art. 2437, secondo comma, lett. b), c.c., che attribuisce il
diritto di recesso nel caso di “introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione di
titoli azionari”.
Per quanto attiene ai tipi di clausole che condizionano il trasferimento delle
azioni, è oggi possibile distinguere tra divieto di circolazione in senso formale,
assoggettato al limite temporale di cinque anni di cui al primo comma dell’art. 2355 bis
c.c.; clausole di mero gradimento (o divieto di circolazione in senso sostanziale);
clausole che condizionano ogni ipotesi di trasferimento - non quindi di semplice
alienazione - delle azioni. Tra queste ultime le più diffuse sono senz’altro le clausole di
gradimento e quelle di prelazione.
2.3 Le clausole di prelazione
2.3.1 Si tratta di clausole che, nei trasferimenti a titolo oneroso, attribuiscono ai
soci il diritto di acquistare le azioni dal socio che intenda alienare, in tutto o in parte, le
proprie partecipazioni; in forza di tali clausole, quest’ultimo è tenuto ad effettuare la
denuntiatio, cioè, come già evidenziato per la società a responsabilità limitata, a
comunicare agli altri soci (non la semplice intenzione di vendere, ma) tutte le condizioni
alle quali il contratto potrebbe essere concluso dagli altri soci.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
Secondo il Tribunale di M ilano, la clausola statutaria di prelazione a favore dei
soci “(…) partecipa alla natura di ogni altra regola sulla quale si fonda l’assetto
societario, sicché la modificazione o la soppressione di essa, che quindi si riflettono
sull’atto costitutivo e lo statuto, rientra nelle attribuzioni dell’assemblea straordinaria.
Le posizioni giuridiche soggettive discendenti dalla clausola in capo ai soci sono
strumentali al funzionamento della società, proprio l’interesse sociale legittima il
sacrificio eventuale dei diritti dei soci nascenti dalla clausola di prelazione. Quindi la
maggioranza ben può sopprimere la clausola di prelazione, ma sempre agendo entro
l’orizzonte della funzionalità sociale” (Trib. M ilano, 10 marzo 2006, in Società, 2007,
2, 165).
Con riguardo alle condizioni per l’esercizio della prelazione, nell’ipotesi di
cessione di quote societarie l’esercizio del diritto di prelazione previsto nello statuto
presuppone la qualità di socio non solo originaria, ma anche attuale trattandosi di un
diritto proprio di tale soggetto la cui qualità deve permanere almeno fino al momento
della decisione (v., in argomento, App. M ilano, 8 aprile 2003, in Società, 2004, 868).
In riferimento al contenuto della clausola di prelazione, è possibile che venga
espressamente previsto un diritto di riscatto dei soci prelazionari - ove non previsto,
negato dalla giurisprudenza prevalente - ovvero l’adozione della cosiddetta prelazione
impropria.
2.3.2 La prelazione impropria – in cui, come già sottolineato, la determinazione
del prezzo per l’esercizio della prelazione è slegata dall’offerta del terzo acquirente ed
attribuita ad un arbitratore – è ritenuta legittima se indicato “un conveniente limite di
tempo entro il quale debba pronunciarsi l’organo collegiale e purché la limitazione del
potere di alienare risponda ad un apprezzabile interesse di una delle parti” (Trib. Alba,
14 gennaio 1998, in Società, 1998, 1055).
In tema di prelazione impropria ed annullabilità della delibera che la introduca, il
Tribunale di Vicenza ha ritenuto annullabile, in quanto viziata da eccesso di potere, la
deliberazione adottata nell’ambito dell’adeguamento dello statuto alla riforma del diritto
societario ex d. lgs. n. 6/2003 che, modificando lo statuto sociale, al solo scopo di
pregiudicare la posizione dei soci di minoranza a tutto vantaggio di quelli di
maggioranza, introduca una clausola di prelazione impropria, limitativa della libertà di
cessione a terzi delle azioni da parte dei soci di minoranza, con contemporanea
esclusione del diritto di recesso accordato al socio dissenziente dall’art. 2437, secondo
comma, lett. b), c.c. (v. Trib. Vicenza, 31 ottobre 2005, in Giur. comm., 2007, II, 390).
Nel caso di espressa previsione del riscatto e nel caso di prelazione impropria, il
prezzo di riferimento deve essere individuato utilizzando i parametri dell’art. 2437 ter
c.c. o, quanto meno, nel caso di prelazione impropria, non può essere inferiore al minor
prezzo tra quello offerto dal terzo e quello calcolato secondo i criteri dell’art. 2437 ter
c.c..
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
2.4 La violazione della clausola di prelazione
2.4.1 Con riguardo alla violazione della prelazione, nel caso in cui nella clausola
non sia previsto alcun rimedio e non sia quindi possibile che i soci prelazionari
pretermessi esercitino il diritto di riscatto, la soluzione preferibile è quella che si è detta
comune a tutte le clausole che assoggettano a particolari condizioni la circolazione delle
azioni: da un lato, la validità e l’efficacia del trasferimento inter partes, in ragione, tra
l’altro, dell’inidoneità dell’atto costitutivo ad incidere sulla validità di atti stipulati tra
terzi; dall’altro lato, l’inopponibilità del trasferimento alla società, i cui amministratori
non potranno (non dovranno) iscrivere l’acquirente nel libro dei soci e ciò in ragione
della portata organizzativa che deve essere riconosciuta alla clausola di prelazione.
Sul punto, tuttavia, la giurisprudenza è ondivaga: si registrano infatti decisioni
che dichiarano l’inefficacia assoluta del trasferimento in violazione della prelazione
(Trib. Roma, 8 luglio 2005), la nullità del trasferimento (App. Roma, 26 giugno 1989,
in Rass. arbitrato, 1990, 202) e, come appare preferibile, la sua inefficacia nei confronti
della società (Trib. Catania, 20 novembre 2002, in Società, 2003, 597; da ultimo, Cass.
civ., 23 luglio 2012, n. 12797, in CED Cassazione, 2012, secondo cui: “Il patto di
prelazione inserito nello statuto di una società di capitali ed avente ad oggetto
l’acquisto delle azioni sociali, poiché è preordinato a garantire un particolare assetto
proprietario, ha efficacia reale, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo
acquirente”).
Pare possibile affermare che alla violazione della clausola di prelazione
conseguono effetti differenti a seconda dell’interesse preso in considerazione e tutelato:
ove ad agire sia la società, in nome della efficacia reale della clausola, la sanzione
applicabile sarà quella della inefficacia relativa del trasferimento, inopponibile all’ente,
ma valido inter partes; ove ad agire siano i soci, guardando al contenuto meramente
obbligatorio della clausola, essi devono invece ritenersi interessati esclusivamente alle
conseguenze di natura risarcitoria, ferma restando, comunque, la validità inter partes
della cessione. La giurisprudenza sul punto ha chiarito quanto segue:
“Dal momento che la cessione di quote sociali, attuata in violazione della
clausola di prelazione, contenuta nello statuto in favore dei soci di una società di
capitali, non è affetta da nullità bensì da inefficacia, ne deriva che tale negozio non può
essere opposto alla società e non costituisce titolo idoneo a dare al terzo cessionario la
legittimazione a richiedere l’iscrizione al libro dei soci” (Trib. M ilano, 9 novembre
2005, in Corriere del Merito, 2006, 3, 299);
“Dichiarato inefficace rispetto alla società il trasferimento a titolo oneroso delle
azioni avvenuto senza il rispetto della clausola statutaria di prelazione, il cedente
rimane legittimato all’esercizio dei diritti sociali inerenti le azioni in forza
dell’iscrizione nel libro soci” (Trib. Napoli, 7 aprile 2005, in Foro it., 2005, 1, 2583).
La formulazione puntuale delle clausole di prelazione consente di prevenire una
serie di inconvenienti interpretativi e il contenzioso che ne deriva. Tuttavia, sono
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
frequenti i casi in cui le clausole di prelazione debbano invece essere interpretate ex post
al fine di accertare se un determinato trasferimento possa rientrare nell’ambito di
applicazione della clausola.
2.4.2 Con riguardo agli effetti della clausola di prelazione, anche quando
espressamente prevista per i soli trasferimenti a titolo oneroso, si è posta la questione
dell’applicabilità anche ai trasferimenti a titolo gratuito.
