Cessioni di preziosi usati con violazione del «reverse charge

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28/4/2014
Eutekne.info - Cessioni di preziosi usati con violazione del «reverse charge» senza neutralità IVA
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IVA
Cessioni di preziosi usati con violazione del «reverse
charge» senza neutralità IVA
Dovrebbe però essere ammessa la richiesta del riconoscimento dell’errore scusabile
/ Nunzio RAGNO
/ Lunedì 28 aprile 2014
Dopo che, con la risoluzione n. 92/2013, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito l’applicazione del
reverse charge (art. 17, comma 5 del DPR 633/72) in materia di cessione di oggetti preziosi usati,
resta da determinare la posizione fiscale di quei soggetti che hanno assolto irregolarmente
l’imposta usufruendo del meccanismo dell’inversione contabile.
Tra questi casi rientra buona parte degli accertamenti emessi dall’Agenzia delle Entrate che hanno
riguardato: i gioiellieri per le cessioni di rimanenze di magazzino (oggetti nuovi rimasti
invenduti) e i commercianti all’ingrosso di oggetti preziosi usati (Compro Oro, rivenditori di
oggetti preziosi, ecc.) che non hanno effettuato vendite a chi ha esercitato l’attività di fusione in modo esclusivo.
Infatti, i primi – commercianti gioiellieri – che hanno ceduto oggetti nuovi, sui quali è stata detratta l’IVA all’atto di
acquisto, avvalendosi del reverse charge nelle relative cessioni, hanno impropriamente assolto l’imposta; tali operazioni
mancano, effettivamente, del presupposto oggettivo (oggetti usati e/o avariati). I secondi – operatori all’ingrosso –
avrebbero ceduto a chi, non esercitando esclusivamente l’attività di fusione ma operando congiuntamente il commercio di
oggetti preziosi, non integrano il presupposto soggettivo per l’applicazione dell’inversione contabile (ris. nn. 375/2002 e
92/2013).
In questo contesto accertativo e sanzionatorio si inserisce la circ. dell’Agenzia n. 35/2013 in materia di IVA pagata a seguito
di accertamento con rivalsa e detrazione. Infatti, con l’abrogazione del divieto di rivalsa sul cessionario o committente
dell’imposta versata in conseguenza di accertamento (comma 7 dell’art. 60 del DPR n. 633/1972, come modificato dall’art.
93 del DL n. 1/2012 convertito) e il diritto alla detrazione in capo al cessionario/committente dell’IVA corrisposta al
cedente/commissionario accertato, la circolare ha stabilito che il contribuente non sarà tenuto a versare alcun ammontare a
titolo di imposta all’Erario, qualora sia riconosciuta la spettanza integrale della detrazione.
Tanto alla luce dei chiarimenti resi con la ris. n. 56/2009 in materia di violazione del regime di inversione contabile, la
quale ha precisato che all’assolvimento del tributo, contestualmente all’accertamento del debito, va riconosciuto il diritto
alla detrazione della medesima imposta: “In altre parole, in considerazione dei criteri che regolano il regime dell’inversione
contabile, la compensazione dell’imposta a debito e dell’imposta a credito è operata direttamente in sede di accertamento,
senza che sia necessario procedere al pagamento dell’imposta e alla sua successiva detrazione”.
Nell’utilizzo improprio dell’inversione contabile (cessione di nuovo), l’imposta risulta comunque assolta dal cessionario
con la doppia registrazione; da ciò discende solo l’applicazione della sanzione del 3% prevista dal comma 9-bis dell’art. 6 del
DLgs. 471/97.
Quando, invece, siano state effettuate cessioni di oggetti preziosi usati in capo a un cessionario con doppia attività, il
fatto che il reverse charge sia un metodo ordinario di liquidazione IVA, opzionale al regime del margine (beni usati) e
adottabile anche per fatti concludenti, potrebbe portare a pensare di ricondurre queste cessioni nell’ambito del ragionamento
esposto per i gioiellieri. Tale situazione sarebbe ragionevole e legittima sulla scorta del comma 3 dell’art. 36 del DL 41/95,
se non fosse che l’opzione per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari, a norma dei Titoli I e II del DPR 633/72, è
prevista solo per il regime del margine “analitico” o “forfetario”.
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Ai soggetti che applicano il regime del margine con il metodo “globale” non è consentita, infatti, l’opzione di cui al comma
3 dello stesso art. 36; detto metodo è previsto obbligatoriamente per il commercio di beni usati tassativamente individuati
dalla norma sul regime del margine. Tra tali beni rientrano, oltre ad auto, francobolli, monete ecc., anche quei beni il cui
acquisto sia stato effettuato, non singolarmente, ma per masse o a peso, nonché qualsiasi altro tipo di bene che abbia un
prezzo di acquisto inferiore a un milione di vecchie lire.
Dunque, ai soggetti appartenenti a codeste fattispecie, per le motivazioni sopra riportate, è impedito il ricorso alla
neutralità di imposta di cui alla circ. 35/2013 per i casi di irregolare assolvimento dell’IVA con reverse charge.
Risulterebbe, però, impregiudicata, anche per l’assenza di una normativa ad hoc, la richiesta del riconoscimento
dell’errore scusabile di cui all’art. 6, comma 2 del DLgs. 472/97.
Altra fattispecie è rappresentata dai commercianti di oggetti preziosi usati che, pur avendo ceduto a fonderie con esclusiva
fusione, per eccesso di zelo e per errate interpretazioni e indicazioni di alcuni uffici dell’Agenzia, si sono trovati a liquidare
l’IVA con il regime del margine dei beni usati. A tali soggetti si apre la strada del rimborso, che, se pur diverso da quello
ordinario di cui all’art. 30 del DPR 633/72, trova supporto giurisprudenziale nelle sentenze della Cassazione nn. 2868 e 5427
del 2000, che ammettono espressamente un rimborso definito “speciale”.
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