Azione - Settimanale di Migros Ticino Vita del santo calciatore

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Azione - Settimanale di Migros Ticino Vita del santo calciatore
Vita del santo calciatore
/ 31.10.2016
di Paolo Di Stefano
Sono un interista deluso: del resto, è difficile essere un interista non deluso. Capita una volta ogni
quarant’anni circa. Per non essere mai deluso devi essere juventino, perché anche quando perdono
sul campo i bianconeri mantengono la loro simpatica arroganza, e anche quando falsano le partite (è
capitato diverse volte) e vengono condannati per frode sportiva, fingono di averle vinte
regolarmente, come nulla fosse. Diceva (bonariamente) un grandissimo interista, l’avvocato Peppino
Prisco (6– alla memoria): «Dopo aver stretto la mano a un milanista corro a lavarmela, dopo averla
stretta a uno juventino mi conto le dita».
Sono un interista che non ama il suo capitano, il centravanti argentino Mauro Emanuel Icardi Rivero,
detto più brevemente Mauro Icardi. Preferivo Roberto Boninsegna detto Bonimba (6), il bomber anni
Settanta che avrà più di settant’anni e non risulta che abbia mai scritto un’autobiografia. Icardi,
invece, ha 23 anni e la sua autobiografia l’ha già scritta (e, purtroppo, pubblicata: per Sperling &
Kupfer, voto 2). Si intitola Sempre avanti. Sottotitolo: La mia storia segreta. Anzi, dire che Icardi ha
scritto la sua autobiografia è dire troppo: sarebbe meglio precisare che qualcuno gliel’ha scritta,
forse gliel’ha reinventata, visto che a 23 anni, se non hai fatto la resistenza o se non hai attraversato
il Mediterraneo in barcone, di solito hai ben poco da raccontare: per di più Icardi non ha ancora
vinto niente, dunque non può raccontare neanche di trionfi epici.
Dunque, non avendo quasi nulla da raccontare, se proprio vuoi pubblicare un libro sulla tua vita,
devi chiedere a qualcuno di inventarla, la tua vita, a suo modo. Il genere letterario (anche
«letterario» è dire troppo) è quello delle «vitae sanctorum», cioè vite di santi, auto-agiografia di un
tamarro supertatuato. Un genio, dicono altri. Non i tifosi, che hanno sempre qualcosa da ridire:
«Segna sì, ma non partecipa al gioco» è la frase più ricorrente. Il libro è una sorta di bio-selfie non
fotografico ma scritto (dal giornalista Paolo Fontanesi).
A pensarci bene, è vero che nella vita del beato Mauro Icardi ci sono due o tre fatti un po’ più
significativi della banalità: un trasloco dall’Argentina in un’isola spagnola con la famiglia in crisi, il
campetto di calcio in cui ha cominciato a fare qualche tiro e poi – quando i gol e i soldi sono arrivati
– l’evento-chiave: il matrimonio con la biondissima modella attrice soubrette Wanda Nara, già madre
di tre figli con Maxi Lopez, compagno di squadra di Mauro alla Sampdoria. Il fatto scatenò i
settimanali di gossip.
Ora l’autobiografia racconta tutti i retroscena di quell’incontro galeotto: svelando che galeotto fu un
iPad e poi uno yacht. Insomma, i due si sposano e lei diventa agente del marito, che dopo aver
comperato un Hummer giallo e una Lamborghini per la famiglia (intanto è nata Francesca), regala a
Wanda una Rolls Royce. Intanto lei l’estate scorsa tratta con il Napoli per convincere l’Inter a
scucire un contratto più consistente, e ci riesce: 4,5 milioni di euro l’anno, più una serie di bonus.
Dunque, nella vita di Icardi si aggiungono: Wanda, un figlio, qualche fuoriserie parcheggiata
regolarmente in divieto di sosta e un pacco di soldi molto ben esibiti (su Facebook, naturalmente). Al
punto che quando Maurito compera un gioiello per Wanda, un orologio da 40 mila euro per sé
oppure uno smartphone da 20 mila (in titanio e ceramica con finiture in pelle di vitello fatte a mano),
pensa bene di mettere le fotografie di quegli oggettini da nulla su Instagram per mostrarli
all’universo mondo.
Fatto sta che Icardi, con la sua autobiografia, ha fatto arrabbiare la curva Nord della sua squadra,
raccontando un episodio eroico accaduto nel febbraio 2015, dopo una sconfitta: «Mi tolgo maglia e
pantaloncini e li regalo a un bimbo. Peccato che un capo ultrà gli vola addosso, gli strappa la maglia
dalle mani e me la rilancia indietro con disprezzo». Maurito non ci vede più, spara insulti e minacce:
è un cuor di leone e deve difendere i diritti del povero bambino che si è vista sottratta la maglia.
Dunque, quando gli ultrà leggono (leggono?) quella pagina, si infuriano e minacciano, a loro volta,
una strage ottenendo, oltre alle scuse dell’autore, che il libro venga ristampato senza quel passo
definito oltraggioso.
Così, il santo è rimasto santo porgendo l’altra guancia e il suo memoriale esemplare è andato a ruba,
pur censurato come fosse un qualunque romanzo di Flaubert o di Tolstoj. Per quanto mi riguarda,
resto un interista deluso, anche se adesso è tutto (o quasi) risanato e i tifosi sono soddisfatti. Se
avessero letto almeno l’incipit di Lolita, il romanzo di Nabokov censurato come quello di Icardi,
esporrebbero allo stadio uno striscione da 6: «Maurito, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi»