Terza Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità

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Terza Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità
LAVORATORI DISABILI E LAVORATORI CHE SI PRENDONO CURA DI NON
AUTOSUFFICIENTI:
PIU’DIRITTI E TUTELE PER NON DISCRIMINARE
Documento di proposta
In occasione della Terza Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità
La Terza Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità, prevista per il 2-3 ottobre a
Torino, rappresenterà uno snodo fondamentale per avviare strategie e percorsi che rendano
concretamente attuati i principi sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con
disabilità.
In questa ottica, per la Cisl, il lavoro non può che essere considerato uno degli ambiti di
riflessione e azione fondamentali per la piena inclusione e partecipazione sia del lavoratore
disabile che del lavoratore che si prende cura di un familiare disabile. Il tema, d’altro canto, si
presta ad essere declinato in diversi argomenti che, da tempo, attendono di essere
adeguatamente affrontati e normati: dai percorsi di accertamento e valutazione delle diverse
abilità, ai canali di collocamento al lavoro, dalla tutela del diritto all’istruzione e formazione, al
potenziamento delle reti sociali, agli istituti che supportano la conciliazione di vita e lavoro.
Lo stesso Decreto di ratifica della Convenzione ONU prevede l’istituzione di un Osservatorio
nazionale sulla condizione delle persone con disabilità che, se attuato, potrebbe far tesoro dei
lavori assembleari della Conferenza e formulare proposte concrete nelle diverse direzioni.
Con questo auspicio, la Cisl propone alla discussione un primo insieme di questioni inerenti le
tutele in ambito lavorativo in caso di carichi di cura per handicap e non autosufficienza
che potrebbero portare tangibili miglioramenti nella qualità della vita dei lavoratori disabili o
di coloro i quali si prendono cura di familiari non autosufficienti, senza peraltro richiedere
alle istituzioni insostenibili impegni economici.
Inoltre gli interventi indicati si iscrivono all’interno di quell’investimento nelle politiche
familiari, ancora insufficiente, ma che risulta strategico per lo sviluppo e la coesione sociale del
nostro Paese.
Nella presente congiuntura economico/sociale di crisi, i lavoratori disabili o con carichi di cura
rischiano di essere ulteriormente discriminati e di perdere il proprio lavoro o essere costretti a
rinunciarvi proprio per le difficoltà di conciliazione.
Il lavoratore che si prende cura di un familiare non autosufficiente può, infatti, essere costretto
ad abbandonare il lavoro per non interrompere l’assistenza, non è tutelato da divieti di
licenziamento o controlli della volontarietà delle dimissioni, non ha diritto all’indennità di
disoccupazione in caso di dimissioni per assolvere ai compiti di cura, non è tutelato a livello
previdenziale per i periodi di assistenza prestata al di fuori del rapporto di lavoro.
Il lavoratore disabile può, a sua volta, essere costretto ad abbandonare il lavoro a motivo
dell’esaurimento del periodo di comporto per malattia, non è tutelato da divieti di licenziamento
o controlli della volontarietà delle dimissioni, non ha diritto all’indennità di disoccupazione in
caso di dimissioni motivate dalla difficoltà di conciliazione e se necessita di un periodo di
ricovero, il familiare che lo assiste non può utilizzare i permessi previsti dalla legge 104.
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La Cisl propone dunque un insieme di misure che, in analogia con quanto previsto per le
lavoratrici in maternità,
garantiscano la tutela del posto di lavoro, quella previdenziale per i periodi di assistenza
prestata al di fuori del rapporto di lavoro, quella all’indennità di disoccupazione in caso di
dimissioni motivate dalla necessità di cure personali o del familiare.
e consentano attraverso la rilevazione dei casi di abbandono del lavoro per motivi di cura,
il monitoraggio dell’efficacia degli interventi legislativi in tema di disabilità.
