1 Intervento della Signora Enza Tacconi in occasione della

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1 Intervento della Signora Enza Tacconi in occasione della
Intervento della Signora Enza Tacconi
in occasione della cerimonia di consegna della
Cittadinanza Onoraria al Prof. Duccio Demetrio.
Benvenuti Signori e Signore,
sono onorata di onorare il prof. Duccio Demetrio, in questa meritata occasione, quando
la comunità di Anghiari ha inteso premiare l’esperienza della Libera da lui diretta e
guidata.
Grazie allora a Saverio Tutino e a Duccio Demetrio che hanno voluto la Libera
improntata alla crescita dei valori individuali con i benefici che seguono per tutta la
cittadina della Valtiberina.
La crisi sociale ha aperto un fiume irruente di esperti, di sapienti, di fuori classe che
interpretano, e non, le ansie e le inquietudini di ciascuno di noi: Duccio Demetrio
timidamente apre nuovi orizzonti a chi ricerca.
Quando gli argomenti sembrano mancare, c’è sempre una risposta all’indagine che si fa,
e non importa se mossi da vera passione o da entusiasmo solidale o da amicizia, la
nostra richiesta è per lo più soddisfatta senza rischiare di essere sommersa dall’ovvietà e
tanto meno dalla funzione consolatoria.
Ad Anghiari, alla Libera, si vuole tendere a obiettivi più alti rispetto a quelli immediati,
nella consapevolezza che c’è sempre qualcosa di più importante da ricercare, come
Parsival e i cavalieri della tavola rotonda perseguivano il Graal, che è in qualche modo
il simbolo del genio nascosto in ciascuno di noi.
Popper ha scritto che l’attivismo ha costruito la vita; poi (come al mattino ci vestiamo
pronti per la giornata) si fissano i ricordi del passato come un esame di coscienza, un
rivedersi e rivedere se stessi nell’avanzare del tempo, con le virtù, i difetti, le immagini
degli altri, i fatti, gli eventi vissuti fuori dal relativismo dell’io. Si ricompone l’intero
proprio iter di vita pur attardandosi in particolari che toccano la sensibilità di oggi in
rapporto con l’ieri.
La strada percorsa è dietro di noi, sommersa di nebbia e di fumo ed è così per tutti dal
primo momento che la intraprendiamo, poi è un fortificante per consolidare la provvista
di energia a disposizione.
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Questo desiderio nascosto, eppur latente, si è impossessato di noi e, con strana
ostentazione, quasi con fatica, si è realizzato diventando autobiografia, (epimetelia) vita
scritta da esso, da noi, da voi, da me. Tu non racconti, ricrei momenti e situazioni di
allora con l’impegno di sempre: ti senti vestita e pettinata come un tempo, cammini con
passo affrettato o lento, faticoso o dolente e rivivi profondamente il passato liberata dal
presente che sdrammatizza e placa il crogiuolo di sentimenti e di ansie di allora: senti e
scrivi per amore.
L’autobiografia come cura di sé è un atto d’amore, è un raccontarsi nei fatti, nei gesti,
nelle circostanze che riemergono con l’attenzione di un grande verso un piccino. Infatti
è l’amore che partecipa, lega e rigenera il sé, confrontandolo, permeandolo di attributi
idonei e rigenerandolo alla vita con la correttezza e la luce dovuta.
La realtà allora è percepita come riscatto individuale e collettivo, come segno che
rilegge e nobilita il passato.
“Senza memoria”, così risuonano le parole di Oliver Sacks, “la vita non è vita; la nostra
memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro
agire.”
Il mosaicista Venturino Venturi, in un giorno di settembre-ottobre del 1997, arriva alla
chiesa di Micciano con il suo carico d’arte: è la scultura raffigurante Gesù deposto dalla
Croce tra le braccia di Maria, Sua Madre. Lui, l’artista, dagli occhi color ambra
pagliettati d’oro guarda la sua statua (unica nel suo genere) e medita a voce alta i motivi
che l’hanno spinto a creare non disgiunti dai fatti, dalle circostanze, dalla storia che
accompagna sempre l’azione umana permeata dal sentimento, regolata dalla ragione.
È l’amore che conta, pur materia difficile da insegnare e da comprendere, è l’amore la
base per credere in una rinascita psicologica e spirituale attraverso il racconto e la storia
di sé.
“Avevo freddo, nella mia stanza una luce filtrava dalla porta socchiusa, intorno a me
gran silenzio e l’immagine di una donna, donna del dolore, mi si para davanti. Domani
il mio blocco di marmo avrà un volto, anzi due volti, l’uno in braccio all’altra come una
grande maestà ruotante, principio e fine della vita.”
Anche l’artista moderno tende a dare al volto dell’opera in cantiere le proprie fattezze;
chi fa autobiografia mette l’accento sulla soggettività della percezione ossia nella
consapevolezza intima del sé che rifiorisce come immagine allo specchio, come
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creazione d’amore. Non è un caso che nello stesso periodo in cui nasce il ritratto
moderno si diffonda come bisogno il romanzo autobiografico a sancire l’uguaglianza di
tutti gli uomini, cancellandone le differenze sociali.
Se l’autobiografia è mito, viva il mito.
Se l’autobiografia è storia, viva la storia.
Se l’autobiografia è vita, viva la vita.
L’autobiografia è modellare con occhi che crescono e guardano secondo la filosofia del
mono-mondo concepita e raccolta da una penna felice.
Le opere di Duccio Demetrio ci indicano attenti esempi di vita, terapia magnetica per
affrancare il sé dallo stress dell’oggi, vivendo e percependo le infinite emozioni con il
gusto del ricordo e della scrittura.
Un esempio per concludere:
Pratovecchio1950, piazza Paolo Uccello, 4
Pomeriggio inoltrato in casa Siemoni-Klum:
Il catorcio stride e scorre.
“Luisa!”
“Sì, Nello”; una dolce voce dal salotto di sopra, un cappello si posa sull’étagère
dell’ingresso. Squilla il campanello, Bruna apre la porta
“Signor Direttore, si accomodi”, un cappello è appeso all’attaccapanni. Più tardi, un toc,
toc all’uscio; Bruna apre la porta
“Menco vieni, vieni” e il suo berretto cincischiato è finito per terra ai piedi del mobile
più grande dell’entrata.
Tre cappelli, tre storie differenti, una eguale necessità fisica ma un diverso destino
umano, eppure ricevono ospitalità nello stesso ambiente e si crogiolano al tepore della
stessa stanza.
Anghiari – Sala Consiliare 20 settembre 2008
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