L’applicabilità della clausola di prelazione anche ai trasferimenti a titolo gratuito
è generalmente negata dalla giurisprudenza (Cass. civ., 12 gennaio 1989, n. 93, in Corr.
giur., 1989, 293; Trib. M ilano, 29 maggio 2003, in Foro pad., 2003, I, 377), ma
affermata dalla dottrina prevalente (Di Febo, Campobasso, Angelici, Revigliono).
In proposito si deve osservare come la ratio di impedire l’ingresso in società di
soci non graditi, realizzata attraverso le clausole di prelazione, non possa essere aggirata
e quindi mortificata da trasferimenti a titolo gratuito. Infatti, nei trasferimenti a titolo
gratuito, l’assenza di un prezzo per l’esercizio della prelazione non costituisce un
ostacolo insormontabile all’operatività della clausola in riferimento ad atti di liberalità.
Sul punto è stato osservato che “fermo restando l’onere del socio che intende
donare la propria quota di comunicare tale intenzione agli altri soci ed il potere della
società di rifiutare l’iscrizione nel libro dei soci del terzo donatario in assenza di
offerta preventiva ai soci beneficiari della prelazione, è da escludersi che la prelazione
possa essere esercitata gratuitamente (…). È da ritenersi, per contro, che poiché un
prezzo di cessione è coessenziale alla prelazione societaria, anche quando il progettato
trasferimento è a titolo di donazione il diritto potestativo degli altri soci è e resta pur
sempre quello di acquistare la partecipazione a titolo oneroso. In sintesi, i soci
beneficiari della cessione possono certamente impedire la cessione gratuita a terzi delle
quote sociali, ma per realizzare tale risultato devono offrire di rendersi acquirenti a
titolo oneroso delle quote del socio che ha comunicato l’intenzione di donarle ad un
terzo” (Campobasso, Prelazione societaria e trasferimento a titolo gratuito di quote di
s.r.l., in Giur. comm., 1998, I, 17).
2.5 Trasferimenti mortis causa, efficacia della prelazione a fronte di una
permuta azionaria e trasferimento di azioni causa fiduciae
Alla stregua della nuova formulazione dell’art. 2355 bis c.c., si deve, invece,
escludere che la clausola di prelazione operi anche in riferimento ai trasferimenti mortis
causa, a meno che la clausola non fissi dei correttivi idonei ad attribuire agli eredi che
non otterranno l’iscrizione nel libro dei soci il valore delle azioni secondo i criteri
dell’art. 2437 ter c.c..
Problematico appare, inoltre, ammettere l’efficacia della prelazione a fronte di
una permuta azionaria ovvero di un conferimento in natura di azioni: in tali ipotesi,
infatti, l’infungibilità della prestazione, secondo la giurisprudenza prevalente (Cass.
civ., 25 luglio 2008, n. 20462, in Giur. it., 2009, 93), ne impedisce l’esercizio.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
Secondo la citata pronuncia giurisprudenziale, “l’infungibilità del corrispettivo
dell’alienazione di titoli azionari, quale si realizza allorché questo consista, anziché nel
pagamento del prezzo in denaro, nella permuta delle azioni trasferite con azioni di altra
società, è di per sé ostativo dell’esercizio del diritto di prelazione pattuito tra i soci per
il caso di loro vendita, né può essere surrogato dall’erogazione di un tantundem
monetario; ciò comporta che si renda necessario un accertamento se, nella singola
fattispecie, il prelazionario abbia o no l’effettiva possibilità di trasferire beni (azioni,
nella specie) dello stesso tipo e per il medesimo valore”. Tale pronuncia ha temperato
parzialmente l’orientamento restrittivo della giurisprudenza precedente, consentendo,
anche a fronte di una permuta, di garantire, ove possibile in base al caso concreto, il
diritto di prelazione dei soci.
Tuttavia è stato obiettato (Cottino) che, se è vero che questa soluzione
probabilmente soddisfa esigenze equitative, come quella di evitare che con la permuta si
eludano gli obblighi nascenti dal patto, è altrettanto vero che essa si presta a critiche,
tanto sul piano della disparità di trattamento -– che si determinerebbe tra chi sia in grado
e chi no di procurarsi un bene in tutto o per tutto equipollente, laddove il succo della
prelazione sta in ciò che essendo il denaro bene fungibile qualsiasi beneficiario lo
possegga o se lo procuri potrà esercitarla - quanto sul piano meramente pratico, per il
“presumibile accentuarsi, sino a ridursi a zero, delle chances di reperimento, allorché
quella da scambiarsi in permuta siano azioni di una società non quotata e quindi di
ardua acquisibilità quando non ermeticamente blindate, e alle quali sarebbe
ovviamente arbitrario assimilare titoli di altre società, di cui il promittente della
prelazione, optando per una determinata permuta, non ha mai evidentemente avuto
l’intenzione di diventare titolare”.
Il diritto di prelazione è stato ritenuto inapplicabile, altresì al trasferimento di
azioni causa fiduciae – in ragione della mancanza di un mutamento sostanziale della
compagine sociale, alla stregue degli obblighi che gravano sul fiduciario – ed alla
concessione di pegno su azioni, ferma, in tal caso, l’applicabilità della prelazione in
sede di vendita delle azioni di garanzia (v, in argomento, Cass. civ., 12 giugno 2001, n.
7879, in Società, 2001).
Controversa è invece la soluzione relativa all’applicabilità della prelazione in
caso di concessione di usufrutto su azioni; infatti, se è vero che il socio resta nudo
proprietario delle partecipazioni – il che indurrebbe ad escludere tout court
l’applicabilità della prelazione – è altrettanto vero che i titolari del diritto di prelazione
potrebbero avere interesse ad acquisire le azioni in usufrutto e, pertanto, ove tale
volontà sia inequivocabilmente riconducibile alla clausola, appare preferibile, secondo
un’interpretazione più garantistica dei diritti consacrati nello statuto, ammetterne la
piena efficacia.
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RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
2.6 Contenuto della denuntiatio
Con riferimento all’obbligo di indicare anche l’identità dell’aspirante acquirente,
la giurisprudenza ritiene che la relativa valutazione debba essere compiuta in concreto,
dovendosi “verificare se ed in qual misura detta indicazione sia necessaria al fine di
dare concretezza e serietà alla denuntiatio, sicché la comunicazione del promittente
integri una completa proposta contrattuale e l’esercizio della prelazione si sostanzi
nell’accettazione di tale proposta” (Cass. civ., 12 giugno 2001, n. 7879; v., altresì,
Cass. civ., 12 marzo 1981, n. 1407, in Giust. civ., 1981, I, 2046; Trib. Roma, 8 luglio
2005, in Riv. not., 2006, 541).
Non integra gli estremi della denuntiatio l’offerta cumulativa effettuata, ai fini
della vendita congiunta di azioni ad un terzo, da parte di due o più soci: “in tema di
vendita di azioni di una società, qualora il diritto di prelazione riconosciuto ai singoli
soci da apposita clausola statutaria riguardi ogni singolo contratto avente ad oggetto le
azioni di ciascun socio, non è consentita la vendita in modo congiunto e per un prezzo
globale delle azioni appartenenti a più soci, non operando, in tal caso, la regola della
cosiddetta inscindibilità della prelazione” (Cass. civ., 29 agosto 1998, n. 8645, in Rep.
Foro it., 1998). Infatti, detta clausola statutaria, al pari di qualsiasi altra pattuizione
riguardante posizioni soggettive individuali dei soci che venga iscritta nello statuto della
società, ha efficacia reale, sicché i suoi effetti sono opponibili anche al terzo acquirente,
e pertanto il patto “parasociale”, col quale alcuni soci si accordino per vendere
congiuntamente le azioni di loro proprietà per un prezzo globale, intervenuto
successivamente alla stipulazione della clausola di prelazione, non potrebbe legittimare
la violazione del diritto di prelazione riconosciuto dalla stessa clausola ai soci che non
abbiano aderito a detto patto parasociale.
