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Generalità
I funghi costituiscono una classe sterminata, con molte
migliaia di specie, inquadrate in centinaia di raggruppamenti
Assonomici (ordini, famiglie, tribù e generi) ai quali non si è
ancora dato un ordinamento definitivo; è impossibile caratterizzare i funghi in base a concetti di forma e dimensioni, poichè la struttura di questi vegetali abbraccia un vasto campo
di variabilità, da forme microscopiche a forme voluminose,
attraverso una gamma intermedia di stupefacente varietà.
E' impossibile definire il concetto di Fungo secondo l'ambiente in cui vegetano, questi si possono trovare su ogni tipo di
terreno, sui rifiuti organici, vegetali o animali, negli organismi
animali, vegetali morti o viventi e anche nella acqua; qual è
l'aspetto per cui si possono caratterizzare in modo univoco
questi organismi e qual è il concetto che li definisce?
La nutrizione è la chiave che ci permette di stabilire la esatta definizione, tutti i funghi si nutrono in genere di sostanze
organiche; gli altri vegetali posseggono la Clorofilla, che permette loro di operare, sotto la luce del sole, un’importante
sintesi, di combinare l'anidride carbonica con l'acqua, generando sostanze organiche complesse quali zuccheri, cellulose,
lignine, cioè i normali costituenti degli organismi animali.
I funghi non posseggono clorofilla, devono ricavare il carbonio, elemento fondamentale della sostanza organica, da
sostanze organiche già precostituite, cioè da organismi vegetali o animali vivi o morti; due sono quindi le conseguenze.
- i funghi hanno una composizione chimica che si avvicina
di più a quella degli animali;
- la luce non è indispensabile alla vita del fungo
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Riproduzione
La facoltà di riprodursi fu per secoli contestata ai funghi
da naturalisti ed osservatori; solo agli inizi del '700 il botanico
Pier Antonio Micheli dimostrò in modo sperimentale che il
seme dei funghi non era altro che una specie di polvere,
colorata, che ogni fungo emette in certe situazioni.
Questo seme è costituito da spore, miliardi di piccole
cellule, con scarsa probabilità di riproduzione, che il fungo
produce per dar vita a nuovi individui per germinazione; le
spore hanno caratteri sessuali diversi; una di un certo sesso,
giunta a germinazione, produce un lungo e stretto filamento,
detto ifa, che si accresce ramificandosi e intrecciandosi con
altre ife costituendo un micelio primario, di un dato sesso.
Qui si arresterebbe il processo riproduttivo, se nello stesso
substrato il micelio non ne incontrasse un altro di sesso opposto, dall'unione fortuita si origina un micelio secondario, capace di nutrirsi, di accrescersi e di emettere i carpofori o corpi
fruttiferi; la riproduzione sessuale per mezzo di spore può avvenire con facilità in molti casi, mentre può essere difficile in
altri casi, per esempio in funghi di grandi dimensioni.
La Natura, ha permesso ai funghi di produrre un alto numero di spore, fornendoli di organi di riproduzione asessuale;
questa riproduzione può avvenire secondo diverse vie; una è
la formazione di conidi , spore asessuate, che si formano su ife
del micelio e non in particolari dispositivi di fruttificazione.
Un altro sistema di riproduzione organica avviene per propagginazione del micelio, molto simile a quella che si riscon-tra
nelle piante, chiamata per Talea e che presenta un modo di
riprodursi dei funghi più frequente di quanto non si creda.
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Morfologia
La maggior parte dei Macromiceti sono caratterizzati
dalla forma a fungo, cioè Cappello e Gambo, è utile imparare a distinguere gli elementi morfologici di tali funghi perchè le
differenze dei loro caratteri sono così sottili che, senza una
buona osservazione non è possibile distinguerle; ci limiteremo a
considerare in breve i caratteri principali:
- a) Cappello
- c) Gambo
- e) Carne.
b) Imenoforo (tubuli o lamelle)
d) Veli (anello, volva, cortina)
a) Cappello
Del cappello consideriamo i caratteri riguardanti la for-ma
(generale, del disco e dell'orlo), la superficie (pellicola, natura,
proprietà, colore ed ornamentazione) e le dimensioni.