Nel dettaglio:
1- Assistenza a familiare non autosufficiente: divieto di licenziamento, convalida delle
dimissioni volontarie, monitoraggio discriminazioni e diritto a indennità di disoccupazione
Il lavoratore che si fa carico di un familiare non autosufficiente è spesso costretto a chiedere
flessibilità di orario e presenza che non sempre il datore di lavoro è disposto a concedere,
nonostante il Ministero del lavoro abbia di recente definito (Prot. 25/I/0011108 del 31 luglio
2009, in risposta ad un interpello) che nell’ordinamento vigente c’è un tendenziale
riconoscimento di un obbligo, a carico del datore di lavoro, di valutare la possibilità, secondo
canoni di correttezza e buona fede, di assegnare i dipendenti a turni di lavoro compatibili con le
loro qualificate e comprovate esigenze familiari, specie quando la determinazione di un
particolare orario di lavoro non comporti per l’azienda apprezzabili difficoltà organizzative.
In seguito al rifiuto di tali flessibilità, sempre più spesso il lavoratore è costretto a rassegnare le
proprie dimissioni per non interrompere l’assistenza del familiare, senza che vi sia nessun
controllo sulla volontarietà di tali dimissioni né che vi sia diritto all’indennità di
disoccupazione.
La situazione che ne consegue è estremamente problematica, anche a motivo dei maggiori
oneri che una famiglia si trova a sostenere quando deve farsi carico delle necessità di un
familiare non autosufficiente. L’abbandono del lavoro pone poi il familiare che presta assistenza
ad affrontare una situazione spesso difficile (sia sotto l’aspetto emotivo che psicologico) che
potrebbe trovare sollievo da opportunità qualitativamente apprezzabili di socializzazione in
ambienti extra domestici.
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In analogia con le tutele previste per la maternità, si propone di:
estendere il divieto di licenziamento e l’obbligo di convalida delle dimissioni volontarie (pena
nullità delle medesime) per il lavoratore che assiste un familiare disabile grave.
monitorare eventuali discriminazioni nei confronti dei lavoratori che si prendono cura di
familiari con handicap grave, integrando il modello di dichiarazione inerente le dimissioni
volontarie e il report per la rilevazione dei dati a livello nazionale (già predisposti dal Ministero
del Lavoro di concerto con l’Ufficio della Consigliera nazionale di parità e la Rete nazionale
delle Consigliere di parità, e socializzati con Lettera del Ministero del Lavoro Prot.
25/II/0002840 del 26 febbraio 2009 – in allegato -) attualmente in uso presso le Direzioni
provinciali del lavoro.
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estendere il diritto all’indennità di disoccupazione qualora le dimissioni del lavoratore (o della
lavoratrice) siano motivate dalla necessità di assistenza a favore di un familiare con handicap in
situazione di gravità.
2- Ulteriori strumenti per la conciliazione lavoro-assistenza a familiare non autosufficiente
Per i periodi in cui il familiare non autosufficiente necessita temporaneamente di una cura
particolarmente rilevante ed evitare che il lavoratore che presta assistenza sia costretto a
rassegnare le dimissioni, è necessario prevedere l’introduzione di un diritto alla sospensione del
rapporto di lavoro.
Una soluzione potrebbe essere rappresentata dall’estensione del diritto al congedo non retribuito
per gravi motivi familiari (ex art. 4, comma 2, legge 53/2000) anche al lavoratore che ha
utilizzato l’intero periodo di due anni di congedo straordinario di cui all’articolo 42, co. 5, Dlgs
151/2001.
Attualmente, infatti, il limite massimo di assenza - due anni nell’arco della vita lavorativa previsto per il congedo non retribuito ex art. 4, co. 2, legge 53/2000, ricomprende anche gli
eventuali periodi fruiti a titolo di congedo straordinario indennizzato ex art. 42, co. 5 Dlgs
151/2001.
3- Assistenza a familiare non autosufficiente extra lavoro: periodi accreditabili ai fini
pensionistici.
È necessario introdurre dei meccanismi di compensazione che attribuiscano rilevanza ai fini
pensionistici del periodo di interruzione lavorativa (o di mancato avviamento al lavoro) per il
familiare che si fa carico delle dell’assistenza al non autosufficiente.
In analogia a quanto previsto dalla legge in merito al trattamento previdenziale del congedo di
maternità (o di paternità) teoricamente fruito al di fuori del rapporto di lavoro (articolo 25,
comma 2, Dlgs 151/2001)
Si dunque propone che i periodi corrispondenti al congedo straordinario indennizzato di cui
all’articolo 42, comma 5, Dlgs 151/2001, verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, siano
considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che il lavoratore possa far valere, all’atto della
domanda di accredito, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di
lavoro.