Inoltre, “in assenza di un espressa disposizione contenuta nella clausola di
prelazione dello statuto sociale, la quale consenta ai soci che hanno rinvenuto un terzo
interessato all’acquisto in blocco delle azioni di rispettiva spettanza di offrire
congiuntamente i titoli in vendita ai titolari del diritto di prelazione, l’offerta
cumulativa delle azioni, ancorché valida ed efficace come proposta, non integra gli
estremi di una regolare denuntiatio, poiché rende eccessivamente gravoso l’esercizio
del diritto dei prelazionari; ne consegue che l’offerta di vendita con un simile contenuto
non consente ai soci di procedere all’alienazione senza violare la clausola di
prelazione” (App. Bologna, 18 aprile 1996, in Giur. comm., 1997, II, 707).
Per quanto attiene infine ai destinatari della denuntiatio, la giurisprudenza di
merito ha stabilito che “nell’ipotesi di prelazione contrattuale, il socio che intenda
alienare la propria quota di partecipazione alla società è tenuto a formulare la
denuntiatio all’inizio della fase precontrattuale, allorché si determini a concludere il
contratto, e quindi non ha alcun obbligo in tal senso nei confronti di chi sia subentrato
in un momento successivo a soggetti ai quali la denuntiatio era già stata comunicata,
qualora, in conformità alla proposta in essa contenuta, abbia concluso un contratto
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
50
RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
preliminare in data anteriore al verificarsi della accennata vicenda successoria” (Trib.
Napoli, 24 settembre 2004, in Giur. merito, 2005, 2675).
3. La prelazione societaria e il divieto di assistenza finanziaria
3.1 La nuova formulazione dell’art. 2358 c.c. contiene una specifica previsione
per l’ipotesi in cui l’assistenza finanziaria prestata dalla società sia destinata all’acquisto
di azioni proprie. Il legislatore è intervenuto attenuando il divieto di assistenza
finanziaria. Tale divieto oggi non ha più una portata generale, ma viene in
considerazione in presenza di determinate condizioni.
Il primo comma della norma in esame stabilisce che la società non può,
direttamente o indirettamente, accordare prestiti, né fornire garanzie per l’acquisto o la
sottoscrizione delle proprie azioni, se non alle condizioni previste dall’art. 2358 c.c..
La prima condizione richiesta dalla norma consiste nella previa autorizzazione
da parte dell’assemblea straordinaria (al fine di garantire l’applicazione di maggioranze
qualificate).
In secondo luogo, gli amministratori devono redigere una relazione con carattere
illustrativo e contenente anche alcune attestazioni (essa deve contenere, tra l’altro, le
condizioni dell’operazione di assistenza finanziaria, evidenziando le ragioni e gli
obiettivi imprenditoriali che la giustificano, l’interesse che l’operazione presenta per la
società, i rischi che essa comporta per la liquidità e la solvibilità di quest’ultima, nonché
il prezzo di acquisto delle azioni). Tale relazione deve essere depositata presso la sede
della società durante i trenta giorni che precedono l’assemblea e deve essere allegata al
verbale di quest’ultima.
Sia il verbale d’assemblea sia la relazione degli amministratori ad esso allegata
debbono essere iscritte nel registro delle imprese entro trenta giorni.
L’importo complessivo delle somme impiegate o delle garanzie fornite non può
eccedere il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo
bilancio regolarmente approvato; si prevede poi che una riserva indisponibile pari a tale
importo complessivo sia iscritta al passivo del bilancio.
La nuova formulazione dell’art. 2358 c.c. ha profondamente innovato il divieto
di assistenza finanziaria; anteriormente aveva carattere assoluto, con limitatissime
eccezioni; oggi, queste ultime sono di così ampia portata da far dubitare che siano
veramente tali.
3.2 Sulla base di quanto esposto, l’autorizzazione all’assistenza finanziaria andrà
accordata dall’assemblea straordinaria, che dovrà pertanto assumere una specifica
delibera in tal senso.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
51
RELAZIONI A CONVEGNI
LA PRELAZIONE SOCIETARIA
Pare interessante soffermarsi sul divieto di assistenza finanziaria, così come oggi
disciplinato, nei casi in cui sussista una clausola di prelazione di natura statutaria. In
particolare, si pongono due interrogativi:
a) i soci che votano favorevolmente all’operazione di assistenza finanziaria
nell’ambito dell’assemblea straordinaria rinunciano “tacitamente” alla prelazione
prevista a loro favore?
b) L’amministratore o gli amministratori, nella redazione della suddetta
relazione, devono preventivamente prendere atto delle eventuali rinunce da parte dei
soci all’esercizio del diritto di prelazione?
Pare possibile rispondere affermativamente a tali quesiti.
I soci che votano favorevolmente all’operazione di assistenza finanziaria
rinunciano alla prelazione prevista a loro favore. Non avrebbe certamente senso votare
favorevolmente per la citata operazione e, successivamente, far valere il proprio diritto
di prelazione e vanificare pertanto l’operazione di assistenza finanziaria.
Un compito fondamentale dovrebbe essere svolto dall’amministratore o dagli
amministratori: questi ultimi infatti dovrebbero accertare - prima della stesura della
relazione - se i soci o alcuni di essi intendono esercitare il diritto di prelazione
sull’acquisto delle azioni. Raccolte tali volontà, l’amministratore o gli amministratori
potranno redigere la relazione disciplinata dall’art. 2358 c.c. e dare atto delle stesse.
Successivamente, si dovrà procedere con la votazione nel rispetto, pertanto, dei
rispettivi diritti di prelazione.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
SEGNALAZIONI DI
DIRITTO COMMERCIALE
NO RMATIVA
Agenzie di rating – Il Consiglio europeo ha approvato una Direttiva ed un Regolamento
destinati a innovare la disciplina vigente in tema di Credit Rating Agencies, ponendosi,
tra gli altri, l’obiettivo di incrementare la concorrenza nel settore e la trasparenza. Le disposizioni comunitarie in questione modificano, rispettivamente, le Direttive nn.
2003/41/EC, 2009/65/EC e 2001/61/EU; nonché il Regolamento CE n. 1060/2009.
Il testo della Direttiva e quello del Regolamento sono agevolmente consultabili sul sito
www.assonime.it.
I NDICAZIO NI INTERPRETATIVE E APPLICATIVE
ASSONIME
La disciplina delle offerte pubbliche di acquisto e di scambio – La Circolare n. 16
dell’Assonime illustra le disposizioni normative e regolamentari che disciplinano le offerte pubbliche di acquisto e di scambio alla luce dei più recenti interventi legislativi,
soffermandosi in particolare sui “principali profili applicativi”.
La Circolare n. 16, diffusa il 22 maggio 2013, è reperibile sul sito www.assonime.it.
CNDCEC
S ocietà tra professionisti – Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli
esperti contabili ha diramato l’Informativa n. 2/2013 in cui sono illustrati gli adempimenti pubblicitari relativi alla società tra professionisti di cui al D.M . 8 febbraio 2013,
n. 34, (vds. segnalazioni di diritto commerciale pubblicate sul n. 8/2013 di questa Rivista).
La nota informativa n. 2/2013 del 21 maggio 2013 è disponibile sul sito ufficiale del
CNDCEC: www.commercialisti.it.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
53
SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
IRDCEC
Organismo di vigilanza – L’Istituto di ricerca dei dottori commercialisti e degli esperti
contabili ha reso note le Linee guida per l’Organismo di vigilanza ex D.Lgs. 231/2001 e
per il coordinamento con la funzione di vigilanza del Collegio sindacale, destinate sia ai
componenti dell’O.d.V. sia ai membri dell’organo di controllo. Le Linee guida forniscono indicazioni in merito ai “Riferimenti normativi” e presentano dei “Criteri applicativi” corredati da “Commenti” per la “valutazione delle problematiche interpretative che
più spesso emergono nella prassi”. Inoltre, vi è un richiamo alle Norme di comportamento dei dottori commercialisti e degli esperti contabili nel caso in cui la funzione di
Organismo di vigilanza sia attribuita al Collegio sindacale.
Il Documento n. 18, pubblicato il 23 maggio 2013, è consultabile sul sito www.irdcec.it.