1. la forma del cappello può variare nello sviluppo e si
osserva su esemplari adulti, nell'acerbo la forma di solito chiusa, tende ad aprirsi, ad allargarsi e poi a deformarsi; importante è la zona centrale del cappello (disco) di diverse forme,
colore ed ornamentazione rispetto al resto della superficie.
Anche l'orlo del cappello va considerato in relazione al
piano orizzontale, arrotolato in dentro, involuto, arrotolato in
fuori o revoluto, reflesso o appiattito, piano o piegato verso il
basso, inflesso o incurvato.
Quanto al profilo l'orlo può essere sviluppato secondo
una linea continua, lobato, festonato, ondulato, sinuoso,
plissetato e potrà presentarsi integro, denticolato, frangiato,
fissurato, appendicolato ecc...
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2. la superficie del cappello, pellicola o rivestimento pileico, è viscida, glutinosa, secca e friabile, liscia, ruvida, tomentosa, bulbosa o pelosa; le ornamentazioni non ci sono o sono
innate, cioè insite nella struttura della pellicola, applicate o
adnate, differenziate, ottenute da screpolature o squame.
3. le dimensioni del cappello si riferiscono al diametro del
tutto coperto e spiegato e sono espresse in centimetri.
convesso
campanulato parabolico
piano
conico
campanulato campaniforme
depresso parabolico
Tav. 1
infundiboliforme
glandiforme
infundiboliforme umbonato
pulvinato
subsferico
troncato
gibboso
Tav. 2
4
dimidiato
petaliforme
spatoliforme
umbonato
(umbone tipo ottuso)
reniforme
Tav. 3
umbonato (umbone acuto)
umblificato
galericulato
papillato
turbinato
flabelliforme
sessile a mensola
Tav. 4
verrucosa
fibrillato-radiale
desquamata
Tav. 5
5
a squame acute
a squame appressate
lacerata
punteggiata
fibrillato-radiata (fibrille adnate o applicate)
villosa
screpolato-areolata
zonata
Tav. 6-7
plissettato
lobato
scanalato-tubercolato
striato
fimbriato o appendiculato
Tav. 8
6
piano
revoluto o reflesso
ricurvo o piegato
involuto
eccedente
Tav. 9
b) Imenoforo
L'osservazione delle lamelle riveste la massima importanza e tiene conto dei seguenti caratteri:
1. il colore ci permette, nella gran parte dei casi, di incasellare un fungo nel gruppo dei leucosporei (spore bianche),
dei rodosporei (spore rosa), degli ocrosporei (spore brune),
degli jantinosporei (spore violaceo scure) o dei melanosporei
(spore nere).
L'osservazione va fatta sull'individuo che porta sulle
lamelle le spore già mature, senza dimenticare che tali lamelle possono presentare un colore proprio, diverso da quello
della polvere sporica.
2. inserzione delle lamelle sul gambo, che va osservata sul
fungo tagliato per metà dall'alto in basso, come nella figura
della Tavola 10.
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3. caratteri di forma e struttura, quali: larghezza (Tavola
11) con lamelle larghe o strette, spessore con lamelle strette o
sottili, frequenza lamelle fitte oppure rade, eguaglianza,
biforcazioni ecc...
Il profilo delle lamelle può essere, a seconda della forma,
acuto, ottuso, ventricoso, arcuato, sinuato, diritto o concavo;
l'orlo può essere integro, denticolato, seghettato, fessurato,
intagliato.
distanti
annesse
decorrenti con dentino
sinuato-smarginate
decorrenti
rotondato-appressate
adnate
secedenti
Tav. 10
lamelle separabili
lamelle omogenee
Tav. 11
8
parti della lamella
a-faccia,
b-dorso,
c-orlo,
d-larghezza
lamelle e lamellule
lamelle biforcate
schema frontale
delle lamelle
Tav. 12
lamelle fitte
lamellule rotondate
lamellule tronche
lamelle rade
lamellule sinuose
collarium
Tav. 13
acute
ottuse
larghe ventricose
arcuate
strette
sinuose
orlo diritto
Tav. 14
lamelle a
facce
parallele
lamelle
anastomizzate
e venose congiunte
lamelle
bifide
Tav. 15-16
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c) Gambo
Nel gambo si osservare l'inserzione sul cappello, (centrale, eccentrica o laterale), la struttura intrinseca del gambo,
(carnoso, carnoso-fibroso, cartilagineo, corticato, se esiste una
corteccia esterna più dura) e la forma (cilindica, clava-ta,
bulbosa, flessuosa, arcuata, ventricosa, obesa ecc...