4- Estensione della tutela per il lavoratore che presta assistenza al disabile in mancanza di altri
familiari in grado di assolvere ai compiti di cura.
I permessi, riposi e congedi per l’assistenza ad un familiare con handicap sono riconosciuti dalla
legge al lavoratore, coniuge, parente o affine entro il terzo grado del disabile.
In questo contesto, l’incremento delle famiglie monoparentali, l’avanzamento dell’età in cui si
generano i figli e l’aumento della vita media, sono tutti fattori che incidono negativamente sulla
possibilità per il disabile in situazione di gravità di poter essere assistito in ambito familiare.
Si pone quindi oggi il problema di tutelare il lavoratore che si fa carico delle cure necessarie
alla persona disabile in mancanza di altri parenti o affini entro il terzo grado.
E’, pertanto, indispensabile tutelare il diritto al lavoro della persona che di fatto si fa carico
dell’assistenza, estendendo i benefici previsti dalla legge (permessi, riposi e congedi di cui agli
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articoli 42, comma 5, Dlgs 151/2001 e art. 33. Legge 104/1992) al tutore o all’amministratore di
sostegno che si fa carico dell’assistenza al portatore di handicap in situazione di gravità anche
se non legato al disabile da vincoli di parentela o affinità.
5- Lavoratori disabili
E' frequente il caso di lavoratori disabili che necessitano di assentarsi dal lavoro per effettuare
terapie o per lunghi periodi di convalescenza, rischiando così di incorrere nel licenziamento per
il superamento del periodo di comporto stabilito dalla contrattazione collettiva.
Allo stato attuale della legislazione, non vi sono benefici che il lavoratore disabile possa
richiedere per interrompere il decorso del periodo di comporto, in quanto non ha diritto né al
congedo non retribuito di due anni nell'arco della vita lavorativa per gravi motivi di cui
all'articolo 4, comma 2 della legge 53/2000, né al congedo straordinario indennizzato ex art. 42,
comma 5 Dlgs 151/2001.
Nel caso in cui il lavoratore necessiti di un periodo di ricovero, l’assistenza da parte del
familiare viene sensibilmente ridotta a motivo della perdita del diritto a tutte le agevolazioni
lavorative previste dalla legge.
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Si propone dunque di riconoscere anche al lavoratore con handicap in situazione di gravità gli
istituti riconosciuti dalla legge al lavoratore che presta assistenza ad un familiare disabile grave,
e quindi:
il diritto al congedo non retribuito di cui all'articolo 4, comma 2 della legge 53/2000.
il diritto al congedo straordinario indennizzato, in caso di documentabili e gravi necessità legate
al stato di salute, da fruire al termine del periodo di comporto.
Inoltre anche per il disabile non sono previsti controlli in caso di dimissioni volontarie, né
monitorate le eventuali discriminazioni, e non è previsto l’accesso all’indennità di
disoccupazione in caso di dimissioni.
Si propone dunque di:
estendere il divieto di licenziamento e l’obbligo di convalida delle dimissioni volontarie (pena
nullità delle medesime) per il lavoratore che assiste un familiare disabile grave.
monitorare eventuali discriminazioni nei confronti dei lavoratori con handicap grave, integrando
il modello di dichiarazione inerente le dimissioni volontarie e il report per la rilevazione dei dati
a livello nazionale (già predisposti dal Ministero del Lavoro di concerto con l’Ufficio della
Consigliera nazionale di parità e la Rete nazionale delle Consigliere di parità, e socializzati con
Lettera del Ministero del Lavoro Prot. 25/II/0002840 del 26 febbraio 2009 – in allegato -)
attualmente in uso presso le Direzioni provinciali del lavoro.
estendere il diritto all’indennità di disoccupazione in caso di dimissioni del lavoratore (o della
lavoratrice) con handicap in situazione di gravità.
riconoscere al familiare che assolve ai compiti di cura il diritto ai permessi lavorativi previsti
dalla legge anche nel caso di ricovero del disabile in situazione di gravità qualora l’assistenza da
parte del familiare sia indispensabile ai fini terapeutici.
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