GIURISPRUDENZA
Apporto di nuova finanza e ammissione al concordato preventivo – Il Tribunale di
Chieti ha accolto la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo
che preveda una “legittima” alterazione della par condicio, qualora il correlato apporto
– effettuato nel caso di specie dal socio unico della s.r.l. proponente – non incida “né
sull’attivo né sul passivo dello stato patrimoniale del debitore”.
Il decreto del Tribunale di Chieti del 14 maggio 2013 è reperibile sul sito www.ilcaso.it.
Insinuazione al passivo del creditore ipotecario – La Suprema Corte ha precisato che
il diritto di prelazione che il creditore privilegiato vanta sul prezzo dei beni ipotecati include altresì i frutti civili, cassando pertanto con rinvio la decisione di merito che li aveva, al contrario, esclusi.
Corte di Cassazione, 9 maggio 2013, n. 11025.
Affitto d’azienda e locazione dell’immobile – La Corte di Cassazione ha ribadito che,
qualora le parti di un contratto di affitto d’azienda “abbiano espressamente pattuito le
sorti del contratto di locazione dell’immobile nel quale è esercitata l’azienda” in questione, “trova applicazione la disciplina locatizia che espressamente regola la fattispecie in parola, non operando la norma generale dell’art. 2558 c.c.”. Di conseguenza,
non vale la presunzione di cui al 3° co. della disposizione codicistica, “secondo cui nel
caso di affitto di azienda comprendente un immobile goduto in forza di contratto di locazione la ricorrenza della cessione di tale contratto va presunta fino a prova contraria”.
Corte di Cassazione, 16 maggio 2013, n. 11967.
Responsabilità degli amministratori ex art. 2394 c.c. e prescrizione – La presunzione relativa in forza della quale la prescrizione dell’azione di responsabilità nei confronti
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
54
SEGNALAZIONI
DIRITTO COMMERCIALE
degli amministratori promossa ex art. 2394 c.c. decorrerebbe dalla “data di dichiarazione dello stato di insolvenza della società” può essere superata dal convenuto “deducendo una (per lui più favorevole) decorrenza anteriore”, risalente al momento in cui
“l’eccedenza delle passività sulle attività si sia manifestata, cioè resa oggettivamente
conoscibile all’esterno della società stessa da parte di tutti i suoi creditori”. Nel caso
posto al vaglio del Supremo Collegio, ciò si è reso possibile “con l’esame del bilancio”
d’esercizio, ragion per cui, per la Corte, “la decorrenza della prescrizione non può farsi
coincidere con la data [di chiusura dell’esercizio, n.d.r.] per il fatto solo che ad essa fa
riferimento la rilevazione dei dati contenuta nel documento di bilancio, dovendo invece
tenersi conto della data in cui il bilancio è stato pubblicato, cioè reso conoscibile ai
terzi a norma dell’art. 2435 c.c., nel Registro delle imprese”.
Corte di Cassazione, 17 maggio 2013, n. 12065.
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
SEGNALAZIONI DI DIRITTO
TRIBUTARIO
NORMATIVA
INDICAZIONI INTERPRETATIVE E APPLICATIVE
Prestazioni di servizi – Momento di ultimazione
Le prestazioni di servizi c.d. “generiche” di cui all’articolo 7-ter del DPR n. 633 del
1972 (con espressa esclusione delle prestazioni ex articolo 7-quater e 7-quinquies del
DPR 633/1972) - rese/ricevute a/da un soggetto passivo estero (comunitario o
extracomunitario), si considerano effettuate nel momento dell’ultimazione del servizio
o, se di carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi,
fatto salvo l’eventuale pagamento anticipato del corrispettivo medesimo. La norma
stabilisce, altresì, che le stesse prestazioni, se effettuate in modo continuativo in un
periodo superiore a un anno, senza che siano maturati pagamenti - anche parziali - nel
medesimo periodo, si considerano effettuate al termine di ciascun anno solare, fino
all’ultimazione delle prestazioni. L’eventuale pagamento anticipato, anche parziale, del
corrispettivo (rispetto all’ultimazione del servizio o alla data di maturazione del
corrispettivo), costituisce, in ogni caso, momento di effettuazione della prestazione
limitatamente all’importo pagato; pertanto, al momento dell’incasso/pagamento di
ciascun acconto, il prestatore/committente nazionale deve adempiere agli obblighi
contabili normativamente previsti.
(Circolare Agenzia delle entrate 21 maggio 2013, n. 16/E)
Imposta di bollo sugli estratti di conto corrente – Fondazioni bancarie
Tenuto conto che le fondazioni bancarie non figurano tra i soggetti esclusi dalla nozione
di cliente, indicati nel Provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 9
febbraio 2011, deve ritenersi che per i rapporti di conto corrente, libretti di risparmio
ovvero relativi a prodotti finanziari intrattenuti da detti soggetti con gli enti gestori trovi
applicazione l’imposta di bollo in commento.
(Circolare Agenzia delle entrate 10 maggio 2013, n. 15/E)
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
Modello 730/2013 – Assistenza fiscale prestata dai sostituti di imposta, dai CAF per
lavoratori dipendenti
La presente circolare definisce gli adempimenti che devono porre in essere i soggetti
coinvolti nelle varie fasi dell’assistenza fiscale prestata dai sostituti d’imposta, dai
Centri di assistenza fiscale per lavoratori dipendenti e dai professionisti abilitati (iscritti
nell’albo dei consulenti del lavoro e in quello dei dottori commercialisti ed esperti
contabili). Al fine di agevolare la consultazione e rendere più facile il reperimento dei
chiarimenti, la circolare è predisposta seguendo la tempistica delle fasi dell’assistenza
fiscale delineando separatamente le istruzioni rivolte ai sostituti d’imposta da quelle
rivolte ai CAF e ai professionisti abilitati. La circolare contiene le istruzioni relative alla
trasmissione telematica del risultato contabile contenuto nei modelli 730-4 che tutti i
sostituti d’imposta, pubblici e privati, devono ricevere in via telematica.
(Circolare Agenzia delle entrate 9 maggio 2013, n. 14/E)
G IURISPRUDENZA
Black list. Chiarimenti sull’effettivo interesse economico.
I Giudici di Piazza Cavour hanno fornito interessanti precisazioni sull’effettivo interesse
economico su cui si basa un’operazione conclusa con operatori domiciliati in paesi a
fiscalità privilegiata. Più precisamente i Giudici della Suprema Corte hanno considerato:
prezzi competitivi, puntualità e serietà del fornitore come elementi sufficienti a
consentire la deduzione delle spese sostenute con soggetti black list.
(Corte di Cassazione, sentenza n. 10749 dell’8 Maggio 2013)
Transfer pricing: il Fisco non è tenuto a provare l’elusione
L’amministrazione finanziaria, nel contestare il transfer pricing non è tenuta a provare
l’elusione dell’operazione ma deve solo provare la semplice esistenza di transazioni
anomale intercorse tra imprese collegate. Spetta invece al contribuente dimostrare che le
transazioni infragruppo sono avvenute a valori “normali” cioè praticati in regime di
libera concorrenza.
(Corte di Cassazione, sentenza n. 10739 dell’8 Maggio 2013)
La cessione in perdita fa scattare l’abuso del diritto.
A parere dei Giudici della Suprema Corte la vendita di marchi d’impresa ricomprati ad
un prezzo di gran lunga superiore rispetto a quello di cessione fa scattare l’abuso del
diritto.
(Corte di Cassazione, sentenza n. 12282/ 2013 )
Oneri deducibili – Cessione del marchio
La cessione dei marchi ad un corrispettivo ritenuto esageratamente basso rispetto al
costo sopportato per le royalties pagate immediatamente dopo è stato ritenuto
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
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SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
comportamento manifestamente contrario ai canoni dell'economia, che rende la società
passibile di accertamento ai sensi dell'art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973.
In definitiva è precluso ai contribuenti il conseguimento di vantaggi fiscali (nel caso di
specie, deduzione delle royalties) se questi si originano dall'uso distorto di negozi
giuridici come per esempio la cessione del marchio a prezzo ridotto e l'immediato
"riacquisto" dei diritti di utilizzazione verso corrispettivi di gran lunga superiori, in
difetto di ragioni economicamente apprezzabili, diverse dalla mera aspettativa di
risparmi d'imposta.