Particolare riguardo si ha per la parte inferiore del gambo, che può essere radicante, bu1lbosa o bulbillosa.
La superficie esterna può essere liscia, verrucosa, calzata,
fibrillosa, pelosa, punteggiata, squamosa, secca, viscida o
glutinosa.
Tipica ornamentazione del gambo ad esempio nei Boleti
è il reticolo di cui si dovrà osservare estensione, colore, regolarità, maglie, sviluppo; quanto alla sostanza il gambo è internamente pieno, cavo, farcito, cotonoso, tuboloso o fistoloso.
laterale
flessuoso
eccentrico
a pseudorizza
arcuato
fibrillato-striato
Tav. 17
10
obeso o ventricoso
radicante
zonato
rugoloso
clavato
scrobiculato
Tav. 18
calzato o inguainato
fusiforme
attenuato in alto
attenuato in basso
Tav. 19
bulbo olivare
bulbo depresso
bulbo subsferico
bulbo napiforme
bulbo turbinato
bulbo marginato
Tav. 20
11
corticato
cavo
bulbilloso
farcito
cavernoso
Tav. 22
tuboloso
volva a sacco, membranacea
volva dissociata in anelli
Tav. 21
gambo eterogeneo
gibboso
fistoloso
circoncisa
inguainante
dissociata in perle
napiforme
12
Tav. 23
d) Veli
Negli Agaricali troviamo due tipi di veli: l’universale che
avvolge il carpoforo primordiale nei primi stadi di sviluppo e
poi si lacera ed il parziale che si stende tra cappello e gambo
nell'individuo giovane, a proteggere l'imenoforo.
La lacerazione del velo lascia residui sul carpoforo, come
la volva alla base del gambo, verruche sul cappello, esili cortine stese tra cappello e gambo che andranno poi scomparendo, rivestimenti squamosi, anelli doppi formati in associazione col velo parziale; il velo lascia sul gambo un anello
membranoso, liscio o striato, a forma pendula, anche mobile.
anello rudimentale
ampio e membranoso
doppio
appendicolato
Tav. 24
Tav. 25
striato
doppio
13
con ciambella inferiore
pendulo o collarino
doppio e mobile
di origine inferiore o armilla
reflesso
Tav. 26
e) Carne
La carne si apprezza tagliando in due il fungo dall'alto in
basso ed esaminando odore e sapore, si dovrà anche tenere
conto della:
-
-
consistenza (molle, soda, compatta, membranosa, cartilaginea, ceracea, coriacea),
succulenza (asciutta, secca, lattescente),
- igrofaneità (proprietà di assorbire, perdere e riassorbire
umidità, dando colori scuri a umido, pallidissimi o biancastri a
secco),
- reviviscenza (proprietà di essiccare senza putrefare, e
dopo inumidimento ritornare alla consistenza originaria dell'individuo fresco),
- colore, osservando se la carne vira, cioè muta il suo colore in modo veloce oppure dopo un certo po' di tempo;
questa proprietà si deve osservare anche strofinando l'esemplare fra le dita.
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Tossicologia
Gli avvelenamenti, vengono manifestati da intossicazioni,
molte ore dopo l'ingestione e, comunque a digestione completamente avvenuta e con esito quasi sempre mortale; il
problema da risolvere è la natura del veleno, si deve definire
se la natura tossica è comune a tutte le specie di funghi
velenosi, oppure se esistono tante sostanze tossiche quanto le
specie di funghi velenosi.
Agli inizi dell' 800 una lunga serie di studi, in chiaro la
diversa natura dei velini nei funghi, ma si arrestò difronte a
problemi insormontabili quali quantità molto piccole delle
sostanze attive contenute nei funghi, sostanze non unitarie, ma
miscugli complessi e di difficile soluzione coi mezzi ordinari,
sostanze dotate di certe strutture complesse, componenti
tossici presenti in quantità variabili, con effetti antagonisti.