(Sent./Ord. n. 12282 del 20 maggio 2013 della Cassazione Civile, Sez. VI)
S critture contabili – Attività prevalente
In fattispecie di attività plurime esercitate senza tenere contabilità separate, i parametri
di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, devono essere individuati
esclusivamente in relazione all'attività prevalente e applicati all'intero giro d'affari,
contabilmente unitario, ai sensi del D.P.C.M . 29 gennaio 1996, art. 1, comma 2; avverso
il maggior reddito così accertato, il contribuente ha la più ampia facoltà di prova,
incluso il ricorso a presunzioni semplici.
(Sent./Ord. n. 11623 del 15 maggio 2013 della Cassazione Civile, Sez. V)
Processo tributario – Impugnazioni
L'omessa lettura di alcuni motivi del ricorso per cassazione configura un errore
revocatorio, per essere il giudice di legittimità incorso in un errore di fatto nell'esame
degli atti interni al suo stesso giudizio. Per l'omesso scrutinio di un motivo di ricorso,
l'unico mezzo d'impugnazione esperibile avverso la relativa pronuncia è la revocazione
per l'errore di fatto che presuppone l'esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso
oggetto, emergenti l'una dalla sentenza e l'altra dagli atti e documenti di causa.
(Sent./Ord. n. 11623 del 15 maggio 2013 - della Cassazione Civile, Sez. V)
IRAP – Accertamento
E' legittimo l'atto impositivo emesso dall'Amministrazione finanziaria sulla base dello
scostamento del reddito dichiarato da quello risultante dallo standard applicabile (nella
specie, parametri), senza necessità di ulteriori riscontri, fermo rimanendo il potere del
giudice del merito di valutare, trattandosi di accertamento basato su presunzione
semplice, la fondatezza della pretesa tributaria sulla base degli elementi probatori forniti
in giudizio dall'ufficio e dal contribuente, qualora sia stato attivata la fase del
contraddittorio all'esito del quale il contribuente non abbia fornito elementi atti ad
escludere l'applicabilità dello standard medesimo.
(Sent./Ord. n. 11633 del 15 maggio 2013 della Cassazione Civile, Sez. V)
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
58
SEGNALAZIONI
DIRITTO TRIBUTARIO
Accertamento – Accesso domiciliare
In assenza di autorizzazione, il giudice tributario non è ammesso ad utilizzare la
documentazione acquisita nel corso dell'accesso domiciliare illegittimo.
L'inutilizzabilità non abbisogna di un'espressa disposizione sanzionatoria, derivando
dalla regola generale secondo cui l'assenza del presupposto di un procedimento
amministrativo infirma tutti gli atti nei quali si articola.
(Sent./Ord. n. 11672 del 15 maggio 2013 della Cassazione Civile, Sez. V)
Studi di settore – Presunzioni
La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei
parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui
gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del
reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati - meri strumenti di
ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in
esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento,
con il contribuente.
(Sent./Ord. n. 11145 del 10 maggio 2013 della Cassazione Civile, Sez. V)
Penale tributario Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte
La fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 del D.Lgs.
n. 74/2000) si consuma nel momento e nel luogo in cui viene posto in essere qualsiasi
atto che possa mettere in pericolo l'adempimento dell'obbligazione tributaria solo
nell'ipotesi di unicità dell'atto negoziale tramite il quale la parte aliena simulatamente i
suoi beni o comunque pone in essere un atto di disposizione degli stessi al fine di
sottrarsi al pagamento delle imposte. Nel caso di attività più complessa ed articolata, sui
propri o su altri beni, idonea a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di
riscossione coattiva (ad esempio, una pluralità di passaggi proprietari, carenti di
qualsiasi giustificazione, che rendono difficile l'individuazione del destinatario finale
dei beni ed il loro recupero) ai fini della configurazione del reato non assume rilevanza
il singolo atto negoziale, ma il complesso unitariamente considerato di quelli che
risultano finalizzati al raggiungimento del medesimo scopo. In tal caso, la fattispecie si
perfeziona con l'ultimo degli atti posti in essere.
(Sent./Ord. n. 19524 del 7 maggio 2013 della Cassazione Penale, Sez. III)
IL N UOVO D IRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2013
59
+AVANT PROJET 04/03/2013
3ème Séminaire
LES REPONSES DU MONDE JURIDIQUE
FACEFranco/Italien
A LA CRISE
3° Seminario Italo/Francese
LES REPONSES DU MONDE JURIDIQUE FACE A LA CRISE
LE RISPOSTE
DEL MONDO GIURIDICO ALLA CRISI
5, rue St Philippe du Roule - 75008 Paris
AVAUX VALIDES AU TITRE DE LA FORMATION PROFESSIONNELLE CONTINUE
Tel.
+33.(0)1 47
30 07et
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Vendredi
3166mai
samedi 1er juin 2013
Venerdi 31www.avocats-conseils.org
maggio e sabato 1 giugno 2013
MILAN / MILANO
Tribunale Milano – Salone Valente
Via Freguglia n. 14 - 20122 Milano
organisé par / organizzato da La Section Internationale de l’ACE
En collaboration avec / in collaborazione con
L ’Ordre des Avocats de Milan
L’Ordine degli Avvocati di Milano
Traduction simultanée français/italien - Traduzione simultanea in francese/italiano
TRAVAUX VALIDES AU TITRE DE LA FORMATION PROFESSIONNELLE CONTINUE
5, rue St Philippe du Roule - 75008 Paris
Tel. +33.(0)1 47 66 30 07 - [email protected]
www.avocats-conseils.org
Dopo il successo dei primi due seminari italo-francesi, la
sezione internazionale dell’ACE é lieta di proporre un
incontro con i colleghi francesi a Milano, il 31 maggio e il 1
giugno 2013, presso la prestigiosa sede del Tribunale di
Milano.
Après le
succès des deux premiers séminaires
franco/italien, la Section Internationale de l’ACE vous
propose de retrouver nos confrères italiens, à Milan, les 31
mai et 1er juin 2013, dans les prestigieux locaux du Tribunal
de Milan.
Con il tema “Le risposte del mondo giuridico alla crisi” ci
riproponiamo di affrontare alcune nuove problematiche
giuridiche sorte in un contesto di crisi economica, sociale e
finanziaria in Europa, in particolar modo, in Italia e in
Francia.
Le thème choisi “Les réponses du monde juridique face à la
crise” a pour but d'aborder des nouvelles problématiques
juridiques dans un contexte de crise économique, sociale et
financière en Europe, et plus particulièrement en Italie et en
France.
Sul piano degli investimenti, l’Italia ha un ruolo importante
in Francia (vi sono più di 500 società italiane, 800 filiali
circa di società italiane, con più di 100 000 impiegati in
Francia). Allo stesso modo, la Francia rappresenta per
l’Italia un partner fondamentale (vi sono più di 900 società
francesi, 800 filiali circa di società francesi, con più di
120 000 impiegati in Italia). Nel 2011, secondo la Banca
d’Italia, gli scambi tra i due paesi rappresentano circa 19,4
miliardi di Euro per la Francia e circa 19,2 miliardi di Euro
per l’Italia. L’Italia é il secondo partner commerciale per la
Francia e viceversa. Dal 2009 i due paesi vivono un periodo
di congiuntura economica con un impatto negativo sul PIL
e sulla crescita.
L’Italie a une présence importante en France sur le plan des
investissements (plus de 500 sociétés italiennes, plus de 800
filiales de sociétés italiennes, plus de 100.000 emplois en
France). De même, la France représente pour l'Italie un
partenaire fondamental (plus de 900 sociétés françaises,
plus de 800 filiales de sociétés françaises, plus de 120.000
emplois en Italie). En 2011, selon la Banque d’Italie, les
échanges entre les deux pays représentaient 19,4 milliards
d’euros environ pour la France et 19,2 milliards d’euros
environ pour l’Italie. L’Italie est le deuxième partenaire
commercial de la France et vice-versa. Depuis 2009 les deux
pays vivent une période de conjoncture économique avec un
impact négatif sur le PIB et la croissance
In questo contesto, riteniamo importante lanciare un
dibattito tra professionisti e operatori economici francesi e
italiani al fine di valutare l’impatto che la crisi ha avuto
sulla regolamentazione, sulla conclusione dei contratti,
sull’andamento della Giustizia, nonché per analizzare come
alcune nuove soluzioni giuridiche possano contribuire al
perseguimento di efficienze economiche.