Amanita Phalloides
Contiene una decina di composti tossici raggruppabili in:
- sostanze ad azione rapida, assumono con l'aldeide
cinnamonica una colorazione blu, si chiamano Falloidine
(falloidina, fallacidina e fallisina).
- sostanze ad azione tossica lenta, assumono colorazione
violetta, si chiamano Amantine (alfa, beta, gamma, delta ed
epsilon), delle quali solo le prime due sono contenute in
quantità relativamente forte.
Il fungo contiene quantità minime di altri composti, come
l'Antamanide, che neutralizza gli effetti tossici, questo contro
veleno è contenuto in quantità deboli da non produrre alcun
effetto fisiologico sensibile.
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In tossicologia l'unità di misura del grado di velenosità
viene determinato dalla dose letale "LD" che rappresenta la
quantità minima, espressa in mg per Kg di peso corporeo,
sufficiente ad uccidere l'animale da esperimento; sono state
determinate le dosi letali dei singoli veleni contenuti nella
Amanite Phalloides, nelle falloidine dall'1.5 al 2.5, mentre nelle
amantine vanno dallo 0.2 allo 0.4, cioè 10 volte superiore.
Tale risultato significa che una persona di 60 Kg può essere uccisa da una dose di circa 20 mg. di questi tossici (quantità sempre presente in ogni esemplare a completo sviluppo).
Il controllo dell'effetto dei tossici una volta ingeriti, è
estremamente difficile, non sempre si riesce a seguire l'iter del
tossico all'interno di un organismo animale, le sue trasformazioni, le sue concentrazioni nei vari organi; si è così ricorsi da
alcuni anni ad applicazioni dei radioisotopi, tecniche che
discendono direttamente dagli sviluppi della fisica nucleare.
Nella sostanza da sperimentare è introdotto un isotopo
radioattivo, la sostanza tossica diventa radioattiva, e come
tale può essere seguita dall'esterno, tramite speciali rilevatori
di radiazioni e contatori può essere spiata e perfino dosata in
tutte le fasi della digestione, dell’assimilazione, della diffusione
nei vari organi , della circolazione in tutto l'organismo.
Si è potuto osservare che le Amantine si fissano nel fegato, dove sono assorbite dalle cellule epatiche, alterandole in
modo irreparabile; i tessuti del fegato diventano necrotizzati,
incapaci di secernere gli enzimi indispensabili per il metabolismo dell'organismo; diventa impossibile la nutrizione, la formazione del sangue e tutti gli altri organi risentono di questi
scompensi, e in meno di una settimana il paziente muore.
Per la terapeutica degli avvelenamenti falloidici sono stati
proposti numerosi rimedi, ma quasi tutti destinati ad insuccessi.
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Un notevole passo avanti è stato fatto con l'impiego di
acido tioctico, un fattore di accrescimento, con un prodotto
chiamato tioctidase; il metodo consiste nell'iniettare per fleboclisi, quantità elevate (fino a mg. 500 al giorno) di acido
tioctico, e continuare la somministrazione finchè il regime enzimatico del fegato non riesce ad assumere la normalizzazzione (tasso di transaminasi nel sangue con valori normali).
Oltre all'acido tioctico ha dato buoni risultati anche la
penicillina sodica, il citiolone, il cloramfenilico, la cisteammina
ed alcune vitamine; di una certa efficacia specialmente
durante la fase precoce dell'intossicazione, i provvedimenti
depurativi, atti ad eliminare i resti delle amanito-tossine non
assorbite, che si potevano trovare ancora in circolo, la diuresi
forzata, con somministrazioni di carbone attivo assorbente e la
dialisi peritoneale, le emodialisi e la trasfusione del sangue.
Amanita Muscaria e Pantherina
La sindrome di avvelenamento da questi funghi, è detta
"Neurotropica", poichè interessa il sistema nervoso, ma non
risulta pericolosa se viene curata in breve tempo; la loro tossicologia rileva alcuni aspetti del tutto contradditori, in base ai
luoghi di ritrovo del fungo, in molti casi previa bollitura, l'Amanita Muscaria è consumata senza rischio, in molte zone della
Siberia dove viene usata come stupefacente, senza proble-mi
a livello gastrointestinale.
Le due amanite possono produrre un ampio spettro di
effetti tossici di natura gastro-enterica; nervoso parasimpatomimetici con abbassamento di pressione, brachicardia, stimolazione di ghiandole salivari, sudorifere, lacrimali, miosi accompagnata da forti turbe visive; nervoso-simpatomimetici
con aumento di pressione, tachicardia, inibizione delle ghiandole salivari, sudorifere, eccitazione motoria, delirio, cefalee,
vertigini, eccesso di furore, visioni colorate, allucinazioni.
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In certi casi prevalgono questi effetti, con la totale assenza di altri, possono succedersi a brevi intervalli o sovrapporsi,
ne consegue una difficoltà nella terapia di disintossicazione.
Nelle ricerche sulle cause di tale intossicazioni, dando la
precedenza a sindrome parasimpatomimetica, si isolò un
componente attivo, chiamato Muscarina, di natura contrastante, presente in quantità ridotte (0.0003% sul fresco); passando allo studio delle sostanze simpatomimetiche si determinò una serie di altri composti raggruppati sotto il nome di
Microatropina o Muscardina; alcuni studiosi hanno riscontrato
infine la presenza di un acido ibotenico, in forti concentrazioni, ma in quantità variabili a seconda dei luoghi, la presenza di
tale acido è essenziale per la tossicità del fungo.
I Funghi muscarinici
Vi sono funghi che contengono la Muscarina in quantità
cento volte maggiore, e per lo più allo stato quasi puro, detti
funghi sono le Inocybe, tra le quali la Erubescens con contenuto dello 0.037% e le Clitocybe, di colore più chiaro come la
Dealbata cerussata ; tutte questi funghi tossici non offrono le
difficoltà dell'Amanita muscaria, la terapia è fatta con farmaci a base di atropina, somministrati con quantità certe e non
probabilistiche come per la Muscaria.
Tricoloma Pardinum e Entoloma Sinuatum
Si sono riscontrati parecchi casi mortali a causa della
Folloidina contenuta in essi, casi mortali dovuti a ritardo di
interventi medici; questi funghi contengono sostanze tossiche
che agiscono rapidamente sulla mucosa gastrica favorendo
la liberazione dalle vie digerenti, mediante lavande gastriche
o purghe saline, prima che i veleni possano essere assorbiti.
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Gyromitra esculenta
Crudo produce gravi fenomeni di emolisi e danni che
interessano la sfera epatica causando anche la morte.
Studi recenti hanno provato che la tossicità del fungo è
data da una sostanza, di carattere aldeidico contenente
azoto, chiamata Giromitrina, tipo di composto volatile, che
scompare nel caso di essicazione ma non tramite bollitura, i
residui della cottura possono causare intossicazione solo nel
caso che vengano ingeriti in forti quantità in pasti frequenti.
Cortinarius Orellanus
E' dotato di un particolare veleno che agisce a parecchi
giorni di distanza dalla ingestione, specie sui reni, provocando
gravissime forme di nefrosi tossica, con esito quasi sempre
mortale; il principio tossico è un miscuglio di una decina di
sostanze, di cui tre principali dette Polipetidi sono simili a quelle
dell'Amanita Phalloides, l'azione è essenzialmente cel-lulare,
con riduzione ed blocco delle facoltà delle cellule epatiche di
sintetizzare gli enzimi indispensabili alla vita.
Vi sono parecchi altri funghi dotati di effetti meno
energici, meno pericolosi, perchè agendo sulle mucose
gastriche, si mettono in condizione di essere espulsi in modo
tempestivo dall'organismo.
Ricordiamo ad esempio l'Ompalotus Olearius che vege-ta
sui tronchi d'olivo, di quercia e di castagno; la Lepiota
Helveola, piuttosto rara ma capace di provocare avvelenamenti anche gravi; la Ramaria Formosa e la Pallida ed infine il
Coprinus Atramentarius che può dar vita a forme allergiche o
ad orticarie, solo se consumato con il vino.
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