Dans ce contexte, un débat entre professionnels français et
Italiens du monde des affaires est particulièrement adapté
afin de pouvoir identifier les impacts que cette crise a eu sur
la règlementation juridique, sur la mise en œuvre des
contrats, sur les décisions de justice et comment les
nouvelles solutions juridiques contribuent à garder le cap
économique de chaque pays.
Benvenuti a Milano
_________________________________________
Bienvenue à Milan
__________________________________________
PROGR AMM A
PROGR AMME
Venerdi 31 maggio 2013
Vendredi 31 mai 2013
10h00
Accoglienza e iscrizione dei partecipanti
10h00
Accueil et inscription des participants
10h30
Inizio dei lavori e messaggio di benvenuto
10h30
Début des travaux et messages de bienvenue
11h00
Paolo Giuggioli, Presidente del Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Milano
Paolo Giuggioli, Bâtonnier de l’Ordre des Avocats
du Barreau de Milan
William Feugère, Presidente nazionale dell’ACE,
Avvocato del Foro di Parigi, membro del Conseil
National des Barreaux
William Feugère, Président national de l’ACE,
Avocat au Barreau de Paris, membre du Conseil
National des Barreaux
Antoine-Audoin Maggiar, Presidente della Sezione
Internazionale dell’ACE, Avvocato del Foro di
Parigi, Berwin Leighton Paisner LLP, Parigi
Antoine-Audoin Maggiar, Président de la Section
Internationale de l’ACE, Avocat au Barreau de Paris,
Berwin Leighton Paisner LLP, Paris
Martina Barcaroli, Avvocato del Foro di Parigi e di
Roma, responsabile del gruppo franco/italiano
della Sezione Internazionale dell'ACE
Martina Barcaroli, Avocat aux Barreaux de Paris et
de Rome, en charge du groupe franco/italien de la
Section Internationale de l'ACE
SEMPLIFICAZIONE, LIBERALIZZAZIONE,
REGOLAMENTAZIONE : LE ATTESE DELLE
IMPRESE
François Veverka, Presidente del Comitato
d'Audit, Crédit Agricole, Parigi
11h00
SIMPLIFICATION, LIBERALISATION,
REGLEMENTATION : LES ATTENTES DES
ENTREPRISES
François Veverka, Président du Comité d'Audit du
Crédit Agricole, Paris
Giovanni B. Monteverde, Vice Presidente Affari
Legali e Contrattuali, Alstom Transport - Italia
Giovanni B. Monteverde, Vice-président Affaires
Juridiques et Contrats, Alstom Transport - Italie
Gianfranco Vanzelli, Conservatore del Registro
delle Imprese di Milano, Camera di Commercio di
Milano
Gianfranco Vanzelli, Chef du Bureau du Registre des
Entreprises de Milan, Chambre de Commerce de
Milan
12h00
LA COMPETITIVITA ECONOMICA E GIURIDICA
12h00
COMPETITIVITE ECONOMIQUE ET JURIDIQUE
Gianni Roj, Avvocato del Foro di Milano, Membro
della Commissione Internazionale dell’Ordine degli
Avvocati di Milano
Gianni Roj, Avocat au Barreau de Milan, Membre de
la Commission Internationale de l'Ordre des
Avocats de Milan
Jean-Louis Cocusse, Avvocato del Foro di Parigi,
KBRC & Associés, membro del Consiglio di
Presidenza del Conseil National des Barreaux
Jean-Louis Cocusse, Avocat au Barreau de Paris,
KBRC & Associés, membre du Bureau du Conseil
National des Barreaux
Giuseppe Scasellati Sforzolini, Avvocato del Foro
di Roma, Cleary Gottlieb Steen & Hamilton LLP,
Roma
Giuseppe Scasellati Sforzolini, Avocat au Barreau
de Rome, Cleary Gottlieb Steen & Hamilton LLP,
Rome
12h45
Colazione
12h45
Déjeuner
14h15
COME EVOLVONO LE REGOLE DEL GOVERNO
D'IMPRESA IN CASO DI CRISI
14h15
L’EVOLUTION DES REGLES DE GOUVERNANCE
FACE A LA CRISE
15h15
Jean-Jacques Uettwiller, Avvocato del Foro di
Parigi, UGGC & Associés, Presidente onorario
dell’ACE, membro dell'Ordine degli Avvocati di
Parigi
Jean-Jacques Uettwiller, Avocat au Barreau de
Paris, UGGC & Associés, Président d'Honneur de
l'ACE, membre du Conseil de l'Ordre du Barreau de
Paris
Margherita Bianchini, Vice Direttore Generale,
Responsabile Diritto Societario, Assonime
Margherita Bianchini, Directrice Générale Adjointe,
Responsable du Droit des Sociétés, Assonime
Martina Barcaroli, Avvocato del Foro di Parigi e di
Roma, Vovan & Associés, Roma-Parigi
Martina Barcaroli, Avocat aux Barreaux de Paris et
de Rome, Vovan & Associés
Bruno Dondero, Professore di Diritto all' Università di Parigi 1 - Sorbonne
Bruno Dondero, Professeur Agrégé, Université de
Droit de Paris I - Sorbonne
GLI AIUTI ALLE IMPRESE
15h15
LES SOUTIENS AUX ENTREPRISES
Didier Bourguignon, Direttore, Ubifrance Italia
Didier Bourguignon, Directeur, Ubifrance Italie
François Drouin, Presidente e Amministratore
Delegato, Oséo, Parigi
François Drouin, Président Directeur Général, Oséo,
Paris
Daniele Novello, Direttore Affari Legali e Societari,
Total E&P Italia SpA
Daniele Novello, Directeur Juridique, Total E&P
Italia SpA
16h00
Pausa Caffé
16h00
Pause Café
16h20
COME EVOLVE IL DIRITTO DEL LAVORO
IN CASO DI CRISI
16h20
L’EVOLUTION DU DROIT SOCIAL FACE A LA CRISE
17h00
Stanislas Dublineau, Avvocato del Foro di Parigi
ID Avocats, Presidente della Commissione Diritto
Sociale dell'ACE,
Stanislas Dublineau, Avocat au Barreau de Paris, ID
Avocats, Président de la Commission Droit Social
de l'ACE
Olivier Kress, Avvocato del Foro di Parigi, Flichy
Grangé Avvocati
Olivier Kress, Avocat au Barreau de Paris, Flichy
Grangé Avocats
Massimo Audisio, Avvocato del Foro di Milano,
Tosetto, Weigmann e Associati, Presidente della
Commissione Internazionale dell’Ordine degli
Avvocati di Milano
Massimo Audisio, Avocat au Barreau de Milan,
Tosetto, Weigmann e Associati, Responsable de la
Commission Internationale du Barreau de Milan
LA LOTTA ALL'EVASIONE FISCALE
Angela Monti, Avvocato del Foro di Milano,
17h00
LA LUTTE CONTRE L'EVASION FISCALE
Angela Monti, Avocat au Barreau de Milan,
Presidente della Camera degli Avvocati Tributaristi
di Milano
Président de la Chambre des Avocats Fiscalistes de
Milan
Jacques Taquet, avvocato del Foro des Hauts de
Seine,Landwell, Neuilly sur Seine, Presidente
aggiunto della Commissione Fiscale dell'ACE
Jacques Taquet, Avocat au Barreau des Hauts de
Seine, Landwell, Neuilly sur Seine, co-président de
la Commission Fiscale de l'ACE,
Relatoro italiano da confermare
Intervenant italien à confirmer
17h45
18h30
INCENTIVI ALL' INNOVAZIONE
17h45
L'ENCOURAGEMENT A L'INNOVATION
Jocelyne Granger, Avvocato del Foro di Parigi,
Cabinet Granger
Jocelyne Granger, Avocat au Barreau de Paris,
Cabinet Granger
Pierre Carlotti, VP Marketing & Communication
APTAR Pharma
Pierre Carlotti, VP Marketing & Communication
APTAR Pharma
Andrea Fedi, Avvocato del Foro di Roma, Legance
Andrea Fedi, Avocat au Barreau de Rome, Legance
Fine dei lavori
18h30
Fin des travaux
20h45 Cena a la Società del Giardino
20h45
Diner à la Società del Giardino
Sabato 1 giugno 2013
Samedi 1er juin 2013
09h30
09h30
10h15
LA PREVENZIONE DI IPOTESI DI INSOLVENZA
DELLE IMPRESE
Georges Teboul, Avvocato del Foro di Parigi,
membro del Conseil National des Barreaux
Georges Teboul, Avocat au Barreau de Paris,
membre du Conseil National des Barreaux
Francesco Macario, Avvocato, Professore
Ordinario di diritto privato comparato, Università
Roma Tre
Francesco Macario, Avocat, Professeur de droit
privé comparé, Université Rome Trois
ALCUNE CRITICHE AL SISTEMA DELLE ALTE
REMUNERAZIONI
10h15
Mary-Daphné Fishelson, Avocat au Barreau de
Paris, La Garanderie et Associés
Mary-Daphné Fishelson, Avvocato del Foro di
Parigi, La Garanderie et Associés
Paolo Moretti, Président de l'Istituto Governo
Societario, Président de la Fondazione
Accademia Romana di Ragioneria
Paolo Moretti, Presidente dell’Istituto per il
Governo Societario, Presidente della Fondazione
Accademia Romana di Ragioneria
11h00
Pausa Caffé
11h15
LA LIBERALIZZAZIONE DELLE PROFESSIONI
11h00
11h15
Thierry Wickers, Avvocato del Foro di Bordeaux
12h45
Pause Café
LA DEREGULATION DES PROFESSIONS
JURIDIQUES
già Presidente del Conseil National des Barreaux
Thierry Wickers, Avocat au Barreau de Bordeaux,
ancien Président du Conseil National des Barreaux
Consiglio Nazionale Forense
Consiglio Nazionale Forense
Fabrizio Spada, Rappresentante della
Commissione Europea a Milano
Fabrizio Spada, représentant de la Commission
Européenne à Milan
CONCLUSIONI
12h15
PROPOS CONCLUSIFS
Antoine-Audoin Maggiar, Avvocato del Foro di
Parigi, Berwin Leighton Paisner LLP, Parigi,
Presidente della Sezione Internazionale dell’ACE
Antoine-Audoin Maggiar, Avocat au Barreau de
Paris, Berwin Leighton Paisner LLP, Paris,
Président de la Section Internationale de l'ACE
Vittorio da Rold, giornalista economico del Sole 24
Ore, conduttore a Radio 24, Professore di
Economia presso l'Università Cattolica di Milano
Vittorio da Rold, Journaliste économique auprès du
Sole 24 Ore et de Radio 24, Professeur d'Economie
auprès de l’Université Catholique de Milan
Fine dei lavori e chiusura
12h45
Paolo Giuggioli, Presidente del Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Milano
13h00
LA REMISE EN QUESTION DES HAUTES
REMUNERATIONS
Niccolò Abriani, Professeur de droit commercial de
l’Université de Florence, membre du Conseil
Scientifique de l’Istituto Governo Societario
Niccolò Abriani, Professore ordinario di diritto
commerciale, Università di Firenze, membro del
Comitato Scientifico dell’Istituto Governo
Societario
12h15
LA PREVENTION DES ENTREPRISES EN
DIFFICULTES
Colazione all' Emporio Armani Caffé
Fin des travaux et clôture
Paolo Giuggioli, Bâtonnier de l’Ordre des Avocats
de Milan
13h00
Déjeuner à l'Emporio Armani Caffé
Il programma sociale agiuntivo prevede una escursione
al Lago di Como
Prolongation touristique au Lac de Côme si vous
Le souhaitez
TRADUZIONE
E’ prevista la traduzione simultanea in lingua italiana e
francese
TRADUCTION
Travaux effectués en traduction simultanée dans les langues
italienne et française.
LU O G O D E LL A C ON FE R E N Z A
I lavori della conferenza si terranno presso il Tribunale di
Milano, nel Salone Valente.
LIEU DES TRAVAUX
Les travaux se dérouleront dans les locaux du Tribunal de
Milan, Salle Valente
AL L O G G I O
Abbiamo riservato delle camere presso gli alberghi che figurano
nella lista in allegato. Per le prenotazioni occorre quindi
attenersi alle indicazioni ivi contenute. Si possono ovviamente
fare delle prenotazioni autonomamente.
LOGEMENT
Nous avons réservé des chambres dans les hôtels dont la liste
figure ci-dessous. Merci, lors de la réservation de vous conformer
à ce qui est indiqué pour chacun d’entre eux.
Vous pouvez également trouver d’autres hôtels par vous-même
TRASPORTO
E’ stata prevista una tariffa Air France congressi. Di seguito le
informazioni per i voli Air France. Esistono comunque delle
compagnie low cost a destinazione Roma.
TRANSPORT
Un tarif congrès Air France a été négocié. Vous trouverez les
renseignements ci-dessous. Des compagnies low cost assurent
également la ligne
S P E S E D I I S C R I ZI ON E
Le spese di iscrizione sono comprensive della colazione di
venerdì e delle pause caffé.
FRAIS DE PARTICIPATION
Les frais de participation comprennent le déjeuner du vendredi
et les pauses
CENE
Venerdi 31 maggio: cena presso il Club la Società del Giardino,
DINERS
Vendredi 31 mai: dîner à la Società del Giardino
L'Associazione degli Avvocati Consulenti d'Impresa - Association Française des Avocats Conseils d’Entreprises Avocats Conseils d'Entreprises (ACE) –
ACE
Con circa 2.000 aderenti, é la prima associazione di
categoria
dell'avvocatura
francese
e
l'unica
rappresentativa della consulenza aziendale. Creata nel
1992, l'ACE é composta da studi legali esperti nel
settore del diritto commerciale, di tutte le dimensioni,
francesi e internazionali. L'ACE rappresenta una forza
propulsiva di riflessione e di strategia per la categoria.
La sezione internazionale dell'ACE é particolarmente
dinamica e da anni organizza seminari bilaterali con i
colleghi tedeschi, spagnoli e algerini.
Réunissant près de 2.000 adhérents, l'Association Française
des Avocats Conseils d'Entreprises est le premier syndicat
du barreau français, et le seul représentatif du barreau
d'affaires. Créée en 1992, l'ACE regroupe les cabinets de
conseils d'entreprises de toutes dimensions, français et
internationaux. L'ACE est une force de réflexion et de
prospective. Sa Section Internationale très active, organise
également des séminaires avec les confrères allemands,
espagnols et algériens
Prolongation touristique au Lac de Côme
Le lac de Côme est l'un des plus jolis lacs du nord
de l'Italie. Il se trouve à 45 kms de Milan.
Nous vous proposons de passer la soirée et la nuit
du 1er au 2 Juin au Grand Hôtel Imperiale Resort &
Spa www.imperialemoltrasio.it
Merci de nous contacter rapidement si vous
êtes intéressé.
MILAN
Séminaire franco/italien - Séminario italo/francese
31 mai / 1er juin 2013 - 31 maggio / 1 giugno 2013
HEBERGEMENT
Des chambres ont été retenues dans les hôtels suivants. Vous devez les réserver vous-même.
Alcune camere sono state prenotate presso i seguenti alberghi. La prenotazione dovrà essere fata da
ciascun partecipante.
STARHOTELS ROSA GRAND ****- http://rosagrand.starhotels.com
Piazza Fontana 3 - Tel. +39 0288311 - Fax. +39 028057964
Single ou double, petit déjeuner compris : 275€
Fiche de réservation à nous demander et à utiliser impérativement. Réserver avant le 15 mai.
A tal fine utilizzare la scheda di prenotazione che vi serà trasmessa su richiesta inviando una e.mail a
[email protected]. Le prenotazioni sono aperte fino al 15 maggio.
NH PRESIDENT **** http://nhpresident.hotelsinmilan.it/index_fr.html
Largo Augusto, 10
Les 30 et 31 mai : single 275€ - Double : 285€, petit déjeuner compris
Le 1er juin : single : 157€ - Double : 167€, petit déjeuner compris
Fiche de réservation à nous demander et à utiliser impérativement. Réserver avant le 1er mai.
A tal fine utilizzare la scheda di prenotazione che vi serà trasmessa su richiesta inviando una e.mail a
[email protected]. Le prenotazioni sono aperte fino al 1 maggio.
HOTEL ZURIGO *** http://www.hotelzurigo.com/fr/
Corso Italia, 11 - Tel. +39-02-72022260 - [email protected]
Single et double : de 108€ à 178€, petits déjeuners compris. Réserver avant le 15 avril
TRANSPORT
AVION : Nous avons négocié des tarifs congrès auprès d’Air France, valables de France et de l’étranger.
Code identifiant : 18377AF. Connectez vous sur :
http://www.airfrance.fr/FR/fr/local/www_airfranceklm-globalmeetings_com.htm?eid=18377AF
Si vous réservez via le site Air France & KLM Global Meetings, un justificatif sera joint à votre billet électronique.
Si vous préférez traiter votre réservation et achat de billet par l’intermédiaire d’un point de vente Air France ou KLM,
ou par une agence de voyage, vous devez garder ce document pour justifier l’application des tarifs préférentiels.
Veillez à être en possession de l’un ou l’autre des justificatifs selon votre mode de réservation car il peut vous être
demandé à tout moment de votre voyage.
DES COMPAGNIES LOW COST ASSURENT EGALEMENT LE TRAJET
BULLETIN D’INSCRIPTION / BOLLETTINO D’ISCRIZIONE
A remplir et à envoyer à / Da compilare e inviare a :
ACE, 5 rue St Philippe du Roule – 75008 Paris – Tel.00 .33(0)1.47.66.30.07
Ou par fax au numéro / Opp. via fax al numero : 0033(0)1.47.63.35.78
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Moins de 35 ans et avocat honoraire : 250€
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Les frais d’inscription comprennent le déjeuner du vendredi 31 et les pauses.
Les spese d’iscrizione includono il pranzo di venerdi e le pause
Dîner du vendredi / Cena di venerdi : 65 € x
(Società del Giardino)
Déjeuner du samedi / pranzo di sabato: 45 € x
(Emporio Armani Caffè)
Total Général / Totale Globale
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DIMANCHE : NOUS CONTACTER RAPIDEMENT SI VOUS ETES INTERESSE
En vertu des règles de TVA applicables dans la zone de l'Union Européenne, aucune TVA n'est due
sur les prestations de ce séminaire.
Pour les français : règlement par virement Société Générale Paris Ternes –
IBAN : FR76 30003 03270 00050394186 71 – BIC-ADRESSE SWIFT : SOGEFRPP ou par chèque à l’ordre de
l’ACE
Per gli italiani : pagamento via bonifico bancario – Société Générale Paris Ternes –
IBAN : FR76 30003 03270 00050394186 71 – BIC-ADRESSE SWIFT : SOGEFRPP
……….... le ………… / ……… l …………
Signature/Firma
cachet/stampo
Per informazioni
Dipartimento di Studi Giuridici
“Angelo Sraffa”
tel. 02 5836.5221
CREDI
Centro di Ricerche Europee sul Diritto
e la Storia dell’Impresa “Ariberto Mignoli”
Dipartimento di Studi Giuridici
“Angelo Sraffa”
Iscrizione online all’indirizzo
www.unibocconi.it/eventi
A quindici anni dal T.U.F.
Bilanci e prospettive
L’evento è stato accreditato dall’Ordine degli Avvocati di Milano
e sono stati attribuiti 10 c.f.p. (6 per la prima giornata, 4 per la seconda)
e dal CNDCEC (Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli
Esperti Contabili) e sono stati attribuiti 14 c.f.p. (10 per la prima giornata,
4 per la seconda).
Si ringraziano
Edison spa
Italcementi spa
Pirelli & C. spa
Aula Magna, via Gobbi 5
piazza Sraffa 13
Via Sarfatti 25
20136 Milano
Università Commerciale
Luigi Bocconi
13 e 14 giugno 2013
Giovedì 13 giugno
9.30
Aula
Magna
Saluto introduttivo
Andrea Sironi Rettore Università Bocconi
Presiede
Piergaetano Marchetti Università Bocconi
Dal testo unico ad oggi: gli sviluppi di un
cammino alla luce delle varie riforme
intervenute
Piergaetano Marchetti Università Bocconi
Il nuovo perimetro del diritto dei mercati
finanziari: orientamenti internazionali, diritto
europeo e diritto interno
Guido Ferrarini Università degli Studi di Genova
Gli obiettivi economici del TUF e i risultati
ottenuti nel rapporto fra imprese e mercato
finanziario
Marco Onado Università Bocconi
11.30
Pausa
11.45
Relazione introduttiva alla sessione Emittenti
Paolo Montalenti Università degli Studi di Torino
Relazione introduttiva alla sessione
Mercati e intermediari
Filippo Annunziata Università Bocconi
14.30
Sessioni Parallele
Aula N06 Prima sessione parallela:
Emittenti
Coordina
Piergaetano Marchetti Università Bocconi
Diritti di voice degli azionisti e tutela delle
minoranze
Mario Notari Università Bocconi
Discussant
Vincenzo Di Cataldo Università degli Studi di
Catania
Roberto Sacchi Università degli Studi di Milano
Evoluzione dei modelli di organizzazione e
funzionamento del consiglio di
amministrazione tra funzioni di gestione e di
supervisione
Luigi A. Bianchi Università Bocconi
Discussant
Lucia Calvosa Università di Pisa
Mario Stella Richter jr. Università degli Studi di
Roma “Tor Vergata”
Il sistema dei controlli e di gestione dei rischi
Sabino Fortunato Università degli Studi Roma Tre
Discussant
Vincenzo Calandra Buonaura Università di
Bologna
Bruno Cova Avvocato in Milano
Operazioni con parti correlate e abusi
Alberto Mazzoni Università Cattolica del Sacro
Cuore, Milano
Discussant
Niccolò Abriani Università degli Studi di Firenze
Piergiuseppe Biandrino Edison spa
Venerdì 14 Giugno
Aula N07 Seconda sessione parallela:
Intermediari e mercati
Coordina
Renzo Costi Università di Bologna
I servizi di investimento
Mario Cera Università degli Studi di Pavia
Discussant
Umberto Morera Università degli Studi di Roma
“Tor Vergata”
Andrea Perrone Università Cattolica del Sacro
Cuore, Milano
I soggetti
Raffaele Lener Università degli Studi di Roma “Tor
Vergata”
Discussant
Francesco Vella Università di Bologna
Duccio Regoli Università Cattolica del Sacro
Cuore, Milano
Offerte pubbliche di acquisto
Federico Ghezzi Università Bocconi
Marco Ventoruzzo Università Bocconi
Discussant
Gustavo Olivieri LUISS Guido Carli
Francesco Chiappetta Pirelli & C. spa
Informazione societaria
Gaetano Presti Università Cattolica del Sacro
Cuore, Milano
Discussant
Marco Lamandini Università di Bologna
Giovanni Strampelli Università Bocconi
9.00
testo
Aula
Magna
Tavola rotonda
Testo
Modera
Alberto Alessandri Università Bocconi
Intervengono
Carlo Angelici Sapienza Università di Roma
Franco Bonelli Università degli Studi di Genova
Francesco Denozza Uiversità degli Studi di Milano
Mario Libertini Sapienza Università di Roma
11.15
Tavola rotonda
Modera
Guido Rossi Università Bocconi
Intervengono
Gabriele Galateri di Genola Comitato per la
corporate governance
Renato Rordorf Corte di Cassazione
Conclusioni
Guido Rossi Università Bocconi
MODALITÀ DI ABBONAMENTO
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• inviando un fax al numero verde 800-822196.
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• la fotocopia dell’assegno non trasferibile intestato a: ItaliaOggi Editori - Erinne
srl - via M arco Burigozzo 5 - 20122 M ilano;
• oppure fotocopia del bonifico bancario intestato a Banca Popolare di M ilano,
agenzia
500,
via
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9/11
M ilano
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IL NUOVO DIRITTO
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ItaliaOggi
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